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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione III
16.
Martedì 26 maggio 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Franco Narducci, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI NEL MONDO

Audizione del Segretario generale del Consiglio nazionale dell'Unione di Birmania e della Federazione birmana dei sindacati, Maung Maung:

Franco Narducci, Presidente ... 3 4 5 6 8 10
Boniver Margherita (PdL) ... 5
Brighi Cecilia, Responsabile dei rapporti con le istituzioni internazionali e con i paesi asiatici della CISL ... 8
Corsini Paolo (PD) ... 5
Maung Maung, Segretario generale del Consiglio nazionale dell'Unione di Birmania e della Federazione birmana dei sindacati ... 3 6 9
Mecacci Matteo (PD) ... 4 9
Vernetti Gianni (PD) ... 4 8
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: (Misto-RRP).

COMMISSIONE III
AFFARI ESTERI E COMUNITARI
Comitato permanente sui diritti umani

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 26 maggio 2009


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FRANCO NARDUCCI

La seduta comincia alle 11,20.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del Segretario generale del Consiglio nazionale dell'Unione di Birmania e della Federazione birmana dei sindacati, Maung Maung.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle violazioni dei diritti umani nel mondo, l'audizione del Segretario generale del Consiglio nazionale dell'Unione di Birmania e della Federazione birmana dei sindacati, Maung Maung.
L'odierna audizione ha luogo in un momento in cui tutto il mondo civile segue con trepidazione la vicenda umana e politica della signora Aung San Suu Kyi, indiscusso punto di riferimento della democrazia birmana.
Proprio oggi si tiene alla Farnesina una conferenza stampa del Ministro degli affari esteri Frattini e del Segretario generale della CISL Raffaele Bonanni per ribadire la posizione dell'Italia anche in vista del vertice ASEM. Ricordo che a tale vertice interverrà anche il collega onorevole Fassino nella sua qualità di rappresentante speciale dell'Unione europea per la Birmania.
Do la parola al Segretario Maung Maung.

MAUNG MAUNG, Segretario generale del Consiglio nazionale dell'Unione di Birmania e della Federazione birmana dei sindacati. Grazie per avermi ricevuto e per l'attenzione che è sempre stata rivolta al nostro Paese e alla nostra situazione.
Credo che voi tutti sappiate quale sia la condizione della signora San Suu Kyi, che è sottoposta a processo. Le viene contestato di aver incontrato l'uomo che si è introdotto nella sua casa e di avergli parlato; ma non si sa quando verrà adottata una decisione nei suoi confronti da parte del Tribunale del regime. Riteniamo che questa sia una manovra per prolungare lo stato di detenzione e di segregazione nel quale la signora è costretta a vivere, cosicché ella resti lontana da qualsiasi forma di attività politica in Birmania. Questa manovra deve essere interrotta.
Vorremmo chiedere a voi tutti che Ban Ki-moon, Segretario generale delle Nazioni Unite, l'onorevole Fassino, nella sua qualità di rappresentante speciale dell'Unione europea, e Surin Pitsuwan, Segretario generale dell'ASEAN, possano andare in Birmania e impegnare il regime non solo a rilasciare la signora San Suu Kyi, ma anche a riprendere il dialogo.


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Questo può essere l'elemento fondamentale. La signora San Suu Kyi è la persona chiave in Birmania, la persona che può parlare al regime di riconciliazione; ma è anche la persona nella quale tutti noi crediamo, non solo gli attivisti, ma anche tutte le etnie. Lei è la persona in grado di riunire il Paese. Lei sarebbe la persona in grado di avviare il processo di revisione della Costituzione proposta dal regime.
Dobbiamo parlare di riconciliazione e di dialogo, di risoluzione della posizione della signora San Suu Kyi e di revisione della Costituzione. Tutto questo può aiutarci nel processo pratico della riconciliazione. È ora che le Nazioni Unite e l'ASEAN lavorino insieme. Per questo chiediamo il vostro sostegno in questo momento.
Questo è il punto che volevo sottolineare. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie a lei, signor Segretario generale del Consiglio nazionale dell'Unione di Birmania.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

