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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione III
6.
Martedì 18 settembre 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Narducci Franco, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUGLI OBIETTIVI DELLA POLITICA MEDITERRANEA DELL'ITALIA NEI NUOVI EQUILIBRI REGIONALI

Audizione del Presidente della Commissione di Venezia del Consiglio d'Europa, Gianni Buquicchio:

Narducci Franco, Presidente ... 3
Nirenstein Fiamma, Presidente ... 8 9 10 11
Buquicchio Gianni, Presidente della Commissione di Venezia del Consiglio d'Europa ... 3 10
Galli Daniele (FLpTP) ... 8
Pianetta Enrico (PdL) ... 8
Tempestini Francesco (PD) ... 9
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL.

COMMISSIONE III
AFFARI ESTERI E COMUNITARI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 18 settembre 2012


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FRANCO NARDUCCI

La seduta comincia alle 13,10.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Presidente della Commissione di Venezia del Consiglio d'Europa, Gianni Buquicchio.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli obiettivi della politica mediterranea dell'Italia nei nuovi equilibri regionali, l'audizione del presidente della Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto - nota come Commissione di Venezia - del Consiglio d'Europa, Gianni Buquicchio.
Le trasformazioni costituzionali in corso in molti Paesi della sponda meridionale del Mediterraneo sono decisive per consolidare la loro transizione democratica, con particolare riferimento al rapporto con la religione islamica. È, quindi, molto importante l'azione della Commissione di Venezia nell'assistenza giuridica a tali Paesi e siamo interessati a conoscerne i primi risultati.
Do la parola al presidente Buquicchio per lo svolgimento della relazione.

GIANNI BUQUICCHIO, Presidente della Commissione di Venezia del Consiglio d'Europa. Grazie, presidente. Non ripeterò le due parole che ho detto poc'anzi, nell'ambito del Comitato sui diritti umani, sulla storia della Commissione di Venezia. Mi limito solo a dire che esiste dal 1990 per aiutare prima i Paesi dell'est europeo e poi tutti i Paesi europei ed, in parte, extraeuropei.
Prima non ho detto perché si chiama Commissione di Venezia. Si chiama in questo modo perché siede a Venezia solo per le riunioni plenarie, cioè quattro volte all'anno. Il segretariato della Commissione è, invece, a Strasburgo presso il Consiglio d'Europa. Le sessioni durano tre giorni (sempre giovedì, venerdì e sabato), con sottocommissioni e poi con la commissione plenaria, e hanno luogo - ripeto - quattro volte all'anno a Venezia.
La città è stata scelta perché, per convincere gli Stati che si opponevano all'iniziativa italiana di creare questo organo, l'ambasciatore italiano dell'epoca a Strasburgo consigliò al presidente La Pergola di fare una riunione a livello ministeriale in una bella città italiana come Firenze, alla quale avrebbero partecipato i ministri suoi colleghi e lui avrebbe potuto convincerli a far passare questa iniziativa.
La Pergola, all'epoca Ministro delle politiche comunitarie, si recò dall'allora Ministro degli esteri, De Michelis, proponendo di fare una riunione ministeriale a Firenze. De Michelis, essendo veneziano,


