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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissioni Riunite
(I e III)
9.
Giovedì 27 gennaio 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Nirenstein Fiamma, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ANTISEMITISMO

Audizione del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Mariastella Gelmini:

Nirenstein Fiamma, Presidente ... 2 6 9 11 12
Corsini Paolo (PD) ... 9
De Torre Maria Letizia (PD) ... 8
Farina Renato (PdL) ... 7
Gelmini Mariastella, Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ... 3 12
Goisis Paola (LNP) ... 10
Levi Ricardo Franco (PD) ... 6
Pianetta Enrico (PdL) ... 9
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

COMMISSIONI RIUNITE
I (AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI) E III (AFFARI ESTERI E COMUNITARI)

Comitato di indagine sull’antisemitismo

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 27 gennaio 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FIAMMA NIRENSTEIN

La seduta comincia alle 9,10.

(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Mariastella Gelmini.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'antisemitismo, l'audizione del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Mariastella Gelmini.
Ringrazio il Ministro a nome di tutti i colleghi. Mi permetto di svolgere qualche breve considerazione, vista la limitazione del tempo a disposizione, per la concomitanza di altri impegni relativi al Giorno della Memoria.
Le Commissioni riunite affari costituzionale e affari esteri hanno istituito questo Comitato all'incirca un anno fa ed hanno rinnovato da poco il suo mandato, per altri sei mesi, al termine dei quali prepareremo una relazione, che darà conto del ricchissimo lavoro svolto fino ad oggi. Tale lavoro si è avvalso dei contributi di politici ed esperti provenienti da tutto il mondo. Abbiamo lavorato molto su svariati temi. Il nostro Comitato è stato istituito l'anno scorso - e lo dico con grande orgoglio - in maniera specifica dal nostro Parlamento, perché non tutti i Parlamenti dispongono di uno strumento di indagine di questo genere.
Ad iniziare fu il Parlamento britannico, che svolse un lavoro che ci è stato di esempio, e che poi si è allargato ad una serie di altri Parlamenti, che quest'anno si sono riuniti in un convegno ad Ottawa, al quale anche noi eravamo presenti. Io stessa sono membro dello steering committee, ovvero del direttivo di questi Parlamenti, che insieme si occupano dell'indagine sull'antisemitismo e della lotta, sempre più dura e difficile, contro tale fenomeno. Questo gruppo si chiama ICCA (Inter-paliamentary Coalition on Combating Antisemitism) e noi siamo fieri di farne parte, in questa funzione dirigente.
L'anno scorso, nella medesima ricorrenza del Giorno della Memoria, l'audizione del Ministro degli affari esteri, Franco Frattini, avviò i lavori del nostro Comitato d'indagine sul fenomeno dell'antisemitismo, istituito, come già ricordato, dalle Commissioni affari costituzionali ed affari esteri della Camera dei deputati. In tale occasione, l'accento fu doverosamente posto sull'impegno assunto dalla comunità internazionale per lo sradicamento del fenomeno attraverso fondamentali strumenti, quali la Carta europea dei diritti fondamentali e il Consiglio d'Europa. Noi abbiamo cercato di andare oltre.
Si parlò delle delusioni per gli sconcertanti esiti della Conferenza di Durban e delle sempre più minacciose prese di posizione di importanti attori internazionali contro la sicurezza e lo stesso diritto all'esistenza dello Stato di Israele. Abbiamo lavorato molto su questo tema del rapporto fra delegittimazione dello Stato di Israele e antisemitismo, trovandovi una serie di nessi, sia a livello di propaganda di gruppi estremisti, sia - in maniera molto impegnativa e interessante per noi, anche a livello legislativo - nella questione dei social network, dove l'antisemitismo è diventato rampante, micidiale ed ha assunto una dimensione sempre più preoccupante.
Da allora, il Comitato ha condotto un lavoro di ricerca accurato, finalizzato a


