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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissioni Riunite
(III-XIII Camera e 3a-9a Senato)
4.
Mercoledì 5 novembre 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Stefani Stefano, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUGLI ESITI DELLA CONFERENZA SULLA SICUREZZA ALIMENTARE MONDIALE (ROMA 3-5 GIUGNO 2008)

Audizione di rappresentanti di Action Aid:

Stefani Stefano, Presidente ... 3 5 6 7 8
Borello Nicola, Corporate Sector office ... 5
De Fraia Luca, Capo dipartimento Policy & advocacy ... 3 5 7
Livi Bacci Massimo (PD) ... 7
Mecacci Matteo (PD) ... 7
Perduca Marco (PD) ... 6

Audizione del sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Vincenzo Scotti, e del sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, Antonio Buonfiglio:

Stefani Stefano, Presidente ... 8 11 12 19 20
Andria Alfonso (PD) ... 13
Barbi Mario (PD) ... 15
Buonfiglio Antonio, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali ... 11 19 20
Mecacci Matteo (PD) ... 13
Perduca Marco (PD) ... 14
Pianetta Enrico (PdL) ... 12
Russo Paolo, Presidente della XIII Commissione della Camera dei deputati ... 16
Ruvolo Giuseppe (UDC) ... 13
Sanciu Fedele (PdL) ... 16
Scotti Vincenzo, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri ... 8 17
Tempestini Francesco (PD) ... 15
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONI RIUNITE
III (AFFARI ESTERI E COMUNITARI) - XIII (AGRICOLTURA) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E
3a (AFFARI ESTERI, EMIGRAZIONE) - 9a (AGRICOLTURA E PRODUZIONE AGROALIMENTARE) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 5 novembre 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE AFFARI ESTERI E COMUNITARI DELLA CAMERA DEI DEPUTATI STEFANO STEFANI

La seduta comincia alle 14.30.

(Le Commissioni approvano il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Action Aid.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli esiti della Conferenza sulla sicurezza alimentare mondiale (Roma 3-5 giugno 2008), l'audizione di rappresentanti di Action Aid.

LUCA DE FRAIA, Capo dipartimento Policy & advocacy. Signor presidente, ringrazio lei e i membri della Commissione. Sono Luca De Fraia e svolgerò questo intervento in nome e per conto di Action Aid, un'organizzazione non governativa italiana di cooperazione internazionale, regolarmente riconosciuta dal Ministero degli affari esteri. Facciamo parte di un ampio network internazionale di organizzazioni sorelle, tutte appartenenti alla federazione Action Aid.
Tralascerò le questioni preliminari per andare dritto alla sostanza del tema di questa indagine conoscitiva, ringraziando ulteriormente le Commissioni per l'iniziativa che è stata intrapresa. L'indagine tratta sicuramente un tema di cruciale importanza, di cui si è occupata la conferenza della FAO di giugno, cioè il problema della fame nel mondo visto e interpretato alla luce di alcune grandi sfide odierne, quali la produzione dei biocarburanti e il cambiamento climatico. Si tratta di guardare al problema della lotta alla povertà - e alla fame in particolare - con un occhio attento alle nuove dinamiche che caratterizzano questo momento storico.
Riteniamo che sia molto importante continuare a occuparsi di questa crisi, anche in presenza della più drammatica crisi finanziaria di cui i giornali e le televisioni stanno continuamente parlando in questi giorni, giacché percepiamo l'esistenza del rischio che si passi da una crisi a un'altra e quindi che i problemi e i temi che riguardano milioni di persone al mondo possano essere, per certi versi, oscurati.
Sicuramente, esiste un terzo motivo che rende importante questa indagine conoscitiva: il prossimo anno spetterà all'Italia la guida del G8, della cui agenda tutti questi elementi (la crisi alimentare, la crisi finanziaria) entreranno a far parte.
Per noi, in definitiva, l'indagine conoscitiva intrapresa dal Parlamento riveste grande importanza.
Ovviamente in quanto organizzazioni non governative e insieme ad altre organizzazioni, svolgiamo un lavoro intenso di collaborazione e di scambio con la FAO e col Governo italiano su questi temi, ma,


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sicuramente, il ruolo dell'istituzione rappresentativa è innegabile e irrinunciabile.
Ho il piacere di incontrare, dopo tanto tempo, l'onorevole Pianetta, che ho avuto l'opportunità di conoscere e con cui ho lavorato riguardo alla vicenda della cancellazione del debito - tanti anni fa, ormai nel 2000 - e credo che quella vicenda rappresenti un ottimo esempio di ciò che le istituzioni rappresentative possono fare, in presenza delle idonee condizioni politiche.
Con riferimento alle questioni più di sostanza, per noi è molto importante - come dicevo innanzi - inquadrare la vicenda della conferenza FAO di giugno guardando al percorso che è di fronte a noi. Sappiamo che è al lavoro una task force delle Nazioni Unite, che si deve occupare di trovare una soluzione riguardo all'attuale crisi alimentare; sappiamo che, ad esempio, la Spagna pensa di intraprendere un'iniziativa di follow up alla conferenza FAO; sappiamo che, nell'incontro di Toyako avvenuto qualche settimana fa, il gruppo G8 ha preso un impegno per la definizione e la costruzione di una cosiddetta global partnership sui temi dell'alimentazione e dell'agricoltura.
È in corso una discussione molto intensa sul significato di questa proposta e noi riteniamo, come organizzazione non governativa, di poter dire anche la nostra, molto umilmente, su questa vicenda. In sintesi, riteniamo che se si deve parlare di una nuova global partnership, essa debba essere fondata sul riconoscimento del valore delle competenze delle istituzioni che già esistono.
Abbiamo recentemente partecipato, in sede FAO, a una discussione di condivisione e informazione su questa iniziativa e riscontrato una convergenza sul giudicare come non necessaria la costruzione di una nuova struttura. Credo che questo sia un punto di partenza molto importante, che in qualche modo risponde a molte preoccupazioni: ad esempio a quella di evitare la moltiplicazione delle strutture e dei costi. Si tratta, a parere di molti - e anche a parere della nostra organizzazione - di ottimizzare le competenze, esperienze e risorse già esistenti.
In questo senso, aderiamo a quello che crediamo lo spirito dell'iniziativa del Governo italiano e della FAO, cioè affermare che le organizzazioni basate a Roma devono avere un ruolo centrale nella nuova iniziativa - se mai ve ne sarà una - per la lotta alla fame e alla povertà.
Esistono, a Roma, le competenze e le risorse; sarebbe probabilmente poco sensato andarle a moltiplicare, realizzando strutture nuove in altri luoghi e in altre sedi.
Il Governo italiano dovrà riportare questi temi al G8, che si svolgerà in Italia alla Maddalena, quindi è importante - secondo noi - che presto (anche, forse, a partire proprio dal lavoro di questa Commissione), il Governo italiano sviluppi ulteriormente la propria iniziativa sull'argomento.
Ricordo che, in occasione della conferenza FAO, il Ministro degli affari esteri Frattini aveva lanciato una proposta che era stata accolta con grande interesse da parte di molti: alludo alla costituzione di una «banca del cibo». Non sappiamo esattamente se questa proposta abbia fatto ulteriori progressi, ma essa segnala sicuramente un attivismo del Governo italiano che è di buon auspicio. Credo che anche proposte come quelle della «banca del cibo» o della «banca dei semi» possano essere realizzate attraverso l'ottimizzazione, il coordinamento delle risorse e delle strutture già in essere.
Mi permetto di fare una sottolineatura, che spero non sia accolta in termini polemici. Sappiamo che le sorti della cooperazione italiana stanno risentendo anche delle vicende più ampie della finanza pubblica di questo Paese, e che sono pianificate alcune riduzioni delle disponibilità finanziarie destinate alla cooperazione internazionale. Proprio per questo motivo, una forte iniziativa sulla questione del cibo - anche a carattere di coordinamento e ottimizzazione delle risorse a disposizione - assumerebbe un grande significato e a nostro avviso - lo affermiamo


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molto umilmente - potrebbe togliere il nostro Paese da una condizione di difficoltà, di disagio e di mancanza di iniziativa.
Il prossimo anno prevede altre sfide. Ricordo che il 2009 è anche l'anno della conferenza di Copenaghen, con il conseguente intreccio sulla rinegoziazione della cornice riguardante Kyoto e post Kyoto. Si rileva, pertanto, un nesso fondamentale tra le diverse agende e noi, come organizzazione non governativa, misuriamo l'impatto che i cambiamenti climatici hanno proprio sulle popolazioni che vivono di agricoltura. Quest'ultima, ancora oggi, rappresenta una delle fonti essenziali per il sostentamento di un'ampia fascia di popolazioni.
L'ultima considerazione che vorrei sviluppare, molto brevemente, riguarda il punto dei cosiddetti input produttivi che, per noi, non si riducono semplicemente alla questione delle semenze, ma si allarga anche al problema dei fertilizzanti e dei pesticidi. A nostro avviso - lo affermo molto seriamente - bisogna avere al riguardo un approccio pragmatico e, tuttavia, non si deve cercare di esportare modelli produttivi che hanno delle caratteristiche determinate dai luoghi del mondo in cui essi nascono.
Il modello produttivo fondato sul gene use richiede un forte investimento in pesticidi e fertilizzanti, quindi anche una forte componente di finanziamento e di sussidi.
Ci domandiamo se questa sia la strada da seguire, per il necessario sviluppo della produzione e della produttività nel sud del mondo.
La FAO ha stabilito, come obiettivo per il 2050, il raddoppio della produzione dei beni alimentari. Dobbiamo essere consapevoli che questa esigenza nasce non tanto dall'impossibilità di soddisfare oggi i bisogni alimentari propriamente detti, ma perché su questa fascia di prodotti stanno oramai poggiando altri interessi e altri bisogni, come quello del biofuel. Anche su questo tema, riteniamo che sia necessario procedere con la dovuta attenzione.

