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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissioni Riunite
(III e VII)
1.
Mercoledì 6 luglio 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Stefani Stefano, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PROMOZIONE DELLA CULTURA E DELLA LINGUA ITALIANA ALL'ESTERO

Audizione del Ministro degli affari esteri, Franco Frattini:

Stefani Stefano, Presidente ... 2 8 10 15 16
Aprea Valentina, Presidente della VII Commissione ... 15
Antonione Roberto (PdL) ... 10
Bachelet Giovanni Battista (PD) ... 14
Barbieri Emerenzio (PdL) ... 10
Carlucci Gabriella (PdL) ... 13
Centemero Elena (PdL) ... 12
Frassinetti Paola (PdL) ... 11
Frattini Franco, Ministro degli affari esteri ... 2 12
Mazzarella Eugenio (PD) ... 15
Narducci Franco (PD) ... 8
Porta Fabio (PD) ... 12
Zacchera Marco (PdL) ... 10
Zazzera Pierfelice (IdV) ... 11
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile Nuovo Polo (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IRNP; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A.

COMMISSIONI RIUNITE
III (AFFARI ESTERI E COMUNITARI) E VII (CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE)

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 6 luglio 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA III COMMISSIONE STEFANO STEFANI

La seduta comincia alle 14,35.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro degli affari esteri, Franco Frattini.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla promozione della cultura e della lingua italiana all'estero, l'audizione del Ministro degli affari esteri, Franco Frattini.
Nel dare il benvenuto al Ministro, che ringrazio per la consueta disponibilità e per la sempre puntuale presenza, saluto il presidente della Commissione cultura, onorevole Aprea, e i colleghi presenti della Commissione stessa e ricordo che con l'odierna audizione ha inizio l'indagine conoscitiva sulla promozione della cultura e della lingua italiana all'estero, deliberata dalle Commissioni esteri e cultura l'8 febbraio scorso.
Sottolineo volentieri la circostanza che oggi, grazie a un dono della Società geografica italiana, l'aula di questa Commissione si è arricchita di una pregevole riproduzione litografica del Mappamondo di Anversa, opera di Sebastiano Caboto, ad ulteriore testimonianza della storica proiezione internazionale della nostra cultura.
Considero di primario interesse per il Parlamento riprendere tale tema, che già in precedenti legislature è stato affrontato senza purtroppo addivenire all'auspicato intervento riformatore. Oggi più che mai, a fronte dei tagli di bilancio, si pone l'esigenza di un ripensamento e di un potenziamento delle nostre istituzioni culturali e scolastiche, perché facciano una buona volta sistema Paese, non solo perché l'Italia è la più grande potenza culturale del mondo, ma perché, proprio attraverso la diffusione della lingua italiana e della cultura italiana, si propaganda l'immagine del nostro Paese nel modo più autentico e costruttivo, gettando così un ponte tra il grande passato storico-artistico e il presente successo della creatività italiana.
Per questa ragione sento di dovermi scusare con tutti i colleghi per l'evidente ritardo nell'avvio dell'indagine, che inevitabilmente indurrà le Commissioni a richiedere una proroga del termine di svolgimento inizialmente fissato al 31 luglio, ma, come a tutti noto, gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da una complessa attività parlamentare e da un'impegnativa fase internazionale.
Do quindi la parola al Ministro degli Esteri, Franco Frattini.

FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Grazie molte ai presidenti e ai colleghi per questa audizione. Certamente sapete già bene di cosa stiamo parlando, perché abbiamo avuto occasione di parlare a lungo del tema cultura come uno degli strumenti importanti dell'azione di politica estera, quando in Commissione affari esteri esaminammo la riforma del Ministero


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degli Esteri, la recente riforma entrata in vigore a dicembre scorso, che contiene, per la prima volta, una visione del sistema Paese come espressione di componenti e di caratteristiche che per l'Italia sono un valore aggiunto: dal sistema imprenditoriale alla ricerca scientifica, alla cultura, che insieme concorrono alla promozione del sistema Paese.
In tale occasione la Commissione raccomandò al Governo di prestare nella riforma organizzativa della Farnesina una speciale attenzione, che in effetti è stata data, alla cultura che noi consideriamo oggi un biglietto da visita straordinario per l'Italia nel mondo, quindi uno strumento importante della nostra politica estera.
Anche per questa ragione ho voluto mantenere sotto la mia diretta responsabilità l'attività di promozione culturale, che rappresenta una valorizzazione non solo dell'eredità del passato, che è chiaramente straordinaria e come detto dal presidente Stefani ci rende una superpotenza almeno in questo campo, ma anche della cultura intesa come espressione di tutte le potenzialità del nostro Paese.
Si tratta quindi non di un concetto statico che guarda al passato, ma di una dimensione dinamica della cultura italiana come creatività, come potenzialità del sistema Paese con riguardo a tutte le sue componenti: una componente industriale, una componente tratta dal valore aggiunto delle realtà degli enti locali, quindi della cultura e delle tradizioni dell'Italia, ma certamente anche al grande mondo variegato e ricco dell'università e della ricerca, in cui l'Italia eccelle.
Penso che la cultura sia uno strumento di politica estera anche perché apre opportunità di dialogo politico tra Governi e popoli. Pensiamo al bacino del Mediterraneo: la cultura è uno strumento su cui l'Italia può investire in modo straordinario per promuovere dialogo, comprensione reciproca, progresso politico, crescita delle società civili, marcia verso la democrazia e verso i diritti, incoraggiando e sostenendo, ad esempio, la cosiddetta «Primavera araba».
Bisogna vedere quindi la cultura in un approccio di sistema, non in uno slogan, ma in una vera e propria necessità per l'Italia di fare sistema anche attraverso la sua proiezione culturale. È per questa ragione che ho ritenuto di richiedere nell'ambito della prima fase di attuazione della riforma della Farnesina una rivisitazione e un sistematico potenziamento di tutti gli strumenti di cui disponiamo.
Disponiamo di strumenti di particolare importanza: una rete di Istituti di cultura, i lettorati di italiano, le scuole, la rete degli addetti scientifici, la possibilità di promuovere una o più serie di eventi culturali internazionali (pensiamo a tutti gli eventi che stanno accompagnando l'anno della celebrazione del 150o anniversario dell'Unità d'Italia), una vera e propria internazionalizzazione del sistema universitario, le attività relative alle borse di studio, che sono un veicolo straordinario di cooperazione con molti Paesi, gli scambi giovanili, le missioni archeologiche, di cui poco si parla ma che danno all'Italia una visibilità straordinaria perché da decenni stanno contribuendo a tenere in vita o a scoprire patrimoni straordinari in tante regioni del mondo.
Questo va inserito in un'attività di collaborazione nelle organizzazioni internazionali, che vede l'Italia assumere un ruolo di protagonista specialmente in ambito UNESCO, come a tutti voi è noto, e da qui promuovere e definire protocolli esecutivi di collaborazione culturali ma anche scientifici.
Questo è il quadro degli strumenti di cui disponiamo, accanto ai quali occorrono però degli obiettivi. Ho quindi ritenuto utile elaborare un documento programmatico, che metteremo a disposizione delle Commissioni, in cui sono contenute le linee guida per la promozione linguistico-culturale. Si tratta di un documento approvato all'unanimità dalla Commissione nazionale per la promozione della cultura italiana all'estero, che abbiamo diramato alla rete, alle Ambasciate, ai Consolati, agli Istituti di cultura.
Questo è un documento dinamico e contiene alcuni punti che sono le linee portanti


