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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissioni Riunite
(II e X)
3.
Martedì 10 novembre 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Palomba Federico, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA IN RELAZIONE ALL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 3 INIZIATIVA POPOLARE, C. 503 SILIQUINI, C. 1553 VIETTI, C. 1590 VITALI, C. 1934 FRONER, C. 2077 FORMISANO E C. 2239 MANTINI, IN MATERIA DI RIFORMA DELLE PROFESSIONI

Audizione di rappresentanti del Comitato unitario per le professioni intellettuali (CUP) per le aree sanitaria e tecnica, e del presidente del Forum delle professioni intellettuali (Coordinamento dei comitati unitari professioni intellettuali del nord Italia):

Palomba Federico, Presidente ... 3 19
Calderone Marina Elvira, Presidente del Comitato unitario delle professioni intellettuali ... 3 16
Cappochin Giuseppe, Presidente del Forum delle professioni intellettuali ... 17
Cinotti Antonella, Vicepresidente della Federazione nazionale dei collegi delle ostetriche ... 16
Mantini Pierluigi (UdC) ... 7 18
Orlandi Roberto, Presidente del Consiglio nazionale degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati ... 7
Palma Giuseppe Luigi, Presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine nazionale degli psicologi ... 11
Penocchio Gaetano, Vicepresidentedella Federazione nazionale ordini veterinari italiani ... 14
Pizzolato Gianfranco, Vicepresidente del Consiglio nazionale degli architetti ... 3
Sabatino Massimiliano, Componente del Comitato centrale della Federazione nazionale tecnici sanitari di radiologia medica ... 6 7
Siliquini Maria Grazia (PdL) ... 7
Silvestro Annalisa, Presidente della Federazione nazionale collegi infermieri ... 13
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.

COMMISSIONI RIUNITE
II (GIUSTIZIA) E X (ATTIVITÀ PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO)

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 10 novembre 2009


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DELLA II COMMISSIONE FEDERICO PALOMBA

La seduta comincia alle 12,15.

(Le Commissioni approvano il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti del Comitato unitario per le professioni intellettuali (CUP) per le aree sanitaria e tecnica, e del presidente del Forum delle professioni intellettuali (Coordinamento dei comitati unitari professioni intellettuali del nord Italia).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in relazione all'esame delle proposte di legge C. 3 Iniziativa popolare, C. 503 Siliquini, C. 1553 Vietti C. 1590 Vitali, C. 1934 Froner, C. 2077 Formisano e C. 2239 Mantini, in materia di riforma delle professioni, l'audizione di rappresentanti del Comitato unitario per le professioni intellettuali (CUP) per le aree sanitaria e tecnica, e del presidente del Forum delle professioni intellettuali (Coordinamento dei comitati unitari professioni intellettuali del nord Italia).
In particolare, oggi proseguirà l'audizione dei rappresentanti del Comitato unitario delle professioni intellettuali (CUP).
Ricordo che sono già stati auditi i rappresentanti degli ordini per l'area giuridico-economica e sociale e che, nella seduta odierna, ascolteremo i rappresentanti degli ordini per le aree sanitaria e tecnica.
Martedì 17 novembre, la dottoressa Marina Elvira Calderone, presidente del CUP, presenterà il documento nel quale sarà riportata la posizione ufficiale del comitato da lei presieduto.
Inoltre, oggi sarà sentito il presidente del Forum delle professioni del nord Italia, architetto Giuseppe Cappochin, per concludere le audizioni del Forum, iniziate nella scorsa seduta.
Do la parola ai nostri ospiti.

MARINA ELVIRA CALDERONE, Presidente del Comitato unitario delle professioni intellettuali. Signor presidente, grazie per questa seconda opportunità che ci viene offerta. Oggi, sono presenti in Commissione le professioni dell'area sanitaria e dell'area tecnica.
Credo che i colleghi possano quindi interloquire direttamente con le Commissioni riunite, a iniziare dal collega Pizzolato, vicepresidente del Consiglio nazionale degli architetti.

GIANFRANCO PIZZOLATO, Vicepresidente del Consiglio nazionale degli architetti. Signor presidente, la ringrazio per l'opportunità di tenere questa audizione.
Credo che sia noto a tutti l'impegno che il Consiglio nazionale degli architetti ha sempre profuso per una riforma delle professioni che non fosse solo semplificativa, ma che portasse anche a un effettivo


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aggiornamento delle possibilità organizzative di tutte le professioni e a una definizione delle stesse.
Questo impegno si è concretizzato, a suo tempo, nella presentazione di un disegno di legge di iniziativa popolare.
Nondimeno, oggi abbiamo la consapevolezza che sia opportuno imboccare una strada diversa che sostanzialmente abbandoni il tentativo di una legge che risolva in un unico testo il problema duale delle professioni intellettuali e delle associazioni e che ci si debba concentrare in primis su una legge di riforma delle cosiddette professioni intellettuali «regolamentate».
Dico subito che il Consiglio nazionale degli architetti condivide - perché ne ha discusso preventivamente e ha partecipato alle riunioni - le impostazioni di carattere generale che il presidente del CUP ha già espresso nella precedente audizione e che si concretizzeranno in un documento finale che il CUP stesso presenterà alle Commissioni riunite.
In particolare, condividiamo il fatto che la legge debba basarsi su princìpi condivisi e comuni a tutte le professioni intellettuali regolamentate.
Inoltre, riteniamo che sia assolutamente indispensabile arrivare, in questo contesto di enucleazione di principi generali, ad una definizione delle professioni intellettuali regolamentate, intese come attività economiche, anche organizzate, in forma associata o societaria, dirette al compimento di atti e della prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitate abitualmente, e in via prevalente, con il lavoro intellettuale, per cui sono richiesti un titolo di studio universitario o equipollente, il superamento di un esame di Stato, la frequenza di un tirocinio, ai sensi dell'articolo 33 della Costituzione, e l'iscrizione all'Albo professionale.
Riteniamo che queste definizioni debbano essere tali da poter incidere anche sulla modifica del titolo III, libro V, del codice civile, per poter tracciare effettivamente un preciso discrimine tra queste professioni, che vorremmo fossero le uniche a essere chiamate professioni intellettuali, distinguendole così da altre attività, che pure possono avere una componente intellettuale, ma che non prevedono il complesso iter che ho delineato che si conclude con l'iscrizione all'Albo professionale, dopo una serie di verifiche svolte preventivamente attraverso l'attività di vigilanza dell'ordine professionale.
Le modifiche al codice civile potrebbero poi riguardare anche una più puntuale disciplina dei contratti d'opera intellettuali, in maniera da portare definitiva chiarezza sull'argomento ed evitare un linguaggio confuso, che a volte inquina i princìpi stessi dell'ordinamento in talune leggi dello Stato.
Questa legge di princìpi dovrebbe contenere alcune indicazioni precise circa diversi aspetti, quale, ad esempio, la previsione dell'obbligo di svolgere un tirocinio propedeutico all'esame di Stato, con il riconoscimento del diritto all'equo compenso dei tirocinanti. Il tirocinio dovrebbe dunque tendere a sopperire ad alcune manchevolezze della formazione professionale e a dare quel quid pluris professionale che è richiesto per superare l'esame di Stato.
Un altro aspetto che la norma dovrebbe considerare è quello della finalizzazione dell'esame di Stato alla verifica delle conoscenze, delle competenze e delle abilità necessarie per lo svolgimento della professione, nonché la verifica dell'acquisizione dei profili etici e deontologici che sono richiesti per lo svolgimento della stessa.
Viene poi la definizione del ruolo delle norme di deontologia all'interno dell'ordinamento, affinché possano diventare effettivamente cogenti per gli iscritti e avere quella valenza pubblicistica che l'ordinamento pretende che abbiano.
Un altro aspetto riguarda la previsione dell'obbligo dell'aggiornamento professionale continuo degli iscritti, anche attraverso un sistema di crediti; l'obbligatorietà in capo al professionista di un'adeguata copertura assicurativa; l'obbligo di concordare preventivamente con il committente, previa formalizzazione di un disciplinare possibilmente, il prezzo della prestazione, in relazione ai contenuti specifici, alle