PRESIDENTE. Darei la parola agli altri componenti della delegazione che intendano intervenire.

LUCA DE FRAIA, Capo dipartimento Policy & advocacy. Penso che il collega Borello possa illustrare brevemente il nostro recente lavoro sulla produzione del caffè: un esempio della questione delicata dell'impatto che produzioni di questo tipo hanno sui piccoli produttori e lavoratori della terra.

NICOLA BORELLO. Corporate Sector office. Innanzitutto, vorrei completare rapidamente il discorso sul partenariato globale, che presenta questo elemento, direi abbastanza innovativo, del coinvolgimento delle imprese in una partnership globale. In questo quadro, la nostra organizzazione chiede - come esplicitato nel documento che vi abbiamo distribuito - che si faccia chiarezza da parte dei Governi su quali saranno gli effettivi ruoli che il settore privato dovrà svolgere all'interno di questa partnership, nonché i ruoli che si chiedono alla società civile, affinché effettivamente questa azione internazionale vada a beneficio delle comunità locali, quindi delle persone direttamente interessate. Per noi è fondamentale che ali ruoli vengano esplicitati e che non si perseguano esclusivamente interessi diversi da quelli degli effettivi beneficiari.
Per quanto riguarda la crisi alimentare che il dottor De Fraia poc'anzi citava, bisogna guardare ad essa anche in riferimento all'innalzamento degli input agricoli, che non sono rappresentati soltanto da semi e macchinari, ma comprendono pesticidi e fertilizzanti.
Uno nostro studio, ad esempio, condotto recentemente in Guatemala dimostra chiaramente che l'innalzamento dei prezzi dei fertilizzanti sul mercato internazionale sta avendo, a livello locale, un impatto disastroso nel settore del caffè. Recentemente già colpito da una gravissima crisi, il caffè aveva recuperato, dal 2004 fino a oggi, in termini di prezzi internazionali in dollari (nonostante il dollaro si sia deprezzato negli ultimi anni); ultimamente, però,


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con l'aumento del costo dei pesticidi, si stanno generando impatti devastanti a livello locale, che colpiscono soprattutto i piccoli agricoltori, la cui condizione permane precarissima.
La situazione a livello locale appare chiaramente drammatica. Abbiamo raccolto cifre che dimostrano chiaramente come, a partire dal 2000, la redditività dei terreni a coltura caffeicola sia andata riducendosi. In alcune regioni del Paese (ad esempio l'Alta Verapaz, che è una delle quattro regioni che producono caffè in Guatemala) la produzione per ettaro addirittura si è dimezzata. Ciò si ritiene che sia dovuto a due fattori, il primo dei quali è la riduzione della forza lavoro, che comunque è stata espulsa dal settore a causa della crisi del 2001-2004 (la famosa «crisi del caffè»), mentre il secondo e principale fattore è stato identificato nell'aumento del costo dei fertilizzanti. Si può cogliere questa realtà a occhio nudo, andando in giro per i campi dei piccoli agricoltori, dove ormai non si fertilizzano più i terreni e dove, chi può, utilizza la tecnica consistente nell'utilizzare i rifiuti domestici, mescolandoli al terreno, dettata dalla necessità di far fronte all'impossibilità di acquistare i fertilizzanti e mantenere una produzione pari a quella che si aveva prima della crisi.
Tutto ciò genera un impatto sui terreni che non è sicuramente ottimale. Non è un'agricoltura sana. Inoltre, si dimostra anche come il prodotto agricolo sia diverso da ogni altro prodotto.
Nel caso del caffè, la liberalizzazione dei mercati dei settori agricoli ha comportato situazioni in cui i produttori risultano forzati dai prezzi bassi e dagli alti costi degli input agricoli. Penso, ad esempio, ai piccoli produttori cronicamente sottocapitalizzati in moltissimi Paesi dell'America latina, che - in particolare in Guatemala - non hanno la capacità di diversificare la produzione. In questi luoghi, la parola concorrenza significa soltanto una corsa al ribasso degli standard lavorativi e di vita di chi è coinvolto nel settore, con un deterioramento delle condizioni di vita.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano formulare quesiti e osservazioni.

MARCO PERDUCA. Chiedo scusa per essere arrivato in ritardo. Ho scoperto che abbiamo tempo fino alle 15, quindi cercherò di accennare ad alcune questioni che mi sembrano rilevanti.
Rifacendomi all'esempio del caffè, sappiamo che molto spesso tale prodotto è stato imposto come coltura, laddove non apparteneva al territorio designato (mi viene in mente per esempio il Vietnam) per una serie di motivi diversi - magari per sostituirlo al papavero - entrando in contatto con Governi che non hanno alcun tipo di legittimità democratica.
Ci si è fatti complici di regimi autoritari, totalitari, dittatoriali o comunque li si vogliano classificare, pensando di estirpare quel male del mondo rappresentato dalla droga, imponendo una soluzione che poi ha creato, in certi casi, altrettanto danno, poiché è riuscita a narcotizzare quello che, in alcuni settori, potrebbe essere un mercato libero.
In effetti, anch'io ritengo che il concetto di «sovranità alimentare» - che magari è più filosofico che altro, anche se oggi perfino in Italia cominciamo ad avere qualche problema al riguardo - sia fondamentale per il mondo povero e per quello in via di sviluppo.
Credo che le problematiche da voi oggi elencate, dunque, siano ampiamente condivisibili.
Forse, quel che più necessita ai colleghi della maggioranza, quindi anche del Governo, potrebbe essere uno spunto di iniziativa multilaterale, o anche bilaterale, da intraprendere da qui all'incontro del G8.
Avrei due domande da porre, ma capisco che a questo punto le formulerò senza aspettare una risposta. Quando abbiamo incontrato il segretario generale della FAO, ho chiesto se il problema demografico venisse preso in considerazione, se non come «il problema dei problemi», almeno come una questione importante. Infatti, è chiaro che le nuove tecnologie, da sperimentare o già sperimentate,


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sono fondamentali per migliorare la qualità e la sostenibilità di certi tipi di coltura. Allo stesso tempo, tuttavia, se non ci si pone il problema di una popolazione che esplode, in un mondo in cui c'è bisogno di far arrivare tanto cibo, acqua e qualsiasi tipo di struttura o servizio, si finisce per riproporre soltanto l'esercizio di imporre coffea robusta sulle montagne del Vietnam, ottenendo alla fine una bevanda di scarsa qualità.

PRESIDENTE. Grazie senatore Perduca. Come lei ha ricordato, all'ordine del giorno, alle ore 15, abbiamo l'audizione dei due sottosegretari Scotti e Buonfiglio quindi vi prego di essere concisi.

MATTEO MECACCI. Nella documentazione di cui ho preso nota, ho riscontrato che avete una posizione, naturalmente, a sostegno della produzione agricola locale.
Chiedo, dunque, quale sia a vostro parere l'impatto della Politica agricola comune (PAC) dell'Unione europea, cioè dei sussidi all'agricoltura che vengono erogati ai Paesi sottosviluppati, rispetto alle questioni della produzione di cibo e della povertà nei Paesi poveri.
La mia opinione al riguardo in questo caso non interessa. Vorrei invece conoscere la vostra, su un punto che mi sembra centrale, nell'ambito delle vostre rivendicazioni.

