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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione III
11.
Mercoledì 21 dicembre 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Colombo Furio, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SU DIRITTI UMANI E DEMOCRAZIA

Audizione di Shady Hamadi, attivista per i diritti umani in Siria:

Colombo Furio, Presidente ... 3 7 10 12
Barbi Mario (PD) ... 10
Boniver Margherita (PdL) ... 7
Hamadi Shady, Attivista per i diritti umani in Siria ... 3 10
Mecacci Matteo (PD) ... 8
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI.

COMMISSIONE III
AFFARI ESTERI E COMUNITARI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 21 dicembre 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FURIO COLOMBO

La seduta comincia alle 15.

(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso

(Così rimane stabilito)
.

Audizione di Shady Hamadi, attivista per i diritti umani in Siria.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva su diritti umani e democrazia, l'audizione di Shady Hamadi, attivista per i diritti umani in Siria.
Shady Hamadi in questo periodo è a Milano, dove studia e svolge attività giornalistica. Ci riferirà anche, io credo, in che modo si tiene in contatto e ottiene le notizie di cui siamo molto ansiosi di essere partecipi oggi.
Gli chiedo, dunque, di prendere la parola e di riferirci le notizie che in parte, anche se piuttosto male e in modo limitato, apprendiamo dai giornali e dalla stampa e pochissimo in questa nostra funzione di membri della Commissione affari esteri della Camera dei deputati. Questa è la ragione di quest'audizione, che a noi importa particolarmente in giorni che sembrano importanti per la Siria e, dunque, per tutta l'area cui l'Italia appartiene.

SHADY HAMADI, Attivista per i diritti umani in Siria. La ringrazio. Ho preparato un breve discorso, a cui io credo e spero che seguiranno domande per maggiori dettagli.
Onorevoli deputati, sono lieto di poter tenere di fronte a voi quest'audizione riguardante un tema così importante e attuale, che necessita della maggiore attenzione possibile.
La Siria da dieci mesi ormai ha mostrato al mondo qualcosa di inimmaginabile, cioè la caparbia resistenza civile di un popolo che, anche nelle ore più buie, in cui la morte e il suo spettro hanno allungato la mano minacciosa su milioni di persone, ha scelto di continuare a scendere in piazza e manifestare pacificamente. Non è stato lasciato spazio per la vendetta e l'odio, non si è caduti nella provocazione del regime volta a creare le condizioni idonee per una guerra civile.
Il regime siriano, al potere da oltre quarant'anni, è responsabile in questi dieci mesi di una campagna efferata, volta alla costruzione dell'odio nella società, per poi potersi ergere a detentore dell'equilibrio nazionale e far credere al mondo che in Siria non ci possa essere alternativa alcuna al regime.
Da Homs giungono rapporti di crimini raccapriccianti, come donne rapite dagli squadroni della morte e stuprate, per poi essere tagliate a pezzi, facendo ricadere la colpa sulle minoranze religiose nel Paese, così da creare tensioni tra la maggioranza sunnita e le diverse confessioni nel Paese, volte a provocare una guerra civile.
Le più basilari regole sul rispetto della vita umana e dei diritti civili sono state


