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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione III
2.
Giovedì 27 novembre 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Pianetta Enrico, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUGLI OBIETTIVI DEL MILLENNIO

Audizione del direttore della Campagna delle Nazioni Unite per gli obiettivi di sviluppo del Millennio, Salil Shetty:

Pianetta Enrico, Presidente ... 3 8 12
Mecacci Matteo (PD) ... 8
Shetty Salil, Direttore dellaCampagna delle Nazioni Unite per gli obiettivi del Millennio ... 3 10
Tempestini Francesco (PD) ... 9
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE III
AFFARI ESTERI E COMUNITARI
Comitato permanente sugli obiettivi di sviluppo del millennio

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 27 novembre 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ENRICO PIANETTA

La seduta comincia alle 14,10.

(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del direttore della Campagna delle Nazioni Unite per gli obiettivi di sviluppo del Millennio, Salil Shetty.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli obiettivi di sviluppo del Millennio, l'audizione del direttore della Campagna delle Nazioni Unite per gli obiettivi di sviluppo del Millennio, Salil Shetty.
È una giornata alquanto triste, perché il nostro ospite viene da un grande Paese, l'India, che ieri ha dovuto subire un tremendo attentato terroristico. Noi vogliamo esprimergli la nostra solidarietà come Comitato, dicendogli che la vicinanza a questo grande Paese è stata anche oggetto di un dibattito in Aula in cui tutti i gruppi non solo hanno espresso solidarietà alle vittime e alle loro famiglie, ma hanno anche espresso una grande vicinanza nei confronti di questo grande Paese che, purtroppo, non è nuovo a questi attentati terroristici.
Ricordo che anche nel 2006 ci sono stati dei tragici eventi che hanno determinato tante vittime e tanti feriti, e lo stesso è accaduto nel 2008. L'India sta subendo una tragica serie di attentati nei confronti dei quali l'intera comunità internazionale deve reagire congiuntamente. Come è stato sottolineato proprio oggi in Aula, da parte di tutti i gruppi, anche l'Italia, prossima presidente del G8, dovrà individuare e coordinare una serie di iniziative credibili e funzionali a una lotta senza quartiere nei confronti del terrorismo internazionale.
Le esprimiamo ancora un sentimento di grande vicinanza e un sentito ringraziamento per aver voluto aderire al nostro invito a presenziare per informarci circa lo stato dell'arte degli obiettivi del Millennio. Questo Comitato, espressione della Commissione affari esteri della Camera dei deputati, ha come sua definizione l'attenzione nei confronti di questo grande obiettivo dell'umanità che, purtroppo, a metà della strada prevista - dal 2000 al 2015 - non sarebbe nella condizione di poter conseguire questi risultati. Noi ci auguriamo di poter invertire questa realtà.
Le do il benvenuto insieme a tutta la delegazione che la accompagna, costituita da Marina Ponti, direttrice per l'Europa, da Marta Guglielminetti, coordinatrice per l'Italia, da Patrizia Labella, policy advisor, e da Melania Bruno.
Do la parola al nostro ospite Salil Shetty, per la sua relazione.

SALIL SHETTY, Direttore della Campagna delle Nazioni Unite per gli obiettivi di Sviluppo del Millennio. Grazie, presidente. Ringrazio anche per le vostre condoglianze. Non solo io sono indiano, ma la mia famiglia è originaria proprio di Mumbai, quindi sono rimasto in stretto contatto


