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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione III
12.
Martedì 23 giugno 2009
INDICE

INDAGINE CONOSCITIVA SUGLI OBIETTIVI DI SVILUPPO DEL MILLENNIO DELLE NAZIONI UNITE

Pianetta Enrico, Presidente ... 3 6 8
Corsini Paolo (PD) ... 6

Sulla pubblicità dei lavori:

Pianetta Enrico, Presidente ... 8

Audizione del direttore esecutivo del Fondo globale di lotta contro l'AIDS, la tubercolosi e la malaria, Michel Kazatchkine:

Pianetta Enrico, Presidente ... 9 13 14 15
Corsini Paolo (PD) ... 13
Narducci Franco (PD) ... 13
Kazatchkine Michel, Direttore esecutivo del Fondo globale di lotta contro l'AIDS, la tubercolosi e la malaria ... 9 14
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: (Misto-RRP).

COMMISSIONE III
AFFARI ESTERI E COMUNITARI
Comitato permanente sugli obiettivi di sviluppo del millennio

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 23 giugno 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DEL COMITATO ENRICO PIANETTA

La seduta comincia alle 11,55.

(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).

Esame istruttorio del documento intermedio.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite, l'esame istruttorio del documento intermedio.
Come sappiamo, nella riunione del 13 maggio, questo Comitato aveva convenuto sull'opportunità di definire un documento intermedio sui lavori della nostra indagine conoscitiva, anche in vista del vertice dei capi di Stato e di Governo dei Paesi membri del G8 previsto dall'8 al 10 luglio prossimi.
In relazione a questa circostanza ricordo che avevamo anche espresso l'opportunità di presentare questo documento intermedio nel corso dei lavori del seminario interparlamentare di cui abbiamo parlato, previsto per il 2 luglio prossimo alla Camera dei deputati, che ha per tema il ruolo dei Parlamenti nazionali in ordine alla realizzazione degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.
Adesso farò un'illustrazione molto sintetica dei punti che rappresentano questo documento intermedio, quindi valuteremo l'opportunità di dare seguito ai nostri lavori secondo quanto stabiliremo.
Credo che tutto il ragionamento debba essere inquadrato in una situazione quanto mai complessa, problematica e anche molto negativa. Ricordo che proprio l'altro ieri il rapporto della FAO aveva evidenziato una situazione veramente drammatica. Non era mai successo che una crisi economica come quella dell'ultimo anno avesse portato ad incrementare di cento milioni il numero delle persone che soffrono la fame. Questo deriva, indubbiamente, da una serie di fattori: la riduzione degli aiuti, la riduzione delle rimesse, l'incremento dei costi dei prodotti agricoli.
Ricordo che, durante la prima audizione dell'ambasciatore Terzi, fu sottolineato il problema dell'ultimo miliardo di persone. Pertanto, l'obiettivo di scendere sotto i quattrocento milioni di persone che potranno essere ancora soggette a questa situazione di fame nel 2015 per quest'anno si è ulteriormente allontanato.
Tornando al documento intermedio, ricordo che il Comitato aveva stabilito la priorità del lavoro in aree di interesse, anche in vista degli impegni internazionali cui sarebbe stata chiamata - ed è chiamata - l'Italia nel futuro. Si è partiti, dunque, con l'audizione dell'ambasciatore Terzi e successivamente si sono svolte numerose altre audizioni, riportate appunto nel documento intermedio, fino all'ultima audizione del 17 giugno scorso dello sherpa del Governo italiano per il G8, l'ambasciatore Massolo.
Attraverso queste audizioni abbiamo constatato che il 2008 rappresenta veramente un anno cruciale per quanto riguarda il raggiungimento degli Obiettivi. In questo contesto, nel documento intermedio correttamente si fa riferimento anche alla Conferenza di Accra, che aveva evidenziato i punti chiave per incrementare e migliorare le condizioni e le possibilità per il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio:


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la prevedibilità, la questione dei sistemi nazionali per fornire gli aiuti in modo da poter creare le condizioni migliori nei confronti dei Paesi partner, il problema della condizionalità e lo sganciamento degli aiuti.
Successivamente nel documento intermedio si fa riferimento anche alla Conferenza di Doha e, conseguentemente, si evidenzia il ruolo particolarmente importante dei Parlamenti, che non devono limitarsi a uno sguardo di assistenza; è necessaria, invece, una valutazione ampia di tutte le politiche collegate, come quelle del commercio, ma anche della compatibilità e della coerenza con gli Obiettivi del Millennio. In particolare, abbiamo sottolineato l'Obiettivo 8, che fa riferimento a un migliore coordinamento, a un'assunzione di responsabilità da parte dei Paesi che ricevono gli aiuti e a una capacità da parte dei Paesi donatori di svolgere una funzione più equilibrata e più coerente con le politiche dei singoli Paesi.
Ovviamente, il documento fa riferimento a molteplici crisi, da quella energetica a quella finanziaria e via dicendo. Da questo punto di vista, si richiama in modo particolare l'aspetto negativo che deriva dalla crisi finanziaria globale per quanto riguarda il raggiungimento degli Obiettivi e si sottolinea il rallentamento, che è determinato da questa crisi, quanto al raggiungimento dell'Obiettivo 1, relativo a quell'ultimo miliardo di persone che si trova in una situazione quanto mai negativa e problematica.
Il documento evidenzia che, da una parte, c'è il consenso - un consenso molto ampio - circa l'esigenza di raggiungere gli Obiettivi del Millennio. Tutti i documenti che sono stati pubblicati anche negli anni più recenti (il Rapporto sullo sviluppo umano delle Nazioni Unite, il Global Monitoring Report della Banca Mondiale, il rapporto annuale dell'OCSE, il rapporto della Commissione per l'Africa istituita da Tony Blair) convergono, con ampio sostegno della società civile internazionale, sulla necessità di impegnarsi per il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio e di destinare lo 0,7 per cento del reddito nazionale lordo agli aiuti allo sviluppo entro il 2015.
Naturalmente, oltre ad una questione di carattere quantitativo, si è fatto riferimento - e lo abbiamo ascoltato anche in occasione delle nostre audizioni - alla necessità di aumentare l'efficacia degli interventi.
Tutto questo, indubbiamente, è stato definito nel rapporto, nel quale si citano anche i contributi dei vari Paesi. Un grave ostacolo, tuttavia, è costituito dall'inerzia da parte della cooperazione allo sviluppo rispetto alla necessità di gestire questo cambiamento, che deriva anche da tutto ciò che si è sviluppato e si è evidenziato in occasione degli incontri internazionali.
Non c'è dubbio - l'ho detto prima - che la crisi economica ha determinato un impatto preoccupante, anche per quanto riguarda gli investimenti esteri diretti verso i Paesi poveri. Tutto questo deve indurci ad esprimere preoccupazione, ma soprattutto suggerimenti ed iniziative finalizzate a un miglioramento in questo ambito. Sicuramente possiamo essere tutti d'accordo sul fatto che la capacità di creare migliori condizioni economiche, sociali e di salute nei Paesi in via di sviluppo è un elemento assolutamente fondamentale per l'equilibrio del mondo.
Non c'è dubbio - mi avvio alla conclusione, evidenziando le considerazioni finali - che, per quanto riguarda l'Italia, abbiamo problemi collegati alla quantità degli aiuti, che non sono assolutamente sufficienti e, inoltre, hanno subìto decurtazioni in questo ultimo periodo.
Nel documento abbiamo evidenziato anche la questione della frammentazione degli aiuti. L'Italia è passata da una situazione di aiuti a ottanta Paesi in via di sviluppo agli attuali cento. Questo crea, indubbiamente, ulteriori problemi.
Cito, poi, la questione della cooperazione vincolata attraverso il canale multilaterale.
Per quanto riguarda l'Italia, sono risultate meritevoli di approfondimento e di discussione la questione della riforma della cooperazione, la focalizzazione degli