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palesemente violate. La maggior parte degli arresti a oggi sono arbitrari ed extragiudiziari, cioè senza mandato di arresto. La detenzione arbitraria è vietata nell'articolo 7 del Patto internazionale sui diritti civili e politici che la Siria ha accettato nel 1969 e messo in vigore nel 1976.
A oggi esistono migliaia di casi in cui la detenzione e l'arresto sono compiuti semplicemente a scopo intimidatorio e non di più. Le torture, vietate peraltro nell'articolo 28.3 della Costituzione siriana emanata nel 1973, sono una realtà quotidiana e in uso normalmente fin dall'arrivo al potere di Hafez Al-Assad nel 1971.
Razan Zaithouni e i comitati locali siriani che questa donna, che io definisco eroina, di 34 anni - a cui, peraltro, è stato arrestato il marito, in quanto questa donna è latitante - coordina hanno documentato il 15 ottobre 161 casi di morte in detenzione.
Hadil Kuku, attivista siriana appena ventenne, arrestata e picchiata tre volte, ha voluto sottolineare, raccontando del suo arresto che anche lei, cristiana, è stata arrestata per le sue attività.
Proprio per questo motivo ritengo rilevante sottolineare la natura della rivoluzione siriana, che è nata per due semplici motivi: la libertà e il rispetto della dignità umana. La rivoluzione è, per sua natura, aperta a qualsivoglia estrazione etnica e religiosa, senza alcuna preclusione, perché le richieste dei giovani in piazza sono universali. Io le ho sempre paragonate a quelle della rivoluzione francese del 1789, in cui venivano chieste eguaglianza, libertà e fraternità.
Mai questa rivolta deve essere interpretata come una sollevazione di una setta contro l'altra. Il legame e il vincolo di fratellanza tra i siriani e il rispetto religioso è una realtà che arriva da millenni di pacifica convivenza.
In merito vorrei ricordare padre Paolo Dall'Oglio, monaco che ha ricostruito il Monastero di Mar Musa, vicino a Nabek, dove io sono stato un paio di giorni e dove ricordo che padre Dall'Oglio mi ha accolto a braccia aperte e mi ha dato addirittura un passaggio dal monastero sino a Nabek in macchina.
È l'esempio vivente di quello che possiamo chiamare convivialità tra le diverse religioni in Siria e io ritengo che questo modello, unico forse in tutto il Medio Oriente, di convivialità abbia da insegnarci molto.
L'efferatezza di questi dieci mesi di oppressione e di soppressione dell'anelito di libertà siriano, spesso non raccontati dai nostri media, è una situazione spaventosa, riassumibile nelle seguenti cifre: 5.366 morti. Vi riferisco velocemente anche la suddivisione di questi dati: a Homs 2.015 morti, nella città di Dera'a 842, a Idlib 692, a Hamah 626, a Damasco città 147, nei sobborghi 441, a Dayr az Zawr 257, a Latakia 195, a Tartus 52, ad Aleppo 44, a Kunetra 29, a Haseki 15, a Al-Raqqa 7 e Al-Suwayda 4.
Le stime che gli organi di competenza che lavorano in Siria e fuori dalla Siria danno sono approssimative. Questi 5.366 sono i morti, di cui conosciamo nome, luogo e modo in cui sono stati ammazzati; la cifra totale, in realtà, dovrebbe essere 10 mila o forse 15 mila. Basti pensare che il 19 dicembre in tutta la Siria sono morte più o meno 100 persone e, quindi, in queste 48 ore, a quanto ci riferiscono sempre gli attivisti, risultano 250 morti. Oggi, mentre noi siamo qui riuniti, non so comunicarvi quanti possano essere in effetti i morti anche in questo momento.
Voglio, però, ricordare gli assassinii più spietati, per far capire meglio di che cosa sto parlando. A Ibrahim Kashiush, animatore e cantante nelle piazze di Hama, venne tagliata la gola e strappato il pomo di Adamo.
È stato ucciso anche il dottor Ibrahim Othman, soprannominato il medico dei siriani, che creò ospedali clandestini per curare manifestanti feriti che non possono recarsi negli ospedali normali, perché, se trovati, vengono fucilati all'istante.
Voglio raccontarvi in merito un aneddoto personale, che poi andrò a spiegare. Recentemente è stata bombardata casa mia, nel mio villaggio, crediamo a scopo


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intimidatorio. È stato rifiutato l'ingresso in ospedale ai miei parenti nell'ospedale civile di Talkalakh. È un'informazione che vi do in prima persona.
Il dottor Ibrahim fu ritrovato il 10 dicembre morto in un campo al confine turco vicino al villaggio di Korbet al Jouz. Ferat Jarban, che continuò a filmare i manifestanti che venivano uccisi dai militari, fu a sua volta ammazzato e gli furono cavati gli occhi da un militare, accortosi che questo ragazzo riprendeva tutto.
Si contano anche 370 bambini, che oggi saranno diventati 400. Ne voglio ricordare in particolar modo uno, Hamza Al-Khatib, evirato a tredici anni, torturato e infine, dopo indicibili sofferenze, ucciso con un colpo di pistola.
Insieme a lui fu arrestato anche un altro bambino, Tamer Mohammed Al-Sharei, quindici anni, arrestato insieme a lui e, come lui, morto sotto tortura: gli sono stati strappati - mi dovete scusare la crudezza - da vivo i denti, gli è stato cavato un occhio e gli hanno sparato alle gambe, all'addome e in faccia. Segni di bruciature di sigarette sono stati evidenziati sul suo corpo.
Decine di migliaia sono gli arresti, circa 15.600, e le persone scomparse, tra cui metto anche il mio procugino Maher, arrestato e portato via nel rastrellamento del mio villaggio, Talkalakh, al confine con il Libano, compiuto nei primi giorni di dicembre e costato la vita a decine di persone.
Voglio ricordare tra questi morti nel villaggio di Talkalakh due fratelli, di cui ancora non ho saputo il nome, messi tutti e due al muro, fucilati e morti uno a fianco all'altro.
Un'altra stima ci riferisce che oltre 70 mila persone sono entrate in prigione almeno una volta dall'inizio della rivolta.
Le efferatezze compiute dal regime sono imputabili a individui specifici. Il dossier di Human Rights Watch del 15 dicembre ha identificato con nomi ben 74 ufficiali che hanno dato l'ordine ai loro soldati di sparare. Si è evidenziato come fosse impossibile che Bashar al-Assad, presidente siriano, come lui ha dichiarato in una recente intervista in TV, non avesse mai saputo nulla, né dato l'ordine di sparare. Gli alti ufficiali dei reparti dell'esercito sono spesso collegati al vertice del regime tramite vincoli familiari o settari. Maher Al-Assad, fratello di Bashar è a capo della Guardia repubblicana, di cui fanno parte individui profondamente indottrinati e pronti a tutto in nome di Assad. Ali Mamluk, anche lui parente degli Assad, è a capo dei servizi segreti siriani, che contano su quasi venti ramificazioni diverse per tipologia.
In questa rispettabile e onorata sede mi preme ricordare che Bashar Al-Assad è stato insignito con l'onorificenza di Cavaliere di gran croce decorato di gran cordone dell'Ordine al merito della Repubblica italiana il giorno 11 marzo del 2010. Auspico che si possa ritirare la decorazione a un dittatore, perché il suo potere si fonda sul sangue che è stato sparso da lui, e prima da suo padre, nelle piazze siriane.
A proposito del padre, ricordo il massacro di Hama nel 1982, con oltre 20 mila morti, e le stragi del 1979 ad Aleppo, compiute da Hafiz al-Assad in combutta con il fratello Rifa'at. Quest'ultimo di recente si è dichiarato pronto, dal suo esilio dorato a Parigi, a tornare in Siria per il bene del Paese. Ritengo uno scandalo imputabile alla giustizia internazionale e ad alcuni ambienti della vecchia opposizione siriana che non sia mai stato processato per crimini contro l'umanità.
Nel 2004 ricordo i tre giorni di tumulti nella città di Qamushli, al Nord della Siria, sedati dall'esercito di Assad con gli stessi metodi di oggi e le migliaia di prigionieri che furono rinchiusi, come oggi, in stadi e scuole adibiti a carcere.
Auspico che questi crimini vengano processati davanti a un tribunale internazionale insieme a chi anche dall'estero, come in Italia, ha collaborato con il regime.
A proposito di questa nota su chi collabora con il regime da qui e dall'Italia, io ritengo responsabile l'ambasciata siriana in Italia di atti intimidatori, anche volti verso la mia famiglia. Da chi può venire,


