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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissioni Riunite (I e III)
2.
Giovedì 25 febbraio 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Nirenstein Fiamma, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ANTISEMITISMO

Audizione di rappresentanti della Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea (CDEC):

Nirenstein Fiamma, Presidente ... 3 10 15 17 19
Colombo Furio (PD) ... 13
Corsini Paolo (PD) ... 11 13
Farina Renato (PdL) ... 15
Ferrari Pierangelo (PD) ... 10 17
Goldstaub Adriana, Responsabile dell'Osservatorio sul pregiudizio antiebraico contemporaneo ... 3 13 15 18
Guetta Betti, Ricercatrice presso il CDEC ... 8
Lorenzin Beatrice (PdL) ... 16
Volpi Raffaele (LNP) ... 15
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.

COMMISSIONI RIUNITE
I (AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI) E III (AFFARI ESTERI E COMUNITARI)

Comitato di indagine sull’antisemitismo

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 25 febbraio 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
FIAMMA NIRENSTEIN

La seduta comincia alle 8,40.

(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti della Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea (CDEC).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'antisemitismo, l'audizione dei rappresentanti della Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea, CDEC.
Vi ringrazio di essere presenti, anche e soprattutto in una situazione in cui è cambiato l'ordine dei lavori della Camera per come lo prevedevamo e, quindi, molti colleghi ieri sera hanno dovuto prendere la strada del ritorno, soprattutto in preparazione delle elezioni. È comprensibile che questo sia accaduto. D'altra parte, la nostra riunione è molto importante, perché è la prima audizione «tecnica» che teniamo in questa Commissione. Infatti la prima audizione, quella del Ministro degli affari esteri Franco Frattini, ha avuto un carattere diverso, più celebrativo e politico.
Chiunque si occupi di questo argomento, sia pure collateralmente, conosce benissimo il CDEC, la maggiore, più costante e fedele fonte di informazione rispetto alla questione di cui ci occupiamo. È con particolare piacere che do il benvenuto a Adriana Goldstaub, responsabile dell'Osservatorio sul pregiudizio antiebraico contemporaneo e a Betti Guetta, ricercatrice presso il CDEC.
Prima di dare loro la parola, devo purtroppo ricordare che la questione di cui ci occupiamo, ovvero l'antisemitismo contemporaneo, ha un carattere di assoluta emergenza e non è una questione che affrontiamo con animo sereno. Sappiamo, infatti, che nei primi tre mesi del 2009 ci sono stati tanti incidenti antisemiti quanti durante tutto l'anno del 2008 e in ogni parte del mondo - di questo ci occuperemo oltre, perché oggi trattiamo dell'Italia - possiamo scorgere la presenza molto conturbante di questo fenomeno che, con aspetti, attitudini e caratteristiche molto diversi ci presenta una complessità di approccio diverso dal passato, come senz'altro udiremo anche dai nostri relatori. Avremo modo di parlare di questo argomento. Preferisco utilizzare tutto il nostro tempo passando la parola ai nostri ospiti e aprendo una nutrita discussione.

ADRIANA GOLDSTAUB, Responsabile dell'Osservatorio sul pregiudizio antiebraico contemporaneo. Spendo una parola per chi non conoscesse il CDEC, un istituto storico, che raccoglie documenti e studia la


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storia degli ebrei in Italia. Ha prodotto importanti studi sulla storia della Shoah in Italia e sulla legislazione razzista del 1938. L'Osservatorio antisemitismo, che è il settore di cui mi occupo insieme alla collega Betti Guetta e al collega Stefano Gatti, raccoglie dati e testimonianze sul pregiudizio antiebraico in Italia, mantenendo una particolare attenzione anche sul pregiudizio in generale presente nel nostro Paese. Quello nei confronti degli ebrei è solo uno dei tanti aspetti del meccanismo del pregiudizio e, quindi, anche altre minoranze ne sono toccate, a seconda dei momenti della storia, quanto più o quanto meno rispetto agli ebrei.
Oltre a ciò, cerchiamo sempre più di lavorare sull'aspetto pedagogico, secondo noi fondamentale, intervenendo nelle scuole, dove ci viene chiesto di recarci a tenere lezioni sul pregiudizio e sul meccanismo mentale del pregiudizio in generale, qualche volta anche nei corsi per insegnanti, perché ci sembra un tema che interessa molto ed è estremamente utile, anche a detta di coloro che lo ascoltano. Questo è ciò che cercheremo di sviluppare di più come attività futura.
La raccolta dei dati è derivata dal monitoraggio della stampa, dalle segnalazioni che ci pervengono da privati, dalle istituzioni, dalle comunità e dalle indagini demoscopiche. La raccolta degli episodi ci serve per capire quali sono i temi entro i quali l'antisemitismo viene agito, mentre le indagini demoscopiche ci servono per comprendere quanto le opinioni della popolazione italiana siano dense di ostilità antiebraica o, più semplicemente, di pregiudizi nei confronti degli ebrei.
Ora abbiamo poco tempo a disposizione e gli argomenti sono molti, ma abbiamo consegnato una relazione scritta. Accennerò prima di tutto alle evidenze, gli episodi più significativi, e poi agli atteggiamenti sociali. Illustrerò poi il pregiudizio attraverso le sue matrici politiche, il pregiudizio religioso e alcuni temi particolari, come il negazionismo.
Gli episodi antisemiti comprendono atti di vandalismo, che sono relativamente pochi in Italia; graffiti offensivi, che sono moltissimi (a noi ne vengono segnalati alcuni, ma sappiamo che a Roma ce ne sono moltissimi che non lo sono); e-mail di insulti alle comunità o alle istituzioni ebraiche, che si verificano particolarmente nei momenti di crisi, quando si parla molto degli ebrei e in modo molto critico sulla stampa per tre, quattro giorni, una settimana.
Gli episodi nel 2008 sono stati circa 70, ma il conteggio non tiene conto né dei testi pubblicati nei siti Internet, che lo farebbero balzare in su in modo preponderante, tra testi nei siti, blog, opinioni espresse nei forum, né dei libri pubblicati, che sono mediamente tre o quattro all'anno, né delle produzioni musicali di estrema destra, di cui vi parlerò dopo. Oggi sembra che il numero di episodi antisemiti segnalati in ambito sportivo, che una volta erano moneta corrente, sia diminuito rispetto agli scorsi anni; probabilmente è un risultato dovuto alla campagna del Ministero dell'interno per rispondere alla violenza delle tifoserie.
Inizio con alcuni episodi, i più evidenti, anche se ce ne sono molti altri. A febbraio è stata pubblicata su un blog una lista di 162 professori universitari ebrei, o ritenuti tali - perché alcuni di loro non lo erano - accusati di fare lobby a favore dei sionisti. La lista è stata definita in tale blog «la casta baronale ebraica nell'università italiana».
Nel primo semestre dell'anno, il dibattito sulla stampa è stato animato da una polemica sollevata da un gruppo di intellettuali e uomini politici di estrema sinistra contro l'iniziativa della Fiera del libro di Torino di invitare una rappresentanza di scrittori israeliani in coincidenza con il sessantesimo anniversario della fondazione dello Stato ebraico. C'è stato un dibattito molto ampio e acceso; citerò soltanto l'opinione del filosofo Gianni Vattimo, che, per stigmatizzare l'atteggiamento, a suo dire troppo filoisraeliano, dei media, ha dichiarato provocatoriamente di avere rivalutato i Protocolli degli anziani savi di Sion; voi tutti conoscete il falso antisemita pubblicato in Russia nei primi del Novecento.


