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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione II
1.
Mercoledì 27 gennaio 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bongiorno Giulia, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA ATTUAZIONE DEL PRINCIPIO DELLA RAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO

Audizione dei componenti del Tavolo tecnico in materia di piante organiche degli uffici giudiziari, istituito dal Consiglio superiore della magistratura il 13 gennaio 2010:

Bongiorno Giulia, Presidente ... 2 5 7 9 10 11 12 13 14 16
Birritteri Luigi Giuseppe, Capo del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi del Ministero della giustizia ... 6 9
Capano Cinzia (PD) ... 13 14
Contento Manlio (PdL) ... 12
Ferranti Donatella (PD) ... 14
Ferri Cosimo Maria, Presidente pro tempore della Settima Commissione del Consiglio superiore della magistratura ... 3
Mannino Francesco Saverio, Già presidente della Settima Commissione del Consiglio superiore della magistratura ... 10 11
Palomba Federico (IdV) ... 15
Pilato Fiorella, Componente della Settima Commissione del Consiglio superiore della magistratura ... 7
Scelli Maurizio (PdL) ... 14
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.

COMMISSIONE II
GIUSTIZIA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 27 gennaio 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIULIA BONGIORNO

La seduta comincia alle 14,40.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione dei componenti del Tavolo tecnico in materia di piante organiche degli uffici giudiziari, istituito dal Consiglio superiore della magistratura il 13 gennaio 2010.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'attuazione del principio della ragionevole durata del processo, l'audizione dei componenti del Tavolo tecnico in materia di piante organiche degli uffici giudiziari, istituito dal Consiglio superiore della magistratura il 13 gennaio 2010.
L'esigenza di verificare lo stato di attuazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo nasce dalla convinzione che questo sia un fattore imprescindibile per poter garantire l'efficienza del servizio giustizia.
Di fronte alla drammatica situazione di quasi paralisi della giustizia, la Commissione, anche in vista dell'avvio dell'esame della proposta di legge n. 3137 approvata dal Senato sulle «Misure per la tutela del cittadino contro la durata indeterminata dei processi», intende verificare, attraverso lo strumento dell'indagine conoscitiva, quanto tale questione possa essere risolta attraverso interventi normativi sia sul processo sia sull'ordinamento giudiziario e quanto, invece, possa trovare una soluzione per mezzo di una migliore riorganizzazione amministrativa degli uffici giudiziari.
L'indagine conoscitiva consentirà alla Commissione di svolgere un approfondito studio dei diversi settori dei quali si compone il servizio giustizia, sentendo coloro che dirigono ciascun settore, operano in esso, ovvero ne sono gli utenti finali.
In questo contesto che vi ho descritto, si procede oggi all'audizione dei componenti del Tavolo tecnico in materia di piante organiche degli uffici giudiziari, istituito dal Consiglio superiore della magistratura il 13 gennaio 2010. In particolare, saranno sentiti i componenti della Settima Commissione del Consiglio superiore della magistratura ed i consiglieri che abbiano ricoperto in questa consiliatura la carica di presidente della medesima Commissione: sentiremo, quindi, il consigliere Cosimo Maria Ferri, il consigliere Francesco Saverio Mannino, il consigliere Bernardo Petralia, il consigliere Celestina Tinelli, il consigliere Letizia Vacca, il consigliere Fiorella Pilato, il consigliere Ugo Bergamo, il consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di Montrone.
Oggi sentiremo anche il dottor Luigi Giuseppe Birritteri, capo del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi del ministero, accompagnato dalla dottoressa Loredana Miccichè, direttore degli uffici I e III del Dipartimento, dal dottor Fabio Bartolomeo, direttore generale, e dalla dottoressa Paola Miglietta, analista di organizzazione.


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Innanzitutto voglio scusarmi per il ritardo, ma faccio presente che la nostra Commissione stava lavorando in seduta congiunta con altre Commissioni. Ringrazio tutti per essere intervenuti.
Il fatto che la Commissione non veda la completa partecipazione dei suoi componenti non dipende assolutamente da scarsa attenzione; i commissari presenti, infatti, riferiranno agli altri commissari ed ai rispettivi gruppi. Sarà redatto un resoconto stenografico e, come ho avuto modo di dire in precedenza, verrà assicurata anche la ripresa audiovisiva a circuito chiuso
Qualora oggi non riuscissimo a completare l'audizione - abbiamo tempi limitati - indicheremo altre date in cui, compatibilmente con i vostri impegni, ci incontreremo nuovamente.
Se siete d'accordo, proseguirei nel modo seguente: a una vostra iniziale esposizione sui temi che vi abbiamo indicato seguiranno le domande dei colleghi, a cui risponderete intervenendo in una unica tornata.
Do la parola agli auditi.

COSIMO MARIA FERRI, Presidente pro tempore della Settima Commissione del Consiglio superiore della magistratura. Signor presidente, innanzitutto desidero ringraziare lei e tutta la Commissione giustizia di questo ramo del Parlamento per averci concesso la possibilità e il privilegio di discutere insieme a voi di problemi che riguardano il servizio giustizia. Non solo in quanto componenti del Consiglio superiore della magistratura, ma come operatori del diritto siamo particolarmente sensibili a questi problemi, perché tutti crediamo nel funzionamento della giustizia.
Uno dei temi principali, che il presidente ha ben illustrato nella lettera di convocazione, riguarda le piante organiche, che è il tema che dovrà affrontare il tavolo tecnico, composto dagli ex presidenti della Settima Commissione di questa consiliatura e dai colleghi del Ministero della giustizia oggi presenti.
Il CSM, proprio nello spirito di leale collaborazione, in un momento in cui è necessario collaborare con il potere politico per trovare delle soluzioni idonee ed efficienti per far funzionare sempre di più il servizio giustizia, ha accolto un invito del Ministro Alfano, che ci ha onorato della sua presenza in un incontro con tutti i procuratori d'Italia, a istituire con il ministero un tavolo tecnico, che anche il CSM considera importante.
Uno dei problemi organizzativi sicuramente va individuato nella revisione delle piante organiche. Nella risoluzione approvata all'unanimità dal Consiglio superiore della magistratura noi ribadiamo, tuttavia, e sottolineiamo con forza che quando si parla di organizzazione e di funzionamento del servizio giustizia bisogna sempre partire dalla revisione delle circoscrizioni giudiziarie, per poi affrontare il problema delle piante organiche. Si tratta, infatti, di ridistribuire le poche forze destinate al settore giustizia, verificando in che modo sia opportuno collocarle, tenendo conto - lo ribadiamo in questa risoluzione - delle sopravvenienze. Oggi si parla spesso di carichi di lavoro, di pendenze e di sopravvenienze. Secondo noi, il criterio principale deve essere quello delle sopravvenienze. Se, infatti, quando si parla di pendenze è chiaro che l'arretrato si può formare anche per cause esterne (mancanza di magistrati oppure, talvolta, anche scarsa produttività), le sopravvenienze invece danno un'idea di come va distribuito il rapporto tra procedimenti che sopravvengono e pianta organica dei magistrati.
Nell'introdurre il mio intervento, tengo a sottolineare l'impegno del Consiglio superiore, in attuazione della riforma dell'ordinamento giudiziario (noi interveniamo, come sapete meglio di me, con la normativa secondaria), in merito all'organizzazione. Il Consiglio, infatti, ritiene che la formazione - c'è un problema anche di formazione dei dirigenti - in un settore come quello dell'organizzazione sia essenziale.
La nostra circolare principale si occupa di ciò che noi definiamo «tabelle», che hanno un'importanza notevole, perché costituiscono la garanzia del principio del giudice naturale precostituito per legge,


