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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissioni Riunite
(III e VII)
8.
Martedì 18 dicembre 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Narducci Franco, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PROMOZIONE DELLA CULTURA E DELLA LINGUA ITALIANA ALL'ESTERO

Audizione di rappresentanti dell'Istituto Cervantes e di esperti del settore:

Narducci Franco, Presidente ... 2 5 8 10 11 13
Colombo Furio (PD) ... 11
De Santos Borreguero Maria Teresa, Responsabile didattica dell'Istituto Cervantes di Roma ... 11
Ghizzoni Manuela, Presidente della VII Commissione ... 10
Maraschio Nicoletta, Presidente dell'Accademia della Crusca e docente di Storia della lingua italiana presso l'Università di Firenze ... 2
Lopez-Ros Sergio Rodriguez, Direttore dell'Istituto Cervantes di Roma ... 5 11
Trifone Pietro, Docente di storia della lingua italiana presso l'Università di Roma Tor Vergata ... 8
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Intesa Popolare): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Autonomia Sud - Lega Sud Ausonia - Popoli Sovrani d'Europa: Misto-ASud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Italia Libera-Liberali per l'Italia-Partito Liberale Italiano: Misto-IL-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL; Misto-Diritti e Libertà: Misto-DL.

COMMISSIONI RIUNITE
III (AFFARI ESTERI E COMUNITARI) E VII (CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE)

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 18 dicembre 2012


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DELLA III COMMISSIONE FRANCO NARDUCCI

La seduta comincia alle 9,35.

(Le Commissioni approvano il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Istituto Cervantes e di esperti del settore.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla promozione della cultura e della lingua italiana all'estero, l'audizione di rappresentanti di rappresentanti dell'Istituto Cervantes e di esperti del settore.
Saluto e ringrazio per la loro presenza la professoressa Nicoletta Maraschio, presidente dell'Accademia della Crusca e docente di Storia della lingua italiana presso l'Università di Firenze; il professor Sergio Rodriguez Lopez-Ros, direttore dell'Istituto Cervantes, che è accompagnato dal dottor Raul Alonso e dalla dottoressa Maria Teresa de Santos Borreguero; il professor Pietro Trifone, docente di Storia della lingua italiana nel Dipartimento di studi filologici, linguistici e letterari dell'Università degli Studi di Roma Tor Vergata.
Do quindi la parola alla professoressa Maraschio perché svolga la sua relazione, cogliendo l'occasione per ringraziarla perché, soltanto qualche settimana fa, ha moderato il seminario dedicato alla promozione lingua e alla cultura italiana nel mondo che si è svolto nell'ambito dell'Assemblea plenaria del Consiglio generale degli italiani all'estero.

NICOLETTA MARASCHIO, Presidente dell'Accademia della Crusca e docente di storia della lingua italiana presso l'Università di Firenze. Grazie. Tutelare e valorizzare la lingua italiana in Italia e all'estero credo che non siano obiettivi distinti, ma fortemente interconnessi. Al di là delle ovvie differenze, esistono molte analogie: la globalizzazione, il multilinguismo, il multiculturalismo costituiscono il comune quadro di riferimento. Inoltre, basti pensare alla mobilità delle persone.
Ogni intervento che riguarda la ricerca, la formazione e la promozione e sensibilizzazione della lingua italiana si inserisce in questo quadro. Tutti gli indicatori - penso in particolare a quelli europei - mostrano che il bisogno di lingua è in costante crescita nel mondo, nonostante il dominio dell'inglese come super-lingua della comunicazione internazionale. È significativo che negli Stati Uniti, secondo un recente rapporto della Modern Language Association, dal 2002 al 2006 ci sia un aumento del 12,9 per cento, e dal 2006 al 2009 del 6,6 per cento, di lingue diverse dall'inglese.
Il bilinguismo e trilinguismo sono sempre più percepiti come valori, come opportunità di conoscenza e anche di lavoro. Rispetto alla poca rilevanza quantitativa


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della nostra lingua colpisce la sua tenuta nel mondo. L'italiano, come sappiamo, non è lingua coloniale e, stando ai dati recenti del libro di Giovanardi-Trifone (di cui penso parlerà lo stesso professor Trifone), l'italiano mantiene la quarta-quinta posizione tra le lingue di insegnamento.
Ci sono delle motivazioni diverse che già sono state messe in rilievo nel 2000 da De Mauro e dai suoi collaboratori. Cito ad esempio l'attrattività culturale; la lingua - e questo credo che sia un motivo fondamentale - è generatore di attrazione e partecipazione verso una cultura, strumento di identificazione e interpretazione di una cultura nel suo insieme. I valori positivi della nostra cultura riguardano non solo la nostra tradizione del passato ma anche il presente.
Altri motivi sono l'amore verso la lingua dei padri, grazie alla presenza consistente di milioni di italiani nel mondo, e l'opportunità di lavoro che riguarda soprattutto l'area del Mediterraneo o dell'Est europeo.
Sappiamo che la concorrenza di altre lingue è forte, soprattutto perché, come è apparso nel recente seminario a cui il presidente faceva prima riferimento, organizzato dal Ministero degli affari esteri, per le altre lingue - sono state fatte in quella sede delle relazioni per il francese, il tedesco e lo spagnolo - c'è un investimento di risorse molto superiore rispetto al nostro e c'è una capacità organizzativa e meno frammentazione rispetto a quello che caratterizza il nostro Paese.
Naturalmente tutti sappiamo di quanto i cinesi stanno investendo per la promozione della loro lingua e cultura nel mondo. Questa promozione, che si sviluppa per tutte le lingue, ovviamente su piani diversi e secondo una geometria e geografia che potremmo dire variabili, comporta l'insegnamento delle lingue secondo strumenti didattici aggiornati e la conoscenza della loro storia e del loro movimento attuale. Per questo anche in Italia disponiamo, per fortuna, di molte banche dati che riguardano sia il passato che il presente, che permettono di entrare in un rapporto diretto con la nostra storia linguistica. Qui devo segnalare, però, che rispetto ad altre lingue europee - penso al tedesco, al francese, allo spagnolo - per l'Italia manca assolutamente un corpus di riferimento abbastanza ampio dell'italiano contemporaneo. Tutte le altre lingue si sono preoccupate di mettere insieme le varie fonti che hanno costituito la formazione della loro lingua novecentesca, e che quindi permettono un monitoraggio costante della loro lingua, ma per l'Italia questo non è stato fatto.
Parlando di promozione su diversi piani, cito, oltre l'insegnamento, la ricerca, la formazione nell'ambito dell'italianistica nei diversi settori. Parlo di formazione non solo di insegnanti - voglio sottolineare questo punto - ma anche di tutor capaci di progettare tecnologie didattiche applicate.
Occorre rilevare una prima forte criticità per quanto riguarda l'italiano. In questi anni si sono formate competenze alte: penso alle Università di Siena, Perugia, Venezia, ai diversi master che sono nati in tutt'Italia, ai corsi di perfezionamento per l'insegnamento dell'italiano come L2. È anche maturata una riflessione molto più articolata intorno alla nostra lingua, sulla grammatica, la storia, la sociolinguistica, con risvolti applicativi. Ma qual è la ricaduta di tutto questo? La dispersione, la perdita di tante energie, di tante competenze e di tante esperienze dei nostri giovani è un danno grave. Il problema di un insegnamento di qualità dell'italiano, a vari livelli, esiste ed è spesso denunciato dai vari osservatori internazionali.
Devo dire una cosa forse anche più importante: possiamo imparare molto da chi lavora all'estero, dai tanti colleghi che si sono impegnati a far conoscere la nostra lingua nel mondo. Penso alla Russia, dove sono stata recentemente e ho visto un lavoro ottimo sul lessico, la semantica, le espressioni idiomatiche dell'italiano. Penso al Canada, dove la presenza di una comunità di oltre 400 mila