MASSIMO LIVI BACCI. Con un bilancio della cooperazione, ridotto ormai al lumicino, come quello italiano - lo si rileva giustamente a pagina 6 della documentazione scritta da voi fornita - in occasione della presidenza di turno del G8, mi domando come si farà a chiedere conto ai rappresentanti governativi dei Paesi coinvolti nei programmi precedentemente citati degli impegni assunti non solo in sede internazionale, ma di fronte all'intera popolazione mondiale. Mi chiedo con quale autorità ci porremo nel consesso mondiale, avendo risorse per la cooperazione ridotte quasi a zero.
Questa, forse, è una domanda da rivolgere non ad Action Aid, bensì al sottosegretario Scotti. Ad ogni modo, è un quesito che pongo a questa assemblea.

PRESIDENTE. Cedo ora la parola ai nostri ospiti per la replica.

LUCA DE FRAIA, Capo dipartimento Policy e advocacy. Partirò dall'ultima questione volendo fornire, per obbligo d'ufficio, un segnale positivo, pur trovandomi nella difficile posizione di dover rivendicare fortemente la necessità di un giusto e corretto finanziamento della cooperazione italiana, come primo passo a beneficio del Paese (e non della nostra organizzazione, che non lavora sulla base di finanziamenti pubblici).
Il messaggio positivo che voglio dare è che si possono realizzare alcune operazioni attraverso un'azione politica forte. Abbiamo prima segnalato la necessità di sorvegliare alcuni processi politici attualmente in corso, come la creazione della global partnership. Giustamente, abbiamo svolto diversi ragionamenti sull'efficacia e sull'impatto delle risorse attualmente disponibili.
Aggiungo ora che esiste un discorso molto sentito, a livello di G8, che va sotto il nome di accountability (termine che significa: diamo conto di ciò che facciamo).
Credo che se il Governo italiano interpretasse fino in fondo questo esercizio, facendosi carico di esporsi per ciò che fa o non fa, compirebbe un gesto molto apprezzato, giacché l'attuale esigenza generale di trasparenza, correttezza, adeguatezza e coerenza si troverebbe così ad essere valorizzata.
Ciò detto, continuo a formulare la richiesta, che rivolgo sia agli onorevoli qui presenti, sia alle forze parlamentari, di un adeguato finanziamento della nostra cooperazione, altrimenti rischiamo veramente di trovarci in grande difficoltà, il prossimo anno.


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Quanto alla questione della PAC, credo che la risposta sia intuibile: quantomeno siamo di fronte ad una competizione diseguale. Senza dover ragionare eccessivamente sul fatto che sia giusto o meno finanziare la nostra produzione agricola attraverso sussidi, ci troviamo di fatto in una situazione in cui questi ultimi sono una forma di aiuto che ci possiamo permettere (implementiamo e finanziamo).
Invece, i Governi del sud del mondo, per larga parte, non possono permettersi i sussidi, a causa di una convergenza di situazioni assai strane e curiose, come ad esempio le indicazioni della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale che, in questi anni, hanno indicato l'esigenza di far saltare i meccanismi di sussidio.
In definitiva, se non è possibile riequilibrare finanziando adeguatamente, allora, probabilmente, bisognerà cambiare la situazione in Europa.
È in corso una forte discussione sulla natura dei sussidi alla produzione, da proporzionare in base al rapporto fra estensione di territorio rispetto al volume di produzione, nonché relativamente ai sussidi distorsivi del commercio. Indubbiamente, tuttavia, credo che l'immagine più semplice da comprendere sia quella di una competizione a carte truccate, in buona sostanza.
Quanto alla questione demografica, devo ammettere che si tratta di un tema caldo anche per noi, sul quale facciamo fatica a posizionarci. Mi limiterò a dire che una questione demografica realmente esiste e che, quindi, occorre adottare politiche conseguenti. La traiettoria che seguiamo è quella del pieno rispetto di tutti i diritti, compreso quello a una completa assistenza sanitaria, ergo anche il diritto ad una maternità sana e responsabile. Al momento attuale, questa è la nostra linea d'azione: mettere tutti nelle condizioni di avere figli e, quindi, anche di poter scegliere se esistano o meno le condizioni materiali per crescere una famiglia.

PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti di Action Aid e dichiaro conclusa l'audizione in titolo.

Audizione del sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Vincenzo Scotti, e del sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, Antonio Buonfiglio.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli esiti della Conferenza sulla sicurezza alimentare mondiale (Roma 3-5 giugno 2008), l'audizione del sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Vincenzo Scotti, e del sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, Antonio Buonfiglio.

VINCENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signori presidenti e signori colleghi, la crisi alimentare ha colpito tutti i Paesi, indipendentemente dal grado di sviluppo, anche se gli effetti sono particolarmente drammatici nei Paesi più poveri.
Non ho bisogno di rifarmi a una analisi specifica sulla questione, poiché mi trovo pienamente d'accordo con quelle che sono state esposte dai responsabili FAO (Food and agriculture organization of the United Nations), IFAD (International fund for agricultural development) e PAM (Programma alimentare mondiale).
Quindi, dico soltanto che la crisi sta spingendo un numero sempre maggiore di persone nel vortice della povertà e della malnutrizione, mettendo totalmente a rischio il raggiungimento del primo degli obiettivi di sviluppo del millennio, entro il 2015. Questo è il dato.
Le analisi sono contenute nelle relazioni che avete ascoltato dalla voce dei responsabili del polo romano delle Nazioni unite.
La conferenza su Climate change and food security organizzata dalla FAO a Roma, dal 3 al 5 giugno del 2008, con l'obiettivo di rispondere all'emergenza internazionale causata dal rialzo dei prezzi


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delle derrate alimentari, ha costituito un momento di riflessione e di scambio per assicurare soluzioni immediate e strategie di lungo periodo per la sicurezza alimentare mondiale e per raggiungere gli obiettivi di sviluppo del millennio fissati dal vertice mondiale dell'alimentazione.
La conferenza - come è chiaro - si è svolta prima dell'esplodere della crisi finanziaria. Pertanto, oggi siamo di fronte a un intreccio perverso fra la crisi alimentare e quella finanziaria.
La crisi alimentare è causata da molteplici fattori, di tipo strutturale e congiunturale, tra loro interconnessi, che devono essere affrontati con un approccio sistemico, centrato anche - ma non esclusivamente - sull'aiuto allo sviluppo.
Sono infatti molti i fattori che hanno determinato la crisi ed è per questo che la nostra risposta deve contemplare ciascuno di questi fattori, tra i quali spiccano le regole del commercio internazionale.
È stato qui ricordato il tema della politica agricola comune e della sua compatibilità con il resto del mondo. Una volta o l'altra bisognerebbe fare - tornerò su questo punto alla fine - il calcolo dell'ammontare degli aiuti allo sviluppo ponendo da una parte quanto viene concesso dai Paesi maggiormente generosi e dall'altra quanto che viene tolto con l'altra mano. Si tratta di un'analisi che Capi di stato di Paesi africani hanno sottolineato in più occasioni, in particolare alla conferenza di Accra sull'efficacia degli aiuti.
Ci accingiamo a recarci a Doha, per l'importante incontro internazionale proprio sugli aiuti allo sviluppo e alle politiche di cooperazione.
Dicevo prima che sono molti i fattori che hanno determinato la crisi ed è per questo che la nostra risposta deve tenere conto di ciascuno di questi fattori, tra cui le regole del commercio internazionale, il cambiamento climatico, l'accesso alle risorse e agli investimenti privati e pubblici nel settore agricolo.
L'obiettivo comune deve essere uno sviluppo sostenibile. Le cause della crisi alimentare vanno ricercate in una serie di elementi, tra cui fattori ambientali (siccità e inondazioni hanno ridotto la produzione di alcuni Paesi); aumento della domanda mondiale di cibo da parte di Paesi emergenti quali Cina e India, cui non ha fatto fronte un'adeguata risposta da parte dell'offerta; costi di produzione più alti dovuti al rincaro di petrolio e fertilizzanti; scorte alimentari ai minimi storici, che hanno determinato vincoli sull'offerta; un cambiamento climatico che aggrava gli squilibri causati delle crisi alimentari, in quanto ha effetti diretti sulle produzioni agricole soprattutto dei Paesi in via di sviluppo e - non ultima - la struttura dell'industria agroalimentare del mondo.
La prima fase di emergenza umanitaria sembrerebbe superata e le stime dei prossimi raccolti appaiono favorevoli. Nonostante ciò, la sopravvenuta crisi finanziaria ed economica rischia di sovrapporsi - anzi si sta sovrapponendo drammaticamente - alla crisi alimentare e alla crisi energetica, con possibili ulteriori complicazioni. Basti rammentare l'effetto negativo sulla produzione agricola che una stretta del credito sta avendo, non soltanto sui Paesi a più basso reddito, ma anche sui cosiddetti middle income countries.
La comunità internazionale ne è cosciente: sul fronte delle Nazioni unite si sta pensando a una continuazione dell'attività di monitoraggio della task force di alto livello sulla crisi alimentare mondiale, istituita dal segretario generale, e ad una forte sinergia e efficacia tra i diversi poli istituzionali attivi sul fronte della sicurezza alimentare: quello romano costituito da PAM , FAO e IFAP (International federation of agricultural producers), quello di Ginevra per gli aspetti nutrizionali e quello finanziario basato a Washington (in primo luogo la Banca mondiale).
Il ruolo di PAM per la copertura dei più immediati bisogni umanitari emergenziali resta essenziale, così come quello di FAO e IFAP per l'attività di medio e lungo periodo.
Ricordo che la task force è composta dalle principali organizzazioni internazionali specializzate, dalla Banca mondiale e dal Fondo mondo monetario internazionale.


