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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissioni Riunite
(III Camera e 3a Senato)
1.
Mercoledì 3 dicembre 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Stefani Stefano, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PRESIDENZA ITALIANA DEL G8 E LE PROSPETTIVE DELLA GOVERNANCE MONDIALE

Audizione del Ministro degli affari esteri, Franco Frattini:

Stefani Stefano, Presidente ... 3 10 12 17 19
Corsini Paolo (PD) ... 14
D'Amico Claudio (LNP) ... 13
Dini Lamberto, Presidente della 3a Commissione del Senato ... 16
Frattini Franco, Ministro degli affari esteri ... 3 17
Livi Bacci Massimo (PD) ... 11
Mecacci Matteo (PD) ... 10
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONI RIUNITE
III (AFFARI ESTERI E COMUNITARI) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E 3a (AFFARI ESTERI, EMIGRAZIONE) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 3 dicembre 2008


Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE STEFANO STEFANI

La seduta comincia alle 14,30.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro degli affari esteri, Franco Frattini.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dei lavori dell'indagine conoscitiva sulla presidenza italiana del G8 e le prospettive della governance mondiale, l'audizione del Ministro degli affari esteri, Franco Frattini.
Do la parola al Ministro Frattini, ringraziandolo per la sua presenza.

FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Grazie molte, presidente; grazie, presidente Dini.
Cari colleghi, voi sapete che la preparazione della presidenza italiana del G8 è stata avviata già da tempo e che, ovviamente, stiamo delineando alcuni scenari che ne costituiranno l'agenda, in relazione alle varie tematiche - evidentemente oggi in evoluzione - che saranno di interesse sia del G8, sia delle altre formazioni flessibili con le quali ci dovremo confrontare (e sulle quali, ovviamente, dirò qualcosa).
Direi che, certamente, la prima grande caratteristica di cui si deve tener conto nella preparazione di un'agenda come questa è l'evidente interconnessione esistente tra tutti i fenomeni riguardanti le principali aree regionali del mondo.
Tali fenomeni comprendono: le dinamiche economico-finanziarie, con la grande crisi globale che tutti stiamo registrando; altri fenomeni fonte di grande preoccupazione per noi, come la minaccia globale del terrorismo che, anche recentemente, ha fatto sentire la sua voce tragica in India; alcune sfide, anch'esse di carattere globale, come quella climatica inerente alla protezione dell'ambiente; l'attenzione necessaria verso la povertà, la situazione energetica e la crisi alimentare; il grande sistema che pone Paesi ricchi e Paesi in via di sviluppo nella necessità di condividere obiettivi di crescita; le crisi regionali, a cui ovviamente accennerò, presenti in tutti i continenti, riguardanti grandi o grandissime aree e di cui il G8 deve necessariamente occuparsi.
Partiamo dall'emergenza economico-finanziaria, ossia dalla crisi che, di recente, ha dato l'impulso ad un nuovo formato del summit, a venti membri. Tale formato è nuovo a livello di capi di Governo, mentre il G20 aveva già funzionato a livello di ministri dell'economia.
La formula G20, riunitasi per la prima volta a livello di capi di Stato e di Governo a Washington, ha inaugurato un'azione che risponde alla necessità di riformare il sistema finanziario internazionale, ormai invecchiato.
Questo è un primo punto su cui, evidentemente, lavorerà la prossima presidenza del G8, d'intesa con il coordinamento G20.


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Noi pensiamo a un coordinamento stretto, sin dalle prime settimane dell'anno, che possa condurre ad un primo incontro dei ministri economici, in un formato G8-G20 che si coordineranno, ancor prima del Consiglio europeo di primavera.
Quest'ultimo, come sapete, si terrà a marzo, in modo che poi la Gran Bretagna, che avrà il coordinamento del G20 nel 2009, possa organizzare un summit ulteriore di capi di Stato e di Governo, ad aprile, a Londra, a cui potrà far seguito una nuova iniziativa, questa volta sotto il coordinamento italiano, durante i lavori del summit de La Maddalena, all'inizio di luglio.