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dell'inamovibilità del magistrato e anche dell'indipendenza interna. Questi princìpi vengono ribaditi nella nostra circolare, con una trasparenza nell'assegnazione degli affari che è opportuna perché il cittadino, l'avvocato e tutti gli operatori devono sapere quali sono le regole interne che vigono nell'ufficio giudiziario, anche per quanto riguarda la trattazione e le assegnazioni degli affari. Ebbene, in questa circolare, puntando proprio sull'organizzazione, noi incentiviamo i dirigenti ad accompagnare questo progetto tabellare, che ha gli obiettivi che prima ho sottolineato, con un documento organizzativo generale. Tale documento, che deve essere predisposto dai dirigenti degli uffici giudiziari, deve indicare gli obiettivi che devono essere perseguiti dal dirigente, l'analisi dei servizi esistenti presso quell'ufficio giudiziario e anche l'idea per raggiungere questi obiettivi. Penso, dunque, che sia importante sottolineare questo aspetto, perché dimostra la sensibilità dell'organo di autogoverno in merito a un tema che è centrale, perché deve dare conto anche al CSM delle ragioni e delle scelte organizzative e, inoltre, deve indicare - oggi che si parla di durata ragionevole del processo - anche quali sono le controversie pendenti da oltre tre anni, in che modo può risolvere il problema dell'arretrato, attraverso quali soluzioni e pratiche applicative.
Una particolarità che penso in questo momento sia importante per avvicinare il servizio giustizia al cittadino è che, nella fase di formazione di questo documento organizzativo, noi chiediamo ai dirigenti di illustrarlo alla società civile, alle istituzioni, ai rappresentanti degli enti territoriali, ai sindacati, all'avvocatura, per rendere partecipi di quel progetto organizzativo e di quel documento tutta la società civile e tutti gli operatori del diritto e per raccogliere le soluzioni che da quei soggetti possono provenire e che auspico provengano.
In questo modo incentiviamo, in punto di organizzazione, anche la fantasia dei dirigenti, che quindi devono essere formati anche per individuare scelte organizzative idonee. Al riguardo si può fare molto non solo da parte del CSM, ma anche del potere politico e del ministero. Solo con una sinergia e con una leale collaborazione si può raggiungere tutti insieme l'obiettivo.
Il problema è che occorre qualcuno che controlli se tali obiettivi sono stati raggiunti, altrimenti rimarrebbe solo una norma scritta e non avrebbe effetto. Il CSM, devo dire sollecitato dal Ministero della giustizia, anche coinvolgendo il Ministero della funzione pubblica, sta verificando la possibilità di applicare al settore giustizia il sistema dei Common Assessment Framework (CAF), sistemi di autocontrollo, per vedere se sono stati raggiunti dai dirigenti gli obiettivi per quanto riguarda l'organizzazione.
Nello stesso tempo, teniamo a salvaguardare l'autonomia organizzativa che deve avere anche il singolo magistrato. Secondo noi, infatti, la strada non è quella di trovare modelli organizzativi che si impongono dall'alto, ma modelli organizzativi condivisi con il dirigente dell'ufficio, senza che sia però lesa in alcun modo l'autonomia del singolo magistrato, al quale poi si renderà conto dell'organizzazione anche sua singola, per quanto riguarda l'efficienza, la produttività e la laboriosità.
Tra l'altro, tra gli indicatori per il conferimento degli uffici direttivi, oggi si parla anche di organizzazione, di capacità di gestire risorse; quindi, anche nella circolare che recepisce la norma dell'ordinamento giudiziario, l'organizzazione viene riportata come uno degli indicatori.
Il Consiglio, inoltre, sempre per quanto riguarda l'organizzazione, ha cercato di stimolare e di agevolare le best practices, tanto che ha istituito all'unanimità una struttura tecnica per l'organizzazione. Tengo a sottolineare questo aspetto dell'unanimità in un momento in cui, talvolta, all'esterno si percepisce una conflittualità all'interno del nostro organo. Come dicevo, grazie anche all'apporto sempre costruttivo dei componenti eletti dal Parlamento (oggi sono presenti il consigliere Tinelli e il consigliere Saponara), il Consiglio ha


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istituito tale struttura - dovremmo nominarne tra qualche giorno i componenti - che, insieme a commissioni che sono situate sul territorio che noi chiamiamo «commissioni flussi», che studiano appunto i carichi di lavoro, le sopravvenienze e le pendenze, deve coadiuvare i dirigenti e studiare i modelli organizzativi dei vari tribunali. Anche quando si parla di organizzazione, senza imporre niente, occorre tuttavia far conoscere in tutto il territorio italiano e a tutti i dirigenti degli uffici giudiziari i modelli più efficienti e quelli che sul campo hanno avuto un riscontro.
Questa struttura tecnica per l'organizzazione, nella quale il Consiglio crede molto, partirà a breve. Poiché una delle competenze della nostra Commissione è quella di esprimere pareri sulle richieste di aumento di organico, abbiamo risposto subito alla richiesta del ministro per quanto riguarda la Corte d'appello di L'Aquila. Il presidente della Corte aveva chiesto un aumento di organico e noi abbiamo espresso un parere favorevole, evidenziando la necessità di aumentarlo ulteriormente. Ugualmente abbiamo fatto per il Tribunale di sorveglianza di Roma. Cito questi due esempi perché, come sapete meglio di me, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha la competenza esclusiva in materia di «41-bis». Anche in questo caso, abbiamo dato seguito in modo celere alla richiesta del ministro.
Infine, sempre riguardo a L'Aquila, il Consiglio, sempre lavorando insieme al Ministero della giustizia, ha previsto l'istituzione - dobbiamo ancora nominarne i componenti - di un tavolo tecnico, che può avere anche uno scopo sperimentale. Siccome, purtroppo, a L'Aquila si deve ripartire, stiamo cercando di farlo, grazie anche - voglio sottolinearlo in questa sede - all'opera e al dinamismo del presidente della Corte d'appello, con un progetto giustizia. Inizialmente tale progetto viene chiamato di «emergenza», ma può essere un progetto pilota per applicare nuovi modelli e moduli organizzativi che possano portare dei risultati positivi.
Ho cercato di rappresentare in modo sintetico il lavoro della Commissione. Non ho parlato delle procure, perché manca oggi l'unico componente pubblico ministero della Settima Commissione, il collega Petralia, che magari in un'altra occasione potrà essere sentito su questo tema, che rimane centrale.
Tengo a sottolineare che nella nostra circolare è previsto anche che il presidente della Corte d'Appello o del tribunale attui la norma introdotta nel 2008, l'articolo 132 bis delle «Disposizioni di attuazione del codice di procedura penale», dettando dei criteri di priorità nella trattazione degli affari penali. Oggi, forse anche alla luce dell'indulto e delle purtroppo numerose sentenze di prescrizione che molti tribunali d'Italia sono costretti a pronunciare, per ottimizzare le risorse e per rendere più efficiente il servizio si stimolano, anche in questo campo, i capi degli uffici ad assumersi la responsabilità, nel loro progetto organizzativo, di trovare soluzioni di efficienza.
Mi scuso se mi sono dilungato troppo. Consegno le best practices e altro materiale, che consiste in alcune delibere che ho citato e alcuni pareri approvati dal Consiglio superiore. Inoltre, proprio per l'istituzione della struttura tecnica per l'organizzazione (STO), che partirà tra poco, abbiamo già iniziato a raccogliere da un anno una serie di best practices e di progetti organizzativi, i più significativi e interessanti tra quelli che ci sono pervenuti da diversi dirigenti degli uffici giudiziari e li depositiamo oggi. Riteniamo che la loro analisi possa essere davvero molto costruttiva, proprio ai fini della ricerca di quel modello comune alla quale, secondo me, il potere politico non può non partecipare, in quanto l'obiettivo è comune.
Vi ringrazio.