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modalità e ai tempi prevedibili per l'esecuzione della stessa. Contestualmente, dovrebbero essere definiti, da parte dell'ordine professionale, degli standard minimi prestazionali, richiesti per l'esercizio della professione e lo svolgimento delle diverse attività, che siano idonei a salvaguardare la qualità della prestazione.
La legge di principi dovrebbe altresì prevedere l'obbligo di garantire al professionista un compenso congruo, ai sensi degli articoli 22 e 32 del codice civile, ripristinando una inderogabilità non solo dei minimi, ma anche dei massimi tariffari, ritenendo tale sistema come l'unico in grado di garantire il rispetto di standard qualitativi definiti per l'appunto dall'ordinamento professionale. Mi riferisco, quindi, a tariffe professionali definite con dei livelli minimi e massimi, rispetto ai quali sia possibile derogare di una percentuale da definire, che potrebbe essere del 20 o 30 per cento, lasciando la libertà pattizia all'interno di questo range e prevedendo la nullità, di ogni ogni patto contrario stipulato dalle parti.
Si dovrebbe inoltre consentire l'esercizio della professione in forma societaria, sia tramite società specifiche tra professionisti, quindi con la definizione di nuove figure societarie, ma lasciando anche, per le professioni che ne avessero la necessità, la possibilità di costituire società di capitali, con dei paletti precisi, ovverosia che il capitale sia residuale e che non abbia una capacità di decisione all'interno degli organismi sociali.
In ogni caso, sempre per le società, deve essere assicurata la certezza dell'autenticità dell'autore della prestazione e deve essere data garanzia del fatto che i professionisti soci siano tutti iscritti all'albo professionale e che le società stesse siano iscritte in elenchi speciali tenuti dagli ordini professionali affinché anche le società siano soggette alle medesime regole deontologiche.
L'area tecnica ritiene che sia importante e utile stabilire tra i principi generali una distinzione all'interno dell'ordinamento di categoria, individuando non solo gli organismi di rappresentanza e di amministrazione, ma anche un consiglio di disciplina, anche aperto all'esterno, che garantisca l'autonomia di giudizio e la responsabilità del professionista, a tutela anche dell'affidamento della clientela.
Riteniamo molto rilevante che in questa legislatura giunga finalmente alla formulazione di una legge-quadro di princìpi, definendo correttamente che cosa si intende per professione intellettuale, anche per evitare gli interventi continui che l'autorità garante Antitrust in primis opera sul settore delle professioni. Un'autorità che fonda le sue osservazioni sull'interpretazione distorta, e spesso infondata, del diritto europeo, che, a nostro parere, è invece totalmente compatibile con l'istituto ordinistico e anzi è rispettoso di tale istituto.
Crediamo che la legge di princìpi comune a tutte le professioni possa articolarsi in alcune deleghe molto circoscritte, in maniera tale che gli ordinamenti delle professioni, che i decreti legislativi dovranno essere chiamati a sviluppare, possano armonizzarsi con questi princìpi.
Non ci si può nascondere dietro a problemi che di solito vengono sottaciuti.
È chiaro che, quando si metterà mano agli ordinamenti specifici delle professioni, occorrerà dedicarsi anche all'individuazione di un elenco delle attività tipiche di ciascuna professione.
È opportuno, tuttavia, che nell'ambito dei principi comuni si preveda che tutte le professioni coinvolte attribuzione delle diverse attività siano coinvolte in questo processo di individuazione delle singole attribuzioni che possono essere a ciascuna riservate oppure innovate nel contenuto.
Confidiamo nel fatto che questa legislatura porti a soluzione tale riforma, che è a nostro giudizio una riforma a costo zero, che renderebbe fortemente innovative e competitive le professioni, dando ai professionisti la possibilità di accedere anche a specifici incentivi e agevolazioni che, in un momento di crisi, sono particolarmente importanti e che non possono essere appannaggio solo delle imprese.


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MASSIMILIANO SABATINO, Componente del Comitato centrale della Federazione nazionale tecnici sanitari di radiologia medica. Ringrazio il presidente e gli onorevoli commissari per aver concesso questa audizione. Parlerò per concetti generali, evitando così di sottolineare i bisogni peculiari della professione che rappresento che, come è stato già ribadito, non riguardano il nostro odierno incontro.
Vogliamo innanzitutto confermare l'impianto del documento che verrà redatto entro il 17 novembre, la bozza di tutte le professioni, su cui conveniamo a pieno titolo.
Il Consiglio nazionale ha deliberato all'unanimità di appoggiare questa iniziativa a favore di una legge delega, o comunque di una legge di princìpi, che possa determinare il quadro e l'impianto su cui poi, attraverso i decreti ministeriali, sia possibile specificare meglio i bisogni delle singole professioni.
A noi interessa sostanzialmente che ci sia una certezza dei tempi e una volontà di chiudere. Il problema è solo questo in questo momento. Potremmo elencare a memoria cinquanta articoli già presentati, a partire da 15 o 20 anni fa.
Se si intende costruire tale operazione, occorre portarla avanti con enunciazioni di princìpi chiari, sintetici, condivisi da tutti e che permettano di portare a casa il risultato. Questo è il nostro bisogno reale.
Abbiamo una storia specifica - apparteniamo al mondo della sanità -, come gli altri colleghi.
Rilevo il fatto che i ministeri che hanno attribuita la funzione di vigilanza - in questo caso mi riferisco al nostro Ministero della salute, o a quello della cui costituzione si sta discutendo in questi giorni - abbiano un ruolo nell'azione di Governo, che siano quindi chiamati ad emanare i decreti che devono essere elaborati sulla base dei bisogni dei consigli nazionali.
Esiste un lavoro di sinergia, di squadra, di governance, in cui possiamo, insieme, determinare un passo in avanti e non condurre una battaglia di retroguardia. Abbiamo bisogno di crescere, di far crescere le nostre professioni, soprattutto nel settore della sanità, per tutelare i nostri cittadini. Questa non è un'operazione di autotutela, ma di tutela dei cittadini. Sono altre forze, infatti, alcune esterne e alcune interne che stanno - scusate la grevità - «spolpando» il nostro servizio sanitario.
Quindi, abbiamo bisogno tutti insieme, parlamentari e forze sociali, di compiere un atto civile di forza per portare a casa questo risultato. A me interessa questo aspetto nello specifico.
Del resto, i princìpi sono stati già enunciati. Li riprenderemo, li raffineremo e tutti insieme potremo contribuire a compiere questa scelta.
Oltre a ciò, mi interessa sottolineare anche il forte distinguo tra il cursus didattico e l'abilitazione professionale, chiedendovi un aiuto, affinché la riforma universitaria non sia in antitesi con il percorso di crescita professionale. Penso ai settori scientifico-disciplinari e alle aree omogenee.
Bisogna stare attenti per evitare che ciò produca delle aberrazioni da parte del ministero che, sicuramente, persegue obiettivi di razionalizzazione e di contenimento della spesa. Tuttavia, ciò non può inficiare il fatto che i percorsi didattici devono essere orientati verso professioni che hanno una determinata caratteristica e un preciso sbocco occupazionale.
Affronto questo delicato tema in audizione, per tentare di sottolineare questo percorso.
Vengo ora alla questione dello sviluppo continuo professionale, ossia all'accreditamento professionale che fa parte della formazione continua. In sanità abbiamo già l'obbligo dei crediti formativi continui.
È un tema interessante, perché, se condiviso con le altre professioni, ci darà la possibilità di avere un professionista continuamente aggiornato e anche competitivo sul mercato delle professioni, ma più in generale sul mercato del lavoro.
Concluderei quindi il mio intervento, ribadendo che abbiamo prodotto una memoria, che vi forniremo, relativa ad alcuni temi a sostegno della legge delega e dell'iniziativa di una legge-quadro.