GIANNI VERNETTI. Ringrazio il signor Maung Maung, che rappresenta un'importante organizzazione che raccoglie tanti movimenti, la società civile e i partiti politici di quel Paese nel quale, da alcuni anni oramai, sono negate le libertà fondamentali. Lo ringraziamo, dunque, per essere qui con noi oggi e per darci l'opportunità di rivolgergli alcune domande sulla situazione politica in Birmania.
Naturalmente non mi dilungo sui fatti recenti, che sono noti. Mi riferisco in particolare alla detenzione, che tutta la comunità internazionale ritiene illegale, di Aung San Suu Kyi. Si tratta di un fatto gravissimo, che noi abbiamo condannato, unitamente a tutti i Parlamenti e ai Paesi democratici.
Vorrei chiedere al signor Maung Maung quali aspettative vi siano, da parte della sua organizzazione, nei confronti della comunità internazionale e quali siano le azioni più appropriate che si ritiene si debbano mettere in cantiere. Ad esempio, c'è un'ipotesi di un regime di sanzioni maggiormente duro, che potrebbe in alcuni casi essere efficace. Sappiamo che tutte le risoluzioni del Consiglio di sicurezza che proponevano un regime sanzionatorio maggiormente efficace sono state bloccate con il veto della Repubblica popolare cinese.
Credo, dunque, che a fronte di un'assenza di una prospettiva credibile di evoluzione democratica di quel regime, sia giunto il tempo di adottare sanzioni più dure, di tipo unilaterale, da parte dell'Unione europea e degli Stati Uniti d'America.
Su questo tema vorrei conoscere l'opinione del signor Maung Maung.

MATTEO MECACCI. Anch'io ringrazio il signor Maung Maung per essere qui in un momento sicuramente difficile per il suo popolo e, in particolare, per una leader eletta democraticamente molti anni fa e deposta in modo illegale e che oggi viene sottoposta a un trattamento che viola tutte le norme dei Paesi civili e del diritto internazionale.
Tuttavia, più che su questa vicenda, che sicuramente è all'ordine del giorno anche del vertice ASEM, vorrei rivolgerle una domanda sulla questione dei diritti dei lavoratori in Birmania. So che in passato vi è stata l'apertura di una procedura da parte dell'International Labour Organization nei confronti della Birmania, proprio per le condizioni dei lavoratori in quel Paese. Mi piacerebbe, dunque, sapere quali sono gli sviluppi, anche a livello internazionale - se ve ne sono - di questa iniziativa e se un aiuto specifico può venire da questa Commissione, affinché questa istituzione faccia il proprio lavoro chiedendo il rispetto di questi diritti all'interno della Birmania.


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PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'onorevole Boniver, vorrei ricordare che la stessa nella quattordicesima legislatura è stata sottosegretario per gli affari esteri con delega per l'Asia e che nella quindicesima legislatura l'onorevole Vernetti ha ricoperto il medesimo incarico.

MARGHERITA BONIVER. Grazie, signor presidente, per aver ricordato la mia esperienza come sottosegretario agli affari esteri con delega per l'Asia. Credo di poter dire che io e il collega Vernetti, che ha ricoperto l'incarico dopo di me, abbiamo vissuto esperienze estremamente frustranti quando si doveva affrontare la questione birmana. Dico «frustranti» perché si è cercato in tutti i modi di convincere l'ASEAN, l'Associazione degli Stati del sud-est asiatico, che comprende moltissimi Paesi democratici, come Malesia, Indonesia, Filippine, eccetera, a cercare di esercitare ogni forma possibile di pressione sull'odioso regime militare che opprime i birmani dagli anni Sessanta.
Questo vergognoso processo ha acceso i riflettori ancora una volta su una crisi che sembra ogni tanto inabissarsi ed essere dimenticata.
Vorrei rivolgere una domanda al Segretario generale del sindacato birmano in esilio. Qual è la sua valutazione del voto previsto nel suo Paese nel 2010 in base a una Costituzione e, soprattutto, in base a procedure che già sappiamo renderanno quella dittatura perpetua?
Credo che troppo poco si parli di questa questione, che ancora giace nel sottofondo, ma che in realtà è forse in assoluto la più pericolosa, al di là delle mostruosità che vengono quotidianamente compiute sui lavoratori, sulle minoranze etniche, per non parlare del processo-farsa di cui è oggetto una vera e propria eroina dei nostri tempi.

