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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissioni Riunite
(I e V)
2.
Mercoledì 17 ottobre 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Occhiuto Roberto, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE C. 5520 GOVERNO RECANTE CONVERSIONE IN LEGGE DEL DL 174/2012: DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI FINANZA E FUNZIONAMENTO DEGLI ENTI TERRITORIALI, NONCHÉ ULTERIORI DISPOSIZIONI IN FAVORE DELLE ZONE TERREMOTATE NEL MAGGIO 2012

Audizione di rappresentanti dell'Unione delle province d'Italia (UPI):

Occhiuto Roberto, Presidente ... 2 4 6 7 10 11 12
Alfano Gioacchino (PdL) ... 7
Cambursano Renato (Misto) ... 10
Giovanelli Oriano (PD) ... 10
Lacorazza Piero, Presidente della provincia di Potenza ... 2 6 7 11
Molgora Daniele (LNP) ... 7
Moroni Chiara (FLpTP) ... 12
Rosati Antonio, Assessore alle politiche finanziarie e di bilancio della provincia di Roma ... 4
Serao Francesco, Assessore al bilancio e alle risorse strategiche della provincia di Napoli ... 6
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL.

COMMISSIONI RIUNITE
I (AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI) E V (BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE)

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 17 ottobre 2012


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DELLA V COMMISSIONE ROBERTO OCCHIUTO

La seduta comincia alle 13,35.

(Le Commissioni approvano il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Unione delle province d'Italia (UPI).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva nel quadro dell'esame del disegno di legge C. 5520 Governo recante conversione in legge del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, che introduce disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012, l'audizione di rappresentanti dell'Unione delle province d'Italia (UPI).
Sono presenti Piero Lacorazza, presidente della provincia di Potenza, Antonio Rosati, assessore alle politiche finanziarie e di bilancio della provincia di Roma, Francesco Serao, assessore al bilancio e alle risorse strategiche della provincia di Napoli, Piero Antonelli, direttore generale dell'UPI, Marco Iacobucci, ragioniere capo della provincia di Roma, Luisa Gottardi e Gaetano Palombelli, funzionari dell'ufficio studi dell'UPI e Barbara Perluigi, capo ufficio stampa dell'UPI, che ringrazio per essere intervenuti.
Do la parola, in rappresentanza dell'UPI, al presidente della provincia di Potenza, Piero Lacorazza.

PIERO LACORAZZA, Presidente della provincia di Potenza. Ringrazio il presidente e i commissari. Alla fine di questo mio breve intervento e di quello dell'assessore della provincia di Roma Rosati, consegneremo un documento con proposte di emendamenti al decreto-legge in esame, e relative motivazioni, che riguardano, in particolare, due aspetti: il primo attiene alla funzione e al ruolo delle autonomie locali, soprattutto delle province; il secondo - con riferimento alla vicenda molto più delicata di queste ore - concerne i bilanci dei nostri enti.
Sul primo aspetto, vista la situazione attuale, vorremmo sottolineare che appaiono snaturate la funzione e l'autonomia degli enti locali, nonostante il loro condivisibile e necessario sforzo di produrre il massimo della trasparenza, della qualità della scelta e del lavoro sulle proprie risorse e sui propri bilanci. Riteniamo, infatti, che l'idea di trasformare il ruolo di collaborazione della Corte dei conti in una funzione volta a svolgere controlli preventivi e di legittimità sia un eccesso rispetto alle funzioni che gli enti e le stesse autonomie locali esercitano.
Sottolineo questo aspetto, perché ci sembra che si possa continuare - così come è accaduto - a svolgere un ruolo di collaborazione con la Corte dei conti. Tuttavia, se a questo dovessimo unire la presidenza dei collegi dei revisori dei conti in qualche modo di nomina ministeriale, ci troveremmo di fronte a più di una norma


