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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissioni Riunite (I e II)
1.
Martedì 13 settembre 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bruno Donato, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DEI PROGETTI DI LEGGE C. 4434 GOVERNO, APPROVATO DAL SENATO, C. 3380 DI PIETRO, C. 4382 GIOVANELLI, C. 3850 FERRANTI, C. 4516 GARAVINI E C. 4501 TORRISI RECANTI DISPOSIZIONI PER LA PREVENZIONE E LA REPRESSIONE DELLA CORRUZIONE E DELL'ILLEGALITÀ NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Audizione di rappresentanti di Cittadinanzattiva, di Transparency International Italia e dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE):

Bruno Donato, Presidente ... 3 7 11 13
Zaccaria Roberto, Presidente ... 14 15
Bonifati Vincenzo, Rappresentante dell'ANCE ... 8 14 15
Ferla Vittorino, Rappresentante di Cittadinanzattiva ... 3 15
Giovanelli Oriano (PD) ... 12
Mantini Pierluigi (UdCpTP) ... 12
Tassone Mario (UdCpTP) ... 11
Valenti Quintiliano, Rappresentante di Transparency International Italia ... 6 13
Volpi Raffaele (LNP) ... 11 13
Zaniboni Eugenio, Rappresentante di Transparency International Italia ... 7 13

Audizione di rappresentanti dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture:

Zaccaria Roberto, Presidente ... 15 18
Bruno Donato, Presidente ... 19 21
Giovanelli Oriano (PD) ... 19
Lanzillotta Linda (Misto-ApI) ... 18 19
Mantini Pierluigi (UdCpTP) ... 19
Paolini Luca Rodolfo (LNP) ... 19
Santoro Sergio, Presidente facente funzioni dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ... 16 19

Audizione del professore Francesco Palazzo, ordinario di diritto penale presso l'Università degli studi di Firenze:

Bruno Donato, Presidente ... 21 24
Palazzo Francesco, Professore ordinario di diritto penale presso l'Università degli studi di Firenze ... 21
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A.

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COMMISSIONI RIUNITE (I E II)
I (AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI) E II (GIUSTIZIA)

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 13 settembre 2011


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...
Audizione di rappresentanti di Cittadinanzattiva, di Transparency International Italia e dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva attinente all'esame dei progetti di legge C. 4434 Governo, approvato dal Senato, C. 3380 Di Pietro, C. 4382 Giovanelli, C. 3850 Ferranti, C. 4516 Garavini e C. 4501 Torrisi, recanti disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione, l'audizione di rappresentanti di Cittadinanzattiva, di Transparency International Italia e dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE).
Do la parola ai nostri ospiti, a partire dal rappresentante di Cittadinanzattiva, Vittorino Ferla. Invito gli auditi a consegnare agli uffici eventuali documenti scritti, in modo che si possano riprodurre e mettere in distribuzione.

VITTORINO FERLA, Rappresentante di Cittadinanzattiva. Buongiorno a tutti e grazie per l'invito a questa audizione.
Cittadinanzattiva è da diversi anni impegnata sul versante della lotta agli sprechi e alla corruzione nelle amministrazioni pubbliche, in particolare sul tema della trasparenza e della valutazione dell'efficacia dell'azione pubblica. Da questo punto di vista, il nostro contributo anche al percorso di riforma avviato con il decreto legislativo n. 150 del 2009 è stato importante.
In questo senso, ci pare utile lo sforzo che viene fatto con il disegno di legge del Governo, rispetto al quale, tuttavia, non possiamo fare a meno di esprimere alcune osservazioni critiche. A nostro avviso, già in questa fase, dopo un paio di anni dalla riforma Brunetta, il processo sembra essersi impantanato e il cammino in qualche modo interrotto. Lo dico non soltanto alla luce delle valutazioni delle organizzazioni civiche che seguono il processo di applicazione, ma anche alla luce dello stesso seminario organizzato dalla CiVIT (Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche) nello scorso marzo, che ha fatto il punto della situazione rispetto all'attuazione della riforma.
In particolare, una serie di questioni riguarda l'attuazione del citato decreto legislativo n. 150 del 2009, e soprattutto i lavori della Commissione. È evidente che i tagli della manovra finanziaria dello scorso anno hanno fortemente limitato l'attuazione della riforma: è complicato immaginare un sistema premiale per i meritevoli; alcuni pezzi di amministrazioni pubbliche sembrano essersi già sganciati dai controlli di legge. Peraltro, pare ancora esservi un conflitto fra il ruolo degli organismi di valutazione indicati da quella riforma e il tradizionale sistema di controlli corporativi in commissioni paritetiche.