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propose Venezia. Per questo ci troviamo in questa città, anche grazie all'ospitalità della regione e dell'Italia.
Riguardo ai Paesi del sud del Mediterraneo, devo dire che proprio La Pergola, da siciliano e da italiano, aveva molto interesse per i Paesi del sud, soprattutto per quelli dell'Africa del nord. Purtroppo, è scomparso prima di vedere realizzarsi questo suo interesse anche se noi abbiamo cominciato a cooperare con questi Paesi prima della primavera araba.
In quel caso, la Commissione ha dato prova di lungimiranza. Infatti, si sentivano già dei segnali di cambiamento e avevamo cominciato delle relazioni con l'Algeria, con dei giuristi e specialmente con il Consiglio costituzionale algerino. I nostri interlocutori dicevano di voler dialogare e discutere, ma bisognava andare piano e affrontare temi tecnici, non questioni quali i diritti dell'uomo, la laicità, la religione e così via poiché dei settori, soprattutto governativi, erano contrari.
Allora, abbiamo cominciato a parlare di questioni tecniche tra giuristi. Devo dire, però, che si è subito stabilita una fiducia e una confidenza tra noi, al punto che non abbiamo aspettato molto per poter entrare in discussioni su temi più sensibili. Abbiamo, quindi, avuto degli ottimi risultati perché con l'Algeria, il Marocco, la Tunisia e molti altri Paesi arabi abbiamo lanciato, da sei o sette anni ormai, una cooperazione con l'Unione araba delle corti e consigli costituzionali, che comprende 14 Paesi dell'area araba, fino allo Yemen.
Peraltro, sono stato in Yemen, dove ho conosciuto l'ex dittatore Saleh, che finalmente è andato via, ma anche in Bahrein, in Kuwait e in Libia, dove avevo avuto un rapporto con Jalil, che all'epoca era presidente alla Corte suprema e che, dopo la rivoluzione, è stato nominato Presidente del Consiglio nazionale transitorio libico. Insomma, eravamo già presenti nel mondo arabo con una certa notorietà, per cui non è stato difficile intervenire per cooperare con questi Paesi appena le rivoluzioni hanno avuto fine.
Voglio dire, a titolo preliminare, che non facciamo la cooperazione con i Paesi arabi allo stesso modo di quella che ha riguardato gli altri Paesi europei o extraeuropei. Il mondo arabo, infatti, è molto suscettibile, soprattutto per ragioni storiche (pensiamo, per esempio, alla colonizzazione), quindi non gradirebbe imposizioni o raccomandazioni forti. La nostra cooperazione si svolge con mutuo apprezzamento, soprattutto da parte loro, nell'ambito dello scambio di esperienze. Noi, come Commissione di Venezia, rappresentiamo 58 Paesi europei e non, ragion per cui possiamo presentare diverse soluzioni che hanno funzionato bene nei diversi Stati; dopodiché è loro compito ed è nel loro diritto scegliere quella che meglio calza con la realtà del Paese interessato.
Alcuni dei Paesi arabi sono già membri della Commissione di Venezia, come l'Algeria, il Marocco e la Tunisia. Della zona, sebbene non arabo, vi è anche Israele. Peraltro, quando Israele ha aderito alla Commissione abbiamo invitato anche l'Autorità palestinese a cooperare con noi. Difatti, abbiamo avuto delle cooperazioni soprattutto per un'eventuale creazione di una Corte costituzionale a Ramallah.
Rispetto alla situazione attuale, comincio con il Marocco. Il Re Maometto VI ebbe un'ottima intuizione dopo le rivoluzioni che si erano manifestate in Egitto, in Tunisia, in Libia e quant'altro. Riuscì, infatti, a evitare una rivolta prendendo lui stesso l'iniziativa di creare una commissione costituzionale - peraltro presieduta dal membro marocchino della Commissione di Venezia, quindi da un grande giurista - con una composizione molto larga. Alla commissione hanno, infatti, partecipato tutte le forze politiche presenti in Marocco, ma soprattutto anche la società civile e le università. Dunque, in relativamente poco tempo sono riusciti a presentare al Re un progetto di Costituzione, che è stato poi approvato con un referendum. La situazione è andata, quindi, pacificamente avanti.
La Costituzione attuale del Marocco è un buon testo; non ci sono critiche fondamentali