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Il G8 di Toyako, lo scorso luglio, si è svolto in una congiuntura particolarmente acuta della crisi alimentare e ha visto l'adozione di decisioni importanti per affrontare la crisi. I leader delle otto democrazie industrializzate hanno approvato una dichiarazione ad hoc sul tema della sicurezza alimentare. Tra i contenuti della dichiarazione si trova il lancio di un partenariato globale (global partnership) per la sicurezza alimentare, che dovrà riunire tutti gli attori rilevanti: dai Paesi in via di sviluppo ai Paesi donatori, dal settore privato alla società civile, alle agenzie multilaterali, alle università e ai principali istituti di ricerca, fino alle organizzazioni di produttori agricoli e di consumatori.
La global partnership è finalizzata ad assicurare un approccio sistemico alla sfida della sicurezza alimentare. Solo in questa maniera sarà possibile affrontare efficacemente una problematica così articolata e così complessa. La global partnership potrà stabilirsi sulla base dell'esperienza maturata dal polo romano delle Nazioni unite e in particolare dalla FAO, PAM e IFAP. Queste organizzazioni potranno offrire la piattaforma ideale, sia sul piano delle conoscenze che sul piano logistico, per produrre le sinergie necessarie al successo dello sforzo su scala globale e garantirsi così la sicurezza alimentare.
Il G8 giapponese ha incaricato un gruppo di esperti di monitorare la realizzazione degli impegni assunti dai leader a Toyako e il progresso nell' istituzione della global partnership. Il gruppo di esperti dovrà anche collaborare con la task force ad alto livello delle Nazioni unite sulla crisi alimentare mondiale.
Per questa ragione l'Italia è impegnata a assicurare una rapida conclusione del processo di riforma e rilancio della FAO che è stato anche sostenuto dalle conclusioni del vertice del G8 in Giappone. Prima esso si concluderà, prima la FAO e il polo alimentare romano saranno in grado di corrispondere alle aspettative non solo del G8, ma della comunità internazionale.
La conferenza straordinaria della FAO, che si riunirà tra pochi giorni per fare avanzare la riforma, è la testimonianza della determinazione nostra e dei nostri partner in questa direzione.
La crisi dei prezzi alimentari impone di ridare centralità all'agricoltura nelle strategie di sviluppo. Il G8 dello scorso luglio ha fornito una chiara indicazione in tal senso e il direttore generale della FAO lo ha ricordato in questa sede.
Il G8 ha anche deciso di approfondire la proposta italiana di dar vita a un sistema di scorte alimentari, su base regionale, che dovrebbero essere gestite in maniera strategica per contrastare la volatilità dei prezzi degli alimentari.
Nella dichiarazione finale del vertice di Toyako è stata sottolineata la necessità di potenziare la ricerca agricola e la formazione di agronomi nei Paesi in via di sviluppo. Anche in questo ambito l'Italia può e intende svolgere un ruolo di protagonista a partire dalle istituzioni di eccellenza che ospita.
Per quanto riguarda la gestione dell'emergenza, l'Italia, nel corso del 2008, ha più che raddoppiato gli aiuti alimentari e il G8 ha complessivamente destinato, dallo scorso gennaio, oltre dieci miliardi di dollari per l'aiuto alimentare di emergenza e per misure destinate a aumentare la produzione agricola nei Paesi più colpiti dalla crisi alimentare.
I leader del G8 hanno mostrato il loro impegno nel far fronte alla crisi alimentare, decidendo di organizzare per la prima volta, sotto la presidenza italiana del 2009, la riunione dei ministri dell'agricoltura in formato G8, dedicata ai temi della sicurezza alimentare.
Sebbene il dettaglio della agenda italiana sia in fase di definizione, posso affermare che il tema della sicurezza alimentare sarà un argomento centrale sotto la presidenza italiana: non intendiamo fermarci agli aspetti della crisi finanziaria, ma affrontare anche altri grandi temi come la riforma della governance economica internazionale e, nel campo dello sviluppo, l'impatto dei cambiamenti climatici, le problematiche dell'acqua, la lotta


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alla povertà, la sicurezza alimentare, l'istruzione, e sul piano dell'outreach, il dialogo strutturato con i Paesi emergenti.
Tra pochi giorni si riunirà a Washington il G20. In quella sede avremo le prime indicazioni provenienti dalla nuova amministrazione americana nonché indizi sulla volontà di superare una condizione di divisione e frammentazione per realizzare ciò che è nell'auspicio di tutti: un aumento della cooperazione e dell'integrazione internazionale, come condizione essenziale per affrontare non solo la crisi alimentare, ma anche la crisi finanziaria e la crisi del governo dell'economia globale. In quella sede, il prossimo 15 novembre a Washington, l'Italia potrà definire l'agenda della presidenza, avendo chiari quali sono gli orientamenti che, complessivamente, i Paesi partecipanti al G20 daranno nei riguardi dei temi posti sul tappeto.
L'Italia è inoltre consapevole della connessione esistente tra cambiamento climatico e sicurezza alimentare e continuerà a promuovere, in tutti i fori competenti, politiche che affrontino il problema nella sua globalità, tenendo presente la duplice esigenza di far fronte ai bisogni immediati della popolazione e di salvaguardare con politiche adeguate la sostenibilità dello sviluppo e il destino delle generazioni future. Il cambiamento climatico, infatti, si riflette negativamente sull'agricoltura e rischia di rallentare ulteriormente il raggiungimento degli obiettivi del millennio.
Dobbiamo assicurare un uso sostenibile delle risorse ambientali, in un'ottica di equilibrata condivisione delle responsabilità tra economie avanzate, Paesi emergenti (soprattutto i quattro), e Paesi in via di sviluppo.
Penso che i prossimi mesi nonché il G8 della prossima estate saranno decisivi per indicare le strade attraverso le quali sarà possibile venir fuori da una crisi che si rivela molto più grave di quanto sia stato immaginato fino ad oggi.

PRESIDENTE. Grazie signor sottosegretario Scotti. Do ora la parola al sottosegretario Buonfiglio.

ANTONIO BUONFIGLIO, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Come tutti sapete, la Conferenza del 3 giugno a Roma presso la FAO aveva come obiettivo di affrontare il problema della sicurezza alimentare, della riduzione della povertà contestualmente anche ai cambiamenti climatici e all'uso dei biocarburanti. A questa Conferenza hanno partecipato 139 Paesi, la Comunità europea, le sei rappresentanze delle Nazioni unite. Il dato fondamentale, per quello che riguarda l'aspetto agricolo, è che - visto che il Direttore generale della FAO Diouf ha affermato la necessità di un raddoppiamento della produzione agricola e agroalimentare non solo nei Paesi terzi, ma in tutti i Paesi del mondo - dopo molto tempo, per la prima volta, in un vertice internazionale si è tornati a parlare di agricoltura come attività produttiva.
Molto spesso anche in sede di Comunità europea, in altri periodi, avevamo dovuto difendere il bilancio comunitario che rappresenta il 47 per cento del bilancio aggregato della spesa comunitaria, sul presupposto di altre misure (misure ambientali, lotta al dissesto idrogeologico). Invece, per la prima volta - anche a seguito della dichiarazione fatta dal Direttore generale della FAO - è stato rivolto un invito a tutti Paesi, compresi quelli del mondo occidentale, a produrre di più.
Durante il vertice FAO è venuto infatti in risalto, come problema principale, che un miliardo di persone sul pianeta vive di stenti dal punto di vista alimentare e, quindi, soffre il problema della fame.
Pensate a quanto sia importante il cambiamento culturale avvenuto: nell'ultimo DPEF del Governo precedente a questo, l'agricoltura veniva relegata ad attività esclusivamente da Paese terzo, e la produzione agricola, semmai, veniva considerata importante solo ad altri fini (come ad esempio quelli bioenergetici, cambiamento culturale che ha in qualche modo stimolato la Comunità europea innanzitutto - ma poi anche i singoli Paesi - ad incentivare la produzione agricola).
L'esito del vertice FAO riguardo all'agricoltura, questo cambiamento culturale