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Questo è un punto di debolezza molto rilevante, che inevitabilmente si ripercuote anche sull'approvazione del disegno di legge di cui parliamo questa mattina.
La seconda questione riguarda il ruolo della CiVIT. Un primo punto rilevante che ha a che fare anche con il disegno di legge in oggetto riguarda il tema dell'indipendenza della Commissione. È molto importante che il disegno di legge individui come obiettivo l'istituzione di un'autorità nazionale anticorruzione, anche in applicazione del diritto internazionale, ma allo stesso tempo non possiamo non segnalare il fatto che l'autorità nazionale anticorruzione deve essere un organismo indipendente, cosa che non potrà essere nel momento in cui questa autorità coinciderà con la CiVIT.
Apprezziamo certamente l'idea che non si moltiplichino gli enti pubblici, ma allo stesso tempo, se è corretto concentrare queste competenze, quindi anche quelle della lotta anticorruzione all'interno della CiVIT, non possiamo fare a meno di sottolineare una carenza di fondo insita nella natura della Commissione, ossia il fatto che la stessa non è indipendente dal Governo.
Questo ha significato che anche nel processo che noi abbiamo sotto gli occhi, in questi due anni, la selezione dei commissari è stata inevitabilmente sottoposta alle tradizionali logiche lottizzatorie da parte dei partiti. La Commissione si è concentrata soprattutto su un'attività di ordine formale, in particolare con l'emanazione di delibere su regolamenti e norme, l'adempimento di atti burocratici, ma è assente un approccio manageriale, manca una capacità di governo del sistema. La cosa ci preoccupa anche in vista delle nuove competenze che alla CiVIT verrebbero affidate. È mancato fino ad oggi un serio coinvolgimento dei cittadini e si tratta di un aspetto per noi, ovviamente, rilevante. Su questo punto ritornerò più avanti.
C'è un elemento di ulteriore preoccupazione. Le Commissioni sono certamente a conoscenza del fatto che la CiVIT, purtroppo, sta lavorando anche in condizioni di organico ridotto per le dimissioni di due commissari. Nel caso del professor Micheli, non si è trattato di dimissioni senza significato; al contrario, a queste dimissioni sono state date motivazioni abbastanza precise che, in qualche modo, ricalcano le osservazioni fin qui condotte, con riguardo dunque alla scarsa efficacia ed efficienza di questa Commissione e con molti dubbi sul lavoro e sulla reale produttività della stessa. Questo è un punto di cui non possiamo tacere nel momento in cui si discute di questo disegno di legge.
Gli stessi commissari della CiVIT hanno «confessato», nel corso dell'ultimo seminario condotto: «abbiamo le scarpe strette». Questa espressione significa sostanzialmente che ci sono una serie di problemi che vanno colti. In particolare, meno della metà delle amministrazioni pubbliche, fino ad oggi, ha realizzato i piani per la trasparenza; questo evidentemente non è un buon viatico, in vista del fatto che bisognerà fare lo stesso lavoro sul piano della lotta alla corruzione, e soprattutto ci dice qualcosa in termini di accountability. A nostro avviso, è necessario che vi siano degli strumenti che in qualche modo stabiliscano un sistema di premi e sanzioni per le amministrazioni virtuose e non virtuose. Allo stesso tempo, mancano strumenti per la raccolta delle segnalazioni dei cittadini. Se questo è un tema di cruciale rilevanza nell'ambito della trasparenza delle amministrazioni pubbliche, a maggior ragione crediamo possa diventarlo nell'ambito della lotta alla corruzione, ed è evidente il nesso fra i due temi. Sotto questo profilo, invitiamo le Commissioni a valutare strumenti ulteriori da introdurre nel disegno di legge relativi al coinvolgimento dei cittadini, in particolare attraverso la raccolta di segnalazioni.
Non ci sono chiari i rapporti che intercorreranno fra Dipartimento della funzione pubblica e autorità anticorruzione. Lo sottolineiamo anche alla luce della mancata indipendenza nella selezione dei commissari e, comunque, nella nomina della CiVIT. Inevitabilmente vi saranno una serie di conflitti di competenze e di


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attribuzione, con il forte rischio che l'autorità anticorruzione sia semplicemente uno strumento per la ratifica di piani e iniziative che saranno sostanzialmente realizzati dal Dipartimento della funzione pubblica.
In questo senso, siccome nel disegno di legge si fa nuovamente riferimento al tema della trasparenza dell'attività amministrativa, che è normato già in altre leggi dello Stato, noi vogliamo esprimere alcune perplessità rispetto al tema dell'accesso totale alle informazioni, che è dichiarato ma non è reale, in particolare quando si fa riferimento ai soli portatori di interesse rispetto alle informazioni. Noi chiediamo che l'accesso debba essere davvero totale per tutti i cittadini e non abbia le restrizioni e le limitazioni che allo stato attuale ancora esistono.
C'è il forte rischio, in altri termini, che questo accesso alle informazioni sia alla fine sempre filtrato da una selezione che viene fatta a monte dalle amministrazioni pubbliche; viceversa, noi riteniamo che l'informazione debba vertere anche sull'attività e non soltanto sul prodotto finale. Bisognerà pubblicare i provvedimenti, ma allo stesso tempo è molto importante che la trasparenza sia presente fin dal momento della formazione dell'atto. Questo è un tema cruciale, su cui probabilmente queste Commissioni potrebbero fare un supplemento di riflessione, proprio per intervenire sui limiti della riforma Brunetta, di cui adesso ovviamente abbiamo qualche contezza, essendo trascorsi due anni dall'approvazione.
Tengo a sottolineare ancora che nella parte relativa all'affidamento di lavori, forniture e servizi, quindi nella parte relativa agli appalti, credo possa essere utile valutare anche l'introduzione di strumenti di controllo e di partecipazione civica. Noi riteniamo che vi siano diversi esempi, anche recenti - basti pensare, per esempio, alla ricostruzione post-terremoto dell'Aquila - in cui probabilmente un coinvolgimento dei cittadini fin dall'inizio, anche nella ricostruzione, nel ripensamento dei lavori, sarebbe stato cruciale. Come organizzazione di cittadini e di consumatori, riteniamo ovviamente che questo sia rilevante anche in ambiti meno clamorosi: basti pensare, per esempio, alla fornitura di servizi, a tutta la partita che si gioca a livello di aziende sanitarie locali, a livello del mondo della sanità. Stiamo parlando di un tema evidentemente cruciale, poiché sappiamo che il 70 per cento del budget delle regioni è dedicato a questo ambito. Non c'è qui il tempo per approfondire questo tema, sul quale peraltro voi siete ovviamente avvertiti, ma proprio per questo motivo vale la pena di stabilire strumenti di osservazione, di coinvolgimento, di partecipazione dei cittadini nel momento dell'affidamento degli appalti e nei lavori successivi.
Faccio ancora un riferimento ad alcune delle questioni sollevate, per esempio, anche dalla Corte dei conti, in particolare la questione strettamente legata al tema della lotta alla corruzione, quella relativa alla riforma della giustizia. Noi riteniamo che il rischio di interruzione dei processi, il rischio dei termini di prescrizione brevi e via dicendo non siano un sostegno alla lotta alla corruzione. In questo senso, ci piace segnalare in questa sede il fatto che nella finanziaria del 2007 è stata approvata una norma che riguarda la confisca e l'uso sociale dei beni dei corrotti - questo è stato, peraltro, il frutto di un'iniziativa delle organizzazioni civiche, che poi ha trovato accoglienza in Parlamento - ma ad oggi l'attuazione di quella norma è sostanzialmente sospesa. Si tratta di una norma importante perché, da una parte, offre degli strumenti di lotta alla corruzione e, dall'altra, strumenti di recupero di risorse sottratte alla comunità che possono essere utilmente reinvestite. Credo che un impegno, nel disegno di legge, a una piena attuazione di quella norma e ad una estensione dei poteri ispettivi anche all'attuazione di quella norma sia rilevante.
Un ultimo punto riguarda il tema dell'audit civico. Da anni siamo impegnati nella valutazione civica dei servizi ai cittadini. Crediamo che questo sia uno strumento rilevante perché apre le finestre e le porte delle amministrazioni pubbliche al controllo dei cittadini. Si tratta di azioni


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virtuose, importanti, che hanno una ricaduta non soltanto sul piano della qualità dei servizi offerti e sull'efficacia dell'azione amministrativa, ma anche sulla trasparenza dei processi e di quelle azioni che in molti casi sono realizzate alla fine proprio per migliorare la qualità e le condizioni di vita dei cittadini.
Ci impegniamo a inviare alle Commissioni un testo scritto che raccolga questi suggerimenti. Grazie.