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La nostra professione si trova peraltro in una situazione in cui il nostro collegio nazionale dovrebbe essere riconosciuto come un ordine professionale, per una questione legata all'attualizzazione del nostro percorso professionale, il percorso didattico, perché siamo laureati ormai da dieci anni. È un atto dovuto. Ciò non è mai stato fatto. La storia è lunga. L'onorevole Siliquini conosce perfettamente il nostro mondo e anche il mondo peculiare delle professioni sanitarie.
Quindi, ritengo che la riforma oggi in discussione sia un primo passo per dare certezza alle professioni già regolamentate che hanno un percorso e che sono inserite in un mondo delle professioni intellettuali già riconosciuto.
Preferiremmo dunque procedere ripresasi un duplice versante, da un lato stabilizzando le professioni - la mia in particolare - mediante la trasformazione dei collegi in ordini e poi procedere sul versante della legge sui principi generali.
Dopodiché, nulla osta che altre professioni possano seguire lo stesso tipo di percorso.

MARIA GRAZIA SILIQUINI. Vorrei chiedere una precisazione tecnica.
Lei ha fatto riferimento alla legge n. 28 del 2006, se non ricordo male, che vi ha istituito come ordine, insieme a tutti gli altri. A che cosa si riferiva più precisamente?

MASSIMILIANO SABATINO, Componente del Comitato centrale della Federazione nazionale tecnici sanitari di radiologia medica. Vi sono disegni di legge giacenti presso il Senato. Ad esempio, il disegno di legge n. 1142 sta seguendo il suo iter.
In realtà, mi riferivo alla legge n. 43 del 2006, che dava la possibilità di attuare il decreto specifico di trasformazione dei collegi in ordini, ma è scaduto il termine per esercitare la delega.

MARIA GRAZIA SILIQUINI. Confondevo il numero.
Ebbene, lei si riferiva alla legge n. 43 del 2006, approvata dal Ministero dell'università quando ero sottosegretario e feci la legge che prevedeva il passaggio a ordini professionali con delega al Governo. In seguito, abbiamo avuto un'altra legislatura.
A tutt'oggi, ho perso di vista il percorso di attuazione della norma. Che cosa è successo?

MASSIMILIANO SABATINO, Componente del Comitato centrale della Federazione nazionale tecnici sanitari di radiologia medica. Siamo rimasti fermi lì.
È decaduto il termine entro il quale si poteva esercitare la delega.

MARIA GRAZIA SILIQUINI. Dunque, c'è una legge ed è decaduto il termine per la delega.

MASSIMILIANO SABATINO, Vicepresidente della Federazione nazionale tecnici sanitari di radiologia medica. E non è mai stata ripresa.

MARIA GRAZIA SILIQUINI. Ho fatto questa domanda perché, se dobbiamo riprendere in mano l'argomento, dobbiamo avere chiarezza di quale sia la situazione su questo aspetto.

PIERLUIGI MANTINI. Forse in finanziaria non si può fare perché si tratta di una legge ordinamentale. Tuttavia, abbiamo le proposte di legge dell'UdC sul punto. Quindi, potremmo votare.

ROBERTO ORLANDI, Presidente del Consiglio nazionale degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati. Per quanto riguarda l'impianto generale, la Presidente Calderone ha già illustrato il problema nell'audizione precedente, a cui ovviamente rinvio.
Tuttavia, vorrei riferire qualche elemento specifico relativo al mio settore e qualche numero sulle professioni, perché nelle proposte di legge presentate sono riportate delle cifre ben diverse.
Intanto, gli iscritti negli albi in Italia sfiorano i 2 milioni di persone, sono


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esattamente 1.972.973 e producono un volume del PIL che si aggira intorno al 13 per cento.
Inoltre, quelle che vengono chiamate le nuove professioni in modo improprio, nella relazione e in alcune proposte di legge, vengono quantificate in 3,5 milioni di persone. Questo dato - voglio ribadirlo in questa sede - è clamorosamente irreale.
Gli iscritti alle nuove professioni sono 220 mila. Il numero è desumibile da chiunque voglia valutarlo, andando a vedere, dalla gestione separata dei parasubordinati dell'INPS, quante persone sono iscritte.
Partiamo dal presupposto che chi è iscritto negli albi ha tipicamente una propria cassa di previdenza. Il numero è pubblico.
I soggetti professionisti con partita IVA, ma senza ordine, non hanno casse private. Dalla riforma Dini sono iscritti alla previdenza generale e, in modo specifico, sono iscritti alla gestione separata dei parasubordinati.
Quelli con partita IVA, che una volta si chiamavano Co.co.co. oggi sono i Co.co. pro.. L'INPS ne conta circa 222 mila. Tuttavia, vi è un altro dato da considerare in proposito. Soltanto un terzo di loro paga correntemente i contributi. Ciò vuol dire che tutte le altre sono posizioni chiuse e che dunque sono stati effettuati versamenti per alcuni anni, ma non sono più esercenti.
Con riferimento al numero delle professioni, viene chiamato in causa, spesso a sproposito, il CNEL, di cui sono consigliere. Sono capogruppo delle libere professioni all'interno del consiglio e so che, durante la presidenza Larizza, venne creata una banca dati che contava circa 500 mila nuovi professionisti dichiarati.
La modalità di conteggio, tuttavia, è stata la seguente. Veniva chiesto alle associazioni di indicare volontariamente il numero dei loro iscritti. Chiaramente, ognuno ha dichiarato, in libertà e senza controlli, questo numero, che assomma intorno a 500 mila unità.
Su questa cifra, che è ovviamente doppia rispetto a coloro che realmente hanno esercitato, il CENSIS a sua volta ha effettuato una stima che ha portato a stabilire il numero di 3,5 milioni.
Voglio che in questa sede sia chiarito quali sono i volumi, non perché i 60 mila o 220 mila professionisti non ordinistici non debbano avere una tutela - anzi, la debbono avere -, ma perché sia chiaro di quali persone parliamo e quale volume di PIL è in gioco.
Un altro elemento che vorrei sottolineare è il seguente. Dal 1998 al 2008, gli iscritti negli albi sono cresciuti di 850 mila unità, passando da 1,150 milioni a 2 milioni. Vi è stata dunque una crescita di oltre il 70 per cento in dieci anni.
Il risultato è che oggi in Italia un professionista su due ha meno di quaranta anni, quindi è un giovane per la mentalità di questo Paese. Questo ha comportato un peso, sul numero degli occupati fino a circa l'8,74 per cento del totale degli occupati italiani che risultano iscritti negli ordini.
Nessun settore economico ha avuto una crescita così importante e così impetuosa in questo periodo. Credo che, a parte il boom economico, non se ne siano mai registrate di simili.
Penso che i dati che ho riassunto così velocemente siano sufficienti per tacitare chi sostiene che gli albi siano un sistema chiuso, autoreferenziale, o che la professione si eredita. È evidente, infatti, che se c'è una crescita del 70 per cento dei professionisti, qualcosa non funziona in questo assunto.
Tutti gli albi sono a numero aperto. L'unico a numero chiuso è quello del notariato, ma perché ha delle specifiche funzioni pubbliche.
Non voglio rubare il mestiere al mio collega architetto, però voglio ricordare che in Italia abbiamo un architetto ogni 470 abitanti, in questo sistema che sarebbe chiuso; mentre nell'apertissima Europa ne troviamo uno ogni 1.550 abitanti.
Analogamente, in Italia abbiamo uno psicologo ogni mille abitanti; mentre nell'apertissima Inghilterra ne abbiamo uno ogni 5.607 abitanti. Quindi, il vero Paese