Il primo ambito di azione, quindi, è il coordinamento G8-G20 per la crisi economico-finanziaria. Gli obiettivi sono già stati assunti a Washington e comprendono: un piano dettagliato di azione internazionale, basato su una nuova regolamentazione dei mercati finanziari; e, più concretamente, maggiori trasparenza e controllo, da un lato; e, dall'altro, maggiore coordinamento internazionale; con lo scopo finale di garantire un flusso verso l'economia reale capace di attenuare l'impatto che, a partire dai prodotti finanziari e dalle banche, rischia di riflettersi sull'economia reale, cioè sulle imprese.
Un altro obiettivo assunto a Washington è la revisione dell'architettura finanziaria internazionale, ossia delle cosiddette «istituzioni di Bretton Woods», create oltre cinquant'anni fa. A tal proposito, si sta pensando a un meccanismo globale di allerta e di prevenzione delle crisi.
In questo ambito non ha funzionato quello che in altri settori si chiama early warning, cioè un sistema che consenta di avvisare e prevenire piuttosto che, ovviamente, intervenire.
Al tempo stesso, tra gli obiettivi di Washington c'è una garanzia di intervento reattivo rapido per i Paesi in difficoltà. Non parlo soltanto dei membri del G20, ma anche - direi, forse: anzitutto -di quei Paesi che potrebbero rischiare di rimanere stritolati tra i Paesi ricchi del G8 ristretto e le potenze emergenti del cosiddetto «G20»: ne resterebbero fuori proprio coloro che potrebbero subire gli effetti più gravi della crisi, ossia i Paesi in via di sviluppo e i cosiddetti «Paesi poveri». Di questo occorrerà, ovviamente, occuparci.
Abbiamo certamente alcune importanti scadenze, che ci impongono di dare attuazione ad alcuni obiettivi tematici - parlerò tra breve della questione concernente ambiente, energia e clima - ma sicuramente anche di occuparci dello sviluppo sostenibile, della lotta alla povertà e di altri temi orizzontali che toccano la politica estera internazionale, quali il disarmo, la non proliferazione (in particolare nucleare) e la sicurezza, con un particolare accento al contrasto al terrorismo.
Per fare tutto questo - lo dico con grande chiarezza - il G8, così com'è, non può più funzionare, ma deve cambiare pelle; non saremo noi a decretarne la fine, ma inaugureremo un rapporto più strutturato con le grandi economie emergenti.
Si sente parlare - sono ovviamente anticipazioni prive di ogni fondamento - di un G16 o di un G14, ma non darei troppi numeri e direi semplicemente che il modello del G8 ristretto può essere una base di partenza con cui preparare alcune grandi tematiche che, a partire dal 2009, anno di presidenza italiana, devono essere affrontate strutturalmente, insieme alle grandi potenze emergenti esistenti e a quelle che si affacciano sulla scena internazionale.
Noi struttureremo in modo più solido il processo di Heiligendamm: gli addetti ai lavori sanno che si tratta di un esercizio inaugurato dalla presidenza tedesca del G8, che ha allargato a Brasile, Cina, India, Messico e Sudafrica i lavori del gruppo ristretto.
Essi verranno ulteriormente allargati all'Egitto - un Paese nordafricano, ma al tempo stesso arabo-musulmano, moderato e profondamente mediterraneo - che crediamo abbia già dimostrato, in un'ottica di responsabilità condivisa, di essere un partner affidabile, che sta svolgendo e svolgerà, ad esempio, un ruolo cruciale per arrivare alla pace in Medio Oriente.


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Certamente, con questo obiettivo, noi vogliamo creare le condizioni per fare del vertice de La Maddalena il momento costituente di questa nuova governance internazionale. Dico «il momento costituente», perché al vertice dei capi di Stato e di Governo noi daremo l'espressione concreta di questa strutturazione tra gruppo degli otto ed economie emergenti, che sono anche potenze politiche emergenti.