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aiuti nei confronti dei Paesi che hanno soprattutto bisogno (e faccio riferimento in modo particolare al continente africano), la questione di svincolare l'aiuto italiano, che oggi è ancora troppo vincolato. L'OCSE-DAC, peraltro, ribadisce la necessità di svincolare questi aiuti, altrimenti l'inefficienza rimane elevata e si genera una corruzione che non è assolutamente accettabile.
Altri punti da approfondire sono: una nuova agenda concordata per una maggiore efficacia dell'assistenza, la concentrazione degli interventi per evitare l'eccessiva parcellizzazione degli aiuti, che sono anche scoordinati, e infine - questo è l'elemento fondamentale, che rappresenta l'ottavo Obiettivo e che anche noi dobbiamo particolarmente segnalare e migliorare - la responsabilizzazione dei Governi beneficiari, in modo tale da consentire loro di utilizzare le proprie procedure e garantire però che questi fondi siano assoggettati anche al controllo del Parlamento.
Quest'ultimo Obiettivo, la cui importanza è particolarmente evidente, coinvolge, rispetto agli altri sette Obiettivi, proprio i Paesi riceventi.
Abbiamo ascoltato - lo dicevo all'inizio - l'intervento dello sherpa per il G8 e abbiamo appreso quali sono, in relazione alla crisi economica, gli intendimenti del Governo italiano da proporre e da sviluppare anche in occasione del G8: la riconferma dei volumi, evitando la corsa immotivata al rialzo degli impegni, un impulso a concludere - li cito testualmente, come riferiti nel documento intermedio - il Doha Round per far ripartire la crescita mondiale, un'azione decisa per la cancellazione del debito e la promozione innovativa di strumenti comprensivi (la detax), la riduzione alla metà - questa è una proposta dell'ambasciatore Massolo - dei costi di transazione delle rimesse degli immigrati e la centralità della sicurezza alimentare.
Infine, esprimo le conclusioni relative ad alcune linee di intervento che il documento intermedio vuole evidenziare, che sono l'essenza della nostra attività. Ritenendo importante fare riferimento al testo, leggo: «Lavorare alla mutual accountability tra Paesi più ricchi, ad economia emergente, e Paesi destinatari; instaurare un rapporto più coerente fra fatti e impegni; nella gestione delle problematiche dello sviluppo privilegiare le sedi multilaterali, riportando al centro delle questioni l'efficienza e l'impegno delle Nazioni unite; monitorare i diversi livelli regionali e fare emergere il dato della cooperazione decentrata; premiare un approccio concreto fondato sul dato qualitativo, privilegiando interventi circoscritti e l'analisi di quanto realizzato rispetto alla retorica delle cifre; valorizzare il ruolo dei Parlamenti nazionali - ed è questo il nostro ruolo - ed accrescere la consapevolezza delle tematiche del Millennio presso l'opinione pubblica su questo punto abbiamo evidenziato più di una volta la necessità di coinvolgere l'opinione pubblica; ridurre - questo è un fatto importante per quanto riguarda il nostro Paese - la frammentazione degli aiuti e ovviare alla imprevedibilità delle risorse destinate alla cooperazione allo sviluppo, allo scarso coordinamento e alla insufficiente trasparenza».
Mi pare che questa sia una base per svolgere delle valutazioni. Credo, a questo punto, che il contributo di tutti possa venire già in questa sede, ma mi rendo conto che, qualora fosse necessario, si possono fare oggi delle valutazioni e prevedere il tempo per un ulteriore approfondimento. La prospettiva, per quanto riguarda i nostri lavori, è la seguente: noi dobbiamo valutare, approfondire, emendare questo documento in sede di Comitato, quindi discuterlo e approvarlo in via definitiva nella sede propria della Commissione. Direi, quindi, che per ragioni di tempistica dovremmo riuscire a concludere quantomeno la discussione in Comitato e poi completarla - questa settimana o, al limite, all'inizio della settimana prossima - in Commissione.
Se siete d'accordo, questa è la tabella di marcia.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per esprimere valutazioni su


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questo documento intermedio, al momento in forma di bozza, al fine di migliorarlo e renderlo completo.

PAOLO CORSINI. Innanzitutto ringrazio...

PRESIDENTE. Mi scusi, voglio ringraziare gli uffici per la collaborazione e il grande impegno che hanno assicurato a questo Comitato, non soltanto per l'attività svolta dal Comitato stesso in occasione delle audizioni, ma anche per quanto riguarda l'elaborazione così puntuale e ampia del documento.
Le chiedo scusa, onorevole Corsini, per aver interrotto il suo intervento, ma mi sembrava fondamentale, oltre che doveroso, questo ringraziamento.