QUINTILIANO VALENTI, Rappresentante di Transparency International Italia. Buongiorno. Sono Quintiliano Valenti, vicepresidente di Transparency International. È con me il collega professor Zaniboni, con il quale dividerò l'intervento. Io parlerò in termini più generali, mentre il professor Zaniboni parlerà più in particolare dei problemi che interessano le Commissioni.
Noi definiamo la corruzione come l'abuso del potere istituzionale per vantaggi privati. Il problema della corruzione è un problema generale, mondiale, che non può essere risolto nell'ambito di un singolo Stato. La soluzione, se mai ci sarà, o la riduzione dei fenomeni di corruzione la si potrà ottenere - ne siamo convinti - in un contesto internazionale.
Noi siamo il Paese dei favori e delle raccomandazioni. Per Transparency International i favori e le raccomandazioni sono atti corruttivi, quindi occorre fare un cambio culturale notevolissimo se si vuole risolvere il problema.
La corruzione entra anche nei fenomeni finanziari che ci stanno assillando ultimamente. Dobbiamo pensare che, per esempio, un cambiamento dei nostri indici di percezione della corruzione influenza direttamente il costo del debito, quindi il costo globale per l'azienda Italia; un quarto di punto di variazione del currency CDs comporta un costo, per l'azienda Italia, di 4 miliardi di euro. Quando noi valutiamo il grado di corruzione di un Paese, questa valutazione entra nei rating dei vari istituti bancari e in conseguenza penalizza o premia il Paese.
Noi siamo i rappresentanti della società civile che si sono occupati della corruzione in maniera formale, standardizzata, da circa venti anni. Abbiamo visto che per combattere il fenomeno bisogna prima poterlo misurare.
Quanto alle dimensioni della corruzione, in particolare, per quanto riguarda l'Italia, dare un numero che quantifichi cosa vuol dire la corruzione oggi è estremamente difficile. Noi ci asteniamo dal darlo, però sappiamo che in Italia esiste questo problema culturale, una corruzione endemica che è estremamente difficile da combattere.
Noi sappiamo che per risolvere un problema dobbiamo prima misurarlo. I nostri indici di misurazione (Corruption perception index, Bribery index e Global corruption report) sono documenti noti a livello mondiale che sono stati da noi emessi.
Come ci comportiamo per il contrasto alla corruzione? Innanzitutto abbiamo un approccio preventivo, vale a dire cerchiamo di incoraggiare nelle scuole il ritorno all'etica dei comportamenti come elemento di studio. Inoltre, abbiamo una serie di indicazioni di dettaglio, che però valgono per la generalità dei processi, le business practice per il contrasto della corruzione. In ogni processo c'è la fase di concezione fino alla parte realizzativa; noi analizziamo queste fasi e per ognuna di esse cerchiamo di individuare l'aspetto preventivo e l'aspetto sanzionatorio. Quando un'azienda ha adottato questo sistema di business practice di Transparence international, automaticamente i rischi aziendali sono posti sotto controllo, dunque si ha un effetto sulla bottom line, sul risultato economico dell'iniziativa.
In Italia abbiamo in essere una collaborazione con ANCI e SAET, che prevede la diffusione di questi concetti, inclusi i patti di integrità, che sono un nuovo metodo della contrattualistica generale.
Dicevo prima che i problemi della corruzione si risolvono se li mettiamo in un contesto internazionale, mondiale. Noi abbiamo ratificato la Convenzione UNCAC (United Nations Convention against corruption).


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Siamo oggetto di controlli da parte del GRECO, il gruppo europeo di Stati contro la corruzione; il mio collega elaborerà le nostre raccomandazioni riguardo a questo controllo.
Abbiamo la necessità e ci appelliamo a tutti voi perché le azioni che ci sono richieste a livello internazionale, e che abbiamo già ratificato, abbiano il seguito adeguato per un'applicazione di dettaglio che ci dia la credibilità necessaria per non incorrere in quelle penalizzazioni finanziarie che adesso sono estremamente severe.
Bauman diceva che l'etica è quell'approccio mentale di una mente calcolatrice dopo aver fatto bene i propri conti. In altre parole, a lungo termine l'etica, l'anticorruzione pagano, non sono un costo, anzi danno un ritorno, ma bisogna crederci ed essere credibili verso le autorità internazionali che si muovono con noi.
In Italia stiamo raccomandando di rivedere le attività nelle amministrazioni dello Stato, individuare i punti negativi presenti, cercare di pianificare queste operazioni di pulizia e di diffusione dell'etica, in modo da ottenere sulla scena internazionale una credibilità e una reputazione che sono fondamentali per l'azienda Italia in questo particolare momento.
Lascerei la parola al professor Zaniboni.

PRESIDENTE. Mi scusi, professor Zaniboni. La pregherei di contenere il suo intervento in tempi ristretti, poiché le Commissioni devono svolgere altre audizioni. La ringrazio.

EUGENIO ZANIBONI, Rappresentante di Transparency International Italia. Grazie, presidente.
Il nostro vicepresidente ha sottolineato il contesto internazionale in cui va collocato il disegno di legge in discussione. Non dimentichiamo che stiamo parlando di un fenomeno che è stato quantificato dalla Corte dei conti, solo due anni fa, in 50-60 miliardi di euro.
Noi ci siamo chiesti se questo disegno di legge corrisponda alle esigenze del Paese in questo momento. Da un lato, è vero che il fenomeno della corruzione interessa tutti gli Stati e può essere combattuto soltanto a livello internazionale. Non dimentichiamo che l'articolo 83 del Trattato di Lisbona inserisce la corruzione tra i reati gravi su cui direttamente in Europa si può prendere una decisione sul da farsi.
Abbiamo anche ratificato, come si è detto, la Convenzione UNCAC del 2003 contro la corruzione, che è molto importante. Abbiamo avuto soltanto due mesi fa la visita del GRECO che ci ha detto che ben sette raccomandazioni non sono state prese in considerazione dall'Italia. Poiché l'8 ottobre avremo un'altra visita e il tempo stringe, noi chiediamo semplicemente di adempiere in maniera precisa e puntuale alle raccomandazioni del GRECO, l'organo europeo che si occupa di corruzione.
Quali sono, in sintesi, le raccomandazioni? Innanzitutto, codice di condotta per i politici e per i ministri. Inoltre, norma sul conflitto di interesse; in particolare, noi chiediamo di prevedere norme - non sono presenti in questo disegno di legge - che riguardano il fenomeno delle Revolving Doors o «pantouflage»: si assume un incarico al privato al termine dell'esercizio di un incarico pubblico che può nascondere un fenomeno di corruzione.
Inoltre, chiediamo di rafforzare il fenomeno che noi chiamiamo delle «vedette civiche», in inglese whistleblower. Un articolo inserito al Senato, l'articolo 4, prevede una sorta di immunità soltanto per il dipendente pubblico e non si vede per quale motivo questa previsione non si debba estendere anche al privato.
La corruzione nel settore privato è fondamentale e c'è una convenzione, non ancora ratificata dall'Italia, che potrebbe risolvere molti problemi. Chiediamo di rafforzare il ruolo dell'autorità prevista - e ci associamo, in questo, a quanto si diceva prima sulla possibile non totale indipendenza dell'autorità CiVIT - sul piano investigativo, perché la Convenzione