Credo che nessuno dubiti del fatto che l'India, per esempio, oggi co-protagonista nella lotta al terrorismo, non sia solo un grande attore economico, ma anche un grande attore politico.
Daremo, quindi, una struttura al dialogo tra questo gruppo di potenze emergenti, organizzato in modo più stabile, e altri Paesi che non sono e non saranno componenti di questo gruppo; penso, ad esempio, alla leadership dei Paesi africani, che verrà coinvolta nei nostri lavori, a livello di capi di Stato e di Governo; e penso ad altri Paesi - farò poi degli esempi - che verranno coinvolti a livello di ministri degli esteri o di altri ministri.
Si tratta, quindi, di una strutturazione flessibile, intorno ad un nuovo modello di governance che, per la prima volta, vedrà stabilmente organizzati i lavori di un gruppo ristretto e di un gruppo allargato di potenze emergenti, per definire le tematiche e per lavorare su di esse.
Questa idea è il contributo generale che la presidenza italiana vuole dare ai lavori di riflessione sulla governance internazionale e per la sua attuazione.
Sul tema dell'economia reale, ovviamente, ci aspettiamo che questa collaborazione rafforzata, ma anche allargata, possa dare un contributo concreto, per il quale nessuno ha una bacchetta magica, ma tutti possono dare suggerimenti e proporre soluzioni: non sulla sola riforma delle istituzioni di Bretton Woods, per esempio, ma anche su come creare una crescita sostenibile in Paesi e in aree regionali dove non è stato ancora trovato l'equilibrio tra la crescita, da un lato, e la sostenibilità, dall'altro.
Sul clima, noi immaginiamo un'azione di ancor maggiore coinvolgimento: non bastano gli otto cosiddetti «grandi», né bastano gli altri Paesi emergenti, ma occorre chiamare a partecipare ai nostri lavori anche gli altri Paesi emettitori di CO2, senza i quali una discussione sulla riduzione strutturale dell'inquinamento avrebbe poco senso.
Questi lavori della presidenza italiana e degli altri Paesi che lavoreranno con noi ha un obiettivo: creare un accordo ambizioso da presentare all'Assemblea generale dell'ONU, a settembre 2009. Questo sarebbe il viatico migliore per l'apertura della Conferenza di Copenhagen che, come voi sapete, si apre esattamente alla fine del prossimo anno.
I passaggi sul clima presuppongono, prima, un accordo europeo, sul quale stiamo lavorando; poi, il lavoro del G8; e infine, io credo, un'azione a livello di Assemblea generale delle Nazioni unite, il che darebbe alla Conferenza di Copenhagen la possibilità di avere successo.
C'è, poi, ovviamente, il grande tema dell'aiuto allo sviluppo; come vi ho accennato, sarà indispensabile il coinvolgimento diretto dell'Africa e della sua leadership, a cominciare dall'Unione africana.
Parlando di economia e di crescita, dovremo saper resistere, nei lavori del G8 economico-finanziario, alla grande tentazione del protezionismo, a cui porremo delle chiare barriere.
Non possiamo immaginare di passare da un sistema in cui il mercato senza regole era considerato il bene assoluto da rispettare ad un sistema in cui una iper-regolazione porti al pericolo di un nuovo protezionismo.
Ecco perché, proprio mentre noi sosteniamo il rilancio dello sviluppo, sosteniamo anche la necessità di un accordo commerciale equilibrato per il WTO.
Il messaggio uscito dal G20 di Washington è già chiaro. Credo che occorra un accordo equilibrato sul commercio internazionale, in grado di dare un impulso positivo alle esportazioni e alla ripresa economica; e di diventare una parte fondamentale di un concetto di sviluppo che


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non si può basare solo sull'economia reale, ma che deve basarsi anche su un sistema di mercato a livello mondiale, dotato delle sue regole, ovviamente, ma senza che si trasformi in un protezionismo.