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infatti, l'ordine di andare a intimidire mio zio a Homs o di sequestrare il mio procugino a causa delle mie attività in Italia? Io credo e auspico che tutti voi capiate che c'è in atto una situazione anche in Italia che è - chiamiamola così - una serie di schedature riguardanti gli attivisti o le persone che si muovono a favore della rivoluzione siriana.
In più, mi preme anche ricordare come l'ambasciata siriana, insieme ad alcuni imprenditori in Italia, organizzino viaggi per la stampa dall'Italia a Damasco, dove i giornalisti vengono tenuti, senza poter vedere la realtà di ciò che succede, oppure, quando vengono spostati in altre città, sono eternamente seguiti da quelli che io amo chiamare gli angeli del servizio segreto siriano, i quali monitorano tutte le loro attività e, quindi, non consentono loro di avere una visione reale dei fatti.
La strada verso la democrazia e le speranze che dobbiamo riporre nella Siria non influenzeranno solo il corso della storia di questo Paese, ma anche quello dell'intera area mediorientale. Dobbiamo avere coerenza, come l'Italia sta dimostrando in questo caso meglio di molti altri Paesi, nell'ascoltare le richieste della società civile siriana, che sarà la classe dirigente del domani, perché sono i giovani uomini e donne, in egual modo, a dimostrare, in quella che all'inizio del mio intervento ho definito l'ora più buia, di essere la forza trainante del Paese.
Lasciatemi continuare con una nota personale. Mio padre fu torturato negli anni Sessanta, passato sotto cavi elettrici, bastonato, picchiato innumerevoli volte. Io ritengo che la rivoluzione che è in atto da parte di questi giovani stia rendendo giustizia per quello che mio padre ha subito. È stato passato un testimone dai giorni che lui trascorse dentro le celle del partito Ba'th in Siria.
Non saranno i Consigli nazionali, né i coordinamenti spesso nati all'estero a incidere a lungo termine sulla costruzione dello Stato del domani, perché il loro compito deve essere transitorio e non di più. Individuo, inoltre, una forte difficoltà dell'opposizione siriana derivante da una mentalità delle vecchie generazioni, evidente anche negli altri Paesi della primavera araba, a lasciare spazio ai giovani e a capire che la politica di questo momento deve essere volta principalmente, anzi unicamente, ad abbattere il regime, ma ancor prima a far finire la strage velocemente.
Più che mai serve una mano dall'Italia come mediatrice tra le diverse correnti di opposizione. Chi meglio di noi italiani, che appena 150 anni fa diventammo uno Stato, conosce le difficoltà della costruzione di un Paese unito, costruito sul lavoro e sul rispetto? Ricordo che noi abbiamo abbattuto un regime e che, quindi, possiamo capire benissimo le aspirazioni democratiche dei siriani in questo momento. È l'Italia, con la sua natura e propensione dovuta alla geografia e alla sua storia, a dover fare da ponte tra l'Europa e il nuovo mondo arabo che dovrà nascerà da questa primavera.
La Siria, sulle basi di quella convivialità tra le fedi che vi accennavo all'inizio non rischia, a mio avviso, una guerra civile, perché, se così fosse, le manifestazioni pacifiche che sino ad ora ci sono in tutta la Siria sarebbero finite. La società civile siriana avrebbe impugnato le armi per difendersi, mentre ha preferito insegnare al mondo una resistenza civile che assomiglia in molti aspetti alla resistenza gandhiana.
Su questo tema voglio ricordare che sono oltre dieci mesi che vediamo giovani siriani che scendono a manifestare. Io credo che sia plausibile e comprensibile che si sia formato un esercito siriano libero, che ha come scopo - l'hanno dichiarato i suoi componenti - quello della difesa di tutti i siriani universalmente, a prescindere da appartenenze etniche e religiose. Se poi nel futuro dovesse scoppiare un conflitto più ampio, posso affermare che abbiamo avuto dieci mesi per evitarlo, perché abbiamo visto queste manifestazioni pacifiche che si sono protratte almeno sino a oggi.
Ricordo in proposito Ghiath Matar, ventisei anni, di Daraya, che organizzava le manifestazioni. Fu lui a inventarsi l'idea di porgere fiori alle forze armate, che rispondevano,