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della filosofia dell'azione di politica estera in materia culturale. Per ciascuna area geografica individuiamo, accanto alle priorità di politica estera, come la proiezione culturale possa aiutare il perseguimento e il consolidamento di obiettivi di politica estera. La cultura non è infatti sganciata dagli obiettivi che intendiamo perseguire in ciascuna delle aree del mondo in cui l'Italia ha interesse nazionale a svolgere un ruolo.
Il secondo punto chiave è una visione di insieme tra sistema culturale e processo di internazionalizzazione delle imprese, per vedere la cultura non in senso statico e rivolto al passato come detto, ma per accompagnare e aiutare quel sistema di made in Italy che attraverso la cultura, per esempio attraverso il design italiano che ne è certamente espressione, può meglio promuovere il sistema Paese sotto il profilo dell'internazionalizzazione del sistema imprenditoriale italiano. Cultura e impresa lavorano dunque insieme nell'interesse dell'Italia.
Il terzo punto chiave è l'incoraggiamento ai partenariati pubblico/privato per realizzare congiuntamente eventi e attività. Lo abbiamo fatto molte volte per promuovere eventi cinematografici, eventi teatrali, mostre, e sta funzionando.
Il quarto punto consiste in una sorta di visione strategica della nostra rappresentazione culturale, abbandonando un po' la vecchia logica di eventi episodici, saltuari, e inserendo invece nelle priorità delle iniziative visibili e continuative. Faccio l'esempio a voi noto degli anni della cultura: l'Anno della cultura italiana in Russia, della cultura russa in Italia, l'Anno dell'Italia in Giappone o della Cina in Italia o dell'Italia in Cina. Si tratta quindi non di un evento (il concerto alla Scala), ma di una serie di strumenti che hanno un unico obiettivo: quello di avvicinare l'Italia alla Cina o di farci conoscere al mondo giapponese. Questa è una visione più organica.
Il quinto punto guida è quello della visione manageriale anche nella promozione della cultura italiana, per trasformare in proposta le domande che vengono dal nostro Paese. Noi abbiamo molte domande di importanti orchestre, di espositori, per cui è opportuno raggruppare e rivalutare queste singole domande in una visione manageriale, riuscendo a utilizzare queste disponibilità nel modo migliore, per non far sì che siano - lo ripeto ancora una volta - iniziative sporadiche.
Poi c'è il punto della comunicazione: comunicare all'estero e comunicare in Italia, per migliorare, anche attraverso la promozione della cultura, l'immagine e la percezione del nostro Paese. Al di là dello sport nazionale di darci sempre addosso le bastonate e mortificare il nostro ruolo, dobbiamo farci conoscere meglio. Questo è possibile usando la rete di cui noi disponiamo, ma usando anche come biglietto da visita straordinario la nostra promozione culturale.
Abbiamo poi l'altro punto assolutamente strategico del rafforzamento degli strumenti per diffondere e promuovere la lingua italiana, attirando studenti stranieri in Italia, lavorando su un potenziamento delle borse di studio, che sono purtroppo molto limitate. Anche qui per ragioni di bilancio abbiamo fatto e facciamo molto meno di quanto vorremmo, ma abbiamo per la prima volta registrato l'interesse di grandi imprese italiane a concorrere al finanziamento di master di formazione post-universitaria per studenti e giovani laureati di altri Paesi.
Stiamo lavorando molto con Paesi che riteniamo prioritari aumentando, come dicevo, le borse di studio. Un risultato esemplare è dato dagli studenti cinesi, che sono passati in qualche anno da circa un migliaio a oltre 5.000. Questa è la componente italiana, poi c'è la dimensione delle scuole italiane all'estero e della formazione dei professori di italiano che insegnano all'estero che è un aspetto altrettanto importante.
Apprendiamo con grande soddisfazione che in alcuni Paesi l'italiano è tra le prime quattro lingue straniere studiate. Penso agli Stati Uniti d'America dove, a parte la lingua madre e lo spagnolo, c'è l'insegnamento dell'italiano. Ci è sembrato importante apprendere che in un Paese a noi


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particolarmente amico come Israele siamo riusciti a rafforzare così tanto gli scambi che nella licenza media superiore di quest'anno ci sarà l'esame di italiano al termine del corso di italiano.
Accanto a queste linee guida abbiamo inserito il tema della collaborazione scientifica e tecnologica, che è un elemento che compone lato sensu la proposta culturale. Gli addetti scientifici e la loro rete saranno potenziati, e anche in materia scientifica e tecnologica stiamo moltiplicando le iniziative promozionali, perché riteniamo che l'Italia debba essere meglio conosciuta anche per l'alta tecnologia e per la ricerca scientifica.
Cito un solo esempio: stiamo aiutando molto il polo della ricerca scientifica di Trieste a internazionalizzarsi ancora di più. È già molto internazionalizzato, ma sta diventando un centro di attrazione per scienziati e ricercatori di tutte le parti del mondo. Stiamo lavorando su accordi e protocolli scientifici e culturali, ma possiamo farlo solo riconoscendo alla rete culturale all'estero, quindi ad Ambasciate e Consolati innanzitutto, ma anche a Istituti di cultura, scuole, lettorati e addetti scientifici, il ruolo di garanti dell'attuazione: la rete è garante dell'attuazione delle linee guida a livello territoriale in ciascun Paese.
Tra i punti di forza della nostra rete c'è ovviamente quello degli Istituti di cultura. Ne abbiamo oggi 89, che operano in 60 Paesi ma, al di là dell'impulso che cerchiamo di dare, oggi la rete soffre di gravi carenze strutturali, di una distribuzione geografica che non corrisponde più al mondo in cui nacque la legge n. 401 del 1990, un mondo completamente diverso da quello di oggi. Questo ha imposto una rilettura dell'efficacia della rete degli istituti e un assetto che deve rinnovarsi alla luce del cambiamento geostrategico in molte regioni del mondo.
Non possiamo più ignorare che dal 1990 vi sono Paesi e regioni del mondo che non solo sono emergenti, ma sono ampiamente emersi, se pensate che tradizionalmente la rete degli Istituti si basava essenzialmente sui Paesi europei e su alcuni Paesi tradizionalmente vicini all'Italia, ignorando completamente realtà come quella cinese, come l'India, come l'America del sud, come il Medio Oriente, come l'area caucasica, e che in nessun Paese dell'area del Golfo esisteva un Istituto di cultura italiano fino alla decisione da me adottata, soltanto un anno fa, di istituire un addetto culturale con riferimento ad Abu Dhabi ma con competenza sul Kuwait, il Qatar e gli altri Paesi dell'area, mentre non esisteva alcun punto di riferimento della cooperazione culturale italiana nell'area del Golfo.
Questo vi dà l'idea di come la rete vada riletta alla luce di un mondo che è profondamente cambiato. Noi abbiamo la necessità di creare nei Paesi tradizionalmente caratterizzati dalla presenza degli Istituti culturali non certo un depotenziamento, ma - questa è l'intenzione con cui sto lavorando - veri e propri poli culturali. Se si crea un polo culturale tedesco, questo non vorrà dire la chiusura di tutti gli Istituti di cultura salvo quello di Berlino, ma vorrà dire che in Germania vi sarà un centro e un polo culturale anzitutto a Berlino con l'irradiazione in centri minori, che non potranno però avere in tutta la Germania la dimensione, la forza e l'autonomia di autonomi Istituti di cultura, quando non ne abbiamo uno a Shanghai.
Occorre quindi una rilettura in questo campo. Lo stesso stiamo facendo negli Stati Uniti, rafforzando New York e Los Angeles e creando una struttura di forte presenza culturale a Washington, ma dando a questi poli culturali la capacità di irradiarsi nelle aree di quel Paese di particolare interesse per noi.
Vi faccio un altro esempio: fino allo scorso anno noi non avevamo una presenza adeguata nel Maghreb. Avevamo Istituti di cultura gestiti un po' burocraticamente, mentre adesso l'Istituto di cultura di Tunisi, che è affidato per chiara fama e non più a funzionari di carriera, ha il ruolo di hub culturale per il Maghreb e per il nord Africa. Questo sta producendo risultati molto importanti, perché un'iniziativa come una mostra o un evento