Ho accennato al tema dei cambiamenti climatici. Noi siamo certamente alla ricerca di un accordo anzitutto europeo, al Consiglio europeo di dicembre. L'Italia ha portato le sue obiezioni al tavolo del negoziato in corso, dove si stanno facendo dei passi avanti importanti.
È evidente che, come presidenza del G8, noi sottolineeremo un punto che abbiamo già evidenziato nel negoziato europeo, ossia che, a nostro giudizio, per affrontare il tema dell'ambiente, occorre un'assunzione di responsabilità da parte di tutti gli attori dell'economia globale: non solo da parte della piccola Europa, ma anche da parte dei grandi produttori di emissioni, che debbono concordare su un'unica linea.
Questo può portare alla prospettiva di un accordo in sede di Nazioni Unite e aprire la via ad un buon successo della Conferenza di Copenhagen.
Se Cina, India e Stati Uniti non fossero della partita, sarebbe illusorio - lo dico brutalmente - pensare che noi, piccola Europa, possiamo farci da soli un accordo globale sui cambiamenti climatici, il quale non avrebbe che un effetto marginale.
È evidente che, per il post-2012, cioè per il post-Kyoto, noi punteremo sulle tecnologie innovative: ne parleranno già i ministri dell'ambiente che, come di consueto, si riuniranno durante il G8 a presidenza italiana.
Anche se alcuni lo hanno fatto, io non voglio parlare di un business della tecnologia ambientale, ma credo che vi siano grandi opportunità per l'impresa - e, in particolare, per la nostra impresa - di scommettere, ora, sullo sviluppo delle tecnologie innovative per la riduzione delle emissioni. C'è una grande opportunità, che dobbiamo cogliere; e certamente dobbiamo promuovere dei programmi di partenariato pubblico-privato, che in questo settore sono assolutamente necessari.
Un altro tema-chiave per il mondo è quello della sicurezza e della disponibilità energetica. È chiaro che, quando parliamo di energia, dobbiamo parlare anzitutto della povertà energetica diffusa in molte aree del nostro pianeta.
Noi puntiamo, da un lato, sull'efficienza e sul risparmio; e, dall'altro, sulla diversificazione verso fonti rinnovabili alternative e sulle tecnologie più innovative per l'uso sostenibile dei combustibili fossili.
Durante la nostra presidenza del G8 perseguiremo l'idea di un dialogo strutturato tra Paesi produttori e Paesi consumatori, che è necessario ed urgente.
Un'altra grande area tematica a cui ho accennato riguarda il modo in cui occuparci delle economie dei Paesi davvero poveri. Gli obbiettivi di sviluppo del millennio restano una nostra priorità. Dobbiamo e vogliamo sostenere i fattori - tutti i fattori - che concorrono allo sviluppo: non soltanto gli aiuti, ma anche, ad esempio, nuove forme di partenariato tra pubblico e privato, strumenti innovativi di finanziamento e commercio.
Come sapete, qualcuno ha detto che, se noi riducessimo di un punto le aliquote dei dazi dei prodotti commerciali agricoli del sud del mondo, avremmo fatto tanto quanto si ottiene con l'intero ammontare degli aiuti erogati dai Paesi ricchi ai Paesi cosiddetti «poveri».
Ovviamente, restando al tema dell'aiuto allo sviluppo, l'institution-building e il peace-building sono elementi fondamentali. A questo fine, coinvolgeremo in modo strutturato le autorità locali - che esercitano il governo del territorio - e non solo gli Stati e la cosiddetta «società civile».
Questa è una via che, come voi tutti sapete, si è aperta a settembre scorso, alla Conferenza di Accra, ed è stata confermata nella Conferenza di Doha sul finanziamento allo sviluppo, conclusasi qualche giorno fa.
Sia nell'una sia nell'altra occasione, l'Italia ha dato un contributo molto attivo, in termini di proposte, perché abbiamo suggerito un approccio sistemico, che superi il tradizionale ruolo di erogatori di


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risorse e di denaro, per avviarsi a un coinvolgimento ed a una co-gestione dei processi, ossia a quella che, in gergo, si chiama co-ownership.