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della concorrenza è l'Italia e non gli altri, checché se ne dica, perché i dati se non vengono smentiti valgono.
Questo ci dice che, nel mondo degli ordini, con tutti i suoi limiti, il merito funziona. La selezione è più meritocratica che altrove.
L'esame di Stato non è basato sul censo, ma sulle capacità. Si potrà fare bene o male, ma è chiaro che se viene tolto l'esame di Stato - che peraltro fortunatamente la nostra Costituzione presidia si aprirebbe veramente al censo. Infatti, lo stupido figlio di un qualunque professionista, che non supera l'esame di Stato non potrà mai ereditare la bottega professionale. Viceversa, il figlio di un muratore, di un contadino, di un operaio, che ha capacità, potrà invece aspirare a svolgere con successo quella professione.
Spendo poche parole sull'Europa, la quale non ci chiede di eliminare, né di comprimere, né di mortificare il nostro sistema professionale.
Voglio ricordare una risoluzione del Parlamento europeo, del 12 ottobre 2006 sulla concorrenza dei servizi professionali, perché è di questo che parliamo.
In questa risoluzione, il Parlamento europeo scrive che il diritto di emanare regolamentazioni legate a peculiarità tradizionali, geografiche e demografiche è assicurato ad ogni Paese dell'Unione. L'Europa infatti ci chiede in realtà, e semplicemente, di garantire il diritto di stabilimento, cioè il diritto di ogni cittadino comunitario di migrare e stabilirsi in qualunque Paese dell'Unione e ivi svolgere l'attività professionale che in quel Paese è eventualmente regolata.
In Italia applichiamo da sempre questo diritto. Lo applichiamo così bene, signor Presidente, che ai migranti non chiediamo neanche di fare l'esame di Stato. Quindi, il discriminato è l'italiano, non il comunitario. Chiunque, per iscriversi in un albo, deve sostenere l'esame di Stato, ma non è così per l'emigrante europeo.
Riporto un esempio concreto in merito. L'altro giorno, con provvedimento che esce in Gazzetta, ho iscritto due ingegneri agrari di Catalogna che sono venuti in Italia, che hanno avuto il riconoscimento e che non devono fare l'esame di Stato. L'ingegnere agrario italiano, invece, per venire da me deve sostenerlo.
Sempre con riferimento ai sistemi dell'Unione europea, vorrei ricordare un elemento di cui si parla in questi giorni, la direttiva qualifiche, da noi recepita con il decreto legislativo n. 206. Questo sistema individua, per l'Italia ma non solo, anche per i Paesi latini, gli ordini e i collegi, e per i Paesi anglosassoni, dove vige il common law, le associazioni riconosciute, le quali, in quei Paesi, sono l'esatto equivalente dei nostri ordini. Là sono associazioni privatistiche, da noi sono pubblicistiche, ma non ci sono gli ordini dove abbiamo le associazioni inglesi.
È chiaro che, quando parliamo di associazioni, si crea confusione, perché ognuno di noi è portato a pensare al sistema associativo dell'articolo 24 e seguenti del nostro codice che è tutta un'altra cosa ed è una pallidissima imitazione di quelle anglosassoni.
Come dicevo, prova ne è che la direttiva n. 36, in merito alla qualifica di cui parlavo, individua gli ordini, i collegi, le associazioni e si riferisce a quelle espressamente indicate in allegato, laddove troviamo solo quelle inglesi - mi pare - e quelle irlandesi. Questo la dice lunga sul fatto che non si tratta delle associazioni come noi le conosciamo e come noi le pensiamo.
Ecco perché penso che tutti i richiami, presenti anche nelle proposte di legge, agli attestati di competenza siano impropri e che sia improprio il riferimento presente nel nostro decreto legislativo n. 206, utilizzato come strumento per riconoscere i soggetti che in quella direttiva non devono avere parte. Devono averla altrove, ma non in quella direttiva.
Del resto, mi pare che questo sia stato ben chiarito anche dall'intervento del Presidente Paolo Piccoli nella precedente audizione.
Consentitemi di spendere due parole molto rapidamente sull'Antitrust. Come già ricordava il collega Pizzolato, è vero che l'Antitrust ha spesso una posizione verso


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gli ordini che appare quasi preconcetta. Tuttavia, non mancano gli apprezzamenti da parte dell'Antitrust verso gli ordini.
Il mese scorso, ad esempio, l'Autorità antitrust ha preso in esame il comportamento della categoria che rappresento, emanando una segnalazione, la S-1081, del 21 settembre 2009, in cui si scrive che «la condotta proconcorrenziale del Collegio nazionale degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati appare del tutto conforme al quadro normativo delle professioni e costituisce una virtuosa applicazione dei princìpi dell'ordinamento».
Quindi, l'Antitrust non ha sempre e in modo pregiudiziale una posizione contraria agli ordini. Dipende da che cosa si esamina. In questo caso, l'Antitrust ci valuta con grande positività.
All'interno di alcune proposte di legge in esame, è prevista anche espressamente - questo è un punto di merito che come categoria debbo affrontare - l'unificazione di alcune categorie, periti e geometri, con un'amplissima delega al Governo per ridefinirne le competenze, il titolo e gli accessi.
Senza entrare nel merito della questione, dal momento che su tale questione mi riservo di farvi pervenire un documento specifico, voglio sottolineare due aspetti.
In primo luogo, la procedura di una estesissima delega in bianco da esercitarsi sulla base di princìpi generici e indistinti è incostituzionale, perché vìola l'articolo 76 della Costituzione, perché risulterebbe indeterminata la definizione dell'oggetto della delega.
In secondo luogo, questa unificazione modifica in modo violento gli accessi di altre categorie, come quella che rappresento, ma anche quella degli architetti o quella degli ingegneri, che avranno una specifica audizione al riguardo, sicché anche le categorie coinvolte andrebbero udite.
Inoltre, è prevista un'attribuzione di titoli professionali, in assenza di qualunque riforma del sistema di accesso universitario. Questo esempio vuole indicare la pericolosità di creare miniriforme dentro una riforma del sistema.
Chiedo dunque che si fissi un sistema di regole, anche per le unificazioni e gli accessi, che sia identico per tutti.
Credo che sia a tutti evidente che il capitale umano è la principale risorsa nell'economia della conoscenza.
Di conseguenza, a mio avviso, la riforma dovrebbe prevedere i seguenti elementi. Intanto, dovrebbe definire che cos'è una professione, onde evitare una confusione terminologica. Oggi, alcuni mestieri nobilissimi sono collocati dalla stampa come professioni intellettuali. La professione intellettuale in Italia dovrebbe essere definita come tale e dovrebbe avere un ancoraggio molto forte nell'articolo 33 della Costituzione che prevede anche gli esami di abilitazione.
L'altro elemento che vorremmo vedere inserito nella riforma è un principio che preveda un estensione anche alle professioni degli interventi di carattere economico. Ho spiegato in precedenza l'importanza del contributo al PIL e dei numeri relativi a tale realtà.
La mia non vuole certo essere una critica a nessuno, però in questo momento nessuno degli interventi economici che il Governo ha fatto riguarda le professioni. Banalizzo la questione. Con le misure previste dalla Tremonti-ter, possiamo constatare che i professionisti in realtà sono «figli di nessuno». Premesso che ritengo che il nostro sia il Paese che non ha figlio per così dire preferiti e figli meno tutelati, sarebbe opportuno che tutti i soggetti che svolgono attività economiche vengano trattati in maniera uguale e sarà bene valorizzare così il buono che abbiamo in questo Paese.
L'altro aspetto da considerare è che occorre ribadire la competenza sostanzialmente statale o esclusivamente statale in materia. Ce lo dice la legislazione vigente e lo conferma anche la giurisprudenza.
Non sarà sfuggita a questo autorevole consesso l'ultima sentenza della Corte costituzionale del 29 ottobre 2009, la n. 271, che annulla la legge regionale dell'Emilia-