PAOLO CORSINI. Innanzitutto esprimo il benvenuto nella sede del Parlamento italiano e la solidarietà a nome del mio partito, il Partito democratico, e credo a nome di tutto il Parlamento. Peraltro, in più occasioni ci siamo occupati della vicenda birmana. Ricordo la relazione dell'onorevole Fassino sulle risoluzioni dell'Unione europea, l'intervento del Sottosegretario Scotti in occasione della discussione sullo stato del rispetto dei diritti umani e la coraggiosa e pregevole iniziativa dell'onorevole Boniver, che se non sbaglio ha proposto una mozione - approvata - al Parlamento a febbraio.
Mi pare, dunque, che da parte nostra ci sia un occhio di assoluto riguardo nei confronti della situazione di un Paese in cui sono violati elementari diritti e sono conculcati princìpi che hanno un valore universale.
Vorrei ora rivolgerle alcune domande. In primo luogo, l'iniziativa dell'ONU trova un vincolo e un limite nell'atteggiamento ostativo di Russia e Cina. Credo che questo sia un problema non indifferente, quindi vorrei conoscere la sua valutazione e sapere come, a suo avviso, sia possibile rimuovere questo ostacolo. Leggo dalla documentazione che ci è stata offerta che anche l'India ha un atteggiamento non risoluto e, comunque, non adeguatamente impegnato a rimuovere la situazione di oppressione cui è sottoposto il popolo birmano. Credo che il ruolo di Cina, che è partner commerciale della Birmania, Russia e India sia assolutamente decisivo e fondamentale, oltre a quello già richiamato dalla collega Boniver che riguarda la responsabilità dell'ASEAN.
In secondo luogo, la stampa italiana, ma anche internazionale, non è riuscita ancora a dare una risposta agli inquietanti interrogativi sulla figura del cittadino statunitense che ha raggiunto la leader birmana nella sua abitazione. La vicenda è circondata da un alone di ambiguità e da una certa oscurità che non è ancora stata dissipata.
Il terzo interrogativo riguarda la condizione dei lavoratori in Birmania. Lei opera da decenni - così ho letto - all'estero, impossibilitato a rientrare nel suo Paese e sottoposto anche al rischio della


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propria incolumità personale; questo determina in noi un atteggiamento di grande rispetto e di grande ammirazione e di sostegno nei confronti della sua persona. Lei sta svolgendo un'opera assolutamente risoluta, a difesa e tutela dei diritti del mondo del lavoro. Vorrei capire se le organizzazioni sindacali, che suppongo agiscano nella clandestinità nel suo Paese, hanno qualche opportunità per potersi riorganizzare e per far valere i princìpi della democrazia e del lavoro.
Infine - mi scuso per questo fuoco di fila di domande, ma l'occasione per noi è molto propizia - chiedo se all'interno del mondo militare, insomma del sistema di oppressione, esista un'articolazione di posizioni, una dialettica non dico pluralistica, ma sfumature, orientamenti ed atteggiamenti che, soprattutto in relazione ai passaggi della road map democratica, possono lasciar supporre l'apertura di qualche spazio entro il quale movimenti di ispirazione democratica interni possono o meno inserirsi. In altre parole, la Giunta è un monolite cementato da una comune volontà oppure si possono intravedere sfumature, sensibilità e atteggiamenti che lasciano presagire un'articolazione di posizioni sulle quali è possibile agire anche dall'esterno della Birmania, da parte dell'opinione pubblica internazionale e dell'iniziativa dei vari Governi?
Questi gli interrogativi che volevo sottoporle. Mi scuso dell'elenco molto ampio di domande.