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culturale in Tunisia può essere poi promossa negli altri Paesi limitrofi, con un importante effetto moltiplicatore.
Stiamo lavorando anche per rileggere la rete periferica. Vi segnalo subito alcune aree. Ho già detto di quella della Cina, non solo quindi Pechino, ma come non pensare a Hong Kong o non avere in India, un Paese di oltre un miliardo di persone, oltre a Nuova Delhi almeno a Mumbai una presenza di un Istituto di cultura italiana? Noi non abbiamo un Istituto di cultura in Vietnam; è un Paese che per l'interesse anche economico nazionale dell'Italia sta assumendo grande importanza e avrà un Istituto di cultura.
Per andare al vicino Medio Oriente, ho ritenuto ormai necessario un Istituto di cultura in Giordania per le tradizioni e i legami storici che abbiamo con quel Paese; parlavamo prima di missioni archeologiche. Avremo un Istituto di cultura nei territori palestinesi. Finora ne abbiamo fatto a meno, ma credo che nel momento in cui l'Italia sostiene con assoluta convinzione la costituzione di uno Stato palestinese è evidente che nel cominciare un lavoro culturale in un territorio che ha ad esempio una presenza di luoghi santi per la cristianità così importanti non può non esserci accanto a quello di Tel Aviv in Israele un Istituto di cultura italiano nei territori palestinesi.
Questa non è un'iniziativa astratta, ma il segno concreto dell'attenzione della politica estera italiana a settori di particolare importanza.
Tra le altre componenti indispensabili per l'interazione con gli altri attori di promozione del sistema Paese ci sono: le Camere di commercio, la rete dell'ENIT per il turismo - turismo e cultura procedono mano nella mano -, la profonda riorganizzazione della rete di promozione del made in Italy con il passaggio delle reti estere dell'ICE nell'ambito delle Ambasciate.
Quest'ultimo elemento avrà un effetto immediato, perché, siccome l'Istituto di cultura dipende dall'Ambasciata e l'Ufficio commerciale all'estero, ora ICE, dipenderà anch'esso dall'Ambasciata, l'interazione impresa/cultura sarà ancora più efficace sul territorio con il coordinamento degli ambasciatori. Il sistema Italia evita quindi le duplicazioni, le dispersioni, giacché dobbiamo al contrario lavorare per il coordinamento.
Un altro tassello di questo grande patrimonio è rappresentato dalle scuole italiane all'estero, grande patrimonio che intendo potenziare attraverso una riflessione con la collega Gelmini, dando un futuro alla rete scolastica all'estero con una revisione equilibrata dei meccanismi di gestione, dove oggettivamente esiste qualche punto debole. Occorre quindi una valorizzazione, perché quanto meglio la gestione raggiungerà i risultati in termini di efficacia e di effettività, tanto meglio noi potremo valorizzare queste scuole.
La mia idea è che le scuole italiane debbano trasformarsi in un modello bilingue, perché accompagnando lo studio dell'italiano all'insegnamento nella lingua madre del Paese si fornirà alla scuola italiana quell'elemento in più, che consentirà ai giovani di iscriversi ad essa sapendo di ricevere un insegnamento nella lingua del Paese dove vivono, ma anche in italiano. Iscrivendosi a una scuola italiana non perderanno quindi il valore aggiunto di imparare bene la lingua del Paese in cui vivono. Il modello bilingue è dunque un obiettivo ambizioso su cui lavorare.
Su questo abbiamo però dei modelli di eccellenza come Madrid, Barcellona, Parigi, Zurigo, abbiamo la scuola di Addis Abeba, che dalla tradizione della colonizzazione italiana ha mantenuto forse l'unico aspetto importante, cioè la capacità di mantenere, di far conoscere, di esprimere nella lingua italiana questo sentimento di vicinanza dell'Etiopia, grande Paese dell'Africa subsahariana rispetto all'Italia. Questi modelli di eccellenza sono a mio avviso un esempio da imitare.
Puntiamo inoltre a inserire l'italiano quanto più possibile tra i programmi delle scuole straniere, affinché l'italiano venga insegnato non solo nelle scuole italiane, ma anche nelle scuole straniere. Questo è un altro elemento importante.


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Abbiamo voluto potenziare - l'ho fatto con piena convinzione - il ruolo della Commissione nazionale per la promozione della cultura italiana all'estero. È un organo consultivo importante, ha ottenuto il peso e la dignità che merita, e ho riattivato al suo interno alcuni gruppi di lavoro che potranno esaminare e valutare la programmazione dell'offerta culturale e dare pareri per la programmazione annuale. Questo non si faceva fino allo scorso anno, quando ho pensato che riattivare la Commissione doveva accompagnarsi al darle i poteri effettivi di organismo consultivo, che la legge le riconosce.
Cosa stiamo facendo con gli altri Ministeri in stretta sinergia? Beni culturali e MIUR hanno già siglato con noi protocolli di intesa e abbiamo costituito dei gruppi di lavoro. Collaborano con noi nella promozione del patrimonio culturale, nella valorizzazione del cinema e dei prodotti editoriali, nelle fiere del libro. Con il MIUR stiamo lavorando per la collaborazione interuniversitaria anzitutto e scientifica, oltre che scolastica.
La cooperazione interuniversitaria è forse l'ultimo risultato di questa strategia di accordi con il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca. Abbiamo voluto internazionalizzare meglio il sistema universitario italiano: abbiamo università italiane di assoluta eccellenza e vogliamo renderle meglio note, ma soprattutto più competitive sul mercato globale della conoscenza.
Oggi siamo molto soddisfatti del risultato conseguito lo scorso anno. Da più di cento Paesi sono arrivati studenti che beneficiano di borse in università italiane, e questo è un risultato importante che noi contiamo di accrescere per quanto riguarda il numero sia dei Paesi coinvolti, sia dei borsisti.
Stavo ricordando gli esempi virtuosi in particolare dalla Cina, ma vi sono Paesi dell'Africa da cui cominciano ad arrivare borsisti in numero crescente, e lo stesso possiamo dire da Paesi di grande importanza come la Federazione russa o gli Stati Uniti d'America.
Ho firmato un recente protocollo con il Ministero per il turismo, per accompagnare alla cultura il turismo. Il turismo culturale in Italia e l'uso della cultura italiana per attirare turisti è qualcosa su cui è inutile dilungarsi oltre. Ho voluto anche stimolare le regioni e gli enti locali. Non pensiamo che promozione culturale voglia dire omologazione: l'Italia è ricca per le diversità di storie, di tradizioni, di cultura che gli enti locali e le regioni possono rappresentare. Questo accordo di ordine generale con le regioni e i singoli contatti con alcune di loro stanno portando primi risultati importanti.
Ho pensato poi di rafforzare la collaborazione con la Società Dante Alighieri, importante istituzione culturale nota a voi tutti. Ho firmato una convenzione per rafforzare la collaborazione sia linguistica, sia culturale. La Dante Alighieri ha un altro valore aggiunto: secondo un normale principio di sussidiarietà, può supplire per le aree dove non c'è un Istituto di cultura. Se c'è una convenzione, la Dante Alighieri diventa parte della rete e agli ottanta Istituti di cultura si aggiungono gli «n» istituti della Dante Alighieri, che sono in numero grandissimo e, se coordinati, possono fare perfettamente sistema insieme a noi.
Pensiamo poi al tema della ricerca scientifica. Stiamo cercando di consolidare una rete mondiale di scienziati, borsisti, ricercatori, perché non si tratta soltanto di cervelli all'estero che alcuni di noi vorrebbero far rientrare tutti e subito, ma credo che si tratti anche di una straordinaria rete di ambasciatori della scienza e della ricerca italiana, che svolgono attività straordinarie in centri, laboratori, istituti di ricerca in ogni parte del mondo.
Un'ultima riflessione sulla lingua italiana, che sta crescendo nel mondo. Un'indagine che sarà avviata nel corso di quest'anno, Italiano 2011, metterà a disposizione, innanzi tutto del Parlamento, un quadro completo di dove e quanto è insegnata la lingua italiana in ciascun Paese del mondo. Abbiamo già consolidato un numero piuttosto ambizioso: abbiamo 261 lettori di ruolo nelle università, 293 istituzioni