PAOLO CORSINI. Intendo, anzitutto, associarmi - e lo faccio anche a nome del gruppo cui appartengo - al ringraziamento nei confronti degli uffici che hanno lavorato alacremente e in modo estremamente puntuale, tanto nella raccolta dei documenti e dei materiali, quanto nella loro elaborazione. Certamente, rispondendo agli indirizzi che sono stati offerti dal presidente Pianetta, hanno proposto un testo che costituisce materia seria di riflessione.
Peraltro, credo che si debba riconfermare la condivisione dell'iter proposto, cioè l'elaborazione di un documento intermedio che costituisce il testo di riferimento per un confronto a largo raggio (quello che sarà sviluppato, se non ricordo male, il 2 luglio), in vista - credo che questo sia l'aspetto politicamente più significativo e unitariamente condiviso - di una più diretta assunzione di responsabilità che vada al di là dei compiti del Comitato e della Commissione, ma coinvolga direttamente il Parlamento.
In realtà, leggendo questo documento, rispetto al quale mi permetterò di avanzare alcuni suggerimenti, mi pare si evidenzi un dato significativo. Tenendo conto del quadro di riferimento generale - la fissazione degli obiettivi, le tappe intermedie, i vari soggetti chiamati alla gestione di questo processo - e tenendo conto dei due passaggi fondamentali, perlomeno quelli più recenti, ovvero gli incontri di Accra e di Doha, mi pare emergano alcuni elementi di difficoltà o contraddizione nelle politiche che il Governo italiano - e, in questo caso, direi il nostro Paese - promuove per recare il proprio significativo e rilevante contributo al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.
A mio parere, si tratta di un deficit che va interpretato nell'ambito di un processo almeno di media durata, non imputabile, onestamente, soltanto alla fase più recente dell'attività legislativa o della produzione di questa legislatura; esso, piuttosto, va letto lungo una traiettoria più ampia che, a maggior ragione, evidenzia limiti non semplicemente congiunturali, ma riconducibili a una dimensione strutturale.
Cerco di spiegare quali sono questi limiti. Innanzitutto, il mio primo suggerimento riguarda il passaggio del documento in cui si richiama l'individuazione di strumenti adeguati per razionalizzare e ottimizzare le politiche finalizzate al raggiungimento degli Obiettivi e si fa riferimento all'istituzione di un'agenzia specializzata nella cooperazione allo sviluppo. In questo quadro, credo che la riattivazione del processo di produzione di una nuova legge sulla cooperazione sarebbe un prologo indispensabile. Sarebbe, infatti, insufficiente disporre di uno strumento, che tutti auspichiamo possa essere adeguato, se esso non venisse ricondotto a una cornice legislativa e di produzione normativa rapportata sia all'evoluzione che la cooperazione italiana, nelle sue varie articolazioni, ha vissuto, sia al più alto grado di consapevolezza che emerge dagli appuntamenti europei e internazionali che hanno costellato il processo di affrontement degli Obiettivi del Millennio.
In secondo luogo, da questo testo, che costituisce sicuramente un punto di non ritorno per chi ha lavorato in questo Comitato, emerge un dato interessante: l'Italia si attesta su un livello dello 0,19 per cento del reddito nazionale lordo che va distinto dal parametro del prodotto interno lordo. Infatti, reddito nazionale lordo


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e prodotto interno lordo sono due categorie complementari, ma distinte.
Ora, il livello stabilito sulla base degli accordi internazionali, che anche il nostro Paese deve raggiungere entro il 2015, è dello 0,70 per cento del prodotto interno lordo. Tuttavia, se considerassimo che la quota rispetto al reddito nazionale lordo, oggi, è attestata allo 0,19 per cento e rapportassimo questo parametro a quello del prodotto interno lordo, il nostro contributo risulterebbe ancora più basso. Difatti, il reddito nazionale lordo è, sostanzialmente, la sommatoria dei compensi acquisiti da coloro che contribuiscono alla formazione del prodotto nazionale lordo o prodotto interno lordo. Occorre, quindi, un'azione concorde di tutto il Parlamento, maggioranza e opposizione, al fine di pervenire a un allineamento rispetto all'obiettivo prefissato.
Vengo alla terza osservazione. Leggendo il documento si evince - ma ciò è confermato anche da altri riscontri - che l'Italia eccelle, in modo particolare, in ordine a due o tre degli otto Obiettivi del Millennio. Per esempio, il nostro Paese si segnala per le politiche sanitarie (Obiettivo 6) e per le politiche dell'educazione e di genere, con un processo che, tuttavia, è caratterizzato da un alto grado di frammentazione e polverizzazione degli interventi. In questo quadro comunque c'è una concentrazione su alcune aree geografiche e su alcuni temi.
Poco fa il presidente Pianetta ha segnalato come i Paesi in via di sviluppo che aiutiamo sono aumentati da ottanta a oltre cento. Peraltro all'interno di questa frammentazione vi è una concentrazione. Ebbene, io credo che debba essere superata questa contraddizione, soprattutto in relazione all'area oggi più drammatica e problematica, quella subsahariana, in modo particolare il Corno d'Africa, laddove, per vicende anche di natura storica, l'Italia è chiamata in causa in ordine ad alcune responsabilità, che non voglio richiamare in questa sede, ma che tutti conosciamo.
A mio avviso, l'elemento fondamentale da evidenziare nell'ambito del documento è, da un lato, il potenziamento del quantum dello sviluppo e, dall'altro, un suo più alto grado di qualificazione in ordine all'area di localizzazione degli aiuti.
Un ulteriore aspetto da richiamare concerne la natura sinergica delle iniziative da assumere. Soltanto in un punto del documento intermedio si fa riferimento alla cooperazione decentrata. Ritengo, invece, che questo aspetto andrebbe potenziato e trattato con maggiore attenzione.
Per quanto riguarda la cooperazione decentrata, ribadisco l'importanza di questo elemento, forse perché provengo da un territorio che promuove un altissimo grado di cooperazione decentrata e che annovera due dei padri della cooperazione italiana: l'onorevole Franco Salvi e l'onorevole Mario Pedini.
Credo che il nostro Paese sia in grado di sviluppare un potenziamento del ruolo della cooperazione decentrata, perché questo risponde ad alcune vocazioni locali e territoriali che hanno dato straordinarie prove di sé.
Infine si dovrebbe rafforzare - questo è l'ultimo aspetto che vorrei sottolineare - l'idea che la cooperazione allo sviluppo non è soltanto donazione, né soltanto definizione di criteri (che anche il collega Pianetta prima richiamava), come pure il tema della condizionalità, che è un sostegno affinché i Paesi beneficiari diventino essi stessi corresponsabili e adulti nella gestione degli aiuti.
D'altra parte, la storia della decolonizzazione è una storia di eterogenesi dei fini. Un mio collega di università che si era occupato di seguire delle tesi di laurea sui Batwa in Burundi ricordava che, quando i belgi hanno decolonizzato i Paesi in cui erano presenti, hanno lasciato un altissimo grado di dipendenza. Infatti, se si interrompe, ad esempio, un sistema di comunicazione in una università, questi Paesi non sono in grado di procedere autonomamente alle riparazioni. Occorre, da un lato, rafforzare la possibilità che i Paesi beneficiari siano sempre più corresponsabilizzati, divenendo essi stessi promotori del proprio sviluppo - ovviamente, con tutti i criteri di rispetto dei diritti civili,