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Romagna sulle professioni turistiche, perché - recita la Corte - «l'individuazione dei profili professionali spetta in via esclusiva allo Stato».
Nel sistema delle professioni, va analogamente ricompreso il professionista dipendente, perché sappiamo che l'attività intellettuale può essere svolta in entrambi i modi.
Venendo alla questione dell'accesso alle professioni, ritengo che debba essere garantito un costante collegamento fra i titoli universitari e le classi di laurea.
L'onorevole Siliquini sa bene di che cosa parliamo, perché quando era al Governo si è occupata a lungo di questo problema.
Vengono predisposte delle riforme universitarie che, alternativamente, si dimenticano di garantire gli accessi, per cui ad alcune classi universitarie non corrisponde più l'accesso in un albo. Ovviamente, vittima del sistema è il giovane laureato e questo è un delitto per qualunque Stato serio.
Noi infatti pensiamo che vada sempre garantita ai giovani la possibilità di accedere agli albi, se lo vogliono, in piena libertà.
Quanto ai tirocini, chiediamo che vengano fissati dei limiti generali massimi, lasciando ai singoli consigli nazionali, secondo il migliore principio di sussidiarietà, di dettare le regole interne, in modo tale che sia possibile - come peraltro già avviene, almeno per la mia categoria come per altre - far svolgere il tirocinio anche durante il corso di laurea, permettendo così ai giovani di affrontare il mondo del lavoro in anticipo, guadagnando almeno un anno di inserimento. Questo ci pare un servizio dovuto a loro e alla collettività.
Infine, occorre stabilire un principio inderogabile nei decreti legislativi - la riforma, se e quando si farà, dovrà poi andare ad incidere sulla regolamentazione delle singole professioni che dovranno adeguarsi a tali principi -, secondo cui le attuali competenze professionali devono essere tassativamente transitate come sono attualmente, senza modifiche o ampliamenti, neppure in forma interpretativa. Così valga anche per le classi di accesso e per la conservazione dei titoli professionali. Che la riforma non sia, per qualcuno più furbo di altri, occasione per fare atti di pirateria.
Il Parlamento ha una grande responsabilità. I numeri delle professioni dimostrano che al nostro interno l'ascensore sociale del merito funziona effettivamente. La deontologia che applichiamo è fortemente ancorata a valori etici.
In questi anni, abbiamo assistito ad un mercantilismo esasperato. Sembrava che il prezzo dovesse decidere il valore di ogni prestazione, fino a sancire un'equazione assurda, eppure da molti declamata, secondo cui al minor prezzo, chissà per quale arcano, sarebbe dovuta corrispondere la migliore prestazione. Noi sappiamo che così non è. Sappiamo che nel settore tecnico vi sono gare di appalto che vanno al ribasso del 75 per cento.
In proposito, si aprirebbe un capitolo incredibile. Nelle gare d'appalto, infatti, quando un'offerta va in anomalia per minor prezzo, l'impresa può comprimere tutto, ma non il costo del lavoro e dei contributi. Eppure non si capisce perché l'impresa non possa comprimere tali fattori per i lavoratori dipendenti, ma invece lo possa fare per i liberi professionisti che, evidentemente, devono essere veramente figli di un dio minore.
Va bene liberalizzare, va bene garantire la concorrenza piena - siamo d'accordo su tutto -, ma quando un cittadino diventa solo un consumatore stupido, incapace di valutare nient'altro che il prezzo più alto o più basso, credo che la democrazia sia in pericolo, perché sparisce la figura del cittadino che è portatore di diritti e che sa scegliere.

GIUSEPPE LUIGI PALMA, Presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine nazionale degli psicologi. Ovviamente ringrazio il presidente per l'invito, perché questo incontro ci da l'opportunità di condividere alcune riflessioni e considerazioni.
Sicuramente, concordiamo con i princìpi ispiratori della proposta di legge sulle libere professioni, perché sentiamo anche


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noi la necessità di una modernizzazione, per essere in linea con gli altri Paesi della Comunità, ma soprattutto per tutelare e perseguire la centralità del concetto di tutela del cittadino utente-paziente.
Anche noi riteniamo che lo strumento più idoneo sia quello della legge di princìpi generali, che preveda ovviamente successivi decreti legislativi, che devono necessariamente essere attuati con il pieno coinvolgimento delle singole professioni interessate.
Quando si toccano i singoli ordinamenti delle varie professioni, infatti, è necessario che tali professioni non solo siano consultate, ma che il loro parere sia assolutamente vincolante, anche in considerazione della disomogeneità delle leggi ordinamentali vigenti.
A nostro avviso, dunque, l'iter non può che essere questo. D'altronde, mi pare che questo sia pienamente condiviso dalle altre professioni e dal CUP in particolare.
Riteniamo che la professione dello psicologo rientri fra quelle per le quali esiste una stretta connessione con i diritti costituzionalmente garantiti. Sicuramente, inoltre, la nostra professione è legata al diritto alla salute, che quindi rinvia all'articolo 32 della Costituzione.
Di recente, è stata varata una legge che sposta la vigilanza del Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi dal Ministero di giustizia al Ministero della salute. Del resto, all'interno del Servizio sanitario nazionale, siamo dirigenti del ruolo sanitario. Il nostro nomenclatore tariffario, vale a dire l'elenco delle prestazioni dello psicologo, deve essere approvato con decreto del Ministero della salute, secondo quanto prevede la nostra legge istitutiva. Tuttavia, non siamo ancora nell'elenco delle professioni sanitarie.
Pertanto, la riforma che stiamo discutendo potrebbe essere anche lo strumento adatto a sancire e completare questo passaggio, che è l'ultimo che rimane da fare.
Inoltre, tale considerazione riporta direttamente alle questioni di tipo deontologico. Siamo molto contenti che nella proposta dell'onorevole Siliquini, a proposito di deontologia, sia prevista un organismo che per le professioni sanitarie si chiama commissione centrale, ma che in parole povere è un secondo grado di giudizio interno alla professione stessa.
Per noi attualmente non è così, perché non siamo ancora pienamente riconosciuti come professione sanitaria. Pertanto, avverso le deliberazioni in materia deontologica si può ricorrere direttamente in tribunale. Non c'è ancora la commissione centrale, come invece avviene per le professioni sanitarie. Come ho detto, dunque, siamo molto contenti che nel disegno di legge sia prevista questa possibilità.
Abbiamo elaborato un documento per evidenziare alcune specificità della nostra professione. Ad esempio, abbiamo sottolineato l'importanza del percorso formativo, che comprende una laurea quinquennale di secondo livello, il tirocinio dopo la laurea, che dura un anno e naturalmente l'esame di Stato.
Per la formazione dello psicologo e dello psicoterapeuta, è necessaria anche una specializzazione almeno quadriennale, come prevede la legge. Si tratta dunque di un percorso sicuramente molto impegnativo.
A proposito di tirocinio, vorrei sottolineare che nel nostro caso la maggior parte dei tirocini vengono svolti presso le strutture pubbliche, o private accreditate, più che negli studi professionali dei singoli professionisti. Questo aspetto, relativamente a quanto previsto dal disegno di legge Siliquini circa l'equo compenso, pone il problema dell'individuazione di risorse adeguate.
Con riferimento al codice deontologico, condividiamo pienamente quanto previsto nel comma 4, dell'articolo 66, della proposta di legge Siliquini sul secondo grado di giudizio.
Per quanto riguarda l'Antitrust, desidero precisare che abbiamo redatto, insieme a tutte le associazioni dei consumatori, una carta dei diritti dei consumatori, utenti delle prestazioni psicologiche. Per questo, siamo stati citati come esempio virtuoso da parte del presidente dell'Antitrust Catricalà.


