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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione I
13.
Martedì 29 settembre 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bruno Donato, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'INFORMATIZZAZIONE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI

Audizione del Viceministro dello sviluppo economico, Paolo Romani:

Bruno Donato, Presidente ... 3 5 6 8
Lanzillotta Linda (PD) ... 5 6 7
Romani Paolo, Viceministro dello sviluppo economico ... 3 6 7
Volpi Raffaele (LNP) ... 6
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.

COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 29 settembre 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATO BRUNO

La seduta comincia alle 13.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Viceministro dello sviluppo economico, Paolo Romani.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'informatizzazione delle pubbliche amministrazioni, l'audizione del Viceministro dello sviluppo economico, onorevole Paolo Romani, a cui do subito la parola.

PAOLO ROMANI, Viceministro dello sviluppo economico. Considero questa indagine conoscitiva, proposta dal presidente della Commissione affari costituzionali, onorevole Bruno, molto interessante, perché si propone come momento di sintesi dei progetti che le amministrazioni pubbliche stanno portando avanti nell'obiettivo comune di informatizzare il Paese.
È un obiettivo nel quale, ovviamente, crediamo molto, tanto che abbiamo fatto della digitalizzazione l'elemento strategico del Dipartimento per le comunicazioni, sia per quanto riguarda la televisione, con lo switch-off delle reti analogiche, sia relativamente alla banda larga, con il progetto «Italia a 20 megabit al secondo», per il potenziamento delle infrastrutture di rete di comunicazione elettronica.
In linea con la strategia dell'Unione europea e della Commissione, è necessario porre su un piano di sinergia e di sincronia temporale lo sviluppo infrastrutturale della rete, destinato alla riduzione del digital divide di carattere tecnologico, e lo sviluppo dei servizi on-line di pubblica utilità rivolti ai cittadini, alle imprese nonché agli stessi uffici della pubblica amministrazione.
L'iniziativa del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, Renato Brunetta, che prevede di portare on-line tutti i servizi delle pubbliche amministrazioni, è un'idea all'avanguardia. Una pubblica amministrazione che si dimostri volano di sviluppo dell'economia del Paese, infatti, deve essere più efficiente, trasparente e offrire servizi di qualità, riducendo i costi per la collettività.
Informatizzare la pubblica amministrazione migliora il rapporto dei cittadini con gli uffici pubblici, moltiplicando le capacità di accesso da parte di imprese e di famiglie. Rendere elettronico tutto ciò che prima era cartaceo è un progetto ambizioso, un segno di modernità forte che, tuttavia, potrà diventare realtà solo se tutto il Paese dispone di reti adeguate a garantire l'accesso a tali servizi.
L'innesco di un circolo virtuoso fra realizzazione di infrastrutture avanzate e sviluppo di servizi innovativi è divenuta la sfida strategica per tutti i sistemi economici. Le reti a banda larga rappresentano un'infrastruttura essenziale allo sviluppo del sistema Paese. La diffusione della banda