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che spinge anche il nostro Governo a occuparsi più di agricoltura come attività produttiva, ha portato l'Italia a chiedere in sede di Commissione europea che fossero sbloccati gli aiuti allo sviluppo previsti da fondi di bilancio che erano vincolati. La stessa Comunità ha stanziato un miliardo di euro, proprio per combattere la crisi alimentare, destinandoli all'aiuto innanzitutto ai Paesi terzi.
Inoltre è stato creato un tavolo strategico presso il polo romano delle agenzie dell'ONU, (IFAD, FAO e PAM) finalizzato alla creazione di risorse e scorte in caso di urgenza.
Tutto ciò è stato attivato nel tavolo FAO, attraverso la concessione di aiuti alimentari ai Paesi che sono maggiormente colpiti dalla crisi e quindi con speciale riguardo all'Africa.
Sapete tutti che esiste un fondo della Comunità a cui poter attingere: si tratta di fondi ex MEDA, che oggi si chiamano ENPI (strumento europeo di partenariato e vicinato), ammontanti a 5 miliardi di euro, che l'Unione europea stanzia adottando una sorta di «piano Marshall» per l'Africa, in cui l'agricoltura recita la parte dominante.
Inoltre, sono stati messi in piedi due eventi fondamentali: il primo è un vertice organizzato dalla FAO, dal 18 al 22 novembre 2008, per il monitoraggio di questo piano di azione e di aiuti; nel semestre di presidenza italiana, per la precisione nell'aprile 2009, è prevista la realizzazione di un G8 dedicato essenzialmente al tema della crisi alimentare e al quale sono stati invitati altri sei Paesi (Cina, Sudafrica, Brasile, Messico, India ed Egitto), oltre alle organizzazioni del polo romano dell'ONU (FAO, IFAD e PAM) e alla Banca mondiale. Queste sono le iniziative finora al centro della nostra azione. Restiamo a vostra disposizione per eventuali domande

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano porre questioni o formulare osservazioni.

ENRICO PIANETTA. Questa indagine sta confermando che il primo obiettivo del millennio consiste nel voler dimezzare - nell'ambito di un periodo che va dal 2000 al 2015 - il numero delle persone che, nel mondo, soffrono la fame.
Mi ha fatto piacere che il sottosegretario Scotti abbia rilevato che la presidenza del G8 potrebbe inserire nella propria agenda questo grande obiettivo. Credo che si debba essere abbastanza drastici, non solo perché tale obiettivo non sta per essere realizzato, ma anche perché si tratta soltanto del dimezzamento, non dell'annullamento completo delle persone che al mondo soffrono la fame.
Come è stato detto da qualcuno, alla base di tutto sta la necessità di considerare che il diritto al cibo e all'acqua è un diritto umano. Se questo è vero, allora credo che debba esserci da parte nostra la grande volontà - proprio in vista dell'assunzione di responsabilità insita nella presidenza del G8 - di non dare per scontato che questo obiettivo non si possa raggiungere nell'arco di tempo che ci separa dal 2015.
Molti dati, del resto, ci dicono che stiamo regredendo, rispetto al 2000. Lo ritengo un fatto scandaloso, poiché nel mondo esistono già le condizioni per poter raggiungere l'obiettivo.
Se siamo d'accordo sull'esistenza di tali condizioni - per quanto riguarda la capacità sia di produrre più cibo, sia di mettere in atto modalità di commercializzazione più adeguate - sulla scorta di tutte le considerazioni e gli elementi raccolti durante questa indagine conoscitiva, allora credo che alla base del raggiungimento di questo obiettivo ci sia esclusivamente la volontà politica di raggiungerlo.
Ebbene, al di là delle parole, delle diagnosi e delle considerazioni varie - che indubbiamente possono fornire qualche giustificazione, ma che non ci esimono dall'assumere una drastica posizione e una drastica volontà -, se l'Italia metterà in agenda questo obiettivo per la presidenza del G8, potrà realizzarsi un fatto importante.
Ritengo che il Parlamento, attraverso queste audizioni, debba assumere in termini molto determinati e unitari la volontà di dare al nostro Governo un tale mandato,


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poiché è scandaloso che non si possa raggiungere un obiettivo, quando in effetti il mondo può farlo. È solo una questione di carattere e di volontà politica.

GIUSEPPE RUVOLO. Vorrei porre due rapide domande. Non espongo considerazioni che sono sotto gli occhi di tutti, ma durante il corso di queste audizioni, relativamente alla fattispecie trattata, ho sentito affermare dai molto autorevoli esponenti della FAO che gli impegni finanziari assunti dai vari Governi, nella traduzione concreta, non arrivano neppure al 50 per cento delle promesse fatte.
Vorrei sapere dal rappresentante del Governo qual è l'impegno che l'Italia ha assunto e a quanto ammontano, ad oggi, le risorse erogate a questa organizzazione.
In secondo luogo - peraltro faceva rilevare il sottosegretario Scotti l'intreccio tra crisi finanziaria e crisi di mercato - è chiaro e sotto gli occhi di noi tutti che è avvenuto un aumento esponenziale, per esempio, nel prezzo dei cereali. Rispetto alle risorse finanziarie disponibili, gli acquisti che si potranno fare risultano dimezzati.
Domando come il Governo, che ottempera svariati doveri nei confronti della FAO (uno fra tutti, quello di ospitare la sede operativa nel nostro Paese, qui a Roma), intenda porsi rispetto a questo problema drammatico per il futuro e quali impegni dovrà assumere nei confronti di questa organizzazione.

MATTEO MECACCI. Torno sul tema trattato in precedenza, perché mi hanno colpito in senso positivo alcune delle considerazioni del sottosegretario Scotti. Egli, commentando a braccio la questione, ha detto che si parla molto di cooperazione e sviluppo, ma che alle cifre richiamate andrebbe sottratto quanto i nostri Stati erogano in termini di sussidio alla nostra agricoltura e ai nostri mercati, cosa che di fatto finisce per aggravare i problemi che si cerca di risolvere con i fondi per la cooperazione allo sviluppo, in particolare nel campo agricolo.
Le domando, pertanto, sottosegretario Buonfiglio, se, dal momento che si è deciso in questa conferenza FAO (e, successivamente, in sede europea) di spingere per una maggiore produzione agricola da parte dei Paesi sviluppati, ciò significhi che aumenteranno anche i sussidi all'agricoltura che i nostri Stati daranno ai nostri agricoltori.
In secondo luogo, vorrei sapere se, in realtà, questo aumento dei prezzi dei prodotti agricoli che è avvenuto a livello mondiale possa portare, visto che il valore di questi prodotti aumenta sul mercato, a immaginare una politica di riduzione dei sussidi che lo Stato continua a erogare, ormai principalmente in sede europea, ai nostri agricoltori e che continuano a sortire un effetto molto negativo per quanto riguarda la situazione della produzione agricola nei Paesi in via di sviluppo.

ALFONSO ANDRIA. Parto da una considerazione che avemmo modo di evidenziare già alla vigilia del vertice FAO di giugno, allorché raccogliemmo un'esortazione avanzata dalla FAO stessa, naturalmente rivolta ai Paesi donatori, proprio in relazione alla necessità di accentuare i propri interventi di assistenza e di valutare l'opportunità di riprogrammare gli aiuti ai Paesi poveri, penalizzati dal rialzo dei prezzi delle derrate alimentari.
Il vertice FAO avrebbe confermato questa linea: il Direttore generale Jacques Diouf, con cui abbiamo avuto recentemente occasione di confrontarci, aggiunse anche che era giunto il momento di rilanciare l'agricoltura per rispondere all'impatto generale sui consumatori poveri del rialzo dei prezzi dei prodotti alimentari.
Penso che ci si debba muovere lungo questa direttrice, per seguire, sostanzialmente, una strategia più compiuta, più interdisciplinare, più interconnessa tra le diverse competenze dei differenti ministeri.
Non è un caso, infatti, se oggi sono presenti due sottosegretari. Credo peraltro che esistano altre implicazioni che, per esempio, richiederebbero l'intervento della ricerca. È necessario, cioè, produrre in primo luogo più cibo laddove è più urgente