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per i risultati raggiunti. L'unico problema è l'attuazione della Costituzione e soprattutto l'adozione di leggi organiche importanti. La Costituzione prevede che un certo numero di leggi fondamentali siano adottate nella prima legislatura che ha seguito l'approvazione della Costituzione stessa. In pratica, queste leggi devono essere adottate entro il 2016.
Finora, abbiamo un piccolo ritardo perché, a oggi, hanno approvato solo tre leggi organiche, quella sulla Camera dei rappresentanti, quella sui partiti politici e quella sulla nomina a funzioni dirigenziali superiori, soprattutto per quanto riguarda le società pubbliche. Vi sono, quindi, parecchie altre leggi in preparazione.
Una, che è particolarmente importante e dovrebbe essere adottata molto rapidamente, riguarda la regionalizzazione, che è un problema di vecchia data del Marocco. Vi sono, infatti, molti squilibri economici e sociali tra le diverse regioni del Paese, ma la questione fondamentale è quella del Sahara occidentale. Si prevede, comunque, che questa legge sia adottata entro l'anno venturo, nel 2013, quando si dovrebbero tenere delle elezioni a livello locale, quindi regionale. Insomma, questo processo dovrebbe andare in porto abbastanza rapidamente.
Nel contempo, dovrà essere approvata anche la legge sulla Corte costituzionale. D'altra parte, questa Corte in una certa misura già esiste, nel senso che vi è un Consiglio costituzionale alla francese. Tutti questi Paesi - Tunisia, Algeria e Marocco - hanno adottato, anche in virtù della colonizzazione e dei ricordi storici, il sistema francese, per cui si sono dotati di uno strumento inefficace come il Conseil constitutionnel francese che non serviva quasi a niente prima della recente riforma che finalmente l'Assemblea nazionale francese ha approvato due anni fa, dopo la quale è quasi diventato una vera Corte costituzionale.
In sostanza, il Marocco, che ha un Consiglio costituzionale, vuole modificarlo per avere una Corte costituzionale a immagine e somiglianza di quelle europee (italiana, tedesca, austriaca e così via). In questo campo, hanno richiesto la cooperazione della Commissione di Venezia per scambiare esperienze e poter ricevere consigli sulle competenze più importanti che questa futura corte deve avere, competenze che devono essere regolate da questa legge organica. A questo proposito, probabilmente, avremo una riunione entro la fine dell'anno su questo tema con i rappresentanti marocchini e soprattutto con l'attuale Presidente del Consiglio costituzionale che probabilmente manterrà il suo incarico con la futura Corte costituzionale.
Vi sono altre leggi organiche importanti, tra le quali una sui diritti e il ruolo dell'opposizione; un'altra sul funzionamento delle Commissioni parlamentari d'inchiesta; un'altra sul Consiglio nazionale delle lingue e così via.
I nostri interlocutori in Marocco sono persone attendibili e competenti. Il Presidente del Consiglio nazionale dei diritti dell'uomo è un giurista di fama internazionale, molto aperto e laico, per cui penso che potrà aiutare le autorità marocchine a progredire ulteriormente. Lo stesso vale per il mediatore Benzakour, l'ombudsman marocchino, che è una personalità di primo piano; era addirittura Presidente dell'Associazione degli ombudsman del Mediterraneo. Anche con lui abbiamo degli ottimi lavori rapporti di lavoro; infatti, abbiamo organizzato alcuni seminari e scambi di vedute, con la partecipazione dei mediatori della zona ed europei.
Il Marocco, quindi, non ha molti problemi. È un Paese in cui la religione è l'Islam, ma c'è molta tolleranza. Insomma, la transizione si è fatta con il guanto di velluto, come il famoso «divorzio di velluto» dell'ex Cecoslovacchia.
Passiamo alla Tunisia, con la quale pure abbiamo cooperato. Dopo le elezioni, l'Assemblea nazionale costituente, eletta, appunto, dall'elettorato tunisino, aveva un anno per procedere alla redazione della Costituzione. Appena insediatasi, però, questa Assemblea ha cominciato a legiferare come un Parlamento normale, benché non fosse previsto. Comunque, ci voleva un organo che adottasse delle leggi importanti, come quella sul bilancio, sulle