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A novembre sono stati scoperti, ma in realtà probabilmente erano lì già da tempo, su Youtube alcuni videoclip dei 99 Fosse, un gruppo musicale noto negli ambienti dell'estrema destra e degli skinhead per le loro canzoni, parodie in chiave antisemita di brani noti.
Nel dicembre del 2008 un ragazzo di 14 anni sul treno Genova-Savona è stato aggredito con insulti come «sporco ebreo» e «questo treno va ad Auschwitz», nonché fisicamente, da un diciassettenne, che poi è stato denunciato dopo essere stato fermato dagli altri passeggeri, che hanno chiamato la polizia.
A Scandiano, nel gennaio 2008, sono state distrutte alcune lapidi del cimitero ebraico.
A marzo contro il pianista australiano di origine ebraica David Helfgott la frase «via ebreo da Roma» è stata tracciata su alcuni manifesti che annunciavano il suo concerto. Altri 300 manifesti circa, affissi nelle strade del centro, sono stati strappati.
Il 13 marzo 2008 il Manifesto ha pubblicato una vignetta di Vauro con un disegno intitolato «mostri elettorali», che evocava la parlamentare Fiamma Nirenstein con un fascio littorio da una parte e una stella di Davide dall'altra.
A Roma, sono stati sigillati con silicone lucchetti e serrature di 22 negozi appartenenti a ebrei, aggiungendo uno striscione con la scritta «boicotta Israele»; l'azione è stata firmata dalla piccola organizzazione radicale di destra Militia.
Sempre a Roma, il FLAICA, un sindacato autonomo del commercio, comprendente circa 8 mila lavoratori, ha proposto in un comunicato, a causa dei fatti di Gaza - dove ricordo che tra metà dicembre 2008 e metà gennaio 2009 c'è stata un'azione dell'esercito israeliano -, il «boicottaggio degli acquisti nei negozi del commercio a Roma che si rifanno alla comunità israelitica romana in segno di protesta e sdegno contro tale massacro». Faccio notare come per una questione che riguarda il Medio Oriente si proponga un boicottaggio di negozi romani.
Vi ho fornito solo una piccola selezione degli episodi di antisemitismo.
Passo ai sondaggi e alle ricerche che ci indicano che cosa pensano gli italiani rispetto agli ebrei, quali tipi di pregiudizi hanno e quale radicalità hanno in tali pregiudizi.
Un italiano su tre giudica gli ebrei poco simpatici; uno su quattro non li considera italiani fino in fondo, il che mi sembra anche più grave. Lo confermano i dati dell'ISPO di Renato Mannheimer, in un sondaggio svolto nel 2008. Nello studio, condotto su un campione di mille persone, è stato rilevato che il 42 per cento degli intervistati considera gli ebrei simpatici, il 32 per cento non li considera affatto tali, mentre il 26 per cento non si pronuncia o non ha interesse per la questione.
In una precedente ricerca, svolta sempre da ISPO insieme al CDEC e che vi illustrerà più ampiamente la mia collega Betti Guetta, gli atteggiamenti nei confronti degli ebrei sono stati studiati in modo più articolato: circa il 10 per cento degli intervistati ha risposto di condividere affermazioni riconducibili al pregiudizio antiebraico più tradizionale, quello di natura religiosa; l'11 per cento condivideva un pregiudizio che abbiamo definito «moderno», quello più xenofobo; il 12 per cento condivideva un pregiudizio «contingente», chiamato così perché è il più nuovo, legato spesso al giudizio su Israele. A questi dati va aggiunto un ulteriore 12 per cento animato da antiebraismo puro: si tratta degli intervistati che dichiarano il loro accordo a tutte le affermazioni antiebraiche contenute nel questionario.
Esiste una casistica di nicchia, che riguarda i gruppi radicali. Cito soltanto pochi dati, perché non abbiamo tempo. Tra di essi Forza Nuova è il più esteso e diffuso in Italia, ha moltissime sedi e agisce sul territorio. Nel programma di tale partito viene chiesta l'abrogazione delle leggi, definite liberticide, Scelba, contro la riorganizzazione del partito nazionale fascista, e Mancino, che a loro dà molto fastidio, sulla discriminazione razziale, etnica e religiosa. Secondo Forza


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Nuova, tali leggi impediscono la difesa della storia e del patrimonio religioso culturale italiano.
Il Movimento Sociale Fiamma Tricolore è un partito che ha tra i suoi militanti molte persone che talvolta mostrano il loro pregiudizio e la loro ostilità antiebraici. Maurizio Boccacci, cofondatore di Base Autonoma nel 1991, un network nazionale che è stato sciolto con la legge Mancino, è uscito in segno di protesta, per motivi politici, dal Movimento Sociale Fiamma Tricolore e usando il nome Militia - che mi sembra più un'etichetta che una vera organizzazione - ha esposto numerosi striscioni murali antisemiti molto grandi a Roma, di cui i giornali hanno riportato le fotografie, contro il Presidente del Senato, il Sindaco Gianni Alemanno, il Presidente della comunità Riccardo Pacifici. Sono parolacce e non le leggo, fatte alcune eccezioni: «Alemanno-Pacifici Roma-Auschwitz solo andata» «l'Olocausto, la più grande menzogna della storia. Ahmadinejad». Boccacci è, infatti, molto favorevole ad Ahmadinejad.
Anche il movimento skinhead esprime l'antisemitismo attraverso i suoi militanti, i suoi simpatizzanti, tramite slogan e scritte sui muri. Sono piccolissime formazioni militanti dell'estrema destra, che compiono atti di violenza, pronunciano slogan, producono moltissime scritte. La maggior parte dei graffiti e delle scritte antisemite in giro per l'Italia in genere è firmata dall'estrema destra, perché questo è il loro segno, il loro stile.
Esiste però un altro problema, di diversa origine, ossia quello dei pregiudizi provenienti da partiti e organizzazioni politiche di estrema sinistra. È un territorio oggetto di discussione e ambivalente. Troviamo pochi atti; nessuno scrive «gli ebrei devono morire», come qualche volta accade all'estrema destra, ma c'è un pregiudizio di fondo molto diffuso, che si è esteso anche a una parte più ampia della popolazione italiana, suggerito dalla ripetitività di analisi e discorsi che demonizzano e delegittimano lo Stato di Israele. È un atteggiamento più indiretto, ma molto diffuso e molto più «accettabile»; nessuno oserebbe dire «gli ebrei devono morire» o «viva Auschwitz», come è stato scritto il 27 di gennaio, ma sostenere che Israele è uno Stato che opera sull'apartheid o che uccide i palestinesi per il desiderio di uccidere, perché vuole il potere imperialista, a molti può sembrare più accettabile e, quindi, viene affermato ed è un'opinione che si è diffusa e, partendo dalle analisi della sinistra, si è poi ulteriormente estesa.
Accanto, esiste una costruzione retorica, che ha avuto, purtroppo, un discreto successo, cui è sottesa l'idea che le vittime di ieri si siano trasformate in carnefici e che, quindi, gli ebrei, che sono stati nei campi di concentramento e sono stati deportati e uccisi dai nazisti, ora siano diventati carnefici dei palestinesi. Gli arabo-palestinesi assurgono dunque al ruolo di vittime delle vittime e le loro sofferenze vengono equiparate a quelle patite dagli ebrei durante la Shoah.
Questa costruzione retorica è piuttosto diffusa tra la popolazione. Ne consegue, ovviamente, che gli attentati terroristici contro la popolazione civile di Israele vengono dipinti come legittime azioni di resistenza partigiana. Tutto ciò non è soltanto una forma di delegittimazione e demonizzazione di uno Stato, ma si riverbera anche sugli ebrei della diaspora, compresi quelli italiani.
Rispetto alle opinioni espresse, citerò un paio di casi. Sul Corriere della sera, in un'intervista, Marco Rizzo, dirigente del partito dei Comunisti italiani, affermava: «Quando i nazisti uccidevano le persone con un rapporto di uno a dieci le chiamavano rappresaglie, oggi che il Governo di Israele uccide con un rapporto di uno a cento tutti tacciono».
Gianni Vattimo su Liberazione scrive: «Israele è oggettivamente uno Stato espansionista (...). È uno Stato di apartheid (...). Sono diventati razzisti (...). Non voglio più farmi ricattare dall'idea dell'Olocausto». Anche questa è una frase che sentiamo piuttosto spesso.
La negazione della Shoah è pressoché assente dall'orizzonte culturale dell'estrema sinistra; tuttavia, il suo continuo