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larga in modo omogeneo sul territorio è imprescindibile per garantire parità di accesso alla società dell'informazione.
Solo se l'intero Paese si dota di un'infrastruttura adeguata, la pubblica amministrazione, le aziende nonché i singoli privati possono considerare le comunicazioni elettroniche un mezzo alternativo ai canali tradizionali.
I progetti di infrastrutturazione della rete e di implementazione dei servizi sono, quindi, intimamente correlati e complementari: senza servizi la rete sarebbe un'autostrada deserta, ma senza l'infrastruttura tali servizi non potrebbero esistere. Creare un'infrastruttura capace di supportare i servizi appena descritti rappresenta, dunque, la condizione allo sviluppo dell'iniziativa del ministero guidato dall'onorevole Brunetta.
Per tali ragioni, i due piani sono stati presentati in modo coordinato dai due ministeri - pubblica amministrazione e innovazione e sviluppo economico e comunicazioni - nel progetto «Cittadinanza digitale».
Lo sviluppo di infrastrutture di rete di comunicazione elettronica, presente e capillare nel territorio, è una priorità per il Paese: una rete che raggiunga tutti i cittadini, dando anche ai 7 milioni 800 mila italiani - ovvero il 13 per cento della popolazione - la possibilità di connettersi a internet a una velocità sufficiente per fruire dei servizi elettronici di base. Parliamo di quello che comunemente si chiama «digital divide».
Avvalendoci della raccomandazione I.113 dell'ITU (International Telecommunication Union - Standardization Sector), possiamo definire banda larga una connettività con capacità di trasmissione superiore a 1,5-2 megabit al secondo. Se il progetto «Italia a 20 megabit» non decollasse, significherebbe escludere quasi 8 milioni di persone - circa un italiano su otto, dunque - dai servizi della società dell'informazione, detta anche, giustamente, «società della rete».
La disponibilità di un collegamento a banda larga per tutti è un obiettivo che non può essere rimandato: rappresenta ormai un elemento determinante per la qualità della vita dei cittadini e per la competitività delle imprese; in modo particolare per quelle piccole e medie che, grazie a questa, possono accedere a servizi un tempo accessibili solo a grandi imprese, che godevano di offerte dedicate da parte dei grandi operatori di telecomunicazione.
L'accesso alle infrastrutture di telecomunicazione a banda larga e alle tecnologie informatiche evolute è riconosciuto ormai come uno dei bisogni primari per lo sviluppo sostenibile di un territorio.
Se 8 milioni di persone - parliamo sempre del digital divide - fossero escluse dal processo di informatizzazione del Paese, gli sforzi che gli altri ministeri, della pubblica amministrazione in primis, ma anche del lavoro, salute e politiche sociali e dell'istruzione, stanno facendo per portare la pubblica amministrazione on-line, sarebbero vani.
Si tratta di un progetto importante, il cui valore complessivo - forse alcuni di voi lo sanno - ammonta a 1.471 milioni di euro. Esso è finanziato prevalentemente da risorse pubbliche; si attende, però, lo stanziamento di 800 milioni di euro, approvato con la legge 18 giugno 2009, n. 69, a valere sui fondi FAS per il periodo 2007-2013, ora in attesa di esame da parte del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE). Tali risorse saranno capaci di attrarre anche investimenti privati, poiché verranno erogate mediante un meccanismo di progetto di finanza, su gara a evidenza pubblica, per reti aperte volte alla fornitura di servizi di comunicazione avanzata in tutto il Paese. Il progetto è già operativo in coordinamento con le regioni, mediante convenzioni operative e accordi di programma.
Il Dipartimento ha stilato un progetto riducendo al minimo i costi. I 1.471 milioni di euro sono la cifra minima necessaria per permettere di ottimizzare le reti disponibili in modo da portare un collegamento in reale banda larga a ogni cittadino italiano. Un'infrastruttura che non solo abbatta completamente il digital divide, ma sia in grado di supportare i nuovi servizi della società dell'informazione.


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Il fattore maggiormente limitante, com'è noto, è la mancanza dei collegamenti in fibra ottica, soprattutto nelle aree a scarsa densità abitativa (piccoli comuni, aree rurali, comunità montane), caratterizzate anche da bassa redditività - quelle che comunemente si chiamano «aree a fallimento di mercato» - quindi non appetibili per operatori di telecomunicazione a capitale privato, rimanendo così escluse dallo sviluppo delle reti a banda larga.
L'obiettivo principale del piano del Dipartimento per le comunicazioni «Italia a 20 megabit» è consentire una copertura del servizio per 20 megabit al 95,6 per cento della popolazione, con un sistema di reti infrastrutturali fisse, nonché la rimozione dei deficit infrastrutturali che limitano lo sviluppo delle reti di nuova generazione.
La copertura della quota mancante rispetto al famoso 99,5 per cento, ossia il 3,9 per cento della popolazione, verrà garantita da tecnologie ADSL e radio, ovvero wireless, laddove non risulti strategicamente conveniente, come sapete, intervenire con investimenti in fibra ottica.
L'accesso radio garantirà, comunque, una capacità fino a 2 megabit al fine di poter veicolare servizi di base, consultazione di siti web e service della pubblica amministrazione, servizi di audio, streaming e video a definizione standard, una capacità di banda raggiungibile con le piattaforme wireless oggi disponibili, UMTS, WiMax.
Come sapete, prima di arrivare alla LTE (long term evolution), già nella tecnologia di oggi - per esempio quella utilizzata da Vodafone - parliamo di una banda che si aggira attorno ai 14-15 megabit.
Il progetto «Italia a 20 megabit» garantirà al Paese un'infrastruttura di rete solida e propedeutica allo sviluppo di reti ancora più potenti, portando l'Italia all'avanguardia in Europa. Si tratta di un progetto importante che vedrà - è una norma anticiclica, lo diciamo spesso - il coinvolgimento diretto di circa 50.000 persone, nei quasi quattro anni necessari ad eseguire i lavori, sia di manodopera sia di progettazione.
Nel dettaglio, ho voluto anche definire coloro che saranno coinvolti in questi lavori: apriremo circa 33.000 piccoli cantieri, con 4.000 ingegneri, 11.000 tecnici assistenti, 13.000 operai qualificati e specializzati, 15.000 operai comuni e 6.000 impiegati. La realizzazione del progetto - come dicevo - comporterà 33.000 piccoli interventi diversi, che avranno ricadute positive anche in altri settori economici.
Il progetto, quindi, comporta benefici per tutto l'indotto. Saranno infatti necessari acquisti di apparati, materiali per la posa in fibra, tralicci per realizzare l'infrastruttura radio, nonché, soprattutto, per effettuare lavori civili (abitualmente, su cento euro di investimento, il rapporto è di due terzi per i lavori civili e un terzo per l'acquisto di tecnologie).
Il piano in questione è un progetto di sistema che porterà benefici diretti e indiretti alla cittadinanza, al mondo delle imprese e alle istituzioni.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