Noi non possiamo imporre scelte o soluzioni, neanche se queste si risolvono nell'erogazione di fondi. Dobbiamo lavorare insieme ai destinatari per definire l'agenda, quindi vogliamo creare dei partenariati inclusivi con gli attori interessati.
Inoltre, dobbiamo chiedere maggiore contabilità per tutti gli interventi di aiuto allo sviluppo. Non possiamo accettare quello che il mio ex collega, Commissario europeo agli aiuti allo sviluppo, indicò tre anni fa come «il dramma del 20 per cento». Questo dramma consiste nel fatto che, su cento dollari destinati agli aiuti, solo venti arrivano ai territori interessati, mentre gli altri ottanta si perdono, per varie ragioni, lungo i percorsi: per la burocrazia, per la corruzione, per la lunghezza delle procedure, per le costose missioni di esplorazione, che esplorano ma nulla fanno.
Il meccanismo di contabilità e di responsabilità, allora, deve essere accentuato: dobbiamo favorire gli investimenti privati diretti, che tanto spesso ci dimentichiamo.
Pensate a questa cifra: gli investimenti privati diretti nei Paesi in via di sviluppo, nel 2007,sono stati pari a 460 miliardi di dollari; ad essi si aggiungono 250 miliardi di dollari provenienti dalle rimesse degli emigranti.
Se paragonate questa cifra alla somma dell'aiuto pubblico dei cosiddetti «Paesi ricchi» che, nello stesso 2007, è stato pari a solo 100 miliardi di dollari, voi comprenderete perché la Conferenza di Doha, lo scorso fine settimana, ha detto con grande chiarezza che, se noi non mettiamo insieme queste fonti di finanziamento e non le coordiniamo, con i 100 miliardi totali di aiuto, che magari potranno anche ridursi per la crisi economico-finanziaria, non faremo fronte ai bisogni dei Paesi poveri.
Ecco che, allora, si fa strada una nuova idea di aiuto allo sviluppo. Credo che la presidenza italiana del G8 darà il messaggio di creare programmi allo sviluppo che mettano al centro non le procedure, ma la persona, le persone destinatarie del beneficio.
Oggi ci preoccupiamo della procedura, delle regole: è tutto giusto, ma dobbiamo preoccuparci dei soggetti a cui deve arrivare l'aiuto, perché, come abbiamo visto, soltanto venti dollari su cento arrivano al destinatario.
La filosofia di questa strategia, che ha un solidissimo appoggio nella conferenza di Doha e nella conferenza di Accra, quindi, sostanzialmente si incentra in un'innovazione verso la centralità, nelle politiche di aiuto allo sviluppo, della persona umana.
Un altro grande tema sarà quello della siccità e dell'accesso all'acqua, incluso nelle politiche di sviluppo, ma con una sua propria rilevanza, su cui noi punteremo in modo particolare.
Questo è un tema chiave, che dovremo affrontare per una ragione piuttosto semplice, ossia che la presidenza italiana dovrà rivedere il piano di Evian, un piano-G8 che individuò proprio l'acqua e le risorse idriche come tema di governance. Noi dovremo modernizzare e rilanciare il piano di Evian che, ovviamente, come dice il nome della città, fu lanciato durante la presidenza francese.
C'è, poi, il tema della sicurezza alimentare. Questa è una priorità naturale per l'Italia che, a Roma, ospita il polo alimentare delle Nazioni Unite, ossia la FAO e le altre agenzie tematiche.
C'è, però, una ragione in più per questo: il vertice G8 giapponese ci ha lasciato in eredità l'onere di definire un partenariato globale per la sicurezza alimentare. Il mandato ricevuto dal summit di Hokkaido chiede di definire un partenariato globale per la sicurezza alimentare, che ponga priorità sull'agricoltura, sulla centralità delle Nazioni Unite - e, quindi, del loro polo romano - e sull'aumento delle produzioni agricole.