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UNCAC ci chiede anche di nominare un'autorità con poteri investigativi, inquirenti in questo settore.
Inoltre, ed è l'aspetto che forse ci sta più a cuore, dalle statistiche sappiamo che nell'84 per cento dei reati finanziari che giungono a compimento di tutti e tre i gradi di giudizio le condanne non sono eseguite per prescrizione.
Il GRECO ci chiede di ampliare - come la convenzione ONU chiede a tutti gli Stati in maniera perentoria - i termini di prescrizione e di decadenza per i reati finanziari, ivi compresa la corruzione. Grazie.

VINCENZO BONIFATI, Rappresentante dell'ANCE. L'ANCE valuta molto positivamente questo provvedimento e ritiene che costituisca un passo in avanti per il contrasto alla corruzione. In particolare, noi siamo interessati all'articolo 5, che tratta un argomento che abbiamo dibattuto più volte e che per il settore dell'edilizia nel nostro Paese è di vitale importanza. Abbiamo distribuito un documento per cercare di essere molto chiari su questo punto.
Di fronte alla riconosciuta inefficacia della certificazione antimafia, il Parlamento, l'Esecutivo e le autorità preposte al controllo del territorio stanno da tempo compiendo un'attenta riflessione sugli strumenti più efficaci per impedire l'infiltrazione della criminalità organizzata nell'economia. Lo stesso obiettivo è perseguito dalle imprese che, a loro volta, hanno il bisogno di proteggersi dai tentativi criminali delle organizzazioni mafiose.
Premesso che non è intenzione dell'ANCE proporre alcuna sostituzione o modifica delle normali procedure di controllo antimafia attualmente in vigore, si ritiene però necessario ampliare gli strumenti di controllo a disposizione delle autorità concentrando l'attenzione su quelle attività nelle quali risulta più frequente l'incidenza delle organizzazioni criminali.
La realtà dimostra, infatti, che l'infiltrazione malavitosa riguarda principalmente i sub-contratti a valle dei contratti principali, non fosse altro perché il fenomeno mafioso si manifesta attraverso il controllo capillare del territorio, mediante l'esercizio di specifiche attività economiche, commerciali e imprenditoriali, di facile accesso e non particolarmente complesse, anche per fini di riciclaggio. Si tratta di quelle attività strutturalmente radicate sul territorio e potenzialmente idonee a intercettare qualsiasi intervento, pubblico o privato, nelle specifiche zone di influenza di ogni singola organizzazione criminale.
Per tali attività, quindi, appare necessario creare a livello prefettizio, in ciascun ambito territoriale, un elenco dei soggetti per i quali sia escluso il tentativo di infiltrazione mafiosa e tra i quali le imprese operanti in quello stesso territorio possano scegliere il proprio partner commerciale.
Questa strada, che l'ANCE percorre insieme a Confindustria e che è stata condivisa sin dal maggio 2009 anche dalla Procura nazionale antimafia, è stata accolta dal Governo nei provvedimenti per la ricostruzione post-terremoto in Abruzzo, per i lavori relativi all'Expo 2015 e per il Piano straordinario delle carceri, ed è contenuta nell'articolo 5 del disegno in esame già approvato dal Senato il 15 giugno 2011. Si tratta della definizione delle «attività di impresa particolarmente esposte al rischio di inquinamento mafioso» e la loro elencazione finalizzata alla definizione degli elenchi di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a rischio di inquinamento mafioso previsti da ultimo dall'articolo 4, comma 13, del decreto-legge 13 maggio 2001, n. 70 convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, il cosiddetto «decreto sviluppo».
L'articolato normativo del disegno di legge in esame, già approvato dal Senato, reca all'articolo 5 la definizione delle «attività d'impresa particolarmente esposte a rischio di inquinamento mafioso», con la loro elencazione, finalizzata alla definizione degli elenchi di fornitori, prestatori di servizi e via dicendo, così come da