LINDA LANZILLOTTA. Ringrazio il Viceministro Romani. Ovviamente, siamo tutti convinti dei benefici della digitalizzazione, ma il problema è realizzarla. Vorrei formulare alcune domande e chiedere dei chiarimenti.
Partirò da due documenti abbastanza recenti. Il primo è il rapporto Caio, commissionato dal Governo, che ha descritto lo stato delle infrastrutture in Italia e definito le strategie, partendo da una valutazione della realtà molto critica e, soprattutto, molto preoccupata. Non solo, infatti, esiste un divario tra l'Italia e gli altri Paesi europei più sviluppati, ma questo, con la crisi, si sta accentuando.
Premesso che il rapporto Caio afferma che i 2 mega potranno essere realizzati nel 2011, a condizione che si parta con l'investimento di 1 miliardo 300 milioni entro il 2009, altrimenti si rallenterà tutto il processo, vorrei sapere quando si pensa di partire con questo piano.
Inoltre, mi sembra di capire che la strategia da lei illustrata, di mobilitazione di investimenti, imprese e via dicendo per la banda larga, riguardi l'obiettivo più


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ambizioso, quello di una rete di nuova generazione. Su questo aspetto, a proposito del quale - come lei sa - tutti i Paesi stanno realizzando grandissimi investimenti, vorrei capire a che punto siamo. Mi risulta, infatti, che la Telecom fatichi a compiere persino gli investimenti necessari a mantenere la rete attuale a un livello adeguato di efficienza, pertanto non è evidentemente in grado, vista la sua situazione finanziaria, di realizzare gli investimenti necessari. Il rapporto Caio propone tre modelli possibili per sviluppare questa nuova strategia, dunque vorrei capire se il Governo ha un orientamento al riguardo.
Il secondo documento dal quale parto è il rapporto di Assinform pubblicato proprio oggi, che rivela un crollo impressionante del consumo di information technology, con effetti sulle imprese e sull'occupazione. Vorrei sapere, visto che è un settore di sua competenza, se l'altra leva dello sviluppo dell'information technology, ossia il piano di e-government 2012 (al momento è solo una raccolta di slide, perché manca il supporto del finanziamento), è tra le priorità del Governo. Solo la domanda pubblica, infatti, in questo momento di crisi è in grado di bilanciare il crollo di consumi di information technology.
In sostanza, dunque, chiedo se e quando il Governo ritiene di poter effettivamente realizzare questi due investimenti, sulla rete e sul piano e-government, visto che essi - come lei giustamente sottolineava - oltre che un valore in sé, rivestono un grandissimo valore anticiclico.

RAFFAELE VOLPI. Signor Viceministro, le rivolgo una breve sollecitazione. Rispetto a questa programmazione, senz'altro interessante e importante, le chiedo semplicemente di prendere atto che la situazione attuale - stiamo parlando di sviluppo, ma bisogna considerare anche la realtà attuale - vede il maggior operatore di servizi di informazione su rete, e anche su nuove tecnologie, con grandissimi problemi nel gestire il servizio.
Penso che, prima di immaginarci investimenti importanti, sulla cui necessità concordiamo pienamente, sia anche indispensabile chiarire i rapporti con tale operatore.
Tutte le nostre filosofie di intervento sono di assoluta importanza, utili e rilevanti per tutte le motivazioni che lei ha già addotto, nonché come leva rispetto alla capacità degli investimenti di natura accessoria. Credo, però, che tutto questo possa essere realizzato solo con la certezza che l'operatore richiamato - che sarà tra i fruitori, probabilmente, degli investimenti previsti, in base a questo indirizzo - sia assolutamente adeguato nella gestione dei servizi.