Posso annunciarvi che, per la prima volta, durante il prossimo G8 a presidenza italiana, si avrà un G8 dei ministri dell'agricoltura che, ovviamente, sarà coordinato


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dal Ministro Zaia; esso vedrà la presenza, oltre che degli otto grandi, anche di una serie di Paesi che, evidentemente, pur senza essere potenze emergenti, sono fortemente interessati alla sicurezza alimentare.
La salute è un altro elemento chiave del nostro G8, anch'essa per una ragione precisa, ossia che nel 2001 il G8 italiano lanciò il fondo globale contro le pandemie.
Occorre proseguire questa azione e occorre costituire - questa sarà la nostra proposta, che vi posso anticipare - una task force internazionale per esplorare forme di finanziamento innovativo nel campo dei vaccini. Abbiamo degli strumenti internazionali ma, finora, le fonti di finanziamento sono state scarse e dobbiamo rilanciarle: solo una task force operativa con il suggello del G8 - allargato nelle forme che vi ho detto - potrà farlo.
Abbiamo poi un'azione particolarmente significativa nel campo dell'istruzione. Noi siamo i co-presidenti, all'interno dell'Unesco, di un programma internazionale che si chiama Fast Track Initiative. Questa iniziativa «con corsia rapida» ci consentirà di lanciare un'iniziativa, come G8 allargato, sull'accesso all'istruzione primaria.
Credo che questa sia una delle grandi sfide da affrontare, anche nel campo dell'aiuto allo sviluppo. In questa iniziativa, inerente all'accesso all'educazione primaria, noi vediamo due temi chiave: quello dell'istruzione femminile, con particolare riferimento ai Paesi post conflitto; e quello delle pari opportunità. Questi due temi verranno inseriti nell'ambito del G8 italiano, quali sviluppo di un'iniziativa Unesco di cui, lo ripeto, siamo co-responsabili.
Abbiamo, poi, i temi del peace-keeping e del peace-building. Certamente, noi abbiamo importanti strumenti per rafforzare la capacità di mantenere pace e sicurezza.
Abbiamo l'Italian-African Peace Facility e il centro di eccellenza Stability Police Unit, che ha sede a Vicenza - un centro gestito dall'Arma dei carabinieri, come sapete - e dove abbiamo già formato quasi duemila ufficiali di forze di polizia e di sicurezza, provenienti da circa venti Paesi. Noi possiamo andare fieri di queste iniziative di formazione, che ci permetteranno di mantenere l'attenzione sulle grandi crisi regionali.
Relativamente alle crisi regionali, il primo grande tema concerne il disarmo e la proliferazione. Non siamo soddisfatti di come le cose stanno andando nel mondo e abbiamo la necessità di dare un contributo fondamentale al successo di una conferenza che svolgerà un ruolo chiave per il futuro del mondo, ossia la conferenza per il negoziato del nuovo trattato di non proliferazione, che si aprirà a febbraio 2010. Come comprendete, l'anno 2009 sarà, quindi, un anno chiave.
Bisognerà riesaminare il trattato di non proliferazione ed adeguarlo ad un mondo che è cambiato. È cambiato per quanto concerne la Corea del nord, l'Iran e i rischi di una proliferazione nel cosiddetto «Medio Oriente allargato».
Certamente svilupperemo delle iniziative in merito, con una proposta globale sul disarmo, perché non basta la non proliferazione, ma occorre anche un'azione di disarmo, a cominciare da quello nucleare, ed è evidente che, per tutto questo, occorre coinvolgere i grandi attori globali, ma non solo.
Certamente la lotta al terrorismo sarà una grande priorità politica sia per i ministri degli esteri, sia per i capi di Governo, che adotteranno la dichiarazione sul terrorismo che porrà i grandi temi su cui i Paesi membri dovranno lavorare e già stanno lavorando: da un lato, reclutamento e radicalizzazione; e, dall'altro, rispetto della legalità internazionale e rispetto delle regole, anche nei confronti dei sospetti terroristi.