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Per altre questioni, invece, siamo stati ripresi duramente più volte, in particolare riguardo alle tariffe minime. La critica sulle tariffe minime ci è sempre sembrata una esagerazione per un motivo molto semplice: non abbiamo una nomenclatore tariffario approvato, come previsto dalla legge di ordinamento. Tale tariffario, infatti, giace presso i ministeri competenti dal 1998.
Pur non avendo il tariffario, dunque, siamo stati criticati per la questione delle tariffe minime. Questo ci è sembrato veramente molto strano.
Con l'ultimo intervento che abbiamo fatto, speriamo di aver risolto anche questo tipo di problemi, fermo restando che il tariffario non è stato ancora approvato.
Volevo poi fornire qualche dato relativamente alla nostra professione. In Italia, abbiamo 73 mila iscritti all'albo degli psicologi. In Europa, gli psicologi sono 200 mila, per cui un terzo degli psicologi europei risiede in Italia.
È in atto un trend di crescita. Ogni anno, circa il 10 per cento degli psicologi si iscrivono all'albo. Abbiamo inoltre una percentuale di superamento dell'esame di Stato che supera l'80 per cento. È difficile dire che l'ordine adotti delle misure che ostacolano l'iscrizione e l'esercizio della professione. Anzi, abbiamo la necessità dell'introduzione, ad esempio, del numero programmato.
Da una serie di ricerche che abbiamo commissionato come Consiglio nazionale risulta infatti che la metà degli psicologi praticamente non lavora. Dal 2004, il mercato del lavoro non è in grado di assorbire nuovi psicologi. Questo impone che venga considerata l'ipotesi di introdurre il numero programmato degli accessi.
Non mi riferisco semplicemente al numero chiuso, che è un limite insufficiente e che non serve, ma ad un numero programmato rispetto alle esigenze del mercato del lavoro. Ci poniamo tale obiettivo anche in riferimento al riconoscimento della nostra professione come professione sanitaria. Tale aspetto in qualche modo dovrebbe facilitare l'iter per l'introduzione del numero programmato.
In conclusione, vorrei affondare la questione disciplinata dall'articolo 4 della proposta di legge n. 503 sulle libere associazioni, e comunque, a prescindere dall'articolo 4, rispetto alla problematica più generale del riconoscimento delle associazioni o delle cosiddette «nuove professioni», noi psicologi abbiamo l'esigenza di dire qualcosa. È stato già citato dal collega Orlandi il registro del CNEL.
Per noi appare doveroso richiamare l'attenzione sul rischio che possano essere riconosciute associazioni di professionisti o pseudo professionisti con scarsa qualificazione, che utilizzano tecniche e metodologie, senza agganci ad evidenze scientifiche. Basta dare uno sguardo al registro CNEL e nelle categorie, cure psichiche, sanità e altro, dove troviamo le cosiddette «nuove professioni» che aspirano al riconoscimento. Ve ne cito solo alcune, non vi tedierò troppo. Abbiamo gli psicofilosofi, i reflector, i mediatori relazionali, i counselor. Sfido chiunque di noi ad avere in mente con chiarezza che cosa queste persone possano fare.
Ovviamente, si tratta di pseudo-professionisti che non aspirano altro che a svolgere la nostra professione. È evidente che di questo si tratta. Ovviamente, abbiamo degli elementi per sostenere questa tesi. A nostro avviso, infatti, accade che queste persone stiano già facendo esercizio abusivo della nostra professione. Quindi, chiediamo che venga posta particolare attenzione a questa problematica, perché un cattivo intervento psicologico non è senza conseguenze, evidentemente. Leggiamo ogni giorno sui giornali di abusi di questo tipo e dei danni causati ai cittadini, agli utenti e ai pazienti. Per questo, quindi, chiediamo la massima attenzione e il massimo coinvolgimento del nostro ordine professionale, nel momento in cui si dovesse procedere al riconoscimento delle associazioni o delle nuove professioni.
Grazie dell'attenzione.

ANNALISA SILVESTRO, Presidente della Federazione nazionale collegi infermieri. Innanzitutto, vorrei esprimere, a nome dei 370 mila infermieri italiani, la


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più ferma adesione alle linee che vengono definite e perseguite dal CUP e che sono state in parte già presentate, oltre che dalla Presidente Calderone, dai colleghi che mi hanno preceduto in questa audizione.
Vorrei sottolineare alcuni aspetti che riteniamo fondamentali e importanti. In primo luogo, è necessario che con la riforma universitaria - visto che le professioni sanitarie sono normate da direttive europee che riguardano la formazione e che orientano l'esercizio professionale - si apra la possibilità di creare un ponte, che permetta uno scambio fra i due ministeri per cercare di tenere bene in conto le esigenze che provengono dal mondo della formazione, che tuttavia incide direttamente sul mondo dell'esercizio professionale e del lavoro.
Altra cosa che per noi è di particolare importanza è l'attenzione alla deontologia. Nella nostra società, crediamo che un forte coinvolgimento ed un forte aggancio ai valori etici e deontologici sia fondamentale per l'esercizio di una professione sanitaria che incide direttamente sulla salute dei cittadini.
A tal proposito, voglio sottolineare - l'onorevole Siliquini ne è già a conoscenza, come ho avuto modo di sentire poco fa - le vicende che hanno contraddistinto il mondo delle professioni sanitarie, le cosiddette «nuove professioni», negli ultimi dieci anni. Auspichiamo che si giunga alla conclusione di quel travagliato percorso. Ci sentiamo ben rappresentati dal CUP, ma vorremmo anche noi sottolineare l'importanza di giungere ad un quadro di riferimento comune a tutte le professioni intellettuali che possano riconoscersi in esso, ma possano anche, sempre all'interno di questo quadro di carattere sistematico, definire al meglio le proprie specificità.
Voglio solo ricordare che per noi infermieri e per i collegi infermieristici è stato un importante impegno quello di riuscire a introiettare nel nostro sistema salute oltre 30 mila infermieri non italiani, senza che ci fosse alcuna ripercussione sul sistema generale di erogazione dei servizi infermieristici.
Credo di poter dimostrare con questo quanto sia importante avere una regolamentazione ordinistica comune a tutte le professioni, che riescano così a collegarsi e a lavorare in sinergia.
Voglio sottolineare con particolare forza un ulteriore aspetto. Mi riferisco alla necessità di porre attenzione - tramite un sistema ordinistico che vorremmo vedere portato a concretizzazione, grazie a lei, presidente, e agli altri onorevoli commissari - all'abuso nell'esercizio professionale richiamato dal presidente dell'ordine degli psicologi.
Sempre in questa prospettiva, occorre prestare una forte attenzione anche ai falsi titoli di laurea che hanno causato momenti difficili, soprattutto nel sud del nostro Paese, dove più recentemente sono stati scoperti numerosissimi titoli falsi per l'esercizio della professione di infermiere. Anche in questo caso, tuttavia, siamo riusciti a riportare la vicenda nel giusto percorso, attraverso una forte collaborazione con i NAS, a tutela della salute dei cittadini.
Esprimiamo, quindi, piena adesione alle indicazione del CUP.
Domenica scorsa, abbiamo tenuto il nostro consiglio nazionale. I nostri 102 presidenti sono informati dell'odierna audizione. L'aspettativa nei confronti di una positiva conclusione - speriamo non in tempi lunghissimi - è molto alta.

GAETANO PENOCCHIO, Presidente della Federazione nazionale ordini veterinari italiani. Non intendo ripetere le considerazioni già espresse dai colleghi che mi hanno preceduto, mi limito a dire che mi riconosco nel documento che verrà depositato dal CUP nei prossimi giorni e in tutti gli input che sono già stati posti.
Vorrei solamente formulare qualche riflessione che tocca un'esperienza personale e che riguarda la questione della pubblicità, delle tariffe, del ruolo svolto dall'Autorità antitrust e del sistema duale.