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ultimo sempre previsto all'articolo 4, comma 13, del citato decreto-legge n. 70 del 2011.
Si tratta di una norma che ha subìto una profonda modificazione rispetto alla sua originale impostazione, che definiva l'istituzione degli elenchi di fornitori e prestatori di servizi non soggetti a rischio di inquinamento mafioso. Si rammenta, infatti, che l'iniziale definizione rispetto alla quale, come ANCE, avanzammo dubbi di efficacia per la sua portata eccessivamente generica e per la mancanza di specifiche previsioni operative, è stata oggetto di numerose proposte di modifica, alcune delle quali sembravano rispondere pienamente all'esigenza di definire un percorso che avrebbe condotto a istituire elenchi davvero funzionanti e in grado di porre una barriera forte e credibile tra il mondo delle imprese e quello della criminalità organizzata.
Alcune di queste proposte, oltre a istituire gli elenchi di imprese non soggette a rischio di infiltrazione mafiosa operanti nei settori maggiormente esposti a tale rischio, disponevano correttamente che l'iscrizione di tali elenchi costituisse condizione per l'esercizio della relativa attività. Queste proposte emendative prevedevano, inoltre, che gli iscritti negli elenchi fossero periodicamente assoggettati agli accertamenti di cui agli articoli 10, commi 7 e 8, del decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n, 252, che riguarda esattamente il tentativo di infiltrazione mafiosa.
In questo modo, lo strumento che oggi, attraverso l'articolo 5, trova un avvio solo formale, avrebbe potuto da subito rappresentare uno strumento operativo a disposizione della magistratura e delle forze dell'ordine. L'assoluta necessità di creare una frattura netta tra il mondo imprenditoriale e le pressioni della criminalità organizzata ha spinto le massime autorità preposte al controllo del territorio a interrogarsi su quali fossero i momenti più esposti a tale preoccupante fenomeno.
Recentemente, sulla scia di numerosissime evidenze provenienti dai massimi organi di controllo, il Ministero dell'interno nella propria direttiva del 23 giugno del 2010 afferma che l'infiltrazione malavitosa tende ad annidarsi in attività che si pongono a valle dell'aggiudicazione e che interessano in maniera particolare il ciclo degli inerti e degli altri settori collaterali.
Si tratta, in altre parole, di attività strutturalmente radicate sul territorio e potenzialmente idonee a intercettare qualsiasi intervento nelle specifiche zone di influenza di ogni singola organizzazione criminale.
Naturalmente richiamarsi a tale assunto non intende dimostrare, al contrario, l'estraneità al problema dell'infiltrazione per le imprese di costruzioni, per le quali continuerebbero a vigere i controlli attualmente previsti dall'ordinamento, quale la certificazione antimafia e le informative, laddove previste. È però del tutto evidente che se il tema è quello dell'efficacia delle azioni di contrasto alla criminalità organizzata, altrettanto ovvia appare la necessità di concentrare gli sforzi sulle attività maggiormente esposte a rischio mafioso. Si tratta di quelle attività, ampiamente identificate dal Ministro dell'interno con la direttiva sopra ricordata, per le quali le prefetture sono sollecitate a effettuare controlli periodici per accertarne l'estraneità dalla criminalità organizzata.
Peraltro, le stesse attività appaiono correttamente richiamate dal ricordato articolo 5 del disegno di legge in esame, così come approvato in Senato, ai fini dell'applicazione delle norme vigenti in materia di controlli antimafia da attuarsi mediante gli elenchi di fornitori sopra ricordati e via dicendo.
In estrema sintesi, si tratta di quelle attività che si pongono a valle dell'aggiudicazione degli appalti per la realizzazione di opere pubbliche, tra le quali tutte quelle legate al ciclo del calcestruzzo e degli inerti, i cottimi, i noli a caldo e a freddo, lo smaltimento in discarica dei rifiuti di lavorazione, l'attività di cava.
Tuttavia, tale disposizione, nel testo approvato al Senato, risulta essere assai generica, tanto da porsi più come norma di principio piuttosto che come strumento


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operativo. Infatti, non vi è alcun riferimento alle modalità con le quali dovrà essere effettuato il controllo degli operatori iscritti nell'elenco da parte delle prefetture, né in relazione al contenuto della verifica né alla periodicità della verifica stessa né alle conseguenze derivanti dall'esito negativo degli accertamenti.
Manca, infine, l'indicazione della obbligatorietà dell'iscrizione negli elenchi ai fini dell'esercizio delle attività indicate nella norma. Questo elemento appare particolarmente importante, poiché l'esperienza relativa alle previsioni legislative di cosiddette «white list», non obbligatorie ma facoltative, e in particolare quelle concernenti la ricostruzione dell'Abruzzo, non ha prodotto risultati significativi.
Inoltre, l'obbligatorietà dell'iscrizione negli elenchi per l'esercizio di attività che comunque sono già sottoposte a provvedimenti di tipo autorizzatorio dalle amministrazioni per altri aspetti, avrebbe come conseguenza quella di evitare un doppio regime fra gli appalti pubblici e privati. Per i primi, infatti, l'appaltatore sceglierebbe i propri sub-contraenti soltanto nelle liste controllate dalla prefettura, mentre negli appalti privati, che sono la maggioranza degli investimenti nel settore, l'appaltatore non avrebbe alcuna garanzia, sotto il profilo dell'assenza di penetrazione malavitosa, nella scelta dei propri contraenti.
La natura sostanziale dell'articolo 5 del disegno di legge trova il suo naturale completamento con un'altra norma sulle white list recata dall'articolo 4, comma 13, del citato decreto Sviluppo. Con tale articolo, infatti, viene disposto che presso ogni prefettura sia istituito l'elenco dei fornitori e prestatori di servizi; viene altresì disposto che «la prefettura effettua verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei suddetti rischi e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell'impresa dall'elenco».
Le modalità di istituzione degli elenchi e dei controlli da parte delle prefetture vengono rimandate a un regolamento da emanarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge. Ricordo che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per l'attuazione della ricostruzione dell'Abruzzo ancora non è stato emanato.
Anche questa disposizione presenta alcune limitazioni che rischiano di comprometterne l'efficacia. In primo luogo, la formulazione appare eccessivamente generica nell'indicazione delle attività economiche che saranno oggetto degli elenchi. Tuttavia, sotto questo profilo, in un'interpretazione logico-sistematica, la disposizione del decreto-legge n. 70 del 2011 andrà integrata con quella dell'articolo 5 del disegno di legge anticorruzione, una volta approvato, con la conseguenza che tali elenchi si dovranno intendere previsti per gli specifici settori individuati dallo stesso articolo 5 del disegno di legge anticorruzione.
Il secondo limite delle disposizioni del decreto-legge n. 70 del 2011 riguarda la facoltatività e non l'obbligatorietà delle iscrizioni agli elenchi, con le conseguenze che abbiamo già ricordato. Come si vede, la normativa sulle white list contenuta nei due provvedimenti legislativi rimane ancora incompleta e lacunosa. Al fine di risolvere tali lacune, appare necessario superare il doppio livello normativo creato e ricondurre la materia delle white list a una trattazione unitaria rivedendo l'articolo 5 del provvedimento in esame alla Camera, nel senso di prevedere un collegamento certo con la norma di cui al decreto sviluppo e prevedendo che l'iscrizione negli elenchi delle prefetture della provincia in cui l'impresa ha sede è condizione essenziale per l'esercizio della relativa attività.
Sin dalla loro introduzione nell'ordinamento giuridico, avvenuta con la disposizione per la ricostruzione dell'Abruzzo, dei lavori Expo 2015 e per il Piano straordinario carceri, le white list hanno subìto forti ritardi nella fase attuativa e hanno visto il susseguirsi di formulazioni incomplete e inefficaci che ne hanno fortemente limitato la portata. Tra le principali criticità riscontrate, si segnala ad esempio l'eccessiva estensione dei soggetti da iscrivere