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umani, degli standard di democrazia - e, dall'altro, è necessario ampliare l'arco delle iniziative di cooperazione, non limitandole soltanto alla razionalizzazione della destinazione dei flussi e al loro potenziamento, bensì inserendole nel quadro di una politica più globale. Penso, ad esempio, alle politiche del commercio e, nello specifico, a un maggiore grado di liberalizzazione degli scambi.
A questo proposito, sono reduce, con il presidente Dini, dalla partecipazione a un dibattito relativo alla pubblicazione di un testo che concerne la penetrazione cinese - stavo per dire «coloniale», ma è un lapsus soltanto parziale - in Africa, nel quale è emerso che molti Paesi, soprattutto del continente africano, sono in difficoltà perché non c'è una liberalizzazione degli scambi che consenta loro di trasferire propri prodotti nei Paesi del primo e del secondo mondo, in cambio di know-how e di investimenti.
Insieme alla commercializzazione deve essere ripreso il tema della cancellazione del debito, che ha vissuto una stagione particolarmente rilevante, anche in ragione delle parole pronunciate da grandissimi e autorevolissimi soggetti che si sono impegnati per questo scopo: penso, per esempio, alle prese di posizione di Giovanni Paolo II e al ruolo che la Chiesa cattolica ha avuto nell'affermazione di una maggiore consapevolezza circa questi problemi.
Per concludere, vorrei sottolineare che questioni come i processi di erogazione dei flussi finanziari, la razionalizzazione delle modalità di trasferimento e la riduzione degli svantaggi che derivano dall'alto numero di mediatori e delle operazioni di trasferimento, devono essere inserite in un quadro globale, nel quale assumono un ruolo fondamentale la riduzione del debito, la liberalizzazione dei commerci e il controllo delle operazioni fiscali. Al riguardo, un paragrafo del documento intermedio meriterebbe di essere approfondito: là dove si fa riferimento ai movimenti illeciti, all'evasione fiscale, alla giustizia fiscale riconosciuta come priorità per lo sviluppo.
Credo, quindi, si tratti di potenziare alcuni aspetti del documento intermedio, in modo che possa essere - questo, perlomeno, è l'auspicio - l'espressione di una scelta condivisa, derivante da un adeguato contributo alla discussione. Se vogliamo essere autorevoli rispetto al Parlamento e non soltanto interpreti delle istanze di una parte politica; se vogliamo corresponsabilizzare il Parlamento rispetto a uno snodo decisivo della nostra politica estera, bisogna esprimere lo sforzo più compiuto affinché il documento sia condiviso, quindi unanime. Ciò conferirebbe al documento stesso un'autorevolezza significativa e rappresenterebbe una voce particolarmente rilevante rispetto al destinatario che, in questo caso, non è soltanto il Governo, ma sono anche le Assemblee parlamentari.

PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Corsini del contributo, dei suggerimenti e degli approfondimenti, ma anche dell'auspicio per l'adozione di un documento unanime, in modo che abbia il giusto peso nel contesto nazionale e internazionale.
A questo punto, visto che abbiamo all'ordine del giorno l'audizione del direttore esecutivo del Fondo globale di lotta contro l'AIDS, sospenderei l'esame istruttorio del documento intermedio per riprenderla in una seduta successiva, che dovremo fissare entro questa settimana, anche per consentire a tutti di approfondire ulteriormente il testo, in relazione a quanto è stato detto in questa sessione.
Rinvio il seguito dell'esame ad altra seduta.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).


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Audizione del Direttore Esecutivo del Fondo Globale di lotta contro l'AIDS, la tubercolosi e la malaria, Michel Kazatchkine.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite, l'audizione del Direttore Esecutivo del Fondo Globale di lotta contro l'AIDS, la tubercolosi e la malaria, Michel Kazatchkine, che abbiamo il piacere di avere come ospite.
Saluto anche la dottoressa Silvia Ferrazzi, responsabile delle relazioni con i Governi.
Ai nostri ospiti esprimo il ringraziamento, anche a nome dei colleghi, per la loro disponibilità.
Non c'è dubbio che la lotta contro l'AIDS, la tubercolosi e la malaria rappresentino un grande obiettivo, soprattutto perché gli sforzi nei confronti di queste realtà - diffuse soprattutto in certe aree del mondo, come l'Africa subsahariana - sono legati alla circostanza che è la donna a subire le conseguenze peggiori di queste malattie. Credo che, da questo punto di vista, creare le condizioni per debellare AIDS, tubercolosi e malaria sia fondamentale.
Ricordo, infatti, che queste malattie dilagano in tanti Paesi, perciò lo sforzo del mondo deve essere molto determinato, anche in una situazione negativa come quella attuale. Siamo di fronte a una crisi globale, che penalizza gli interventi nei confronti di alcuni Paesi e alcune aree del mondo. Tuttavia, dobbiamo creare le condizioni per debellare queste pestilenze.
Dopo averlo ringraziato ulteriormente, do la parola al Direttore Esecutivo del Fondo Globale di lotta contro l'AIDS, Michel Kazatchkine. Alla sua relazione potranno seguire considerazioni e domande di approfondimento da parte dei colleghi.