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Vi riferisco quel che è accaduto a noi. Desidero in particolare farvi un esempio concreto. Nel 2006, arrivano nei nostri uffici degli agenti della Guardia di Finanza mandati dal presidente Antonio Catricalà, dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Queste persone vengono inviate da noi e all'Ordine dei medici veterinari di Torino. Gli agenti sequestrano materiale cartaceo, file relativi a pubblicità e tariffe.
Si ipotizza una violazione del trattato CE sulla concorrenza. Dietro a questa ispezione c'era una denuncia da parte di una signora, un medico veterinario di Torino, che esercitava la propria professione nel contesto dell'attività commerciale del figlio. Si svolgeva quindi la funzione di sanitario all'interno di un capannone in cui si effettuava la compravendita di mangimi, piuttosto che materiale adatto agli animali.
È chiaro che questa signora era stata reiteratamente sospesa per violazione alla normativa sulla pubblicità, che non era normativa ordinistica. Teniamo conto che nel settore sanitario c'era la legge n. 175 del 1992 che dettava norme su che cosa era possibile trasmettere al pubblico e ai cittadini da parte delle professioni mediche.
Parliamo allora di pubblicità, di tariffe, ma non solo. Questa signora era stata addirittura radiata dall'Ordine di Torino perché aveva finto di operare un cane che avrebbe avuto un tumore all'utero. Il cane è deceduto, è stato trasportato in un istituto universitario, dove è stata fatta una necroscopia e si è scoperto che la signora in questione non aveva assolutamente operato l'animale.
Il messaggio scaturito da questa vicenda, tramite i giornali e i programmi televisivi di allora, e anche di adesso - recentemente Ballarò ha intervistato questa signora -, è stato quello di presentarla come un'eroina. Secondo i messaggi che passa la stampa, la signora voleva semplicemente curare, a prezzi contenuti, i cani malati della gente povera. In verità, questa signora truffava le persone.
Da questa vicenda è nato un procedimento a carico degli ordini che sono certamente i garanti delle aspettative del cittadino di ricevere delle prestazioni professionali e di non essere truffati.
Quindi, credo che Antonio Catricalà, in un secondo tempo, avuto contezza della situazione, avrebbe potuto comportarsi in un altro modo. Di sicuro vedo una dimensione tutta ideologica del ruolo svolto dall'Antitrust.
Non mi metto in coda ai complimenti che ho sentito esprimere. Abbiamo subìto questa situazione e non l'abbiamo accettata. Ritengo che la pubblicità nelle professioni della salute vada normata, così come non è assurdo riparlare delle tariffe. L'ordine degli architetti ha altre dinamiche, ma una prestazione professionale medica non può mai costare meno dei mezzi che si utilizzano per erogarla.
Se si vaccina un cane, la prestazione non può costare meno del vaccino. Credo che questa situazione meriti attenzione e rispetto che, nella nostra professione, vuol dire proteggere l'uomo dalle malattie che vengono trasmesse dagli animali, anche per il tramite degli alimenti di origine animale.
Svolgerò un altra breve considerazione rispetto al sistema duale. Siamo troppi. Ho sentito dire che gli psicologi sono ancora di più. Comunque non c'è più possibilità di lavoro. C'è una grossissima sofferenza.
Le Università - in Italia vi sono quattordici facoltà di veterinaria, il che rappresenta una follia, atteso che in Francia ce ne sono tre - si sono inventate dei percorsi di laurea triennale, lauree brevi, con cui si conseguono dei titoli che non servono a nulla. Le famiglie quindi investono per far laureare i figli che ottengono dei titoli non spendibili, per inseguire delle ipotesi professionali impercorribili.
I signori che seguono questi corsi, fanno in verità dei percorsi di area zootecnica e non sanitaria, ma in molte occasioni studiano le stesse materie, o comunque porzioni del nostro corso di studio.
Quando escono dal loro percorso di studio, questi signori devono fare qualcosa.


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Chiaramente, dunque, si inventano dei profili professionali o pseudoprofessionali e invadono un mercato che è già sofferente. Non credo che in questo modo si possano dare garanzie di nessun tipo al cittadino.
Ritengo che nel campo della salute non sia mai accettabile la filosofia del low-cost. La gente di cui parliamo è rimasta fuori dagli albi, ha seguito dei percorsi alternativi e, quando termina il periodo di formazione, offre delle prestazioni professionali sulle quali ha una competenza contenuta o addirittura inesistente, proponendo dei costi e delle previsioni di onorari che evidentemente non sono quelli di una persona che ha frequentato un corso di laurea specialistica, delle scuole di specializzazione, dei tirocini, ha superato l'esame di Stato, si è iscritto all'ordine e intende esercitare la propria professione a garanzia di quello che si aspettano gli utenti.
Potrei aggiungere tante altre considerazioni, ma mi pare che siamo già abbastanza in ritardo. Se avremo la possibilità di parlare più approfonditamente della nostra professione, vorremmo discutere anche di aliquota IVA, atteso che nella libera circolazione dei professionisti questo ci danneggia enormemente. Siamo una professione sanitaria, ma siamo gravati da una aliquota IVA del 20 per cento, che oltretutto in questo contesto di crisi non è più tollerabile.

ANTONELLA CINOTTI, Vicepresidente della Federazione nazionale dei collegi delle ostetriche. Sarò brevissima, anche perché è inutile ripetere tutto quello che è già stato detto.
Vorrei soltanto porre l'attenzione su quanto ormai siamo lontani, come emerge da tutti gli interventi che sono stati svolti questa mattina e che mi hanno preceduto, da logiche di corporativismo nel parlare di una richiesta di riforma di legge-quadro sulle professioni intellettuali, da parte di tutti noi che siamo rappresentati dal CUP.
Come Federazione nazionale dei collegi ostetriche sposiamo i contenuti che il CUP porta avanti, anche perché sono condivisi da noi tutti, con particolare riferimento al concetto fondamentale della professione intellettuale. Una professione che si esercita solo ed esclusivamente a seguito di un sapere alla base, che deve essere certificato e verificato con l'esame di Stato, i tirocini e tutto il resto.
L'altro aspetto che mi preme sottolineare, e che interessa alla nostra professione sanitaria in particolare, è il discorso fondamentale della deontologia.
Per dare nuovo respiro ad una legge di riforma delle professioni intellettuali, è doveroso e obbligatorio fare riferimento a questo aspetto che condividiamo in pieno.
Condividiamo, peraltro, anche il discorso relativo al tariffario, perché anche noi ci siamo trovati come professione a vivere situazioni incresciose. Credo che avere una definizione delle tariffe sia una garanzia di tutela del cittadino, non soltanto del professionista. Questa riforma deve tendere essenzialmente alla tutela del cittadino. Se lo Stato riconosce una professione, quindi l'ordine, vuol dire che ne riconosce la valenza sociale. È come se l'istituzione diventasse l'interlocutore tra il professionista e il cittadino. Pertanto, deve essere garantita la qualità delle prestazioni, il rispetto, la deontologia e via dicendo.
Vi ringrazio tantissimo per l'audizione di questa mattina. Non possiamo che auspicare che questa volta si porti a termine, nell'interesse dell'intera società, questa riforma.

MARINA ELVIRA CALDERONE, Presidente del Comitato unitario delle professioni intellettuali. Intervengo solo per ringraziare la Commissione per averci dato l'opportunità di tenere questa seconda audizione e per confermare che il 17 novembre, come avevamo stabilito, presenteremo un documento conclusivo che verrà formalizzato e formulato, sulla base delle considerazioni che avete sentito esprimere e degli accordi che, come professioni aderenti al CUP, abbiamo raggiunto circa la legge-quadro per le professioni.