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scolastiche, corsi per adulti organizzati dagli Istituti e dalla Dante Alighieri.
Questo vi dà il quadro di un numero di studenti di italiano che si avvicina ai 280.000, un numero piuttosto ambizioso che vogliamo ulteriormente accrescere, per cui stiamo organizzando moltissimi corsi per italiani all'estero. Non dimentichiamo i nostri connazionali all'estero: abbiamo un bacino di utenza molto grande, l'italiano è stato inserito nelle scuole locali in molti Paesi, e ci fa davvero piacere che sia considerato non più come la lingua degli emigrati italiani e dei loro discendenti, ma come una lingua di cultura.
Questo è il salto di qualità nell'insegnamento dell'italiano: in Israele quando si fa la maturità con il corso in italiano non si fa perché Israele è terra di emigrati italiani (ce ne sono) e dei loro discendenti. Se negli Stati Uniti l'italiano è la terza o la quarta lingua studiata, ormai non è soltanto perché gli Stati Uniti sono terra di emigrazione italiana. Questo è molto importante perché, a parte i numeri che vi ho citato sull'insegnamento della lingua italiana, nel 2010 377.000 italiani all'estero hanno frequentato corsi.
Con 4.700 docenti e 229 enti gestori, la rete dei corsi per gli italiani all'estero è qualcosa su cui chiedo al Parlamento di non distogliere l'attenzione, preservandola da eventuali tentativi di ulteriori decurtazioni o tagli. Credetemi, costano poco: il Ministero degli Esteri dà 16,3 milioni e non è una grande cifra. Credo che questi 16,3 milioni siano molto ben spesi per far studiare 377.000 italiani all'estero ogni anno.
Proprio per questo faremo una Settimana della lingua italiana questo autunno. Quest'anno la vogliamo chiamare Buon compleanno, Italia e sarà un'occasione molto importante in cui tutti gli attori pubblici e privati presenti nei Paesi stranieri di accoglienza verranno messi in rete e invitati a partecipare a questo grande programma, che sarà una settimana mondiale della lingua italiana.
Questo vale come elemento importante per le celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia, un programma che ho già presentato con il Ministro Meloni e con il Ministro Galan. Nel 2012 dedicheremo questa formula a un altro tema che sarà il contenitore culturale per le iniziative all'estero: L'Italia dei territori e l'Italia del futuro. Sono elementi che credo meritino da parte di tutti voi il sostegno più convinto.

PRESIDENTE. Grazie, Ministro. Do ora la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

FRANCO NARDUCCI. Desidero innanzitutto ringraziare il ministro perché aver delineato un quadro estremamente completo e interessante, riprendendo anche i concetti che avevamo affrontato durante il dibattito sulla riforma del Ministero degli Affari esteri.
Su un aspetto siamo tutti d'accordo: la nostra cultura nella sua accezione più larga deve oggi più che in passato assumere una posizione di primo piano nel dibattito politico e nella crescita non solo economica, ma anche morale e civile del Paese, sia dentro che fuori dei confini nazionali.
Il Ministro ha infatti concluso la sua relazione proprio ricordando quella sussidiarietà orizzontale costruita dai cittadini italiani emigrati - devo dire, lei lo sa bene, con tanto amore e con profonda passione - in ogni parte del mondo, che dobbiamo ritenere un perno essenziale della nostra presenza nei diversi Paesi, perché ha rappresentato un fattore di sviluppo culturale e civile delle nostre collettività.
Lei, signor Ministro, mi vede molto concorde, come credo sia anche il Partito democratico, nel riconoscere che le comunità italiane contemporanee esprimono molte eccellenze sul piano scientifico, culturale, imprenditoriale. Ricordo quando con l'allora Ministro Tremaglia realizzammo con la signora Cuomo un grande sforzo per valorizzare la lingua italiana grazie alle comunità italiane in America.
Credo che in una logica di sinergie tra pubblico e privato, tra Italia entro i confini