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con i miei parenti per avere notizie. Immaginerete come si possano sentire, per cui vi ringrazio in particolare per il vostro sostegno.
Faccio i miei complimenti al Parlamento italiano, che ha creato questo Comitato che segue il raggiungimento degli obiettivi del Millennio. Già di per sé, l'idea che sia stato creato un organo parlamentare è qualcosa di importante per il raggiungimento degli obiettivi perché, oltre a dare sostegno, voi controllate anche le azioni volte in tal senso.
Il mio incarico mi offre il privilegio di viaggiare spesso da un Paese all'altro e di incontrare i parlamentari, e vi posso informare che, anche in altri Parlamenti, vi sono gruppi che seguono il perseguimento degli obiettivi.
Tre giorni fa ho preso parte al forum parlamentare sugli obiettivi di Sviluppo del Millennio in Uganda, in Africa orientale, e prima di quell'occasione ho incontrato il gruppo parlamentare che si occupa degli obiettivi di Sviluppo del Millennio nelle Filippine.
Stiamo organizzando una nostra visita in Nigeria, dove si terrà un forum parlamentare. Incontreremo anche il forum parlamentare indiano, che credo sia l'ultimo organo costituito a tal fine. È cominciato in modo informale, ma adesso ha assunto formalmente una veste ufficiale.
Abbiamo avuto recentemente una riunione a New York, precisamente il 25 settembre scorso, in cui ho incontrato alcuni di voi; la riunione era organizzata dal Segretario generale delle Nazioni Unite e dal presidente dell'Assemblea generale e riuniva i capi di Stato, per vedere a che punto si era con il raggiungimento di questi obiettivi che, come sapete, dovrebbero essere conseguiti entro il 2015. Pertanto, ci stiamo avvicinando a questa data.
Quando c'è stata la prima firma del documento in cui ci si proponeva il raggiungimento di questi obiettivi, quelli di noi che hanno operato nel settore della cooperazione internazionale per lo sviluppo e la lotta alla povertà hanno reagito con scetticismo, dal momento che, spesso, si fanno grandi dichiarazioni a livello internazionale che poi, però, non si traducono concretamente. In genere, purtroppo, a queste dichiarazioni non segue nulla.
Tuttavia, quando all'inizio di quest'anno abbiamo letto la relazione 2008 del Segretario generale sullo stato dei lavori, siamo rimasti piacevolmente sorpresi dei progressi compiuti negli ultimi sette anni.
Stiamo proseguendo, dunque, verso il raggiungimento degli obiettivi, in primo luogo in materia di lotta alla povertà, in materia di istruzione, ma anche in altri campi.
A livello globale, quindi, c'è un cauto ottimismo, ma se andiamo oltre possiamo vedere che, in quasi tutte le regioni - come potete vedere nei grafici -, si registra un miglioramento. L'unica eccezione riguarda la mortalità materna, ma per il resto notiamo che la tendenza, in relazione sia alle regioni sia agli obiettivi, va in senso positivo.
A mio avviso, l'aspetto più notevole da sottolineare alla vostra attenzione è che anche i Paesi più poveri al mondo si stanno muovendo nella giusta direzione e nei tempi stabiliti dal calendario prefissato. Almeno quindici dei Paesi più poveri dell'area dell'Africa subsahariana si stanno muovendo, anch'essi, nei tempi stabiliti. Di recente sono stato in Zambia, che, come sapete, è uno dei Paesi più poveri al mondo. In Zambia stanno per raggiungere sei degli otto obiettivi, ad eccezione di quelli relativi all'ambiente e alla bonifica sanitaria delle acque. Almeno altri dieci Paesi si stanno muovendo senza grossi intoppi.
Questo vale per l'Africa, ma anche per l'Asia. Ad esempio, in Bangladesh, Paese che confina con il mio e che, però, non ha conosciuto lo stesso progresso economico dell'India, esistono degli indicatori sociali che ci mostrano come quel Paese si stia movendo con una certa rapidità.
Mi chiedo, quindi, cosa spinga questi Paesi, che pure sono poveri, a muoversi così bene, quando invece i loro vicini, magari più favoriti, non fanno altrettanto.
Occorre sempre tener conto che quando la leadership di un Paese è particolarmente