PRESIDENTE. Credo che il Segretario Maung Maung avrà, ora, molte domande alle quali rispondere. Gli do, pertanto, la parola per la replica.

MAUNG MAUNG, Segretario generale del Consiglio nazionale dell'Unione di Birmania e della Federazione birmana dei sindacati. Grazie. Questo vuol dire che tutti voi siete molto interessati alla nostra situazione.
Per quanto riguarda le sanzioni, noi ci siamo mossi a tal riguardo. Tuttavia, vorremmo sottolineare che le sanzioni contro le persone non funzionano senza meccanismi di monitoraggio e di controllo. Per quanto ne so, le sanzioni da parte dell'Unione europea non hanno mai funzionato, proprio perché non si accompagnano a meccanismi di monitoraggio.
La differenza tra le sanzioni dell'Unione europea e quelle americane è che queste ultime prevedono, appunto, meccanismi di monitoraggio. La dogana americana controlla tutto ciò che arriva negli Stati Uniti e tutto quello che proviene dal nostro Paese viene bloccato. All'interno dell'Unione europea, invece, non vi sono, a livello di dogana, meccanismi di monitoraggio e di controllo. Ci sono, quindi, ancora Paesi che importano dalla Birmania ed esportano in Birmania. Questo significa che le sanzioni economiche, sebbene approvate, non sono state applicate in concreto. Questa è l'enorme differenza che vorrei sottolineare tra l'Unione europea e gli Stati Uniti.
Tuttavia, noi non chiediamo sanzioni più rigide. Quello che vi suggeriamo, invece, è di concentrarvi su sanzioni che possano avere un impatto diretto sul regime, ad esempio sui servizi finanziari. Gli americani hanno inserito i servizi finanziari nel quadro delle sanzioni e il regime sta avendo problemi nel muoversi per quanto riguarda gli scambi internazionali. Se, quindi, si vuole bloccare il regime a livello finanziario, bisogna inserire i servizi finanziari nel quadro delle sanzioni.
Da questo punto di vista, si può intervenire anche nel campo assicurativo, considerato che le assicurazioni coprono un'intera gamma di servizi, quali il turismo, le importazioni e le esportazioni. Senza assicurazioni non ci sono voli che possono portare da un Paese all'altro e non c'è turismo che funzioni. Quello delle assicurazioni, dunque, è un settore che ne abbraccia molti altri e viene rinnovato ogni anno. Le polizze, infatti, sono rinnovate ogni anno, a novembre, per l'anno successivo. Ebbene, se siamo in grado di fermare la stipulazione di polizze con la Birmania, potremo bloccare tutte le importazioni e le esportazioni e altre attività gestite dal regime. Questo per quanto riguarda le sanzioni.


