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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissioni Riunite
(III-XIII Camera e 3a-9a Senato)
2.
Giovedì 17 luglio 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Russo Paolo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUGLI ESITI DELLA CONFERENZA SULLA SICUREZZA ALIMENTARE MONDIALE (ROMA 3-5 GIUGNO 2008)

Audizione del Presidente dell'International Fund for Agricultural Development (IFAD), Lennart Båge:

Russo Paolo, Presidente ... 3 8 9 10 11 14
Andria Alfonso (PD) ... 11
Båge Lennart, Presidente dell'International Fund for Agricultural Development (IFAD) ... 3 11
Livi Bacci Massimo (PD) ... 10
Narducci Franco (PD) ... 11
Pianetta Enrico (PdL) ... 9
Scarpa Bonazza Buora Paolo, Presidente della 9a Commissione del Senato ... 8
Zacchera Marco (PdL) ... 10
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

COMMISSIONI RIUNITE
III (AFFARI ESTERI E COMUNITARI) - XIII (AGRICOLTURA) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E 3a (AFFARI ESTERI, EMIGRAZIONE) - 9a (AGRICOLTURA E PRODUZIONE AGROALIMENTARE) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 17 luglio 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA XIII COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI PAOLO RUSSO

La seduta comincia alle 8,35.

(Le Commissioni approvano il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Presidente dell'International Fund for Agricultural Development (IFAD), Lennart Båge.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli esiti della Conferenza sulla sicurezza alimentare mondiale (Roma 3-5 giugno 2008), l'audizione del Presidente dell'International Fund for Agricultural Development (IFAD), Lennart Båge.
Nel dargli il benvenuto, ricordo che Lennart Båge è stato eletto per la prima volta Presidente del Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo nel 2001 e rieletto nel 2005, a coronamento di un'attività di venticinque anni in tema di sviluppo internazionale.
Con l'odierna audizione prosegue l'indagine conoscitiva che le quattro Commissioni - affari esteri e agricoltura di Camera e Senato - hanno deliberato di svolgere sugli esiti della Conferenza di Roma sulla sicurezza alimentare mondiale, svoltasi dal 3 al 5 giugno scorso.
L'indagine conoscitiva conferma la storica attenzione del Parlamento italiano per le organizzazioni internazionali alimentari che hanno sede a Roma ed ha la finalità di acquisire elementi utili anche per l'esercizio della presidenza del G8, che spetterà all'Italia nel 2009.
Come ha evidenziato la dichiarazione conclusiva della Conferenza di Roma, la recente crisi ha dimostrato la fragilità del sistema mondiale dell'alimentazione, la sua vulnerabilità, per cui la sicurezza alimentare deve diventare una materia di interesse permanente della politica.
Ai fini della trasmissione televisiva, ricordo che l'IFAD è un'istituzione finanziaria internazionale, un'agenzia specializzata delle Nazioni Unite con il mandato di eliminare la povertà e la fame nelle aree rurali dei Paesi in via di sviluppo, attraverso donazioni e prestiti a tassi agevolati.
Do la parola al presidente dell'IFAD, Lennart Båge.

LENNART BÅGE, Presidente dell'International Fund for Agricultural Development (IFAD). Onorevoli parlamentari, nel dicembre 2006, quindi un anno e mezzo fa, ho avuto l'onore di essere invitato per la prima volta dalla Commissione affari esteri della Camera dei deputati per illustrare e avere uno scambio in quella sede sulla posizione dell'IFAD sulla globalizzazione. Oggi è per me veramente un grande piacere tornare a parlare alle Commissioni