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e Italia fuori dai confini, ma anche nei rapporti con i Paesi ospitanti le nostre comunità, soprattutto in occasione della settimana culturale della lingua italiana nel mondo si debba fare maggiore attenzione a queste eccellenze che il nostro Paese esprime all'estero.
Dobbiamo affrontare però anche qualche criticità. Credo che occorrano chiavi interpretative fondate su dati adeguati, che vadano oltre la lodevole - questo va sottolineato - prassi dell'annuario del Ministero degli affari esteri. Crediamo che si debba istituire un osservatorio, guidato dal Ministero degli Affari esteri, che sia in grado di fornire, oltre a quelli attualmente forniti, dati su ogni livello di intervento, analisi, studi comparati, coordinamento della certificazione della lingua italiana.
Credo che questo sia un passo importante in un quadro in cui, come lei ha ricordato, le risorse sono estremamente ridotte ed è quindi difficile competere con Paesi come Germania, Francia o addirittura Inghilterra, che hanno ben altre disponibilità finanziarie. Per difendere il brand Italia abbiamo quindi bisogno di strumenti nuovi, perché i tagli operati da leggi finanziarie e altri provvedimenti di natura economica hanno messo in ginocchio questo sistema di sussidiarietà orizzontale.
Lei ha anche ricordato la necessità di difendere gli enti gestori, perché con 377.000 allievi e 16 milioni di euro, calcolando il costo per ora e per allievo, otterremmo una cifra molto bassa, però si continuano a inviare persino i supplenti dall'Italia, un assurdo in un momento di drastica riduzione delle risorse. Mi chiedo come sia possibile che con quanto abbiamo a disposizione degli enti gestori si debba ancora inviare dall'Italia supplenti che non hanno nessun vincolo con l'integrazione, perché per loro è un contratto a termine di un anno e cercano di tornare al più presto in Italia.
Come ministro, soprattutto per l'attenzione che ha sempre dimostrato al mondo italiano all'estero, lei dovrebbe fare sua la riforma di due leggi, come tante volte le abbiamo chiesto. È necessaria la riforma della legge n.153 del 1971, perché con questo vecchio strumento non siamo in grado di legare le nuove generazioni che stiamo riconquistando all'Italia e di superare gli steccati tradizionali del passato.
Per quanto riguarda inoltre la legge sugli Istituti italiani di cultura, vorremmo che questi diventassero una sorta di casa d'Italia, in cui attuare e coordinare tutte le iniziative in materia culturale e in cui possano alloggiare le persone cosiddette «affette da italosintonia».
Sappiamo però - lei non ce l'ha detto - che stiamo chiudendo gli Istituti italiani di cultura, gli hub, i poli culturali, scelta sicuramente dettata dalla necessità. Abbiamo chiuso Grenoble, Innsbruck, non so cosa chiuderemo al prossimo giro di vite. Le chiedo quindi come si intenda sopperire concretamente, perché gli insegnanti della scuola media Enrico Fermi di Zurigo dal mese di febbraio non hanno lo stipendio e a settembre la scuola chiuderà.
Abbiamo perso una grande occasione, perché a Zurigo abbiamo un liceo a doppia uscita italo-svizzera, gratuito perché gestito con denaro pubblico, che prima era frequentato dai nostri ragazzi ma ora non più, perché si sta tagliando alla base. Quelli studiano tutti architettura perché è un liceo artistico, e credo sia evidente il legame che da architettura hanno con il sistema design, mobile, ceramiche italiano.
Abbiamo realizzato un seminario a Montecitorio, riunendo per la prima volta tutte le università che operano nel settore della valorizzazione della lingua italiana, oltre all'Accademia della Crusca, la Società Dante Alighieri e il Ministero degli esteri. Lì è emerso per la prima volta un accordo sul Consorzio della lingua italiana di qualità.
Chiedo al Ministro degli Affari esteri se abbia proceduto con le convenzioni necessarie, così come con la convenzione con la Dante Alighieri, perché in Commissione abbiamo promosso una battaglia audendo molti soggetti, ma non credo che con 600.000 euro la Dante Alighieri possa rivestire il nuovo ruolo che dovrebbe svolgere.


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PRESIDENTE. Grazie. Abbiamo meno di trentacinque minuti, compresa la replica del Ministro, e dodici iscritti a parlare, per cui posso concedere al massimo tre minuti a testa.

ROBERTO ANTONIONE. Vorrei capire se concludiamo necessariamente oggi o abbiamo il tempo di riflettere.

PRESIDENTE. Il Ministro mi suggerisce che eventualmente può inviare risposte scritte ai vostri quesiti. Ciò non toglie che, dato il numero degli iscritti, non posso dare più di tre minuti. Lo chiedo per l'ottimizzazione dei lavori. Do la parola all'onorevole Barbieri.

EMERENZIO BARBIERI. Grazie, presidente, aderisco al suo invito. Ringrazio il ministro perché - è anche una nota polemica - contrariamente ad altri suoi colleghi oggi ci ha aperto un'autostrada per quanto riguarda l'indagine conoscitiva che le due Commissioni hanno deliberato e per la quale devo ringraziare i presidenti Aprea e Stefani. Sono entrato in Parlamento nel 2001, anno in cui cominciammo a discutere in Commissione Cultura il varo dell'indagine conoscitiva sugli Istituti italiani di cultura all'estero: sono passate tre legislature e adesso l'abbiamo avviata.
Solo due questioni di merito. Per una serie di motivi, che lei può intuire, ho conosciuto parecchi nostri direttori degli Istituti italiani di cultura all'estero e devo dire, onorevole Narducci, che si dividono sostanzialmente in due categorie: chi rimpiange i tempi in cui gli venivano inviati fior di quattrini dal Ministero degli Esteri e quindi doveva solo amministrare, e chi invece ha capito che le cose sono cambiate e si adopera per trovare una serie di sponsorizzazioni che gli consentano di fare cose egregie. Credo che sia necessario muoversi soprattutto in questa seconda direzione e condivido molto, ministro, quello che lei ha individuato come ruolo degli Istituti italiani di cultura all'estero.
Le cito un esempio che lei ben conosce: ogni tanto viene diffusa dai giornali la notizia, ad esempio, della Settimana del cinema italiano a Pechino, ma bisogna che queste cose, che sono fondamentali, vengano coordinate da un Istituto italiano di cultura in quel Paese, in modo tale da dare, come evidenziato dall'onorevole Narducci, l'idea di un sistema Italia che funziona.
Vengo ieri da una delegazione guidata dall'onorevole Carra che è stata in Algeria, dove lei si recherà martedì prossimo, e devo dire che quando la direttrice dell'Istituto italiano di cultura ci ha mostrato che sono quasi 1.500 i ragazzi algerini che studiano l'italiano siamo rimasti tutti sorpresi, senza distinzioni tra maggioranza e opposizione. Ha ragione: la collaborazione con la Dante Alighieri è fondamentale. Grazie, presidente Stefani.

MARCO ZACCHERA. Vorrei intervenire anche come presidente del Comitato italiani nel mondo e chiedermi quale sia il fine di questa indagine conoscitiva. Secondo me è soltanto uno: dimostrare che il nostro Paese deve avere il coraggio di investire sulla cultura italiana nel mondo per non autodistruggersi.
Ho apprezzato le parole del ministro, ma, passando ipoteticamente all'opposizione, vorrei che questa indagine conoscitiva mettesse su una bilancia quanto spende l'Italia per la cultura all'estero e quanto la Germania, la Francia, l'Inghilterra. gli Stati Uniti. Se infatti 280.000 ragazzi che studiano l'italiano sono tanti, faccio presente a tutti i Commissari che ogni classe di età del mondo è costituita da 200 milioni di individui, per cui i 50.000 che ogni anno potrebbero studiare l'italiano rappresentano 1 studente su 4.000: su 4.000 ragazzi del mondo 1 studia l'italiano.
Per questo motivo 16 milioni sono una briciola se spesi in questo senso, laddove per realizzare la campagna elettorale per i referendum sono stati spesi 26 milioni. È dunque importante e necessario fare il referendum tra i cittadini all'estero sulle centrali nucleari, ma occorre raddoppiare i fondi per la cultura italiana. Se noi non ci diciamo questo, ci prendiamo in giro.


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Potrà essere messa in rete la chiusura dell'Istituto di cultura italiana di Innsbruck, ma non possiamo non esserci, come diceva giustamente il Ministro, in altre parti del mondo. Mi chiedo quale prodotto Italia possa essere venduto senza un minimo di pubblicità in italiano per la gente che parla italiano. Quanti piccoli giornali all'estero hanno chiuso in questi anni perché le nostre comunità sono invecchiate o sparite? Se non siamo presenti in modo massiccio sul web, è perfettamente inutile voler lavorare da questo punto di vista.
Vorrei quindi che questa indagine conoscitiva avesse una mission, un fine, e riuscisse a dimostrare a tutto il Parlamento che è indispensabile giustificare una spesa governativa nettamente aumentata nel campo della presenza italiana nel mondo per quanto riguarda non le nostre comunità, ma in generale la vendita del prodotto cultura italiana, che è l'unica cosa che i cinesi non ci possono copiare.
Se lo facciamo con serietà, potrebbe essere utile, ma, se ci limitiamo a pronunciare belle parole per poi dire tutti insieme (maggioranza e opposizione) che abbiamo bisogno di investire più risorse anche grazie a questa indagine, avremo fallito completamente il nostro mestiere.