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Ci sono, quindi, alcuni settori sui quali possiamo concentrarci per indurre il regime al dialogo e vorremmo che la comunità internazionale garantisse di poter fare qualcosa al riguardo.
Per quanto riguarda i diritti dei lavoratori, lavoriamo con l'OIL dal 1992. All'inizio il regime diceva che non era vero che ci fossero lavori forzati e violazioni dei diritti dei lavoratori. Ma noi abbiamo continuato il nostro lavoro per anni. Nel 2000 l'OIL ha istituito una Commissione di inchiesta ma il regime si è rifiutato di farne parte. Nel 2003, invece, il regime ha iniziato ad ammettere l'esistenza dei lavori forzati in Birmania, manifestando l'intenzione di lavorare con l'OIL per cercare di risolvere la situazione. Per quanto riguarda i lavori forzati, non siamo pienamente soddisfatti di come vanno le cose nel Paese, in quanto l'OIL non è neanche direttamente coinvolta nello sradicamento dei lavori forzati in Birmania. Il passo successivo sarà quello di far aprire all'OIL nuovi uffici nel Paese, oltre a quelli di Rangoon, cosicché si possano registrare in modo più esteso le violazioni dei diritti dei lavoratori. Inoltre, vorremmo che gli uffici dell'OIL si occupino non solo di violazioni dei diritti dei lavoratori, ma anche del problema della libertà di associazione. Avremo bisogno del vostro aiuto per poterci allargare e poter allargare la nostra azione all'interno del regime.
Il regime non sa come rispondere alle richieste dell'OIL. Si preoccupano che tutti possano collaborare, Governo e lavoratori. Il regime, dunque, non sa come rispondere alle richieste dell'OIL, e noi dobbiamo essere coerenti e insistenti. La prossima settimana avrà luogo l'International Labour Conference (ILC): ebbene, noi chiediamo al Governo italiano di continuare a sollecitare l'OIL in merito alle violazioni dei diritti dei lavoratori e di chiedere un parere all'ICG. Dobbiamo innalzare il livello del nostro lavoro rispetto ai risultati conseguiti negli ultimi quindici anni.
Per quanto riguarda la posizione dell'ASEAN, ci sentiamo incoraggiati per il fatto che i Governi dell'ASEAN - le cinque potenze principali - sono consapevoli della situazione attuale. Noi lavoriamo a stretto contatto con l'ASEAN, con la quale nel 2003 abbiamo formato un Caucus interparlamentare dell'ASEAN sul Myanmar. I Governi dell'ASEAN sanno che nel 2010 ci saranno le elezioni e noi, attraverso il Caucus interparlamentare, li abbiamo informati del problema della Costituzione e del processo attraverso il quale il regime sta cercando di pilotare le elezioni.
Noi non crediamo che il regime consentirà lo svolgimento di elezioni libere. Il regime non vuole che la signora San Suu Kyi possa partecipare alle prossime elezioni e, timoroso di lei, sta cercando di tenerla fuori dal mondo della politica. Peraltro, anche se la signora verrà rilasciata, occorre rivedere la Costituzione.
Ci sono due richieste di revisione della Costituzione: una viene dalla signora San Suu Kyi e un'altra dalle Nazioni Unite. Le Nazioni Unite si stanno concentrando sulle elezioni del 2010, mentre la signora San Suu Kyi chiede una revisione del processo di redazione della Costituzione e dell'essenza stessa della Costituzione. Quello che vorremmo anche dal Governo italiano è che si facciano pressioni sulle Nazioni Unite, anche attraverso l'onorevole Fassino, e si avvii una revisione del processo elettorale, ma anche della Costituzione.
Per quanto riguarda l'iniziativa delle Nazioni Unite, è vero che abbiamo problemi con Russia e Cina che bloccano il Consiglio di sicurezza. Ma quello che intendiamo fare al momento è mettere in discussione le credenziali del regime birmano all'interno delle Nazioni Unite, che vengono rinnovate ogni anno. Quest'anno chiediamo, quindi, che il regime non abbia più la possibilità di sedersi all'interno dell'Assemblea generale, insieme ad altri Paesi, proprio per le violazioni commesse e la questione delle prossime elezioni. Parliamo del regime, non del governo birmano. Questa non è una questione soggetta al veto delle Nazioni Unite, ma rappresenta uno spazio d'azione che ci consente di avere un impatto diretto sul regime birmano.


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Per quanto riguarda i reparti militari, è vero che siamo in contatto con alcuni generali - di grado medio, generali di brigata, che stanno cercando un'apertura e un contatto con noi. Anche noi stiamo cercando di aprirci con loro. Il livello di gerarchia militare al quale stiamo arrivando è quello dei comandanti di divisione. Riteniamo che il loro interesse sia di verificare quale può essere il ruolo della comunità internazionale in questo processo.
Noi siamo sicuri che se riusciamo a dimostrare al personale militare che la comunità internazionale può avere un impatto, credo che almeno parte dello staff militare potrebbe essere dalla nostra parte.