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riunite affari esteri e agricoltura di Camera e Senato. Grazie di questo invito.
Inizio con una breve osservazione sul G8 in Giappone. I capi di Stato e di Governo hanno approvato una dichiarazione sulla sicurezza alimentare globale, riconoscendo l'esigenza di un pacchetto di provvedimenti a medio e a lungo termine. In particolare, i capi di Stato e di Governo hanno riconosciuto il ruolo fondamentale del piccolo agricoltore, impegnandosi a invertire la tendenza al declino, alla riduzione degli aiuti e degli investimenti in agricoltura e impegnandosi, altresì, a promuovere la ricerca in campo agricolo.
I capi di Stato e di Governo hanno anche espressamente incoraggiato l'impegno dell'IFAD e di altre organizzazioni finanziarie internazionali. Si tratta, quindi, di un'agenda giustamente ambiziosa. L'attuazione di questi impegni richiederà una forte capacità di agire da parte delle istituzioni interessate ma, ancora di più, richiederà una forte leadership politica ed un forte impegno per mantenere l'impulso e portare risultati concreti.
L'Italia, con la presidenza di turno del G8 nel 2009, può dare un contributo fondamentale al conseguimento dell'obiettivo che tutti noi auspichiamo, quello della sicurezza alimentare globale. Questa opportunità, signore e signori, è nelle vostre mani.
Il vertice FAO, tenutosi a Roma il mese scorso, ha riportato l'agricoltura e la sicurezza alimentare al centro dell'agenda politica. Quindi i Governi, i Parlamenti, le organizzazioni internazionali, soggetti decisori di vario tipo e anche l'opinione pubblica non possono più dirsi ignoranti dell'entità e della gravità dell'attuale crisi alimentare.
Questa crisi è un sintomo di profondi squilibri che debbono essere corretti. Essa colpisce in maniera più grave, ovviamente, le fasce più povere, ma, come abbiamo già visto nella nostra vita quotidiana, genera altresì pressioni inflazionistiche anche nei Paesi industrializzati.
Per gestire questa crisi dobbiamo adottare una strategia in cui tutti i Paesi coinvolti abbiano dei benefici. L'audizione odierna ci offre, quindi, una opportuna occasione per approfondire il modo in cui aiutare le fasce più vulnerabili e prevenire anche il ritorno in condizioni di povertà e fame di altri 100 milioni di persone. Questa è la sfida di fronte a noi.
Onorevoli parlamentari, in qualità di rappresentanti eletti voi siete portatori di una pesante responsabilità. E questo vale in modo particolare per il ruolo che l'Italia tradizionalmente e coerentemente ha svolto e svolge nella cooperazione allo sviluppo, di concerto con il sistema delle Nazioni Unite.
Colgo l'occasione per ringraziare il popolo e le istituzioni italiane per il loro tradizionale impegno nei confronti dell'agricoltura, un impegno che scaturisce anche dalle forti tradizioni agricole di questo Paese.
L'Italia ha contribuito all'IFAD sin dal momento della sua fondazione, trent'anni fa, ed ospita, come sappiamo, la FAO e il PAM. Non c'è dubbio alcuno che Roma e l'Italia si trovano al centro dell'impegno globale per superare la fame e la povertà e garantire la sicurezza alimentare.
Colgo l'occasione per ricordare anche l'importante partenariato che si creerà tra IFAD e il consiglio municipale di Milano per l'Expo 2015 dal titolo «Nutriamo il pianeta, energia per la vita», per il quale stabiliremo un programma congiunto di attività.
Le agenzie «romane» IFAD, FAO e PAM hanno mandati diversi ma complementari. L'IFAD si colloca con un profilo a sé stante, in quanto è sia istituzione finanziaria internazionale che agenzia specializzata dell'ONU. Attualmente noi cofinanziamo oltre duecento progetti e programmi in tutto il mondo, Asia, Africa e America Latina (la metà di questi in Africa). Il valore di questi programmi è di circa 7 miliardi di dollari, e noi assistiamo oltre 100 milioni delle persone più povere del mondo.
Vogliamo rafforzare la produzione agricola e in tal modo combattere la


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povertà rurale, attraverso prestiti e donazioni, per promuovere lo sviluppo proprio delle comunità più povere, più emarginate. Lavoriamo giorno dopo giorno sul campo, con risultati concreti, misurabili e verificabili. Invito ciascuno di voi a recarsi in visita ai nostri progetti e a verificare il nostro modus operandi.
In Africa il nostro programma agricolo ha più o meno la stessa entità di quello realizzato dalla Banca africana di sviluppo, più o meno la metà della Banca mondiale. La nostra strategia si fonda sulla consapevolezza che circa un miliardo di persone, oggi, vive con meno di un dollaro al giorno e circa tre quarti di queste persone, quindi 7-800 milioni, vivono con meno di un dollaro al giorno, in zone rurali, in una situazione di dipendenza dall'agricoltura per la loro sussistenza. Questa è la sfida.
La crescita demografica e la crescita dei redditi faranno aumentare anche la domanda di alimenti del 50 per cento per il 2030 e del 100 per cento per il 2050. Fondamentale è andare a verificare chi produrrà queste derrate alimentari, perché gran parte della domanda globale verrà soddisfatta da aziende agricole e commerciali. Già il settore agricolo-commerciale sta adeguandosi alla crescita dei prezzi incrementando la produzione, ma dalle decisioni che prendiamo oggi dipenderà il fatto che 450 milioni di piccoli agricoltori nel mondo siano coinvolti o meno.
Sono due miliardi le persone che vivono di questa piccola agricoltura e che sopravvivono con meno di due dollari al giorno: sfida di sviluppo, quindi, ma anche scelta importante per la sicurezza alimentare mondiale. Sostenere questi 450 milioni di piccoli agricoltori concorrerà a migliorare la sicurezza alimentare globale, ma sarà anche un forte contributo alla riduzione della povertà.
Questo non è un sogno: l'abbiamo visto in India, durante la rivoluzione verde; l'abbiamo visto negli ultimi due decenni in Vietnam dove, con un sistema di piccola agricoltura, il Paese è passato da una situazione di deficit alimentare ad essere il secondo esportatore mondiale di riso e negli ultimi 25 anni la povertà è scesa dal 58 al 15 per cento; l'abbiamo visto anche in Malawi, in Africa, negli ultimi due anni.
Negli ultimi due decenni l'offerta alimentare internazionale è stata abbondante e a prezzi contenuti, ragion per cui è diventato meno urgente investire in agricoltura; anzi, gli investimenti agricoli hanno perso ogni priorità nell'azione di Governi, settore privato e altri soggetti interessati. C'è stata, dunque, una rapida flessione, nella maggior parte dei Paesi in via di sviluppo, degli investimenti interni in agricoltura.
In Asia e in America Latina la quota della spesa pubblica in agricoltura negli ultimi 25 anni è scesa di due terzi; in Africa di un terzo. Nella maggior parte dei casi, la spesa pubblica in agricoltura è stata inferiore al 5 per cento del bilancio. Analogamente, la quota dell'agricoltura nell'assistenza pubblica allo sviluppo si è ridotta da circa il 20 per cento all'inizio degli anni Ottanta al 3 per cento nel 2006.
Non c'è da stupirsi, in questo quadro, che ci sia stata anche una flessione della produttività agricola. All'inizio degli anni Ottanta la crescita della produttività nel settore agricolo era del 3-4 per cento l'anno, oggi è scesa all'1-2 per cento l'anno. C'è, dunque, uno squilibrio strutturale tra domanda e offerta nel settore alimentare. L'aumento della domanda è superiore all'offerta: questa è la sfida strutturale.
Per quanto riguarda l'offerta, decenni di scarsi investimenti, catastrofi naturali, la complessità del cambiamento climatico, il riscaldamento globale hanno svolto un ruolo importante. Tutto ciò ha contribuito anche all'impennata della domanda di una dieta più variata e di cereali per la produzione di biocarburanti. L'impennata dei costi del petrolio e i livelli molto bassi delle scorte alimentari hanno ulteriormente peggiorato questa dinamica.
Negli ultimi tre anni i prezzi alimentari sono cresciuti dell'83 per cento. Torneranno a scendere, perché adesso si sta iniziando ad agire sul versante dell'offerta