PRESIDENTE. Ringrazio il consigliere Ferri sia per la chiarezza dell'esposizione sia per il materiale che ha consegnato, che ovviamente metteremo a disposizione di tutti i commissari.
Do la parola al dottor Luigi Giuseppe Birritteri, capo del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi del Ministero della giustizia.


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LUIGI GIUSEPPE BIRRITTERI, Capo del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi del Ministero della giustizia. Signor presidente, cercherò anch'io di essere estremamente breve. Debbo dire che la questione dell'organizzazione del servizio giudiziario è stata già evidenziata dal ministro nel corso della sua relazione al Parlamento; quando ha segnalato che, a legislazione invariata, a risorse invariate e facendo riferimento a situazioni territoriali sostanzialmente equivalenti, - non sarebbe giusto infatti confrontare il tribunale di Gela con quello di Milano, per dimensioni, per storia geografica - è possibile fare un confronto tra tribunali geograficamente e dimensionalmente omogenei. Da questo confronto emerge che il dato medio generale è quello di un disastro, dal punto di vista statistico, del sistema giudiziario, che si perpetua da oltre sessanta anni e mostra un peggioramento negli ultimi trent'anni. In realtà, la situazione è molto più dinamica di quello che sembra, perché a macchia di leopardo ci sono tribunali che funzionano bene, tribunali che funzionano malissimo e tribunali che funzionano benino.
La domanda cruciale è da cosa dipende tutto questo, posto che siamo a parità di risorse e a parità di elementi comparativi. La risposta è che questo dipende da un difetto organizzativo e da un difetto di leadership del capo dell'ufficio, che evidentemente non ha le capacità adeguate per far funzionare al meglio le risorse umane di cui dispone.
Come è a tutti noto, abbiamo varato il progetto «best practices», potenziando quello che già era un progetto preesistente. A differenza del progetto preesistente, però, che era del tutto in linea con quello che avete ascoltato dall'ottimo consigliere Cosimo Ferri, abbiamo totalmente rovesciato - ed è questa la rivoluzione - la prospettiva. Il progetto originario delle best practices si muoveva nell'ambito di quella che è l'anarchia organizzativa che ha regnato sovrana fino a ieri (e ancora oggi continua a regnare) nel mondo giudiziario italiano. Tale anarchia organizzativa non soltanto non è accettabile in termini di gestione delle risorse umane e della gestione economica, ma che, soprattutto, contrasta con il dettato costituzionale che, all'articolo 110 della Costituzione, affida al Ministro della giustizia l'organizzazione del servizio giudiziario: gliene affida la responsabilità politica senza, però, affidargli nei fatti le leve del comando di questa organizzazione giudiziaria.
Per quanto mi riguarda, ho inaugurato una stagione di collaborazione a tutto tondo con il Consiglio superiore della magistratura. I consiglieri presenti sanno bene che trovano in me, ovviamente su mandato del Ministro Alfano, una sponda assolutamente totale e pienamente disponibile. La struttura tecnica per l'organizzazione STO era una di quelle organizzazioni che doveva essere messa in campo ma ancora non lo è. Il risultato è tipico della situazione esistente: abbiamo 91 gare già fatte; abbiamo portato da 48 a quasi 100 gli uffici che si occupano di best practices; abbiamo già in loco le società di consulenza, con le gare vinte, abbiamo codificato quali sono le best practices, ma un attimo fa avete assistito alla consegna delle best practices aggiornate del Consiglio superiore alla Commissione giustizia.
Sarà mia cura controllare se c'è coincidenza tra le due versioni. Tuttavia, quello che mi preme sottolineare è che si coglie, nelle parole del consigliere Ferri, con cui mi trovo quasi sempre d'accordo, l'impressione dell'intenzione di voler proseguire su un modello che nei fatti ha provocato la situazione in cui oggi ci troviamo.
Dal mio punto di vista, non è più possibile proseguire sulla strada della anarchia organizzativa. Di questo si tratta, presidente, dal momento che si afferma che deve essere garantita l'autonomia organizzativa persino del singolo magistrato, nell'ambito di un ufficio. In tal caso, avremmo un sistema che funziona in questo modo. In altre parole, la Costituzione affida al ministro la responsabilità dell'organizzazione giudiziaria; esiste un intero Dipartimento che si cura di questa organizzazione, esistono investimenti e risorse


