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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione II
1.
Martedì 11 dicembre 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Federico Palomba, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 3145 BERSANI, C. 3872 NACCARATO E C. 3986 TORRISI RECANTI DISPOSIZIONI IN MATERIA DI RICICLAGGIO E IMPIEGO DEI PROVENTI DI REATO DA PARTE DEI CONCORRENTI NEL MEDESIMO

Audizione del Procuratore nazionale antimafia, dottor Pietro Grasso, e del Procuratore aggiunto presso la procura della Repubblica di Milano, dottor Francesco Greco:

Federico Palomba, Presidente ... 3 8 9 10
Ferranti Donatella (PD) ... 8
Grasso Pietro, Procuratore nazionale antimafia ... 3 8 9
Greco Francesco, Procuratore aggiunto presso la procura della Repubblica di Milano ... 6 9
Paolini Luca Rodolfo (LNP) ... 9
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Intesa Popolare): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Autonomia Sud - Lega Sud Ausonia - Popoli Sovrani d'Europa: Misto-ASud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL; Misto-Diritti e Libertà: Misto-DL.

COMMISSIONE II
GIUSTIZIA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 11 dicembre 2012


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FEDERICO PALOMBA

La seduta comincia alle 13,35.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del Procuratore nazionale antimafia, dottor Pietro Grasso, e del Procuratore aggiunto presso la procura della Repubblica di Milano, dottor Francesco Greco.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nel quadro dell'indagine conoscitiva avviata nell'ambito dell'esame delle proposte di legge C. 3145 Bersani, C. 3872 Naccarato e C. 3986 Torrisi recanti disposizioni in materia di riciclaggio e impiego dei proventi di reato da parte dei concorrenti nel medesimo, l'audizione del Procuratore nazionale antimafia, dottor Pietro Grasso, e del Procuratore aggiunto presso la procura della Repubblica di Milano, dottor Francesco Greco.
Do la parola ai nostri ospiti per lo svolgimento delle relazioni.

PIETRO GRASSO, Procuratore nazionale antimafia. Voglio ringraziare la Commissione giustizia della Camera dei deputati, che mi dà ancora una volta la possibilità di ribadire un discorso che ho più volte affrontato sia in questo ramo del Parlamento sia in Senato.
Nel 2009 il cosiddetto «pacchetto sicurezza», che era in discussione, conteneva una norma sull'autoriciclaggio, ma stranamente fu stralciata. Da allora non si è più avuta la possibilità di riprenderla in esame nonostante il Fondo monetario internazionale, le risoluzioni sulla criminalità organizzata dell'Unione europea, la Banca d'Italia, la Guardia di finanza e quasi tutti i Paesi europei contemplino questo tipo di reato. Penso sia ormai evidente che anche il nostro Paese si dovrebbe dotare di questo importantissimo strumento.
La strategia di aggressione ai patrimoni mafiosi viene attuata con le misure di prevenzione, ma non con lo strumento proprio del riciclaggio, tant'è che i sequestri e le confische di cui è piena la cronaca sono per la maggior parte frutto dell'azione di prevenzione contro la criminalità organizzata esercitata attraverso la legge Rognoni-La Torre e le modifiche normative che sono seguite, tra cui la riforma del 2008.
I processi per riciclaggio sono ben poca cosa rispetto alla diffusione del fenomeno, che trova fonte di reati-presupposto non solo in tutti i reati di criminalità organizzata, ma anche in corruzione ed evasione fiscale, realtà criminali ugualmente presenti e diffuse che incidono sull'economia generale del nostro Paese. Combattere questo tipo di fenomeni attraverso il riciclaggio e ancor di più attraverso l'autoriciclaggio significa aiutare anche lo sviluppo e la crescita del nostro Paese.
Le proposte di legge in esame oggi sono sostanzialmente identiche. Propongono, infatti, la soppressione dell'inciso «fuori dei casi di concorso nel reato» all'articolo