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da parte dell'agricoltura commerciale, ma tutti gli esperti dell'OCSE, della FAO, della Banca mondiale prevedono che i prezzi alimentari si attesteranno su livelli superiori a quelli registrati all'inizio dell'impennata.
Che cosa possiamo fare? Dobbiamo garantire che le soluzioni contingenti e di emergenza non compromettano la sicurezza alimentare nel lungo periodo. Alcuni giorni fa avete audito il direttore esecutivo del PAM, che vi ha senz'altro detto quanto sia urgente aiutare le persone che corrono il rischio di morire di fame. Servono finanziamenti d'urgenza per mitigare questa emergenza.
Tuttavia, dobbiamo anche aumentare gli investimenti in tutte le fasi del ciclo produttivo per garantire soluzioni sostenibili di lungo periodo. Per far questo dobbiamo approfondire il dialogo con i nostri partner sul campo, con i Governi, con le popolazioni rurali povere, con le loro collettività, le loro organizzazioni, perché saranno soggetti importanti per il successo di qualsiasi strategia si voglia attuare.
La ricerca in agricoltura è importante per determinate coltivazioni e per affrontare situazioni quali la siccità, i parassiti, o per sviluppare varietà resistenti alla salinità. In realtà abbiamo visto che la ricerca in agricoltura, che ha sostenuto la rivoluzione verde in Asia, offre benefici superiori al 40 per cento per quanto riguarda le rese. Prendiamo la cassava, un tubero fondamentale per gli agricoltori poveri dell'Africa: la ricerca per migliorare le varietà della cassava ha aiutato oltre 100 milioni di persone in Africa. Al di là dell'autosufficienza, addirittura la Nigeria è diventata il maggior produttore di cassava nel mondo. La cassava non è molto nota in Europa, ma è un alimento fondamentale in Africa e in altre zone povere del mondo.
Dobbiamo migliorare anche le infrastrutture - irrigazioni, comunicazioni, energia, strade e trasporti - per consentire ai piccoli agricoltori di essere raccordati al mercato e di poter mietere i benefici di questo collegamento con i mercati locali e globali. Dobbiamo aiutare, altresì, i piccoli agricoltori ad accedere ai servizi finanziari. L'IFAD ha fatto molto per promuovere la microfinanza. Abbiamo partecipato sin dagli anni Ottanta alla Grameen Bank, che all'epoca non era molto nota. Oggi eroghiamo circa 200 milioni di dollari all'anno per creare istituzioni di microfinanza che assistono gli agricoltori poveri e molto spesso le donne, che hanno un ruolo fondamentale soprattutto in Africa.
Voglio soffermarmi su questo punto. Noi lavoriamo con le persone sul campo, nelle comunità rurali, e lavoriamo proprio con coloro che hanno un forte potenziale per quanto riguarda l'agricoltura, ma che non ricevono assistenza da nessun'altra organizzazione internazionale. E noi sappiamo che il nostro sostegno genera un effetto moltiplicatore.
L'Italia ci sta sostenendo anche nel nostro studio per poter mobilitare una parte delle rimesse degli emigranti. Le rimesse hanno raggiunto, a livello globale, 300 miliardi di dollari all'anno - tre volte l'entità dell'assistenza a livello globale - dei quali 100 miliardi vanno alle zone rurali. Parte di queste quote dovrebbe essere mobilitata per gli investimenti agricoli e questo costituirebbe una risorsa importante per lo sviluppo a livello locale.
Proprio per far fronte all'emergenza della crisi dobbiamo garantire che i piccoli agricoltori possano accedere a sementi e concimi per poter migliorare la loro situazione sia nel lungo periodo che per la prossima stagione. Quindi, per quanto riguarda i fattori di produzione a breve e a lungo termine, sono necessari finanziamenti di 20 miliardi di dollari all'anno per migliorare la produttività del settore della piccola agricoltura. L'IFAD quest'anno ha erogato un contributo di circa 700 milioni e con il cofinanziamento assieme ad altri soggetti arriviamo a un valore globale di 1,3 miliardi di dollari. Per far fronte alla crisi immediata, abbiamo accantonato 200 milioni di dollari per sostenere l'accesso degli agricoltori a sementi e concimi. Nei