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proporre, nell'ottica della demonizzazione di Israele, un paragone tra la Shoah e l'«olocausto palestinese» - come ho detto prima, i palestinesi sono diventati i «nuovi ebrei» - può condurre a una relativizzazione del genocidio antiebraico.
Per farvi capire quali sono le conseguenze su una parte della popolazione di questo modo di svolgere non un'analisi storica, né politica di ciò che accade in Medio Oriente, ma di prendere tali fatti come una causa per cui lottare senza guardare più altro, si finisce per avere frasi come queste.
Cito alcune e-mail arrivate nel gennaio del 2009, nel periodo dell'operazione militare a Gaza, pervenute a organizzazione ebraiche: «Perché tanta violenza contro inermi? Perché ammazzare indiscriminatamente donne e bambini? Perché un popolo, cioè l'ebreo, nel mondo con i soldi e il potere, deve decidere le sorti di elezioni politiche e decisioni finanziarie, se tutto ciò che fanno è solo per i soldi?».
Come vedete, non si parla più di Israele; ufficialmente si parla di Israele, ma in realtà si parla degli ebrei in quanto tali. Il pregiudizio nei confronti degli ebrei è passato e si è mescolato a quello su Israele.
«Perché, per le sofferenze che ha patito, Israele si comporta come le SS? Dopo tutta la sofferenza procurata ai popoli della Palestina e poi quella procurata ai popoli della terra con la crisi finanziaria che avete posto in essere senza alcun criterio morale, come potete dirvi sempre vittime dell'Olocausto, se con i vostri comportamenti perseverate nell'errore di far cadere il mondo solo nella selezione - scusate, l'italiano è quello che è - avversa e nell'azzardo morale?».
«Striscia di Gaza uguale a Ghetto di Varsavia. Smettete di ammazzare i bambini con la scusa di voler annullare Hamas. Prima o poi arriverà il castigo divino per il vostro popolo fatto di delinquenti ricchi di odio e di prepotenza. Il mondo vi odia e Dio vi castigherà. Non toccate i bambini, assassini».
«Come avete ammazzato - questo è interessantissimo - Gesù Cristo, così pensate di distruggere il mondo; l'avete nel sangue, siete una razza che non vorrei mai sentir parlare e vedere. Vi odio e così i miei figli. Auguri, assassini».
«Se volete avere tutto il mondo contro, siete sulla strada giusta, ma ricordate che, popolo eletto o meno, chiunque alla fine paga il suo debito».
Sono piccoli esempi di come viene percepita l'«analisi» che viene svolta correntemente su Israele. Israele equivale a ebrei, gli ebrei vogliono il potere e i soldi, anzi, hanno il potere. Non cito altri esempi, ma è corrente l'idea che gli ebrei in realtà manovrino in Italia e un deputato ebreo è stato accusato di essere il «puparo» del Presidente della Camera su un sito Internet. Gli ebrei, qualsiasi cosa facciano, lo fanno per sé; se lavorano con qualcuno, in realtà lo manovrano, perché, si sa, hanno sempre un potere nascosto, che non si vede, ma è molto forte. Questi sono i pregiudizi diffusi nell'ambito dell'opinione su Israele.
Passando a un altro aspetto, il negazionismo della Shoah è un argomento più diffuso che negli anni scorsi tramite Internet, anche se i siti che si occupano prevalentemente di negazionismo non sono molti; erano di più una volta e ora sono di meno: ce ne sono due o tre, come aaarg, codoh o il blog di Andrea Carancini, ma soprattutto troviamo i commenti diffusi nelle discussioni sui blog dei forum. Alcuni utenti vi entrano, inseriscono testi, cominciano a discutere, altri entrano nella discussione e via elencando. In questo modo, il dubbio nei confronti degli studiosi della Shoah viene fondato sui testi dei negazionisti, tra cui Faurisson. Esiste anche un negazionista che scrive moltissimo in Italia, Carlo Mattogno. I suoi testi sono molto usati nei diversi siti, non solo negazionisti, ma anche in blog e forum che si occupano di tutt'altro. Nell'agenda giornaliera o settimanale entra qualcuno e inizia la discussione, che poi divampa.
L'antisemitismo religioso, grazie alla politica della Chiesa, è da vari anni un problema limitato in Italia. Naturalmente, esistono alcuni siti web, sono soprattutto


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di integristi, che non accettano la politica della Chiesa, le aperture alla modernità; qualcuno è molto violento nei confronti della Chiesa e, in questo senso, è fortemente antisemita e produce testi antisemiti che potrebbero essere stati scritti nel primi del Novecento. Ne conosciamo alcuni piuttosto noti, come Holy War, ma ce ne sono altri che hanno lo stesso stile.
Vi sono alcuni libri e alcune piccole riviste, nemmeno molto diffuse, e che circolano per abbonamento, come Sodalitium o La tradizione cattolica, che stanno diminuendo il numero degli articoli contro gli ebrei; nel momento in cui c'è un tentativo di accordo tra Chiesa e lefevriani, probabilmente viene chiesto di diminuire il tono delle polemiche. Ciò è evidente ne La tradizione cattolica, un piccolo periodico della fraternità San Pio X, che la Chiesa sta cercando di ricondurre nel proprio ambito, mentre più violento è Sodalitium, edito da un gruppo di sacerdoti - tra i quali Don Nitoglia - che scrivono in giro e di cui troviamo i testi in ambienti che non sono soltanto cattolici e che, invece, sono assolutamente contro la Chiesa. Addirittura non riconoscono nemmeno la validità di questo papato, né di quelli precedenti fino a Pio XII. Da quando si comincia a parlare di Concilio Vaticano II, la Chiesa non è più considerata tale. Anche nei confronti degli ebrei hanno quindi atteggiamenti di negazione assoluta e anche di violenza.
Esiste un altro aspetto dell'antisemitismo, di cui sappiamo poco a causa della barriera linguistica, che è quello che proviene dall'integralismo islamico. Sappiamo, perché ci sono state diverse testimonianze di studiosi, che nelle moschee ogni tanto girano cassette o si tengono sermoni violentemente antiebraici. Non abbiamo, però, modo di recuperare tali fonti direttamente, perché la barriera della lingua ce lo impedisce. Ci sono, però, alcune testimonianze che arrivano quasi casualmente. Per esempio, alcuni giorni fa ci è stato scritto da parte di un genitore, che ha un cognome ebraico ma non è ebreo da alcune generazioni, che lui e il suo bambino sono stati bersagliati, rispettivamente, da un genitore musulmano e dal figlio che frequentava la stessa classe, al punto tale che questo padre ha dovuto togliere il bambino dalla scuola, in quanto veniva osteggiato anche dagli altri compagni di classe, con l'assoluto silenzio della maestra, nonché del direttore didattico, ai quali si era rivolto.
Esistono numerosi esempi di questo tipo, ma non siamo in grado di raccoglierli, perché, probabilmente, vengono segnalati poco, come spesso succede con gli episodi antiebraici, e per caso. L'altro giorno parlavo con un militare della Guardia di finanza, simpatizzante degli ebrei, che mi telefonava perché voleva l'indirizzo di un ex deportato, il quale mi ha riferito che due mesi fa, sulla sua macchina, qualcuno nella caserma aveva scritto «sporco ebbreo» con due «b». Sono tutte notizie che veniamo a sapere per caso, perché nessuno pensa di segnalarcele e non arrivano ai giornali. Sappiamo che quello che noi registriamo è proprio la punta dell'iceberg, mentre il resto si perde.
Mi fermerei qui, ma volevo soltanto farvi notare che nei siti web l'antisemitismo circola ed è molto forte.