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individuare le attuali dimensioni del fenomeno, a livello sia nazionale, sia internazionale e a intercettare le possibili lacune d'intervento, normativo e non, che il Parlamento deve contribuire a colmare. I materiali raccolti hanno contribuito a innalzare il grado di consapevolezza e di mobilitazione di tutti i colleghi, che sono stati tra l'altro oggetto, insieme a me, di minacce e insulti in abbondanza.
Il Parlamento italiano è stato accusato di essere un'appendice della lobby sionista internazionale, per il fatto di avere istituito questo Comitato di indagine. Siamo stati tutti minacciati, alcuni colleghi componenti del Comitato hanno dovuto fare addirittura richiesta di sorveglianza speciale da parte della polizia. Tutti, uno per uno, siamo stati individuati, con le nostre caratteristiche biografiche e politiche, su questi social network. D'altra parte, abbiamo lavorato in modo tale che credo che, già oggi, sarebbe possibile raccogliere un volume di interventi di grande spessore sul tema dell'antisemitismo.
Il Parlamento italiano ha oggi accumulato molti contributi, sul piano nazionale e internazionale. Tra gli altri, sono stati nostri ospiti un esperto di social network dall'Australia e da Israele la direttrice del Dipartimento sull'antisemitismo dell'Università di Tel Aviv. Poi abbiamo ascoltato naturalmente molti rappresentanti dell'università e delle comunità italiane. Quindi, abbiamo svolto un cospicuo lavoro.
Siamo particolarmente contenti, Ministro Gelmini, che lei sia qui con noi in questa giornata. Stiamo lavorando anche sotto il profilo legislativo. Per esempio, abbiamo preso in considerazione l'approfondimento dell'auspicio espresso dal premio Nobel Elie Wiesel, che intervenne qui a Montecitorio il 27 gennaio del 2010, dando una definizione del reato di terrorismo come crimine contro l'umanità. Questa ci è parsa un'affermazione importante da prendere in considerazione. Sul piano legislativo, è di grande rilievo per noi l'iniziativa annunciata nei giorni scorsi dal Ministro della giustizia Alfano - dietro nostra richiesta naturalmente - circa l'introduzione nel nostro ordinamento del reato di negazionismo. Qui ci sono pareri diversi, personalmente a me non sembra questa la strada da percorrere.
Non posso fare a meno di pensare a certi docenti, che non hanno esitato a fare abuso nelle sedi universitarie, portando avanti azioni di proselitismo negazionista fra i giovani.
Mi sembra molto importante la richiesta al Governo italiano di ratificare quanto prima il protocollo aggiuntivo di Bucarest, che mette le polizie internazionali in grado di collaborare fra loro, per eliminare i centri di diffusione di messaggi antisemiti in varie latitudini del mondo.
Infatti, lei sa bene, Ministro, che se oggi si chiude un sito antisemita in Italia, lo si può ritrovare aperto il giorno dopo a Tokyo o a Brisbane; è questa la cosa drammatica.
Non vi è dubbio - mi avvio alla conclusione - che l'impegno maggiore riguardi la conservazione della memoria presso le giovani generazioni e la loro formazione alla lotta contro l'antisemitismo, nelle sue diverse e insidiose manifestazioni.
Ce lo hanno confermato, in particolare, le audizioni dei rappresentanti della Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea e dell'Istituto IARD, ricerche politiche e socioeconomiche.
Si tratta di un profilo affidato a tutti i soggetti che si occupano di formazione ed educazione a tutti i livelli, della scuola alle accademie. Questo è un problema, di cui sicuramente il Ministro ci vorrà parlare.
Per queste ragioni, assume particolare rilievo, a un anno dall'inizio dell'attività di questo Comitato, e nel Giorno della Memoria, l'audizione del Ministro Gelmini, a cui do la parola.

MARIASTELLA GELMINI, Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Porgo un ringraziamento a tutti i componenti del Comitato di indagine sull'antisemitismo, in particolare alla presidente, che ha fortemente voluto e promosso questo importante momento di confronto e di riflessione.


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Come sottolineava la presidente nel suo intervento d'apertura, il fenomeno dell'antisemitismo purtroppo si rinnova nei secoli. D'altra parte, anche il nostro tempo non è privo di episodi che rimandano alla piaga dell'antisemitismo e del negazionismo. Qualche volta ci sono affermazioni che giungono addirittura a negare l'accadimento della Shoah.
È pur vero che l'Italia - come è emerso dalla relazione del Ministro Frattini a questo Comitato, che io ho potuto leggere - soffre forse meno di altri Paesi di questo problema, ma certamente non mancano manifestazioni preoccupanti. Dunque, credo che sia importante oggi, ma non solo oggi, un impegno da parte di tutte le istituzioni, in particolare del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, a tenere alto l'allarme riguardo a questi fenomeni.
Anche le ultime indagini demoscopiche mettono in rilievo la presenza di pregiudizi, diffidenze e stereotipi che sono meno diffusi del passato, ma che comunque esistono. Ad esempio, sul presunto eccessivo potere degli ebrei nel mondo degli affari e della finanza, piuttosto che sul vittimismo ebraico. Si tratta di posizioni culturali che, anche se minoritarie, destano preoccupazione e devono essere oggetto di una riflessione e soprattutto di una pianificazione di iniziative, che possano portare all'annullamento di tali posizioni.
Esiste - lo sottolineava l'onorevole Nirenstein - attraverso anche i nuovi mezzi della tecnologia, i social network in particolare, un nuovo tipo di antisemitismo, che negando il carattere razzista ed eliminazionista, si traveste in altre forme.
Dobbiamo davvero indagare questo fenomeno e portarlo alla luce, non nasconderlo e affrontarlo con adeguate campagne di informazione e di sensibilizzazione. All'interno del sistema scolastico, darò poi conto delle molte iniziative che in tutti gli ordini di scuola si susseguono, ma credo che una particolare attenzione debba essere posta anche sull'università, che spesso purtroppo è, più della scuola, ricettacolo di episodi di antisemitismo.
Ho osservato con un certo sgomento l'adesione di alcuni atenei italiani ad una settimana anti israeliana denominata «la settimana dell'apartheid». Purtroppo, vi hanno partecipato singoli docenti delle università italiane. Quindi, credo che sia stato importante, in occasione dell'approvazione della riforma universitaria, un ordine del giorno, accolto dal Governo, promosso dagli onorevoli Nirenstein, Emanuele Fiano e Alessandro Ruben, con il quale il Governo si impegna appunto ad assumere tutte le iniziative in suo potere, per scongiurare il ripetersi di azioni contrarie al rispetto dei popoli, e in particolare del popolo ebraico.
Ritengo che una buona risposta a tutti i tentativi di delegittimazione dello Stato ebraico, che sconfinano quasi sempre in affermazioni, se non in episodi, antisemiti, si possa trovare nel potenziamento degli studi, nelle scuole e negli atenei, sull'ebraismo contemporaneo nei suoi svariati aspetti, quali la religione, la presenza degli ebrei nei vari Paesi del mondo e la storia dello Stato di Israele raccontata con obiettività.
Porsi la domanda di come prevenire ed arginare questi fenomeni è compito non solo di ogni educatore, sia la famiglia che gli insegnanti, ma anche di ogni responsabile uomo politico e di governo. Questo è quanto il Governo sta cercando di fare, sul piano internazionale, con i numerosi interventi del Ministro Frattini e del Presidente Berlusconi, ma anche a livello interno, nei rapporti di partnership e collaborazione con le comunità ebraiche presenti sul nostro territorio, oltre che con la promozione di specifiche aree di intervento nel mondo della cultura, della scuola e della formazione.
Credo che l'istituzione del Giorno della Memoria abbia un particolare significato. Diceva Primo Levi: «Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre».
Quindi, la memoria del dramma ebraico è un atto di verità verso le vittime ma anche verso noi stessi. Lo è soprattutto