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Paesi più poveri cerchiamo di far sì che questi agricoltori ricevano sementi e concimi per la prossima stagione.
Quindi, è una sfida complessa che richiede una risposta globale coordinata, che concili l'azione di emergenza con gli obiettivi di medio e lungo periodo di rafforzare la produttività e la produzione agricola. Ban Ki-moon ha, in tal senso, istituito una task force di alto livello che riunisce tutte le agenzie dell'ONU interessate: la Banca mondiale, il Fondo monetario e l'Organizzazione mondiale per il commercio.
La task force ha approntato un quadro complessivo di azione per garantire il coordinamento e la programmazione a livello globale. Questo quadro complessivo sottolinea che se l'emergenza di oggi è nutrire chi ha fame, abbiamo, altresì, enorme bisogno di politiche e risorse che sostengano soluzioni nel medio e lungo periodo per impedire e prevenire un ripetersi di questa crisi, proprio perché la carenza di investimenti è alla radice della stessa.
Abbiamo bisogno, in primis, di un rinnovato impegno per un forte incremento degli investimenti in agricoltura, per sostenere in modo specifico quei 450 milioni di piccoli agricoltori di cui ho già parlato.
Dobbiamo anche incrementare la quota dell'assistenza pubblica allo sviluppo che va all'agricoltura e allo sviluppo agricolo. La crescita generata dall'agricoltura - ce lo dice il rapporto del 2008 sullo sviluppo mondiale - è quattro volte più efficiente, nel ridurre la povertà, di altri tipi di crescita in altri settori. Nell'ambito del quadro complessivo d'azione, quindi, il Segretario generale ha proposto al vertice del G8 in Giappone di aumentare dal 3 al 10 per cento la quota agricola dell'assistenza pubblica allo sviluppo, senza distogliere fondi alla scuola e alla sanità e intaccare l'impegno di incrementare l'APS assunto a Gleneagles.
Noi ovviamente rientriamo nel sistema dell'ONU, siamo favorevoli a questo obiettivo e vogliamo fare la nostra parte.
Qualche notizia sull'IFAD. Abbiamo 165 Paesi membri suddivisi in tre gruppi: Paesi industrializzati dell'OCSE, Paesi produttori di petrolio dell'OPEC e altri Paesi in via di sviluppo. L'IFAD è l'unica istituzione finanziaria internazionale che abbia questa struttura tripartita, in cui i Paesi in via di sviluppo esprimono una voce maggioritaria nel processo decisionale, ma non c'è un solo gruppo che in realtà sia dominante. C'è, quindi, un vero partenariato.
Abbiamo un rifinanziamento ogni tre anni, attraverso gli impegni dei nostri Stati membri. In occasione del settimo rifinanziamento negoziato tre anni fa per il triennio 2007-2009, abbiamo assistito a un incremento significativo dei contributi degli Stati membri. Durante quel negoziato l'Italia assunse un impegno di finanziamento che la collocava al secondo posto per quanto riguarda l'entità dei contributi.
Questo è ovviamente un segnale del forte impegno italiano a sostegno dell'agricoltura e dello sviluppo agricolo. Purtroppo, però, l'erogazione di questo stanziamento non è ancora stata autorizzata dal Governo e dal Parlamento italiano. Colgo questa occasione per appellarmi al Parlamento italiano affinché venga onorato l'impegno assunto dall'Italia in occasione del settimo rifinanziamento.
Sono in corso le discussioni sull'ottavo rifinanziamento dell'IFAD. Alla luce della crisi attuale, noi chiediamo un forte aumento dei contributi, con un obiettivo di 1,5 miliardi di dollari che consentirebbe all'IFAD di attivare investimenti per un totale di 3,3 miliardi di dollari per il triennio 2010-2012. Grazie anche al cofinanziamento di partner quali la Banca africana di sviluppo, la Banca mondiale, il Fondo OPEC, saremo in grado di finanziare progetti con un valore complessivo doppio, quindi parliamo di 6-7 miliardi di dollari per il triennio 2010-2012.
Il Regno saudita si è già impegnato ad aumentare di cinque volte il suo contributo all'IFAD e spero che altri Paesi, vista


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la gravità della crisi, seguiranno l'esempio saudita, per ultimare la tornata negoziale entro dicembre di quest'anno.
Da ultimo, voglio sottolineare che tutti noi, e in particolare coloro che hanno responsabilità decisionali, dobbiamo renderci conto che oggi non stiamo assistendo a una catastrofe naturale, non siamo di fronte a un terremoto, a un'inondazione, ma a una crisi globale determinata da scelte umane.
L'Italia, in quanto Paese ospite delle agenzie alimentari dell'ONU e quale prossimo presidente di turno del G8 nel 2009, può svolgere un ruolo fondamentale. La crisi alimentare, come sappiamo tutti, è ai primi posti dell'agenda mondiale; lo è oggi, ma deve rimanervi per molti anni: serve un ruolo di guida e di impulso.
Il Governo e il Parlamento italiani possono dar prova della loro sensibilità e coscienza, della loro capacità di adottare provvedimenti politici fondamentali sulla linea del fronte di questa battaglia comune. È finita l'era di un'offerta alimentare abbondante a basso prezzo; lo status quo non è un'opzione percorribile: è necessaria un'azione impegnata e illuminata.
Grazie della vostra attenzione. Sono a vostra disposizione per tentare di rispondere alle vostre domande.

PRESIDENTE. Grazie, presidente Båge.
Do la parola ai parlamentari che intendano porre quesiti o formulare osservazioni. Successivamente il Presidente Båge risponderà alle domande poste dai colleghi.