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finanze e così via. Tuttavia, una delle prime dichiarazioni dell'Assemblea fu che, siccome era stata eletta, poteva rimanere in carica tutto il tempo che voleva. In sostanza, l'Assemblea riteneva che nessuno potesse imporre un limite per fare la Costituzione.
Vi sono stati degli scontenti e delle critiche, per cui hanno fatto marcia indietro e hanno detto che avrebbero adottato la Costituzione in un anno e mezzo, cioè entro il 23 ottobre di quest'anno. Quindi, la Costituzione dovrebbe essere adottata in via definitiva. Ho visto parecchie volte il Presidente dell'Assemblea nazionale costituente, Ben Jaafar, che è un rappresentante del partito Ettakatol.
Per la precisione, vi sono tre partiti nella trojka tunisina; il partito Ennahda, il partito del Congresso per la Repubblica e, appunto, Ettakatol, che si sono divisi le poltrone più importanti (Capo dello Stato, Primo ministro e Presidente dell'Assemblea costituente). A ogni modo, Ben Jaafar era d'accordo con me nel ritenere che occorre fare al più presto la Costituzione, ma senza precipitazione. È meglio impiegare qualche settimana o mese in più e avere un buon testo piuttosto che avere un testo scadente e rispettare il limite temporale imposto. Comunque, sino a oggi, è ancora prevista l'adozione entro il 23 ottobre. Penso che, probabilmente, vi sarà un piccolo ritardo. A ogni modo, entro l'autunno la Costituzione sarà adottata.
Nel frattempo, è successo che l'Assemblea costituente ha deciso di creare sette Commissioni costituzionali, di cui sei per ciascun capitolo della Costituzione (diritti dell'uomo, sistema di governo, poteri giudiziari e così via) e una di coordinamento, che ha già ricevuto i progetti di capitoli dalle diverse Commissioni, li ha esaminati la settimana scorsa e ha rimandato i testi, con alcune raccomandazioni, alle singole Commissioni tematiche, le quali stanno lavorando e dovrebbero ripresentare i testi emendati all'inizio della settimana ventura. Dopodiché, ci sarà una prima discussione in seduta plenaria e poi finalmente l'adozione intorno al 23 ottobre.
Nel contempo, ci hanno richiesto regolarmente pareri su punti specifici, soprattutto in relazione a quanto si fa in Paesi come l'Italia, la Francia o la Germania a proposito dei singoli aspetti (per esempio, per l'indipendenza del potere giudiziario, se esiste un organo di controllo della magistratura, come il Consiglio superiore della magistratura e via dicendo). Noi rispondiamo puntualmente, in modo da alimentare la riflessione dei membri la Commissione, sperando che seguano esperienze riuscite in altri Paesi.
È prevista una visita di una delegazione della Commissione di Venezia a Tunisi nella prima settimana di ottobre, prima dell'adozione finale del testo, per un ulteriore e forse ultimo scambio di vedute. Attualmente, non abbiamo ancora visto il progetto complessivo di Costituzione. Vi sono dei punti che ci preoccupano; altri, invece, vanno bene.
Innanzitutto, dal punto di vista politico, pare che rimarrà nella nuova Costituzione il divieto di ogni tentativo di normalizzazione con il sionismo e con Israele, che è un elemento senz'altro negativo perché se questo diventa dettato costituzionale non c'è più speranza. Per quanto riguarda i diritti politici e sociali, sono in conformità con gli standard generali in materia, quindi hanno fatto un buon lavoro. Riguardo alla libertà religiosa, cominciano i problemi perché c'è un articolo che penalizza non solo la blasfemia, ma anche l'insulto e addirittura le critiche che normalmente fanno parte della libertà d'espressione.
Pertanto, secondo l'interpretazione che il giudice darà della norma costituzionale, si possono creare dei seri problemi. Peraltro, soprattutto in questi ultimi giorni e ore, la situazione è grave a causa del famoso film, per cui temo che questo causerà un irrigidimento da parte del partito islamico, Ennahda, su questi aspetti, con, probabilmente, un passo indietro sul laicismo.
Rispetto alle donne, devo dire, a titolo preliminare, che sono stato impressionato dall'effervescenza della società civile, che è molto attiva, soprattutto a livello di associazioni