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648-bis del codice penale e delle parole «dei casi di concorso nel reato e» per quanto riguarda l'articolo 648-ter. Su questa differenziazione vorrei fare alcune precisazioni.
Un primo rilievo di carattere generale riguarda la collocazione sistematica della norma in materia di riciclaggio. L'inserimento degli articoli 648-bis e 648-ter nel titolo tredicesimo del codice penale, che concerne i delitti contro il patrimonio, deriva dalla scelta iniziale del legislatore di costruire tali fattispecie sul modello del delitto di ricettazione. In realtà, le ormai consolidate osservazioni di tipo criminologico dimostrano che le attività di riciclaggio e di reinvestimento incidono in misura sensibile sul sistema economico nel suo complesso con specifico riguardo al settore finanziario, utilizzato dal crimine organizzato per l'allocazione più conveniente delle risorse patrimoniali illecitamente conseguite.
Il decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, che dà attuazione alla direttiva 2005/60 CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, contiene all'articolo 2 - nella relazione della relatrice a questo provvedimento tale elemento è già indicato - un'ampia definizione del riciclaggio, che, sebbene finalizzata alla materia disciplinata da quella specifica normativa, non può non influenzare anche le scelte del legislatore nel settore penale.
Come è noto, non esiste però nel catalogo dei beni-interesse considerati espressamente nella parte speciale del codice penale il bene giuridico collegato all'integrità del sistema finanziario. Non apparendo, quindi, agevole, nella riformulazione della disposizione in tema di riciclaggio, trovare per tale fattispecie un'autonoma collocazione, si è ipotizzata un'integrazione del titolo ottavo del libro II del codice penale, relativo ai delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio, includendo anche fattispecie di reato che si riferiscono all'incidenza sul sistema delle relazioni economiche derivanti dalla circolazione di ricchezze di provenienza illecita. Si tratta di una risistemazione della parte speciale del nostro codice penale più consona agli scopi di questa norma.
Un secondo rilievo, riferito anche alla formulazione dei disegni di legge, riguarda l'opportunità di inserire in una medesima disposizione le fattispecie di riciclaggio e di reinvestimento che oggi sono disciplinate in modo separato dagli articoli 648-bis e 648-ter del codice penale. Una più aggiornata rivisitazione della materia consente di affermare che il fenomeno del riciclaggio ricomprende ormai - è un fatto acquisito - le fasi del placement, cioè il piazzamento o collocamento dei proventi illeciti, del layering, la stratificazione consistente in operazioni finanziarie finalizzate a separare i capitali illeciti dalla propria fonte, e dell'integration, consistente appunto nell'integrazione dei proventi ripuliti nel circuito dell'economia lecita attraverso investimenti o esercizio di attività imprenditoriali.
Sembra, dunque, inutile e foriero, come è avvenuto sinora nella pratica, di problemi di punibilità continuare a mantenere separate le fattispecie, lasciando di conseguenza che la causa di esclusione della punibilità, venuta meno per l'autore del reato-presupposto con il disegno di legge in questione, rimanga comunque vigente nella fattispecie di cui all'articolo 648-ter. A seguito dell'eliminazione dell'inciso «fuori dei casi di concorso nel reato» nell'articolo 648-bis, chi ha realizzato condotte ricomprese nella previsione di cui all'articolo 648-bis non può essere punito per il reato di cui all'articolo 648-ter.
Se il riciclaggio consiste alternativamente o cumulativamente in una pluralità di condotte, chi realizzi anche una soltanto di esse è da considerare comunque autore di quel delitto e questo agevola ovviamente la comprensione di fenomeni complessi, dove è difficile di volta in volta riuscire a stabilire l'attività precedente, l'attività successiva e quella di impiego illecito o di nascondimento del capitale, come quelli che coinvolgono una pluralità di soggetti di volta in volta impiegati nella