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adottare politiche e programmi per assicurare il sostentamento di milioni di poveri a rischio di inedia. Molto spesso nelle relazioni (che comprendo siano sacrificate dall'esiguità del tempo disponibile) sento parlare di una connessione molto stretta con le questioni afferenti i cambiamenti climatici. Dobbiamo allora tenere presente le questioni relative alle variazioni demografiche, cioè all'incremento della popolazione mondiale, che di qui al 2050 toccherà picchi elevatissimi, così da predisporre strategie adeguate e politiche di lungo respiro, che sappiano anche intercettare queste nuove emergenze e queste straordinarie necessità.
La seconda questione è quella di promuovere misure per aiutare gli agricoltori dei Paesi in via di sviluppo, attraverso un potenziamento della produttività e un ampliamento della produzione, creando, quindi, reddito e opportunità di impiego. Abbiamo colto, oggi, con soddisfazione, la testimonianza di ciò durante l'audizione dei rappresentanti di Action Aid.
Voglio chiedere di rispondere, nei limiti del possibile, su quanto si sia oggi in grado di fare: se vi siano un'azione concertata e una strategia che, a mio giudizio, non dovrebbero vedere escluso il Parlamento (come qualche collega ha già accennato). Quest'ultimo intende dare - mi pare lo stia dimostrando anche con la sensibilità delle Commissioni competenti - il proprio contributo responsabilmente, consapevolmente e fino in fondo. Per questa ragione, sussiste anche la necessità di richiamare e sollecitare maggiormente l'impegno della comunità internazionale intorno al tema della sicurezza alimentare.
Vengo all'ultimo spunto, ricordando quanto affermò - durante l'audizione - il Direttore generale della FAO, Jacques Diouf. Ormai siamo nello scorcio conclusivo della verifica di medio periodo della politica agricola comune in sede di istituzione europea e sarebbe bene sapere se esistono novità in ordine all'assegnazione di una quota parte delle risorse relative alla PAC, cioè di quel tale risparmio realizzato a cui il direttore generale della FAO si riferiva in ordine a un impegno che il Presidente della Commissione europea Barroso aveva in precedenza assunto.
Vorrei sapere se ci sono avanzamenti in questo senso, oltre che sui concreti affidamenti finanziari del nostro Paese. Alludo, in particolare, al fondo fiduciario per la sicurezza alimentare della FAO, sul quale era avvenuto un affidamento da parte del Governo Prodi (con un impegno poi mantenuto per tre quarti, poiché mi risulta che l'ultimo rateo dovesse essere ancora versato all'epoca in cui la conferenza fu celebrata).
Non siamo in sede di question time, vorrei quindi semplicemente conoscere se il Governo abbia già attivato iniziative per chiedere alla Commissione europea che quell'impegno venga onorato.

MARCO PERDUCA. Non siamo in sede di question time, però mi pare che l'occasione sia abbastanza propizia per porre alcune domande. Abbiamo acquisito informazioni relativamente a un calendario di incontri, ma forse abbiamo acquisito minori informazioni relativamente alla proposta del Governo italiano all'interno di questi consessi, sia che si parli della FAO, sia che si parli di G20. Domando, in primo luogo, che cosa l'Italia ritiene di portare, di concerto con i partner europei, all'interno di queste due riunioni.
In secondo luogo, mi ricollego in parte a una domanda precedente. Limitarsi alla sola quantità di colture mi pare, ahimè, alquanto sterile di fronte al problema di sfamare un miliardo di persone. Non possiamo non porci, se veramente abbiamo a cuore il futuro dell'umanità, anche il problema dell'ecosostenibilità di queste colture. Diversamente, si va a inaridire ulteriormente una parte del mondo che abbiamo già inaridito con politiche scellerate. Domando se, all'interno di un eventuale dibattito che ci deve essere ancora reso noto, è presente la preoccupazione riguardo all'ecosostenibilità.
Insisto, poi, sulla questione demografica. Ancora una volta, questo è «il problema dei problemi»: non includerlo in un dibattito relativo alla sicurezza alimentare, mi pare significhi continuare nello stesso


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tipo di politiche che hanno desertificato il mondo.
Mi pare che oggi, invece, si pensi di far continuare a vivere le popolazioni a spese di un deserto, con ritmi crescenti, in quanto si ritiene che tra i vari diritti ci sia anche quello di scegliere comunque di moltiplicarsi, senza tenere in considerazione il fatto che, molto spesso, questa crescita demografica esponenziale avviene laddove non esistono libertà assolute.

MARIO BARBI. Vorrei chiedere al Governo, rappresentato dai sottosegretari Scotti e Buonfiglio, quanto segue: se ho capito bene, il Governo intende, nel corso della presidenza del G8, impegnarsi in modo significativo sul terreno della sicurezza alimentare, quindi del raggiungimento del primo degli obiettivi del millennio: com'è stato ricordato, il dimezzamento della popolazione che soffre la fame e la malnutrizione.
La domanda che vorrei porre ai sottosegretari è come il Governo intenda rendere credibile il proprio impegno in questo ambito, a partire dall'assunzione del ruolo di coordinamento internazionale con la presidenza del G8, data la condizione, in cui operiamo, di tagli drastici, dal punto di vista dell'impegno finanziario, a tutto il settore della cooperazione. Si tratta di una questione che dobbiamo porci e affrontare insieme, poiché riguarda tutti.
Pongo quindi il tema della credibilità, che non può non essere supportato da impegni corrispondenti alla volontà politica che si dichiara di voler portare avanti.
Un secondo punto è stato evocato dal collega Pianetta, sottolineando il tema della volontà politica riguardo alla possibilità di raggiungere l'obiettivo della riduzione della popolazione che soffre la fame nel mondo, almeno nei termini in cui ci si è impegnati a farlo nel 2000.
Oltre a condividere le affermazioni del collega Pianetta, mi chiedo se, anche sul piano parlamentare, questo auspicio e questa indicazione possano trovare forme congiunte per manifestarsi e trasformarsi in impegni, precisi e verificabili, da parte del Governo.
Mi pongo un'ulteriore questione: dal punto di vista concettuale ho sentito la mancanza di una considerazione, in tutti gli interventi, su quanto segue: esistono almeno due piani distinti, dal punto di vista temporale, che riguardano il modo di affrontare il problema della fame. Un primo piano è quello che prevede di porre rimedio in termini immediati e ravvicinati, tramite aiuti che debbono raggiungere i destinatari in tempi prevedibili e secondo modalità precise (parliamo, tra l'altro, di 950 milioni di persone che versano in queste condizioni); un altro piano, invece, è quello delle politiche e delle strategie di sviluppo che consentano, nel lungo termine, a queste popolazioni di essere autosufficienti nella produzione agricola, o comunque di entrare in possesso di mezzi economici sufficienti per procurarsi il sostentamento alimentare e quant'altro.
Si tratta di due piani distinti che credo, anche concettualmente, dovrebbero essere proposti all'attenzione in modo distinto, in quanto prevedono azioni politiche e iniziative di tipo diverso.
Mi chiedo in che modo questa questione sia presente e come venga affrontata.

FRANCESCO TEMPESTINI. Vorrei esprimere la mia profonda insoddisfazione per questa audizione. Per essere molto sintetico e per dare un senso al richiamo alla rapidità, dico solo che abbiamo ascoltato l'elencazione di una serie di eventi, abbiamo appreso che il Governo a tali eventi parteciperà e che si farà promotore della loro moltiplicazione.
Mi spiace dirlo, ma, dagli interventi che sono stati pronunciati, non ho colto alcun elenco di priorità. Ho preso atto che il sottosegretario Buonfiglio ci ha spiegato che il Governo precedente non aveva una cultura dell'agricoltura, mentre l'attuale ce l'avrebbe. A parte questa considerazione, che non ho trovato molto convincente, vorrei sapere qualcosa in più.
Vorrei sapere che cosa facciamo, nell'ambito della PAC, in relazione alle tematiche ormai ben note e quindi, di conseguenza, qual è il comportamento che


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intendiamo assumere alla ripresa dei negoziati del Doha Round.
Vorrei anche sapere che cosa abbiamo in mente di proporre, rispetto a un macroscopico elemento di dissesto come quello dell'attuale organizzazione e funzionamento della FAO. Domando se esista un tema di riforma; come ci si voglia orientare al riguardo; quale sia l'orientamento del Governo sulla questione OGM (organismi geneticamente modificati), problema molto importante e serio. Potrei continuare a lungo.
Mi pare che qui sia mancato quel tipo di approccio in base al quale abbiamo la possibilità di selezionare ragionamenti e non ascoltare semplicemente l'elencazione di eventi prossimi o futuri. Vorremmo, ad esempio, conoscere l'opinione del Governo sull'esplosione del biofuel.
Voglio ribadire che la mia insoddisfazione nasce dal fatto che il Governo si è presentato in questa sede senza un'elencazione ragionata di priorità. Abbiamo ascoltato, invece, una serie di considerazioni generali che - francamente - non ci fanno compiere un grande passo in avanti.