PAOLO SCARPA BONAZZA BUORA, Presidente della 9a Commissione del Senato. A nome della Commissione agricoltura del Senato della Repubblica desidero rivolgere il saluto più cordiale e il ringraziamento più sincero all'illustre ospite di oggi, che ci ha esposto, in modo molto schematico e chiaro, il suo punto di vista sulla situazione della crisi alimentare mondiale e, in modo altrettanto chiaro, le funzioni istituzionali dell'IFAD in collaborazione con le altre agenzie dell'ONU. Inoltre, nella parte finale del suo intervento, ci ha sollecitato ad assumere delle decisioni in modo molto pragmatico.
Il Presidente ha richiamato l'Italia (non mi è sfuggito il passaggio, come credo non sia sfuggito a ognuno di noi) a mantenere gli impegni assunti in occasione del settimo rifinanziamento. Lei sa, Presidente, che i Governi italiani - questo Governo in particolare e, se me lo consentite, questo Presidente del Consiglio - hanno nel tempo dimostrato una particolare sensibilità nei confronti di questa tematica. È chiaro che essa è esplosa con particolare evidenza negli ultimi due anni, a seguito della crisi alimentare, in parte determinata dall'aumento dei prezzi delle materie prime.
È anche vero che nei venti anni precedenti avevamo assistito a una grave erosione dei prezzi agricoli, tale da portare molte agricolture - anche dei Paesi cosiddetti sviluppati, compreso il nostro - in una situazione di fortissima difficoltà. Di fatto abbiamo assistito a una ripresa in termini nominali, il più delle volte nemmeno in termini reali, delle quotazioni di prezzi, ad esempio di soia e cereali, che potevamo osservare nei mercati 20-25 anni fa.
La crisi che aveva portato l'Italia ad esprimere il suo orientamento solo pochi anni fa oggi è diventata ancora più grave, come ancora più grave è la crisi economica che colpisce l'Europa in particolare, ma anche tutti i Paesi sviluppati, a seguito innanzitutto dell'aumento del prezzo del petrolio.
Non per scaricare la palla ad altri - sarebbe assolutamente ingiusto - ma per richiamare tutti alle proprie responsabilità, oggi un impegno come quello da lei richiamato del Regno saudita o di altri Paesi produttori di petrolio andrebbe semmai richiesto, dal momento che sono proprio questi Paesi a incassare degli extraprofitti assolutamente scandalosi a seguito dell'aumento del prezzo del petrolio, a danno dei Paesi sviluppati, in via di sviluppo


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e del quarto mondo. Non si tratta di tornare indietro rispetto ai nostri impegni, ma il tutto va rivisto e riparametrato alla luce della nuova situazione che si è determinata.
Molto velocemente esprimo la mia opinione in merito a un aspetto che in questo momento sta assorbendo particolarmente le energie dei Governi dei principali Paesi, Europa compresa. Mi riferisco al negoziato dell'Organizzazione del commercio mondiale che sta riprendendo a Ginevra, dopo due pause molto significative, prima a Cancun e poi a Hong Kong.
Probabilmente, lo schema che era stato previsto dallo stesso ex commissario Lamy, oggi direttore generale del WTO, per la rivoluzione e quindi la conclusione del WTO è superato, come è superata - questa è la mia opinione, non della Commissione che presiedo - la logica che ha portato l'Europa a riformare la politica agricola comune solo quattro anni fa.
Partivamo tutti dal preconcetto di trovarci in una situazione di eccedenze alimentari. I Paesi sviluppati erano chiamati a provvedere a situazioni di eccedenze alimentari. Da noi, nella ricca e grassa Europa, il problema della sicurezza alimentare veniva affrontato come sicurezza dei prodotti che si mangiavano, e solo in quei termini.
Il problema della sicurezza degli approvvigionamenti, che tra l'altro è alla base dei trattati che hanno dato l'avvio al processo di integrazione europea, era stato completamente dimenticato. La logica che ha portato l'ex Commissione ad approvare una politica agricola comunitaria così fallace credo sia di fronte agli occhi di tutti. Oggi noi siamo chiamati tutti - Paesi sviluppati, Stati Uniti, Europa, gli altri grandi Paesi agricoli - a produrre di più.
Sappiamo che alcuni Paesi - come l'Argentina, ed è polemica di questi giorni - impongono tasse molto pesanti per l'esportazione dei propri prodotti agricoli, delle proprie commodity. È chiaro che dobbiamo mettere in campo politiche atte a sviluppare la produttività che è crollata, come da lei giustamente ricordato. Inoltre, dobbiamo sviluppare l'agricoltura lì dove esiste la fame, intervenendo con infrastrutture, con nuove tecnologie, con la presenza di nostri tecnici qualificati, con le biotecnologie.
Dobbiamo smetterla di avere dei preconcetti antistorici nei confronti di nuove tecnologie, naturalmente nell'ambito della più assoluta sicurezza per la salute umana. Una volta che si è appurato questo aspetto, sono convinto che si debbano utilizzare tutte le tecnologie che il progresso ci ha dato. Il progresso non si arresta mai per decreto, di questo sono assolutamente convinto. In altre parole, non esiste una legge, anche la migliore del mondo, che possa arrestare il progresso tecnologico. Dobbiamo dunque utilizzarlo fino in fondo per combattere questa piaga dell'umanità che turba le nostre coscienze e che deve portare tutti i grandi Paesi - come sicuramente è l'Europa, e l'Italia all'interno dell'Europa - ma anche le istituzioni come quella che lei rappresenta a volersi riformare e a volersi disporre in modo assolutamente rinnovato di fronte a questa emergenza dell'umanità.

PRESIDENTE. Do ora la parola al collega Pianeta. presidente del Comitato istituito nell'ambito della Commissione affari esteri della Camera sugli obiettivi di sviluppo del millennio.