PRESIDENTE. Grazie per le sue esaurienti risposte. A questo punto, possiamo chiudere il nostro incontro, ringraziandola ancora una volta ed esprimendo gli auguri del Parlamento italiano affinché questa situazione, che a noi interessa molto, possa trovare uno sbocco, dunque in Birmania si possa tornare alla via della democrazia e, soprattutto, pensare alla salvaguardia di persone che ci stanno molto a cuore. L'onorevole Vernetti vorrebbe aggiungere qualcosa.

GIANNI VERNETTI. Signor presidente, poiché abbiamo ancora qualche minuto vorrei approfittare per aggiungere qualche considerazione. Ritengo che la segnalazione del signor Maung Maung sull'inefficacia delle sanzioni europee per l'assenza di meccanismi di controllo sia importante. Già in passato avevo avuto modo di rilevare il fatto che il sistema doganale americano fosse efficace nel controllare e nel monitorare le sanzioni. Questo atteggiamento non riguardava soltanto la Birmania, ma anche altri Paesi. Ebbene, io credo che questa materia sia meritevole di approfondimento.
Pertanto, il tema dell'efficacia del regime sanzionatorio e dei suoi possibili sviluppi - al riguardo, i suggerimenti del signor Maung Maung sono molto utili - potrebbe essere oggetto di una relazione alla Commissione da parte dell'onorevole Piero Fassino, in quanto rappresentante speciale dell'Unione europea per la Birmania, sulla politica dell'Unione europea in quel Paese, in particolare sulle azioni concrete che possiamo intraprendere e sulle modalità per rendere più efficaci le sanzioni.
Credo si debba sottolineare che quando si decidono sanzioni che non vengono applicate si demolisce la credibilità dell'istituto sanzionatorio stesso. Mi pare che questo sia un tema cruciale.
Non l'ho fatto prima, ma vorrei ora ringraziare per la sua presenza la dottoressa Cecilia Brighi e la sua organizzazione, la CISL, che in questi anni si è impegnata particolarmente e con grande efficacia per tenere vivo nell'opinione pubblica del nostro Paese il tema della Birmania. Esprimo dunque un ringraziamento per il loro lavoro.

PRESIDENTE. Vorrei ringraziare anch'io la dottoressa Brighi e darle la possibilità di aggiungere qualche considerazione.

CECILIA BRIGHI, Responsabile dei rapporti con le istituzioni internazionali e con i paesi asiatici della CISL. Intervengo solo - anche perché il tempo è breve - sulla questione sollevata dall'onorevole Vernetti riguardante l'efficacia delle sanzioni.
In realtà, come ha affermato il signor Maung Maung, le sanzioni a livello europeo sono arrivate tardi e sono parziali, perché non includono alcuni settori importanti, come quello del gas e del petrolio, nonché il settore assicurativo e il settore finanziario. Settori importantissimi per la giunta militare birmana. Solo dal settore del gas la giunta incamera 3,5 miliardi di dollari di utili l'anno. Utili che non vengono utilizzati per promuovere lo sviluppo del paese e affrontare la gravissima crisi sanitaria e alimentare. Al contrario la giunta chiede ai paesi industrializzati,