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verso gli italiani di religione ebraica, che nel Risorgimento combatterono a fianco degli altri italiani per l'unità. Credo che sia importante la sensibilità che ha dimostrato il Presidente della Repubblica, chiedendoci di svolgere questa giornata, non solo come Giornata della Memoria, ma cercando e trovando i collegamenti fra il mondo ebraico e i 150 anni dell'Unità d'Italia.
Come Ministero dell'istruzione, innanzitutto abbiamo aderito alla Task force for International Cooperation on Holocaust Education, Rememberance and Research con una delegazione italiana del Ministero, e quindi insieme stiamo portando avanti molti progetti di partenariato, iniziative culturali, didattiche e accademiche dirette a mantenere viva la memoria collettiva della Shoah.
Su impulso della Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha costituito, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, la delegazione italiana o dell'International task force. Questa delegazione lavora tutto l'anno, ha sede presso il Ministero a Trastevere ed è composta da tre membri indicati dal MIUR e da altri tre indicati dall'Unione delle comunità ebraiche italiane. La delegazione ha lavorato in sinergia costante con molte scuole italiane, aderendo in qualche caso a progetti proposti dalle singole scuole, in altri casi promuovendo concorsi e iniziative alle quali spontaneamente molte scuole hanno aderito.
Vi è poi la collaborazione con l'Unione delle comunità ebraiche italiane. Sono state, inoltre, emanate le linee guida sulla Shoah e gli altri genocidi, ovvero sono stati coinvolti gli studenti in un approfondimento non solo sul tema della Shoah, ma anche degli altri casi di genocidi accaduti nel mondo.
Abbiamo promosso un concorso nazionale, «I giovani ricordano la Shoah», sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica e anche in collaborazione, ancora una volta, con l'Unione delle comunità ebraiche italiane. Tale concorso è rivolto a tutti gli allievi del primo e secondo ciclo di istruzione, al fine di promuovere studi e approfondimenti sul tragico evento che ha segnato la storia del Novecento. Il concorso ha visto una sempre crescente partecipazione da parte degli studenti di ogni ordine e grado, un dato importante, che dimostra la sensibilità della scuola.
Quest'anno sono arrivati migliaia di elaborati, che sono stati selezionati, prima da una commissione presente in ogni regione e poi, a livello nazionale, da una commissione paritetica MIUR - Unione delle comunità ebraiche.
Per questo anno scolastico, alle scuole primarie è stato proposto il seguente argomento: «la Shoah coinvolse in Europa milioni di bambini. Fra questi, anche molti bambini italiani furono improvvisamente costretti a lasciare la scuola e gli amici, a cambiare casa, città e abitudini di vita. Raccontate e illustrate storie e vicende di bimbi e ragazzi ebrei ed italiani, che vi sono state raccontate o di cui siete venuti a conoscenza, attraverso libri, film o esperienze personali». Alle scuole secondarie di primo grado, è stato invece proposto il tema della persecuzione degli ebrei in Italia dal 1938 al 1945. Alle scuole secondarie di secondo grado è stato chiesto, invece, di approfondire il tema delle leggi razziali e della Shoah.
Da registrare anche l'intensa collaborazione fra le scuole e il Centro di documentazione ebraica contemporanea. Abbiamo poi pensato di rivolgere un'attività di formazione anche agli insegnanti, perché è evidente che la conoscenza da parte degli studenti passa anche da una sensibilizzazione, su questo tema, rivolta agli insegnanti. Quindi, sia per una loro maturazione costante, sia per prevenire anche fenomeni distorsivi della realtà, che purtroppo in qualche caso si sono verificati.
Nell'ambito delle iniziative poste in essere per favorire tra i giovani la conoscenza e la consapevolezza della Shoah e per promuovere quindi l'educazione ai diritti umani, la Direzione generale per lo studente presso il Ministero, in collaborazione con la Task force, d'intesa con