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finanziarie per centinaia di milioni di euro all'anno destinati a questi fini. Ebbene, queste risorse dovrebbero essere utilizzate mediante una sorta di costante moral suasion tra il Consiglio superiore, i singoli capi degli uffici e persino il singolo magistrato, all'interno dello stesso ufficio, in nome dell'autonomia organizzativa.
Questa è un'impostazione che intendiamo esattamente rovesciare. Pertanto, su questo primo tema del dibattito c'è una cesura netta. Noi intendiamo selezionare le best practices migliori e cercare di diffonderle sull'intero territorio nazionale. Certamente non è una buona prassi amministrativa consentire al singolo magistrato di organizzarsi come vuole. Ciò è già accaduto, accade costantemente, con il risultato che nella stessa procura un sostituto paga un'intercettazione «x» euro e un altro, nella stanza accanto, la paga euro «x 1». Accade che un magistrato decida di scegliere la causa più antica e un altro la causa più moderna.
Ora, riportare il tutto a sistema, dal mio punto di vista - su espresso mandato del Ministro Alfano - significa garantire l'assoluta autonomia, indipendenza e sacralità del recinto della giurisdizione, ma fuori di essa l'organizzazione è in capo al ministero e rimane in capo al ministro, così come la Costituzione impone.
Sono lietissimo che finalmente il Consiglio superiore adotti delle delibere con le quali stimola le virtù organizzative e il documento organizzativo è bellissimo. Tuttavia, la verità che si omette di dire - questo rientra nel gioco delle parti - è che i capi degli uffici vengono scelti senza che abbiano alcuna formazione, alcuna idea di come si gestiscono le risorse umane e le risorse informatiche. Ho trovato spesso persino una difficoltà nell'interloquire con il ministero, che resta una struttura lontana, pur essendo quella responsabile per Costituzione dell'organizzazione del servizio.
Fino a che non si distinguerà l'organizzazione del servizio dall'esercizio della giurisdizione, fino a che non si concepirà l'organizzazione del servizio servente rispetto alla giurisdizione, e comunque non la giurisdizione soverchiante rispetto all'organizzazione, non si renderà un buon servizio al Paese, non si garantirà affatto l'autonomia e l'indipendenza della magistratura e si creerà soltanto il disordine nel quale fino ad oggi abbiamo continuato a resistere.
Si pensi solamente che per la digitalizzazione del servizio giustizia, di cui vi ha parlato con grande competenza tecnica il direttore Stefano Aprile, direttore della Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati (DGSIA), in Italia abbiamo 7-8 sperimentazioni per altrettanti sistemi diversi. Ad oggi il ministero fornisce il software, svolge la formazione professionale, dopodiché - cito un esempio banalissimo - nel singolo tribunale il presidente si organizza da sé, magari chiedendo a una ditta esterna di realizzare un programmino, che sicuramente sarà bellissimo, ma non potrà essere coerente con la gestione complessa di tutta la struttura. Si tratta peraltro di una grande struttura, che vede sul territorio quasi 2000 uffici giudiziari, 43000 dipendenti e quasi 10000 magistrati, più 3000 magistrati onorari. Ebbene, questa struttura ha bisogno di un'opera di coordinamento, che deve essere realizzata sì d'intesa con il Consiglio superiore, ma che non può affidare persino al singolo magistrato l'autonomia di scegliersi il modello organizzativo. Non esiste una struttura al mondo che ha 9000 modelli organizzativi, ossia uno per ogni magistrato. Potenzialmente, infatti, l'idea è questa.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Birritteri, anch'egli molto chiaro e incisivo.
È evidente che, in questo momento, si sono confrontati diversi modi di considerare l'organizzazione. Proseguirei, ora, con altri due interventi degli auditi, quindi darei la parola ai commissari che intendono porre domande.

FIORELLA PILATO, Componente della Settima Commissione del Consiglio superiore della magistratura. In certa misura sono anche d'accordo con quanto ha detto il dottor Birritteri, tuttavia mi sembra


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semplicistico e anche fuorviante considerare il diverso funzionamento dei vari tribunali come dipendente esclusivamente da un difetto di organizzazione e di capacità dirigenziali (Birritteri l'ha chiamata «leadership»).
Tale diverso funzionamento dipende anche da tanti altri fattori, sui quali vorrei richiamare la vostra attenzione istituzionale. Cito, ad esempio, la distribuzione non omogenea non soltanto dei magistrati, ma anche del personale amministrativo, dimensionato non in base alle esigenze dell'ufficio e ai carichi concreti di lavoro, sede per sede, ma in base al criterio stabilito dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 dicembre 2008, che ha drasticamente ridotto il numero degli effettivi da 47.366 addetti a 43.702, con una perdita secca di oltre 3.600 unità.
Probabilmente è necessario ridurre le spese e forse anche il personale amministrativo, sebbene sia evidente che su anche su quest'ultimo camminano i processi o l'organizzazione del servizio. Quello su cui esprimo dubbi è la modalità di tale ridimensionamento. In pratica, è stata congelata la situazione degli organici sulla base delle coperture in quel momento presenti nelle diverse sedi. Può essere capitato, ad esempio, che in un tribunale fossero andati in pensione il 50 per cento degli addetti e in quel caso l'organico è stato cristallizzato all'entità degli addetti rimasti in servizio.
Questo ovviamente ha creato delle disparità - non dappertutto sono andati in pensione, nello stesso momento, in percentuale gli stessi numeri di addetti - e ha costretto in diversi tribunali a correre ai ripari (è una delle buone pratiche che adesso vi illustro) con protocolli di intesa con enti locali. Cito, al riguardo, la provincia di Milano, la regione Friuli Venezia Giulia e altri enti.
Attraverso questi protocolli di intesa, si sono avviati progetti per il distacco di personale agli uffici giudiziari, anche con l'utilizzazione dei lavoratori socialmente utili.
La disomogeneità di funzionamento dei diversi tribunali - torno alla questione posta da Birritteri - dipende anche dalle ricadute, proprio sul terreno della funzionalità o meglio della disfunzionalità dell'organizzazione, portando addirittura alla paralisi in alcuni settori, di alcuni interventi normativi. Ad esempio, pensate a come può organizzare il servizio, in termini di efficacia, di risposta pronta e qualitativamente all'altezza, un presidente di un piccolo tribunale che si trovi ad avere nel proprio organico dei magistrati per metà, o addirittura in percentuale maggiore di prima nomina, ai quali è inibita la funzione monocratica penale. Intendiamoci, non mi riferisco alla funzione di giudice per le indagini o per l'udienza preliminari (Gip o Gup), funzioni talmente delicate che già da tempo il CSM, ben prima dell'intervento del legislatore, aveva inibito ai giovani magistrati. A questi magistrati è inibito anche lo svolgimento delle funzioni monocratiche penali dibattimentali, per intenderci quelle che possono svolgere i giudici onorari di tribunali (Got). Pertanto, il presidente del tribunale si ritrova a dover organizzare al meglio - secondo il progetto di tutti noi, non solo del ministero ma anche del Consiglio - una forza lavoro che è inutilizzabile in diversi settori.
Ovviamente, siccome in questi piccoli tribunali non esiste (è inutile negarlo) un carico collegiale penale sufficiente ad assorbire e a giustificare questa destinazione, questo comporta una destinazione al settore civile del lavoro di tutti i nuovi magistrati o una riconversione forzata (ancora peggio, perché è una dispersione di esperienza e di capacità professionale preziosa) dei magistrati che svolgevano egregiamente le funzioni nel settore civile per passarli al penale. L'alternativa è mandare in udienza i giudici onorari di tribunali (Got), con i vice procuratori ordinari (Vpo) che svolgono la funzione di sostenere l'accusa, che invece i magistrati professionali non possono fare.
Insomma, ci troviamo di fronte anche a paradossi, come quello di ex Got ed ex Vpo che hanno vinto il concorso in magistratura