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impegnata in processi particolari quale può essere, appunto, il raggiungimento di questi obiettivi, la situazione è decisamente migliore.
Ad esempio, il presidente del Ruanda, Paul Kagame, si è impegnato personalmente affinché venissero raggiunti gli obiettivi; lo stesso dicasi per Etiopia, Mozambico, Ghana e Malawi.
Il Bangladesh è un altro caso molto interessante. Come sapete, in Bangladesh la situazione politica è molto agitata ma, nonostante questo, e a prescindere dal partito di maggioranza in questo o in quel momento, non è mai cambiato l'impegno nei confronti degli obiettivi.
Prima di tutto, quindi, è importante la leadership politica; poi bisogna tradurre questi obiettivi globali in termini nazionali, trasformandoli quindi in obiettivi che siano aderenti alla realtà locale. Ad esempio, in Vietnam ci sono degli obiettivi del Millennio globali, ridefiniti a livello nazionale. È il processo di «nazionalizzazione» degli obiettivi, che consente di incorporare tali obiettivi nella programmazione nazionale, incluso il processo di formazione del bilancio di uno Stato, che fa la differenza; altrimenti si rimane sempre troppo nel vago, nell'ambito di un impegno internazionale che è stato assunto a livello di Nazioni Unite, ma che poi non ha riscontro nella realtà. Gli obiettivi del Millennio devono essere poi inseriti nel processo nazionale di sviluppo e nelle strategie di lotta alla povertà, normalmente sostenute dalla Banca mondiale e dalla comunità di donatori.
Una volta fatto un piano, si possono elaborare delle politiche chiare e si può prevedere un bilancio nazionale confacente, che permetta di affrontare le strategie e i piani sottoscritti. La formazione del bilancio è fondamentale perché lì intervengono le risorse nazionali consacrate agli obiettivi. Invece di fare affidamento solo su aiuti e prestiti internazionali, questi sono Paesi che prendono molto sul serio la mobilitazione delle risorse nazionali. Di questo si parlerà anche nell'ambito della prossima conferenza di Doha, dedicata all'argomento.
Primo punto, quindi, la leadership. Secondo punto: piani e politiche chiari. Terzo punto: bilanci ben definiti e sostenuti da risorse nazionali. Quarto punto: una lotta spietata alla corruzione, che si può applicare sia ai ricchi sia ai poveri.
Quinto elemento: vedere in che misura esista un eguale coinvolgimento dell'intera popolazione, anche di regioni escluse da un punto di vista geografico o di categorie di cittadini escluse da un punto di vista sociale, in particolare le donne. Tante più saranno le persone coinvolte in questo processo, nella stessa pianificazione, tanto maggiore sarà il successo.
Da ultimo il ruolo della comunità internazionale, in questi Paesi, è stato fondamentale, non solo per aver fornito aiuti esterni, ma anche per aver lasciato quello spazio politico che deve essere consacrato ai governi nazionali.
Ho elencato dunque, in totale, sei punti, ma voglio soffermarmi su due in particolare, in parte perché la Campagna del Millennio si concentra su alcuni elementi che vengono poi applicati a livello di questo o quel Paese. Per tornare, quindi, alla mobilitazione delle risorse nazionali: negli ultimi sette anni, grazie all'aumento dei prezzi delle materie prime c'è stato un periodo in cui si è conosciuta una crescita economica relativamente buona in alcuni Paesi africani e asiatici, il che non significa, naturalmente, un miglioramento delle condizioni di vita delle persone più povere.
Il nostro obiettivo, quindi, era anche quello di fare in modo che i cittadini di questi Paesi potessero usufruire dei benefici della crescita economica di cui godeva il Paese. Ci sono delle situazioni positive, quantomeno in alcuni Paesi per il momento, in cui la proporzione delle risorse domestiche, rispetto al PNL, è cresciuta di 3-4 punti percentuali.
In Kenya, Paese che conosco bene perché ci ho anche vissuto e lavorato, la dipendenza dagli aiuti è scesa al 10-15 per cento del bilancio della spesa pubblica. Molti Paesi al momento possono vantarsi di una situazione analoga al Kenya, rispetto a un precedente livello di dipendenza dagli aiuti stranieri pari al 50-60


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per cento. Quando questo succede, cioè quando c'è questo cambiamento di equilibrio, aumenta la fiducia ed aumenta anche la responsabilità del Governo nei confronti dei propri cittadini piuttosto che dei donatori esterni.
Pertanto, dobbiamo insistere presso i governi nazionali non solo per aumentare l'imposizione, ma anche per migliorare l'efficienza della spesa pubblica e aumentare la responsabilità e la trasparenza.
La scorsa settimana a Nairobi e a Kampala sono stati organizzati, sugli obiettivi, due forum molto «vivaci», perché è stata data al pubblico la possibilità di intervenire.
Ricordo che la riunione di Kampala è stata particolarmente interessante, perché il pubblico rivolgeva delle domande dure agli oratori, alcuni dei quali del governo ugandese, a proposito della corruzione, della mancanza di trasparenza, del fatto che il denaro degli aiuti non arrivasse alla gente.
A un certo punto si è alzato un uomo del pubblico, che si è qualificato come direttore dei servizi sanitari del governo ugandese e ha iniziato a dire che gli sembrava di aver perso del tempo perché, anziché specificare quali obiettivi erano stati raggiunti, non si era fatto altro che parlare di corruzione. Si è sentito rispondere che lui, in quanto rappresentante del governo, era uno dei responsabili del denaro del Fondo Globale che gli era stato affidato, e che quindi quello trascorso non era stato affatto tempo sprecato. Questo episodio ha avuto un'eco anche sulla stampa.
Vi ho raccontato questo episodio per fare un esempio; io voglio dire che non possiamo dormire sugli allori dicendo che adesso abbiamo raggiunto la responsabilità pubblica e la massima trasparenza; tuttavia, in una certa misura le cose diventano sempre più aperte e pubbliche.
Ad esempio, oggi in Africa ci sono delle trasmissioni radio FM che rappresentano uno strumento per raggiungere la gente. In Ghana c'è un talk-show radiofonico molto diffuso, durante il quale la gente telefona per fare domande, per sapere per quale ragione il tal ambulatorio non ha ancora ricevuto i farmaci, dato che si sa che è in atto un programma di distribuzione governativo.
Ebbene, dopo dieci minuti deve rispondere al telefono lo stesso ministro della salute, perché questo programma è diventato molto popolare e voi, in quanto parlamentari, capite bene che se il ministro non risponde al telefono perde il suo prestigio.
In Kenya è stato creato il Constituency Development Fund, appositamente concepito per consentire il conseguimento degli obiettivi del Millennio a livello di società civile. I parlamentari che non hanno impiegato i fondi destinati al loro collegio elettorale per il raggiungimento degli obiettivi del Millennio, la volta successiva non sono stati rieletti, proprio per motivi di corruzione.
Molte delle campagne in Africa e in Asia si concentrano proprio su questi aspetti, cioè nel chiamare a maggiore responsabilità nei confronti del pubblico i rappresentanti governativi o parlamentari.
Potrei fare tantissimi altri esempi al riguardo. In India, uno dei principali programmi a livello nazionale è lo «Schema di garanzia nazionale e rurale per l'occupazione», che obbliga il governo a concedere cento giorni di occupazione a ogni cittadino che risulti disoccupato. Questo è il principale programma pubblico di sviluppo.
La Campagna per gli obiettivi del Millennio in India verifica l'effettiva attuazione di questo programma, a quante persone viene offerto lavoro, a quante persone viene corrisposto il salario pattuito. I risultati di tale verifica vengono comunicati alla stampa e al governo. Noi forniamo il nostro aiuto affinché vengano prodotte relazioni indipendenti sul raggiungimento degli obiettivi del Millennio: le relazioni preparate dai governi, infatti, non sempre contengono informazioni attendibili su ciò che si sta realmente ottenendo.
Nei primi sette anni abbiamo visto grandi progressi nel raggiungimento degli obiettivi; ci stiamo muovendo nella direzione