PIERFELICE ZAZZERA. Grazie. Io resto all'opposizione, però voglio dire che ho apprezzato molto l'intervento del ministro, sia nell'impostazione del quadro attuale, sia sulla prospettiva. Credo che quelli della sua relazione siano princìpi di partenza su cui lavorare per investire nella cultura legata all'impresa e alla possibilità di esportarla.
Non dobbiamo limitarci a esportare solo il marchio Italia e quindi limitarci alla conoscenza dei prodotti, ma dobbiamo essere in grado di farlo attraverso questi poli culturali che devono essere resi non burocratici. Mi piace l'idea degli hub culturali, della centralità di un'unica struttura con delle irradiazioni, sfruttando molto la rete digitale, perché credo che possiamo fare giungere ovunque il marchio Italia, il lavoro e la cultura degli italiani, persino i testi che non hanno più bisogno di librerie, ma hanno bisogno di un semplice PC e di una stanza in cui è possibile leggere le opere in digitale dei nostri autori.
A queste sue idee, che condivido, dobbiamo far corrispondere i fatti, per cui chiedo a lei di rivedere la posizione assunta dal nostro Paese sulla presenza del responsabile scientifico di Silicon Valley, che rappresentava l'Italia in un' area a forte incidenza tecnologica e culturale, a forte impegno per le imprese. Purtroppo il nostro Paese non ha rinnovato il contratto al responsabile scientifico italiano in Silicon Valley e l'Italia non c'è.
Credo che su queste scelte noi dobbiamo trasformare in atti concreti le sue idee e la sua linea di azione, che io condivido.

PAOLA FRASSINETTI. Ministro, la ringrazio per il contributo fornito a questa indagine molto interessante. Se, come si è evinto dalla sua relazione, è giusto e importante rafforzare le scuole e tutte le mille esperienze del sistema Paese Italia, non penso di andare fuori tema incentrando brevemente il mio intervento sul fatto che la lingua italiana in Italia è molto minacciata.
C'è una criticità: la lingua non è inserita nella Costituzione, giacché nessun articolo dice che la lingua ufficiale dell'Italia è la lingua italiana. Abbiamo una preoccupante deriva anglicistica, anche perché ormai molti termini italiani non vengono usati, e questo succede in televisione, nei giornali e anche nelle stesse istituzioni.
Senza fare discorsi che possono sembrare retrogradi, voglio continuare a stimolare l'attenzione su questo problema, perché penso che sia importante difendere la nostra lingua in Italia, altrimenti tutto il lavoro fatto all'estero può essere vanificato. Al riguardo ho presentato una proposta di legge che ha avuto una cinquantina di sottoscrizioni, per costituire un Consiglio della lingua italiana, dove la politica intervenga a tutelare la lingua. La


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Società Dante Alighieri e l'Accademia della Crusca vanno benissimo, ma sono istituzioni accademiche.
Credo che, come è successo in Svezia e in Norvegia, ci sia bisogno di un organo politico che intervenga per arginare l'emergenza.

FABIO PORTA. Accetto il suo invito, presidente, ed esprimo brevemente alcune considerazioni. Ringrazio anch'io il ministro, che ci ha fornito un quadro completo e condivisibile nell'impostazione, parlando di potenzialità della cultura, della lingua nell'internazionalizzazione del Paese, anche se - lo dico con grande rispetto per il ministro, ma con altrettanta onestà intellettuale - mi sembrava di ascoltare il rappresentante di un altro Governo, non del nostro, perché la realtà è molto lontana da quanto ci ha detto.
Negli stessi centocinquanta anni che stiamo celebrando non abbiamo avuto nemmeno il coraggio di realizzare un'importante e significativa iniziativa per valorizzare degnamente la lingua italiana, vero elemento unificante degli italiani in Italia e all'estero. Per gli italiani all'estero abbiamo fatto un bellissimo francobollo, che esemplifica anche nelle dimensioni l'impegno e le dimensioni della nostra politica per loro.
Per quanto riguarda gli Istituti di cultura, le sofferenze che quotidianamente sentiamo esprimere dai direttori sono note. I dirigenti scolastici stanno scomparendo progressivamente dai nostri Consolati, e sono quelli che rendono fattibile una cosa opportunamente citata dal ministro: la presenza dell'italiano nelle scuole straniere. Per quanto concerne la comunicazione stiamo eliminando le nostre poche riviste in lingua italiana all'estero, stiamo smantellando anche la presenza della RAI che, oltre a realizzare un servizio carente e discutibile, ha appena chiuso la sede di Montevideo responsabile per tutta l'America latina.
Permettetemi un ultimo passaggio rispetto a questo continente, in cui vivono circa 60 milioni di discendenti italiani (50 soltanto tra Argentina e Brasile), un continente che però probabilmente non è ancora sufficientemente emergente per meritare attenzione, laddove lei ha citato molto l'India, la Cina, i Paesi emergenti, ma le ricordo che in Sud America abbiamo Paesi come il Perù, l'Argentina, il Brasile...

FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Ho citato il Sud America...

FABIO PORTA. Lo ha anche citato in un suo passaggio, ma mi sembra che a fronte di questa citazione non abbiamo politiche che dimostrino questo interesse, laddove l'America latina subisce gli stessi tagli che stanno soffrendo le altre sedi. Non capisco, quindi, non solo in materia di risorse ma anche in strategia quale sia l'effettiva omogeneità di questa presenza dell'Italia all'estero. Grazie.

ELENA CENTEMERO. Grazie, ministro, per la relazione svolta qui oggi e soprattutto per averci indicato come la nostra cultura sia importante se collegata anche alla nostra realtà creativa, innovativa e di ricerca ma anche industriale. Ci ha indicato soprattutto un cambiamento fondamentale per quelle che potranno essere le direttive del nostro sviluppo culturale all'estero e quindi anche dei nostri Istituti di cultura, legati al mutamento geostrategico che noi stiamo vivendo a livello internazionale.
Vorrei sottolineare l'importanza della scelta che lei ci ha delineato per quanto riguarda le scuole italiane all'estero, che mirano ad essere bilingui o almeno a far sì che l'italiano venga insegnato all'interno delle scuole straniere. Nella mia esperienza personale, cercando di insegnare italiano all'estero ed entrando quindi in contatto con i nostri Istituti di cultura italiana, ho avuto un impatto di grande disomogeneità e di grande disorganizzazione.
Credo che nel parlare di riorganizzazione degli Istituti di cultura italiana all'estero si debba individuare un modello standard di struttura dei nostri istituti, che devono essere luoghi in cui accogliere gli