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GIUSEPPE CAPPOCHIN, Presidente del Forum delle professioni intellettuali. Intanto ringrazio per questa opportunità. Venerdì scorso abbiamo tenuto l'assemblea del Forum delle professioni intellettuali. Si tratta di oltre 700 ordini professionali, ai quali aderiscono oltre 800 mila professionisti.
L'assemblea del Forum ha approvato all'unanimità un documento, che è stato già in parte illustrato da Davide Monzani e da Enrico Rossi il 27 ottobre. Non ho potuto essere presente in quella occasione, perché in concomitanza, a Padova, si svolgeva la Biennale di architettura dedicata a mia figlia, alla quale non potevo mancare.
Vorrei sottolineare prima di tutto il rapporto di grande collaborazione e sinergia che esiste tra i CUP territoriali, il Forum in particolare, e il CUP nazionale, all'interno del quale abbiamo notevoli confronti e convergenze su quasi tutti i punti.
Mi interessa intervenire su un tema che ci sta particolarmente a cuore, che preme in particolare alla base dei professionisti, i quali sono poco interessati all'organizzazione degli ordini, ma sono molto più attenti alla politica economica nei confronti delle professioni.
Vorrei spiegarmi meglio attraverso un esempio concreto. Ieri mattina, a Padova, si è tenuto un convegno sul tema dell'acustica. Erano presenti oltre 700 professionisti, mentre altri 200 sono rimasti fuori perché la sala non li poteva contenere.
Ha partecipato all'evento il presidente dell'UNI, il quale ha annunciato delle nuove norme in materia che, chiaramente, portano alla suddivisione dei fabbricati in diverse classi, analogamente a quanto avviene sul tema della sostenibilità energetica. Questo comporta un grossissimo salto di qualità per quello che riguarda le prestazioni professionali.
In pratica, oggi, siamo di fronte ad una competitività e a una concorrenza basata sul prezzo più basso, quindi su prestazioni estremamente scadenti, che vanno sempre più scendendo di livello, perché quando la competitività si fa sul prezzo, chiaramente ne derivano determinate conseguenze.
Una competitività diretta in questo senso porta sicuramente i professionisti ad avere, come fino ad oggi è successo, un'obbligazione di mezzi. Tuttavia, devono garantire anche ad un obbligo di risultato.
È chiaro infatti che quando si deve classificare un edificio, si deve poi certificare il raggiungimento di una determinata classe e questo comporta una grandissima assunzione di responsabilità da parte dei professionisti.
Riteniamo questo elemento importante e positivo, perché sposta la competitività e la concorrenza non più sul discorso del prezzo, ma su quello della qualità. Questo però comporta anche la necessità, per i professionisti, di avere un aggiornamento costante, perché naturalmente sia le norme, sia i materiali che l'innovazione cambiano in continuazione.
Il fatto che ieri 200 persone non abbiamo potuto partecipare all'assemblea perché l'edificio non li conteneva tutti dimostra che da parte dei professionisti c'è tutta la volontà di avere questo aggiornamento professionale.
Riteniamo però indispensabile che si presti una maggiore attenzione a questo aspetto, e che quindi anche ai professionisti vengano offerti quei mezzi che vengono proposti a tutte le altre categorie economiche.
Noi, sempre nel Veneto, sediamo al tavolo del CREL, dove in realtà non ci volevano, ma siccome rappresentiamo oltre 100 mila professionisti, hanno dovuto accoglierci. Non ci voleva Confindustria, né i sindacati e così via.
In quel caso, infatti, viene spartita una torta tra queste organizzazioni. Se andassimo a controllare come avviene la ripartizione dei fondi per la formazione, troveremmo il sistema semplicemente scandaloso, perché la maggior parte di questi corsi sono delle buffonate - e lo dico serenamente -, sono corsi di bassissimo livello che non portano assolutamente alcun risultato.
Molto spesso ci telefonano degli ordini per mandare qualcuno a partecipare a


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questi corsi. Quindi, i corsi sono il business di chi li organizza, e non sono invece quello che vorremmo fossero.
Siamo riusciti a entrare con delle briciole in questi campi, organizzando dei corsi di altissimo valore scientifico. Ci siamo cimentati solo su due obiettivi (3 mila professionisti, tutti i corsi pieni ad altissimo livello).
Credo che sia giusto operare un riequilibrio su questo versante. Pertanto, vista la nuova responsabilità dei professionisti e il fatto che vogliamo che la competitività venga promossa anche su questo campo, ci farebbe piacere che si prestasse un'attenzione fondamentale a tale aspetto.
In verità, vorremmo che fosse considerato anche il fatto che siamo l'unica categoria economica che non può accedere ai consorzi fidi, ai confidi. Anche questa è una cosa importante, perché l'accordo di Basilea 2 ce l'hanno le attività economiche, ma l'abbiamo anche noi come professionisti.
Se vogliamo essere competitivi, dobbiamo far crescere i nostri studi dal punto di vista delle dimensioni, perché abbiamo una media molto bassa, e anche come dotazione strumentale, per cui sono necessari dei finanziamenti. Molto spesso - questo vale specialmente per i giovani -, non si riesce ad accedere al credito per questo motivo.
Sto elencando tutte le lamentele che sentiamo esprimere dai nostri iscritti, perché, avendo contatto diretto con loro, so che questi temi sono estremamente importanti.
Un altro tema di interesse - più alto come obiettivo, ma direi molto importante - riguarda la creazione di filiere. Come dicevo un attimo fa, abbiamo una composizione media di studi estremamente bassa, con un valore dell'1,4 per cento, in base ai dati del CRESME. Quindi, data la nostra dimensione chiaramente non possiamo e non riusciamo a essere competitivi a livello internazionale.
Sappiamo che da Bruxelles arrivano tantissimi bandi per molti milioni di euro, ai quali noi, per le nostre dimensioni, non possiamo accedere.
L'anno scorso, abbiamo tenuto un congresso di architetti nel Veneto e abbiamo portato come esempio - sono venuti da noi - il NACS, un'organizzazione con fondi statali della Germania sul campo specifico delle costruzioni, dove c'è una sinergia, coordinata dallo Stato, che mette insieme le filiere dei professionisti, dei costruttori e delle imprese ed esportano all'estero la loro organizzazione.
A livello mondiale, esportano anche più della Cina e degli Stati Uniti - l'hanno dimostrato due anni fa quando ci siamo incontrati - nel campo delle costruzioni.
Se le professioni anche su questo tema avessero la possibilità, in questo caso in sinergia con le altre categorie economiche, di avere dei punti di riferimento precisi su cui creare questa filiera, anche noi potremmo una essere maggiormente competitivi all'estero.
Sugli altri temi di principio concordiamo con quanto hanno già detto gli esponenti del CUP nazionale.

PIERLUIGI MANTINI. Vorrei solamente ringraziare a nome del gruppo dell'UdC i presidenti, confermando che i princìpi che sono stati esposti, spesso con ricchezza di argomenti, molto bene e con passione, sono da noi tutti condivisi.
Resta talvolta - mi permetto di dire solo questo - una diversa interpretazione di quel tema che riguarda non già i princìpi fondamentali delle professioni, compreso il ruolo delle tariffe, i minimi e i massimi sempre negoziabili, punti su cui a lungo abbiamo già discusso, ma la questione della responsabilizzazione delle cosiddette «professioni non regolamentate».
Al riguardo, vi è forse una qualche differenza di approccio, tema che non pretendo assolutamente di esaurire in questa sede. Mi limito solo a ricordare che la strada per evitare che fattucchiere, maghi e quanti altri - secondo l'aneddoto che spesso ci ricordiamo - vadano in giro, continuando a svolgere abusivamente una professione, non è quella della deportazione, della soppressione fisica, dell'arresto di massa, perché c'è chi abusa della credulità, ma ci sono anche figure professionali


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che operano per legge sul mercato.
L'unico modo per risolvere tale questione è adottare un modello, diverso da quello ordinistico, di responsabilizzazione di questi soggetti, affinché il mercato e i cittadini sappiano a chi si rivolgono.
Credo quindi che potremmo anche definire conclusa la disputa su questo tema, nel senso che ci siamo capiti e intesi.
Resta invece una vera condivisione di tutti i princìpi esposti, anche alla luce del fatto - mi permetto di dirlo in conclusione - che qualche organo di stampa, qualche opinion leader, mostra una comprensione diversa, non più un accanimento verso i mondi professionali e professionisti, ma una maggiore comprensione della centralità delle professioni nell'economia e nella società della conoscenza. Il clima quindi è favorevole.

PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi, con i quali potremo successivamente interloquire rivolgendo quesiti e formulando osservazioni che abbiamo stabilito di rappresentare per iscritto. Successivamente, troveremo la modalità più idonea per avere le loro risposte.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,35.

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