MICHEL KAZATCHKINE, Direttore Esecutivo del Fondo Globale di lotta contro l'AIDS, la tubercolosi e la malaria. Buongiorno a tutti. È un piacere essere qui con voi. Vi ringrazio, dunque, per avermi invitato e offerto la possibilità di parlare dinanzi a questo Comitato.
Credo che questo dibattito si svolga in un momento quanto mai tempestivo; infatti, tutto il mondo attende la leadership dell'Italia nei settori della politica estera, della sanità e dello sviluppo alla vigilia del G8 che si terrà a L'Aquila.
A proposito del Global Fund, posso dire che la nostra organizzazione ha un rapporto speciale con l'Italia. Difatti, il primo finanziamento è arrivato con il G8 di Genova, sotto la guida italiana. Pertanto, quando, fra due settimane, si svolgerà il G8 a L'Aquila, si potrà celebrare una sorta di anniversario del nostro Fondo Globale. Credo che quello sarà il momento giusto, per il G8, per riflettere sui propri successi nel settore dello sviluppo e, quindi, su quello che in un certo senso si può considerare un successo della precedente presidenza italiana del G8.
Il primo punto che affronterò riguarda il quadro della sanità e dello sviluppo; poi parlerò brevemente dei risultati conseguiti a livello mondiale dal Fondo globale negli ultimi 7-8 anni, quindi dal G8 di Genova a oggi; infine, dopo aver parlato rapidamente delle specificità del Global Fund nel contesto dello sviluppo, mi concentrerò sulla necessità delle risorse.
Per quanto riguarda il quadro generale, vorrei dire, prima di tutto, che dall'inizio del XXI secolo abbiamo assistito a un cambiamento di paradigma riguardo alla relazione tra salute e sviluppo. Infatti, negli anni Settanta, Ottanta e all'inizio degli anni Novanta la gente ha creduto che ci fosse bisogno dello sviluppo economico e che la salute sarebbe stata una sua diretta conseguenza. La salute, quindi, era considerata - e lo è tuttora, sia nei Paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo - una primaria fonte di spesa, piuttosto che un settore in cui investire.
Per contro, l'epidemia dell'AIDS ha portato a un radicale mutamento di questa prospettiva. L'AIDS ha eroso il capitale umano e ha avuto un impatto tremendo sul piano umano, sociale, economico e


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demografico. Di conseguenza, il mondo ha capito che, se non si affronta il tema della sanità come una priorità, non ci sarà uno sviluppo corretto.
Dall'inizio del XXI secolo, quindi, c'è stato un cambiamento di prospettiva. Adesso la salute è considerata un prerequisito, una priorità per lo sviluppo, un investimento prioritario, e non una voce di spesa non redditizia.
Tutto ciò ha portato a cambiamenti fondamentali. Per esempio, mi riferisco a una straordinaria mobilitazione politica, iniziata con il G8 di Okinawa del 2000, quando, per la prima volta si è parlato in sede di G8 di sanità e malattie infettive. Questa mobilitazione è andata avanti nel 2001, quando l'Assemblea generale e il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite si sono riuniti per la prima volta su una questione che riguardava la sanità, piuttosto che la pace e la guerra. Ricordo, poi, che il G8 di Genova, tenendo conto dell'appello di Kofi Annan per lo stanziamento di un fondo speciale per affrontare l'AIDS, ha deciso di contrarre i primi impegni e definire i primi stanziamenti per il Global Fund.
Abbiamo dunque assistito a una straordinaria mobilitazione della società civile, nel nord e nel sud del mondo. Alcuni di voi conosceranno qual è stato l'impatto del ruolo della società civile nel Sudafrica, dove, nonostante le smentite da parte del Presidente Mbeki e delle autorità, ci sono adesso quasi 450 mila persone affette da AIDS che ricevono trattamenti antiretrovirali, in molti casi grazie alle pressioni esercitate dalla società civile.
Il mondo si è mobilitato, stanziando risorse senza precedenti per la sanità. L'ODA (Official Development Aid) si è triplicato tra il 2001 e il 2007 e sono stati creati nuovi strumenti, come l'alleanza GAVI per l'immunizzazione dei bambini e il Fondo Globale per la lotta all'AIDS, alla tubercolosi e alla malaria. Inoltre, sono stati introdotti alcuni innovativi strumenti di finanziamento, come l'UNITAID, finanziato da vari Paesi e avviato in Francia con l'introduzione di una piccola tassa sui biglietti aerei a carico dei passeggeri (Global solidarity tax), per sovvenzionare con fondi straordinari la lotta contro l'AIDS, in aggiunta agli stanziamenti ufficiali per lo sviluppo.
Questo è, dunque, il contesto in cui il Fondo Globale è stato istituito.
Adesso, ovviamente, anche il Global Fund sta affrontando la crisi economica e finanziaria. Certo, questa crisi sta colpendo tutti i Paesi del nord del mondo, ma in proporzione diversa sta colpendo i Paesi più poveri, con il grave rischio che essa possa ampliare il gap e le disuguaglianze tra i Paesi poveri e quelli ricchi. Questo gap può aumentare soprattutto nei Paesi in transizione perché, nei Paesi poveri, i Governi lotteranno per cercare di mantenere i loro bilanci e i loro investimenti sociali. Oltretutto, come sapete, in molti Paesi del mondo la salute comporta delle spese extra, che i cittadini devono affrontare direttamente. Secondo l'OMS, circa 100 milioni di persone, ogni anno, scenderanno al di sotto del livello della soglia di povertà - quindi, sotto il livello di un dollaro al giorno - proprio a causa delle malattie.
La Banca mondiale ha appena stimato che nel 2009, con la crisi, altri 40 milioni di persone scenderanno al di sotto della soglia di povertà, proprio a causa delle spese extra legate alla sanità.
Il secondo punto che vorrei affrontare riguarda i risultati conseguiti. Il messaggio che sto cercando di trasmettere al G8, e quindi a voi, è questo: la sanità è il settore dello sviluppo in cui ci siamo concentrati sui risultati e possiamo dimostrare di aver conseguito risultati senza precedenti nella storia. Se ricordate, nel 2001, solo poche decine di migliaia di persone ricevevano cure per l'AIDS nel mondo in via di sviluppo. Oggi, invece, sono ben 4 milioni e, di questi, 2 milioni ricevono le cure per l'AIDS grazie al sostegno del Global Fund e 2 milioni le ricevono grazie al programma bilaterale americano PEPFAR (President's Emergency Plan For Aids Relief).
Questi quattro milioni di persone attualmente in cura rappresentano una copertura delle necessità stimate per il