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l'Istituto di studi superiori dello Yad Vashem, ha organizzato, dal 27 agosto al 5 settembre 2010, un seminario di formazione a Gerusalemme per i docenti sull'insegnamento della Shoah. Al seminario hanno partecipato un docente per ciascuno degli uffici scolastici regionali, così da poter contare su una rete di docenti, che poi a sua volta potesse coinvolgere altri insegnanti sul territorio.
Nel corrente anno scolastico, verranno anche realizzati seminari di studio ed approfondimento, rivolti ai docenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado. Si tratta di un corso di formazione che risponde ad una esigenza emersa nel tempo, ovvero il diffondersi - come sottolineava la presidente Nirenstein - nel mondo giovanile, in particolare attraverso internet e quindi attraverso gli strumenti del web, del cosiddetto negazionismo storico. Negli anni, il Ministero ha evidenziato la necessità di promuovere iniziative volte al superamento della xenofobia, del razzismo e dell'antisemitismo.
Il corso si inserisce all'interno di un più generale progetto di educazione alla tolleranza, di prevenzione dell'insorgere di un nuovo razzismo, della xenofobia, di educazione al rispetto dei diritti umani, anche con l'utilizzo delle nuove tecnologie.
Come Ministero dell'università, abbiamo stanziato dei fondi per due borse di studio per il dottorato di ricerca in studi ebraici. Si tratta di una richiesta che ci è stata avanzata dall'Università di Bologna e che abbiamo ritenuto particolarmente meritoria. Pertanto, abbiamo stanziato 120 mila euro, ovvero due borse di studio per tre anni. Anche attraverso questo percorso credo che sarà possibile, non solo favorire una maggiore conoscenza e sensibilità sul tema, ma anche evitare quegli episodi distorsivi della realtà, che nel tempo abbiamo constatato.
Proprio la settimana scorsa, con la Presidenza del Consiglio, rappresentata dal sottosegretario Letta, con il Consiglio nazionale delle ricerche ed evidentemente con l'avvocato Gattegna, presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane, abbiamo sottoscritto un protocollo di intesa particolarmente rilevante e prestigioso, perché per la prima volta si tradurrà il Talmud in italiano. Si tratta di un lavoro enciclopedico particolarmente difficoltoso e laborioso, che vedrà la partecipazione di ricercatori internazionali e il ruolo da protagonista del CNR, che con il presidente Maiani si è particolarmente adoperato per favorire l'accordo fra le diverse istituzioni.
Crediamo che entro il 2015 la traduzione, corredata di commenti, annotazioni a margine e quindi con un approfondimento anche di tipo culturale, sarà completata. È evidente che su queste iniziative l'impegno del Ministero non è mai sufficiente. Abbiamo pensato a promuovere i progetti e il coinvolgimento delle scuole, attraverso le iniziative che vi ho illustrato, ma è evidente che possono essere molte altre le proposte. Se questo Comitato riterrà di proporre suggerimenti e iniziative al Ministero, noi saremmo ben lieti di accoglierle e di procedere all'attuazione.

PRESIDENTE. Ringrazio molto il Ministro per la sua relazione e per la grande quantità di dati e di sentimento personale che vi abbiamo potuto notare.
Do la parola ai colleghi che vogliano intervenire per porre domande o formulare osservazioni.

RICARDO FRANCO LEVI. Grazie, presidente, per l'invito rivolto a noi membri della Commissione cultura a partecipare all'audizione. Credo che sia stata una scelta felice quella di avere oggi, nel Giorno della Memoria, il Ministro Gelmini, che ringrazio per la sua presenza, perché la scuola è ovviamente centrale nel progetto della conservazione della memoria.
Se posso accennare a un elemento strettamente personale, io ho un particolare legame di affetto con la celebrazione del Giorno della Memoria, perché esso nasce da una proposta che feci io stesso, sulle prime pagine del Corriere della Sera e poi del Messaggero, con l'appoggio della Presidenza della Repubblica di quei tempi, come sicuramente la presidente Nirenstein ricorderà.