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non governative di donne veramente competenti, anche sul piano politico. Difatti, queste parti della società civile sono rimaste scioccate dall'idea di scrivere nella Costituzione, a parte il principio dell'uguaglianza di tutti i cittadini, che esiste, che, nell'ambito la famiglia, la donna e l'uomo sono partner e la donna è complementare all'uomo.
Insomma, l'idea della complementarietà è, evidentemente, un piccolo passo indietro in rapporto alla situazione della donna che esisteva sotto la dittatura di Ben Ali, tanto deprecabile sotto altri aspetti. Comunque, per il momento, si tratta progetti che possono evolvere in senso positivo o negativo nelle prossime settimane.
In merito al sistema di governo, non hanno ancora deciso. Vi sono due opzioni, ovvero il sistema parlamentare, voluto dai Ennahda, con un presidente senza prerogative di rilievo, e il sistema parlamentare «razionalizzato», cioè un sistema semipresidenziale, con un presidente eletto a suffragio universale, con prerogative soprattutto nel campo della politica estera. I due partiti della trojka, Ettakatol e Congresso per la Repubblica, come anche l'opposizione parlamentare, sarebbero a favore della soluzione semipresidenzialista.
Per quanto riguarda il giudiziario, sono ben intenzionati a sancire nella Costituzione l'indipendenza e l'imparzialità del sistema giudiziario. Vogliono creare un Consiglio superiore del magistratura con dei poteri in materia di carriera e disciplina dei magistrati. Inoltre, come in Marocco, vogliono trasformare il Consiglio costituzionale in una vera e propria Corte costituzionale di dodici membri, con molte competenze, persino con il diritto di ricorso individuale, nominati dal presidente, dal Primo Ministro, dal presidente del Parlamento e dal Consiglio superiore della magistratura. Insomma, mi sembra una composizione abbastanza equilibrata per la futura Corte costituzionale. Questo è tutto per quanto riguarda la Tunisia.
Passiamo alla Giordania, che sta facendo una campagna diplomatica da cinque o sei mesi, soprattutto a Bruxelles e a Strasburgo, dove si è recato il Re, per mostrare che vogliono rivedere la Costituzione. Penso, infatti, che vogliono seguire l'esempio marocchino. Tuttavia, i nostri primi contatti mi danno l'impressione che vi siano ancora delle grosse resistenze. Non si è andato abbastanza avanti in questi cinque o sei mesi e non si sono avute dichiarazioni da parte delle autorità giordane di cambiare la Costituzione o di cooperare con l'Europa.
Ho incontrato il Primo Ministro giordano ad Ankara, in Turchia, in occasione di una celebrazione della Corte costituzionale turca, alla quale aveva partecipato. È un grande giurista, ex vicepresidente della Corte internazionale di giustizia dell'Aja. Ho avuto un ottimo rapporto con lui, decidendo di passare a un livello superiore per quanto riguarda la nostra cooperazione. Tuttavia, il giorno dopo, détte le dimissioni, ovviamente non a causa mia, ma probabilmente per dissensi con il Re o con gli altri membri del Governo. A ogni modo, oggi c'è un nuovo Primo Ministro, quindi dobbiamo di nuovo ricucire i contatti e cercare di rilanciare questa cooperazione su una base più solida e concreta.
Riguardo all'Egitto, invece, avevamo e abbiamo tuttora un'ottima cooperazione con la Corte suprema costituzionale, membro della Unione araba delle corti costituzionali di cui ho parlato prima, che ci ha permesso di avere contatti con le altre autorità, specialmente con l'ex vice Primo Ministro, che è un professore e avvocato laico molto esperto, ma purtroppo anche lui qualche mese fa ha dato le dimissioni, pertanto dobbiamo trovare nuovi contatti per una cooperazione.
A ogni modo, non facciamoci illusioni. L'esito elettorale ha dato una confortevole maggioranza alla Fratellanza, con un Presidente, Morsi, che, però, si sta mostrando abbastanza equilibrato. È anche vero che la Fratellanza musulmana non deve spaventare perché è una galassia con moderati, laici, radicali, fondamentalisti e quant'altro. Insomma, ci si trova un po' di tutto. Per il momento, pare che le scelte politiche del Presidente, nonché l'abilità