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sostituzione o nell'investimento di disponibilità finanziarie nell'ambito di organizzazioni criminali ove i ruoli dei soggetti che operano in quel campo appaiono mutevoli a seconda delle contingenti necessità.
La definizione del reato di riciclaggio contenuta nell'articolo 2 del decreto legislativo n. 231 del 2007 non contempla alcuna esclusione per ciò che concerne l'autore dell'attività criminosa da cui provengono i beni che sono oggetto delle condotte. Rimando al testo di questo articolo 2, che la relatrice ha messo in evidenza nella sua relazione introduttiva, perché io penso che su quel modello bisogna riconfigurare il reato di autoriciclaggio e di riciclaggio. Sotto tale profilo, il richiamo può essere utile nella costruzione di una fattispecie che contempli anche l'ipotesi dell'autoriciclaggio.
L'intento di temperare una troppo rigida applicazione della fattispecie dell'autoriciclaggio anche per ipotesi di scarsa offensività potrebbe essere realizzato attraverso la selezione delle ipotesi delittuose da cui provengono i profitti illeciti che lo stesso soggetto che ha realizzato il reato-presupposto si impegna a riciclare. In altri termini, selezionando le fattispecie delittuose nell'ambito delle attività della criminalità organizzata, prevedendo, magari esplicitamente, anche l'ipotesi associativa ex articoli 416 e 416-bis del codice penale o quella finalizzata al traffico di stupefacenti, al contrabbando, al traffico di rifiuti e a tutti gli altri reati dell'articolo 51, comma 3-bis del codice di procedura penale e tenendo conto di questo contesto criminale di riferimento, il denaro che proviene da quei determinati delitti sarebbe da considerare come utilizzato per finalità speculative ovvero per scopi correlati alla costante alimentazione dei circuiti malavitosi di origine.
Un'ulteriore riflessione merita l'auspicabile previsione di una norma analoga a quelle di cui all'articolo 73, comma 7, e all'articolo 74, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 in tema di stupefacenti, che predispongono una sensibile diminuzione di pena per coloro che si sono efficacemente adoperati perché l'attività delittuosa non fosse portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione di delitti.
Introdurre una norma analoga significherebbe riconoscere che le attività delittuose collegate al fenomeno del riciclaggio vanno considerate tra le più insidiose manifestazioni del crimine organizzato da disarticolare con ogni mezzo giuridico, oltre che investigativo, che l'ordinamento mette oggi a disposizione. Muovendo da questa premessa mi sono esercitato a prospettare una formulazione della fattispecie incriminatrice unificata di riciclaggio, sistematicamente collocata nel codice penale.
Si parte dal libro II del codice penale che reca «Dei delitti in particolare». Nel titolo ottavo verrebbe eliminato l'aggettivo «pubblica», che dà una specifica qualificazione all'economia, e la rubrica diventerebbe «Dei delitti contro l'economia, l'industria e il commercio». Si dovrebbe aggiungere un capo quarto, poiché quel titolo finisce col capo terzo, rubricato «Dei delitti contro l'infiltrazione di denaro, beni e altre utilità provento di delitti in attività economiche finanziarie», che sarebbe la nuova fattispecie di reato.
Si potrebbe poi introdurre un articolo 518-bis, intitolato «Riciclaggio e impiego di denaro, beni e utilità di provenienza illecita», che reciterebbe: Chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa ovvero, fuori dei casi previsti dall'articolo 648, impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti dai medesimi delitti è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da diecimila a centomila euro.
La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo di cinque anni (in


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questo modo si attenuerebbe l'ipotesi rispetto al reato-presupposto). Nei confronti della persona che ha commesso ovvero ha concorso nel reato-presupposto si applica la reclusione da uno a sei anni e la multa da cinquemila a centomila euro (con un'attenuazione di pena rispetto al concorrente nel reato-presupposto.
La pena verrebbe aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale e quando il reato-presupposto è commesso da persona non imputabile o per ipotesi diverse dall'articolo 648 si applica l'ultimo comma dell'articolo 648.
Infine, «Le pene previste dai commi precedenti sono diminuite dalla metà a due terzi per chi si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti e nell'individuazione di denaro, beni o altre utilità provento di attività delittuose». Conseguentemente gli articoli 648-bis e 648-ter risulterebbero abrogati.
Questa è l'ipotesi che il nostro ufficio ha studiato. Consegno la mia relazione affinché possa essere allegata agli atti.