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giusta, ma non si è ancora raggiunta la velocità sufficiente. Quando, a settembre, c'è stata la riunione a New York, il Segretario Generale ha detto esplicitamente che nei prossimi sette anni dobbiamo dare un'accelerazione a questo processo.
Vi ho fatto tutti questi esempi per mostrare come, sia i governi nazionali sia i Paesi in via di sviluppo nonché i cittadini dei Paesi in via di sviluppo, si stiano adoprando affinché ci sia maggiore trasparenza e i benefici raggiungano i destinatari finali. Adesso abbiamo bisogno di questa grossa spinta per raggiungere gli obiettivi entro la scadenza del 2015.
Inoltre, si è verificato un altro fatto: è intervenuta la crisi finanziaria mondiale, e oggi ci troviamo nella situazione che conosciamo da due o tre mesi. La crisi è cominciata il 25 settembre a New York, ma le sue ripercussioni per i Paesi più poveri non sono ancora del tutto chiare. Nessuno è ancora in grado di prevedere che cosa succederà, ma la relazione del Fondo monetario internazionale pubblicata nelle scorse settimane parlava di circa 300 miliardi di dollari di perdite che per i Paesi poveri comporteranno nei prossimi tre anni una contrazione del PIL e avranno anche un impatto umano, dovuto ad una perdita di rimesse e di occupazione, a minori esportazioni e alla contrazione del commercio.
Nessuno possiede la sfera di cristallo per poter dire quali saranno le ripercussioni. Sicuramente, sarà un processo quanto mai penoso per tutti nel mondo, figuratevi per i Paesi più poveri e per la gente che non è in grado di assorbire questo shock.
Se una persona è molto povera e perde anche una somma minima di denaro, non è poi in grado di recuperarla, come invece può fare una persona più benestante; il povero non ha un fondo di risparmio o qualcosa di simile che possa permettergli di andare avanti. Pertanto, sicuramente i poveri saranno colpiti molto negativamente dalla crisi economica globale.
Nei prossimi giorni si terrà la Conferenza a Doha, nel corso della quale si studierà come raggiungere gli obiettivi nei prossimi sette anni nonostante la cupezza dell'atmosfera generata dalla crisi finanziaria.
È stato fatto un appello sul modo in cui poter finanziare questi obiettivi. Per il momento, da parte della comunità dei donatori non sono stati fatti passi indietro; tuttavia, dal momento che la situazione finanziaria è così critica ci si potrebbe, forse, concentrare piuttosto sulla qualità dell'aiuto, perché anche dei fondi a disposizione se ne potrebbe fare un uso migliore.
Alcuni Paesi potrebbero magari concentrarsi su alcuni settori, oppure si può cercare di stabilire delle priorità per migliorare l'efficienza o il coordinamento. Tutto questo migliorerebbe l'efficacia dell'aiuto, e questo potrebbe già essere un contributo.
Stiamo anche studiando la dimensione del commercio nel suo complesso. Molti Paesi poveri dipendono dall'agricoltura. Naturalmente, le implicazioni o, se volete, gli effetti negativi dei sussidi all'agricoltura nei Paesi più ricchi incidono pesantemente sui Paesi più poveri.
Forse questo è il momento giusto per intraprendere, in Europa in particolare, delle azioni per ridurre questi sussidi; così facendo, peraltro, si taglierebbero i costi di bilancio nei Paesi che li erogano e, contestualmente, si aiuterebbero i contadini dei Paesi più poveri che hanno anche il problema del cambiamento climatico, il problema della crisi petrolifera, il problema della crisi finanziaria, e via dicendo.
Per quanto riguarda l'accesso al mercato, come sapete, a livello di Unione europea ci sono molti programmi a tal proposito. Tuttavia, i Paesi più poveri hanno difficoltà ad entrare nel mercato, a causa di barriere non tariffarie. Bisognerebbe, quindi, consentire loro un vero e proprio accesso al mercato.
Questa sarebbe sicuramente una soluzione vantaggiosa per tutti e, comunque, sarebbe utile per raggiungere gli obiettivi, perché gli aiuti, da soli, non costituiscono un modo sostenibile per raggiungere gli obiettivi del Millennio. Il vero sistema per