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e sono stati formati, ma non possono più fare quello che facevano il giorno prima. In questa situazione, rendiamoci anche conto che bisogna calare l'organizzazione nel tessuto vero degli uffici giudiziari. Per questa ragione, sarebbe per noi imprescindibile - la riforma delle riforme, quella che può far passare veramente alla storia questa legislatura - mettere mano alla revisione delle circoscrizioni giudiziarie.
A quel punto, sarebbe diverso esportare modelli virtuosi, come (cito una delle pratiche per illustrarla) le notifiche telematiche on line. A Milano, ad esempio, si è stimato che il risparmio atteso è di almeno 1 milione di euro l'anno per le sole spese di spedizione e stampe delle comunicazioni e di circa 12.000 ore di lavoro il risparmio di tempo per le cancellerie. Oltre a questi risultati, i tempi di notifica sono stati abbattuti drasticamente a pochi minuti per la gestione dell'intero ciclo della comunicazione, a fronte di tempi di attesa stimati, nella migliore delle ipotesi, da un minimo di una a un massimo di tre settimane. Ci sono, peraltro, ricadute evidenti anche sui tempi dei processi; basti pensare solo che vengono azzerati i rinvii di udienza per difetto di comunicazione, che è uno dei mali che affliggono tutti i giorni i nostri processi. Ebbene, immaginate l'esportazione anche soltanto di questa singola buona pratica organizzativa all'intero territorio. Finché essa rimane distribuita a macchia d'olio, avremo sempre inefficienze che pesano forse sulla maggior parte degli uffici.
Una buona organizzazione, da questo punto di vista, che significa anche distribuzione ottimale delle forze umane, di magistrati e di personale amministrativo, comporterebbe anche per lo Stato italiano un risparmio di spesa e una capacità di dare risposta in tempi brevi e in maniera più qualificata. A monte, però, è necessario un intervento più risolutivo.

PRESIDENTE. Do nuovamente la parola al dottor Birritteri.

LUIGI GIUSEPPE BIRRITTERI, Capo del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi del Ministero della giustizia. Solo per un breve chiarimento. Le circostanze fortunate sono quelle che mi consentono di dire che le notifiche on line sono ormai legge dello Stato, sebbene in attesa di conversione (comunque non ci aspettiamo grossissime sorprese).
Vorrei che si distinguesse il piano dell'operatività. Se parliamo di organizzazione, parliamo, come ho detto all'inizio del mio intervento, a legislazione vigente. Ovviamente, in merito al futuribile delle riforme giudiziarie che verranno, in quel caso se ne calcolerà l'impatto, ma per il momento lavoriamo su quello che abbiamo.
Per quanto riguarda i numeri, vorrei solo integrare quello che correttamente ha detto la collega Pilato, che si riferiva a un taglio di organico che comunque ha riguardato il comparto ministeriale di tutto lo Stato. Tale taglio di organico, però, non ha toccato funzioni esistenti; non sono state licenziate persone, non è stato abbattuto l'organico. È stata ridotta la pianta organica e non l'organico in generale. Del resto, chi più di me cerca personale? Magari il Parlamento approvasse una legge per raddoppiare l'organico dei nostri uffici, ma sappiamo di vivere in tempi complicati.
Detto questo, debbo semplicemente ricordare che proprio questa è la scommessa per il nostro futuro: ridistribuire sul territorio le risorse esistenti e utilizzarle al meglio.
Debbo ribadire che, a parità di condizioni, ci sono tribunali che funzionano meglio perché sono meglio organizzati e tribunali che funzionano peggio solo perché sono peggio organizzati. Chi nega questo o aggiunge altre condizioni nega una realtà facilmente riscontrabile dall'indice dell'Istituto di ricerca sociale (IRS) che è a disposizione del Parlamento, di cui abbiamo copia. Leggendo il documento, ci si può anche rendere conto della copertura di un determinato ufficio e del relativo indice di rendimento e di smaltimento dell'arretrato.


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Abbiamo a che fare, comunque, con un sistema che, per quanto riguarda i magistrati, legittimamente e in ossequio al principio sacro dell'inamovibilità del giudice, ha delle rigidità. La Commissione congiunta che il ministro ha proposto e della quale facciamo parte ha proprio il compito di esplorare le possibilità di flessibilizzare l'organico.
Il semplice riferimento alle circoscrizioni giudiziarie, signor presidente, può essere fuorviante. Noi sappiamo, infatti, di avere un sistema giudiziario che vive l'emergenza. Basti pensare al processo in atto a Parma: un tribunale piccolissimo, con una bancarotta di livello mondiale, che ovviamente viene messo in crisi, qualunque sia l'organizzazione che abbiamo previsto.
Forse la strada migliore - lo ripeto, io sono laicamente impegnato a condurre questa ricerca - è quella di una maggiore flessibilità dell'organico, sia interno alla Corte d'appello sia esterno, e di una maggiore potenzialità di applicazione, in modo da poter mandare i magistrati lì dove servono, quando servono e finché servono.
Dobbiamo ripensare le piante organiche dei magistrati e del nostro personale ausiliario, guardarle alla luce non soltanto dei flussi - come si è fatto finora con risultati sempre negativi - ma anche della realtà territoriale, del carico della criminalità, delle esigenze nel settore penale, e quindi parametrarle.
La mia idea è che fino a quando avremo piante bloccate e impossibilità di movimentazione e di implementazione veloce avremo sempre problemi. Basta, infatti, un solo mega processo in un tribunale per affossarne il sistema penale e civile. Si consideri, poi, che finché si adegua la pianta magari quel processo è già finito e il risultato è una doppia beffa: abbiamo aumentato l'organico in un posto che l'indomani ritorna nella sua aurea mediocritas e non ha più bisogno di implementazioni che, invece, rimangono tali. Si parla sempre di aumenti e mai di diminuzioni di organico; ogni diminuzione viene vissuta come una tragedia. Eppure, studiando le piante organiche, ci rendiamo conto che qualche procura, persino tra le più nobili del Paese, ha un organico ufficialmente sottodimensionato e da sede disagiata, mentre in realtà è ben più che sufficiente alle esigenze. Dico questo sempre raffrontando la situazione a quella di altri tribunali, che invece potrebbero avere esigenze maggiori.
Del resto, l'intervento del ministro su Reggio Calabria la dice assai lunga: il carico di lavoro della procura di Reggio Calabria non è di molto divergente rispetto a quello della procura di Palermo, ma se si confrontano i due organici si vede quale sia lo squilibrio di cui parlavano il consigliere Ferri e il presidente Pilato. Ora, risolvere questo problema attraverso un taglio dei tribunali mi sembra un'operazione alquanto complicata e difficile, come emerge dalle 42 pagine di circolare che sono state necessarie al CSM per descrivere questa situazione.
Rendere il sistema più efficiente e flessibile mi sembra una strada meno traumatica e sicuramente più percorribile in tempi brevi.

PRESIDENTE. Prima di passare la parola ai colleghi che intendono formulare osservazioni o domande, do la parola al dottor Francesco Saverio Mannino, già presidente della Settima Commissione del Consiglio superiore della magistratura.

FRANCESCO SAVERIO MANNINO, Già presidente della Settima Commissione del Consiglio superiore della magistratura. La ringrazio della possibilità di intervenire. Sono stato il primo presidente della Settima Commissione di questa consiliatura, quella che ha dato l'avvio alla trasformazione della Settima Commissione da commissione di mera verifica tabellare a commissione propositiva e organizzativa. Ciò in base al presupposto che, data la ristrettezza delle risorse, bisognasse stimolare i capi degli uffici a farle fruttare al meglio, quindi a ingegnarsi per raggiungere questo obiettivo. Abbiamo provveduto alla prima attività di verifica delle prassi virtuose all'interno degli uffici, in modo da poterle divulgare.