FRANCESCO GRECO, Procuratore aggiunto presso la procura della Repubblica di Milano. Buongiorno. Quando si parla di autoriciclaggio spesso si fa confusione. Il concetto di autoriciclaggio è stato introdotto nel dibattito parlamentare, dopo una riunione del gennaio 2004, con il primo disegno di legge sul risparmio stilato dall'allora Governo Berlusconi e in particolare dall'onorevole Tremonti, che all'epoca era Ministro dell'economia.
Nel dibattito politico e giuridico era invece già stato introdotto per due motivi. Il primo è che una norma sull'autoriciclaggio era in vigore in tutti i Paesi del mondo, compresa la Svizzera, ad eccezione di Cina, Tanzania e Italia. Il secondo motivo è che in sede di commissione rogatoriale ci imbattevamo in questa strana figura giuridica e ci chiedevamo come mai non fosse presente nel nostro ordinamento. Se lo chiese anche l'OCSE in sede di prima valutazione dell'Italia sulla ratifica della Convenzione anticorruzione di Parigi del 1997.
Questo è il quadro storico in cui si comincia a parlare di autoriciclaggio. Dal punto di vista pratico nelle nostre indagini degli ultimi vent'anni abbiamo scoperto che il vero riciclaggio, quello dei grandi numeri, consiste nella trasformazione del denaro pulito in denaro sporco. Probabilmente esiste anche l'inverso, ma la maggior parte dei nostri processi colpisce il flusso finanziario che dall'economia reale va nell'economia clandestina.
Se consideriamo che lo Stato italiano ha approvato tre scudi fiscali per far rientrare i capitali clandestinamente trasferiti in Svizzera e che, come noi, hanno fatto tutti i Paesi del mondo, dagli Stati Uniti alla Gran Bretagna, alla Germania - seppur con prezzi differenti, ma questo è un altro paio di maniche -, ci rendiamo conto di quale sia il problema.
Ciò a cui assistiamo costantemente è la trasformazione del denaro pulito, frutto di attività finanziarie, produttive ed economiche, in denaro sporco, denaro cioè che viene «clandestinizzato» per essere investito negli hedge fund delle Isole Cayman. I flussi sono enormi e il problema del riciclaggio si coniuga strettamente con quello dell'evasione fiscale.
Nel dibattito degli anni Ottanta, che portò alle convenzioni antiriciclaggio e all'introduzione in Italia nei primi anni Novanta degli articoli 648-bis e ter, la questione principale era fare in modo che i soldi della mafia non entrassero nell'economia pulita. Tutto il dibattito sull'antiriciclaggio ruotò attorno a questo problema e le organizzazioni internazionali individuarono nella responsabilizzazione degli intermediari finanziari la chiave di contrasto, tant'è che nacquero la policy «Conosci il tuo cliente» e la teoria delle segnalazioni sospette.
Il fatto è che il tipo di riciclaggio che veniva studiato dalle organizzazioni internazionali e dall'ONU e su cui si sono basate sia le grandi convenzioni della fine degli anni Ottanta sia le norme ad hoc