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Tale proposta fu poi raccolta dall'onorevole Furio Colombo e tradotta in legge. Ormai, a parecchi anni dall'istituzione della giornata, ci si interroga - ed è giusto che così avvenga - sui modi in cui la Giornata della Memoria si svolge e persino sulla sua utilità. Abbiamo letto quest'anno, come negli anni scorsi, tanti articoli e interventi su questo argomento, ed è giusto che sia così.
La Giornata della Memoria è importante, come è ovvio, essendo la memoria quella che consente di ricordare, onorare le vittime dello sterminio e di riflettere sui motivi e sulle circostanze che portarono a quegli avvenimenti, affinché ciò non si ripeta mai più.
Non c'è dubbio che un filo di consuetudine accompagni inevitabilmente, anno dopo anno, queste celebrazioni, con il rischio che assumano un carattere un po' rituale. Peraltro, la commozione che si accompagna a questa giornata favorisce anche tale ritualità. Una commozione che diventa molto evidente, ad esempio e prima di tutto, nei treni per Auschwitz dei nostri ragazzi che partono dalla provincia di Roma, dal campo di Fossoli, che anno dopo anno si ripetono.
Se però la Giornata della Memoria deve avere il senso di aiutare a comprendere ciò che fu e come fu reso possibile, la ricerca e la trasmissione della memoria si devono accompagnare alla riflessione e allo studio sul contorno.
Allora, non si tratta solo di un racconto e di un ricordo di ciò che avvenne alle vittime. Avendo scelto felicemente il giorno del 27 gennaio, giorno della liberazione di Auschwitz, è bene ricordare che le vittime non furono solo ebrei, ma anche persone appartenenti a tante altre etnie, oltre che perseguitate solo per le proprie idee politiche.
C'è però un contorno di riflessione che deve essere fatto, anche qui in Italia, su ciò che permise lo sterminio. Da questo punto di vista, è stata significativa, l'anno scorso, la collocazione di una targa, che ricorda qui, nel nostro Parlamento, nella Sala della Regina, il voto con il quale il Parlamento italiano adottò le leggi razziali. È bene, infatti, ricordare le responsabilità di istituzioni, singoli e più in generale della società, che resero possibile lo sterminio. Da questo punto di vista, la scuola ha responsabilità, compiti e doveri importanti. La riflessione storica sul contorno è ovviamente ricca di individualità eroiche, basta ricordare i giusti che con la loro azione permisero di salvare tante vite di ebrei, tra i quali mi è grato ricordare tanti sacerdoti.
Non c'è alcun dubbio che la riflessione e la trasmissione delle informazioni sulle responsabilità, ad esempio, dello Stato italiano oggi siano ancora carenti. Ebbene, credo che la scuola abbia questo compito preciso, anche perché - è bene ricordarlo - la Giornata della Memoria, ovviamente cara al mondo dell'ebraismo italiano, che ritrova l'afflato dell'intera società italiana con sé nel ricordo di quanto avvenne, è una giornata che serve soprattutto a coloro che non sono ebrei.
Infatti, gli ebrei non hanno bisogno della Giornata della Memoria per ricordare, purtroppo, perché hanno memorie private, che consentono loro questo ricordo. Dunque, questa è una giornata che serve a tutti per riflettere e per sapere. Da questo punto di vista, la scuola può e deve fare tanto.

RENATO FARINA. Convivono due aspetti nella Giornata della Memoria. Uno è sicuramente quello della celebrazione. Quando si parla di celebrazione, il termine ha ormai un connotato negativo, perché significa ripetizione di riti stanchi. Invece, la caratteristica dei riti è esattamente quella, nel loro ripetersi, di marcare la verità delle cose, di consegnare un sigillo nella storia di un popolo, affinché questo popolo si ricordi chi è. Nell'identità del popolo italiano non può non esserci la colpa per ciò che un regime, in qualche modo, con la condivisione del popolo, ha inflitto agli ebrei, che sono italiani, elemento che dobbiamo sempre ricordare.
In particolare, sono molto grato al Ministro Gelmini, che è venuta qui oggi, perché non dimentico il fatto che le leggi


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razziali hanno avuto il loro acme con i provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista, promulgati il 5 settembre del 1938. Dunque, è giusto che proprio nella scuola, che vide l'inizio della spaventosa discriminazione e dell'accettazione del genocidio, si ricordi particolarmente tutto questo.
Accanto all'aspetto di celebrazione, ce n'è uno specifico. Io credo che ci siano i segni di un risorgente antisemitismo, che ha sicuramente delle punte vergognose che abbiamo anche noi, in questi mesi di lavoro, potuto conoscere. Tuttavia, c'è qualcos'altro di pericoloso, ovvero che questi episodi trovano come una palude in cui nutrirsi. È come l'incapacità di dare un giudizio sulle cose, di considerare il valore dell'altra persona come essenziale per la propria vita, per cui alla fine conta solo il proprio istinto. Non so come e perché, ma quando si scatena questo tipo di istinto, che ha poco di umano, il bersaglio nella storia sono gli ebrei.
Questa sentimento passa dall'estrema destra all'estrema sinistra, ma trova scarsa coscienza in tutti, salvo in chi appunto non abbia ragioni specifiche di ricordo. Ringrazio, dunque, il Ministro Gelmini per le iniziative che ha illustrato e che hanno lo scopo di non dimenticare e di educare, perché senza educazione le cose si ripetono.

MARIA LETIZIA DE TORRE. Rivolgo un ringraziamento al Ministro, perché continua a portare avanti tutte le iniziative nate anche nei Governi precedenti, che ha bene illustrato e che credo siano molto importanti in un momento delicato come questo, in cui stanno venendo meno i testimoni diretti della Shoah. Occorre, pertanto, ritrovare le modalità per trasmettere in modo significativo ai ragazzi quello che queste persone hanno vissuto.
In questa Giornata così importante della Memoria - i colleghi lo hanno già sottolineato - fare memoria non è tutto. Come ha detto, infatti, l'onorevole Nirenstein, tutto ricomincia di nuovo: ad esempio nel momento in cui si chiude un sito, lo stesso viene riaperto da un'altra parte.
Purtroppo, di siti simili ne abbiamo anche in Italia, e non sono solo antisemiti, ma parlano di eugenetica e arrivano a scrivere che oltre a punire gli ebrei, occorrerebbe punire i genitori che hanno avuto figli disabili. Ne cito uno per tutti, si chiama Lombardus.
Di fronte a situazioni di questo genere, occorre reagire non solo attraverso la memoria, e per questo è importante il ruolo della scuola. Per fare ciò - sono d'accordo con il concetto proposto dall'onorevole Farina - occorre che ci sia dentro la scuola, nel sistema della conoscenza e dell'università, un'educazione alla convivenza e - adesso io dico così, ma mi sembra che non sia neanche esaustivo - a un nuovo umanesimo, che veda negli altri appunto, come ha detto l'onorevole Farina, delle persone e non degli oggetti o altro.
È importante che il nostro sistema scolastico non sia solo funzionale ad avere persone più preparate, ma abbia come priorità quella di formare persone capaci di questo nuovo umanesimo.
Pertanto, credo che bisognerebbe fare un passaggio, che non consiste solo nell'avere delle giornate che mettano il punto su questi aspetti. Occorre, infatti, che intrinsecamente il nostro sistema di educazione e istruzione abbia dentro tutto ciò, e che questo aspetto tocchi il contenuto delle materie. Non parlo solo della storia, sebbene occorra garantire verità e completezza nell'insegnamento della storia - e non è ancora così - ma anche di altre materie, ad esempio quelle scientifiche.
Occorre che l'università - lei, Ministro, ha opportunamente avviato una modalità diversa di formazione dei docenti, che raccoglie anche quello che il Partito democratico aveva proposto a suo tempo - faccia entrare questa dimensione nella formazione dei docenti, non solamente attraverso un corso sulla Shoah.
Quello che sto per dire parte da qualcosa di particolare, ma la risposta vorrebbe essere più universale e completa. In Commissione cultura abbiamo svolto un'indagine sulla presenza di