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canadesi italofoni (naturalmente bilingui e trilingui) è da stimolo per elaborare modelli di promozione della nostra lingua che possono essere esportati, naturalmente con i diversi adattamenti, non solo in altri Paesi nel mondo, ma in Italia. La realtà italiana ora è quella di classi con bambini che parlano diverse lingue, quindi una situazione di multilinguismo come quella canadese ci può insegnare molto.
Ecco, allora, l'esigenza di scambi sistematici, prima di tutto informativi, ma anche una fortissima esigenza di coordinamento fra esperienze e soggetti diversi. Credo che questa sia un'esigenza oggi assolutamente ineludibile. Il coordinamento e la razionalizzazione dell'esistente, tuttavia, non sono ovviamente sufficienti. Noi non possiamo vivere di rendita; non possiamo basarci ancora una volta soltanto sugli sforzi delle nostre comunità emigrate. È stato tagliato oltre il 60 per cento delle risorse e non possiamo semplicemente continuare a fidarci dell'attrattività della nostra lingua e della nostra tradizione culturale.
Occorrono, sì, coordinamento e razionalizzazione, ma anche investimento di risorse, secondo una politica unitaria, come ho cercato di dire all'inizio, che superi la frammentazione che ci ha tanto danneggiato.
Come fare? Prima di tutto è fondamentale conoscere meglio - intendo in modo sistematico - la diffusione della nostra lingua nel mondo e quello che si sta facendo da parte di tanti soggetti. Come dicevo prima, è stato pubblicato un libro di Giovanardi-Trifone e ne era stato pubblicato un altro di De Mauro e della sua scuola, ma non abbiamo un quadro completo e sistematico.
Si sanno le cose per conoscenze dirette. Sono stata recentemente in Russia e il direttore dell'istituto di cultura italiana a Mosca mi ha scritto, riferendomi - lo voglio citare - di essere stato in Siberia, nel profondo della Siberia, e di avere incontrato una professoressa che aveva introdotto per sua iniziativa l'insegnamento dell'italiano nei programmi dei suoi ragazzi, in un quartiere non certo solare e dove non so bene come suonasse la parola «internazionalizzazione». Alla mia domanda sul perché avesse fatto una cosa simile ha risposto che, visto che quei ragazzini non avevano grandi prospettive di poter mai usare l'italiano, desiderava che quei ragazzi avessero l'idea di un panorama più alto. Quindi, vi è una motivazione largamente culturale, ma ci sono altre motivazioni. Recentemente in Libia è stato riaperto un dipartimento di lingua e letteratura italiana, dopo la caduta di Gheddafi, e noi sappiamo bene come sia importante diffondere e valorizzare la nostra lingua in quest'area, dove d'altro canto è già abbastanza conosciuta attraverso l'azione della radio e della televisione.
Un collega mi ha scritto spaventato del fatto che all'Australia possa succedere quello che è successo negli Stati Uniti, cioè che le nostre comunità perdano la loro lingua a favore naturalmente dell'inglese. Per impedire questo bisogna muoversi, bisogna avviare iniziative di diverso tipo che vanno verso un insegnamento di qualità, verso la creazione di situazioni di uso esclusivo dell'italiano e verso lo stimolo alle famiglie perché non abbiano paura di parlare l'italiano al loro interno. Il bilinguismo e il trilinguismo non danneggiano ma sono un valore.
Prima di tutto, dunque, è importante conoscere. In secondo luogo, è necessario valorizzare, a cominciare dagli istituti italiani di cultura, che non devono essere «tagliati», poiché sappiamo bene che possono svolgere un'azione di coordinamento almeno nella loro area.
Inoltre, si deve valorizzare il lavoro delle università, degli istituti e degli enti italiani che sono fortemente impegnati nella valorizzazione della lingua italiana. Permettetemi soltanto di dire che l'Accademia della Crusca è molto impegnata in questo ambito: sensibilizzazione, piazza delle lingue, settimana della lingua italiana nel mondo, strumenti di intercomprensione fra le lingue romanze, politica europea. Naturalmente ci sono le università di Perugia, Siena, Venezia che lavorano


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fortemente in questo campo. I lettorati all'estero, inoltre, non possono essere tagliati, ma devono essere aumentati.
Infine, un supporto alla produzione editoriale italiana, sia cartacea sia on line, è fondamentale perché tramite un collegamento ai nostri siti, anche attraverso le università on line, possiamo aiutare la valorizzazione e la promozione della nostra lingua nel mondo. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie a lei, professoressa Maraschio, per il suo intervento.
Do ora la parola al professor Rodriguez Lopez-Ros perché svolga la sua relazione.