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negli elenchi che la norma inserita nel decreto-legge Abruzzo prevedeva. A questo proposito, l'ANCE ha ripetutamente proposto una loro limitazione solo ai settori a maggior rischio di infiltrazione, come successivamente identificati con la direttiva Maroni del 23 giugno 2010.
Un altro limite delle liste, nella loro forma attuale, sussiste nel loro carattere facoltativo, rispetto al quale abbiamo opposto la necessità di prevedere l'obbligatorietà per i soggetti che intendono operare in quelle determinate attività economiche.
Il risultato di queste problematiche è la sostanziale inefficacia delle liste fino ad ora costituite, al punto che taluni, da un'osservazione del tutto superficiale dei dati finora disponibili, sollevano dubbi sulla loro reale validità, senza soffermarsi sulle cause effettive di tale insuccesso.
Per chi ha seguito con attenzione la genesi e l'evoluzione dello strumento si tratta, purtroppo, della cronaca di una morte annunciata. Di fronte alle difficoltà osservate, non riusciamo a individuare una chiara volontà a rendere lo strumento veramente efficace e in grado di difendere le imprese dai tentativi di infiltrazione criminale. Tutto questo ci preoccupa perché non riusciamo a promuovere un confronto franco e trasparente nel merito dei reali problemi, ma possiamo soltanto assistere al costante depotenziamento e indebolimento della misura.
Ci sfuggono, infatti, le motivazioni che portano a ripensamenti rispetto a un testo normativo, con la conseguenza di stravolgerne spesso il significato iniziale. Appare indispensabile tornare all'idea originale. È necessario che le white list siano riferite alle sole attività d'impresa particolarmente esposte al rischio di inquinamento mafioso e che l'iscrizione a tali elenchi sia condizione essenziale per l'esercizio della relativa attività. È inoltre necessario che vengano da subito previste le modalità con cui dovranno essere eseguiti i controlli periodici da parte delle prefetture. Si tratta di previsioni già contenute nell'emendamento presentato al Senato a firma del senatore Vizzini.
A tale proposito, presidente, noi abbiamo predisposto una proposta di emendamento che, se lei lo autorizza, vorremmo lasciare agli atti delle Commissioni, per rendere più chiara la volontà che abbiamo espresso nella nostra audizione. Grazie.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono porre quesiti o formulare osservazioni.

RAFFAELE VOLPI. Signor presidente, intendo prima di tutto ringraziare gli auditi. Porrò una domanda brevissima e una considerazione altrettanto breve su una situazione che ho avuto modo di verificare.
Innanzitutto, immagino che Transparency International creda molto negli indicatori che utilizza, quindi oggi i suoi rappresentanti si saranno trovati a disagio nel venire in questo contesto di corrotti. Ciò detto, rispetto all'attività di lobbying vi chiedo che posizione avete. Cito un esempio molto pratico: se come parlamentare, piuttosto che come consigliere regionale, vengo contattato da un'associazione di categoria, ad esempio l'ANCE, nel momento in cui si tratta di produrre una legge regionale che riguarda il territorio, come considera questa circostanza Transparency International? E come viene valutata la possibilità dell'associazionismo di categoria di intervenire sulla formazione delle leggi?

MARIO TASSONE. A Transparency International vorrei chiedere quale tipo di affidabilità riconosce al GRECO. Lo chiedo perché qualche informazione in mio possesso si discosta da entusiasmi diffusi anche attraverso questo documento.
Inoltre, nel documento che Transparency International ha messo a disposizione delle Commissioni si parla di settori considerati più corrotti. Nel rapporto 2010 spiccano i partiti politici, il Parlamento, seguiti dai pubblici ufficiali. Anche a questo proposito, quale affidabilità riconoscete a questa informazione? Mi sembra un rapporto che si affida a luoghi comuni,


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anche perché non c'è dubbio che i pubblici ufficiali abbiano molto più potere rispetto al Parlamento. E cosa significa «Parlamento»? È un dato generico?
Vorrei capire chi ha responsabilità maggiore per quanto riguarda un'azione criminosa legata alla criminalità organizzata: il capo dell'ufficio tecnico o l'assessore?
Concludo rivolgendo una domanda al mio amico ingegner Bonifati. Come Commissione antimafia abbiamo avuto più volte le visite graditissime dei presidenti della Confindustria Luca di Montezemolo ed Emma Marcegaglia (molto brava perché dice agli altri quello che devono fare ma non ci ha ancora detto cosa intende fare Assindustria per tanti problemi di carattere economico), che ci hanno assicurato che c'era un gruppo interno di lavoro soprattutto prendendo lo spunto dalla vicenda Lo Bello.
Sulle white list sono d'accordo con lei, ingegner Bonifati. Le racconto, a beneficio anche colleghi della I Commissione presenti, una vicenda: la Commissione antimafia, all'antivigilia dello scoppio della vicenda P3 o P4, si recò ad audire il procuratore antimafia, l'allora prefetto Gabrielli, ora capo della protezione civile, i quali riferirono che tutto andava bene, ma dopo tre giorni scoppiò il caso. In quell'occasione non ci dissero nemmeno che c'era un problema, quindi come vedete queste liste sono un fatto molto relativo.
Quale gruppo esiste di controllo reale? Ad esempio, si fanno o non si fanno i controlli sul calcestruzzo depotenziato? I collaudi sono seri oppure si risolvono semplicemente con la cena o il pranzo con l'imprenditore o l'industriale edile, tanto per intenderci?

ORIANO GIOVANELLI. Innanzitutto voglio ringraziare gli auditi per il loro contributo e rassicurarli che come Partito democratico prendiamo molto sul serio il lavoro sia di Transparency International sia di Cittadinanzattiva, ma anche di ANCE, che frequenta maggiormente, per altri aspetti, queste sedi di interlocuzione con il mondo delle istituzioni.
Per quanto riguarda le considerazioni svolte dal rappresentante di Cittadinanzattiva, poiché anch'io attribuisco al ruolo attivo dei cittadini una valenza particolarmente considerevole per il contrasto del fenomeno corruttivo, chiedo se vi siano esperienze legislative concrete anche di altri Paesi europei che in qualche modo si possono attagliare al nostro ordinamento per rendere efficace una norma che possa essere inserita in questo provvedimento.
Per quanto riguarda le considerazioni esposte da Transparency International, intendo dire che, con riferimento ai sette punti non ancora soddisfatti dalla normativa presentata dal Governo e dalla maggioranza, molti sono presenti nei provvedimenti dell'opposizione. Vorrei sapere se questi provvedimenti sono stati esaminati, dal momento che nessuno ha fatto riferimento alle proposte di legge presentate dai gruppi di opposizione, che sono abbinate all'esame del disegno di legge approvato dal Senato.