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mondo in via di sviluppo pari al 35-40 per cento. In sette anni, quindi, siamo passati dallo zero per cento, o quasi, al 40 per cento circa di copertura delle cure necessarie.
Il Global Fund ha anche finanziato l'enorme lavoro svolto nel campo della prevenzione; i risultati nel campo della prevenzione possono essere misurati facilmente quando si parla, per esempio, di prevenzione della trasmissione del virus da madre a figlio. Quando, però, si parla del popolo in generale, è difficile fare misurazioni, perché non si può misurare qualcosa che non si verifica e la prevenzione consiste proprio nell'impedire che qualcosa accada.
Per quanto riguarda la malaria, nel 2001 questa malattia era totalmente trascurata e non riceveva abbastanza fondi. Nel 2009 il Global Fund sta svolgendo un ruolo fondamentale, perché fornisce due terzi dei finanziamenti disponibili per la malaria a livello mondiale. In questo ambito, abbiamo conseguito risultati straordinari, riducendo la mortalità infantile; come sapete, infatti, la malaria colpisce primariamente le donne in gravidanza e i bambini sotto i cinque anni. Ebbene, abbiamo ridotto la mortalità fino all'85 per cento in dodici dei Paesi dell'Africa subsahariana più colpiti (tra cui Tanzania, Kenya, Eritrea, Etiopia, Ruanda, Uganda) e nell'Africa meridionale (come nello Swaziland e in Mozambico).
In alcune regioni - ad esempio a Zanzibar dove, essendo un'isola, è più facile intervenire - la malaria è stata completamente debellata e le corsie dei reparti di pediatria sono vuote. Di recente, il Ruanda ha restituito al Global Fund parte del denaro elargito per le cure, perché l'effetto preventivo delle zanzariere è stato così potente che hanno avuto sempre meno bisogno di cure.
A questo proposito, credo dovremmo essere in grado di raggiungere, quanto alla fornitura di zanzariere, la totale copertura di tutte le popolazioni vulnerabili entro il 2011. Sono quasi sicuro che, se ci saranno ancora tutte le risorse necessarie, il mondo sarà in grado di raggiungere prima del 2015 gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio relativi alla malaria.
Anche per quanto riguarda la tubercolosi si sono registrati enormi progressi. Anche in questo caso, infatti, il Global Fund ha fornito due terzi dei finanziamenti generali disponibili sul piano internazionale per la tubercolosi. Quindi, ricapitolando, due terzi dei finanziamenti per la malaria, due terzi per la tubercolosi e un quarto delle risorse complessive per l'AIDS, ma metà di tutte le risorse per la cura dell'AIDS. Negli ultimi sei anni, in tutto il mondo è raddoppiato ogni anno il numero di persone alle quali è stata diagnosticata la tubercolosi. Grazie agli investimenti effettuati e grazie al sostegno del Global Fund, in questi ultimi sei anni sono cinque milioni le persone che hanno ricevuto, con successo, cure contro la tubercolosi.
Alla luce di questi risultati, il Global Fund è uno strumento chiave in questo scenario, essendo il finanziatore primario, a livello multilaterale, per la lotta contro queste tre malattie. Inoltre, insieme alla Banca Mondiale, il Global Fund è il finanziatore primario per alcuni sistemi sanitari.
Come dicevo, il Global Fund si è sviluppato dal nulla - i primi impegni sono stati assunti a Genova, nel 2001 - e oggi ha impegnato oltre 16 miliardi di dollari statunitensi in sovvenzioni per 140 Paesi, vale a dire tutti i Paesi in via di sviluppo aventi i requisiti necessari, sia Paesi poveri che Paesi di medio reddito, come il Sudafrica o la Russia, che abbiano un'alta incidenza delle tre malattie hanno ricevuto sovvenzioni dal Global Fund.
Circa il 55 per cento dei nostri fondi è destinato all'AIDS, il 30 per cento alla malaria, il 15 per cento alla tubercolosi. Il 60 per cento circa dei nostri finanziamenti va all'Africa; circa il 35 per cento dei nostri finanziamenti è destinato al rafforzamento dei sistemi sanitari.
Ieri, a Venezia, ho partecipato a una conferenza, organizzata dai ministeri italiani della salute e degli affari esteri, sull'interazione tra sistemi sanitari e fondi


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globali. Il 35 per cento dei nostri finanziamenti va quindi al personale sanitario, alle infrastrutture, ai sistemi di valutazione e di monitoraggio nei vari Paesi, e ci occupiamo dei sistemi legati alle catene di fornitura e agli approvvigionamenti nei Paesi beneficiari. Il supporto del Global Fund consente di salvare circa tremila vite al giorno, quindi centomila al mese. Il Fondo, in tutta la sua storia, ha già salvato circa 3 milioni di vite.
Consentitemi un breve accenno, a questo punto, al ruolo delle donne. Come lei ha detto, signor presidente, le donne sono spesso le vittime primarie di queste malattie. Il Global Fund si concentra, in particolare, sulle donne colpite dall'AIDS; infatti, abbiamo sviluppato una strategia di genere, presentata proprio ieri alla conferenza. Inoltre, proprio perché siamo i principali finanziatori per la lotta alla malaria nel mondo e per la prevenzione della trasmissione dell'HIV da madre a figlio, ci occupiamo della salute delle donne da vicino, riuscendo a salvare circa 1.300 donne al giorno.
A questo punto, vorrei citare brevemente quattro delle principali caratteristiche del Global Fund e spiegare perché siamo così originali nell'architettura generale degli aiuti allo sviluppo nel mondo. Il primo principio su cui si fonda la nostra organizzazione è quello della country ownership: non siamo noi, a Ginevra, a decidere quanto stanziare per un Paese piuttosto che per l'altro, o quanto destinare alla tubercolosi, all'AIDS o alla malaria; noi rispondiamo alle richieste che arrivano dai Paesi. I Paesi arrivano da noi con delle richieste e noi forniamo risposte alle loro esigenze. Pertanto, sono i Paesi che stabiliscono la linea di azione da seguire e rispondono della sua attuazione.
Inoltre, ci basiamo sui dati, ovvero finanziamo solo programmi validi sul piano scientifico e programmatico. Abbiamo un comitato tecnico di esperti (Technical review panel), composto da 36 esperti del nord e del sud del mondo.
Questo comitato - che ho anche presieduto e del quale fanno parte anche italiani, come il dottor Stefano Vella, che ne è membro da tempo - esamina tutte le richieste che ci arrivano, selezionando circa il 50 per cento delle domande e inviandole poi al board, cioè al consiglio, che deve approvarne il finanziamento. Pertanto, approviamo soltanto richieste supportate da dati scientifici, programmatici e finanziari validi.
Un ulteriore principio sul quale ci basiamo è un alto tasso di inclusività, ovvero includiamo società civile, governi, agenzie multilaterali e bilaterali. Abbiamo un board straordinario, in cui i Paesi in via di sviluppo, al momento delle votazioni, hanno lo stesso peso degli altri e i rappresentanti degli ammalati di una determinata malattia hanno lo stesso diritto di voto del rappresentante statunitense, per esempio.
Infine, siamo performance based, cioè le nostre spese si basano sulle prestazioni. In altre parole, non spendiamo e poi aspettiamo uno o due anni perché ci sia una relazione sul buon fine delle nostre spese; spendiamo, invece, una prima tranche del nostro denaro e, solo dopo tre o sei mesi, spendiamo la seconda tranche, a seconda che il Paese in questione abbia raggiunto o meno il risultato previsto dal suo stesso programma. In tal modo il Global Fund ha conseguito risultati senza precedenti nel settore della sanità e dello sviluppo, negli ultimi anni.
Finora ho parlato brevemente del nostro funzionamento, adesso vorrei spendere poche parole in merito alle risorse. Prevediamo che, nel 2010, il nostro bilancio sarà di circa 6 miliardi di dollari americani. Avremo bisogno di 2 miliardi di dollari per finanziare i programmi già avviati e di 3,5 miliardi di dollari per avviare i nuovi programmi e rispondere, così, alle domande che ci sono pervenute dai vari Paesi. Le richieste, negli ultimi tre anni, si sono quadruplicate, il che a mio avviso rappresenta un segnale molto forte di come i sistemi sanitari si siano rafforzati nei vari Paesi.
Ieri a Venezia ho parlato del Lesotho. Nel 2002 il Lesotho chiese trattamenti antiretrovirali per tremila persone. E tutti si chiesero all'epoca come avrebbe fatto un