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stranieri che vogliano conoscere la nostra cultura, ma anche luoghi di irradiazione della nostra cultura e anche della lingua.
Spesso gli Istituti di cultura italiana all'estero sono scissi dall'insegnamento della lingua italiana, mentre modelli stranieri come l'Istituto Cervantes, sono 60 (mentre gli Istituti di cultura italiana all'estero sono 80) ma sono centri integrati di cultura e di lingua.
Lei ha giustamente sottolineato l'importanza dell'insegnamento della lingua italiana ai nostri connazionali che vivono all'estero. Penso sempre che siamo in un mondo globalizzato, che è estremamente diverso al mondo che ci ha portato alla creazione della legge n. 153 del 3 marzo 1971, ma anche alla creazione degli Istituti di cultura italiana che abbiamo ereditato.
La circolazione degli italiani all'estero è fortemente cambiata rispetto al passato anche per motivi di lavoro, per cui mi chiedo perché la giusta difesa dell'insegnamento della lingua italiana ai nostri connazionali all'estero debba essere scissa dall'insegnamento della lingua italiana agli stranieri.
Vorrei infine sottolineare l'importanza della diffusione non solo della nostra cultura in senso ampio, ma soprattutto della cultura scientifica e tecnologica, che ci permette di far conoscere le nostre imprese, la nostra innovazione e la nostra ricerca.
Anche le regioni hanno delle politiche di diffusione degli usi, delle culture, delle tradizioni di ciascuna all'estero e utilizzano risorse per questo. Vorrei sapere se esistano dei criteri comuni.

GABRIELLA CARLUCCI. La ringrazio, ministro, innanzitutto perché la sua descrizione degli strumenti per promuovere la cultura italiana all'estero è dettagliata e omnicomprensiva. Ha parlato della lingua, dello spettacolo, dell'intenzione di coinvolgere i privati con un giusto atteggiamento manageriale.
Se da una parte si lamenta la carenza di fondi su ciascuno di questi punti che lei ha descritto così bene, le denuncio un'ulteriore, enorme carenza: la mancanza di collegamento, di sinergia fra i Ministeri. Lei ha parlato del Ministero Beni culturali, del MIUR, ma le posso citare un esempio concreto che riguarda il Ministero del turismo e delle attività produttive, perché, se vogliamo promuovere all'estero, ad esempio, i nostri prodotti agroalimentari e metterli in sinergia con il territorio e le sue bellezze culturali, per attrarre turisti in Italia stimolandoli anche sul versante agroalimentare, si dovrebbe poter realizzare tra i Ministeri una sinergia che oggi ancora manca.
Desidero citarle un esempio concreto per farle capire come abbia incontrato una serie di difficoltà che a mio giudizio potrebbero essere facilmente risolte con accordi e con sinergie fra i Ministeri. Come sindaco di un piccolo comune della Puglia, Margherita di Savoia, ho realizzato il gemellaggio fra questo e Miami. La nostra città ha infatti spiagge grandi, lunghe e larghe, per cui il sindaco di Miami ha accettato di fare il gemellaggio.
Ottima collaborazione del Consolato italiano, che mi ha spianato la strada e fatto il possibile dal punto di vista burocratico per aiutarmi, dopodiché ho cominciato a cercare le collaborazioni. Da parte dei Ministeri non ho ottenuto niente, perché, se vado come Comune, dovrei fare un progetto di tipo diverso, se dico di voler portare i turisti stranieri e quindi lo presento al Ministero del turismo, devo farlo come Comune, ma come Comune non ho le risorse, quindi mi sono avvalsa di una società che mi porta i privati.
Se dunque provo a portare a Miami il Rinascimento italiano, il Museo di Leonardo da Vinci, incontro difficoltà burocratiche di ogni tipo e costi di trasporto molto elevati, anche se in quel contesto vorrei promuovere non solo l'arte, ma anche il made in Italy attraverso i marchi più importanti, ad esempio il design.
Da questo punto di vista sarebbe auspicabile una sinergia fra i Ministeri, per cui chi porta l'arte italiana all'estero debba avere porte aperte, non dipendere da mille pezzi di carta da far timbrare e affrontare costi molto elevati. È vero che non abbiamo più una compagnia di bandiera,


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ma la compagnia privata che lavora per l' Italia potrebbe siglare un accordo con il Ministero degli esteri e il Ministero dei Beni culturali per agevolare chi, portando i quadri italiani fuori dal Paese, realizza il servizio di promuovere l'Italia, perché la compagnia si chiama ancora Alitalia e quindi contiene nel marchio il nome del Paese.
Ho incontrato una serie di enormi difficoltà, che potrebbero essere superate attraverso una sinergia, per cui occorre un cervello pensante che indichi come risolvere queste problematiche mettendosi in una rete sinergica. Con un piccolo Comune sto infatti cercando di portare all'estero la cultura e il prodotto Italia, tanto che faremo un'inaugurazione in grande stile e il sindaco di Miami coinvolgerà tutte le autorità e le banche perché vuole presentare l'evento con grande solennità, trattandosi appunto dell'Italia.
Ho trovato collaborazione da parte dei privati, ma anche grandissimi ostacoli e difficoltà perché i privati che collaborano con me non hanno agevolazioni di nessun tipo, nemmeno per portare i loro prodotti a Miami, a causa di una serie di impedimenti burocratici che bloccano tutto. Semplificare tutto questo permetterebbe di far fare una splendida figura all'Italia.
L'Unione Europea finanzia i gemellaggi con i Paesi europei, ma, se io voglio andare fuori dall'Europa, non posso prendere neanche un centesimo di finanziamento, anche se il mio obiettivo è quello di far conoscere l'Italia, che è uno dei Paesi dell'Unione europea.

GIOVANNI BATTISTA BACHELET. Sarò fulmineo. Ringrazio il Ministro per tutte le cose che ha detto ma, in particolare, per la sua idea di considerare i nostri più giovani ricercatori all'estero come nostri ambasciatori e che danno lustro all'Italia:, perché questa è la mia esperienza con i miei studenti, e anche la mia stessa esperienza.
È un'idea giusta, anche perché ciò sfata la leggenda di un'università italiana che non prepara i nostri studenti e dimostra, invece, che qualcuno all'estero c'è che li «compra». Sarebbe bello se il Ministero riuscisse a promuovere (non so se attraverso quali strumenti, se esistenti o da creare) quel che manca, cioè il contro flusso: da noi non vengono gli studenti olandesi, francesi, tedeschi. Occorrerebbe qualcosa come la US-Italy Fulbright Commission negli Stati Uniti, che riesca a potenziare questo aspetto attraverso l'Erasmus o altri strumenti.
Questo ci aiuterebbe: l'Italia è bella e, con opportuni incentivi, molti studenti e ricercatrici verrebbero volentieri; ma attualmente il nostro Paese è economicamente insostenibile per studenti o ricercatori provenienti da altre Nazioni. I ricercatori italiani che sono all'estero sarebbero, inoltre, ambasciatori più lieti, se si evitassero due o tre piccoli errori che ogni tanto facciamo. Uno di questi è noto al sottosegretario Pizza, che personalmente perseguito ogni anno affinché l'Italia rispetti un trattato che ha firmato impegnandosi a pagare una certa quota al sincrotrone di Grenoble, l'European Synchrotron Radiation Facility (ESRF), che tra l'altro ha per la prima volta un direttore italiano; il quale si vergogna e mi chiede spesso come mai l'Italia non rispetti gli impegni finanziari assunti. Altro esempio concerne l'European X-Ray Free Electron Laser Project XFEL: il sottosegretario Pizza il 30 novembre 2009 ha firmato un accordo con cui l'Italia contribuisce in-kind, cioè con tutti pezzi di acceleratori fatti da noi in Italia, per 33 milioni di euro; ma poi il tutto è scomparso in un buco nero. A un certo punto 5 milioni di questi sono stati distratti verso un'altra destinazione (che lei ha, oggi, menzionato): il Polo di Trieste, in cui c'è, tra l'altro, un altro FEL; che però non è quello europeo! I nostri partner europei sono un po' arrabbiati perché hanno dovuto garantire il nostro possibile default e non ci guardano tanto bene.
Con qualche accorgimento di maggior rispetto degli accordi presi, quindi, i nostri «ambasciatori»potrebbero andare a testa alta, più di oggi. Grazie.