PIERLUIGI MANTINI. Siamo sicuri che l'autorità da rafforzare debba essere solo la CiVIT e non anche l'autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, che è sostanzialmente priva di poteri? Parliamo di tutti i casi di omissione di gara o di gravi alterazioni delle gare.
Ricordo, come ho fatto in altre occasioni, che l'autorità di vigilanza ha solo poteri sanzionatori per l'omissione delle informazioni da parte delle stazioni appaltanti. Ora, è piuttosto ridicolo istituire un grande sistema di osservatori regionali, nazionali e via dicendo per poi sanzionare l'eventuale omissione di informazioni. Forse, quindi, si dovrebbe riorientare su questa authority la possibilità di intervenire in via preventiva sulle gravi omissioni o violazioni delle regole di concorrenza, di gara, che peraltro sono il principale veicolo della corruzione.
In secondo luogo, non ho sentito finora - anche, forse, per la configurazione dei soggetti auditi - sottolineare la necessità dell'abolizione di questa distinzione tutta italiana tra corruzione e concussione. Questo, invece, è un tema che a pieno


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titolo dovrebbe rientrare in queste misure di riforma, come sollecitato anche dall'Europa.

PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.

QUINTILIANO VALENTI, Rappresentante di Transparency International Italia. Per rispondere alle considerazioni sulla possibilità di controllare, con i sistemi di valutazione attuali, l'intervento in fase preventiva, come si è detto, noi siamo completamente d'accordo. Anche per risolvere il problema prima richiamato, dobbiamo rifarci alla definizione di corruzione: se l'intento è quello dell'abuso del potere istituzionale per scopi privati, il discorso diventa ben chiaro; se c'è qualche altro scopo nella transazione, le cose non possono essere accettate.
Vorrei far presente all'onorevole Volpi che la lobbying negli Stati europei è un punto ancora controverso, nel senso che a Londra...

RAFFAELE VOLPI. Non ho chiesto questo. Vorrei essere preciso. Ho chiesto qual è la percezione, rispetto ai vostri parametri di giudizio, del rapporto fra un consigliere regionale e un'associazione di categoria, nel momento in cui tale associazione sollecita interessi che sono ovviamente legittimi. Vorrei capirlo, perché generalizzare il rapporto mi sembra che sia troppo facile. Dove inizia il momento in cui c'è qualcosa di diverso? Voi come potete misurarlo?

QUINTILIANO VALENTI, Rappresentante di Transparency International Italia. Si guarda all'esistenza o meno di interessi privati in queste relazioni. Se ci sono vantaggi privati nella transazione, tale transazione non è accettabile da noi.
Le volevo far presente, onorevole Volpi, però, che è una sorta di lobbying: il 40 per cento della capitalizzazione che c'è a Londra è supportato da lobbying. Un lobbying compiuto in un dato modo piuttosto che in un altro, senza questo interesse personale privato, è accettabile.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DELLA I COMMISSIONE ROBERTO ZACCARIA

EUGENIO ZANIBONI, Rappresentante di Transparency International Italia. Vorrei aggiungere alcune brevi considerazioni, Se normalmente i parlamentari sono stati sempre espressione del territorio e le liste vengono bloccate e praticamente si perde il contatto col territorio, è normale che si creino associazioni esponenziali che si rivolgono come società civile.
D'altronde, se andate a leggere il primo capitolo della Convenzione dell'UNCAC, quello che parla della partecipazione della società civile ai processi contro la corruzione, quindi di un coinvolgimento educativo della società civile, è normale che poi noi dobbiamo trovare alcuni interlocutori.
Ringrazio anche l'onorevole Giovanelli, perché ci ha edotto sulla presenza di altre proposte di legge, dei quali non abbiamo avuto conoscenza. Noi siamo a disposizione di tutti coloro che vogliono essere coadiuvati nelle scelte per quanto riguarda l'istruzione - andiamo nelle scuole - e la formazione anche a livello più specialistico e legislativo.
Per quanto riguarda il GRECO, ci è stata posta una domanda specifica. Si tratta di organismi indipendenti creati all'interno delle convenzioni. La convenzione, una volta ratificata, non rimane nel vuoto, ma ha alcuni meccanismi di implementazione. Si creano Commissioni in cui ciascuno Stato ha un proprio componente, che visitano a rotazione gli Stati e verificano qualità e quantità dell'implementazione della convenzione oggetto d'esame in quel Paese.
Dopodiché, passa un dato periodo di tempo e viene elaborato un paper, un report, che noi abbiamo sottoposto all'attenzione delle Commissioni e che può essere un utile strumento di consultazione, su cui viene specificato rispetto ai punti previsti dalla convenzione - in questo momento l'Italia è sotto i riflettori; abbiamo ricordato che dal 3 al 7 ottobre ci sarà un'altra visita - sono stati realizzati solo determinati punti e quali restano da


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fare. Non c'è alcun interesse specifico a favorire uno Stato piuttosto che un altro, perché si tratta di parametri oggettivi.
Ci è stata posta anche una domanda rispetto al CPI (Corruption Perception Index), l'indice di percezione della corruzione elaborato da un'università tedesca. Esso si affina nel corso del tempo; sono tecniche affinate ormai da quindici anni. Inoltre, tiene conto soprattutto di questionari inviati a tutti i livelli, dal vertice della società fino alle classi meno abbienti, sulla percezione della corruzione nel proprio Paese.
È un indice che va affinato. Può essere criticato, ma comunque viene ritenuto attendibile. Grazie.