SERGIO RODRIGUEZ LOPEZ-ROS, Direttore dell'Istituto Cervantes di Roma. Grazie. Onorevoli, buongiorno.
Anche se la mia lingua è quella di Cervantes, farò la cortesia di parlare in quella di Dante, sperando di farlo al meglio.
Nel mio breve intervento vorrei ringraziare la Camera dei deputati, nella figura del suo Presidente e di tutti voi, per il vostro interesse nei confronti della lingua spagnola, della cultura della Spagna e del patrimonio linguistico e culturale comune a tutti i Paesi ispano-americani, così come per la particolare attenzione dedicata all'Istituto Cervantes, la cui sede romana ho l'onore di dirigere.
La Spagna trova nella lingua spagnola uno dei suoi principali valori di promozione all'estero. Come credo sia noto a tutti, oggi gli ispanofoni sono più di 500 milioni al mondo, di cui solo 40 milioni sono cittadini spagnoli. Geograficamente sono distribuiti per la maggior parte in Europa, America centrale e Sudamerica. Vale la pena, inoltre, sottolineare l'imminente avvio dell'Osservatorio della lingua spagnola negli Stati Uniti, dove lo spagnolo registra una crescita esponenziale.
Questi dati posizionano la nostra lingua al terzo posto tra le lingue più parlate al mondo, dopo il cinese e l'inglese, la seconda lingua più studiata come seconda lingua dopo l'inglese, la seconda lingua in ambito economico dopo l'inglese. Solo in Italia è stata scelta da 10.525 alunni di scuola elementare e 449.522 alunni di scuola secondaria. Ciò grazie innegabilmente ai rapporti storici, alla prossimità geografica, all'affinità culturale e ai vincoli economici. Lo spagnolo è la quarta lingua straniera più studiata nei licei italiani, secondo i dati del 2007, mentre è al terzo posto nella scuola media, dove il numero di studenti è raddoppiato tra il 2004 e il 2007. Il 41 per cento degli alunni si concentra nelle zone di Roma e di Milano.
L'Istituto Cervantes, creato nel 1991, è un organismo ufficiale spagnolo affidato al Ministero degli affari esteri con il rango di Segreteria di Stato, sebbene per adempiere alle sue mansioni si coordina con il Ministero dell'educazione, cultura e sport.
Le sedi dell'Istituto Cervantes sono di tre tipi: i centri, cioè presenza didattica e culturale con sede propria; le aule, cioè sedi più piccole normalmente ospitate da un'università, con un insegnante quale referente; le estensioni, cioè le sedi di piccole dimensioni che dipendono da un centro ma che si trovano in un'altra località.
La nostra istituzione conta, inoltre, un sistema di accreditamento di centri didattici e specializzati in lingue straniere che ha consentito a più di 150 centri che offrono corsi di spagnolo in tutto il mondo di ottenere l'accreditamento. Quel riconoscimento garantisce l'adempimento di requisiti e condizioni indicatori di attività da parte dei centri accreditati e si rende visibile grazie a un certificato che richiede la firma di un contratto di accreditamento.
Per adempiere le sue mansioni l'Istituto Cervantes conta su un comitato presieduto da Sua Maestà, come capo di Stato, e formato dal Presidente del Governo quale Presidente esecutivo e da una serie di vocali nominati tra rappresentanti di spicco delle lettere e della cultura spagnola e ispano-americana, delle accademie reali, delle università e di altre istituzioni sociali, come dagli scrittori vincitori del premio Cervantes.


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In un secondo livello, più operativo, si trova il consiglio di amministrazione che approva i piani strategici dell'Istituto. Esso è composto dai rappresentanti di tre ministeri (affari esteri e cooperazione, istruzione, cultura e sport, finanze) così come da alcuni membri del comitato.
La gestione quotidiana all'Istituto Cervantes è svolta da un direttore con la qualifica di segretario di Stato e da un segretario generale con la qualifica di sottosegretario, i quali contano sulla collaborazione e consulenza di sei direttori di area. Le più significative sono la direzione amministrativa, quella accademica e quella culturale. A livello locale ogni centro ha un direttore assimilato al direttore generale e con statuto diplomatico, i cui principali collaboratori sono un responsabile amministrativo, uno didattico, uno culturale e infine uno per la biblioteca.
Le denominazioni possono variare da un Paese all'altro, ma le mansioni sono sempre le stesse. I direttori dei centri sono autonomi e rendono conto solamente al segretario generale, mentre i responsabili locali fanno altrettanto con i direttori della loro area nella sede centrale.
Per adempiere ai suoi fini l'Istituto Cervantes conta, nel 2012, su un budget pari a 97 milioni di euro proveniente per l'83 per cento da stanziamenti statali e per il 17 per cento dall'attività dei centri.
La nostra istituzione offre al mondo imprenditoriale l'opportunità di supportare le proprie attività tramite un programma di patrocinio e sponsorizzazioni a cui collaborano già 2.333 enti, che consente di compensare il necessario decremento dei contributi statali a causa dell'attuale crisi economica. Per questo motivo l'avvio del circolo degli amici dell'Istituto Cervantes rappresenta una scommessa per il futuro.
L'organico dell'istituzione è attualmente composto da 1.144 persone, di cui 882 lavorano nelle sedi all'estero. Tranne i dirigenti, nominati dal Governo tra esperti del mondo universitario e culturale, la selezione dei lavoratori avviene tramite concorso pubblico e vengono assunti come impiegati statali a tempo indeterminato.
Lo staff viene integrato da collaboratori assunti a progetto a regime locale.
Il primo ambito di lavoro dell'Istituto Cervantes è quello accademico. Nell'anno accademico scorso le attività didattiche sono state frequentate da 133 mila studenti nei 15.109 corsi di spagnolo offerti, maggioritariamente corsi generici, e anche 3.818 corsi speciali (spagnolo di business, spagnolo giuridico eccetera). A questi si devono aggiungere 948 corsi di formazione per professori, frequentati da 18.408 docenti, così come i 90 mila studenti che hanno seguito i corsi virtuali di spagnolo offerti dalla piattaforma on line (AVE: Aula virtual de Español).
Il numero degli studenti in totale ammonta a 243.085 unità.
Una parte importante dell'attività accademica è quella della certificazione di livello di conoscenza dello spagnolo, grazie al diploma DELE, cioè diploma di spagnolo come lingua straniera. Nell'anno accademico scorso ne sono stati rilasciati 65 mila, grazie allo sforzo di 700 centri di esame presenti in 110 Paesi.
Il secondo ambito di lavoro è quello culturale. L'attività dell'Istituto Cervantes si basa sull'organizzazione di mostre, concerti musicali, proiezioni cinematografiche e conferenze di ogni genere. Vengono organizzati anche convegni per specialisti o incontri per un pubblico generale, che spaziano dalla degustazione di vini al restauro della carta.
Merita inoltre attenzione la partecipazione a fiere internazionali, che nell'anno scorso accademico ammonta a quasi 100 presenze.
La nostra istituzione - vorrei sottolinearlo - è la prima distributrice di cinema in spagnolo, dal momento che solo nel 2012 ha organizzato più di 3.000 proiezioni cinematografiche. Uno degli strumenti fondamentali è costituito dal settore editoriale in spagnolo, per mostre al mondo le nuove produzioni, grazie alla presentazione di libri di autori spagnoli e ispano-americani tradotti in altre lingue.