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con cui è riuscito a sbarazzarsi dei militari, possano produrre dei frutti positivi.
C'è anche da dire, però, che il secondo partito per importanza è Al Nour, il partito dei salafiti, che sono particolarmente forti in Egitto, ma per fortuna non c'è collusione tra la Fratellanza e i salafiti. Questo vale per il presente perché gli ultimi avvenimenti possono cambiare totalmente la situazione nel mondo arabo o almeno in alcuni Paesi della regione. In sostanza, attualmente, la nostra cooperazione con l'Egitto si è arenata. Vedremo cosa si potrà fare in futuro. Abbiamo ancora dei contatti, ma non sono molto importanti.
Lo stesso vale per la Libia. Abbiamo cercato di offrire la nostra cooperazione alla Libia, anche conoscendo l'interesse che il Governo italiano ha per questo Paese, ma, purtroppo, fino a oggi, non abbiamo avuto risultati concreti. Sono in contatto con l'ambasciatore italiano a Tripoli, che è molto attivo e mi aveva consigliato di aspettare dopo le elezioni. Ora le elezioni sono passate, ma ci sono stati i recenti avvenimenti. Insomma, ci sono sempre degli avvenimenti che rinviano queste cooperazioni.
In conclusione, per il momento, le cose vanno bene con il Marocco e la Tunisia. Anche l'Algeria è calma anche perché, avendo mezzi finanziari molto più importanti, ha tacitato eventuali primavere con alcuni benefici sociali. Pare che il Presidente Bouteflika non cercherà di ottenere un nuovo mandato, dunque ci saranno le elezioni presidenziali con nuovo scenario politico. Anche in Algeria, però, è necessario rivedere la Costituzione e metterla in conformità con gli standard internazionali.
Tutto dipende da quello che sta succedendo in questi giorni a seguito degli incidenti gravissimi in Libia. Temo, comunque, che questo irrigidirà la situazione, almeno per le prossime settimane. Speriamo che mi sbagli.
Grazie, signor presidente. Sono a disposizione per rispondere ai vostri eventuali quesiti.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FIAMMA NIRENSTEIN

PRESIDENTE. Nel ringraziare il presidente Buquicchio dell'interessante intervento, do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

DANIELE GALLI. Innanzitutto, presidente, la ringrazio della relazione. Le lancio una provocazione. Cito Edward Luttwak, che afferma: «Dobbiamo chiarire una cosa: le proteste non sono scoppiate perché i governi in carica erano poco democratici, ma perché erano troppo laici. La stessa famiglia del tunisino Mohamed Bouazizi ha detto che lui si era dato fuoco per l'oltraggio di vedersi rifiutare la licenza da un funzionario donna». In un altro passo dice: «Agli islamici la democrazia che legifera non interessa, perché le leggi le ha già date Allah attraverso il Corano. In queste condizioni, il voto serve solo agli estremisti per andare al potere col sostegno della maggioranza della popolazione».
Ora, a parte la provocazione di Luttwak, tutti i regimi mediorientali e dell'Africa sahariana, dove vigeva un regime strettamente connesso al sistema religioso, non hanno avuto - se non blandamente - una reazione di primavera araba, invece tutti i regimi laici o laicisti hanno avuto una fortissima reazione, con il rovesciamento degli stessi. Questo, ovviamente, pone un problema di relazione. Tuttavia, specie alla vostra organizzazione, pone il problema di come relazionarsi. In pratica, hanno veramente intenzione di arrivare a un qualcosa che è definibile come democrazia o è un ritorno al passato, per cui il rapporto rimane sterile?

ENRICO PIANETTA. Anch'io voglio ringraziare il presidente per quanto ci ha illustrato. La mia è una domanda brevissima e anche pragmatica. Lei ha detto che agli inizi di ottobre una delegazione della Commissione di Venezia si recherà in Tunisia. Ci ha, poi, illustrato tre elementi, relativamente alla nuova Costituzione.


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Ora, se - come è vero - la Commissione di Venezia contribuisce a fare in modo che le future Costituzioni dei differenti Paesi possano prendere atto degli standard del patrimonio costituzionale europeo, questi tre argomenti sono quanto mai preoccupanti. Del resto, lei ha particolarmente evidenziato questa preoccupazione.
Mi riferisco, innanzitutto, alla libertà religiosa, che è un problema. Indubbiamente, la situazione attuale, dopo le vicende del film, induce Ennahda ad assumere una posizione molto arretrata rispetto agli standard di libertà religiosa. Anche la condizione della donna - confermo quanto lei ha detto - rappresenta una regressione, come pure il fatto di mettere in Costituzione il divieto di normalizzazione dei rapporti con Israele, che mi sembra costituisca una barriera insormontabile.
Fatte queste considerazioni, come avvengono concretamente i rapporti con gli interlocutori? Quali sono le modalità attraverso le quali esprimete l'esperienza europea e come riuscite a indurre gli interlocutori ad assumere delle posizioni più aderenti e più coerenti con il nostro patrimonio europeo? Insomma, vorrei sapere come funziona la vostra attività quando vi recate in un Paese nel quale, dal punto di vista della Costituzione, esistono problemi così complessi.