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ciononostante, sparando. Rammento che è stato arrestato il 7 settembre e riconsegnato morto alla sua famiglia il 10 settembre, con evidenti segni di tortura. Al suo funerale hanno partecipato gli ambasciatori di USA, Francia e Germania.
Proprio per questa sua caratteristica, cioè il credere che la parola sia più forte della spada, parenti di attivisti in Siria, anche i miei, sono stati oggetto di minacce. Invito, rivolgendomi a voi tutti, a non dubitare del buon corso democratico della Siria, ma a vigilare su qualsiasi entità che voglia segnare o dirottare il corso di un processo democratico che finalmente farà sbocciare i fiori della primavera anche in Siria.
Ancor di più - lasciatemi passare ciò che sto per dire, visti i miei ventitré anni e la propensione naturale all'eccessivo ottimismo - dobbiamo muoverci tutti uniti sotto il segno della libertà, senza interessi particolari, nel far finire questa strage. Don Milani insegnò ai suoi alunni due parole in inglese, che io vi ripeto: I care, io mi interesso. Interessiamoci tutti.
Grazie del vostro prezioso ascolto. Auspico che queste parole vengano raccolte e che la mia Patria, l'Italia, tramite voi, possa servire ad aiutare la mia seconda patria, la Siria. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie, Shady Hamadi. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MARGHERITA BONIVER. Innanzitutto volevo ringraziare Shady Hamadi per la sua appassionata relazione e congratularmi anche per il suo coraggio civile e politico. Quello che racconta delle attività dell'ambasciata siriana a Roma è più che credibile, purtroppo.
Sono d'accordo con quanto sosteneva prima il presidente, ossia che attorno alla questione siriana c'è ancora molta opacità, malgrado il fatto che è sotto gli occhi di tutti ed è quotidianamente registrata l'esistenza di una mattanza in corso assolutamente intollerabile, che sorpassa, per crudeltà e per vastità, i fatti di sangue che abbiamo visto in Piazza Tahrir e in altre piazze a seguito delle cosiddette primavere arabe.
La mattanza continua e molti morti sono anche giovani soldati che hanno rifiutato di sparare sui civili e, quindi, sono stati passati per le armi. Ciò che lei ricordava adesso della morte intollerabile del tredicenne alcuni mesi fa sotto tortura credo possa rappresentare meglio di qualsiasi altra descrizione le capacità mostruose di violenza che fanno da base per la resistenza alla dittatura degli Assad.
Ricordiamo anche che ciò che è avvenuto ad Hama nel 1982 ha dell'indicibile, perché la città è stata letteralmente rasa al suolo, con migliaia e migliaia di morti. Credo che non ci siano esempi simili nella storia recente. Bisogna tornare all'epoca della seconda guerra mondiale e ricordare Danzica e Guernica, dal punto di vista della distruzione fisica.
Oltretutto, al di là di quanto lei ci ha raccontato, che naturalmente in parte già conoscevamo, c'è un pesantissimo handicap rappresentato dal fatto che le operazioni militari che si sono appena concluse in Libia e che, in base alla nota risoluzione dell'ONU, sono state compiute per difendere i civili libici oggi non sono neppure immaginate per difendere i civili siriani, come se ci fosse una differenza antropologica fra i libici, che rischiavano i massacri gheddafiani, e i siriani, che, invece, pagano tutti i giorni con la vita la rivolta contro Assad.
Infatti, in modo non sorprendente, questa opzione militare è stata totalmente esclusa anche soltanto come ipotesi. Proprio alcuni giorni fa Rasmussen, il segretario generale della NATO, si è affrettato ad affermare che assolutamente nessuno neanche bisbiglia della possibilità di intervenire.
Io penso che la posizione «occidentale», per usare un vecchio termine, sia già indebolita in partenza proprio perché si è esclusa totalmente un'eventuale opzione militare. Lo considero personalmente un gravissimo sbaglio.
Per venire all'agenda pratica di che cosa possiamo fare concretamente, io credo