ENRICO PIANETTA. Signor presidente, anch'io voglio ringraziare il nostro ospite per il suo intervento molto preciso e completo e anche per l'apprezzamento che ha voluto esprimere nei confronti dell'Italia e l'invito a fare di più. È sempre importante ricevere queste considerazioni, per questo lo ringrazio molto.
Il Presidente Båge ha concluso il suo intervento dicendo che ormai è finita l'era nella quale le derrate alimentari possono essere considerate disponibili in maniera ampia e a basso prezzo. Per poter conseguire la sicurezza alimentare - questo è il grande obiettivo dell'umanità - bisogna


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mettere in atto delle modalità per produrre di più. Forse sarà un discorso banale o scontato, ma credo che rappresenti veramente il grande obiettivo e lo sforzo che tutti i Governi devono mettere in atto, attraverso investimenti e miglioramenti, per dare al settore agricolo la grande priorità e il grande impegno di cui necessita.
Lei ha parlato anche dell'importanza di assistere i 450 milioni di piccoli agricoltori che hanno necessità di migliorare. Credo che elementi fondamentali siano la ricerca, la scienza, la tecnologia, la capacità di migliorare attraverso una più efficace diffusione delle attrezzature migliori, la capacità di produrre, di sviluppare una catena adeguata, dalla produzione, al trasporto, alla conservazione. Questo indubbiamente implica grandissimi investimenti.
Inoltre, bisogna mettere in evidenza e dare particolare cura alla liberalizzazione del commercio alimentare mondiale, perché questo sta a significare la possibilità di incrementare la produzione.
Mi pare che questi siano i temi più importanti. Vorrei capire come l'IFAD intenda puntualizzare e focalizzare l'aspetto connesso alla tecnologia, all'attrezzatura, al miglioramento della capacità produttiva.
Infine, da milanese sono particolarmente interessato all'Expo 2015, che costituisce un grande impegno. Mi pare che l'argomento sia al centro della nostra discussione e dell'importante obiettivo mondiale. Come può essere più vivo e più importante il rapporto tra questa manifestazione a livello mondiale e l'IFAD? Lei ha fatto un breve cenno all'argomento, le chiedo di darci qualche ulteriore elemento di concretezza operativa riguardo a questo grande evento.

PRESIDENTE. Chiedo ai colleghi un ulteriore sacrificio sui tempi, dal momento che alle 9,30 iniziano i lavori al Senato.

MASSIMO LIVI BACCI. Ringrazio il nostro ospite per la bellissima relazione.
Innanzitutto mi auguro che il nostro Governo voglia rispettare gli impegni presi, ma temo, come parlamentare dell'opposizione, che le prospettive non siano rosee, sotto questo punto di vista, e non ho l'ottimismo del presidente della Commissione agricoltura.
Fatta questa premessa, aggiungo un'osservazione. Il mondo è stato colto di sorpresa, perlomeno così sembra, dalla crisi alimentare, che certamente non è dovuta esclusivamente all'aumento dei prezzi delle materie prime. Eppure le forze di fondo che hanno portato a questa crisi erano note da decenni. Che lo standard di vita di due quinti dell'umanità, in India e in Cina, stesse rapidamente aumentando, quindi la domanda di alimenti fosse in rapidissima crescita, lo si sapeva già da uno o due decenni. Che la popolazione continui a crescere nei Paesi in via di sviluppo si sa bene. Ancora, che l'aumento di reddito in tutto il mondo in via di sviluppo avrebbe portato a un aumento della domanda era cosa nota. Che la coltivazione di biocarburanti non efficienti, come è avvenuto negli Stati Uniti, con forti finanziamenti pubblici fosse un grave errore è stato detto assai prima che gli effetti si manifestassero.
Sebbene tutte queste forze fossero in atto, il mondo è stato colto di sorpresa dalla crisi. Mi domando se siamo di fronte ad una incapacità di previsione che ci ha impedito di fare molti passi in avanti rispetto agli irlandesi che, nel 1845, furono presi di sorpresa dalla crisi della patata.

MARCO ZACCHERA. Signor presidente, quanto incidono le spese di struttura sul totale degli investimenti della sua organizzazione? Inoltre, secondo lei non sarebbe più opportuno razionalizzare meglio gli enti dell'ONU a proposito di agricoltura e di aiuto ai Paesi in via di sviluppo?
Mi sembra che le spese non produttive, determinate dalla sovrapposizione di strutture organizzative e burocratiche, incidano


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in modo significativo. Che idea avrebbe per migliorare la situazione da questo punto di vista?

ALFONSO ANDRIA. Rivolgo un indirizzo di benvenuto e un ringraziamento all'illustre ospite. Alla vigilia del vertice FAO di Roma, fortemente voluto dal Governo Prodi, il Direttore generale della FAO lanciò un'idea, o meglio un programma: è arrivato il momento - egli disse - di rilanciare l'agricoltura per rispondere all'impatto generato dal rialzo dei prezzi dei prodotti alimentari sui consumatori poveri.
A nostro giudizio - parlo anche a nome del Partito Democratico in Commissione agricoltura presso il Senato della Repubblica - è necessario avviare una strategia che insista su due fronti per produrre più cibo laddove è più urgente: adottare politiche e programmi per assicurare il sostentamento di milioni di poveri a rischio di inedia e promuovere misure per aiutare gli agricoltori dei paesi in via di sviluppo attraverso un potenziamento della produttività e un ampliamento della produzione, al fine di creare reddito e opportunità di impiego per le popolazioni rurali più povere. Mi pare che tutto questo coincida con la relazione del Presidente dell'IFAD.
Credo che l'impiego di produzioni agricole a fini energetici vada favorito soltanto quando i rendimenti siano effettivamente positivi dal punto di vista del bilancio energetico e non inducano, piuttosto, problemi alimentari per le regioni più povere. Vorrei conoscere, a proposito dell'impiego di produzioni agricole a fini energetici, il suo punto di vista.
Ritengo che il Governo italiano dovrà adoperarsi affinché siano individuate e poste in essere risposte più consone e più confacenti alle necessità, e ovviamente affinché siano onorati gli impegni.
Credo anche - ve n'è tutta l'intenzione per quanto ci riguarda e, per quanto mi consta, questo aspetto sta a cuore anche a tutti gli altri colleghi di qualunque estrazione politica - che il Parlamento sia da subito disponibile a svolgere fino in fondo il proprio ruolo con incisività affinché quegli impegni vengano onorati e questi programmi e queste strategie poste in essere.