VINCENZO BONIFATI, Rappresentante dell'ANCE. Per rispondere alla domanda dell'onorevole Tassone, che ha chiamato direttamente in causa l'ANCE sull'aspetto di come dobbiamo porci di fronte ad alcuni problemi che ormai fanno parte delle cronache giudiziarie, quali il cemento depotenziato, l'efficacia dei collaudi, le procedure di contrasto ai sistemi di corruzione, ricordo all'onorevole che abbiamo lasciato fin dal maggio 2009 un documento in Commissione antimafia con alcuni allegati tecnici in cui abbiamo spiegato il problema del ciclo del calcestruzzo, del ciclo delle cave e di come nasce il cemento depotenziato.
Noi siamo assolutamente favorevoli all'inasprimento di questi controlli, che non riguardano la volontà dell'esecutore delle opere, perché chi controlla la fornitura del calcestruzzo è chi ha il possesso del ciclo della cava. Questo è uno dei meccanismi che abbiamo spiegato negli atti depositati presso la Commissione antimafia in un'epoca non sospetta, perché sono passati tre anni, ovvero come avviene la produzione del cemento depotenziato.
Chi ha il possesso della cava nei trenta chilometri di raggio intorno alla cava stessa detiene il controllo assoluto della fornitura di tutto ciò che deriva dai materiali inerti della cava, calcestruzzo compreso, perché una betoniera non può percorrere più di un'ora con il calcestruzzo preconfezionato al suo interno, altrimenti esso si ammalora e non può essere gettato.
Il motivo di interesse della criminalità organizzata nell'accaparrarsi questa specifica attività è quello di agire proprio sul depotenziamento del calcestruzzo. Voi immaginate che un impianto di calcestruzzo produce alcune centinaia di migliaia di metri cubi l'anno: basta mettere mezzo quintale di cemento in meno per ogni metro cubo di calcestruzzo e potete rendervi conto di quali siano i numeri in gioco senza dover minacciare nessuno, se non magari il capo cantiere, anche all'insaputa dell'imprenditore o del titolare dell'azienda.
Spesso parliamo di aziende, come nel caso degli episodi accaduti per la realizzazione della Salerno-Reggio Calabria, quotate in Borsa, strutturate, di grandi dimensioni, dove diventa sostanzialmente impossibile il controllo delle singole forniture, a meno che non vengano messi in piedi meccanismi di controllo a monte.
Il cemento depotenziato è sofisticato, non solo perché è difficile controllarlo, ma anche perché spesso con le betoniere vengono portati anche i cubetti - così si chiamano i misuratori per la prova di schiacciamento del calcestruzzo - col dosaggio giusto. In tale ambito si innesca anche un altro meccanismo di intimidazione nei confronti del personale di cantiere, che per paura, per le intimidazioni subite, non lo comunicano nemmeno ai propri superiori. Negli atti dei collaudi vengono allegate le prove di schiacciamento sui cubetti di calcestruzzo di quella relativa fornitura che sono assolutamente regolari. Sono, però, i cubetti a essere a norma del calcestruzzo richiesto, non il calcestruzzo che viene gettato, non solo nel dosaggio, ma anche nella qualità.

PRESIDENTE. Mi scusi, ma le Commissioni devono svolgere altre audizioni. Lei ha la possibilità di fornire ulteriori documenti scritti, oltre a quelli che sono già a disposizione delle Commissioni.

VINCENZO BONIFATI, Rappresentante dell'ANCE. Mi scusi, presidente, lei ha perfettamente ragione e chiedo scusa se insisto, ma la questione delle infiltrazioni


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mafiose nel nostro settore rappresenta un cancro per l'attività produttiva del Paese.

PRESIDENTE. Gli altri auditi parleranno sullo stesso argomento.

VINCENZO BONIFATI, Rappresentante dell'ANCE. Io non credo che tutti parleranno dell'articolo 5. Noi siamo in grave difficoltà perché questo modo del Parlamento di continuare a portare avanti un disegno di legge...

PRESIDENTE. La invito a limitarsi a concludere la sua replica.

VINCENZO BONIFATI, Rappresentante dell'ANCE. Presidente, mi sto limitando a guardare ciò che sta succedendo nella proliferazione di provvedimenti che sono assolutamente in contrasto tra di loro.

PRESIDENTE. La ringrazio.

VITTORINO FERLA, Rappresentante di Cittadinanzattiva. Svolgo solo alcuni flash. Concordo con quanto affermava l'onorevole Mantini rispetto all'aumento dei poteri delle Autorità di vigilanza sui contratti di lavori pubblici.
Rispetto alle indicazioni dell'onorevole Giovanelli, noi non abbiamo tracciato una mappatura della normativa a livello internazionale sul tema «cittadini e trasparenza», ma certamente possiamo presentare due o tre esempi.
La questione del diritto di accesso è sicuramente molto più ampia negli altri Paesi, con la disponibilità di informazione per i cittadini in generale e non soltanto per coloro direttamente interessati al provvedimento. Per esempio, vige l'obbligo da parte dei ministri di rispondere in Parlamento nel caso in cui la Corte dei conti segnali sprechi particolari nell'ambito di un dato ministero. Ciò avviene, per esempio, in Gran Bretagna.
Nei Paesi anglosassoni vige invece la trasparenza totale dei reclami nell'ambito degli ospedali pubblici. Essa ovviamente in prima battuta riguarda i servizi, ma sappiamo bene che presenta inevitabilmente ricadute rispetto ai costi di tali servizi, dunque degli appalti e dei processi che stanno alla base di questi temi.
Si tratta in generale di rimettere a sistema alcune norme. Penso, per esempio, al comma 461 della legge finanziaria per il 2008 relativo alla valutazione delle amministrazioni pubbliche, o ancora alla confisca e all'uso sociale dei beni dei corrotti, una norma rimasta sostanzialmente inapplicata, anche perché probabilmente non si celebrano i processi.
Penso anche, per esempio, agli organismi indipendenti di valutazione. È piuttosto singolare che nella riforma Brunetta si preveda comunque un generico coinvolgimento dei cittadini, ma quando poi la CiVIT procede a definire i criteri per l'individuazione di soggetti che partecipano ai nuclei di valutazione non c'è alcun riferimento all'eventuale presenza di rappresentanti del mondo della società civile, delle organizzazioni dei cittadini, che, invece, sarebbero rilevanti nella valutazione dell'azione pubblica. Grazie.

PRESIDENTE. Vi chiedo ancora scusa, ma abbiamo tempi ristretti a causa dei lavori dell'Assemblea e rischiamo di non poter sentire gli altri auditi. Vi ringrazio dei vostri contributi; comunque, chi lo riterrà opportuno, potrà trasmettere alla presidenza testi scritti integrativi.
Volevo precisare che, nella lettera di convocazione inviata agli auditi si faceva riferimento a tutti i provvedimenti in tema di lotta alla corruzione all'esame delle Commissioni e oggetto dell'indagine conoscitiva.
Dichiaro conclusa l'audizione e sospendo la seduta per cinque minuti.

La seduta, sospesa alle 11,10, è ripresa alle 11,15.

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