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Come potete vedere, oltre la sua funzione strettamente culturale, l'Istituto Cervantes è il principale alleato dell'industria culturale spagnola per la sua diffusione all'estero.
In ogni centro c'è una biblioteca il cui compito è quello di supportare l'attività accademica e culturale, e che appartiene a una rete di 61 biblioteche dotate di un fondo complessivo di 1.245.000 volumi, il cui catalogo è consultabile on line. In molte occasioni, è collegato alle principali reti nazionali di biblioteche pubbliche, private e universitarie.
La biblioteca normalmente è depositaria del fondo dell'Associazione di ispanisti; un ambito di lavoro preferenziale è quello di supportare gli ispanisti all'estero, le cui attività sono supportate dall'Istituto Cervantes poiché è uno dei suoi compiti fondamentali.
Pur rischiando di annoiare i presenti, vorrei fornire alcuni dati sull'Istituto Cervantes in Italia che ho l'onore di coordinare. L'Istituto Cervantes è presente in Italia dal 1992, anno in cui il Ministro della cultura spagnolo inaugurò la sede di Roma in via di Villa Albani, che conta anche su una sala polifunzionale a piazza Navona. In seguito furono inaugurate le sedi di Milano e quella di Napoli, e diversi anni dopo quella di Palermo. Benché dipendenti dalla sede centrale di Madrid, le quattro sedi sono ascritte all'Ambasciata di Spagna in Italia e agiscono sotto la supervisione dell'ambasciatore, quale capo missione e rappresentante dello Stato.
Le sedi mantengono una stretta collaborazione con le ambasciate ispano-americane e, in Italia, con l'Istituto italo-latinoamericano.
Durante l'ultimo anno accademico concluso abbiamo registrato un totale di 6.180 iscrizioni ai corsi offerti dall'Istituto Cervantes a Roma, Milano, Napoli e Palermo, impartiti da 121 docenti.
Per quanto riguarda la piattaforma di insegnamento di spagnolo virtuale (AVE), le quattro sedi dell'Istituto Cervantes in Italia condividono una rete di insegnamento on line e hanno fornito password di accesso a 2.500 alunni.
Nel contempo, tra le quattro sedi sono stati rilasciati 17 mila certificati ufficiali di diploma di spagnolo come lingua straniera, vale a dire l'11 per cento in più rispetto all'anno precedente. Ci auguriamo un'ulteriore crescita di questi diplomi grazie al riconoscimento ufficiale attraverso il decreto ministeriale del 17 marzo 2012 del MIUR.
Per concludere questo capitolo di indicatori di attività, vorrei sottolineare che attualmente ci sono 90 centri di esami operativi in Italia per questo certificato.
Per quanto riguarda l'attività culturale, vorrei fare presente che in questo ultimo anno accademico più di 72 mila persone hanno assistito alle 337 attività organizzative dell'Istituto Cervantes nelle sue quattro sedi italiane. Si sono svolti 29 concerti, 42 conferenze, 17 mostre, 21 rappresentazioni teatrali e 140 proiezioni cinematografiche, oltre all'organizzazione di tre convegni.
Tra le ultime convenzioni, vorrei nominare gli accordi sottoscritti con il Teatro dell'Opera e l'Accademia nazionale di Santa Cecilia.
Non vorrei dimenticare, per finire, il ruolo dell'Istituto Cervantes nella diffusione in Italia delle tre lingue co-ufficiali in Spagna: catalano, basco e galego. Il catalano è stato anche riconosciuto dallo Stato italiano nell'articolo 2 della legge n. 482 del 15 dicembre 1999 sulla tutela delle minoranze linguistiche, in riferimento ai parlanti catalano ad Alghero.
Corsi di lingua per i piccoli gruppi così come alcune attività culturali fanno dell'Istituto Cervantes uno strumento privilegiato per promuovere la conoscenza e l'uso di questo grande patrimonio culturale della Spagna.
Per concludere, vorrei sottolineare che in un sondaggio effettuato nel 2011 l'Istituto Cervantes è risultato l'istituzione pubblica più apprezzata dai cittadini spagnoli.


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PRESIDENTE. Grazie. Do ora la parola al professor Trifone perché svolga la sua relazione.