BETTI GUETTA, Ricercatrice presso il CDEC. Voglio semplicemente spendere due parole sull'importanza della differenza di approccio tra il lavoro, molto difficile, di raccolta dei dati che possiamo effettuare attraverso casuali testimonianze che ci arrivano, piuttosto che attraverso un lavoro, che troverei più importante, di ricerca più scientifica, non aspettando, cioè, che qualcuno ci segnali gli eventi, ma avendo la capacità di monitorare gli atteggiamenti, le possibili minacce e i «target» sociali e geografici da cui possono arrivare.
Per questo motivo, attribuisco una certa importanza all'aspetto demoscopico. Secondo noi, infatti, c'è molto da lavorare dal punto di vista degli atteggiamenti. I comportamenti antisemiti sono quelli di nicchia di piccoli gruppi eversivi, come abbiamo visto, mentre sugli atteggiamenti


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si può lavorare prima che diventino comportamenti, prima che diventino violenza.
In questo senso, il CDEC ha condotto uno studio su un campione ampio - circa 2.500 casi - al fine di qualificare, oltre che quantificare, gli atteggiamenti di pregiudizio antiebraico. A nostro avviso infatti al di là delle percentuali di risposta è importante comprendere il background dei rispondenti, avere dei mezzi di comprensione.
Dare i numeri talvolta può essere riduttivo e rischioso: un giornalista può parlare del 10, 11 o 12 per cento, e condizionare involontariamente l'opinione pubblica. Affermare che vi è tanta gente che prova antisemitismo, fa sentire gli antisemiti, che non si erano ancora espressi, forti del fatto che il loro sia un sentimento diffuso e quindi incoraggiarli, farli venire fuori.
Abbiamo notato che è iniziato lo sdoganamento di alcuni atteggiamenti: più ci si allontana dalla Shoah e più, oggi, attraverso il discorso su Israele, si alza un poco il tono della sfida e si osa dire qualcosa di più. È molto importante, secondo noi, capire gli atteggiamenti e le informazioni di cui le persone dispongono e attraverso di essi il loro background culturale, storico, anagrafico per comprendere quale può essere una campagna di informazione e di comunicazione. Non dobbiamo solo studiare e monitorare, ma cercare di modificare gli atteggiamenti sociali.
Attraverso questa ricerca ampia, abbiamo evidenziato, da un primo punto di vista, l'assenza di conoscenza: gli ebrei restano, per certi versi, o quelli della Shoah o quelli di Israele. In sostanza, manca veramente una cognizione e una conoscenza dell'ebreo «normale», che è un cittadino come altri. La conoscenza personale diretta è molto scarsa, siamo intorno al 15 per cento. Tutto il resto è mediato dalla televisione e, quindi, è molto massmediato.
Vi è una profondissima base di stereotipi antiebraici, come ricordato da Adriana Goldstaub, alcuni di tipo classico, legati a potere e denaro, altri più contingenti, altri ancora più banali (il fatto che gli ebrei siano tutti intelligenti, oppure che si aiutino tra di loro). Il dato interessante, secondo noi, è cercare di capire la spiegazione di questi fenomeni. Abbiamo trovato alcune correlazioni molto interessanti: il 12 per cento che abbiamo classificato come antisemita, che condivide tutti i diversi tipi di pregiudizio, ha al suo interno determinate caratteristiche strutturali, anagrafiche, politiche. A queste persone abbiamo chiesto un po' tutto: l'autocollocazione politica, gli studi, le letture e via elencando. Insomma, abbiamo cercato di ricostruire la loro personalità.
Questa, secondo me, è l'importanza della strategia, perché si riesce a capire, attraverso il background di queste persone, con quale linguaggio e su quali media si può andare a parlare. L'essenziale non è solo misurare - a volte la misurazione può anche essere affrettata - quanto misurare in maniera più scientifica e qualificare, quindi non solo quantificare, perché con la qualificazione si ha la possibilità di incidere, attraverso l'educazione e le campagne, sugli atteggiamenti.
Per quanto riguarda quelli che abbiamo definito gli antisemiti, esiste senz'altro una correlazione piuttosto estesa tra pregiudizio antiebraico e antisionismo; non tutti gli antisionisti sono antisemiti, però una parte di coloro che esprimono atteggiamenti di critica a Israele aderiscono anche agli stereotipi antiebraici.
Il profilo di chi esprime atteggiamenti antisemiti, trasversale per età e senza differenze di genere, ha una connotazione lievemente più di sinistra.
Oggi si parla molto di nuovo antisemitismo, perché sono state superate le differenze: una volta l'antisemitismo arrivava più da una destra estrema, oggi non è più così. Si stanno modificando i ceti sociali e siamo in un momento di movimento dell'opinione e di incertezza. Non esiste più lo zoccolo duro del passato.
Ho scritto una tesi di laurea, 25 anni fa, sul pregiudizio antiebraico e lo zoccolo duro è, quantitativamente, sempre lo stesso, costituito, anche in altri Paesi europei,


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dal 7 al 15 per cento della popolazione. All'interno, socialmente, lo zoccolo duro si sta però trasformando.

PRESIDENTE. Ringrazio entrambe le relatrici. Prima di dare la parola al primo iscritto a parlare, l'onorevole Pierangelo Ferrari, vicepresidente di questo Comitato di indagine, mi prendo un secondo per raccontarvi un aneddoto. Sono rimasta stupefatta del fatto che, un paio di giorni fa, una nostra collega mi ha chiesto di aiutarla a rispondere ad alcune domande che aveva ricevuto da una scolaresca della sua regione.
Erano quasi tutte domande che si riferivano a questioni come la privatizzazione della gestione dell'acqua, le vicende della Protezione civile, legate dunque alla stretta attualità. La politica estera era totalmente ignorata, salvo che per una questione: ben due domande su undici si riferivano - non entro nei particolari - al conflitto israelo-palestinese con una decisissima presa di posizione, che in inglese si dice bashing, antisraeliana. L'unica questione di politica estera che aveva interessato questi ragazzi era proprio il conflitto israelo-palestinese. Poiché mi sembrava che ciò rientrasse nelle questioni che sono state sollevate oggi e che riguardasse anche il nostro lavoro come parlamentari, ve l'ho voluto riferire doverosamente.
Do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

PIERANGELO FERRARI. Approfitto di questa prima audizione per porre una domanda specifica alla dottoressa Goldstaub e per cominciare a mettere sul tavolo la questione principale che ci accompagna e su cui discuteremo in sede di relazione conclusiva.
La riprendo subito, non per mettere le mani avanti, ma perché tale questione ha attraversato la relazione della dottoressa Goldstaub in modo molto vigoroso, vale a dire il rapporto tra antisemitismo e politica dello Stato di Israele. Questo è il nodo politico su cui ci misureremo. Voglio, innanzitutto, riportare una considerazione molto personale, non in forma di giustificazione, ma affinché sia chiaro alla dottoressa Goldstaub da dove ha origine il punto di vista che sta ascoltando.
Sono stato in Israele alcuni anni fa, pochi giorni prima che Sharon, salendo sulla Spianata del Tempio, determinasse la reazione dell'intifada. Ebbene, sono partito filopalestinese e sono tornato filoisraeliano. Lo sono davvero, altrimenti non sarei qui e non avrei accettato di far parte di questo comitato. Sabato sarò presente in una sinagoga per partecipare al Bar mitzvah del figlio di un nostro collega. Questo è il mio punto di vista.
Non credo, però, che compiremmo una scelta oculata, ma che faremmo un torto sia a Israele, sovraccaricandolo di una portata critica eccessiva, sia agli ebrei, alla loro presenza nel Paese, alla loro cultura e al loro peso, se, a loro volta, li facessimo coincidere con la politica dello Stato di Israele. In questo modo moltiplicheremmo le ostilità verso di loro.
Parlo anche di esperienza personale della mia generazione. Leggo alcune dichiarazioni che voi riportate e ho i miei dubbi che la dichiarazione di Angelo D'Orsi si possa rubricare sotto la categoria di antisemitismo. So che la presidente Nirenstein la pensa diversamente; lei è una combattente sul campo della difesa integrale, non solo dei diritti di esistenza, che non sono in discussione per alcuno di noi, ma anche della politica dello Stato di Israele. Io non la penso proprio così e ritengo che Lieberman non abbia un punto di vista che si possa sposare a prescindere, perché, diversamente, si rischia di essere considerati antisemiti. Non lo sposo affatto e non sono antisemita. È un dibattito che riprenderemo in sede di relazione finale, ma che ci accompagnerà per tutto il corso dell'indagine conoscitiva.
L'esperienza personale a cui faccio riferimento è il rapporto con gli Stati Uniti. Lasciamo stare la mia generazione, gli anni del Vietnam: in quel caso forse si poteva sostenere che la mia generazione fosse mossa anche da un sentimento di antiamericanismo - anche se eravamo attratti dall'american way of life, dalla musica, dalla letteratura, dal modello di vita