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che questo Governo si sia mosso molto bene, perché in uno dei primi incontri che ha avuto il nuovo Ministro degli affari esteri Terzi ha incontrato a Roma proprio il professor Ghalioun. Si è voluto giustamente dare enfasi a un incontro molto significativo, non soltanto dal punto di vista della sostanza e della personalità del professor Ghalioun, ma anche perché era un implicito riconoscimento del nuovo organismo che si è già formato e che è stato riconosciuto dalla Turchia, una sorta di Governo in esilio, un Governo ombra, se abbiamo capito bene, che sta muovendo i suoi primi passi.
Anche ciò che sta succedendo al Consiglio di sicurezza dell'ONU è ancora molto vischioso. La Lega araba ha presentato un suo piano e la Russia finalmente si è mossa dalla posizione insostenibile di neutralità e anch'essa ha, mi auguro, smesso di porre veti su eventuali azioni del Consiglio di sicurezza, proponendo una formula, per la verità, inaccettabile, perché mette sullo stesso piano i disertori, i ribelli, così come i lealisti al regime, un parallelismo assolutamente insostenibile dal punto di vista politico e morale.
Che cosa possiamo fare? Credo che, come minimo, dobbiamo effettuare l'apertura di corridoi umanitari verso i villaggi e le città che vengono messi nel mirino ancora oggi tutti i giorni dalle forze armate a fianco di Assad, ma soprattutto promuovere una fortissima azione diplomatica affinché la proposta della Lega araba e l'indignazione dei membri del Consiglio di sicurezza dell'ONU in generale, per non parlare dell'Europa, che sembra sempre arrivare molto tardi su molti argomenti, possano veramente spingere verso una tregua, facendo sì che questo regime smetta di massacrare i propri cittadini. Non si è mai vista una situazione di questa ampiezza, di questa crudeltà e di questa quotidianità. L'altro giorno ci sono stati 100 morti. Stiamo viaggiando su cifre assolutamente intollerabili.
C'è poi tutto il contesto regionale, che va tenuto sempre presente e che riguarda non soltanto l'alleanza fra la Siria e l'Iran, con le implicazioni che conosciamo, quale il sostegno a Hezbollah, ma anche la posizione israeliana, che probabilmente vede con grandissima preoccupazione la destabilizzazione che questa rivolta sacrosanta sta provocando in un Paese così importante e confinante anche con Israele.
Io credo comunque che il pericolo maggiore di questa situazione sia, e lei ne ha accennato, la possibilità che il Paese finisca per scivolare inevitabilmente in una vera e propria guerra civile. Questo sarebbe il capolavoro creato dalla famiglia Assad ed è una questione sulla quale credo che dobbiamo essere tutti non soltanto allertati, ma assolutamente vigili e soprattutto attivi per evitare un ennesimo scivolamento verso il caos.

MATTEO MECACCI. Anch'io ringrazio Shady Hamadi per essere venuto in audizione da noi, per il suo lavoro e, come ha già affermato la collega Boniver, per il coraggio che dimostra a esporsi in prima persona, in Parlamento, ma non solo. Speriamo, infatti, che questa occasione possa essere - lo dico sinceramente - anche un modo per proteggerlo in Italia.
Sappiamo, infatti, anche da notizie di stampa, anche se il nostro ospite non lo ha menzionato, che a Milano ci sono stati atti intimidatori e violenze fisiche nei confronti di luoghi e di persone vicine a chi si occupa dell'opposizione siriana. Queste sono situazioni che sicuramente le autorità di pubblica sicurezza hanno alla loro attenzione, però è bene che anche il Parlamento italiano faccia sapere che non è tollerabile ciò che accade in Siria, ma neanche il fatto che sul territorio del nostro Paese persone che semplicemente rendono noto ciò che accade ed esprimono le loro opinioni possano essere oggetto di intimidazioni.
Presidente, non so se potremmo far pervenire una nostra richiesta di attenzione anche alle autorità di pubblica sicurezza per vigilare su quanto accade. Non sarebbe la prima volta in cui persone che dall'estero si occupano non solo di Siria, ma anche di altri Paesi, fanno poi una fine che non è augurabile a nessuno