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raggiungere gli obiettivi di crescita è l'interscambio, il commercio e, naturalmente, l'investimento umano.
Inoltre, c'è un altro aspetto nel dibattito che si svolgerà a Doha, che noi definiamo il «multilateralismo inclusivo».
Negli ultimi mesi si è visto che i meccanismi di governance che abbiamo, attraverso le istituzioni di Bretton Woods, ad esempio, o del G8, non sono attrezzati per rispondere alle nuove sfide. Potrebbe, quindi, essere giunto il momento di fare una riflessione, per capire che forma dobbiamo dare ai nuovi processi, anche in funzione di un nuovo equilibrio dei poteri nel mondo.
Questa nuova forma di multilateralismo, quindi, deve essere inclusiva ma anche efficace. Non si può passare dal G1 al G8 o al G192. Dobbiamo trovare una via di mezzo tra questi, un G20 o G22, come viene chiamato ora. In modo che tutti, anche i Paesi poveri, possano esprimere la loro opinione ma anche in modo che il Gruppo sia un organo capace di assumere delle decisioni.
L'Italia, inoltre, è un Paese che sta per affrontare una grossa sfida, in parte perché l'anno prossimo ospiterà il G8 e in parte perché abbiamo notato una significativa diminuzione del volume degli aiuti. So che è in corso un dibattito su come migliorare la qualità di questi aiuti; per quanto ci riguarda, la Campagna per il Millennio, alla quale hanno partecipato più di 400 mila italiani, è stata collegata a una nuova campagna dal titolo Stand up against poverty and stand up for the Millennium Development Goals, che significa alzatevi e fate qualcosa contro la povertà e in favore degli obiettivi di Sviluppo del Millennio.
Quando parliamo con gruppi ordinari di persone, percepiamo che in Italia c'è ancora molto supporto e sostegno da parte dell'opinione pubblica per gli obiettivi. Da una parte, quindi, c'è il sostegno dell'opinione pubblica; dall'altra, però, c'è questa situazione economica di crisi. Avrete quindi un compito molto arduo, per cercare di conciliare queste due opposte cose prima dell'inizio del G8, a metà dell'anno prossimo.
Ho concluso il mio intervento, ringrazio tutti per l'ascolto e la pazienza.

PRESIDENTE. Siamo noi che ringraziamo lei per aver esposto al Comitato una illustrazione così ampia e dettagliata, e anche per averci trasmesso un cauto ottimismo, che deve coinvolgere tutti gli attori nel rafforzare la volontà di fare questo percorso, come lei ha detto, ad una velocità superiore, essendo questa la direzione giusta.
Questo Comitato ascolterà il Governo sugli esiti di quanto sarà discusso a Doha.
Desidero fare anche una considerazione preliminare perché lei, all'inizio del suo speech, ha fatto riferimento al ruolo dei Parlamenti, citando il fatto che altri Parlamenti hanno dimostrato una particolare attenzione, mettendo a disposizione un'istituzione simile a questo Comitato.
Ritengo che, forse - sottopongo questa riflessione anche all'attenzione dei colleghi - potrebbe essere interessante, nell'ambito dell'anno di presidenza italiana del G8, immaginare che tanti Parlamenti possano raggiungere Roma per discutere e valutare questo percorso, e per valutare una migliore velocità di organizzazione, allo scopo di conseguire una migliore efficienza.
Potrebbe essere un grande contributo da parte di tutti i Parlamenti, al fine di dare un forte impulso a questa grande sfida che, ovviamente, non coinvolge solo l'uno o l'altro Paese, ma tutta l'umanità.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MATTEO MECACCI. Il nostro ospite ha fatto una panoramica molto completa delle questioni che sono sul tavolo. In particolare, alla fine del suo discorso ha toccato un punto che a me sta particolarmente a cuore, ma che non fa ancora parte dell'agenda degli obiettivi del Millennio. Mi riferisco alla questione dei sussidi per l'agricoltura nei Paesi più sviluppati.