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- forse importato dalla sinistra italiana terzomondista. E gli anni di Bush? Vedo ogni sera l'ebreo Letterman, che ha espresso considerazioni inaudite su Bush. Era forse antiamericano?
Questo è un punto fondamentale, che va distinto, anche perché, se non lo facessimo, dovremmo chiederci come mai si diffondano in Israele fenomeni di antisemitismo. Ci sono intellettuali e storici che addirittura non solo hanno ripreso la questione dell'Olocausto nei termini che qui vengono rubricati, con modalità in favore dell'antisemitismo, ma addirittura hanno aperto quella del fondamento nazionale dello Stato di Israele. È antisemitismo? No, è un dibattito aperto. Questa è una prima questione, che va affrontata con molta misura.
Non condivido alcune dichiarazioni che leggo nella vostra relazione. Lei ha citato Rizzo, ma andrebbero distinti nella riflessione i fenomeni autenticamente antisemiti. Quando voi ci riferite dei sondaggi, prestiamo attenzione a non commettere l'errore di rappresentare questo Paese attraversato da pulsioni antisemite che emergerebbero da sondaggi nei quali viene posta la domanda se gli ebrei sono simpatici. Che cosa immaginate che rispondano tante persone alla domanda se sono simpatici gli juventini, i calabresi o i leghisti? Se chiedessero: «ti sono simpatici i leghisti?», altro che un italiano su tre; al sud nove su dieci risponderebbero di no.
Non è da queste risposte che io traggo l'esistenza di un fenomeno di antisemitismo, se lo intendiamo come espressione di pulsioni culturali, pregiudizi profondi, di un sedimento portato dalla storia da disvalori, da anticulture. Innanzitutto, dovremmo distinguere tra atteggiamenti culturali che possono essere ricondotti obbligatoriamente e punti di vista politici, pregiudizi che però si schiacciano su quello generale nei confronti di chi non è wasp, bianco, cristiano o cittadino del proprio Paese.
Questa è la mia preoccupazione principale e ne discuteremo strada facendo. Ho sentito il bisogno di porre questa domanda fin dall'inizio della relazione della dottoressa Goldstaub, quando ha sostenuto che le e-mail offensive aumentano in momenti di crisi, quando si parla molto degli ebrei sulla stampa.
Chiudo con una domanda, anche se immagino la risposta: quali sono tali momenti di crisi? Immagino che siano riferiti alla politica dello Stato di Israele. Vorrei che lei, dottoressa, ci precisasse quali sono i momenti di crisi che fanno impennare o segnalare un aumento di atteggiamenti riconducibili all'antisemitismo. Questa è la domanda che le pongo, ma ne ho approfittato per esprimere fin dall'inizio dell'indagine conoscitiva il mio punto di vista, perché credo che sia il nodo fondamentale con cui dovremo fare i conti nei prossimi mesi.

PAOLO CORSINI. Innanzitutto, voglio esordire con una dichiarazione di solidarietà nei confronti della presidente Nirenstein, perché, anche in seguito a conversazioni avute con lei, sono al corrente di attacchi e insulti che le vengono portati, che esulano completamente dal dibattito politico e attengono, invece, alla sua dimensione personale e alla sua identità ebraica.
Voglio ringraziare le nostre ospiti, perché ho trovato particolarmente interessante sia l'esposizione orale, sia il testo che è stato distribuito prima dell'audizione, frutto di una documentazione estremamente seria e rigorosa, che va certamente riconosciuta all'operosa attività del CDEC, che largamente conosco.
Vorrei incentrare il mio intervento su un paio di temi, che mi appaiono piuttosto significativi. Innanzitutto, mi rendo conto che questa non è una sede accademica o un luogo di ricerca scientifica, però credo che la categorizzazione seria e fondata della terminologia che si usa appartenga alla dignità anche del linguaggio politico.
Il primo punto riguarda un approfondimento del tema che definirei del pregiudizio e del pregiudizio antiebraico o antisemita. Naturalmente, il rimando è a un testo, che credo loro conoscano, dello studioso francese Pierre-André Taguieff, che ha scritto pagine assolutamente


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straordinarie, peraltro utili per capire anche altri elementi del pregiudizio, che non attengono a quello antisemita o antiebraico. Sarebbe interessante comprendere le ragioni della persistenza dello specifico pregiudizio antisemita e antiebraico, a che cosa vada ricondotto, quali sono i meccanismi, inconsci o consci, e le dimensioni materiali di questo fenomeno.
Vengo al secondo problema. Nelle relazioni vengono utilizzati in modo indifferenziato termini che, invece, vanno rigorizzati al fine di una ricognizione adeguata della gravità e della persistenza del fenomeno antisemita nel nostro Paese e, ahimè, purtroppo non solo nel nostro. A costo di apparire ammalato di conjunctivitis professoria, ritengo opportuno distinguere tra antiebraismo, antigiudaismo, antisemitismo e antisionismo. Naturalmente, esistono legamenti culturali e filiazioni storicamente documentabili tra queste categorie, ma ciascuna di esse attiene a fenomeni specifici.
Richiamo una distinzione per indicare dove potrebbe portare la riflessione. Gli antigiudaisti sono assolutamente convinti che l'antigiudaismo finisce nel momento in cui il giudeo si converte alla religione cristiana. Gli antisemiti, che attribuiscono un fondamento non religioso, ma nazionalista e razzista alla loro posizione, ritengono che l'ebreo sarà comunque tale e non cesserà mai di essere tale anche qualora fosse un ebreo ateo, agnostico, laico e via elencando. La radicalità del pregiudizio antisemita è una sfida da assumere fino in fondo per contrastare e combattere tale fenomeno.
Infine, faccio un'ultima osservazione, con la quale riprendo la tematizzazione del collega Ferrari. Mi rendo conto di toccare un tema sul quale, soprattutto la mia parte politica, la sinistra democratica, la cultura cattolico-democratica, ha nel suo fondamento cristiano alcune espiazioni da compiere, perché il documento conciliare che segna un superamento della tradizione antiebraica e antisemita del mondo cattolico e della Chiesa cattolica è del 1965, quindi purtroppo abbastanza recente. La posizione che Wojtyla esprime è del 1986; in mezzo ci sono almeno due secoli di cultura antiebraica e antisemita da parte di taluni settori della Chiesa cattolica.
Il tema cruciale che a me interessa questa mattina è esattamente lo stesso che ha toccato il collega Ferrari e che io affronterei nel modo seguente, rendendomi conto di camminare su un confine estremamente mobile e sottile. È piuttosto pacifica la traiettoria della destra estrema e radicale, e non della destra tout court: esiste, infatti, una destra conservatrice, liberale, democratica, riformista ma anche una radicale ed estremista. Sulla fotografia che possiamo tracciare delle posizioni della destra radicale ed estremista non ci sono dubbi. Ricordo che, quando studiavo il neofascismo radicale in Italia, ero rimasto colpito dalle dichiarazioni che leggevo su una rivista, nella quale si esaltava «ti ho visto fedayn, là nel deserto», una sostanziale simpatia da parte della destra radicale nei confronti delle posizioni più estremistiche dei fedayn palestinesi, il tutto in funzione antiebraica e anti-Israele.
Ciò che mi arrovella è la posizione della cosiddetta area democratica della sinistra. In merito, mi pare che si debbano operare alcune distinzioni. La categoria della distinzione è fondamentale quando affrontiamo questi problemi, perché ci fornisce armi di replica e di contrasto al pregiudizio razzista secondo me fondamentali. Esiste indubbiamente una parte della sinistra antagonista e radicale che contesta Israele in quanto Stato ebraico e ciò è antisemitismo, senza dubbio.
Altro è - ribadisco che anche in questo caso il confine è estremamente mobile e sottile - la polemica nei confronti di Israele quanto al suo Governo e alla sua politica. Credo che questa sia una distinzione che debba essere accolta. Personalmente, non ho alcun dubbio che lo Stato e il Governo di Israele siano democratici. Non solo per me è del tutto scontata la piena legittimazione dello Stato di Israele, il suo diritto all'esistenza e alla sicurezza