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alunni immigrati nelle scuole, e vorremmo concluderla arrivando a proporre che vi siano delle modalità e dei fondi dedicati proprio alla preparazione della scuola a questo aspetto, con il coinvolgimento dell'università.
Occorre che l'attenzione su questi temi sia sempre alta, quindi sono sicura che il Ministro accompagnerà questo lavoro della Commissione, che faremo congiuntamente.

ENRICO PIANETTA. Anch'io voglio ringraziare il Ministro per il suo intervento. Voglio sottolineare in particolare le tante iniziative e il grande impegno qualificato del Ministero.
Non c'è dubbio, infatti, che l'antisemitismo si combatte con la formazione, l'educazione e con la capacità di informare tutti, partendo dai docenti e arrivando agli allievi.
Mi ha colpito indubbiamente - anche perché è un fatto noto - l'episodio relativo all'università. Ha fatto bene il Ministro a definire certe università come ricettacoli di antisemitismo. Credo che questo fatto ci debba far rabbrividire, e noi, presidente, dobbiamo lavorare molto su questo aspetto, perché non c'è dubbio che l'antisemitismo in questa nostra Europa, purtroppo, sta ancora alzando la testa. È un mostro tremendo, nei confronti del quale noi non possiamo abbassare la guardia.
Un punto importante risiede proprio nella formazione, fin dai momenti iniziali della vita, quindi nell'informazione e nell'educazione dei bambini, da svolgere attraverso degli episodi concreti, che facciano capire veramente l'orrore di ciò che si è verificato con l'Olocausto, in modo tale che ci sia la capacità di prevenire. Presidente, vorrei ricordare un episodio, che ho già ricordato nell'Aula del Senato qualche anno fa. Si tratta di un episodio tragico e orrendo, che credo debba essere elemento di diffusione, anche nel nostro Paese.
Alla macchina della morte servivano giovani cavie, per effettuare assurdi esperimenti sulla tubercolosi, e il dottor Mengele, per scegliere dei bambini, disse: «chi vuole vedere la mamma, faccia un passo avanti». Venti bambini furono sottoposti ad esperimenti inutili e a sofferenze disumane. Dopo mesi, Mengele e i suoi criminali colleghi decisero di sopprimerli. Li fecero trasferire alla scuola di Bullenhuser Damm e poi impiccare. Quei corpicini, con i segni delle atroci sofferenze, furono poi bruciati per non lasciare tracce. Venti bambini di questa nostra Europa, tra i quali anche Sergio De Simone, di Napoli.
Credo che questi episodi, che fanno rabbrividire le nostre coscienze, debbano essere messi veramente alla conoscenza di tutti, anche per poi ricordare le parole di Anna Frank: «Odo sempre più forte l'avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure. Partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure quando guardo il cielo penso che tutto volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l'ordine, la pace e la serenità».
Questi sentimenti, che offendono veramente la dignità umana, debbono essere mostrati alle giovani generazioni e quindi credo che questo Comitato debba lavorare in questo senso.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Pianetta. Non posso fare a meno di collegare l'immagine che lei ci ha offerto, di questi bambini impiccati, a quella frase di Elie Wiesel che dice: «Quando mi chiedo dov'è Dio di fronte a questo spettacolo, mi rispondo che Dio è lì, appeso, impiccato a quella corda, in un campo di concentramento».