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Paese così piccolo a gestire ben tremila pazienti. Quest'anno il Lesotho ha avanzato una richiesta per 55.000 persone, il che significa che negli ultimi 4-5 anni ha costruito una straordinaria piattaforma che consente di affrontare la malattia seguendo il ritmo dell'epidemia.
Ho parlato di 2 miliardi di dollari e poi di 3,5 miliardi di dollari. Aggiungo, a queste cifre, 500 milioni di dollari per coprire i finanziamenti necessari per coprire le sovvenzioni che stanno per finire e nuove sovvenzioni da erogare nel 2011. Questa è dunque la portata delle nostre risorse. Il 2010 - ecco perché il G8 de L'Aquila è fondamentale per noi - sarà un anno chiave per lo sviluppo: sarà l'anno in cui la Banca Mondiale rimpinguerà l'ODADA e l'anno in cui il Global Fund vedrà rimpinguare le proprie risorse per i successivi tre anni (dal 2011 al 2013); sarà, inoltre, l'ultima tappa prima della scadenza fissata per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.

PRESIDENTE. Ringrazio il Direttore Michel Kazatchkine per l'ampia relazione che ha voluto illustrarci.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, anticipando che abbiamo non più di dieci minuti di tempo.

PAOLO CORSINI. Voglio anzitutto ringraziarla, signor Direttore, per la chiarezza dell'esposizione e per il carattere assolutamente convincente degli argomenti che ha portato alla nostra attenzione.
Voglio sottoporle, ora, una semplicissima domanda, che tuttavia presuppone un chiarimento. Mi riferisco in modo particolare alla lotta all'AIDS, che costituisce una piaga veramente tragica. Premetto che condivido l'assunto metodologico con il quale lei ha introdotto la sua esposizione, vale a dire che si è rovesciato, nella coscienza contemporanea, il rapporto che intercorre tra sviluppo e salute, quest'ultima intesa nell'accezione di benessere, come viene definita nell'ambito dell'Organizzazione mondiale della sanità.
Non c'è dubbio che un terzo dato merita di essere considerato nel quadro di un fecondo e positivo rapporto tra sviluppo e salute: il tema formativo ed educativo. Ebbene, anche in relazione ad alcune improvvide esternazioni che abbiamo dovuto ascoltare di questi tempi, in ordine alla possibilità di utilizzare le risorse di cui oggi disponiamo sotto il profilo della prevenzione dell'AIDS, il Global Fund si occupa anche di attività di educazione e di formazione? Sembrerebbe, infatti, che questa costituisca una risorsa assolutamente straordinaria.
Quando anche autorità rispettabili per tantissime ragioni a livello mondiale sostengono, ad esempio, che è diseducativo utilizzare o comunque incentivare l'utilizzazione di preservativi - alludo alla dichiarazione di Papa Benedetto XVI che non ho assolutamente approvato - l'organizzazione che Lei dirige si prefigge, oltre che un intervento in campo strettamente medico-sanitario preventivo, anche un'attività di formazione e di educazione? Un pedagogista brasiliano molto noto, Paulo Freire, parlerebbe di «coscientizzazione».

FRANCO NARDUCCI. Anch'io ringrazio il Direttore Kazatchkine per la chiarezza della sua esposizione e per gli elementi che ci ha fornito.
In questa Commissione, abbiamo svolto di recente l'audizione di una rappresentanza parlamentare dell'Uganda e della Tanzania, sul tema della lotta all'AIDS. In questo ambito, accanto a documentati successi, in campo sanitario, permangono tuttavia problemi difficili da risolvere, ad esempio quello della lontananza - 300-400 chilometri di distanza - dai centri sanitari di gran parte della popolazione. È evidente che, in queste situazioni, diventa molto difficile poter operare. Ebbene, cosa si fa per realizzare una maggiore diffusione dei centri sanitari? Sicuramente si tratta di un problema di risorse.
In secondo luogo, nella recentissima audizione dell'ambasciatore Massolo, sherpa italiano per il G8 de L'Aquila, è stato posto l'accento, forse perché la crisi economica obbliga in tal senso, sulla necessità di un migliore utilizzo delle risorse, il che fa presumere che ci sia una dispersione


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delle risorse che i vari Paesi contribuenti mettono a disposizione per il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio.
Siccome vivo anch'io in Svizzera, seppure non a Ginevra, quindi seguo molto da vicino questo dibattito in quel Paese, vorrei conoscere il suo parere al riguardo.

PRESIDENTE. Indubbiamente la questione dell'informazione è molto importante. Questa mattina, durante un convegno, è stato affermato che soltanto il 19 per cento delle giovani donne tra i quindici e i ventiquattro anni conosce, per esempio, tutte le modalità della trasmissione del virus HIV. Credo che l'informazione sia un aspetto veramente fondamentale per la prevenzione.
Do la parola al nostro audito per la replica.