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o comunque vengono indotte «a più miti consigli», per usare un eufemismo.
Ciò premesso, credo che l'analisi che ha svolto la collega Boniver sia in gran parte condivisibile, perché fondata su dati oggettivi. Credo anche, però, che ci sia un margine di iniziativa politica un po' maggiore, sia per l'Italia, sia per altri Paesi.
Abbiamo visto, nel corso di queste ultime settimane, che, quando la Lega araba ha preso l'iniziativa di voler porre alcune sanzioni nei confronti della Siria, c'è stata la volontà da parte del Governo siriano, naturalmente prendendo tempo e usando la politica e la diplomazia, di corrispondere a queste richieste e, quindi, di segnare il passo rispetto ad alcune posizioni più intransigenti che aveva avuto.
Soprattutto la questione che è sul tappeto e che occorre cercare di sbloccare è quella al Consiglio di sicurezza dell'ONU. L'aspetto che evidentemente fa più paura al Governo siriano è anche il fatto che il Consiglio per i diritti umani abbia presentato una risoluzione che mette nero su bianco le cifre di questo massacro. Le cifre che ci ha letto Shady Hamadi non sono solo quelle di Human Rights Watch o dei network di ONG che monitorano il rispetto dei diritti umani in quel Paese, ma sono anche le risultanze di una Commissione d'inchiesta che il Consiglio dei diritti umani ha istituito a settembre, Commissione d'inchiesta che non ha avuto la possibilità di recarsi in Siria per il rifiuto del Governo siriano, ma che ha poi presentato le sue conclusioni a Ginevra.
La maggioranza dei Paesi del Consiglio per i diritti umani dell'ONU, che tante volte abbiamo criticato in passato per non aver agito, in questa occasione ha messo nero su bianco questi risultati, che sono frutto di una Commissione d'indagine indipendente. È chiaro che, se queste risultanze, se questa richiesta di interventi e di sanzioni anche individuali nei confronti delle persone che sono state individuate come responsabili di queste violenze non arrivano al Consiglio di sicurezza, cioè non sono oggetto di una risoluzione che sia vincolante per tutti i Paesi membri delle Nazioni Unite, la Siria si sentirà sempre libera di agire anche a livello politico e diplomatico. La capacità di muoversi a livello internazionale da parte del Governo siriano resta tuttora attiva.
Personalmente, anche se attraverso una terza persona, ho ricevuto un invito a recarmi in Siria per incontrare il Presidente Assad in questi giorni. Come è capitato a me, immagino sia capitato anche ad altri. Politicamente non ho ritenuto opportuno farlo, però ciò sta a dimostrare che anche nel nostro Paese, a livello politico, e i riconoscimenti avuti dal Presidente Assad ne sono un sintomo, c'è lavoro da compiere per portare maggiore consapevolezza sulla necessità di intervenire di fronte a quella che Margherita Boniver definiva come una differenza quasi antropologica tra il popolo siriano e quello libico. Purtroppo esiste una differenza petrolifera tra la situazione libica e quella siriana, che impedisce di intervenire. Non parliamo neanche, in questo caso, dell'intervento militare. Parliamo di una risoluzione dell'ONU ai sensi del capitolo VII che metta al bando le persone che sono protagoniste e responsabili di questa violenza.
Io credo che anche in Parlamento si debba al più presto trovare un momento, non so se in Commissione o in Aula, per poter segnalare che, nonostante il lavoro svolto adesso dalla Farnesina sia da incoraggiare e sia encomiabile, che ci sia un sostegno più ampio rispetto a una vicenda che ha dati oggettivi che sono ormai inconfutabili. Francamente girare la testa dall'altra parte e rischiare di assistere allo sbocco in una guerra civile con il coinvolgimento della Turchia e di altri Paesi della regione sarebbe deleterio per tutti, perché comunque la Siria è un Paese vicino a noi e agli interessi dell'Europa intera.
Non so se possiamo trovare il modo di presentare un documento da mettere in calendario, in Commissione o in Aula, per cercare di ampliare la discussione su questo tema.