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adottate nei singoli ordinamenti, non esisteva già più. Ricordo che la prima stesura dell'articolo 648-bis prevedeva quattro reati-presupposto. Già l'anno seguente il legislatore cambiò la norma, eliminandoli. Quelle disposizioni sono state applicate soltanto ai rottamatori di auto degli hinterland delle grandi città. La giurisprudenza della Corte di cassazione sul riciclaggio nel 99 per cento dei casi si occupa di auto rubate e truccate. Non credo che il legislatore internazionale e nazionale pensasse a questo mentre dibatteva il problema del riciclaggio.
Oggi siamo in una situazione diversa. Da vent'anni a questa parte i flussi finanziari che osserviamo e verso i quali indaghiamo sono quelli che ho descritto prima. Queste norme non sono utili per contrastare il riciclaggio del denaro pulito. Forse sono ancora utili per contrastare la reimmissione del denaro sporco nel circuito produttivo, ma io penso che, se avessi del denaro clandestino, lo porterei alle Cayman e investirei in hedge fund perché è molto più redditizio che comprare una pizzeria in Italia con tutti i problemi di IMU e concessioni che ci sono.
Da anni chiediamo il reato di autoriciclaggio perché siamo consapevoli del fatto che non si possono contrastare i flussi di denaro dall'economia reale all'economia clandestina senza una norma specifica. Tutte le convenzioni internazionali immaginano da sempre due piani: quello del flusso finanziario e quello della copertura contabile del flusso finanziario. Dalla convenzione OCSE del 1997 a quella dell'Unione europea, dalla convenzione di Merida a quella di Palermo, tutte affermano la necessità di assicurare la trasparenza dei flussi finanziari e la trasparenza contabile.
Non esistono al mondo flussi finanziari privi di una copertura contabile perché non esistono più flussi finanziari tra persone fisiche. I flussi finanziari sono solo tra società e nelle società occorre regolarizzare il passaggio di denaro. Da un lato è, quindi, necessario il reato di autoriciclaggio e dall'altro sono necessarie adeguate norme sulla contabilità. A mio avviso, come ho già detto in altra occasione, sia le norme sul falso in bilancio sia quelle sulla frode fiscale non sono adeguate ad assicurare la trasparenza contabile che le convenzioni internazionali richiedono. L'autoriciclaggio sarebbe anche una sorta di attuazione delle convenzioni internazionali in materia di corruzione e di criminalità organizzata.
Il quadro complessivo è questo. Io però non sono un legislatore e non so dirvi come debbano essere elaborate queste norme. Del resto, non credo di essere stato chiamato qui per questo. Posso dirvi che i disegni di legge all'esame sono uguali al decreto sul risparmio presentato dal Governo Berlusconi nel 2004. Dopo di allora, sull'autoriciclaggio si sono autorevolmente pronunziati il procuratore nazionale antimafia qui presente, Mario Draghi, il Governatore Visco, la Guardia di finanza e per questo immaginerei una piena condivisione bipartisan.
Io sono molto d'accordo con l'impostazione di Pietro Grasso perché fu un errore di partenza del legislatore italiano quello di inserire le norme sul riciclaggio dopo la ricettazione. Si tratta in realtà di norme di favoreggiamento. Che siano collocate dopo il favoreggiamento reale o dopo i reati contro l'economia cambia poco. Deve essere però chiaro il tipo di condotte che colpiamo.
Bisogna anche distinguere la figura dei cosiddetti iscritti all'albo dei riciclatori. Spesso abbiamo a che fare con validi fiduciari svizzeri, terrorizzati dalla possibilità di essere arrestati dalla procura di Milano. Appena individuiamo un fiduciario svizzero, questi si precipita a confessare. Le riprese fiscali sulle loro confessioni stanno raggiungendo cifre da manovra finanziaria. Solo da uno di essi l'agenzia delle entrate ha già recuperato più di cinquecento milioni di euro.
Quando si chiede loro che lavoro fanno, rispondono di essere regolarmente iscritti all'albo dei riciclatori. La Cassazione ci dice, però, che si tratta di concorrenti nell'appropriazione indebita. Questi soggetti non rispondono di riciclaggio, ma di concorso nel reato-presupposto. Oltre a


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ciò, abbiamo il problema del cittadino italiano che, usando tecniche di riciclaggio, fa sparire i soldi della sua società. A costui contestiamo al più il reato di appropriazione indebita, con una serie di problemi giuridici enormi.
È chiaro che il riciclatore deve essere punito in maniera più grave, tuttavia una punizione ci deve essere per entrambi. Il punto centrale dell'autoriciclaggio è proprio questo. Occorre distinguere le pene, ma eliminando quelle tre parole si parificano due condotte sostanzialmente diverse ed è qui che nascono le critiche alla rigidità delle teorie dell'antiriciclaggio. L'impostazione di Pietro Grasso oppure la previsione di un'aggravante o di una diminuente per colui che concorre permetterebbe di graduare la pena. Lascio, tuttavia, al legislatore immaginare la soluzione migliore.
È importante avere chiaro il quadro teorico, storico e pratico in cui siamo inseriti. Come dice Attilio Befera, a Lugano non sono più disponibili cassette di sicurezza nemmeno negli alberghi. Questo fenomeno, riscontrato negli ultimi anni e purtroppo perdurante, ci deve far riflettere seriamente sul fatto che l'autoriciclaggio è l'unico strumento di repressione che possiamo utilizzare per frenare, contenere e disvelare questo enorme flusso di capitali.
Deve essere chiaro perché la scelta verte su questo.