PAOLO CORSINI. Innanzitutto, voglio ringraziare la signora Ministro, per la sua presenza e per le informazioni che ci ha offerto nel corso della sua comunicazione. Sono molteplici gli spunti che potrebbero essere tratti dalle informazioni e delle valutazioni che il Ministro Gelmini ci ha proposto. Io mi limiterò semplicemente a due brevissime considerazioni.
La nostra generazione ha un problema, che in più occasioni è stato richiamato da un valente storico, David Bidussa, ovvero


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come perpetuare la memoria della Shoah, quando sarà sostanzialmente esaurita la generazione di quanti della Shoah furono vittime e dunque testimoni. Infatti, il testimone è per definizione sempre un monumento, ed è un ammonimento. In latino le due parole monumentum e monitus presentano esattamente la stessa origine etimologica. Quindi, sotto questo profilo, il tema della scuola e cioè - uso una parola un po' fredda e persino equivoca - della istituzionalizzazione della memoria è fondamentale.
Quando verrà meno la presenza del ricordo e della reminiscenza, avrà valore la memoria, che è un fatto pubblico, comunitario e ha una valenza etica.
La differenza fra memoria, reminiscenza e ricordo consiste esattamente in questo, vale a dire il trascendimento dalla dimensione puramente individuale e personale e l'approdo invece ad un livello pubblico e comunitario.
Sotto questo profilo, la scuola dovrà garantire appunto la durata e la riproduzione di questa memoria, tanto verso il passato, ma, se la memoria è un fatto etico e dunque la possibilità dell'espressione di un giudizio, anche nei confronti delle forme permanenti e sempre risorgenti di razzismo antisemita.
C'è un secondo aspetto che assegno al ruolo della scuola, e sarei molto grato al Ministro se potesse, negli orientamenti che vengono proposti, tener conto di questa considerazione.
So che la signora Ministro ha una interlocuzione con il professor Luciano Corradini, e sarei molto soddisfatto se ella vorrà dare prosieguo alle suggestioni che il professor Corradini offre, perché egli è un esperto della formazione e dell'educazione civica, dal valore non puramente curriculare.
Vorrei sottolineare un altro aspetto che mi interessa, dal punto di vista del ruolo della scuola. La scuola, nella promozione e perpetrazione di questa memoria, è un luogo nel quale è opportuna la formazione ai valori educativi dell'antifascismo. Infatti, il razzismo antisemita in Italia ebbe una sua solidificazione legislativa, per l'appunto, in seguito alle iniziative in un regime politico e di una ideologia politica. Questo evidentemente si accompagna alla valorizzazione dei valori costituzionali. Essere «anti-antisemiti» significa essere ancorati al patriottismo della Costituzione.
Infine, visto che il collega Pianetta ha opportunamente citato Anna Frank, credo che sarebbe opportuno che non solo il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ma anche il suo collega Ministro dell'interno, vigilassero su alcune iniziative, che giudico a dire poco vergognose, che sono state assunte in alcuni paesi del Veneto, in cui il diario di Anna Frank viene sostanzialmente eliminato dalle biblioteche pubbliche e scolastiche perché ritenuto da talune amministrazioni municipali un libro diseducativo, provocatorio e non adeguato alla ricezione da parte di giovani studenti. Credo che ciò sia uno scandalo e una vergogna.

PAOLA GOISIS. Al di là dei ringraziamenti, che sono stati fatti da tutti i colleghi, volevo dire che oggi siamo presenti qui perché è un dovere esserci. Certo, i tanti impegni sul territorio hanno indotto molti nostri colleghi a non essere presenti. D'altra parte, qui oggi siamo per la maggior parte esponenti della Commissione cultura, proprio perché riteniamo fondamentale la nostra presenza, visto che svolgiamo questo ruolo così importante.
Voglio esprimere, però, un sentimento quasi di stupore e nello stesso tempo di sgomento, che ho provato questa mattina, sentendo l'intervento del Ministro, laddove ha parlato del fatto che sono stati proposti diversi corsi di formazione per gli insegnanti. La cosa mi ha veramente sgomentato, perché sentire il bisogno di fare corsi di formazione per insegnanti, vuol dire che nella nostra scuola ci troviamo in una situazione veramente grave.
Vuol dire che ci sono ancora degli insegnanti, che hanno bisogno di conoscere e di sentire discorsi su questo argomento. Io ritengo che sia compito di ogni insegnante avere una formazione tale per cui non si possa non conoscere una