PRESIDENTE. Vorrei portare all'attenzione del presidente Buquicchio il recentissimo rapporto della Freedom House, che mi è pervenuto oggi. Non so se lei ha potuto vederlo. In generale, dal rapporto emerge un declino delle governance democratiche in tutto il mondo. Quindi, il quadro complessivo, anche per quanto riferito ad altri continenti e ad altre situazioni etniche o religiose, è preoccupante.
Tuttavia, per quanto riguarda i Paesi delle rivoluzioni arabe non si può fare altro che notare che il già bassissimo livello dei diritti umani e civili delle governance precedenti si è ulteriormente abbassato, salvo che - stranamente - per la Tunisia, nonostante gli «sgarri» costituzionali di cui lei parlava, che si notano soprattutto nel campo delle donne, oltre ad esserci anche una situazione di sommovimento interno. Per esempio, avrà visto l'episodio di ieri dell'Imam che si è asserragliato in una moschea. Insomma, c'è una situazione molto sensibile.
Tuttavia, lei sa che ci vogliono cinque punti su sette per raggiunge il minino standard, rispetto ai parametri stabiliti dalla Freedom House, relativi, tra l'altro alla corruzione, alla rule of law, alle libertà civili e all'accountability. Ebbene, nessuno di questi Paesi raggiunge il minino standard e alcuni sono persino calati. L'Egitto, per esempio, ne conta 2,25; il Bahrein da 3,27 è sceso a 2,03, punteggio analogo a quello della Siria prima della rivoluzione. Insomma, si può notare che le libertà civili soffrono di queste rivoluzioni, al contrario di quello che ci si poteva aspettare.
Ecco, come si può pensare di prendere in considerazione questo dato? Peraltro, noi europei abbiamo un rapporto di considerazione con la Freedom House statunitense, quindi nelle nostre riflessioni sulle libertà civili le riconosciamo la dovuta importanza.

FRANCESCO TEMPESTINI. Vorrei rivolgerle una domanda di carattere generale, con il rischio di genericità, appunto. A ogni modo, ci sono Paesi arabi che si richiamano, nei loro testi costituzionali, all'accoglimento integrale della Sharia; altri, invece, circoscrivono il riferimento. Non faccio una domanda su un singolo Paese o su un testo costituzionale specifico. Comunque, in generale, il vostro atteggiamento rispetto a questa questione come si può esplicitare?
Si guarda al merito dei richiami che attengono alla Sharia? Se sì, quali sono i casi nei quali questa individuazione è stata fatta? Penso, infatti, che fare un riferimento alla Sharia in termini generali significhi negare in toto riferimenti di costituzionalismo occidentale. Ecco, nei casi di riferimento parziale, come li giudicate? Qual è, insomma, il vostro approccio rispetto a questo tema.


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PRESIDENTE. Do la parola al presidente Buquicchio per la replica.