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che ricentralizza tutta la nostra storia e la nostra tradizione delle autonomie locali, intervenendo anche - lo dico con un pizzico di amarezza - rispetto allo stesso quadro costituzionale del Paese, soprattutto con riferimento alle questioni che ci riguardano. Questo è un aspetto della nostra audizione che non vorrei si sottovalutasse.
La seconda questione riguarda la vicenda finanziaria. Nel decreto-legge in esame si trasformano i 500 milioni di euro di taglio ai comuni - poi tornerò su questo punto - in una somma che vale ai fini della riduzione del debito. Questa è una scelta legittima che, però, dal nostro punto di vista, non appare equa per alcune ragioni. Innanzitutto, quando il decreto-legge n. 95 del 2012 - relativo alla cosiddetta spending review - è stato concepito, noi abbiamo avuto lo stesso taglio dei comuni, cioè 500 milioni di euro. Faccio notare che anche rispetto al taglio di 500 milioni di euro a comuni e province, ci troviamo di fronte a una prima sperequazione. In realtà, nella storia delle riduzioni dei trasferimenti, il rapporto tra noi e i comuni è sempre stato di un quinto, di un sesto o di un settimo. Inoltre, se dovessimo approfondire quelli che vengono definiti «consumi intermedi» di comuni e province, scopriremmo che i comuni hanno consumi intermedi pari a 25 miliardi di euro e le province pari a 3,7 miliardi di euro. Insomma, il rapporto tra province e comuni è di uno a sette. Difatti, la stessa valutazione vale per la spesa corrente: abbiamo 51 miliardi di euro di spesa corrente per i comuni e 8,4 miliardi di euro per le province, quindi siamo a un rapporto di un settimo tra province e comuni, valutando consumi intermedi e spesa corrente.
Invece, il taglio apportato dalla cosiddetta spending review poneva un rapporto di uno a uno, con 500 milioni di euro di tagli sia per le province sia per i comuni. In più, in questo decreto, per i comuni, la decurtazione si trasforma da taglio dei trasferimenti in riduzione del debito. Siamo, quindi, a un secondo livello di sperequazione.
Aggiungo che vorrei che si affrontasse - come è accaduto anche nel rapporto in sede tecnica con la Ragioneria generale dello Stato - il merito dei numeri dei bilanci delle province. Ci troviamo, infatti, con calcoli di consumi intermedi fatti su costi e spese incomprimibili, a partire dalle funzioni delegate. Non è possibile immaginare di rendere comprimibile un costo quando le province, peraltro molto diverse in Italia, vengono delegate dalle regioni a svolgere la funzione, per esempio, del trasporto pubblico con risorse delegate, che si considerano, appunto, comprimibili; lo stesso discorso vale per la formazione. La gran parte delle province ha delle deleghe dalle regioni (peraltro, le risorse provengono dal Fondo sociale europeo, quindi si tratta di fondi comunitari), ma queste voci si considerano come consumi intermedi, anche se di fatto sono spese incomprimibili.
Abbiamo più volte sottolineato questi aspetti. È presente anche l'onorevole e presidente della provincia di Napoli, Cesaro, che sa bene che la Campania, con le deleghe ricevute dalla legge nazionale rispetto al tema dei rifiuti, si trova nel paradosso di avere una competenza, cioè di avere risorse, che sono, però, computate nei consumi intermedi. Questo aspetto si aggiunge, quindi, alla questione del rapporto tra noi e l'ANCI, che appare insostenibile dal punto di vista dei tagli.
Un ulteriore elemento, che sottolineo perché è contenuto nel documento che depositiamo agli atti, riguarda il calcolo dei consumi intermedi, che non assume - in termini di equità - la direzione del riequilibrio tra le province. A questo proposito, c'è un grande tema che andrebbe affrontato, a partire dalla legge n. 42 del 2009, che prevedeva fondi di riequilibrio e fondi di perequazione. Non è possibile immaginare che i tagli siano uguali, a prescindere dai rapporti e dalle dinamiche che intercorrono tra le diverse province in termini di capacità di entrate. Inoltre, nei consumi intermedi non viene, per esempio, considerato l'intervento 5 del Titolo I della spesa corrente.


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Può accadere che in una stessa regione - parlo della mia, la Basilicata - ci si trovi nella condizione che una funzione delegata dalla regione sia gestita attraverso gli uffici di una provincia come consumo intermedio, mentre, in un'altra provincia, la stessa funzione delegata sia gestita da un'agenzia o da una società e non sia contemplata come consumo intermedio. Siamo, cioè, di fronte a una difficoltà di gestione, di relazione e anche di individuazione dei consumi intermedi.
Per concludere vorrei riepilogare alcune nostre proposte e alcuni suggerimenti.
In sede di Conferenza Stato-Città abbiamo detto al Governo che siamo disponibili a dare il nostro contributo, ma 500 milioni di euro di tagli sono insostenibili. Chiediamo, quindi, una riduzione del taglio previsto a 400 milioni. In più, chiediamo che i 100 milioni di euro previsti dalla cosiddetta spending review, che ci venivano dati a riduzione del debito, siano definiti senza vincolo di destinazione. In sostanza, chiediamo 100 milioni di euro in meno di taglio e 100 milioni di euro previsti dalla spending review non a riduzione del debito, ma senza vincolo di destinazione. In questo modo, le province potrebbero utilizzare tali risorse a riduzione del debito o a diminuzione dei trasferimenti.
Per quanto ci riguarda, siamo pronti ad affrontare una scelta di questo tipo. Aggiungo che, a fronte di questi ragionamenti, ci troveremo, nel 2013, con un aumento del taglio da un miliardo di euro, com'era previsto, a 1,2 miliardi di euro. Ci sono, quindi, 200 milioni di euro in più nel 2013, nonostante i 500 milioni di euro citati siano già insostenibili per l'anno in corso.
Consegniamo agli atti, quindi, questi emendamenti.
Passerei ora la parola all'assessore Rosati della provincia di Roma, che aggiungerà qualche elemento di valutazione.

PRESIDENTE. Vorrei segnalare al presidente della provincia di Potenza Lacorazza che apprezziamo il fatto che abbia utilizzato questa audizione sul decreto-legge concernente gli enti territoriali per intervenire anche sulla legge di stabilità 2013. Vorrei dire, però, a quanti interverranno - in particolare agli assessori al bilancio delle province di Roma e di Napoli - che l'oggetto dell'audizione odierna è il decreto-legge n. 174 del 2012 concernente gli enti territoriali, che dovremo esaminare nei prossimi giorni. Capisco che ci siano altri problemi e che voi opportunamente li segnaliate, ma vi prego di restare sul tema oggetto dell'audizione.
Do ora la parola all'assessore al bilancio della provincia di Roma Rosati.