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realtà come quella della Shoah, e di quello che è accaduto durante la seconda guerra mondiale.
Naturalmente, faccio un plauso al Ministro, che ha avvertito questa esigenza. Io confesso di non averla avvertita ed è per questo che provo questo grande sgomento.
Vorrei fare una proposta, ovvero che in tutti i corsi di formazione o rivolto a qualunque studente universitario in qualsiasi disciplina (ingegneria, architettura od ogni altra disciplina) siano previsti anche studi umanistici. Se siamo arrivati, nel 2011, a dover fare corsi di formazione su questi temi, ciò significa che sussiste una grave carenza del corpo insegnante, che non è assolutamente accettabile.
L'onorevole Corsini, purtroppo, mi «tira per i capelli», perché la questione del libro di Anna Frank bisogna conoscerla bene, prima di parlare e di lasciare delle affermazioni agli atti della Commissione. La questione è ben diversa e legata a un fatto specifico. Era stata presentato, in una scuola elementare, il brano del momento di sentimento - chiamiamolo così - tra i due ragazzi, Anna Frank e il giovane che era con lei nella soffitta. Quindi, quell'iniziativa non era tanto rivolta contro il libro in sé, quanto verso una situazione specifica. Chi ha fatto quelle considerazioni aveva ritenuto - è venuto fuori anche sui giornali - che forse quell'episodio non era adatto a bambini delle elementari.
Dico questo per chiarire bene la realtà della situazione.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola al Ministro, vorrei svolgere solo qualche considerazione, perché moltissimi aspetti sono già stati affrontati dai colleghi.
Poiché la mia famiglia - come immagino anche quella dell'onorevole Levi, e di quanti altri colleghi ebrei ci possano essere nel nostro Parlamento e in ogni casa in questa nostra nazione - è stata colpita direttamente e in maniera molteplice durante la Shoah, con molti morti, molte fughe e molto sentimento personale, noi siamo cresciuti nella memoria della Shoah. Tale memoria ci ha insegnato tutto, il rispetto dell'altro, del diverso e ogni cosa che sappiamo. Questo lo lascio intuire ai colleghi e mi auguro che questa memoria seguiti ad avere tale funzione, ovvero quella di una grande scuola di civiltà, di cultura e di amore verso il prossimo.
Noi viviamo in un mondo che dovrebbe essere basato sulla memoria. Le Nazioni Unite, che nascono sulle ceneri della Shoah, hanno una convenzione fondamentale contro il genocidio e l'incitamento al genocidio. In altre parole, gli Stati che fanno parte dell'ONU sono obbligati dalla legge internazionale a sanzionare chiunque tenti, compia o comunque inciti al genocidio.
Ebbene, da allora, noi abbiamo avuto vicende come quelle del Darfur, del Ruanda, della Cambogia, i tentativi di genocidio da parte dei serbi verso i bosniaci, la situazione del Tibet, e chi più ne ha più ne metta. L'ONU è fallito, così come il reato di incitamento al genocidio non viene perseguito, benché Ahmadinejad, il presidente iraniano, insieme ad Hamas e agli Hezbollah, incitino tutti i giorni allo sterminio degli ebrei.
«Israele è un albero ammarcito che deve essere sradicato», «gli ebrei sono la tabe dell'umanità con la loro congiura per conquistare il mondo, insieme agli Stati Uniti, e per distruggere il mondo annegandolo in un lago di sangue». Queste sono frasi citate, di cui purtroppo abbiamo ormai una collezione e che non sono state scritte nel segreto di una stanza, ma pronunciate di fronte all'Assemblea dell'ONU. Tutto questo deve finire. L'incitamento ad uccidere oggi gli ebrei, a farne strame, ad eliminarli in uno sterminio rinnovato, deve finire.
Il nostro compito, quello della memoria, non può essere altro che di combattere questa terribile caratteristica dei giorni nostri, ovvero l'incapacità di affrontare il tema dell'incitamento al genocidio. Contro di esso possiamo lavorare, fare delle leggi e operare in maniera che il Parlamento italiano possa incidere in questo senso. Personalmente, vorrei decisamente


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che il nostro Comitato si impegnasse su questo tema. Penso che sia un dovere fondamentale.
Ebbene, poiché questi argomenti si collegano all'uso sconsiderato e folle del tema di Israele e del sionismo, vorrei chiedere al Ministro che nelle scuole si insegni anche cos'è il sionismo e che cosa è Israele, perché c'è un completo fraintendimento di queste due parole. I ragazzi lo ignorano, così come ignorano la storia del mondo ebraico e della Shoah.
Do la parola al Ministro Gelmini per la replica.

MARIASTELLA GELMINI, Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Ho ascoltato con grande interesse gli interventi dei colleghi, che hanno messo in luce aspetti importanti.
Penso, per esempio, al tema dei nuovi strumenti che la scuola può impiegare per combattere l'antisemitismo. L'onorevole Goisis citava il regolamento sulla formazione iniziale, ma io credo che anche il riordino dell'istruzione superiore e quindi la riformulazione dei programmi, con l'attenzione, nel programma di storia, al Novecento e a questa tematica in particolare, rappresentino un elemento fondamentale. Infatti, in molti casi, purtroppo, i ragazzi non sono stati messi nelle condizioni di conoscere la storia del Novecento. Si arrivava a concludere l'anno, senza aver approfondito questo periodo storico.
L'altro veicolo per diffondere la cultura di un nuovo umanesimo è anche l'educazione alla cittadinanza, che incrocia le ore di storia e di italiano. Quindi, raccolgo l'invito dell'onorevole Corsini ad avvalermi sempre del professor Corradini, che conosco da tempo e stimo, e che presiede al Ministero una Commissione sull'educazione alla cittadinanza.
Ritengo che ciò che fa la differenza è la continuità, ovvero il fatto che periodicamente, con una certa sensibilità da parte degli insegnanti, ma anche continuità nei programmi, si discuta di questo tema e quindi si favorisca una sensibilizzazione da parte degli studenti stessi, non solo il 27 di gennaio. Credo che possano essere moltissime le occasioni per affrontare questa tematica nelle scuole, anche dal punto di vista del sionismo. Questo è un aspetto più storico e politico, che presenta delle criticità, perché è evidente che implica poi una posizione anche politica da parte dell'insegnante.
Tuttavia, certamente, con le dovute cautele, questo è un altro elemento formativo della cultura di un ragazzo che dobbiamo assolutamente garantire.
In ogni caso, esprimo tutta la mia disponibilità a tornare - se il Comitato lo riterrà opportuno - per relazionare su quanto continueremo a fare su questo tema.

PRESIDENTE. Ringrazio sentitamente la signora Ministro per quello che ci ha esposto oggi e per queste conclusioni così impegnative e importanti, nonché tutti i colleghi per la presenza.
Augurando a tutti una pensosa Giornata della Memoria, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 10,10.

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