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Sappiamo che, in sede di Nazioni Unite, per giungere a decisioni in grado di lanciare programmi di questo tipo occorre sempre avere il consenso di tutti i Paesi. Pertanto, la Campagna per gli obiettivi del Millennio si svolge sulla base consensuale dell'accordo intercorso tra i vari Paesi. Sappiamo altresì che, parallelamente, sono in corso negoziati - lei ha fatto riferimento a Doha - nel corso dei quali si discuterà di tutto questo.
A mio avviso, è importante ciò che lei ha detto in questa sede - anche come parte della sua Campagna -, ovvero la necessità di trovare una soluzione a questa vicenda, perché continuare a fornire aiuti per lo sviluppo ai Paesi poveri - aiuti che comunque si stanno riducendo - e, al tempo stesso, continuare a finanziare le nostre imprese per impedire a quei Paesi di avere un accesso libero e competitivo sul mercato è un'operazione semplicemente irrazionale, che non funziona da nessun punto di vista, ed è necessario che qualcuno inizi a dirlo.
A mio avviso, la cosa migliore sarebbe che di questa contraddizione parlassero con chiarezza i soggetti quotidianamente impegnati nello sviluppo e nella diffusione di questa Campagna a livello internazionale; noi faremo tutto ciò che è nelle possibilità di questo Comitato, pur sapendo che si tratta di un tema di difficile trattazione in un Paese come l'Italia, che gode di sussidi dall'Unione Europea per alcuni settori della nostra produzione (latte, olio e altre attività agricole in particolare). Occorre ormai legare il tema della cooperazione e dello sviluppo a quello dei sussidi all'agricoltura, perché altrimenti non si trova una soluzione.
Vorrei porle una domanda su un aspetto che mi è stato segnalato da alcune persone che hanno avuto esperienze, in particolare, nella regione dei Grandi laghi; è una domanda relativa allo sviluppo di quei Paesi dal punto di vista economico e istituzionale.
Lei ha parlato della questione della lotta alla corruzione come elemento centrale per garantire lo sviluppo economico.
In molti di questi Paesi, che sono stati oggetto di conflitti sia interni che tra di loro, si sono create delle istituzioni statali non in grado di sostenersi autonomamente. Sostanzialmente, molti militari e funzionari dello Stato spesso hanno stipendi da fame e ricorrono alla corruzione come strumento di sostentamento per la loro famiglia.
Mi chiedo se, tra gli obiettivi della Campagna del Millennio e tra gli obiettivi della cooperazione, non si debba fare riferimento anche al cosiddetto institution building, ovvero alla creazione di istituzioni locali che siano autosufficienti e che garantiscano salari adeguati, in modo che chi gestisce le risorse provenienti dall'estero non abbia necessità immediate di sostentamento che mi si dice - ignoro se questa sia anche la sua esperienza - spesso essere una delle principali cause di corruzione.
Esistono certamente casi di persone che diventano miliardarie grazie a queste attività, ma spesso si tratta di piccola corruzione che, ripetuta per migliaia di casi, provoca danni molto gravi per la popolazione.

FRANCESCO TEMPESTINI. Innanzitutto, desidero complimentarmi con il direttore di questa Campagna per le sue parole molto concrete, la sua chiarezza e la sua lungimiranza rispetto agli obiettivi all'ordine del giorno, e anche per la modernità di approccio rispetto alla materia che ha affrontato.
Da questo punto di vista, spesso io non nutro eccessiva fiducia nei confronti dei rappresentanti delle Nazioni Unite. Invece, ho riscontrato un buon linguaggio e un buon approccio alle questioni. Desidero fare due domande.
Abbiamo sentito considerazioni dello stesso tenore qui espresse anche dalla coordinatrice mondiale della Campagna del Millennio, Eveline Herfkens.
Lei ci ha parlato di processi che debbono svilupparsi in maggiore autonomia e della necessità di passare da attività fondate sull'aiuto ad attività che, invece, mettano in primo piano il sentimento della