ANTONIO ROSATI, Assessore alle politiche finanziarie e di bilancio della provincia di Roma. Signor presidente, il decreto in esame contiene due parti, quella sui controlli e quella sulla finanza, che sono inscindibili. Per questo parliamo di bilancio. Penso che siamo tutti d'accordo su questo aspetto.
Vorrei soltanto aggiungere due nodi abbastanza problematici. Queste Commissioni riunite hanno una grande responsabilità. Siamo, di fatto, alle porte di un auspicabile ridisegno del federalismo, che il nuovo Parlamento chiamerà in qualche modo. In ogni caso, il federalismo che abbiamo conosciuto è morto: siamo, quindi, a un bivio.
Sono presenti molti onorevoli che sono stati anche amministratori locali. I 500 milioni di euro di tagli sul PEG (Piano esecutivo di gestione), che è lo strumento con cui facciamo i bilanci «in corsa», comportano una riduzione di 500 milioni di euro sulle province, appunto, sul bilancio 2012 «in corsa». Ora, le province sono dieci volte più piccole, in termini di bilancio, dei comuni. In sostanza, mancano tre mesi alla fine dell'anno e tagliamo 500 milioni di euro. A questo punto, abbiamo un'alternativa. Questo è un aspetto molto importante, per cui spero di essere chiaro. Siccome le province tra tre mesi devono chiudere, siamo di fronte a un dilemma: con questo taglio molte amministrazioni andrebbero in default, per cui queste faranno ricorso all'avanzo d'amministrazione.


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In questo modo, però, sforeranno il Patto di stabilità interno. Quindi, vi è un dilemma generalizzato: o sforiamo il Patto di stabilità interno o mandiamo in dissesto l'ente. Siccome credo che non ci sarà mai un presidente o un assessore al bilancio, sani di mente, che possano mandare in default l'ente - anche perché le misure per evitare i default sono state giustamente e opportunamente inasprite - di fronte a questa scelta dovremo utilizzare gli avanzi. Voi sapete che gli avanzi di amministrazione, ormai, vengono utilizzati per abbattere il debito. Di conseguenza, abbiamo un doppio danno. Quest'anno, cioè nel 2012, le province hanno già abbattuto il debito per 200 milioni di euro. A fine anno, come dicono i dati in nostro possesso, le province potrebbero abbatterlo fino a 500 milioni di euro. Tuttavia, se dovessimo applicare gli avanzi per non andare in default, avremmo una doppia contraddizione.
Pochi giorni fa, in audizione, il Governo ci ha ricordato di essere previdenti e di avere misure per i pagamenti a 30 giorni. A quel punto, siamo sobbalzati e ci siamo permessi di far presente che le misure per i pagamenti a 30 giorni sono già in essere, anche perché dal 2009 vi sono apposite norme dello Stato che le prevedono. C'è, però, una contraddizione che nessuno ha chiarito. Infatti, se paghiamo a 30 giorni, con i tetti che abbiamo, sforiamo il Patto di stabilità interno. L'alternativa è, dunque, non pagare a 30 giorni. In questo modo, mettiamo a rischio il sistema delle province - che prevalentemente fa investimenti, cioè spese del Titolo II (guardo l'onorevole Giovanelli, che sa bene di cosa parlo) -, perché sforiamo il Patto, non paghiamo le imprese e non recuperiamo l'IVA.
Pensate alla somma dei danni. Ci vengono chiesti 500 milioni di euro; andiamo in default; non paghiamo le imprese; non arriva l'IVA; infine, applicheremo gli avanzi per non andare in default, con un danno ben superiore ai 500 milioni di euro di tagli. Questa è una contraddizione incredibile, perché, alla fine, scopriremo che questa operazione, così come è stata pensata, procurerà allo Stato ben oltre i 500 milioni di euro di tagli previsti. Basti pensare all'IVA che stiamo perdendo, ma anche a tutti gli avanzi che non potremo applicare.
Il Governo ha proposto di darci 100 milioni di euro per l'abbattimento del debito. Questi, però, non ci servono, perché lo abbiamo già abbattuto di 200 milioni di euro quest'anno. Allora, facciamo noi una proposta. Non vogliamo i 100 milioni di euro destinati all'abbattimento del debito, ma per far fronte ai tagli, in modo che da 500 milioni di euro si passi a 400 milioni, che sarebbe cosa buona e giusta. Peraltro, vorrei evidenziare che per molte province quei 100 milioni di euro significano pagamenti per le imprese. Non servono per fare sagre, ma per pagare gente che ha eseguito dei lavori.
Mi permetto, inoltre, di ricordare la grande vicenda dell'IPT (Imposta provinciale di trascrizione), di cui abbiamo già parlato, come sa bene l'onorevole Molgora che è qui presente. Nel frattempo, in questo Paese, così singolare e fantasioso, le province a statuto ordinario devono ovviamente applicare le norme. Ora, sapete che l'imposta di trascrizione è una classica una tantum per i cittadini, ma è un intervento significativo per le grandi aziende di noleggio, per cui le province a statuto ordinario hanno posto la tariffa base.
Tuttavia, siccome Trento, Bolzano e Aosta, con i loro statuti di rango costituzionale, possono derogare, abbiamo due distinti regimi fiscali in questo Paese. Infatti, a Bolzano, Trento e Aosta si sta immatricolando al di sotto della tariffa base prevista dalla legge, cosa che noi non possiamo fare. A questo proposito, vi portiamo un dato impressionante, che consegniamo alle Commissioni. Il Governo si era impegnato con noi a riequilibrare non tanto sul piano economico, ma quanto meno a livello di Patto di stabilità interno. Per quanto ci riguarda, proponiamo, infatti, di riequilibrare a livello di Patto di stabilità interno Trento, Bolzano e Aosta, che quest'anno hanno incassato qualcosa come 120 milioni di euro in più secondo