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interna ed esterna, ma la mia convinzione è anche che siamo in presenza di uno Stato assolutamente democratico.
Le posizioni che taluni settori della sinistra nutrono nei confronti del Governo e dello Stato di Israele attengono a un giudizio critico sulla politica di questi, non sullo Stato di Israele in quanto Stato ebraico e, quindi, ritengo che possano essere discusse, contestate e criticate - personalmente le critico, mi sento lontano in modo stellare dalla sinistra radicale e antagonista o da quella sinistra estrema - ma che tale campo di valutazioni non necessariamente debba essere identificato con posizioni antisemite. Sono posizioni che - ripeto - personalmente e in modo totale contrasto e non condivido.
Ricordo che si tratta di un confine mobile. Non c'è dubbio che, anche sul piano della critica politica, questa sinistra viva un abbaglio. Quando si accusa lo Stato di Israele di essere promotore di un'aggressione alle nuove vittime, per cui le vittime di ieri sarebbero i carnefici di oggi, si dimentica da parte di questa sinistra un dato assolutamente fondamentale, cioè - l'avevo già osservato nel corso della prima audizione che abbiamo tenuto - che, se è vero che il genocidio che si chiama Shoah non è l'unico della storia, è però certamente vero, e mi pare che il libro di Bruneteau chiuda definitivamente questa discussione, che è un genocidio unico, dal momento che assomma in sé tutte le caratteristiche di tutti i genocidi.
La sinistra che polemizza nei confronti della politica dello Stato di Israele, talora, purtroppo, varca questo confine e allora diventa, al di là delle sue intenzioni, antisemita.
Mi permetto di segnalare agli amici del CDEC un'orripilante rivista bresciana, che forse non conoscono, che si chiama Chiesa viva, fondata da Don Villa. Mi fa piacere che conosciate anche la realtà a livello capillare e territoriale.

ADRIANA GOLDSTAUB, Responsabile dell'Osservatorio sul pregiudizio antiebraico contemporaneo. Conosciamo Don Villa da quando ha pubblicato i Protocolli dei savi anziani di Sion durante il Concilio Vaticano II.

PAOLO CORSINI. Mi fa piacere che conosciate questa galleria degli orrori, altrimenti mi permettevo di richiamarvela.

FURIO COLOMBO. Ringrazio le nostre ospiti, che hanno portato materiale fresco, ben organizzato ed estremamente utile. Persino dopo la loro relazione e gli spunti copiosi che ci hanno fornito su un versante e sull'altro della vita italiana, a me sembra che si sia appena scalfito l'orlo, la superficie di un problema immensamente più grande.
Poiché il tempo è limitato, dovrò limitarmi ad alcuni flash impressionistici. Il primo riguarda la tipica ragione per la quale, da ormai 20 anni, ho scelto di occuparmi della situazione dello Stato di Israele e di scriverne agli italiani e per gli italiani, rendendomi conto che diventava fonte poderosa di antisemitismo e di antisionismo associati, intrecciati strettamente con un argomento che fa da sostegno all'altro.
Vorrei ricordare in questa sede - è troppo poco per parlare del problema, ma serve per accennare al punto - che l'opinione pubblica, certamente nel nostro Paese, ma anche in Europa, chiede a Israele ciò che non chiede ad alcun altro Paese, ovvero di essere buono. Non chiediamo mai alla Francia o al Kenya di essere buoni. Ogni Paese si regola secondo situazioni a volte tragiche e tremende e viene analizzato nelle pagine della politica internazionale secondo criteri di comportamenti internazionali che trovano aspetti strategici, organizzativi, culturali, di relazione con gli altri Paesi, storici, geografici. Per Israele la condanna è sempre preliminare; solo dopo vengono alla luce dettagli o aspetti specifici.
A me interessa molto che venga colto, in questo nostro lavoro, il fatto che Israele è visto come un Paese speciale. La sua specialità è quella di essere il Paese degli ebrei, il che lo rende molto più facilmente condannabile, qualunque sia la questione. Ci sono stati e ci sono, come in tutte le


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guerre, episodi drammatici e terribili. Il fatto è che si corre a vederli in un modo che non ha riferimento: una strage in un Paese dell'America Latina o eventi spaventosi accaduti nell'intera area dell'Africa del nord vengono analizzati, raccontati, producono tormenti anche nel narratore, ma non portano a un giudizio sullo Stato o sui suoi abitanti.
Israele non gode di una franchigia che le culture di tutti gli altri Paesi del mondo concedono a tutti gli altri, altrimenti passeremmo il tempo a ricordare che cosa Putin ha compiuto in Cecenia; dovremmo parlare della Cecenia a tempo pieno e non lo stiamo facendo, ce ne siamo dimenticati tutti: abbiamo lasciato un teatro pieno di donne in nero gasate in modi misteriosi e non c'è nessuno per strada che si scandalizzi, mentre ci si scandalizza per quanto accaduto nel villaggio X ad opera di Israele. Magari quello che è accaduto nel villaggio X è tremendo, ma le donne in nero, gasate da un gas misterioso in un teatro nel centro di Mosca, sono state dimenticate dall'opinione pubblica. Ciò vuol dire che il pregiudizio di cui stiamo parlando, che sia antisemita o antisionista, è molto più radicato, profondo ed esteso.
Vorrei svolgere due riferimenti a due «blocchi» di vita italiana che hanno molta importanza, uno dei due anche come diffusione nel mondo. Il primo che dobbiamo registrare è la Chiesa cattolica: nel momento in cui viene avanti con la disinvolta proposta di santificare Pio XII in qualunque momento e «indipendentemente da», certamente intende considerare la notte del 16 ottobre 1943 come un accidente, che non ha nulla a che vedere con il silenzio calato sulla vita italiana in tale occasione. Voi ricorderete che, nella prima versione del Giorno della memoria, io avevo proposto il 16 ottobre come Giorno della memoria italiana, perché volevo ricordare l'italianità di quel crimine, il che ci avrebbe aiutato a risalire ai nostri giorni e a frasi o scritte screanzate che ci sembrano pronunciate da persone un po' dementi, magari espresse in un italiano spaventoso, ma che sono comunque appendici di una cultura dominante, che esiste ancora.
Quando ho ricevuto nella mia casella di deputato l'invito di monsignor Fisichella a visitare i luoghi santi, tutti nominati e indicati come luoghi santi e non come città e regioni israeliane, mi sono trovato di fronte a un curioso vuoto della storia, qui da noi in Parlamento. Non vedo perché monsignor Fisichella non debba essere un cittadino italiano conscio di storia, geografia ed eventi del mondo, il quale sa che, se vuole invitarmi in Israele, deve invitarmi in Israele e non indicarmi deliberatamente i nomi del Vangelo, perché con questo deraglia l'intero argomento, pur buono, con cui voleva portare in Israele, e non in Terra Santa, i colleghi deputati.
Infine, credo che, nel momento in cui ci occupiamo di antisemitismo e antisionismo - francamente non riesco a compiere una distinzione, perché mi accorgo che un argomento viene usato continuamente per l'altro - debbo suggerire un po' meno preoccupazione per Internet, che è tipicamente occupata da pazzi in tutti i settori. Umberto Eco, nella sua Bustina di Minerva, quasi ogni settimana ci offre un'indicazione degli orrori che appaiono su Internet. Spesso si occupa anche di antisemitismo, essendo stato il cultore più attento fra i filosofi italiani delle radici e del senso dei Protocolli dei savi di Sion.
Vi è, dunque, un grande intellettuale che se n'è occupato per stroncarli fino in fondo e che lo ha fatto almeno una ventina di volte e ci ritorna spesso, perché gli preme come rappresentazione della menzogna come costruzione della storia. Esistono, dunque, alcuni punti di riferimento molto solidi, che stroncano i Protocolli dei savi di Sion. È come una grande marea che spazza, prima ancora che lascino il segno, le frasi infelici di Vattimo, appartenente tra l'altro allo stesso gruppo di persone che erano insieme all'inizio di un percorso storico e culturale.
L'altro aspetto che è fatale legare e vedere insieme è quello dell'identità cristiana. L'altro ieri - lo ha affermato l'onorevole Fiano alla Camera in una denuncia


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particolarmente appassionata - il comune di Goito ha deciso all'unanimità, salvo quei tre gatti che sono rimasti all'opposizione in quel paese, che saranno ammessi all'asilo pubblico soltanto i bambini che provengono da famiglie con una chiara visione dei valori cristiani. Una situazione di questo genere è avvenuta nel comune di Goito, laddove mi piacerebbe poter dire - conoscete le mie inclinazioni polemiche e lo dico per prendere in giro me stesso - che il sindaco è della Lega, ma non lo è. È un sindaco dell'UDC, il quale crede di avere interpretato i sentimenti dei propri cittadini, stabilendo che nell'asilo pubblico di Stato della Repubblica italiana sono ammessi soltanto i bambini cristiani. Una situazione di questo genere ci ricorda il film di Benigni e vorrei che non fosse dimenticata nelle discussioni di oggi.