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MARIO BARBI. Vorrei associarmi anch'io innanzitutto ai ringraziamenti e alle espressioni di apprezzamento e di riconoscimento morale verso il nostro ospite rivolti dai colleghi Boniver e Mecacci. Vorrei anche associarmi a un pronunciamento parlamentare, e questo già lo è, che invita in modo chiaro, esplicito e inequivocabile i diversi addetti all'ambasciata siriana in Italia a comportarsi secondo lo statuto diplomatico e non secondo comportamenti estranei al loro status.
Senza soffermarmi sui vari aspetti già toccati dai colleghi, vorrei chiedere una cosa specifica a Shady Hamadi, relativa a che tipo di richieste e di idee ha l'opposizione siriana rispetto alla comunità internazionale, alle Nazioni Unite, ai singoli Paesi e alla Lega araba. Qual è il tipo di iniziative e di interventi che si aspetta?
Mi ha colpito un fatto, ma non so se sia un mio deficit informativo. Ripensando a un'occasione di interlocuzione pubblica che ho avuto - era estate e, quindi, sono passati alcuni mesi - con il nostro ospite, mi pare di ricordare che da parte dell'opposizione siriana non vi sia stata, a differenza di quella libica, per esempio, alcuna richiesta di intervento militare da parte di altri Paesi. Vorrei chiedere a Shady Hamadi se ciò corrisponde al vero, se ha una motivazione e qual è. Su questo punto vorrei chiedergli un approfondimento.
Naturalmente per tutte le altre questioni non posso che esprimere deplorazione, biasimo e solidarietà verso le vittime di queste carneficine e non posso che associarmi a chi ha già parlato prima di me e rivolgere direttamente a Shady Hamadi e, attraverso di lui, a tutti partecipanti all'opposizione siriana le mie espressioni di vicinanza e di compassione per il tipo di repressione alla quale sono esposte.

PRESIDENTE. Invito Shady Hamadi a tener presenti le domande, non tanto come domanda e risposta, ma come commento e ambientazione. Io credo che questo nostro incontro debba essere l'occasione per proseguire un filo di comunicazione continua su questo argomento.
Do la parola a Shady Hamadi per la replica.

SHADY HAMADI, Attivista per i diritti umani in Siria. Sul ruolo dell'Italia devo certamente rilevare che è un ruolo di primo piano, in quanto la cooperazione italiana sta mandando aiuti e ha mandato aiuti recentemente, la settimana scorsa, ai campi profughi in Libano. Secondo le mie stime, al 18 dicembre risultano 4.510 profughi in Libano, circa 5 mila in Giordania, almeno stando a quanto ci risulta a novembre, e 7.660 in Turchia il 17 di ottobre.
Trovo rilevante la domanda che è stata posta sul motivo per cui non è stato chiesto un intervento militare. Come ho già accennato prima nel discorso, credo che sia sempre importante ascoltare le richieste della società civile siriana rispetto a ciò che fa il Consiglio nazionale siriano, che è, secondo me, una prosecuzione piuttosto che un megafono di ciò che la piazza chiede.
Come ho già sottolineato, tale Consiglio è transitorio e fa parte anch'esso, anche se evidentemente è più forte, di una galassia di movimenti di opposizione che si sta formando, certamente perché è un periodo di anarchia per quanto riguarda equilibri di potere e di organizzazione.
La scelta è stata compiuta dal popolo siriano. Ogni settimana un venerdì assume un nome specifico: il venerdì dei bambini o il venerdì della richiesta di difesa non militare, ma da parte dell'ONU di protezione dei civili o ancora, ultimamente, il venerdì in cui la Lega araba sta uccidendo il popolo siriano.
Quella del non intervento militare è stata una richiesta avanzata anch'essa di venerdì dal popolo siriano, perché abbiamo visto i risultati di precedenti interventi. Il popolo siriano è capace autonomamente di liberarsi. Come? La richiesta più urgente è quella di una zona cuscinetto al confine con la Turchia, in cui, se verrà costituita, almeno l'85 per cento delle forze armate siriane potrà defezionare.
Quando un soldato lascia l'esercito siriano, deve prima mettere in salvo i suoi familiari,