PAOLO ROMANI, Viceministro dello sviluppo economico. Chiedo scusa, onorevole Volpi, per operatore intendeva Telecom?

RAFFAELE VOLPI. Sì.

PRESIDENTE. Do la parola al Viceministro per la replica.

PAOLO ROMANI, Viceministro dello sviluppo economico. Il rapporto Caio, onorevole Lanzillotta, è molto critico nei confronti della situazione nel Paese ma, d'altra parte, non poteva essere altrimenti. Come sa, abbiamo scelto Caio, un italiano che vive a Londra, poiché ci sembrava molto interessante che fosse stato protagonista di un medesimo rapporto Caio al Governo inglese, consegnato nelle mani di Gordon Brown. Ci pareva, dunque, una voce italiana, ma esterna e neutra. Giustamente, pertanto, egli ha sottolineato e rilevato le tante criticità del sistema italiano.
Sottolineo che sto molto insistendo per gli 800 milioni previsti dalla legge e aspettiamo che il CIPE ne deliberi lo stanziamento. Ricordo la composizione dei 1.471 milioni, a parte gli 800 milioni che ricordavamo: 264 sono già nella disponibilità di Infratel, cioè sono già operativi, 160 sono i fondi rurali...

LINDA LANZILLOTTA. Infratel dice che non ci sono..


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PAOLO ROMANI, Viceministro dello sviluppo economico. Non so da quale fonte ha questa notizia, ne può parlare con l'ingegner Lombardo...

LINDA LANZILLOTTA. Mi riferisco a un'intervista dell'amministratore delegato...

PAOLO ROMANI, Viceministro dello sviluppo economico. Io parlo dei 264 milioni che sono nella disponibilità di Infratel, con cui sta già lavorando, di cui 160 sono i fondi rurali e 210 verranno dai progetti di finanza con gli operatori privati. Un'altra riserva, inoltre, è costituita dai vari protocolli che stiamo attivando con le regioni che, devo dire, ci stanno dando tutte una grande mano, sia per il digitale terrestre sia, soprattutto, per la banda larga: dispongono, infatti, di più risorse da spendere di quanto non ne abbiamo noi come ministero. Probabilmente, quindi, alla fine del percorso ci saranno anche più di 1.471 milioni. In ogni caso, stiamo già lavorando. Sono già state effettuate due gare e le aziende vincitrici - in un caso, ricordo, la Sielte - stanno già operando sul territorio.
Infratel - ho voluto verificare personalmente, perché vista la criticità del settore pensavo che anche le informazioni ne risentissero - ha lavorato e sta lavorando bene, avendo una nozione esatta del digital divide. In altre parole, sa esattamente dove mettere le mani. Oggi, quindi, sappiamo dove occorre effettuare gli scavi e collocare la fibra per consentire il collegamento ai 7 milioni 800 mila italiani che si trovano in una situazione di digital divide.
Tutto questo lavoro, collegandosi al discorso dell'NGN (Next Generation Network), è prodromico e propedeutico al discorso successivo, che vale, però, molto di più. Senza entrare in tecnicismi che non sarebbero opportuni in questa sede, il lavoro effettuato non solo consente di aggredire il digital divide e di ridurlo quasi a zero - il 3,9 per cento degli italiani vengono raggiunti con impianti wireless, senza bisogno di portare la fibra ovunque - ma anche di attivare un percorso di rete Telecom (parliamo dei 500.000 chilometri di cavi già collocati negli anni precedenti) che poi permetterà di mettere la fibra non a partire dal backbone, ossia lo scheletro centrale, ma dal punto in cui siamo intervenuti. Purtroppo, questo investimento vale fra i 6 e i 10 miliardi, in misura del fatto che si deve ancora decidere, in base alla tecnologia, se realizzare tutto in fibra oppure una parte in wireless.
Questo è lo stato dell'arte esatto. Evidentemente, in qualità di ministero, stiamo spingendo sul Ministero dell'economia perché ci assegni il più velocemente possibile gli 800 milioni, ma, nonostante ad oggi non siano ancora arrivati, già stiamo lavorando, perché sarà sempre Infratel a gestire le risorse. Non c'è bisogno - lo dico bonariamente - che le risorse arrivino tutte domani mattina, basterebbe che giungessero man mano, in corso d'opera, e andrebbe bene ugualmente.
Siamo tutti preoccupati, quindi, ma lo non siamo perché i lavori non cominciano. È corretto, pertanto, il riferimento dell'onorevole Lanzillotta: o si parte subito, per chiudere nel 2011 il digital divide, o in caso contrario non lo si risolve. Stiamo, comunque, già lavorando.
Non conosco Assinform...