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i dati ufficiale dell'ACI. Per esempio, nel raffronto tra il 2011 e il 2012, Trento passa al 15.428 per cento in più di immatricolazioni; Bolzano al 50.395 per cento in più e Aosta al 350 per cento in più di immatricolazioni. Assistiamo, insomma, a un trasferimento di ricchezza impressionante, ma, poi, queste automobili girano nelle province a statuto ordinario, non a Bolzano o a Trento. Del resto, con 60.000 automobili a Bolzano si determinerebbe un intasamento fisiologico.
Siamo di fronte a una mostruosa contraddizione. Credo che questo sia un dato impressionante. Tuttavia, non pretendiamo i soldi, perché capiamo che dovremmo toglierli a Bolzano e quant'altro. Vi preghiamo, però, di provvedere a un riequilibrio del Patto di stabilità interno. A questo punto, uno Stato serio peggiorerebbe l'obiettivo di Trento, Bolzano e Aosta, visto che hanno incassato moltissimi soldi, e lo migliorerebbe per il sistema delle province a statuto ordinario. Questo sarebbe davvero il minimo per uno Stato che abbia ancora un po' di dignità.
Credo di aver toccato i punti più importanti. Aggiungo solo un aspetto, sul quale il Governo ci ha lasciato basiti. Come sapete, negli ultimi sette anni su 100 euro di investimenti pubblici (non mi dilungo sul loro significato in termini di volàno) noi enti locali ne facevamo 65. Poi, siamo passati a 60. Negli ultimi cinque anni siamo scesi a 55. Oggi, invece, ne facciamo 43. Nel contempo, il sistema degli investimenti pubblici dello Stato si è fermato, per cui in Italia - basta guardare il diagramma degli investimenti - stiamo crollando miseramente.
Con un taglio di 1,2 miliardi di euro per il prossimo anno, la nostra istituzione più importante, cioè le scuole superiori, non avrà la manutenzione. Personalmente, faccio l'amministratore da tanti anni. Oggi sono presenti persone care, che conosco da anni e che sanno che non sono abituato a fare demagogia, che è uno stile che aborro. Ho 55 anni e mi occupo di finanza pubblica da 30. Se vi dico che il prossimo anno ci saranno province con i ragazzi al freddo, sto dicendo la verità. Potete credermi sul mio onore. Speriamo, dunque, che il Governo non ponga la fiducia, perché con piccoli accorgimenti potete dare un grande respiro non tanto al sistema delle autonomie, che non significa niente, ma ai nostri territori.

PRESIDENTE. Grazie, assessore Rosati. Do ora la parola all'assessore al bilancio della provincia di Napoli, Francesco Serao.

FRANCESCO SERAO, Assessore al bilancio e alle risorse strategiche della provincia di Napoli. Vorrei richiamare l'attenzione su alcuni dati presenti nella documentazione che ha depositato l'UPI, da cui si evince - con riferimento alle province - che Napoli riceve un taglio di 45 milioni di euro per l'anno 2012, contro i 27 milioni di Roma, i 26 milioni di Torino e i 19 milioni di Milano. Questo accade solo in virtù del fatto che abbiamo due spese particolari, dovute per legge, che vengono conteggiate nei consumi intermedi. Mi riferisco alle cooperative cosiddette «ex detenuti», competenza che ha solo la provincia di Napoli, e il segmento che riguarda il ciclo dei rifiuti solidi urbani, che fu un «regalo» della regione alle province della Campania e che ammonta a 111 milioni di euro.
Se depuriamo queste cifre dal calcolo dei consumi intermedi, siamo in linea con tutte le altre province e contribuiremo per la nostra parte. Chiedo, pertanto, di prestare attenzione a questa anomalia che riguarda un'unica provincia su 110.

PRESIDENTE. Non è l'unica, perché c'è anche la provincia di Caserta.

FRANCESCO SERAO, Assessore al bilancio e alle risorse strategiche della provincia di Napoli. Per i rifiuti, sì. Invece, per i detenuti, c'è solo la provincia di Napoli a fregiarsi di questo onore.

PIERO LACORAZZA, Presidente della provincia di Potenza. Lei eccepiva...

PRESIDENTE. Non eccepivo nulla. Avete presentato un documento che consideriamo


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molto importante. Rilevavo solo che la maggior parte delle proposte emendative che suggerite sono giustamente riferite alla parte del decreto che riguarda i controlli e la Corte dei conti. Peraltro, anche lei, nella sua audizione, all'inizio si è soffermato soprattutto su questo. Poi, invece, avete - giustamente e legittimamente - puntato la vostra attenzione sulla parte del decreto in esame riferibile all'articolo 8, facendo rilevare questioni che normativamente appartengono più alla legge di stabilità. Infatti, la norma sui 500 milioni di euro sarà ripetuta, appunto, nella legge di stabilità. Rilevavo solo questo. Poi, è chiaro che ciascuno di voi ha titolo a rappresentarci le cose così come le vive sul territorio.

PIERO LACORAZZA, Presidente della provincia di Potenza. Signor presidente, la gran parte degli emendamenti riguardano proprio il tema della Corte dei conti, la questione concernente la Guardia di finanza e così via. Dopodiché, il punto fondamentale è vivere. Siccome siamo nell'aula della Commissione bilancio e c'è un punto sulla conversione dei 500 milioni di euro da taglio a riduzione del debito, se permette, in questa condizione, sottolineiamo anche questo aspetto, che è per noi rilevante.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