PIETRO TRIFONE, Docente di Storia della lingua italiana presso l'Università di Roma Tor Vergata. Grazie, presidente, e buongiorno a tutti.
Io sono autore, insieme con il collega Giovanardi, di una indagine sulla diffusione dell'italiano nel mondo. L'indagine, che si è svolta nel 2010 e si è conclusa nel 2011, ci è stata commissionata dal Ministero degli esteri e si rivolge a un campione naturalmente significativo e anche prestigioso della nostra offerta didattica di italiano nel mondo, ossia gli istituti italiani di cultura e i lettorati di italiano.
Si tratta naturalmente di un campione, però può essere indicativo, anche se con grosse lacune, in quanto mancano tutti gli insegnamenti di italiano tenuti dalla rete dei comitati della società Dante Alighieri e manca anche - e forse soprattutto - la parte relativa all'insegnamento dell'italiano nelle scuole elementari, ma soprattutto nelle scuole medie e medie superiori dei vari Paesi.
Quest'ultimo dato, naturalmente, è molto importante. Abbiamo sentito poco fa una relazione riguardante lo spagnolo in cui ci è stato detto che in Italia ci sono 500.000 persone che nelle nostre scuole superiori studiano lo spagnolo. Si tratta di numeri molto più grandi di quelli che io riferirò, tuttavia un'indagine conoscitiva in questa direzione anche per l'italiano - mi riferisco alla possibilità di progettare ulteriori indagini - sarebbe molto utile.
Noi sappiamo, ad esempio, che in Germania l'italiano è una lingua amata e infatti risulta studiata da diverse decine di migliaia di studenti nelle scuole tedesche. Sarebbe opportuna, quindi, un'indagine ampia, su questo settore, sul quale pure si possono fare interventi, eventualmente anche di cooperazione tra i ministeri.
La nostra indagine ha riguardato 90 Istituti italiani di cultura e 260 lettorati di italiano nelle università straniere. Hanno risposto al nostro questionario tutti gli Istituti italiani di cultura - si è trattato di una risposta molto ampia e questo è un fatto sicuramente positivo - e ben 200 lettori.
L'analogo questionario che era stato presentato e poi analizzato da De Mauro e dai suoi collaboratori dieci anni prima, nel 2000, ci è servito come utilissimo termine di raffronto per capire come va l'italiano nel mondo.
Devo dire che quando siamo partiti con questa inchiesta c'era intorno a noi un clima di un certo scetticismo sulla situazione dell'insegnamento e dello studio della lingua italiana nel mondo. Tuttavia, molti si sono dovuti ricredere, almeno in questo ambito. Tutto sommato, si registra una grossa crescita dei corsi di italiano per stranieri, in questi dieci anni, negli Istituti italiani di cultura, e credo che questo sia legato anche a un impegno molto forte da parte dei direttori degli Istituti stessi in questo periodo. Lo sottolineo, perché abbiamo addirittura un aumento del 100 per cento, vale a dire che sono raddoppiati i corsi di italiano tenuti dagli stessi Istituti italiani di cultura. Dobbiamo considerare che questa non è l'attività fondamentale di questi Istituti; tuttavia, abbiamo avuto un raddoppiamento dei corsi che dai 3.500 di partenza sono diventati, nel 2010, 7.000. Anche gli studenti ovviamente sono aumentati in termini pressoché proporzionali.
Anche i lettorati hanno svolto un'attività notevole, ma noi non abbiamo, attraverso gli stessi, un quadro completo della situazione dell'insegnamento universitario, perché i lettori non sono molti, in quanto non tutte le università hanno lettori di italiano inviati dal ministero. I dati che abbiamo, che sono dunque molto parziali, ci parlano comunque di 50.000 studenti di italiano soltanto nei corsi tenuti dai 200 lettori che sono stati inviati dall'Italia nel 2010.
Gli studenti negli Istituti italiani di cultura sono 70.000 rispetto ai 35.000 che registravamo nel 2000.


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Dunque, vi è stato un aumento e sembra che la posizione dell'italiano nel quadro del «mercato delle lingue» sostanzialmente tenga. L'italiano risulta ancora la quinta lingua più studiata nel mondo e ancora sopravanza - non so fino a quando, ma per il momento è ancora così - il cinese, cioè la lingua in più forte ascesa in questo momento. Proprio il cinese ci impedisce di tenere, come lingua italiana, il primo posto a Sydney, dove c'è un'ampia comunità di italiani e dove noi, appunto, abbiamo il secondo posto e non il primo perché la prima posizione è occupata dal cinese. Questo successo del cinese e anche dell'italiano è agevolato dal fatto che la lingua nativa è l'inglese, che è quasi dappertutto la prima lingua studiata.
Noi abbiamo voluto approfondire, area per area, le motivazioni che inducono allo studio dell'italiano. Questo approfondimento ci era richiesto dal committente, ossia il Ministero degli affari esteri, per capire sia le ragioni sia gli eventuali interventi più utili nelle varie zone del mondo.
Abbiamo individuato, in analogia con quanto aveva fatto la precedente indagine del 2000, quattro motivazioni principali: la cultura, il lavoro, lo studio e le ragioni familiari o personali. In generale, si è avuto un rafforzamento notevole della motivazione cultura, tempo libero, interessi culturali, turismo: il 55 per cento delle persone che frequentano i corsi organizzati dagli istituti di cultura ha risposto che la prima motivazione è quella culturale.
Nel 2000 questa motivazione, pur essendo già molto forte, si attestava tuttavia al 35 per cento. Naturalmente la crescita della motivazione cultura si collega alla decrescita di altri fattori. La decrescita più importante è indubbiamente quella che riguarda il lavoro: nel 2000, sicuramente in rapporto con una congiuntura economica molto diversa rispetto all'attuale, il lavoro era presente in misura più consistente.
Un'altra caduta significativa - direi addirittura una vera e propria frana - è quella registrata dai motivi familiari. Evidentemente chi studia le lingue straniere ha altri interessi e altre esigenze, quindi è meno forte la dimensione dell'attaccamento alle radici.
Se questo è il risultato generale, esso presenta notevoli differenze attraverso un'analisi che riguardi le singole aree, quindi diventa necessario tener presente i risultati dei diversi Paesi per individuare le linee di azione più utili in ciascuna area.
Innanzitutto, la grande prevalenza del fattore cultura è legata al fatto che gli istituti italiani di cultura sono molto presenti nell'Unione europea, laddove appunto si ha una forte spinta culturale allo studio dell'italiano. Se disaggreghiamo i dati, vediamo che in altre zone è molto minore questa differenza tra le varie motivazioni. In Africa, per fare l'esempio più netto, il 75 per cento delle motivazioni riguarda il lavoro. Evidentemente, laddove esiste anche un progetto di emigrazione o una possibilità di impiego in ditte italiane che operano in loco, come appunto accade in Africa, la motivazione lavoro è molto forte.
Non è un caso, a questo proposito, che vi siano zone in cui abbiamo una forte presenza dell'italiano, zone in cui l'italiano è la seconda lingua studiata dopo l'inglese, ad esempio a Bucarest, dove c'è una forte emigrazione verso l'Italia. Questa posizione la otteniamo anche in altre zone: prima citavo il caso di Sydney, dove siamo secondi dopo il cinese, ma anche a Buenos Aires l'italiano è la seconda lingua studiata. Nell'America latina - prima dicevo dell'opportunità di valutare i dati secondo le diverse aree geografiche - rimane molto forte la motivazione motivi familiari e personali, che è la più importante. Mentre in generale abbiamo registrato un crollo, in America latina vediamo che la motivazione più importante (il 37 per cento) rimane quella dei motivi familiari e personali. La cultura e le altre motivazioni sono piuttosto delle concause per l'interesse nei confronti dell'italiano.