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responsabilità, dell'autonomia e della trasparenza.
Rispetto a tutto questo patrimonio di idee, mi domandavo e le chiedo se è pensabile che, nel corso dei prossimi mesi, si possa prevedere un'occasione di incontro per fare un punto della situazione, in modo da rendere le politiche globali riguardanti tale questione più aderenti a questa filosofia e a questo approccio più moderno che, invece, convive con l'approccio più vecchio e tradizionale, che credo voi stessi consideriate ormai superato. Le chiedo come, a suo avviso, si possa aiutare un'affermazione globale di questo nuovo modo di affrontare la questione.
La seconda domanda è di carattere più generale. Il quadro geopolitico, strategico ed economico del mondo sta cambiando, e la crisi contribuirà a farlo cambiare ulteriormente. Non c'è più - ormai è chiaro più di quanto non lo fosse negli anni passati - una divisione tra Paesi sviluppati e sottosviluppati; basti pensare ad un grande Paese come il suo, o ai Paesi del BRIC (Brasile, Russia, India e Cina). L'orizzonte si è fatto molto più mosso, molto più articolato.
Ad esempio, la questione dei sussidi all'agricoltura si è fatta molto complicata, dal momento che è diventata un trade-off tra alcuni Paesi occidentali, che tengono elevati livelli di sussidi nei confronti della propria agricoltura, e Paesi di quello che una volta era definito il terzo mondo - ma che oggi non è più tale - che tengono elevate barriere doganali per quel che riguarda il proprio sistema industriale. Inoltre, c'è tutta l'attività dei servizi, naturalmente.
Questa nuova articolazione vede, quindi, nuovi protagonisti che hanno la possibilità di portare avanti politiche di investimento nuove, con tutto ciò che ne consegue e con una nuova distribuzione della ricchezza. Questo fatto, quanto e in che modo può aiutare? Penso naturalmente ai fatti politici concreti, a Doha, ai Doha Round e a tutto il resto.
Le chiedo: quanto questo nuovo orizzonte del mondo può aiutare la battaglia e il raggiungimento di obiettivi di maggiore sviluppo per quel che riguarda i Paesi target dell'operazione Millenium Goals?

SALIL SHETTY, Direttore della Campagna delle Nazioni Unite per gli obiettivi del Millennio. Per essere delle prime domande sono piuttosto complesse.
Mi avete chiesto circa i rapporti tra la povertà e la corruzione. Questo rapporto non è chiarissimo, perché si potrebbe immaginare che chi possiede di meno sia tentato di rubare di più; invece, negli ultimi mesi ci siamo resi conto che le cose non stanno così, anzi: i responsabili della crisi finanziaria, infatti, non sono certo stati i derelitti del mondo.
Dire, ad esempio, che aumentare il salario del dipendente pubblico aiuta a sconfiggere la corruzione non ha dimostrato di essere un assioma valido.
Al contrario, Paesi - visto che abbiamo parlato di Africa - come il Ruanda o l'Etiopia hanno tolleranza zero verso la corruzione. È molto difficile, oggigiorno, trovare in Ruanda qualcuno che sia corrotto. Lo stesso dicasi per l'Etiopia: lì non esiste la corruzione, sicuramente non ai livelli più alti. Ruanda ed Etiopia potranno essere criticati per molte cose, ma senz'altro non per la corruzione. Si tratta di due Paesi con uguali livelli di povertà e uguali salari per i dipendenti pubblici; di certo non hanno lottato contro la corruzione aumentando il salario dei dipendenti pubblici. Io non sono contrario all'aumento, ma penso che la questione della corruzione vada ben oltre la questione della compensazione per i dipendenti pubblici.
Forse dipende anche dalla cultura, dai segnali che arrivano dalla leadership; sono i meccanismi istituzionali che possono garantire il giusto grado di trasparenza, un sistema della giustizia che funzioni, l'assenza di impunità.
Per rispondere a chi ha parlato di institution building, la costruzione e la crescita delle istituzioni è certamente un altro degli obiettivi che si è prefissato il sistema delle Nazioni Unite quando parla di capacity building, cioè di aumentare le capacità.