MICHEL KAZATCHKINE, Direttore Esecutivo del Fondo Globale di lotta contro l'AIDS, la tubercolosi e la malaria. Grazie per le vostre domande.
Per quanto riguarda i temi della formazione e dell'istruzione, vorrei separare, nel contesto della prevenzione dell'AIDS, l'istruzione di carattere generale, la sensibilizzazione e l'informazione dalla formazione degli operatori sanitari che devono fornire prevenzione e assistenza. Per quanto riguarda quest'ultima, il Global Fund - questo è il risultato di quel che i Paesi ci chiedono, non è una nostra decisione - spende circa il 23 per cento, quasi un quarto, di tutte le proprie risorse, vale a dire i 16 miliardi di dollari impegnati, per formare gli operatori sanitari (medici, infermieri) e pagare loro gli stipendi.
Peraltro, le nostre risorse vengono impiegate anche per il task shifting, vale a dire utilizziamo i rappresentanti delle comunità e della società civile per fornire tecniche di assistenza, prevenzione e informazione. C'è una grande carenza di operatori sanitari nei Paesi poveri, come sapete, ed è chiaro che le comunità sono il posto migliore, ad esempio, per distribuire le zanzariere contro la malaria nei villaggi e fornire l'assistenza primaria, comprese le cure antiretrovirali per l'AIDS. Quasi un quarto delle nostre risorse, dunque, è destinato a questo settore.
Per quanto riguarda la prevenzione in generale e le campagne di sensibilizzazione, informazione e istruzione, la risposta alla sua domanda è assolutamente positiva. Metà del denaro relativo alla lotta contro l'AIDS viene destinato alla prevenzione in generale e circa un terzo del denaro per la prevenzione è destinato all'informazione, all'istruzione e all'attività di sensibilizzazione. Tutte queste attività sono condotte da professionisti del settore, ma molto spesso anche dalle comunità. Quando si tratta di raggiungere persone nei distretti rurali o gruppi di popolazione emarginati - penso ai tossicodipendenti endovenosi in Asia o in Europa orientale o a persone che hanno minori possibilità di accesso ai servizi sanitari pubblici rispetto ad altri - l'educazione tra pari (peer education) è lo strumento d'azione più efficace.
Per quanto riguarda le popolazioni della Tanzania e dell'Uganda, sono lieto di sentire che, durante un'audizione presso il vostro Comitato, parlamentari e rappresentanti delle autorità sanitarie di questi due Paesi vi hanno parlato dei successi da loro conseguiti grazie al Global Fund. Il contributo dell'Italia è uno dei motivi per cui sono stati raggiunti successi in quei due Paesi africani. La Tanzania è particolarmente impegnata nella lotta alla malaria e credo che in quel Paese, in questo ambito, raggiungeranno nel giro di due anni gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, se continueranno i finanziamenti. Per quanto riguarda l'Uganda, l'AIDS mondiale è presente in qualunque discorso del Presidente Museveni, a prescindere dall'argomento.
La domanda che mi avete posto riguarda i sistemi sanitari - come li chiamiamo noi in gergo sanitario - quindi la formazione dell'assistenza primaria a livello periferico. Come ho già detto, il 35 per cento dei nostri finanziamenti è destinato al rafforzamento dei sistemi sanitari, ovvero di infrastrutture e personale, per cui si fornisce la piattaforma che


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consente di assicurare a sua volta l'assistenza a livello periferico. Di questo si è parlato ieri a Venezia: cito questa conferenza perché si tratta di un lavoro finanziato dal Governo italiano e svolto dall'OMS.
Ci sono Paesi che registrano storie di successo. Il Ruanda è un Paese in cui adesso otto chilometri sono la distanza media tra centri di assistenza sanitaria primaria e centri abitati. Alcuni Paesi, come il Camerun o la Repubblica Democratica del Congo, non raggiungono certo questi livelli. La situazione, dunque, varia da un Paese all'altro.
La Tanzania è il Paese che ha registrato forse i progressi più consistenti. Per noi l'azione di rafforzamento dei sistemi sanitari e la questione dell'assistenza sanitaria primaria non si distinguono dal semplice finanziamento della lotta contro l'AIDS, la tubercolosi e la malaria. Ci sono Paesi in cui il 70-80 per cento dei pazienti ricoverati è affetto da AIDS, mentre il 60 per cento dei pazienti ambulatoriali è affetto da malaria, i sistemi sanitari e le tre malattie sono inevitabilmente collegati tra loro. Sarebbe artificioso, dunque, cercare di distinguere tra AIDS e tubercolosi. GAVI e Global Fund, che sono fondi verticali, sono attualmente i finanziatori multilaterali primari dei sistemi sanitari del mondo.
Da ultimo, io stesso ho avuto il piacere di incontrare l'ambasciatore Massolo alcune settimane fa e ho potuto parlare con lui del Global Fund e del suo speciale rapporto con l'Italia.
Credo che la questione dei finanziamenti e dei fondi meriti tre risposte: abbiamo bisogno di più fondi, di un maggiore coinvolgimento nel sistema multilaterale (stiamo guardando in particolare all'amministrazione di Obama, per vedere come si potrà effettuare un passaggio dalla mentalità bilaterale della precedente amministrazione ad una mentalità più basata sul multilateralismo, perché credo che il Global Fund e la sanità siano settori in cui il mondo ha dimostrato di riuscire a conseguire risultati concreti quando si concentra su un obiettivo specifico in modo collettivo). Quest'anno, il Global Fund ha raggiunto sistematicamente un guadagno di efficienza del 10 per cento per ciascuna sovvenzione. Stiamo lavorando sodo, non senza difficoltà, con altre agenzie multilaterali del sistema delle Nazioni unite. Stiamo lavorando anche con i bilaterali, per cercare di creare un'armonia, a livello di singoli Paesi, nel quadro della Dichiarazione di Parigi e dell'Agenda per l'azione di Accra, per aumentare l'efficacia nel settore dello sviluppo.
Come direttore esecutivo del Global Fund, posso affermare che il 2009 e il 2010 avranno come obiettivo un aumento dei guadagni di efficienza e dell'efficacia della lotta all'AIDS.
Questi saranno alcuni degli elementi da affrontare a seguito della crisi.

PRESIDENTE. Ringrazio per l'esposizione approfondita e ampia il Direttore Esecutivo del Fondo Globale di lotta contro l'AIDS, la tubercolosi e la malaria, Michel Kazatchkine.
Nel ringraziare anche tutti i presenti per la disponibilità manifestata, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,10.

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