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compresa l'Italia di continuare a fornire aiuti umanitari.
Se i settori del gas, delle assicurazioni e finanziari fossero inseriti nel quadro sanzionatorio si farebbe sicuramente un enorme passo in avanti, soprattutto impedendo alla giunta militare e ai suoi affaristi di utilizzare l'euro come valuta di scambio. Questa misura, già assunta dagli Stati Uniti che hanno proibito le transazioni in dollari, sarebbe importantissima perché paralizzerebbe sui mercati internazionali, a scacchiera, la possibilità per la giunta militare e per le sue imprese di operare nei servizi finanziari, ma anche nel commercio internazionale. Con la sospensione dei contratti di assicurazione e riassicurazione, mercato molto forte in Europa, si paralizzerebbe l'attività di imprese come quelle dei trasporti, le compagnie aeree, i porti e le navi, le agenzie turistiche, bloccando anche i traffici legati alla esportazione di droga attraverso i porti birmani e sarebbe uno strumento potentissimo per convincere il governo a sedersi al tavolo per negoziare la transizione verso la democrazia. Un modo sicuramente più efficace di quanto la cosiddetta strategia del dialogo abbia ottenuto sino ad ora.
Sulla questione dell'efficacia delle sanzioni, vorrei dire che la CISL pubblica oggi l'ultimo elenco delle imprese italiane che nel 2008 e nel 2009 hanno svolto attività di import ed export con la Birmania. Sono qualche centinaia in diversi settori, dal tessile abbigliamento, al legno, alla meccanica.
Purtroppo, molte di queste imprese agiscono in violazione della dichiarazione comune dell'Unione europea e dei successivi emendamenti. Per alcune imprese - trattandosi in molti casi di imprese del settore meccanico, elettronico eccetera - c'è anche un problema di dual use, ossia di un potenziale utilizzo dei prodotti per fini militari. Quel che manca, come dicevano l'onorevole Vernetti e il segretario Maung Maung, sono le procedure di controllo a livello delle dogane.
Il settore delle dogane, con il servizio antifrode, e il Ministero dell'economia e delle finanze, che dovrebbero essere preposti a questo controllo, probabilmente non lo esercitano. I dati, la cui correttezza abbiamo verificato e che stiamo ancora elaborando, rivelano che anche dopo la approvazione del Regolamento europeo (cioè da quando è entrato in vigore) imprese importanti come la Danieli, l'Avio, Microtecnica, l'Elettrotecnica (che oltretutto hanno un doppio ruolo, anche militare), continuano abbondantemente ad esportare in Birmania. Dall'altra parte, alcune imprese hanno continuato a importare in Italia tek e pietre preziose.
Inoltre, manca la tracciabilità delle importazioni e delle esportazioni, che sempre più passano attraverso la triangolazione Thailandia-Cina oppure attraverso imprese scatola, costituite subito dopo la posizione comune per permettere a imprese note, che hanno peraltro dei codici di condotta, di continuare a fare quello che facevano prima. Sarebbe, quindi, importante ascoltare, oltre all'onorevole Fassino, il direttore del servizio antifrode, per chiedergli quali sono gli uffici preposti ad attuare quanto previsto dall'Unione europea, anche presso l'Agenzia delle dogane e le procedure messe in atto per attuare il Regolamento europeo.
Se non si attuano i controlli corrisponde al vero l'affermazione secondo la quale le sanzioni economiche non funzionano: non funzionano perché nessuno le vuole far funzionare sul serio.
E questa assenza di controlli sia a livello nazionale che europeo mette in discussione il ruolo di uno strumento importante come quello delle sanzioni mirate, rendendo inutili le decisioni assunte.

MATTEO MECACCI. Vorrei sapere, vista anche l'evoluzione politica in Thailandia, negli ultimi tempi, se la situazione attuale ha portato mutamenti, e in che senso, per quanto riguarda i rapporti con l'opposizione birmana, che sappiamo essere in gran parte proprio in Thailandia.

MAUNG MAUNG, Segretario generale del Consiglio nazionale dell'Unione di Birmania e della Federazione birmana dei sindacati. Collaboriamo


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da dieci anni con il Partito democratico della Thailandia, quindi abbiamo buone relazioni e un buon sostegno dall'attuale Primo ministro thailandese e dal Ministro degli esteri.
Al momento, preghiamo che l'attuale Governo thailandese possa restare al potere. Proprio perché il Governo è particolarmente favorevole alla nostra posizione, crediamo che la Thailandia possa essere un partner fondamentale per convincere l'ASEAN ad adoperarsi ancora di più contro il regime.

PRESIDENTE. Ringrazio il nostro ospite e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 11,55.

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