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Tengo subito a dire che le prassi virtuose e la capacità organizzativa vengono sfruttate sulla base dell'esistente, non potendo certo sopperire alle carenze di organico e di strutture. La finalità della Settima Commissione, in quella prima consiliatura, è stata quella di stimolare i capi degli uffici a far fruttare al meglio le risorse disponibili, ma con ciò non si poteva dire loro di lavorare anche in assenza di strutture e di personale.
Devo dire che sono un po' perplesso, perché sono qui per informare la Commissione giustizia della Camera in un'ottica propositiva - leggo nella convocazione: «Verificare come una migliore organizzazione degli uffici giudiziari possa determinare una maggiore efficienza del servizio giustizia» - ma sto assistendo a una sorta di palleggiamento fra Ministero della giustizia e Consiglio superiore su quello che funziona e quello che non funziona. Onestamente, si potrebbe replicare alle osservazioni del collega Birritteri, a partire da qualche inesattezza contenuta nel suo intervento, ad esempio in tema di costi di intercettazione: non può esistere differenza di costi fra sostituti di una stessa procura, perché è la procura che, nel complesso, stabilisce i costi delle intercettazioni, quindi all'interno della stessa procura i costi sono gli stessi.

PRESIDENTE. Consentitemi di introdurre un elemento di chiarezza, considerate le perplessità espresse dal dottor Mannino. Il fine delle audizioni è quello di proporre soluzioni alla Commissione. È chiaro che chiunque venga audito ha una propria prospettiva, per cui il confronto fra differenti prospettive è del tutto naturale. Diversamente, credo che non esisterebbe nemmeno la Commissione che presiedo.

FRANCESCO SAVERIO MANNINO, Già presidente della Settima Commissione del Consiglio superiore della magistratura. A livello propositivo, si potrebbe dire che, come accade in altre nazioni, si possono costringere le società di telefonia a fornire gli allacciamenti senza alcun costo. L'anomalia italiana è quella di dover pagare ciò che, in altre nazioni, viene sottoscritto in sede di concessione come obbligatorio nei confronti dello Stato: fornire tabulati e allacciamenti senza alcun costo. Questa può essere un'iniziativa che suggerisco alla Commissione parlamentare di valutare, al fine di ridurre i costi, come in effetti si vuole fare.
Capisco l'ottica ministeriale di accentramento e di unicità dell'organizzazione, la considero giusta. Peraltro, è anche quello che al Consiglio abbiamo cercato di attuare, ma dobbiamo renderci conto che in Italia non c'è un solo ufficio giudiziario e non sono tutti uguali, ma hanno diverse tipologie, diverse dotazioni di personale, diverse situazioni contingenti di strutture, di personale amministrativo e di magistrati. Gli uffici giudiziari vivono realtà diverse: chi punta più sul settore penale della criminalità organizzata, chi sul settore penale finanziario, dei colletti bianchi, chi sul settore civile. Insomma, ogni realtà giudiziaria vive una sua peculiarità. L'organizzazione difficilmente può essere la stessa per tutti gli uffici, sicché abbiamo rivolto ai capi degli uffici la richiesta di organizzare i loro uffici sulla base delle situazioni specifiche e noi ci limitiamo a verificare quali sono i progetti organizzativi. Lo ripeto, capisco l'ottica ministeriale di accentramento e di direzione, ma ritengo che sia di difficile applicazione nella realtà giudiziaria italiana.
Sono venuto qui, come dicevo, a parlare di buone prassi. In questa verifica, pur avendo valutato la raccolta che vi è stata fornita come documentazione, ci siamo resi conto che in tema di organizzazione la carta vincente, da parecchio tempo, non può non essere considerata quella dell'informatizzazione, che da parte del ministero è stata portata avanti sebbene con dei chiaroscuri, a seconda delle disponibilità finanziarie. È evidente che quando si parte con l'informatizzazione poi bisogna mantenerla e manutenerla, quindi conservare quella dotazione di hardware, non solo di software, necessaria per portarla avanti.


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L'esperienza che, dal punto di vista della migliore efficienza del servizio giustizia, ho potuto vivere personalmente anche nella mia sede giudiziaria di Catania - ma è stata vissuta anche a Milano, così come riferito dalla collega Pilato - per quanto riguarda il settore civile è quella del processo civile telematico, dell'informatizzazione del processo civile, dei decreti ingiuntivi, dell'informatizzazione delle cancellerie. A mio avviso, questa attività può essere sviluppata anche con l'adozione di provvedimenti legislativi, per questo ritengo possa interessare soprattutto questa Commissione. Infatti, nel momento in cui si cerca di agevolare lo scambio di documentazione fra avvocati e uffici giudiziari o fra gli avvocati stessi, nel momento in cui le cancellerie sono informatizzate, nel momento in cui si riesce a evitare che l'avvocato, potendo reperire dal suo studio il materiale che gli serve, intasi le cancellerie con richieste di copie di atti e depositi di memorie, ecco che abbiamo una migliore utilizzazione del personale, che non deve fare servizio di sportello e si può dedicare alle attività del magistrato, quindi allo studio dei fascicoli e alla stesura delle sentenze.
Abbiamo avuto esperienze di decreti ingiuntivi telematici che hanno velocizzato la resa del servizio al cittadino, comportando un risparmio di tempo nell'emissione del decreto e quindi un risparmio di soldi in termini di interesse. Nella documentazione allegata sono riportate alcune tabelle del tribunale di Milano, nelle quali si legge a quanti milioni di euro ammonta effettivamente questo risparmio nella fase della sperimentazione.
Tutto questo non può non comportare problematiche anche di tipo legislativo. È stato citato il problema delle notifiche telematiche: è assurdo che, in un momento in cui tutto viene informatizzato, si debba ricorrere alla cedolina per l'avviso. Si pensi anche al problema dei diritti di copia, che deve essere assolutamente risolto. Infatti, nel momento in cui si passa dal cartaceo al telematico e l'avvocato non ha necessità di andare a ritirare le copie, tutto questo non può che essere incentivato. Invece, nella prassi finora adottata, il costo del dischetto era di gran lunga superiore (anche dieci volte, in taluni casi) al costo della copia cartacea, il che scoraggiava gli avvocati e comportava un intasamento delle cancellerie, che era proprio quello che si voleva evitare.
Ritengo che, per quanto riguarda l'informatizzazione, il discorso potrebbe essere lungo in tema di procedure concorsuali, di esecuzioni mobiliari. Ma in questo settore deve esserci un grande impegno, anche sotto l'aspetto processuale, perché nel momento in cui il processo è telematizzato non si può trarre le conseguenze su talune norme di procedura, per quanto riguarda i requisiti degli atti e la composizione degli atti stessi.
Allo stato, su questo non ho nulla da aggiungere, ma sono pronto a rispondere alle domande che mi saranno rivolte sul processo civile telematico, un'esperienza importante, che può dare risultati significativi di velocizzazione del servizio giustizia.