FEDELE SANCIU. Rivolgo il mio l'apprezzamento nei confronti delle Commissioni, per l'iniziativa portata avanti e per il lavoro che il Governo sta svolgendo in questo periodo.
La posizione dell'onorevole Tempestini mi sembra sbagliata, anche perché si rileva un grande sforzo per affermare il ruolo dell'agricoltura italiana in Europa.
Si tratta del contributo che si sta fornendo attualmente per creare le condizioni per cui, quando si riformerà la PAC, l'Italia rivesta un peso e un ruolo fondamentali e per cui la nostra agricoltura possa essere riconosciuta per il ruolo che effettivamente svolge. Mi riferisco non solo allo sviluppo di un'agricoltura di qualità e di livello elevati, ma anche alla creazione di quella cultura in grado di sviluppare condizioni tali per cui, nell'ambito dei Paesi industrializzati ad economia più avanzata, l'agricoltura stessa ricopra un ruolo fondamentale non solo dal punto di vista economico, ma anche dal punto di vista strategico, come valore aggiunto nella salvaguardia e nel presidio del nostro territorio.
Mi pare che il Governo sia abbastanza impegnato. Lo dimostra il fatto che il G8, in uno dei momenti più importanti, cioè in una fase delicatissima in cui si parla di crisi globalizzata che sta devastando il sistema finanziario internazionale e sta creando incertezza, pone al centro dell'attenzione problemi che toccano fasce importanti della popolazione mondiale. Questa è la dimostrazione di una grande sensibilità e di un ruolo importante del nostro Paese, nei confronti di chi sta molto peggio di noi.
Ricordiamo qui che un miliardo di persone ha problemi ad alimentarsi quotidianamente; che nel 2050 la popolazione mondiale raggiungerà circa i 9 miliardi di persone; che il trend è tale per cui sempre più persone non avranno la possibilità di avvicinarsi al cibo.
Quindi, la posizione e l'azione che il Governo sta portando avanti è volta a creare le condizioni affinché i Governi dei Paesi più forti (quelli che si riuniranno appunto nel 2009) siano in grado di aiutare i Paesi in cui si soffre, i quei territori dove non esiste alcuna condizione favorevole per un progetto di sostentamento e le popolazioni che hanno bisogno di noi, per risolvere il problema della fame nel mondo.
Ha detto bene, poco fa, il mio collega: sussistono tutte le condizioni per realizzare politiche mirate sia all'utilizzo delle risorse idriche nel mondo, sia alla produzione di alimenti o all'uso delle aree che possono essere coltivate per risolvere questo cronico problema.

PAOLO RUSSO, Presidente della XIII Commissione. Il sottosegretario Scotti ha fornito un'illuminante esposizione rispetto alla vicenda secondo cui i Paesi industrializzati da una parte concedono aiuti, ma dall'altra sottraggono risorse, proprio grazie agli incentivi alle produzioni europee, ai dazi e alle limitazioni a quelle che definisco per brevità «importazioni WTO».


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Siccome, così disegnata, escludo che l'Europa possa essere paragonata a una specie di creditore che mantiene artificialmente in vita il proprio debitore, in regime sostanzialmente vicino all'usura - è evidente che non è così -, avrei piacere di sapere se abbiamo dati di studio più specifici, che ci possano consentire un approfondimento su una questione che, credo opportunamente, il sottosegretario ha illustrato, ma che merita probabilmente ulteriori riflessioni.
Pongo al sottosegretario Buonfiglio un'altra questione: il ministro, a più riprese, ha rivelato come esista una questione importante riguardante i rifiuti da agricoltura. Una quota rilevante di prodotti della nostra agricoltura non giunge sulla tavola dei nostri consumatori, o dei consumatori del mondo, oppure, se vi giunge, viene immediatamente scartata come rifiuto, ancora intonsa, intatta. È evidente che un lavoro su questo fronte rappresenterebbe non solo un'attività a «saldo zero», ma diventerebbe addirittura a saldo attivo, se risparmiassimo tutti i costi di smaltimento e se potessimo investire le risorse risparmiate in logistica, in aiuti, in ricerca, in sistemi per giungere più rapidamente al consumatore europeo e, ovviamente, anche dei Paesi in via di sviluppo.

VINCENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Sulla questione sottolineata dall'onorevole Pianetta, cioè sulla necessità di avere chiari gli obiettivi che si vogliono raggiungere, con grande realismo, credo che, proprio nel dibattito avvenuto alle Nazioni Unite nel quadro dell'evento convocato dal Segretario generale, abbiamo preso coscienza della complessità - uso un eufemismo - del raggiungimento dell'obiettivo primo, che pure appare così modesto rispetto alla drammaticità della fame. Si tratterebbe, infatti, di dimezzare e non di estirpare.
Se teniamo i piedi per terra e guardiamo alla situazione globale attuale, ci rendiamo conto di quanto sia arduo l'obiettivo, pur avendo tutta la volontà e la determinazione di riproporlo con forza nei prossimi incontri internazionali, come impegno collettivo. Non abbiamo preso coscienza della drammaticità della situazione. Basti pensare che, in Inghilterra, sono state sufficienti due sole settimane per cancellare un lungo periodo di politiche economiche. La nazionalizzazione delle banche non è paragonabile a quella dei telefoni o delle ferrovie: si è trattato della nazionalizzazione del cuore del sistema capitalistico moderno, vale a dire della finanza, avvenuta nel suo centro mondiale, cioè Londra.
Arrivare a questo punto significa avere ben chiaro che non siamo ancora arrivati al fondo della crisi. La dimensione di quest'ultima non è detto che non metta in gioco, con l'«effetto domino» che si sta verificando, lo sviluppo non solo dei Paesi più poveri, ma anche dei Paesi emergenti. Non so quanto l'effetto si stia ripercuotendo non solo sulla struttura finanziaria, ma anche sulla struttura produttiva dell'economia brasiliana o messicana, tanto per citare due Paesi emergenti dell'America latina.
Ho fatto all'inizio un'affermazione precisa: la crisi alimentare che la FAO ha affrontato a giugno presentava uno scenario delle condizioni di sviluppo dell'economia mondiale radicalmente diverso da quello al quale ci troviamo oggi di fronte. Se non partiamo da questo dato, possiamo anche fare un elenco di tutte le vecchie ricette, senza però riuscire a venirne fuori.
Io non ho recitato un elenco di eventi, bensì ho sottolineato un aspetto radicalmente diverso. Certo, non ci si può limitare a stilare la rassegna delle buone intenzioni e così sono partito da un dato: la situazione non si affronta in termini congiunturali, bensì strutturali, esaminando i nodi complessivi del sistema e trovando necessariamente un' intesa a livello globale.
Se l'Europa pensa di risolvere il proprio problema della PAC rimanendo chiusa in se stessa, sbaglia clamorosamente. Credo che oggi i leader europei siano profondamente convinti di questo dato.


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Il punto di partenza della nostra discussione non è più quello di sei mesi fa. Ho detto che il problema è considerare l'insieme dei diversi fattori e, soprattutto, tenere conto che la novità - io mi auguro che questa sia anche la novità della nuova amministrazione americana - risiede nell'aspetto della cooperazione e integrazione.
L'Europa non va da nessuna parte, con la sua politica agricola, perché i Paesi in via di sviluppo rifiutano «la politica delle mance». Dobbiamo renderci conto che dobbiamo affrontare il tema dello sviluppo, il che significa commercio, struttura dell'industria alimentare mondiale.
Vi fornisco un dato incredibile: abbiamo una disponibilità di alimenti nel mondo che potrebbe soddisfare tutti. Viviamo la contraddizione di una parte del mondo soffre la fame, mentre l'altra parte soffre la pandemia dell'obesità e del diabete. La conseguenza di una tale situazione è che, oggi, l'espansione del diabete e dell'obesità nei Paesi in via di sviluppo, quelli che passano dalla povertà alla crescita, sta crescendo con un ritmo superiore a quello dei Paesi industrializzati avanzati.
Il fenomeno è dovuto al fatto che ciò che esportiamo per primi sono i nostri alimenti e i nostri stili di vita. A questo punto, noi discutiamo delle dimensioni delle politiche di aiuto - che sono fondamentali e importanti, tornerò su questo - e delle quantità, perché sfuggiamo ai nodi veri del problema. Continuiamo a sfuggire, affrontando questi temi e queste questioni.
Come seconda considerazione, vorrei ribadire che ho posto le questioni sul tappeto, sapendo che non esistono ricette facili. Se immaginiamo di assumere da soli alcune ricette facili, diventa importante capire, a questo punto, quale sarà l'orientamento e l'attitudine del G20 che si riunirà a Washington.
L'attitudine europea - a cui noi abbiamo concorso, assieme a Francia e Germania - è quella di voler affrontare complessivamente il tema dello sviluppo, di non fermarci alla crisi finanziaria e al problema delle regole della finanza. Certamente questo è il tema centrale, che però non risponde al tema dello sviluppo. Da parte dell'Italia, è questa l'impostazione politica.
Non entro nel merito tecnico, mi limito a esporre l'impostazione e la linea politica del Governo, finalizzata al G8 e tesa a porre sul tappeto l'interconnessione tra crisi alimentari, energia, clima e finanza e ad evitare di cogliere un petalo abbandonando gli altri. Si parte dalla considerazione che, o politicamente si raggiunge l'obiettivo della cooperazione e dell'integrazione (giacché questa è la sfida), oppure continuiamo a ragionare come se fossimo chiusi dentro noi stessi, come se le soluzioni dipendessero non dallo sforzo di cambiamento globale, ma da qualche cambiamento nostro particolare.
Mi avvio alla conclusione, anche se il tema meriterebbe una riflessione, andando verso il G8.
Come ministero abbiamo chiesto, insieme all'OCSE e al direttore del DAC, di affrontare il tema redigendo un libro bianco sulla cooperazione, intesa non soltanto come l'aiuto di Stato allo sviluppo, ma anche della cooperazione allo sviluppo, mettendo insieme tutte queste realtà e cercando di stilare un bilancio di riflessione, per vedere quali politiche intraprendere all'interno e in cooperazione con gli altri.
Assieme al DAC, abbiamo chiesto di convocare a Roma, prima del G8, la Conferenza dei ministri dello sviluppo dei Paesi dell'OCSE, perché insieme abbiamo bisogno di riconsiderare i contenuti che attribuiamo alle parole «sviluppo» e «politiche di sviluppo».
A questo punto, dobbiamo muoverci al fine di conoscere il peso di ciascuno degli strumenti che abbiamo a disposizione a livello mondiale, a partire dal commercio e quant'altro.
Per quanto riguarda la cogestione dell'emergenza, l'Italia nel 2008 ha più che raddoppiato gli aiuti alimentari. Il G8, nel suo insieme - come ho detto prima - ha destinato 10 miliardi di dollari per l'aiuto alimentare di emergenza. Ho anche aggiunto, però, che questo è stato un impegno