GIOACCHINO ALFANO. Vorrei che i rappresentanti dell'UPI mi ascoltassero, perché ho notato che sull'intervento dell'assessore della provincia di Napoli non c'è stata la dovuta attenzione.
Nelle audizioni non c'è il Governo, comunque abbiamo un Governo che ha una posizione terza rispetto alla maggioranza. Da ultimo, abbiamo approvato in Commissione bilancio un parere riferito al decreto-legge n. 158 del 2012, in materia di sanità, che ha visto la maggioranza con posizioni abbastanza eterogenee da parte dei singoli parlamentari. Siccome si ripropone questa esperienza, visto che abbiamo parlamentari presidenti di provincia rivolgo una domanda all'UPI, al di là delle giuste riflessioni del presidente.
Nell'ambito delle vostre riflessioni, la provincia di Napoli pone una questione che è madre di tutte le altre. Avendo fatto il sindaco posso dire che all'interno del calcolo dei tagli, che sono insostenibili per le province e che comportano una dichiarazione di dissesto, c'è un errore nell'errore, perché - tra l'altro - stranamente, alcune attività sono state trasferite ad alcune province della stessa regione con differenti appostazioni in bilancio. È il caso della provincia di Napoli e di quella di Benevento. Ecco, su questa questione, fate vostro un eventuale emendamento che tende a rimettere ordine omogeneizzando i tagli, mantenendo l'asticella più bassa, visto che il taglio è comunque insostenibile? Siccome la somma prevista è fissa, mi rendo conto che, modulando i tagli, si crea una differenza tra le province, il che non è bello. In poche parole, credo che i presidenti di provincia debbano mantenere fede a questa dichiarazione d'allarme e andare avanti, considerando, peraltro, che le funzioni che la provincia svolge sono utili.
Come semplice parlamentare del PdL - sono capogruppo in Commissione bilancio - faccio mie le vostre riflessioni. Tuttavia, vorrei che, all'interno delle vostre riflessioni, venisse posta anche questa che ho indicato. Infatti, essa dimostra che il calcolo del taglio è sbagliato, il che avvalora la vostra considerazione. Avendo letto velocemente il documento da voi depositato, vedo, però, che ciò non è scritto da nessuna parte.

DANIELE MOLGORA. I temi sollevati sono di triplice natura, considerando anche il presente decreto sugli enti territoriali. Innanzitutto, il livello dei tagli è abnorme rispetto al volume dei bilanci, per questo credo che non abbia alcun senso il sistema di controlli della Corte dei conti che viene inserito. Ormai, siamo a livelli di sopravvivenza, per cui il bilancio servirà per pagare gli stipendi, gli interessi passivi, il trasporto pubblico locale e le


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bollette. Non si riuscirà a fare nient'altro. Questa è la situazione dei bilanci attuali. Di conseguenza, tutte queste strutture andrebbero eliminate perché arrivano a fare controlli su somme che, sostanzialmente, non sono disponibili, perché sono spese obbligate, a questo punto.
Partendo dall'esperienza personale, fino allo scorso marzo, la mia - quella di Brescia - era l'unica provincia ad avere tutte le imposte al minimo ma, oggi, dopo circa sei mesi, le ha tutte al massimo, proprio per cercare di far fronte ai tagli dello Stato, quindi stiamo diventando gli esattori dello Stato centrale.
Oltre al livello abnorme dei tagli, vi sono non uno, ma diversi errori su come questi tagli sono calcolati. Il primo è che si procede sulla base dei pagamenti SIOPE. Questo vuol dire che chi non fa i pagamenti è virtuoso e, quindi, non subisce tagli. Se, invece, è un soggetto responsabile che cerca di pagare, viene massacrato. Questa è la prima questione.
La seconda questione è che non c'è una distinzione fra la competenza e i residui. Se un amministratore ha aspettato a pagare negli anni precedenti e utilizza tutti i residui, cioè risorse di competenza degli anni passati, viene massacrato come se fossero spese di competenza dell'anno in corso. Anche questo è un errore grossolano.
Il terzo errore grossolano sul calcolo dei tagli riguarda il fatto che ci sono funzioni delegate dalle regioni. Ora, ci sono regioni che hanno delegato di più e altre che hanno delegato di meno, per cui la base è completamente disomogenea. Per esempio, la regione Lombardia - lasciamo da parte il caso specifico della provincia di Napoli - è quella che ha delegato più funzioni alle province, che, perciò, hanno un bilancio più consistente. Basti pensare al trasporto pubblico locale. Si tratta di decine di milioni di euro per ogni provincia che vengono tagliati da questo provvedimento e che sono, sostanzialmente, spese obbligatorie.
Il bilancio della mia provincia, per oltre un quarto - tra il 26 e il 27 per cento - riguarda spese delegate dalla regione. Non so se le altre province nelle altre regioni abbiano la stessa situazione. Tuttavia, è chiaro che la mia provincia, come altre che hanno forti funzioni delegate dalla regione, subisce più tagli perché deve fare più cose. Non è che ne fa di meno e spende di più: questo è il problema. Se si deve colpire qualcuno che spreca, bisogna colpire quelli che svolgono meno funzioni e spendono di più per le stesse funzioni. Non possiamo - esemplificando - confrontare le mele con le pere o le patate con le banane, altrimenti arriviamo a un calcolo che non ha nessun senso.
Infatti, per come sono costruiti, i tagli, per questi tre motivi - le questioni dei pagamenti, il non tener conto dei residui e il non tener conto delle funzioni delegate - sono completamente fuori da ogni logica. A quanto detto aggiungo il tema della qualità dei servizi prestati. Mi rendo conto che questo è un elemento più difficile da calcolare, ma è chiaro che se si spendono 30 milioni di euro per fare 100 chilometri di trasporto pubblico locale, vuol dire che si ha un pessimo servizio; invece, se si spende la stessa somma per fare delle linee di 10.000 o 5.000 chilometri di servizio pubblico locale, probabilmente il servizio funziona bene. Questi sono gli elementi di base che minano la questione dei tagli. Insomma, se si fosse fatta un'estrazione a sorte, più o meno, sarebbe andata nello stesso modo.
Bisogna anche tenere presente che ci sono condizioni territoriali e climatiche diverse. Le province hanno subìto l'esproprio dell'addizionale provinciale dell'energia elettrica. Nel mio caso era al livello minimo, ma lo Stato l'ha fatta propria e l'ha aumentata del 40 per cento. Di conseguenza, anche tutte le utenze delle province sono aumentate. Nel mio caso, spendo l'8 per cento del mio bilancio per le utenze delle strade (2.000 chilometri di strade e 60 chilometri di gallerie) e in più ho anche quasi 60 strutture scolastiche. È chiaro che, da una parte, anche su queste spese si applicano i tagli e, dall'altra, si tratta di spese obbligatorie. Infatti, se non pagassimo le utenze, avremmo problemi di riscaldamento, di illuminazione e via dicendo. Insomma, si è arrivati a questo punto.