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Nel complesso, direi che abbiamo una sostanziale tenuta, e in qualche caso anche un avanzamento, della nostra lingua. Direi che sarebbe necessario rafforzare alcuni settori. La professoressa Maraschio ricordava l'importanza dei lettorati, e sicuramente questo è un settore importante. Da questo punto di vista, è stata davvero utile l'esperienza che hanno fatto gli Istituti italiani di cultura di rafforzare l'insegnamento dell'italiano attraverso docenti, magari anche giovani, neolaureati, con esperienze didattiche nel settore, per affiancare l'attività dei lettori, naturalmente dotati di un bagaglio maggiore di esperienze e di maturità. A mio avviso, questa è un'esperienza da rafforzare, anche per venire incontro alle difficoltà di lavoro dei nostri giovani, dei nostri laureati, soprattutto nell'ambito umanistico.

PRESIDENTE. Grazie, professore. Credo che sia importante, come lei ha detto, continuare con l'indagine soprattutto quantitativa, allargandola a questi grandi bacini.
Do la parola all'onorevole Ghizzoni, presidente della VII Commissione.

MANUELA GHIZZONI, Presidente della VII Commissione. Ringrazio i nostri ospiti per le loro suggestioni e per le loro articolate considerazioni su un tema che stiamo affrontando da tempo, congiuntamente con i colleghi, che ci stanno ospitando, della Commissione affari esteri.
Non so se la conclusione anticipata di questa legislatura ci consentirà di chiudere formalmente con la redazione di un documento conclusivo, dopo aver audito soggetti importanti, tra i quali gli istituti italiani di cultura e quelli omologhi di altri Paesi. Se non ci riuscissimo sarebbe un peccato è importante lasciare in eredità alla legislatura prossima il lavoro che abbiamo svolto.
Noi abbiamo cercato di affrontare il tema della diffusione della nostra lingua e della nostra cultura nei Paesi stranieri. È un'operazione molto complessa: non si tratta soltanto di insegnare l'uso di una lingua, ma anche di dare nozioni e cognizioni di una cultura. Lo facciamo - così credo e mi associo all'ideale di quell'insegnante in Siberia - al fine anche di estendere gli orizzonti di coloro i quali si avvicinano all'apprendimento di una lingua e di una cultura. Poi ci sono anche altre motivazioni, che ci venivano spiegate, che vanno dalla sfera affettiva a quella economica e via dicendo. Credo che questo ponga noi commissari di fronte anche ad alcune considerazioni.
Dobbiamo chiederci a quale fine portare avanti l'insegnamento di una lingua o di una cultura. È chiaro che rispondendo a questa domanda cambiano anche le modalità didattiche e anche, per esempio, la selezione del personale che deve svolgere questo lavoro. Se, per esempio, c'è la forte motivazione di trovare, attraverso lo studio della lingua, una connessione con la patria del padre o della madre, si avrà necessità di affrontare alcuni aspetti; se, invece, la motivazione è soprattutto culturale, ovviamente bisognerà affrontare anche altri strumenti di avvicinamento, che possono essere percorsi enogastronomici, letture corali e via dicendo. Avvicinarsi a una cultura è un'operazione molto complessa. Infine, la motivazione legata al business richiederà specificità, preparazione, competenze diverse.
Questo è un tema su cui abbiamo molto dibattuto. Dobbiamo chiederci perché insegnare italiano e cultura italiana all'estero, e poi arrivare anche a chi svolge questo lavoro.
Dal punto di vista tecnico, vorrei solo porre una domanda, fermo restando che leggeremo con molta attenzione non solo le note che ci lascerete, ma anche il volume a cui ha fatto riferimento il professor Trifone. L'Istituto Cervantes ha un organico - se non ho sbagliato a prendere appunti - di 1.141 unità. Come sono organizzate e quali ruoli hanno? Tra queste sono compresi anche i docenti che fanno lezione? Mi sembra di capire di no. Come selezionate i docenti che sono orientati prevalentemente a certificare le competenze di coloro i quali si rivolgono all'apprendimento della lingua spagnola?


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Quali competenze devono avere e vengono selezionati secondo i medesimi criteri? Grazie.

SERGIO RODRIGUEZ LOPEZ-ROS, Direttore dell'Istituto Cervantes di Roma. Grazie a lei per la sua domanda. Farò del mio meglio per spiegarle la prima parte, mentre per gli aspetti più concreti lascerò la parola alla direttrice accademica.
L'organico del Cervantes è costituito da 1.141 unità: quadri direttivi, direttore e segretario di Stato, sottosegretario e segretario generale, direttori di area e dipendenti di questi dipartimenti; una parte del personale è costituita da dipendenti fissi, mentre altri sono collaboratori. Le 1.141 unità a cui ci riferiamo sono lavoratori fissi impiegati nelle strutture del Cervantes.