GIANNI BUQUICCHIO, Presidente della Commissione di Venezia del Consiglio d'Europa. Onorevole Galli, non sono d'accordo con l'opinione di Luttwak. Infatti, Bouazizi si è ammazzato non perché aveva ricevuto la multa da un agente donna, ma soprattutto perché voleva vendere, guadagnare qualche soldo e poter nutrire la sua famiglia. Questo è il problema fondamentale della Tunisia. La situazione economica si era molto degradata e con la rivoluzione è andata ancora più indietro.
Se per il Marocco ho detto che è importante accelerare le riforme che il re aveva iniziato, con l'adozione delle leggi organiche a completamento della Costituzione, in Tunisia si tratta di rilanciare soprattutto l'economia. Insomma, occorre avere una Costituzione, ma anche tranquillizzare le imprese, soprattutto quelle straniere, comprese quelle italiane, che dopo la rivoluzione hanno cominciato ad andarsene per mancanza di stabilità nel Paese.
Quindi, è necessario - ripeto - rilanciare l'economia e attirare di nuovo il turismo, in modo da dare pane alla gente. La Tunisia vuole pane. Vogliono, però, anche diritti. Con tutte le riserve legate ai problemi fondamentali che vi sono nella Costituzione tunisina, come la libertà religiosa, che ci preoccupa, la condizione della donna, Israele e così via, vengo alla questione che mi ha posto l'onorevole Tempestini, cioè come lavoriamo con questi Paesi.
Come ho detto prima, i metodi di lavoro sono diversi da quelli che abbiamo utilizzato con i Paesi dell'Europa centrale e orientale e di altre regioni del mondo perché c'è una maggiore sensibilità e suscettibilità, per ragioni storiche (per esempio la colonizzazione) e religiose. Hanno una religione diversa, che vogliono difendere; non vogliono, quindi, che ci siano pressioni da parte di organismi stranieri.
Vengo alla Sharia. Noi siamo contrari soprattutto quando la Sharia diventa unica fonte del diritto. Se, invece, come in alcuni Paesi, è una delle fonti del diritto, ci preoccupa molto di meno perché l'applicazione della Sharia si deve fare in conformità con l'interpretazione che le scuole coraniche danno, per cui - mi dicevano gli amici egiziani - che non c'è un grande rischio di vedere tagliare la mano del ladro o lapidare l'adultero o l'adultera. Tuttavia, il mio amico è un musulmano e difendeva, dunque, la Sharia.
Comunque, se diventa unica fonte è veramente preoccupante. È difficile, però, dire che non devono avere la Sharia come fonte del diritto. Possiamo dire che negli altri Paesi non c'è una fonte religiosa come base del diritto, ma siamo bloccati dalla sensibilità e dalla suscettibilità di questi Paesi, di cui dicevo.
Insomma, più che proporre metodi di lavoro e degli esempi di esperienze riuscite, non possiamo andare, altrimenti chiudiamo ogni possibilità di cooperazione. È un lavoro che viene fatto passo a passo, cercando di ottenere il più possibile. Certo, non siamo contenti della situazione attuale, né probabilmente di quella che si manifesterà in futuro.
La presidente Nirenstein diceva che le cose vanno di peggio in peggio. Io sono sempre stato ottimista, quindi spero che ci siano degli sviluppi positivi. Comunque, rendiamoci conto che nell'est europeo il processo di democratizzazione è durato molto più a lungo di quello che potrà durare nei Paesi arabi. Certo non arriveranno a delle soluzioni di tipo europeo od occidentale, soprattutto per le questioni relative alla religione, al ruolo della donna e quant'altro. Sono, però, sicuro che si faranno dei progressi.
Del resto, le dittature precedenti convenivano a molti governi, a cominciare da quello americano, che aveva degli alleati in Egitto, in Tunisia e in altri Paesi, ma anche a Paesi europei. Tuttavia, il processo che si è instaurato con la primavera araba va verso una maggiore democrazia. Questi Paesi vogliono i soldi, il pane, ma anche un po' di democrazia.
In Tunisia, dopo la rivoluzione, i salafiti erano un pugno. Si parlava di 500-1.000 salafiti, cioè fanatici; adesso, invece,


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stanno aumentando considerevolmente, anche perché vengono da altri Paesi. In questo, c'è una responsabilità dell'attuale Governo tunisino, soprattutto di Ennahda e del Ministro dell'interno, che non vogliono intervenire in modo pesante, ma fanno la sceneggiata, com'è capitato con l'Imam che hanno fatto scappare. Vogliono dimostrare al mondo che applicano le regole dello stato di diritto, ma poi in concreto non fanno niente.
A ogni modo, noi continuiamo. Speriamo di avere qualche successo, quindi che la situazione migliori, anche perché è una regione che a noi, come italiani, interessa molto. Peraltro, siamo a 300 chilometri dalle coste arabe, in particolare dalla Tunisia. Dobbiamo, quindi, continuare - dittatura o meno - ad avere i buoni rapporti che abbiamo sempre avuto.
In conclusione, vorrei dire che mi ha fatto molto piacere essere qui con voi. Ritenetemi, quindi, a vostra disposizione quando avete voglia di scambiare idee o vedute su problemi particolari che riguardano l'Europa, l'Asia centrale, l'Africa e l'America latina. Sarò veramente contento di venire a dialogare con voi.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Buquicchio del suo interessante intervento e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14.

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