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Le questioni sollevate nel presente decreto sugli enti locali vanno a colpire ambiti che ci interessano molto poco, perché i problemi seri da affrontare sono quelli che ho rilevato. Per esempio, se nella mia provincia, con 2.000 chilometri di strade, quest'inverno non farò lo sgombero della neve, bloccherò il sistema economico, facendo più danni. Normalmente, lo sgombero della neve costa più di 2 milioni di euro nella mia provincia. Tuttavia, credo di bloccare molte più entrate dello Stato se lascio la neve sulle strade. Farei molti più danni di 2 milioni di euro, lasciando la neve per strada. Il problema è che non so se l'anno prossimo riuscirò a garantire lo sgombero della neve. Siamo arrivati a questo punto.
Allora, mi piacerebbe sapere se coloro che hanno scritto il testo in esame sanno che cosa fanno le province: ho idea che non lo sappiano. Questo è evidente anche considerando le modalità con le quali vengono fatti i tagli o aggiunte o tolte le funzioni. Se dovessimo abbandonare la funzione concernente la cultura, pazienza: vuol dire che se l'accolleranno i comuni. Se, però, abbandoniamo le funzioni legate alle scuole, alle strade, al trasporto pubblico locale, alla formazione del lavoro, all'agricoltura - che ci è delegata dalla regione -, o alla programmazione del territorio, credo che si creerebbero danni per l'economia.
Abbiamo ormai superato il limite. Aggiungo, per l'esperienza e la conoscenza che ho degli altri presidenti di provincia delle regioni Piemonte, Veneto e Lombardia, che, probabilmente, la provincia di Brescia sarà una delle pochissime che l'anno prossimo sarà in avanzo, forse leggerissimo; tutte le altre saranno in disavanzo o in dissesto. La differenza è che, pur essendo in avanzo, penso che ci saranno le condizioni per sforare il Patto di stabilità interno per diverse decine di milioni di euro, da parte di un'unica provincia, cioè la mia.
Ero riuscito invero ad abbassare da due anni a un anno il periodo per pagare le imprese per i lavori pubblici eseguiti, ma, adesso, con questi tagli, sto pagando le imprese di nuovo a due anni. Mi chiedo se anche questo è un modo per sostenere il PIL, visto che pagare a due anni comporta cassa integrazione guadagni, spese per lo Stato, disoccupazione, imprese che chiudono e infrastrutture che mancano o vengono lasciate a metà. È successo anche questo. Questa è la situazione generale.
Credo che quanto è stato esposto dall'UPI sia, nella realtà, addirittura peggio. Ritengo, quindi, che una riflessione su questo tema vada fatta, soprattutto pensando che la Corte dei conti o addirittura il prefetto vada a nominare il presidente del collegio dei revisori, con una scelta da parte dello Stato centrale al quale noi oggi stiamo coprendo i buchi. Questa mi giunge come una forte contraddizione perché, con il Patto di stabilità interno, gli enti locali stanno coprendo i buchi dello Stato centrale, che viene a fare le cosiddette pulci su bilanci, nei quali - come nel mio caso - non c'è un euro di trasferimento da parte dello Stato centrale, pensando che la situazione sia più controllata e si possa fare meglio. Personalmente, credo proprio che non sia così.
Da parte della mia provincia avere una somma in cassa, che è oltre un anno e mezzo di bilancio (oltre 200 milioni di euro, a fronte di 140 milioni di spese), dimostra che c'è una capacità di efficienza molto superiore in periferia che non a livello di Stato centrale. In più, aggiungo che mi sono trovato nella situazione - che viene sottaciuta da molti - di arrivare a rimborsare anticipatamente dei mutui con la Cassa depositi e prestiti. Abbiamo eliminato la penalizzazione per chi rimborsa anticipatamente i mutui, in caso di mutuo per la casa da parte dei privati, ma gli enti locali devono pagare sanzioni se rimborsano anticipatamente i mutui, pari alla differenza fra il tasso del mutuo che era stato acceso e il tasso corrente: mi chiedo, quindi, se tutto questo abbia una coerenza o meno.
Stavo rimborsando, anticipatamente, 10,5 milioni di euro di mutui al tasso del 6,5 per cento, ma dovevo pagare 2 milioni di euro di penalità: ovviamente, non li ho rimborsati. Ho, però, un vantaggio nell'insieme per il bilancio? Insomma, trovo


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delle contraddizioni pazzesche all'interno di queste norme. Alla fine, però, tutto questo si rivolterà contro, perché gli enti locali, se devono scegliere fra andare in dissesto o sforare il Patto di stabilità interno, sforeranno il Patto di stabilità interno. Allora, non basterà neanche il miliardo di euro di taglio.