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La Campagna per il Millennio si concentra soprattutto sulla sensibilizzazione e il sostegno agli obiettivi. In un certo senso abbiamo operato anche sul piano dell'institution building, ma principalmente nella società civile; l'azione di capacity e institution-building a livello di governi è primariamente compito delle Nazioni Unite, che sono sicuramente riuscite nel loro intento, anche rafforzando i Parlamenti in molti Paesi in via di sviluppo. Come sapete, molti Parlamentari di alcuni Paesi mancano proprio delle strutture di base per poter lavorare.
Ho parlato del forum parlamentare ugandese, che l'UNDP (United Nations Development Program) ha sostenuto a livello di infrastrutture, fornendo istruzione al personale e computer, proprio a livello materiale. Anche questo per me è institution building.
È stato anche citato il fatto che ci sono dei Paesi in cui sono presenti dei conflitti. Anche noi ci siamo posti questo interrogativo, cioè se è il caso di sostenere la Campagna degli obiettivi anche nei Paesi in cui ci sono dei conflitti come, ad esempio, la Repubblica democratica del Congo. Come si fa, infatti, a parlare di obiettivi del Millennio in un Paese come il Congo, dove non sai cosa succederà il giorno dopo? Come si fa a prefiggersi quindici, venti obiettivi?
La cosa straordinaria è che, anche se la Campagna per il Millennio non è molto attiva nella Repubblica democratica del Congo, almeno un milione di congolesi si è dichiarato a favore degli obiettivi del Millennio. Questo ci ha ricordato come ci siano tante persone che, prima ancora di aspettare la pace, hanno bisogno di soddisfare quotidianamente esigenze primarie.
Spesso, infatti, la causa dei conflitti è proprio la mancanza delle risorse di base.
Se si analizzano le radici del conflitto nel Darfur si vede che, pur essendo queste molto complesse, c'è comunque stata anche una diminuzione di risorse nazionali per la comunità pastorale, vale a dire si è registrata un'assenza dell'obiettivo 7 tra quelli del Millennio, una concausa del conflitto insieme a fattori di natura geopolitica.
Non sono sufficientemente competente per potervi dare una risposta più completa; pertanto, esprimo solo una mia impressione.
La seconda parte di domande è ancora più complicata. Un deputato parlava di Paesi grandi come il Brasile o l'India, che negoziano il round commerciale partendo dall'assunto che una riduzione dei sussidi agricoli nei Paesi più ricchi aiuterebbe i loro agricoltori. A tale posizione si contrappone, di solito, la tesi secondo cui il Brasile ha agricoltori già molto ricchi e le barriere industriali che il Brasile erge, o quelle ai servizi, non aiutano certo a creare condizioni di parità. Quello in corso, quindi, è un negoziato basato sulle compensazioni. Per quanto riguarda, comunque, gli obiettivi del Millennio, il Brasile, Paese che conta 180 milioni di abitanti, costituisce un esempio interessante: ufficialmente, sta raggiungendo tutti gli obiettivi del Millennio tranne quello della bonifica sanitaria delle acque.
Credo che nel 2015 30-40 milioni di persone staranno ancora aspettando di beneficiare di tali obiettivi. Questo perché gli obiettivi del Millennio, se considerati come un aggregato, sono fuorvianti. Non so quindi quanto bisogno ne avranno avuto i 130 milioni di abitanti che li avranno raggiunti, perché magari già godevano di alcuni vantaggi. Noi dovremo concentrarci su quei 30-40 milioni di persone che rimarranno esclusi, tenendo conto della loro situazione nei negoziati commerciali o in qualunque altro negoziato globale. A mio avviso, se riusciremo a garantire che i governi dei Paesi poveri possano mettere da parte le risorse guadagnate con un negoziato commerciale, con le forniture di aiuti o con la cancellazione del debito, destinandole pubblicamente ai più bisognosi, i 40 milioni di persone rimaste indietro, allora il carattere stesso del negoziato cambierà e, forse, anche i Paesi più ricchi saranno maggiormente


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disposti a dare il loro contributo, anche se per questo dovessero essi stessi tirare la cinghia.
Pertanto, che si tratti di un negoziato commerciale o della cancellazione del debito, cerchiamo di capire come si possono raggiungere gli obiettivi del Millennio. Se non ci concentriamo sui bisogni delle persone più povere, allora la discussione verte solo su questioni di trade-off, di compensazioni. Se ci concentriamo suoi bisogni delle persone più povere, allora la discussione si trasforma in un gesto di solidarietà. Dobbiamo trovare un modo affinché, anziché essere due fronti contrapposti, si cerchi di raggiungere insieme lo stesso obiettivo. So che è più facile a dirsi che a farsi.
Mi auspico che la nuova leadership negli Stati Uniti, la crisi finanziaria e la crisi climatica condurranno a questa riflessione: cercare di capire quali sono state le cause di questa crisi, piuttosto che trovarsi poi a pagarne così care le conseguenze. Cerchiamo, dunque, di comprendere innanzitutto quali sono state le cause.
La razza umana sembra molto brava a distruggersi da sola e poi affrontare le conseguenze di tale autodistruzione, invece che cercare le cause dei suo problemi e affrontarle.
Ad esempio, se possiamo spendere 900 miliardi di dollari all'anno per armi e conflitti, perché non possiamo spendere 75 miliardi di dollari all'anno per gli obiettivi del Millennio? Questa è insieme una speranza e un'aspirazione.
Chissà, forse il G8 del prossimo anno rappresenterà la svolta in tal senso. Mi auguro che la leadership italiana possa fare una cosa del genere.
Tra l'altro, quella sarà la prima volta in cui parteciperà il nuovo presidente degli Stati Uniti, Barack Obama; speriamo che sia anche un G8 allargato, con nuovi attori e nuovi soggetti.
Dobbiamo cercare delle soluzioni, e io sono cautamente ottimista.

PRESIDENTE. Vogliamo sottolineare questo suo ottimismo, seppur cauto, che ci fa ben sperare. Noi continueremo il nostro lavoro. Per il momento ringraziamo Salil Shetty per la chiarezza e la determinazione che ci ha voluto trasmettere in questa sua missione di direttore della Campagna delle Nazioni Unite per gli obiettivi del Millennio. Grazie e buon lavoro.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15.

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