FRANCO NARDUCCI. Signor presidente, sarò rapidissimo. Ringrazio il nostro gentile ospite per l'ampia panoramica che ci ha offerto su una crisi che, se nel mondo occidentale ha suscitato le reazioni dei consumatori per i prezzi enormemente aumentati, nei Paesi poveri ha comportato drammi di ben più ampia portata e conseguenze drammatiche.
È vero che il G8 ha concluso che si deve puntare molto di più sui piccoli agricoltori, investendo in ricerca e innovazione, ma credo che al riguardo l'ONU debba fare molta attenzione. Ricerca e innovazione significa brevetti, significa un Paese che possiede tecnologie, che può investire in ricerca e che ha il know how per ottenere dei risultati.
Se i piccoli Paesi devono essere aiutati a superare il dramma della fame attraverso il ricorso alle tecnologie, si pone un problema di ampia portata. Trattandosi di Paesi indebitati, oltre a innescare speculazioni finanziarie enormi, ciò contribuirebbe ad aumentare il loro debito e questi Paesi non riuscirebbero assolutamente a superare il loro dramma.
Da questo punto di vista, ricordo quello che ha detto Borel del gruppo DuPont, che punta in questa direzione. L'ONU deve garantire una gestione democratica dell'applicazione di queste tecnologie. Vorrei conoscere il suo parere in merito.

PRESIDENTE. Do la parola al presidente Båge per la replica.

LENNART BÅGE, Presidente dell'International Fund for Agricultural Development (IFAD). Ringrazio molto i commissari per queste eccellenti domande che danno prova dell'impegno delle Commissioni.
So che i tempi sono stretti. Vorrei iniziare, quindi, con un quadro complessivo per contestualizzare le diverse questioni. Negli anni Sessanta e Settanta abbiamo avuto gravi carestie in Asia, Bangladesh,


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India e Africa. Tali carestie hanno condotto a forti investimenti in ricerca agricola, che hanno poi alimentato la cosiddetta «rivoluzione verde» in Asia. Tutte queste iniziative, dunque, hanno rafforzato la produttività e la produzione, arrivando a livelli di sicurezza alimentari certamente non ancora soddisfacenti, ma molto più alti rispetto al passato. Il mercato internazionale delle derrate alimentari ha portato, anche a livello globale, a un eccesso di offerta.
Quindi, eccesso di produzione, dumping, aiuti alle esportazioni, eccesso di offerta: questo è stato il contesto complessivo negli ultimi venti-venticinque anni. Questo ha provocato, complessivamente, la flessione della spesa in agricoltura per ricerca, assistenza e investimenti. Oggi dobbiamo recuperare. Dobbiamo tornare a investire nel settore agricolo in tutti i campi, dalla ricerca alla produzione, per far sì che il sistema globale possa reagire all'incremento della domanda. Questa, complessivamente, è la nuova era.
È quasi una riedizione di quello che abbiamo visto negli anni Sessanta e Settanta, con alcuni elementi di novità. In primis, il rapporto con il mercato del petrolio: oggi gli alimenti possono essere trasformati in combustibile, mentre all'epoca questo non era possibile. Poi ci sono i cambiamenti climatici, che all'epoca non erano così impellenti e che introducono un ulteriore elemento di incertezza e complessità in ordine all'affidabilità del sistema produttivo.
Vi è, altresì, un incremento molto più rapido della domanda rispetto agli anni Settanta, in quanto, come è stato detto, India, Cina e altri Paesi sono in una fase di rapidissimo sviluppo. A volte sembra che ad ovest si critichi lo sviluppo di questi Paesi; in realtà si tratta di un grandissimo successo, perché centinaia di milioni di persone sono uscite da uno stato di povertà e possono accedere, finalmente, ad una alimentazione decorosa. Si tratta, ripeto, di un grande successo di cui dovremmo compiacerci, anche se ha generato problemi sul fronte della domanda.
Quali sono gli elementi positivi? Secondo tutti gli esperti siamo in grado di coltivare i prodotti alimentari necessari a far fronte all'incremento demografico che porterà a 9 miliardi di persone nel mondo nel 2050, con quasi il 50 per cento di aumento rispetto ai livelli attuali e tenori di vita molto più elevati. Incrementando la produttività e le aree coltivate possiamo far fronte a questa domanda. Vi sono però alcuni elementi di incertezza gravi: i cambiamenti climatici, di cui non conosciamo e non siamo in grado di prevedere pienamente gli effetti, e i biocombustibili, su cui tornerò.
In secondo luogo, vorrei sottolineare che nel momento in cui noi ci troviamo a far fronte a questo incremento dal lato della domanda, in Europa il sistema agricolo è efficiente, lo è in America settentrionale e, in parte, in America latina e nell'ex Unione sovietica: in questi Paesi si sta tentando di far fronte alla domanda. In Svezia il reddito degli agricoltori è cresciuto del 35 per cento l'anno scorso, tanto per citare l'esempio di un piccolo Paese. La sfida politica è far sì che i 450 milioni di piccoli agricoltori in realtà diventino parte della soluzione. Se rimarranno emarginati, continueranno a essere un fattore di povertà, di emigrazione, di instabilità. Se, invece, investiamo in questi 450 milioni di piccoli agricoltori, essi rientreranno nell'adeguamento complessivo sul fronte dell'offerta. E, considerando i loro familiari, arriviamo a 2 miliardi di persone (un terzo dell'umanità) che, in realtà, costituiscono magna pars del problema della povertà.
C'è, dunque, un grande potenziale di incremento della produzione da parte di questi piccoli agricoltori. Se investiamo su di loro, essi produrranno a livello locale e nazionale, aumenteranno la sicurezza alimentare, ridurranno la povertà e garantiranno una maggiore stabilità. Questo è il potenziale.