LINDA LANZILLOTTA. È un'associazione di Confindustria...

PAOLO ROMANI, Viceministro dello sviluppo economico. Non ho ancora letto il rapporto.

LINDA LANZILLOTTA. Il settore dell'industria dell'information technology fa riferimento al suo dicastero, quindi lei è interessato a stimolare la domanda pubblica per il sostegno al settore industriale, mentre il Ministro Brunetta è interessato al miglioramento dei servizi. Sullo sviluppo del piano di e-gov come sostegno al settore industriale dell'information technology, che è in gravissima crisi, vorrei una sua valutazione dal punto di vista dello sviluppo economico.

PAOLO ROMANI, Viceministro dello sviluppo economico. Se mi consente, io la


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vedo al contrario: penso che il Paese abbia bisogno di questa infrastruttura, costruendo la quale, poi, si dà una mano a tutto l'indotto e all'industria dell'information technology.
Per quanto riguarda l'applicazione - l'investimento tra i 6 e i 9 miliardi di cui parlavo - vanno risolti prima alcuni piccoli problemi. In particolare, mi riferisco al problema della rete in quanto tale, richiamato dall'onorevole Volpi. Non essendo noi un Paese che se ne possa consentire due o tre - in nessun Paese, comunque, è stata fatta questa scelta - obbligatoriamente dobbiamo partire dalla rete Telecom. Al riguardo, ovviamente, alcune problematiche connesse alla famosa «società della rete», vanno risolte. Lo stesso rapporto Caio, come sa, pone alcune alternative e diverse opzioni, ma sono nodi che non sono stati ancora sciolti.
In un clima di recessione come quello attuale e con una problematica Telecom rilevante, con i debiti, non di carattere industriale ma finanziario, addossati all'ex incumbent italiano, sicuramente tutte le difficoltà e la mancanza di investimenti non discendono da una cattiva gestione attuale dell'azienda, ma dal fatto che, nel passato, sono stati effettuati alcuni LBO che, forse, non si sono rivelati così utili nell'interesse della collettività.
Si contano, peraltro, alcuni soci non italiani nella società di controllo della Telecom. Al riguardo, ho sempre ribadito - anche agli spagnoli stessi - che, a nostro avviso, questa infrastruttura strategica deve rimanere italiana. Un conto, tuttavia, è manifestare un'opinione come Governo, mentre è un problema dell'azienda decidere come agire.
Il 40 per cento di Telefonica nel pacchetto di controllo della Telco di Telecom è una presenza rilevante, anche riguardo alla quale sarà l'azienda stessa a decidere. Sicuramente, comunque, il Governo è molto attento, soprattutto poiché le risorse che intende spendere per certi versi vanno a vantaggio dell'azienda, dunque va attivata una serie di controlli, su cui l'AGCOM è stata interpellata ed è perfettamente d'accordo. Ci deve essere, per esempio, un processo di qualità. Per rispondere all'onorevole Volpi, a tal fine possono essere d'aiuto anche degli strumenti tecnici, con l'attivazione, a fronte di un certo canone, di meccanismi di qualità.
L'intero lavoro, che sarà effettuato nei prossimi anni, avrà come soluzione immediata - grazie all'investimento dei 1.471 milioni di cui parlavo - un progetto che è già incominciato e che non si deve fermare e, come soluzione strategica complessiva, di carattere definitivo, l'innesto successivo, su questo primo investimento, della rete NGN.
Per concludere, Caio evidenzia un aspetto, a mio avviso, molto importante. Il rischio italiano è che la rete muoia o si frantumi di osteoporosi, nel senso che nessuno si accorge che le ossa si rompono prima che si spezzino. Il problema, dunque, è riuscire a prevedere quanto di negativo può accadere e, di conseguenza, investire oggi per evitare un fallimento di rete domani, che sarebbe tragico per il Paese.

PRESIDENTE. Ringrazio il Viceministro, onorevole Paolo Romani, e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,25.

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