PRESIDENTE. Comunico ai commissari che, poiché sono state ritirate tutte le tessere e le votazioni si svolgeranno alle 16, dovremo scendere qualche minuto prima, quindi interromperemo l'audizione con qualche minuto di anticipo.
A questo punto, nel dare la parola ai colleghi deputati che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, chiedo loro di limitarsi a porre solo domande, rinviando il dibattito a un momento successivo.

MANLIO CONTENTO. In primo luogo, esistono modelli e quindi dati condivisi tra Consiglio superiore della magistratura e Ministero della giustizia per quanto riguarda il rapporto tra cause giacenti presso ciascun ufficio giudiziario e quelle sopravvenute e per quanto riguarda il rapporto tra magistrati effettivamente in servizio, indipendentemente dalle piante organiche, e carico di lavoro?
In secondo luogo, non è vero forse che anche il Consiglio superiore della magistratura, nel proprio documento, nel preciso


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istante in cui fa riferimento a una sorta di modello ottimale di tribunale dotato di almeno venti magistrati, sta pensando a un modello organizzativo ideale, al di sotto del quale sicuramente non vi è efficienza? E non vi è, quindi, coerenza tra questa affermazione e il tentativo del ministero di arrivare a una definizione, anche nel lavoro che sta svolgendo, di un modello ottimale?
Terza domanda: la suddivisione in circondari, come modello di riferimento organizzativo, non è forse superata e su questo, nel preciso istante in cui fa riferimento all'esigenza di attribuire ai capi degli uffici da cui dipende il distretto il necessario potere di flessibilità, il ministero sta argomentando sul piano di un nuovo modello organizzativo più flessibile? Un modello che risponde a quelle esigenze che, purtroppo, non solo sono presenti oggi, ma si accresceranno. Penso, ad esempio, a una class action che venisse formulata in uno dei piccoli paesi che non sono sicuramente dotati di tribunali in grado di affrontarla e via dicendo.
Se oggi stiamo varando un provvedimento che va incontro alle esigenze che il CSM ha ricordato (è attualmente all'esame dell'Aula, inizieremo la prossima settimana, ma in parte è già operativo), per quali ragioni, di fronte all'esigenza sottolineata della formazione dei magistrati che hanno incarichi direttivi, quindi della responsabilità organizzativa in capo ai magistrati, esistono dubbi sia sul fatto che questi «corsi di formazione» vengano tenuti dalla scuola sia sul fatto che, dovendo avere i capi anche capacità organizzative, possano essere un domani «giudicati» nelle loro capacità, sia in fase di insediamento, quindi di attribuzione dell'incarico, sia in fase di rinnovo dello stesso?
Infine, a quanti magistrati a cui sono stati affidati incarichi direttivi questi ultimi risultano revocati, negli anni, per incapacità organizzativa?

CINZIA CAPANO. Signor presidente, potrei cavarmela con una domanda. Il dottor Birritteri ha parlato di «un'organizzazione del servizio servente la giurisdizione e non una giurisdizione soverchiante rispetto all'organizzazione». Vorrei chiedere che cosa significano queste parole, poiché a me sembrano esprimere una sorta di dogma della fede.

PRESIDENTE. Onorevole Capano, ho pregato di limitarsi a porre domande.

CINZIA CAPANO. È una domanda che tende a capire il senso dell'affermazione del dottor Birritteri. A me è parso strano, rispetto a un'azione tesa a verificare l'acquisizione di buone pratiche, sentir dire che sono state espletate gare e affidate consulenze, ma non c'è altro.
Vorrei chiedere, dunque, al dottor Birritteri come mai, dopo un anno e mezzo, ha così profondamente modificato la sua visione delle cose. Oggi ci ha parlato di parità di risorse, ma un anno e mezzo fa, in audizione, ci spiegò che con il fondo giustizia si sarebbero acquisite moltissime risorse per la giustizia - eppure non siamo ancora riusciti ad avere un elemento su questo - e che dal punto di vista delle risorse umane non c'erano problemi, in primo luogo perché si sarebbe previsto un concorso all'anno (e mi pare che l'anno che ci lasciamo alle spalle non ne abbia visto nemmeno uno) e in secondo luogo perché la riduzione degli organici, di cui ci ha parlato la dottoressa Pilato, non avrebbe avuto alcuna influenza sull'organizzazione del servizio giustizia, perché si trattava di tagliare i cosiddetti «rami secchi», ossia figure esistenti solo in pianta organica, ma non realmente operanti.
Evidentemente, quello che ci ha detto oggi rappresenta anche un bilancio negativo sul fatto che queste iniziative che ci aveva presentato un anno e mezzo fa non sono riuscite in alcun modo a concretizzarsi.
Voglio dare un elemento...

PRESIDENTE. Onorevole Capano, ci siamo dati un metodo e abbiamo stabilito di rimandare a un momento successivo interventi di questo tipo. Diversamente, non riuscirà a parlare nessuno dei numerosi iscritti.


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CINZIA CAPANO. Signor presidente, il mio è un intervento pieno di domande, glielo assicuro. Se vuole posso enfatizzare il punto di interrogazione, ma nel mio intervento le domande sono implicite.

PRESIDENTE. Onorevole Capano, avendo il ruolo di presidente devo coordinare i lavori. A nessuno è stato mai negato lo spazio, ma facevo presente l'esistenza di un problema organizzativo. Siccome gli auditi torneranno, chiedevo di limitarsi, oggi, a porre le domande, rimandando gli interventi alla prossima seduta.

CINZIA CAPANO. Ricapitolo allora le domande che ho posto enfatizzando il punto di interrogazione. Che cosa significa...

PRESIDENTE. Onorevole, per favore, abbiamo compreso le sue domande. Prosegua...

CINZIA CAPANO. Le riassumo perché evidentemente non erano state comprese. Che rapporto esiste tra la ricerca delle pratiche migliori e, invece, un accentramento che tende oggettivamente a prescindere dalle pratiche migliori, per come lo ha illustrato prima il dottor Birritteri?
In secondo luogo, qual è la situazione effettiva delle risorse sia umane che economiche?
Infine, siete in grado di darci alcuni elementi contabili sul fondo unico sulla giustizia?

MAURIZIO SCELLI. Vorrei soltanto chiedere se è possibile tranquillizzare le 88 comunità dei piccoli tribunali, escludendo l'ipotesi di incorporazione o fusione per incorporazione, alla luce di una rideterminazione e una revisione delle aree geografiche di competenza. Inoltre, guardando a un modello di tribunale, chiedo se è possibile individuare una figura diversa. Credo che oggi il rischio grande sia quello di perdere i migliori magistrati. Infatti, nel momento in cui un magistrato ha qualità notevoli, emana ottime sentenze ed è un abile gestore della macchina della giustizia, viene promosso, quindi viene chiamato a dover organizzare quella macchina attraverso i tribunali.
Vorrei sapere se è possibile individuare un soggetto laico, un gestore delle risorse umane che non costringa il presidente del tribunale a occuparsi di reperire la lampadina o il tecnico dell'ascensore, ma lo metta in condizione di amministrare unicamente la giustizia, di occuparsi delle sentenze, di far svolgere i processi, chiedendo al soggetto organizzatore gli «attrezzi» per far sì che alla fine dell'anno quel tribunale abbia avuto tante cause iscritte a ruolo per quanto riguarda la parte civile, tanti procedimenti penali per quanto riguarda la parte penale assorbiti da una macchina che un altro soggetto mette in condizione di funzionare.