PRESIDENTE. Tutti provenienti dalla Spagna?

MARIA TERESA DE SANTOS BORREGUERO, Responsabile didattica dell'Istituto Cervantes di Roma. Ci sono alcuni docenti «di ruolo» che provengono dai Paesi latino-americani, ma per la maggior parte tutti noi che siamo pagati dalla struttura centrale siamo spagnoli.

SERGIO RODRIGUEZ LOPEZ-ROS, Direttore dell'Istituto Cervantes di Roma. Spagnoli con contratto spagnolo, imposte spagnole, assistenza previdenziale spagnola. Qui a Roma, ad esempio, abbiamo una parte di lavoratori fissi e una parte di collaboratori. Quest'anno soltanto a Roma abbiamo 52 collaboratori, che sono sottoposti a legislazione italiana, trattamento fiscale e previdenziale italiani.

MARIA TERESA DE SANTOS BORREGUERO, Responsabile didattica dell'Istituto Cervantes di Roma. Per quanto riguarda i docenti, la nostra attività docente è molto ampia, quindi non possiamo affidarci soltanto ai docenti che hanno superato un concorso nazionale per avere un posto fisso come docenti all'Istituto Cervantes.
Questo significa che in ogni centro ci sono due tipi di professori: quelli che possiamo chiamare «di ruolo», che hanno superato un concorso nazionale in Spagna, vengono pagati dalla Spagna e hanno un rapporto amministrativo con la Spagna, e i docenti - circa il 60 per cento, a volte meno a volte più, dipende dai centri - che sono assunti con contratto in loco. Per esempio, a Roma poniamo due condizioni: essere madrelingua e avere una formazione come docenti di lingua straniera.
Questi docenti sono assunti da noi con un contratto a progetto. La selezione avviene in base all'attività: se abbiamo un corso di spagnolo giuridico cerchiamo un profilo adatto a questa finalità. I docenti che sono pagati dalla Spagna, quelli «di ruolo», devono anche svolgere un'attività formativa rispetto agli altri. Quindi, oltre a tenere i loro corsi, devono fare un po' di più. Ad esempio, ci sono docenti che, oltre alla propria attività docente, hanno una responsabilità in rapporto alle certificazioni o un incarico in merito alla formazione o ai corsi on line.

PRESIDENTE. Grazie. Do ora la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

FURIO COLOMBO. Ho ascoltato con estremo interesse l'intervento del nostro ospite spagnolo sul funzionamento dell'Istituto Cervantes. Quando ero direttore dell'Istituto italiano di cultura a New York ero un vostro vicino di casa, poiché le due sedi si trovano l'una accanto all'altra, e ho potuto constatare e ammirare l'organizzazione dell'Istituto Cervantes anche da un punto di vista di chiarezza giuridica, rapporti del direttore di cultura con il personale diplomatico, rapporti con i dipartimenti della Columbia University di insegnamento dello spagnolo.
Tutto questo, per chiunque venisse dall'Italia - non era il mio caso in quel momento - a fare il direttore dell'Istituto italiano di cultura di New York, sarebbe stato impossibile perché manca totalmente una struttura giuridica che definisca chi è


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il direttore di un istituto di cultura. Arriva un funzionario che potrebbe essere delle dogane, invece è della cultura, e risponde al temperamento del console, non a una struttura giuridica. Se il console è benevolo o tollerante o distratto e il direttore è attivo, intraprendente e ben organizzato, può fare benissimo, ma basta un cattivo umore del console o una sovrapposizione personalistica del personale diplomatico per rendere questo impossibile. Il direttore di un istituto di cultura è interpretato come una persona «giocabile», di cui non esiste uno statuto e una definizione giuridica.
Il problema - collega Ghizzoni, credo che questo sarebbe stato, se avessimo avuto il tempo e il modo, uno dei problemi più importanti da risolvere, ma giace irrisolto come sempre - è quello della definizione dei rapporti fra l'Esecutivo e il Parlamento dal punto di vista degli istituti di cultura. Il Parlamento non sfiora l'argomento, non è andato mai a cercarlo, e l'Esecutivo si guarda bene anche solo dall'informare con gentile lettera. Tenete presente che il direttore dell'istituto di una sede importante come New York è stato nominato senza che le Commissioni sentissero mai girare dei nomi o sapessero chi erano i candidati.
È stata, per quanto mi riguarda, un'eccellente soluzione; è stata scelta, tra persone valide, una persona particolarmente valida, ma non ne abbiamo mai parlato qui dentro. Nessuno si è sognato di dirci che stavano nominando direttori di chiara fama; nessuno si è sognato, ad esempio, di far scorrere un foglietto con i nomi, se non altro perché la pubblicità è in parte garanzia - si parla sempre di trasparenza, ma questo vale anche per le nomine nella cultura - di scelte meno arbitrarie e meno improvvisate. Se altri, prima del tempo, vengono a conoscenza dei nomi, sono almeno in grado, solo per il fatto di essere a conoscenza dei nomi, di rendere la scelta meno arbitraria. Purtroppo, non è il caso.
Una seconda confusione che perdura negli Istituti italiani di cultura è il rapporto fra rappresentazione e diffusione della cultura italiana - non facile da definire poiché vi è un universo, ma modi, tempi, preferenze, orientamenti, indicazioni dell'anno mancano completamente - e quella della lingua. Si tratta di funzioni radicalmente diverse.
L'insegnante di lingua è uno specialista. Ricordo con desolazione le lettere che ricevevo, gli ordini del giorno che mi arrivavano dalle varie direzioni generali: in meno di quattro anni (mi sono dimesso abbastanza presto) sono cambiati tre direttori generali degli affari culturali, di volta in volta variando il rilievo dell'insegnamento della cultura italiana. Con le stesse persone - una specialista di musica italiana, in particolare di musica lirica, una specialista di cinema, una specialista di editoria e via dicendo - si sarebbe dovuto insegnare l'italiano oppure no, e decidere se insegnare l'italiano attraverso persone che non avevano alcuna competenza nell'insegnamento dell'italiano a confronto con la cultura di lingua inglese e di ambientazione americana con la quale si trovavano a contatto.
Abbiamo questi problemi, che sono gravi e restano importanti. Sarebbe stato bello risolverli, perché tra l'altro non attraversano linee ideologiche di nessun tipo; si tratta veramente di organizzare metodologicamente, come si organizzerebbe una piccola impresa, cosa che non è stata fatta. Poteva accadere, come è successo ad altri settori della diplomazia, che si incontrasse il grande direttore generale che prende in mano la situazione e da solo formula delle linee, oppure che qualcuno di noi afferrasse il problema e tentasse di risolverlo.
Sappiamo tutti che, al di fuori delle linee di partito e dei capigruppo, non si riesce ad agire. Io non sono mai riuscito, per esempio, a far metter in calendario una proposta di legge sugli Istituti di cultura proprio perché non ha interessato i capigruppo in tutti questi anni.
Dunque, esprimo gratitudine per questa occasione, considero ottima la circostanza nella quale possiamo apprendere sia dal punto di vista di una specie di sorvolo dell'intero problema, sia dal