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EUGENIO MAZZARELLA. La ringrazio, signor ministro, del quadro che ci ha fatto e delle intenzioni. Il problema di tradurre le intenzioni in azioni concrete riguarda non solo lei, ma la politica italiana da molti anni.
Vorrei fare tre osservazioni. Come emerso anche dall'intervento dell'onorevole Centemero per quanto riguarda l'insegnamento della lingua italiana all'estero, vorrei chiederle se al di là del dato quantitativo, viste anche le ristrettezze di bilancio, non ci sia la necessità di ripensare o pensare un'ottimizzazione delle risorse appostate, interrogandosi spassionatamente sulla qualità della rete dei dirigenti scolastici che abbiamo nel mondo e anche sulla qualità della docenza e della loro selezione.
Vorrei sapere se rispetto a contesti che sono velocemente mutati e non sono affatto omologhi alla scuola italiana non sia necessario ad esempio trovare in loco un manager didattico che possa costare molto meno, sappia dove mettere le mani per promuovere l'insegnamento della lingua italiana, e alla cui efficacia didattica potrebbe anche giovare un accordo con il sistema universitario italiano.
Non si capisce perché stage o lettorati presso scuole o atenei non possano essere concordati con laureati o dottori di ricerca nelle materie culturali e linguistiche del Paese di accoglienza, in modo che si perfezioni all'estero una nostra unità didattica di ricerca, che dia un contributo aggiornato nelle scuole, anche in sinergia con gli Istituti italiani di cultura.
Riprendo la citazione dell'Istituto spagnolo Cervantes che peraltro è anche a Napoli e della cui efficienza ero rimasto colpito, per constatare come sia sufficiente guardare le facciate dell'Istituto italiano di cultura a New York e quella del Cervantes per capire la situazione. Poiché quella mi sembra una pratica che funziona, dovremmo essere importatori di buone pratiche.
Un ultimo punto: l'internazionalizzazione dell'università italiana, tema che mi sta molto a cuore, in uscita e in ingresso, fattispecie diverse che però abbisognano di risorse. Probabilmente abbisogna di meno risorse l'internazionalizzazione verso l'esterno, potenziando l'Erasmus e facendolo diventare una realtà per chiunque voglia andare a studiare all'estero.
L'internazionalizzazione in ingresso ha bisogno di strutture di accoglienza, non solo per gli studenti, ma anche per i docenti e i ricercatori che vogliano recarsi in Italia. C'è però un punto fondamentale: mentre la struttura di accoglienza nel nostro Paese per un filosofo può essere rappresentata da una stanza, un bed and breakfast in cui venga ospitato e lavori in una biblioteca per sei mesi, per un ricercatore sulle materie dure significa entrare in laboratori dove, se vince un progetto di ricerca, ci sono alcuni milioni di euro da spendere.
A parità di stipendio, un ricercatore sulle scienze dure ha bisogno di materiali e non solo del proprio cervello, della materia grigia che è l'unica cosa che abbonda in giro per il mondo.

PRESIDENTE. Mi dispiace non poter dare la parola ad altri colleghi che l'avevano chiesta, ma deve intervenire la presidente Aprea. Ricordo che il Ministro risponderà per iscritto, perché alle 16 abbiamo l'Aula con immediate votazioni.

VALENTINA APREA, Presidente della VII Commissione. Grazie presidente. Questa audizione era molto attesa, come lei ha potuto anche verificare, ministro, dai numerosi interventi numerosi dei membri della Commissione Cultura. La ringraziamo per il quadro esauriente e soddisfacente che ci ha consegnato.
Voglio cogliere quest'occasione per ringraziarla soprattutto per il lavoro di promozione che lei svolge quotidianamente per l'immagine dell'Italia, del made in Italy. Oggi ci ha consegnato una testimonianza di questo lavoro, ma conosco anche un documentario sulle eccellenze che lei ha curato e che, se fosse possibile, gradirei venisse distribuito alle Commissioni Cultura e Affari esteri. Vi garantisco che è un documentario eccezionale sulle nostre eccellenze e può essere utile anche a noi nel


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quotidiano lavoro politico, parlamentare, istituzionale.
Il tempo è veramente breve, ma vorrei riprendere le considerazioni dell'onorevole Narducci sulle riforme. Questa indagine vuole essere propedeutica a un intervento di riforma che studieremo con il Governo e forse può servire all'azione del Ministro Frattini, ma voglio spendere il minuto che mi resta per due proposte che possiamo fare hic et nunc e che affidiamo a lei.
Gli onorevoli Centemero, Mazzarella e altri hanno ricordato il problema della lingua italiana inteso come diffusione anche al di là delle comunità italiane all'estero. Anche in passato, quando ero al Governo, ho tentato invano - mi auguro che possa farlo lei con il Ministro Gelmini - di realizzare un sistema di certificazione linguistica per le competenze nella lingua italiana, come esiste in Spagna, Germania, Francia.
La Società Dante Alighieri opera bene, ma solo poche università come l'Università per stranieri di Siena e qualche altro istituto fanno questo discorso della certificazione della competenza. Abbiamo bisogno di promuovere un modello di certificazione (ne abbiamo addirittura quattro) nazionale per attrarre studenti, giovani, cittadini del mondo verso la competenza linguistica italiana. È necessaria quindi una certificazione ufficiale da rilanciare anche con un logo moderno, pur essendo affezionati alla Dante Alighieri.
Seconda questione. Anche se è stato accennato per altri versi dall'onorevole Mazzarella, mi interessa ricordare che, se l'obiettivo è quello della diffusione della cultura e della lingua italiana, abbiamo bisogno di docenti di lingua italiana che possano formarsi all'estero, nelle università straniere. Sarebbero quindi necessari accordi e raccordi con gli enti gestori, con le università straniere, perché non sono più sufficienti i docenti che mettiamo a disposizione dall'Italia, come ricordava il presidente Narducci, metodo ormai limitato e assolutamente insufficiente.
È necessario un meccanismo che ci consenta di entrare nei tessuti connettivi dei sistemi formativi delle altre culture, per avere docenti di lingua e cultura italiana, che, pur non essendo di madrelingua italiana, possano diffondere la nostra cultura, come avviene ormai in tutto il mondo per la lingua inglese, la lingua francese e la lingua tedesca.
Credo che siamo maturi, perché il lavoro svolto in questi anni dai nostri Governi, ma da questo Governo in particolare, merita più attenzione anche rispetto ai centri culturali internazionali. Grazie, auguri.

PRESIDENTE. Nel ringraziare il Ministro degli Esteri, Franco Frattini, e il presidente Aprea, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16.

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