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perché essi vengono perseguitati. Sempre sul villaggio di Talkalakh, quello rastrellato i primi di dicembre, so da fonti del villaggio di dieci militari disertori scappati. Ne sono stati presi sette, subito fucilati. La situazione ricorda veramente, come citava benissimo l'onorevole Boniver, scenari della seconda guerra mondiale. I rastrellamenti ci riportano a quell'idea di un passato che mai vorremmo rivedere.
Ciò che viene chiesto da queste istanze politiche che si sono create è una coerenza di politica estera, quindi diplomatica, piuttosto che un aiuto militare. In sostanza, se noi riusciamo veramente a creare questa zona cuscinetto, la situazione si risolverà. Se non c'è una spaccatura interna al regime stesso, di alti ufficiali che lasciano i loro posti per mettersi insieme alla Resistenza, è inevitabile che alla fine di questa rivoluzione, con la risoluzione, ci sia uno scontro tra le due forze.
Io credo e auspico che Bashar Al-Assad, con tutti quelli che lo seguono, venga deferito alla Corte penale internazionale de l'Aja per crimini contro l'umanità.
Mi proposi io, in un'intervista che rilasciai a Sky TG 24, di creare un dossier insieme ai miei collaboratori e di presentarlo in persona al tribunale. Se nessuno lo fa, lo devo fare io, per far incriminare Assad per quanto sta accadendo.
Ovviamente serve tempo e servono risorse che io non ho, perché, come affermava prima benissimo il presidente Colombo, io sono uno scrittore e uno studente. Adesso sto facendo il servitore da una parte dello Stato italiano autonomamente e dall'altra ovviamente anche aiutando la Siria. Domani non diventerò né ministro, né ambasciatore della Siria, ma tornerò alla mia quotidianità, per un senso morale e civico che ritengo opportuno sottolineare, che non deve essere un biasimo per ciò che può succedere a me in termini di persecuzione. Io credo che, quando si sceglie una strada di questo tipo, come ci hanno insegnato i nostri padri fondatori della Repubblica italiana al tempo della Resistenza, tutto ciò appartiene a scelte morali, di coerenza e di libertà, in cui poi, se si va a vincere, tutto sarà annullato.
Ho bisogno semplicemente, parlando in concreto e ricollegandomi ancora una volta a quello che ha affermato il presidente Colombo, che si continui un lavoro di collaborazione aperto. Mi impegno in questo senso, insieme ai miei collaboratori, a rivederci per continuare insieme e per evitare che questa situazione abbia una prosecuzione.
In merito a quanto ho riferito sui crimini contro l'umanità per cui deve essere deferito Bashar Al-Assad, mi ricollego moralmente un po' a Simon Wiesenthal, il ricercatore di nazisti che ha passato tutta una vita a ricercarli con grande spirito di sacrificio. In un certo senso, io auspico e credo di poter fare ciò anche autonomamente.
La firma del protocollo della Lega araba da parte della Siria, come avete visto, non significa nulla, perché la risposta del regime è stata che avrebbe firmato, ma che non si sarebbe inchinato e non avrebbe ubbidito. Io credo che giovedì, quando arriveranno gli osservatori della Lega araba, le intenzioni del regime siano quelle di una scelta certamente razionale, che si può ricondurre a una strategia di qualsiasi regime, un regime - è ovvio sottolinearlo - che è una realtà disumana, mentre è umano abbatterlo, il cui scopo è quello di massacrare il maggior numero di civili possibile, come sta facendo in queste ore, credendo che il sangue possa creare il silenzio.
Come vedete, e io ne posso essere la rappresentazione, nonostante la mia famiglia sia perseguitata e mio padre abbia passato oltre quarant'anni di esilio e ancora possa raccontare le torture che ha subìto, mio padre non ha mai chiesto lo status di rifugiato politico in Italia, ma ha sempre continuato a sostenere la sua idea liberale e democratica.
Io credo veramente che, se tutti ci impegniamo veramente, soprattutto con l'arma migliore, che è quella della diplomazia e della politica estera, possiamo riuscire. Gandhi ha fermato, e tutti lo sappiamo,


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l'India con gli scioperi. Noi abbiamo appena proclamato lo sciopero della dignità in Siria, dove tutti abbassano le saracinesche e si fanno anche ammazzare per questo motivo.
Possiamo fermare la Siria, questa battaglia contro la tirannia può essere vinta dagli stessi siriani. Certamente serve il coinvolgimento di tutto il mondo, senza dimenticare quello che in questi dieci mesi ci ha dimostrato questo pacifismo, che ha dell'incredibile e che mai dovremo dimenticare. Io credo che la storia non lo dimenticherà facilmente.
Ancora una volta, auspico veramente che possiamo continuare a collaborare. In tal senso mi rendo disponibile a qualsiasi aiuto che possa essere richiesto e metto a disposizione tutte le mie competenze a qualsiasi titolo per un bene supremo, che è quello della libertà e dell'autodeterminazione di un popolo. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie, Shady Hamadi. Grazie per essere qui e per le sue comunicazioni. Noi non le lasceremo cadere nel vuoto. Credo che una prima iniziativa sarà una lettera al presidente della Camera per informarlo di questo evento di oggi e delle notizie in più che abbiamo appreso oltre a quelle che sono note dalla stampa, per chiedergli di intervenire con il peso del suo rappresentare l'intera Assemblea presso il Governo, in modo che si ponga fine a questa sfilata di notizie lette da tutti con costernazione e raccolte da nessuno dal punto di vista politico, giuridico ed eventualmente giudiziario.
La seconda azione che compiremo sarà una richiesta di audizione del ministro, oppure di quello dei due sottosegretari che risulterà avere la delega in questa materia, in modo da poter scendere nei dettagli dell'attività che il Ministero degli affari esteri intende intraprendere, fissando anche alcune scadenze per poter avere risposte entro una determinata data, avanzando, cioè, alcune richieste e pregando il Ministero di riferire entro termini prefissati.
Come terza iniziativa, io proporrei da parte di ciascuno di noi presenti in questa audizione, alla ripresa dell'Aula, di mettere direttamente al corrente i nostri colleghi di quello che abbiamo inteso far avvenire in questa Commissione. Naturalmente il primo riferimento sarà con il presidente di questa Commissione per informarlo delle attività che abbiamo svolto e di ciò che intendiamo fare.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,55.

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