PRESIDENTE. Do la parola ad ulteriori colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, chiedendo di essere sintetici nell'esposizione, in ragione del limitato tempo che è rimasto a disposizione per l'audizione.

RENATO CAMBURSANO. Ringrazio gli intervenuti. Condivido il forte grido di dolore che hanno manifestato, forse perché anch'io vengo dall'esperienza delle autonomie locali, come sindaco e, poi, come omologo dell'assessore Rosati. Mi pare, però, che sostanzialmente - e per certi versi giustamente - la vostra attenzione sia stata tutta concentrata sull'insieme di tre provvedimenti, quello al nostro esame, cioè il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 174 del 2012, la legge sulla cosiddetta spending review e, ovviamente, il disegno di legge di stabilità, che anche noi stiamo ancora attendendo.
Avete fatto bene, perché questa era un'occasione d'oro. Ho visto, tuttavia, che, nelle proposte emendative, entrate anche nel merito dei vari livelli di controllo e delle modalità dei medesimi.
Di fronte a questo insieme di cose, vi chiedo se condividete questa mia lettura. È possibile che ci troviamo di fronte a una schizofrenia del legislatore - peraltro, ne subiamo le conseguenze, perché sappiamo che spesso e volentieri viene posta la fiducia - oppure vi è un disegno preciso di mettere i cosiddetti bastoni tra le ruote delle autonomie locali (e, nella fattispecie, anche delle regioni, per quanto riguarda i controlli), con l'obiettivo preciso di contenere la spesa. Personalmente, propendo per questa seconda ipotesi, come ho detto anche nell'audizione di ieri sera della Corte dei conti. Del resto, come diceva l'onorevole Molgora, il risultato finale è tutto da dimostrare. C'è, poi, la volontà di portare le province verso la chiusura definitiva. Ero per l'ipotesi schizofrenica e continuo ad esserlo, ma, forse proprio perché ho fatto l'assessore provinciale nella gloriosa «Prima Repubblica», mi chiedo se non sia il caso di tirare giù la saracinesca e chiuderla definitivamente con riferimento alle province.
In queste condizioni, non vorrei essere nei vostri panni. Ecco, cosa pensate in proposito?

ORIANO GIOVANELLI. Nel ringraziare gli amici dell'UPI per il contributo che ci hanno dato e la documentazione che ci hanno lasciato, vorrei fare una valutazione preliminare rispetto alle affermazioni fatte dal presidente della provincia di Potenza e dagli assessori delle province di Roma e di Napoli.
Credo che sia chiaro a tutti noi che la loro sottolineatura sull'aspetto del bilancio, più che sul numero e il tipo dei controlli, dipenda dal fatto che, quando le province saranno morte, questo dibattito non servirà a nulla. Le proposte contenute nelle misure finanziarie che riguardano le province, le portano quasi naturalmente tutte in default. Mi pare, peraltro, che abbiamo assistito a richieste molto responsabili, perché si chiede semplicemente di poter dedicare i 100 milioni di euro che sono stati previsti dalla spending review, non all'abbattimento del debito, ma a destinazioni senza vincolo, in modo tale che queste risorse possano consentire di evitare la dichiarazione di dissesto.
In secondo luogo, la richiesta di abbassare da 500 a 400 milioni di euro il taglio per il 2012 è una misura molto modesta rispetto al trattamento ordinario che, negli anni, è sempre stato fatto, sia dai governi di centrosinistra che di centrodestra, nell'equilibrio fra comuni e province, relativamente ai tagli ai trasferimenti. C'è sempre stata una percentuale che rispondeva a una logica, che era il peso specifico delle due masse finanziarie. Questa volta siamo di fronte a uno squilibrio palese. Credo che questo si possa recuperare, perché


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non parliamo di 100 miliardi di euro, ma di 100 milioni, nell'ambito della legge di stabilità.
Questo ragionamento attiene anche al decreto in esame, perché mi sembra che questo provvedimento dimostri una sensibilità nuova rispetto alle procedure, per evitare che gli enti vadano in dissesto. Infatti, nella parte finale, questo decreto contiene alcuni articoli che cercano di accompagnare gli enti fuori dal default e questo è un atteggiamento corretto da parte dell'amministrazione. Alla Repubblica italiana non conviene che un ente vada in dissesto. Bisogna, quindi, accompagnare questi enti, ma se vogliamo farlo bisogna anche che accettiamo questi correttivi.
L'altra considerazione - alla quale ieri, con il nostro capogruppo, abbiamo deciso di dedicare anche un seminario interno, e, per questo motivo, abbiamo chiesto il prolungamento dei termini di presentazione degli emendamenti - è che non riteniamo il sistema dei controlli che è stato inserito in questo provvedimento congruo all'idea moderna del ruolo delle autonomie locali. Questo sistema fa parte di una cultura tecnocratica che non ha più a che vedere con un centralismo politico, ma con un centralismo, appunto, tecnocratico e anche un po' poliziesco, in cui tutto dipende dalla Ragioneria generale dello Stato e l'autonomia dalla politica è andata - per così dire - «a farsi benedire». Anticipo questo aspetto, perché vi lavoreremo con particolare attenzione.

PRESIDENTE. Do ora la parola agli auditi per una breve replica.