RAFFAELE VOLPI. Sarò telegrafico. A prescindere dal fatto che per quello che scrive ho già definito in Aula l'onorevole Colombo un cattivo maestro, non voglio continuare...

PRESIDENTE. Questo non è il luogo dello scontro politico.

RAFFAELE VOLPI. Non è accettabile, presidente, ricevere sempre provocazioni in ogni situazione seria. Non lo accetto.

PRESIDENTE. Vorrei ricordare che questo è un luogo di studio.

RAFFAELE VOLPI. Voglio che sia chiaro che io sono qui per lavorare e non per farmi provocare da qualcuno.
Voglio ringraziare moltissimo le nostre ospiti per essere venute oggi. Spero che potranno esserci i termini di una collaborazione continuativa rispetto al lavoro che stiamo cercando di svolgere come Comitato di indagine.
Nel ringraziamento unisco due preoccupazioni, che raccolgo semplicemente dai dati che saranno distribuiti rispetto all'indagine demoscopica il più possibile approfondita. Credo che l'identikit - lo definisco così, per semplificare - sia assolutamente centrale, perché ritengo che l'elemento di trasversalità che ormai si rappresenta, sia a livello di età, sia di culture, sia del fatto che probabilmente non ci sono più differenze storiche, come in passato, fra uomini e donne, sia un elemento fondamentale.
A differenza di quello che sosteneva il collega intervenuto prima di me - vi ho insistito la volta scorsa in ufficio di presidenza - credo che Internet sia centrale, perché ci sono milioni di bambini, di ragazzi e di giovani che pensano che la cultura si faccia su Internet e vengono contaminati da idee del tutto negative di blog e altre fonti. Credo che esista un aspetto che va immediatamente identificato e sanzionato, che è quello di un'editoria che passa per editoria culturale, mentre è viziata da sentimenti antisemiti.
Non vi ringrazio, invece, perché siete state troppo delicate, se mi consentite, nel rappresentare nel documento generale solo i partiti che non sono presenti in Parlamento. In sede di ufficio di presidenza, onorevole Colombo, in quest'aula ho fatto «outing», perché, a differenza vostra, sono capace di fare autocritica. Il mio partito si preoccupa anche di eventuali deviazioni. Sarebbe bello che prima lo facessimo tutti e poi, in collaborazione con loro, non avessimo paura di andare ad analizzare anche i dati che purtroppo ci toccano tutti. Ringrazio nuovamente le nostre ospiti.

ADRIANA GOLDSTAUB, Responsabile dell'Osservatorio sul pregiudizio antiebraico contemporaneo. Prendo in considerazione i partiti che contengono antisemitismo. La Lega non è antisemita. Nel 1998 ci sono stati due brutti articoli antisemiti e poi basta.

RENATO FARINA. Parto da una considerazione positiva, visto che è stata citata un'iniziativa per le scuole. In Consiglio d'Europa, nel Giorno della memoria, c'è stata la visita di due scolaresche di due città gemellate, una francese e una italiana, di San Benedetto del Tronto. Con la scuola francese c'era un sindaco socialista


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delegato al Consiglio d'Europa, mentre la scuola di San Benedetto del Tronto ha chiamato me ad accompagnarla e a tenere insieme questo ricordo. È stato positivamente impressionante, perché gli ebrei erano parte della loro storia, del loro popolo e ritengo che questo tipo di manifestazioni, specialmente quando sono internazionali, sia molto positivo. Sono state composte poesie da bambini di seconda e terza media sull'Olocausto ed è stata un'esperienza veramente commovente ed educativa per me, perché ho visto dall'interno il popolo ebreo come fosse parte mia. Sono spiritualmente semita e loro si sentivano spiritualmente, corporalmente e responsabilmente semiti.
Voglio dire che esiste una possibilità di uscire da queste situazioni generiche. Inoltre, i bambini erano accompagnati da consiglieri comunali di tutti gli schieramenti.
Il secondo punto è di metodo. Credo che più che tenere discussioni tra di noi, sia importante ascoltare, perché penso che chi meglio di altri può descrivere l'antisemitismo è colui che lo ha vissuto come parte della propria storia e della propria personale sensibilità. Dobbiamo essere aiutati a capire per poi applicare queste categorie, naturalmente senza trascurare il senso critico e la nostra personale esperienza.
Mi rendo conto inoltre che esiste un antisemitismo nascosto anche quando si sostiene Israele. Porto un esempio: se a sinistra o all'estrema destra il pretesto di disprezzare Israele porta con sé l'antisemitismo - mi esprimo in modo molto semplice - nel momento in cui si scelgono come alleati ideologici, di simpatia e di sostegno coloro che non fanno nulla per nascondere di essere antiebrei in quanto tali, come lo sono le forze egemoniche in questo momento nei territori dell'Autorità palestinese, e si cerca di distinguersi, si agisce come i fascisti, che erano alleati con i nazisti, sostenendo che di non essere ben informati di quanto facessero i nazisti contro gli ebrei.
Occorre, quindi, che ci sia una chiara presa di posizione su questi temi, altrimenti accettiamo che siano distribuiti tra i bambini palestinesi libri in cui si inneggia all'assassinio degli ebrei e non diciamo niente perché ciò sarebbe giustificato dalla politica israeliana. D'altro canto, mi è capitato di sentire da parte di chi sostiene Israele a destra che Israele è perfetto, ma che è un peccato che i suoi cittadini siano ebrei. C'è quasi il culto della loro capacità di far forza sulle situazioni, accompagnato però da un sospetto razziale. Questo esiste e lo riferisco per correttezza.
Per quanto riguarda la sinistra, ricordo che dietro le posizioni di D'Orsi e altri può essere individuata una matrice - senza con questo voler giudicare, perché non sono presenti e non possono difendersi - che è stata molto bene espressa in un libro di Asor Rosa precedente al 2008. In tale libro, lo scrittore arrivò a sostenere che Israele non doveva esistere, perché era una fonte di guai e perché tutto nasceva dalla sua esistenza. Ricordo che questo libro fu messo sotto accusa da Gad Lerner. È evidente che esistono due diversi modi di attaccare la politica israeliana e gli ebrei comprendono bene la differenza tra di essi.
Per quanto riguarda Pio XII, a me piacerebbe che tale questione fosse esclusa dalla nostra indagine. Magari, in un secondo momento, possiamo svolgerne un approfondimento successivo in merito, altrimenti non usciremmo da questa storia Perché io potrei portare documenti che affermano il contrario, l'onorevole Colombo altri. Credo che Pio XII non sia affatto un ostacolo ai buoni rapporti tra ebrei e cristiani.
Ho partecipato al pellegrinaggio di Fisichella e posso riferire che si trattava di un pellegrinaggio cattolico diretto dal cappellano della Camera in Terra Santa. Siamo stati in Egitto, in Israele e nei territori dell'Autorità palestinese. Al centro del viaggio c'è stata la visita al Museo dell'Olocausto, motivo per cui sono stati criticati Alemanno e gli altri personaggi citati in quelle famose scritte sui muri.