PIETRO GRASSO, Procuratore nazionale antimafia. Se posso, vorrei aggiungere un'osservazione.
Il nero che emerge dalla corruzione, oltre che dall'evasione fiscale, è certamente veicolato attraverso questo sistema. Un'indagine sulla corruzione che non possa cercare i soldi della corruzione stessa perché bloccata dalla norma risente della carenza di questo strumento. Per l'evasione fiscale si dovrebbe forse prevedere anche un reato più grave di frode fiscale per poter agganciare il riciclaggio che deriva dal reato-presupposto. La sola sanzione amministrativa pone qualche problema dal punto di vista giuridico.
Quando attraverso le nostre indagini troviamo un soggetto che, come diceva il collega Greco, si presta a riciclare denaro, un fiduciario, questo ha la funzione di veicolare sia i soldi della criminalità organizzata e quindi i profitti illeciti sia i flussi di denaro che provengono dalla corruzione, dal nero e dall'evasione fiscale, tutte attività che sono spesso unite.
Inoltre, questi soggetti operano la compensazione. Se un criminale affida loro dei soldi da portare alle Cayman e contemporaneamente un imprenditore ha bisogno di denaro in Italia non avviene alcun movimento di denaro. Il riciclaggio non si vede perché quel denaro è messo a disposizione direttamente in Italia. In questo modo non si verifica nemmeno l'attività materiale del reato da perseguire. Sono casi all'ordine del giorno.
Senza gli strumenti adeguati queste attività non sarebbero perseguibili né individuabili.

PRESIDENTE. Ringrazio il procuratore Grasso e il dottor Greco e do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

DONATELLA FERRANTI. Non ho domande, ma piuttosto una riflessione da sottoporre ai nostri ospiti. Abbiamo voluto ascoltarvi quest'oggi per concludere un brevissimo ciclo di audizioni che, tenuto conto anche del materiale fornitoci dal servizio studi, consentisse di elaborare un testo unificato, sul quale sembrava ci fosse la convergenza di tutti i gruppi politici, da portare all'approvazione almeno in un ramo del Parlamento.
Si parla del tema da vari anni, ma non si riesce a concretizzare quest'esigenza comunemente avvertita. Gli ultimi sviluppi parlamentari certamente creeranno una stasi, ma le audizioni svolte nell'ambito di questa indagine conoscitiva costituiscono un testimone da lasciare alla prossima legislatura.
A nome di tutti, quindi, vi ringrazio per l'apporto chiaro e costruttivo che ci avete fornito.


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LUCA RODOLFO PAOLINI. Saluto e ringrazio i nostri ospiti. In Commissione antimafia è emerso un problema sollevato da un magistrato che opera in collegamento con il Bundeskriminalamt (BKA) tedesco. La Germania, che non è certo uno «Stato canaglia», offre la massima collaborazione quando si tratta di investigare sul terrorismo. Quando, invece, si tratta di seguire le tracce di denaro reinvestito nel territorio tedesco, questa collaborazione è inferiore, anche perché la normativa tedesca in materia di contrasto alle mafie, ai reati associativi eccetera non è stringente come la nostra.
Volevo chiedervi se questa impressione è confermata. Il problema del riciclaggio e dell'autoriciclaggio trova un limite solo nella normativa italiana o è invece più complesso perché purtroppo non possiamo legiferare in Paesi esteri?

PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

FRANCESCO GRECO, Procuratore aggiunto presso la procura della Repubblica di Milano. Negli ultimi vent'anni sono stati fatti passi da gigante nella collaborazione internazionale, benché permangano alcune situazioni piuttosto gravi persino dentro l'Unione europea. Non parlo tanto della Germania, con la quale io ho sempre avuto ottimi rapporti anche nel controllo dei flussi finanziari, quanto per esempio del Lussemburgo e in parte dell'Austria. La Svizzera, se decide di collaborare, lo fa, pur con i suoi tempi. Il problema però è complesso.
Per quanto riguarda la materia del riciclaggio la collaborazione internazionale è abbastanza avanzata e completa. Inoltre, gli Stati temono il controllo di organizzazioni internazionali quali il Gruppo d'azione finanziaria internazionale contro il riciclaggio di capitali (GAFI) o l'OCSE. Detto questo, a volte in relazione all'autoriciclaggio nascono problemi giuridici derivanti dalla possibilità di configurare in sede di commissione rogatoriale alcune condotte da rappresentare alle autorità giudiziarie straniere. Una maggiore omogeneità a livello europeo, quanto meno in queste materie, sarebbe fondamentale.
Ogni anno all'ufficio di informazione finanziaria arrivano circa settantamila segnalazioni sospette. Il numero è approssimativo, ma oscuro perché, nonostante gli sforzi enormi della Guardia di Finanza e nostri, controllare ogni anno settantamila segnalazioni sospette è praticamente impossibile. Da questo punto di vista, la semplificazione normativa penale che deriverebbe dalla norma sull'autoriciclaggio è molto utile.
Del resto, gli stessi intermediari finanziari italiani, con i quali abbiamo un dialogo costante, ci chiedono chiarimenti. Questo problema non riguarda più solo gli intermediari finanziari, ma anche i commercialisti, gli avvocati, i notai, le società di revisione. La platea legata alla questione del riciclaggio sta diventando enorme e chiede chiarimenti. Uno dei nodi principali è che il decreto legislativo n. 231 del 2007 ha già in sé un'ipotesi amministrativa di autoriciclaggio che contrasta con la normativa penale e crea un problema applicativo anche in sede di segnalazione di operazioni sospette.
Mentre in passato alcuni dei soggetti che vi ho indicato, come per esempio l'ABI, erano nettamente contrari all'autoriciclaggio, oggi credo che un chiarimento in questa materia sia richiesto e auspicato da tutti.

PIETRO GRASSO, Procuratore nazionale antimafia. Il problema nei rapporti con la Germania è che spesso agiamo, come dicevo prima, con gli strumenti e le misure di prevenzione previsti dalla legge Rognoni-La Torre, che non possono trovare corrispondenza in un Paese, anche se membro dell'Ue, dove questa legislazione non esiste. Del resto, non sono in corso indagini per riciclaggio proprio per questa carenza.
Il sistema di segnalazione di operazioni sospette per fare emergere il reato di riciclaggio è inconcludente rispetto all'effettivo risultato che si vorrebbe raggiungere. Come dico da anni, andrebbe modificato. È diventato impossibile gestire il


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numero delle segnalazioni, ma quelle che davvero servirebbero non arrivano. La criminalità organizzata, sapendo che può partire una segnalazione, usa una banca di favore che non segnala o trova altre strade. Lo strumento è esagerato e non produce l'effetto voluto.
Soltanto l'uno per cento delle segnalazioni proviene dai professionisti che ha nominato il collega, il che significa che coloro che dovrebbero darci materiale per perseguire il riciclaggio non collaborano. Un sistema basato sulla denuncia dei propri clienti non può che fare acqua perché il cliente segnalato è un cliente perso.
Per risolvere il problema forse bisognerebbe indagare i flussi finanziari o condurre un altro tipo di indagine per fare emergere il riciclaggio piuttosto che contare sulla collaborazione oggi eccessiva delle banche e invece carente dei professionisti che operano nel settore.

PRESIDENTE. Ringrazio gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,20.

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