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punto di vista del funzionamento esemplare dell'Istituto Cervantes. Speriamo che questo serva di riferimento per il lavoro futuro sia della prossima Commissione sia del prossimo Parlamento, e soprattutto che venga posto il problema del rapporto tra Ministero degli esteri e Parlamento, che è piuttosto blando in generale ma è totalmente carente quando si parla di istituti di cultura e, se si pensa che le Commissioni esteri di Camera e Senato non vengono informate della nomina degli ambasciatori, per tutti gli altri aspetti dell'attività diplomatica.

PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti. Nell'ambito di questa indagine abbiamo audito quattro pilastri europei in campo culturale e linguistico: British Council, Alliance Française, Goethe Institut e Istituto Cervantes.
Sono anche onorato di poter concludere i lavori - probabilmente questa è l'ultima audizione - alla presenza dell'Accademia della Crusca, che per l'Italia rappresenta un grandissimo valore. Ringrazio la professoressa Maraschio per il suo intervento.
Nell'ambito dell'indagine, come dicevo, abbiamo audito molti istituti di cultura e protagonisti della cultura italiana. Abbiamo esordito con l'allora Ministro degli affari esteri Frattini e avremmo voluto concludere con il Ministro Terzi, comunque vedremo se ci sarà ancora un'audizione.
Naturalmente quello delle due Commissioni, III e VII, è stato uno sforzo non fine a se stesso, perché questa indagine era nata in forma propedeutica alla riforma degli Istituti italiani di cultura. Questo è un Paese caratterizzato da un fortissimo immobilismo, come ha appena detto anche il collega Colombo, rispetto alla necessità di mettere mano alle riforme che riguardano la promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo.
Sappiamo che il meccanismo dei «chiara fama», che quando è nato sembrava - e probabilmente lo era - molto importante, è diventato una sorta di riserva indiana per i vari ministri che si susseguono o per cordate di vario tipo, e sfugge totalmente a qualsiasi controllo del Parlamento, salvo leggere sui giornali quello che accade.
Questo era un messaggio forte che si voleva dare. Alcune proposte di legge prevedono l'abolizione dei chiara fama e, invece, il ricorso progettuale a grandi nomi della cultura italiana contemporanea, di volta in volta, che sicuramente non ci mancano.
Da questo punto di vista, penso che avremmo potuto conseguire un risultato maggiore se fossimo partiti con anticipo. Purtroppo, anche l'indagine ha stentato poiché non si trovava il modo di avviarla congiuntamente.
Vorrei ringraziare tutti i colleghi delle Commissioni VII e III per il loro contributo. Ora si dovrà lavorare per mettere insieme tutti i contributi, evidenziando le criticità del sistema, ma anche le potenzialità, che sono numerosissime.
Come abbiamo detto anche in altra occasione e come è stato ribadito proprio nel seminario del Consiglio generale degli italiani all'estero moderato dalla professoressa Maraschio qualche settimana fa, la nostra cultura è un fattore importante per la crescita e per lo sviluppo del nostro Paese, non soltanto in termini culturali ma anche in termini globali, a trecentosessanta gradi. Dobbiamo fare di più per individuare delle strategie adeguate. Odio le cabine di regia, che sono stati i più grandi fallimenti di questo Paese, ma sicuramente nella catena di comando occorre un centro strategico dove si decidono le strategie, con la concertazione di questa pluralità di soggetti, che effettivamente per certi versi ci ha salvato. La professoressa Maraschio ha parlato del 60 per cento di tagli, ma su alcuni versanti i tagli sono stati dell'80-85 per cento.
Non credo che si possa riconoscere nemmeno un'ombra di verità all'affermazione di qualcuno secondo la quale con la cultura non si riempie la pancia. Sicuramente, però, con la cultura si promuove un grande Paese, il suo sistema, le sue potenzialità, dall'incontro alle relazioni internazionali,


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al turismo, alla nostra economia. Questo significa fare sistema. Purtroppo, da questo punto di vista, nel nostro Paese è molto difficile fare sistema, ma sicuramente siamo in grado di farlo se c'è la volontà e soprattutto se si decidono delle strategie coinvolgendo tutti gli attori: abbiamo gli istituti di cultura, l'Accademia della Crusca, le Università come Perugia e Siena, la Società Dante Alighieri.
Abbiamo le comunità, e non dimenticate questo aspetto. Non diamo per scontato che le nostre comunità italiane all'estero, in un mondo in cui i linguaggi e le culture si trasformano con grandissima rapidità, rimangano fedeli e coltivino ancora il legame con la loro cultura d'origine. Non è così. Oramai le comunità italiane all'estero sono cambiate totalmente, però i giovani si aspettano molto sotto il profilo della cultura, ad esempio del nostro cinema. I nostri ospiti ci hanno riferito che l'Istituto Cervantes è il principale promotore e valorizzatore del cinema spagnolo. Da questo punto di vista, il Parlamento nel processo decisionale deve contare di più, altrimenti queste strategie non sono quelle che fanno bene al Paese.
Ringrazio gli auditi e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 11,45.

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