DONATELLA FERRANTI. Signor presidente, vorrei rivolgere domande sia al direttore del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria (DOG) sia ai componenti del CSM.
Il dottor Birritteri ha fatto delle affermazioni un po' pesanti, considerando il ruolo che ricopre, e mi sembra anche in contrasto con i risultati dell'attività giudiziaria riportati dal ministro nella comunicazione al Parlamento. Il ministro ha sostanzialmente affermato che quest'anno c'è stato un livello di produttività tale per cui si è registrata una capacità di eliminare addirittura più cause - non ricordo se nel penale o nel civile - di quelle che sono entrate.
Se questa è la premessa, francamente non mi sembra particolarmente oggettiva l'esposizione del direttore del DOG laddove sostiene che, in questo sistema, fino adesso, abbiamo esempi di anarchia - così si è espresso - organizzativa.
Poiché si verifica che, a parità di risorse, ci sono differenti risultati, allora vorrei uscire fuori (del resto, questo è il significato di questa audizione) dai proclami e chiederle di citare esempi concreti nei quali, a parità di risorse, di affari pendenti e di tipologie di cause (abbiamo fatto lo stesso mestiere, quindi sappiamo che le cause non pesano tutte allo stesso


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modo), ci sono risultati differenti derivanti dall'incapacità dell'organizzazione.
Il corollario che ne deriva è il seguente: se sono state individuate incapacità organizzative di titolari degli uffici da parte del ministero - le delibere del CSM approvano i piani organizzativi e passano, per il relativo decreto, al ministro che le deve vagliare - il ministro ha segnalato al Consiglio superiore della magistratura i capi degli uffici che non hanno avuto determinati dati di produttività a parità di risorse? Quali sono? Possiamo conoscere i nomi?
Inoltre, la terza domanda è sempre rivolta al direttore del DOG, ma anche, se ritengono di rispondere, agli altri auditi. C'è stato un criterio che fa riferimento a piante organiche dei magistrati e del personale, rapporti strettamente connessi. Ebbene, chiedo se è stato fatto, in questo anno e mezzo, dal Consiglio superiore o d'intesa col ministero o solo dal ministero - rientra in un'unica esigenza di organizzazione - un monitoraggio serio, oggettivo, che faccia riferimento, per ciascun ufficio, a carico, tipologia, numero di magistrati in servizio, personale in servizio, qualifiche eccetera, per capire dove c'è sovrabbondanza e dove no, dove è necessario adeguare la pianta organica e dove non è necessario.
Vorrei risposte precise, non soltanto affermazioni di principio, che conosciamo tutti. Si è detto prima, con una grave affermazione, che con il decreto del 15 dicembre 2008 non è stato licenziato nessuno. Ci mancherebbe! Vorrei capire se quella riduzione delle piante organiche, a bocce ferme, è stata decisa dopo aver svolto un monitoraggio serio delle esigenze di funzionamento degli uffici oppure prendendo a base la situazione che ha rappresentato il consigliere Pilato, ossia congelando la situazione di organico esistente. Vorrei sapere se si è verificata questa situazione oppure se il ministero, oltre a tenere conto delle giuste esigenze di riorganizzazione, ha svolto anche questa analisi.
Sollevo, ora, un tema che non è oggetto specifico dell'audizione, ma è stato introdotto da una domanda posta dall'onorevole Contento, a cui mi aggancio. Il tema è quello della scuola di formazione. Vorrei sapere se è vero o meno che risultano già, oltre a personale, anche delle sedi di tale scuola che vengono pagate dal ministero e che di fatto non sono utilizzate, dal momento che la scuola ancora non funziona.
Quando si prevede concretamente l'avvio della scuola di formazione dei magistrati? Inoltre, in un parere che è stato espresso dalla VI Commissione che sembra sia all'ordine del giorno del plenum, risulta una perplessità riguardante la valutazione che darebbe la scuola sull'idoneità a ricoprire posti direttivi da parte di chi frequenta i corsi. Dico questo con riferimento a una norma che è stata introdotta nel decreto legge del 16 settembre 2008, n. 143, cosiddetto «sedi disagiate», che riprende una norma dell'ordinamento giudiziario che era stata cassata nella scorsa legislatura in sede di approvazione della legge n. 111 del 2007.
Non avrei introdotto di mia iniziativa questo tema, dunque se lo ritenete superfluo possiamo anche non parlarne. Se, invece, risponderete all'onorevole Contento, vorrei anch'io una risposta, sia da parte del ministero, sia da parte dei consiglieri del CSM.

FEDERICO PALOMBA. Le mie domande sono rivolte ad entrambe le espressioni istituzionali presenti. Abbiamo in corso di discussione il decreto-legge C. 3084 sulla funzionalità della giustizia. Uno dei temi è rappresentato dalla scopertura delle sedi. Mi pare di aver compreso che nella posizione del Consiglio non ci sono remore né ostacoli all'assegnazione di magistrati di prima nomina, a ogni sede, comprese le funzioni monocratiche, soprattutto le funzioni di procura, essendo le procure uffici gerarchicamente ordinati. Tuttavia, mi rivolgo in particolare al rappresentante del ministero, per sapere quali siano le reali motivazioni per cui c'è un'opposizione al riguardo.
In secondo luogo, nell'articolo 1 si parla della proroga della magistratura onoraria. Vorrei conoscere da entrambe le


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istituzioni la posizione per quanto riguarda la magistratura di pace, una magistratura essenziale, che esamina e definisce nel giro di un anno un grande numero di processi. È necessaria una riforma ordinamentale, dunque vorrei conoscere quali sono gli orientamenti di entrambi sull'ordinamento da prevedere per i giudici di pace che, se non possono essere assimilati alla giurisdizione ordinaria, tuttavia è necessario che abbiano uno status.
Ci sono, nel balletto di cifre che abbiamo ascoltato, dati concreti sugli effetti che deriverebbero ai procedimenti in corso dalla eventuale applicazione del cosiddetto «processo breve»?
Infine, il Ministero e il Consiglio superiore della magistratura hanno già dei dati sull'efficacia delle modifiche al processo civile introdotte sei mesi fa?

PRESIDENTE. Come temevo, non siamo riusciti a esaurire l'elenco dei colleghi iscritti a parlare dovendo scendere in Aula, dove alle 16 avranno luogo votazioni immediate.
Per quanto concerne i rappresentanti del Governo e del CSM, dovrò pregarli - non siamo riusciti a essere più sintetici, ma d'altronde i temi erano di interesse - di ritornare in un'altra data, fermo restando che possono anche inviare persone che ritengono possano rispondere alle domande.
Ovviamente, gradirei che intervenissero anche coloro che non sono riusciti a farlo oggi. Ringrazio tutti gli intervenuti e rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

La seduta termina alle 15,55.

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