PIERO LACORAZZA, Presidente della provincia di Potenza. Sulla specificità campana e della provincia di Napoli - che è stata sottolineata - come UPI, avevamo raggiunto un'intesa. Come sa il qui presente presidente della provincia di Napoli, si prevedeva, entro il 30 settembre, un accordo in Conferenza Stato-Città tra noi e il Governo. Ovviamente, al tavolo della Conferenza Stato-Città abbiamo affermato, come veniva sottolineato, che l'intesa sarebbe stata possibile se ci fosse stata una riduzione del taglio o almeno una trasformazione dei 100 milioni di euro da riduzione sul debito a somma senza vincolo di destinazione. Ugualmente, chiedevamo - come diceva l'onorevole Giovanelli - 100 milioni di euro in meno di tagli, per arrivare a un taglio di 400 milioni. Quindi, nell'UPI, la vicenda della provincia di Napoli e della Campania, così come le altre questioni che erano state poste, sono state oggetto di un accordo presentato in Conferenza Stato-Città, ma, in quell'occasione, il Governo ha respinto la proposta di mediazione.
Riguardo alla seconda questione, ovvero se fosse stato meglio abolire le province, sarebbe molto lungo riaprire il dibattito. Sottolineo solo un aspetto. Vorrei che avessimo, fino in fondo, la responsabilità di uomini delle istituzioni, perché ci troviamo di fronte non tanto a una riorganizzazione dello Stato, ma a un rallentamento della spesa, a imprese che non si pagano e a studenti che vivono in istituti insicuri. Vorrei dire che c'è un processo al quale non ci siamo sottratti, e forse siamo una delle poche istituzioni che responsabilmente hanno provato a razionalizzare fino in fondo il sistema. Purtroppo, però, scompariranno molte province, con criteri, peraltro, molto discutibili.
Tuttavia, stiamo discutendo di risorse. Ebbene, il fatto di avere istituti scolastici insicuri, prescrizioni dei Vigili del fuoco o dell'ASP (Azienda sanitaria provinciale), quando non si hanno risorse per potere mettere in sicurezza gli istituti o si ha il Patto di stabilità interno che vincola al non pagamento delle imprese - correndo qualche rischio, anche di carattere penale -, ci impone di trattare questa questione con enorme rispetto reciproco, proprio per il ruolo che ciascuno di noi riveste.
Per concludere, vorrei toccare una terza questione. Come diceva l'onorevole Giovanelli, vi saremmo grati se le Commissioni riunite potessero sostenere lo sforzo di riequilibrio tra noi e i comuni. Spero che questo aspetto possa essere tenuto in considerazione.


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Sui criteri di taglio, vorrei dire che la banca dati dei codici SIOPE viene alimentata dalle tesorerie. Ci troviamo, in realtà, di fronte a una mancata validazione e a una non omogeneità dei codici SIOPE. Utilizziamo, però, quella banca dati per il criterio di riparto, per cui corriamo il rischio di fare parti uguali tra diseguali. Innanzitutto, c'è un problema relativo a tagli che attengono alla cassa. Per la verità facciamo bilanci di competenza, dunque dovrebbe essere normale questa valutazione. Un ulteriore aspetto da considerare è che molto spesso accade che - come ho potuto sottolineare in precedenza - negli stessi codici SIOPE si rilevano contraddizioni, perché è possibile che la tesoreria di una provincia abbia messo in un codice SIOPE la formazione professionale, mentre quella di un'altra l'abbia inserita in un altro codice, per cui quando si vanno a contabilizzare i consumi intermedi e si applicano i criteri di riparto del taglio, si corre il rischio di produrre più danni che non virtuosità, alle quali ognuno di noi è chiamato.
Per quanto mi riguarda, sottolineo questi aspetti, che sono per noi rilevanti. Non so se c'è qualche altro punto sul quale dovremmo rispondere. Forse l'assessore Rosati vuole aggiungere ulteriori elementi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la relatrice per la V Commissione sul decreto-legge n. 174 del 2012. Vorrei comunque segnalare che fra due minuti dovremo terminare la seduta.

CHIARA MORONI. Anche in qualità di relatrice, ringrazio i rappresentanti dell'UPI, che abbiamo invitato per esprimere le loro posizioni. Tuttavia, mi corre l'obbligo di ricordare che, pur comprendendo l'animosità e l'appassionata difesa delle loro province, la Commissione bilancio non è uno «sfogatoio».
Abbiamo chiesto ai rappresentanti dell'UPI di venire a esprimere le loro posizioni sul decreto enti locali, non sul decreto-legge concernente la spending review che determinava i tagli per le province e neanche sulla legge di stabilità. Capisco che questa è un'occasione per esprimere tutte le rimostranze, ma, anche per agevolare il nostro lavoro su un testo preciso, chiederei loro di attenersi a quello che nel testo riguarda le province.

PRESIDENTE. Non abbiamo tempo di riavviare questa discussione. I rappresentanti dell'UPI hanno presentato un testo che contiene, peraltro, molte proposte emendative, di cui moltissime riferite proprio alla parte riguardante i controlli ad opera della Corte dei conti, dei revisori e così via. Dopodiché, hanno - giustamente e legittimamente - chiesto che il taglio di 500 milioni di euro, che è stato cancellato per i comuni, sia cancellato, di fatto, anche per le province, o comunque sterilizzato attraverso la riduzione dei debiti. Questa è la parte contenuta nel presente decreto enti locali sulla quale loro hanno concentrato prevalentemente la loro attenzione. Se poi avrà, come relatore, il tempo di guardare il loro documento, vedrà che sono intervenuti con più proposte emendative.
Mi scuso con l'assessore al bilancio della provincia di Roma, ma non abbiamo tempo per dargli nuovamente la parola. Vi ringraziamo, comunque, per l'utile e appassionato contributo.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,30.

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