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preso soltanto per far fronte alla gravità della situazione. Abbiamo agito in questa direzione.
Credo che, in questo contesto, dobbiamo affrontare certamente il tema della quantità che il Paese destina, nell'ambito delle priorità generali, alle politiche degli aiuti. Mi auguro che iniziative parlamentari bipartisan possano muoversi in questa direzione, perché si possa arrivare a una soluzione che ci porti a una condizione di aumento degli stanziamenti previsti. La ritengo una nostra esigenza e l'assumo nel senso di rendere credibile il movimento sulle due direzioni: la quantità e l'effettività.
Forse una discussione delle Commissioni sul documento di Accra, alla cui elaborazione abbiamo contribuito (documento estremamente importante, che fissa con grande lungimiranza una linea di politica di cooperazione allo sviluppo), credo che possa essere alla base non solo del G8, ma anche della FAO.
Alla riforma della FAO stiamo lavorando. Quello che arriva a decisione nei prossimi mesi è un dato importante: il riordinamento del polo alimentare delle Nazioni Unite a Roma è condizione essenziale di una politica strutturale. Senza gli strumenti finanziari e strutturali, infatti, non si va da nessuna parte.
Mi fermo qui e chiedo scusa se non ho risposto adeguatamente agli interrogativi che sono stati posti.

PRESIDENTE. Do la parola al sottosegretario Buonfiglio per la replica.

ANTONIO BUONFIGLIO, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Procederò per materia, non volendomi in alcun modo sottrarre alle domande. Innanzitutto, rispondo sulla situazione europea. Per la prima volta, il Direttore generale della FAO Diouf non ha affermato che il problema della povertà è solo un problema dell'autosufficienza e della sovranità alimentare dei Paesi terzi.
La novità della Conferenza mondiale di giugno è che il problema della fame e della sovranità alimentare investe l'intero mondo. Questo è il messaggio che è venuto anche dalla Conferenza della FAO, così come dal vertice del G8 e, per alcuni versi, anche nelle relazioni commerciali non chiuse al WTO, nell'ultima sessione.
Si è trattato del frutto di scelte di politica agricola comunitaria ideologicamente ordinate e, per di più, sbagliate. Nel tempo, abbiamo sempre avuto una visione dell'agricoltura e delle relative politiche assolutamente eccedentaria, che ha dato luogo a una serie di distorsioni sul mercato che hanno portato ad esempio alla crescita della domanda di Paesi emergenti (Cina e India), che è stata sottovalutata e che ha messo in crisi il diritto al cibo che tutti riconoscono.
Ciò è dovuto sicuramente all'effetto della speculazione, perché, dopo aver investito il terreno finanziario, la speculazione è passata al terreno delle materie prime e tra queste anche alle materie prime agricole.
Molto, però, è anche dovuto a un'impostazione di politica agricola sia degli Stati membri, che della Comunità nel suo complesso, considerandola un'attività da Paese terzo - quella di prima non era una polemica: recitavo solo quanto scritto nell'ultimo Documento di programmazione economico-finanziaria del Governo Prodi l'anno precedente il G8 -.
L'invito vero è a «cambiare di passo». Chiaramente, nessuno pensa di aumentare i sussidi dal 47 per cento a salire, anche se ricordo a tutti che, al momento dell'istituzione della Comunità europea, il bilancio comunitario impegnato per l'agricoltura era pari al 70 per cento (però, erano altre condizioni, era un momento di ricostruzione e l'agricoltura rappresentava veramente l'attività primaria). Oggi sussistono le condizioni affinché l'agricoltura, se non attività primaria in senso cronologico e di classifica, ridiventi attività produttiva.
Nonostante le politiche sussidiarie, così come i Paesi del terzo mondo, anche l'Europa non è autosufficiente dal punto di vista alimentare. All'interno dell'Europa il nostro Paese, che ha un grande made in Italy


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di cui tutti ci riempiamo la bocca, non è sovrano dal punto di vista alimentare.
Questo, quindi, è l'impianto in base al quale si affronta la riforma della Politica agricola comune nonché l'health check attualmente in corso.
Sicuramente non si verificherà un aumento di sussidi, ma certo non si può impostare la questione solo da un punto di vista ideologico, pensando che i sussidi all'agricoltura europea affamino i Paesi del terzo mondo. Di fatto, anche il far emergere colture intensive nei Paesi del terzo mondo e usare questi ultimi semplicemente come fornitori di materie prime da trasformazione per l'industria in Europa, conduce tali Paesi ad essere da una parte sfruttati e dall'altra dipendenti e non autosufficienti da un punto di vista alimentare.
Proprio in questo senso, uno degli interventi più importanti al vertice della FAO del 3 giugno è stato quello del Presidente della Repubblica, il quale invitava i Paesi europei - l'Italia per prima - ad esportare nei Paesi terzi tecnologie, capacità di lavorazione, modalità di trasformazione, così da aiutare lo sviluppo di produzioni locali.

PRESIDENTE. Sottosegretario Buonfiglio le chiedo scusa, purtroppo ci chiedono di interrompere. Se intende allegare un documento scritto, eventualmente, ce lo può consegnare.

ANTONIO BUONFIGLIO, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole e forestali. La posizione dell'Italia è quella che ho illustrato. Ci tengo a rispondere a quanto prima richiesto dal senatore Andria e cioè che comunque, anche con la riduzione dei costi della PAC, la posizione dell'Italia è che una parte delle risorse venga destinata all'aiuto ai Paesi in via di sviluppo.
Peraltro, da questo punto di vista, la nuova formulazione dell'articolo 68 - su cui prima non mi sono dilungato, perché da un lato mi scusavo per il ritardo, dall'altro pensavo che l'eccessivo tecnicismo fosse non usuale alle Commissioni congiunte - ex articolo 69, che prevede finora (ma penso che sarà così anche il 19 novembre, alla scadenza dell'health check), la destinazione del 15 per cento della politica agricola comune (il 5 per cento per strumenti assicurativi e il 10 per cento per intervenire nelle crisi di mercato) risponde a un triplice esigenza: creare stock strategici per i momenti di difficoltà delle popolazioni europee, investire anche in aiuti umanitari nei confronti dei Paesi vittime di una situazione di emergenza e, da ultimo, il sostegno delle produzioni italiane ed europee, qualora non vi siano aiuti di mercato.

PRESIDENTE. Nel ringraziare i sottosegretari Buonfiglio e Scotti per la disponibilità manifestata, annuncio che i risultati di questa indagine delle Commissioni riunite potranno essere oggetto di un documento conclusivo, acquisendo anche i documenti di un incontro avuto la settimana scorsa, assieme ai senatori Marcenaro e Piccioni, con Biodiversity international global group fund.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,10.

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