BEATRICE LORENZIN. Innanzitutto, intervengo sull'ordine dei lavori. Credo che


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questa indagine conoscitiva sia un'occasione straordinaria per il Parlamento italiano per raccogliere informazioni sull'evoluzione dell'antisemitismo nel nostro Paese. Poiché abbiamo poco tempo - fra cinque minuti sono convocate in sede referente le Commissioni riunite I e V - non avrò occasione di sentire le risposte delle nostre ospiti.
Credo che sia importante darci un metodo di lavoro e propongo che durante le audizioni si ascoltino gli auditi e si pongano domande specifiche, rimandando la fase di dibattito e approfondimento a diverse sessioni, in modo tale che si abbia tutti un contributo. L'esperienza di tutti i membri del comitato è elevatissima, ma credo che l'elemento importante per noi sia quello dell'apprendimento di nuovi dati per poter focalizzare l'indagine.
Volevo interrogare le nostre due ospiti su due aspetti specifici della loro relazione. Il primo riguarda come si sta evolvendo, se si sta evolvendo, il fenomeno dell'antisemitismo tra i giovanissimi all'interno delle scuole, in quanto abbiamo sempre sostenuto tutti che l'educazione alla tolleranza e al rispetto dell'altro parte fin dalla primissima infanzia. Vorrei avere da voi un livello di monitoraggio anche sulle diverse tipologie territoriali, cioè se esiste una differenza dove sussiste una forte presenza di una comunità ebraica - penso alla città di Roma - o se ci sono profili di pregiudizio antisemita a prescindere dalla conoscenza diretta con la comunità o con bambini ebrei.
L'altro aspetto è quello di Internet. Sono anch'io convinta che non vada assolutamente sottovalutata la presenza su Internet di blog, forum e via elencando, anche perché l'informazione su Internet non è filtrata da alcun elemento critico. Ultimamente stiamo assistendo a fenomeni come quelli che hanno riguardato il pubblico televisivo di fronte alla televisione nei primi anni: l'addetto alla TV a questo punto è l'addetto Internet. Da questo punto di vista, vorrei avere alcuni approfondimenti maggiori e sapere se ci sono anche contro-blog o misure studiate dagli osservatori messi in atto anche a livello internazionale, e non soltanto nazionale, su tali fenomeni.
Il terzo punto riguarda la specificità italiana rispetto a quella inglese e francese. Vi chiedo se voi avete preoccupazioni su un fenomeno di crescente violenza, che passa da quella immateriale a quella materiale, come sta accadendo e come è accaduto nell'università francese e in altri contesti. Registrate un trend di crescita o il nostro fenomeno è stabilizzato? Se lo è, potete indicarcene i motivi? Vorrei sapere se ciò è legato a un minore radicamento delle comunità islamiche, oppure a una capacità maggiore di contrasto al fenomeno non soltanto da parte delle autorità, ma anche della cultura italiana. Questo serve a capire dove stiamo andando rispetto al resto d'Europa e quali sono i distinguo tra la nostra situazione e quella internazionale.
Ho visto che, fortunatamente, è diminuito l'elemento esposto e manifesto di episodi antisemiti nelle tifoserie. Vorrei capire se si tratta di un fatto dovuto più alle azioni di contrasto dei provvedimenti governativi oppure se esiste ancora un radicamento culturale più profondo.

PRESIDENTE. Rinuncio al mio intervento, anche se mi dispiace perché sono state svolte molte considerazioni.

PIERANGELO FERRARI. Proporrei di andare in missione a Milano presso il CDEC per continuare e approfondire le questioni sviluppate nel corso dell'audizione.

PRESIDENTE. È una buona idea. Si può senz'altro fare.
Rinuncio al mio intervento, ma voglio dire ai colleghi, per rassicurarli, che la modalità con cui abbiamo costruito la prospettiva delle nostre audizioni va nella direzione che la collega Lorenzin ha sottolineato ora.
Per esempio, considero un dato certificato, ormai anche dalle parole del nostro Presidente della Repubblica, che su Israele si sia avventata un'ondata di antisemitismo.


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A me non sembra un elemento di dibattito ma, comunque, avremo con noi per descriverlo e spiegarlo due esperti specifici della questione, il professor Wistrich e la professoressa Dina Porat.
Su questo punto non avremo problemi nel seguitare la discussione nella sede più adeguata.
Do la parola alle nostre ospiti per la replica.

ADRIANA GOLDSTAUB, Responsabile dell'Osservatorio sul pregiudizio antiebraico contemporaneo. Mi interessa soprattutto parlare delle distinzioni. Sono pienamente e totalmente d'accordo con chi chiede di operare alcune distinzioni tra Israele, il suo Governo, il sionismo, l'antisemitismo, l'antigiudaismo, altrimenti non si capisce più nulla. Questo è il modo in cui cerchiamo di operare noi: non potremmo analizzare nulla se facessimo confusione di tutto.
Quello che accade in Italia, secondo me, rispetto a Israele - stiamo parlando di Israele, perché in questo momento è la parte che più facilmente porta la gente a parlare degli ebrei, e in modo critico - è che bisogna distinguere da una parte tra coloro che non compiono un'analisi storica, ma assumono un impegno in una battaglia politica a senso unico, che fanno uso di iperboli, estremizzando le responsabilità del nemico politico, e dall'altra parte, il pregiudizio antiebraico vero e proprio, che parte dalle critiche contro Israele e allarga il discorso verso gli ebrei. Sono due campi separati, che vanno studiati separatamente, altrimenti non capiremmo nulla di tutto ciò.
Occorre, inoltre, distinguere che cosa fa Israele in quanto Stato. Anche secondo me, Israele viene soggetto a una critica, mi viene quasi da dire da un amore particolare. Come mai la gente si interessa tantissimo, in modo spropositato di Israele? Questa è la mia risposta.
Quando nel Ruanda ci sono stati 800 mila morti civili tra donne e bambini in tre mesi, sono stati dedicati alla vicenda quattro titoli, perché quelli sono «selvaggi»; gli ebrei, invece, devono essere perfetti. Israele è noi. Questa è la mia sensazione. È una specie di amore e odio che ne viene, che però poi finisce per pretendere troppo da Israele, che è uno Stato e non è niente altro, è uno dei mille Stati, che sbaglia e compie anche azioni che noi non vorremmo che compisse; succede, è in una situazione molto pesante. Si compie allora un'analisi storica, non si può fare una battaglia politica; però, bisogna sempre tenere ben separate le situazioni e tenere presente che Israele è uno Stato e nient'altro.
Ancora una volta, le distinzioni tra antigiudaismo, antisionismo e via elencando vanno effettuate, perché altrimenti non capiremmo nulla. Purtroppo, nel dibattito politico, le confusioni vengono fatte e noi cerchiamo, ovviamente, di evitarle.
Il monitoraggio andrebbe svolto. Che cosa succede nelle scuole? Occorrerebbe un monitoraggio, che noi non siamo in grado di compiere, perché è un obiettivo molto vasto. Sul fenomeno dei giovanissimi e dell'antisemitismo, ho la sensazione che ci sia molto razzismo tra i giovanissimi, un altissimo razzismo. Abbiamo sempre pensato che i giovani ne fossero immuni, mentre oggi rischiano di diventare molto più razzisti degli anziani o dei più maturi. Si occupano, tuttavia, più dei rischi e dei pericoli dell'immigrazione che non degli ebrei. Ci sono alcuni casi di antisemitismo, ma ho l'impressione che si sfoghino soprattutto in quella direzione.
In merito a Internet, bisogna svolgere uno studio. Noi svolgiamo già monitoraggi continui e, possiamo impegnarci, se lo chiedete, a condurre uno studio, vedendo quali sono i contro-blog o i contro-siti.
Riguardo al problema della confusione che si compie nel giudicare Israele ne parlava molto tempo prima di noi Pierre-André Taguieff ed è il territorio più difficile, proprio perché non vengono operate le opportune distinzioni, perché ognuno tira acqua al suo mulino, si esprimono giudizi, si mettono insieme America e Israele. Ne deriva la condanna agli americani, in cui si sostiene che sono a loro


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volta manovrati dagli ebrei, come si affermava soprattutto nella passata amministrazione.
C'è una visione paranoica in tutto questo, si mette tutto insieme. Abbiamo bisogno di capire situazioni che ci sembrano confuse, che non abbiamo voglia di studiare meglio e ci pare, lanciando frasi a effetto, che si diffondono proprio perché a effetto, di raggiungere la verità. La verità, però, è da un'altra parte.
Personalmente, insisto molto sulle distinzioni da fare.

PRESIDENTE. Ringrazio gli intervenuti. Mi dispiace che, ancora una volta, abbiamo avuto tempi ristretti. Procederemo nel nostro lavoro con le altre audizioni, di cui potete avere l'elenco quando volete.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 10,15.

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