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Per quanto riguarda, invece, il cambiamento climatico, noi sappiamo che il modo in cui utilizziamo le risorse nazionali può avere due esiti: aumentare le emissioni ovvero ridurle con la cattura di carbonio. Pertanto, ha un'importanza fondamentale investire in metodi agricoli e di silvicoltura corretti e giusti. Un investimento di questo tipo concorrerà a mitigare gli effetti del cambiamento climatico.
In terzo luogo, per passare a questioni più specifiche, vorrei dire che sono molto lieto di aver avuto già dallo scorso anno un contatto con il sindaco Moratti e con il suo team per vedere cosa l'IFAD poteva fare per concorrere al successo dell'Expo 2015. Questo tema è importantissimo, a partire dal fatto che fin d'ora si possa iniziare con dei progetti che possano produrre risultati nel 2015. Stiamo mettendo a punto un protocollo di intesa - due settimane fa abbiamo avuto un incontro con il sindaco Moratti - e, per quanto riguarda le rimesse in particolare, stiamo cercando di capire in che modo possiamo collegare le collettività nei Paesi in via di sviluppo con i loro connazionali in Italia, per vedere come l'Italia possa contribuire all'incremento della produttività in agricoltura.
Quanto ai biocombustibili, all'inizio li abbiamo considerati una alternativa verde ai combustibili fossili. Adesso siamo maggiormente consapevoli delle difficoltà insite in questa opportunità. Due sono i criteri ai quali vorrei ricorrere a proposito dei biocombustibili. Il primo è quello relativo all'efficienza energetica, ovvero verificare se questa alternativa migliori il bilancio energetico ovvero sottragga più energia di quanta ne produca, in funzione del tipo di biocombustibile prodotto. Il secondo criterio riguarda invece l'impatto sulla crisi alimentare.
Nell'ultimo rapporto OCSE si è chiesta una moratoria sui biocarburanti. Dobbiamo essere molto cauti nella valutazione degli impatti e procedere alla ricerca nel campo della seconda generazione di biocombustibili, quelli a base cellulare, e quelli basati su produzioni di terreni marginali, ricorrendo a colture - ad esempio il sorgo dolce - che non sono alimentari e concorrono al reddito degli agricoltori costituendo un filone produttivo complementare.
Il potenziale è dunque alto, ma dobbiamo essere cauti nel valutare gli impatti. Come sapete, gli Stati Uniti stanno avanzando a forte ritmo - nel caso del mais circa il 50 per cento dell'offerta a livello globale - ma essi diventeranno importatori netti, perché sta aumentando la produzione di etanolo partendo dal mais. Si tratta di enormi spostamenti nei modelli produttivi.
Vengo alle domande sull'efficienza del sistema delle Nazioni Unite. Come rappresentante svedese presso le organizzazioni internazionali opero da vent'anni in questo settore, e una delle questioni fondamentali di cui mi sono occupato è il sistema di governance, la gestione delle organizzazioni internazionali, che devono essere gli strumenti più efficienti per far fronte alle questioni globali.
Quando sono stato eletto per la prima volta presidente dell'IFAD ho assunto l'impegno di adoperarmi per una riforma del sistema dell'ONU. Come IFAD abbiamo approvato un piano di azione molto articolato, attualmente in fase di valutazione. Abbiamo riformato in profondità la nostra istituzione. Non voglio tediarvi, ma sarò lieto di relazionare specificamente su questi aspetti amministrativi. Ovviamente esistono diversi indicatori, diversi sistemi di misurazione. Abbiamo circa il 6 per cento di spese amministrative non produttive, ma abbiamo ridotto le spese amministrative, anno dopo anno, rispetto agli investimenti e alle spese produttive. Noi vogliamo migliorare costantemente la nostra efficienza anche dal punto di vista della gestione.
Il precedente Segretario generale, Kofi Annan, mi ha chiesto di far parte del gruppo di lavoro di alto livello e di presiedere un gruppo di lavoro specifico per rafforzare l'efficienza del sistema complessivo. L'attuale segretario Ban Ki-moon mi ha chiesto di continuare in queste funzioni.


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Credo che anche nel rispondere ai cambiamenti climatici e alla crisi alimentare il sistema dell'ONU, guidato dal Segretario generale, abbia agito come mai in precedenza: istituzioni di Bretton Woods, WTO e tutti i vari soggetti hanno unito le proprie forze.
Io credo che se le sfide globali sono destinate a crescere - cambiamenti climatici, povertà, crisi alimentari, immigrazione, migrazioni e pandemie - noi faremo del nostro meglio per garantire che le agenzie dell'ONU basate a Roma siano sempre più efficienti. Grazie.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Båge non solo per aver accolto l'invito delle quattro Commissioni, ma soprattutto per la profondità, la precisione e la puntualità della relazione e delle sollecitazioni che ha saputo offrirci.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 9,30.

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