L'Africa è tra le aree critiche di cui ci occuperemo in modo particolare. Siamo insoddisfatti di quanto è accaduto finora e vediamo un'incapacità della comunità internazionale ad occuparsi dei grandi teatri regionali di crisi.
Ricordate l'indignazione del mondo dinanzi alla dittatura dello Zimbabwe? Ebbene, a distanza di alcuni mesi, possiamo dire che non è stato fatto niente in proposito. L'Italia aveva assicurato un'azione ferma


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e politica, ma le si è detto che sarebbe stato meglio lasciar fare all'Unione africana e all'ONU. Oggi la dittatura continua e nulla è accaduto. E che dire del Congo, dove 18 mila caschi blu dell'ONU non riescono a prevenire le stragi, gli stupri, la morte eccetera?
Occorrono un coinvolgimento e una maggiore responsabilizzazione dell'Africa. Non può essere solo il resto del mondo ad andare lì, con soldi e soldati, per affrontare le crisi regionali. Occorre, anzitutto, una forte politica di sostegno, da un lato, alle autorità dell'Unione africana e, dall'altro, a quelle della Lega araba.
Bisogna dirlo con grande chiarezza, altrimenti è impensabile che da qui - da Roma o, magari, da Bruxelles - si pensi di affrontare il tema della Somalia, del Congo eccetera.
L'altra area di cui ci occuperemo in dettaglio sarà l'Afghanistan e, in particolare, la regione che si trova tra Afghanistan e Pakistan.
Come ho già annunciato a tutti i colleghi dei Paesi interessati, ho intenzione di organizzare un esercizio G8 allargato, dedicato a Pakistan e Afghanistan.
Si tratterà di un'iniziativa speciale per esplorare, anzitutto, le possibilità di stabilizzazione; e, in secondo luogo, la possibilità di una soluzione politica regionale - sottolineo: politica, regionale - con il coinvolgimento di tutti gli attori interessati.
A questa iniziativa inviterò, per la prima volta, i ministri degli esteri dei Paesi del G8 e quelli dei sei Paesi dell'Outreach, di cui vi ho accennato prima.
Notate che India e Pakistan lavoreranno insieme per la stabilizzazione di questa regione. Inviterò, però, anche l'Arabia Saudita, gli Emirati Arabi, la Turchia e l'Egitto, coinvolgendo, quindi, Paesi arabi importanti, protagonisti di un'area di crisi che, forse, è oggi tra le più delicate del mondo, per le implicazioni che comporta.
Presidente, colleghi, in conclusione, noi vogliamo avviare la riflessione sulle coordinate di una nuova governance globale, che colga sia le sfide orizzontali, sia le tematiche regionali e le sfide geo-strategiche più importanti.
Come Paese europeo presidente del G8, ho assunto un'ulteriore decisione, che è stata particolarmente apprezzata dai colleghi a Bruxelles: chiederò alla prossima presidenza europea di poter informare i ventisette sulle priorità della presidenza italiana del G8, al suo inizio.
A me sembra che un grande Paese europeo come l'Italia, quando si assume la presidenza del G8, non possa non coinvolgere, nella fase informativa e preparatoria, gli altri Paesi membri dell'Unione europea.
È un'azione che la presidenza ceca, ovviamente, ha molto apprezzato; non so se faremo un vertice ad hoc o una riunione di ministri degli esteri a margine di un Consiglio, all'inizio dell'anno, ma certamente quella sarà la prima occasione in cui un G8 a presidenza di un Paese europeo avrà la forza ed il sostegno - ed anche, in qualche modo, il viatico politico, anche se non giuridico-istituzionale - di tutti e ventisette i Paesi europei. Credo di aver così assunto un ulteriore segnale di attaccamento all'azione dell'Europa.
Il Presidente del Consiglio mi ha dato mandato di sviluppare queste linee, che ovviamente ha approvato e condiviso; chiaramente noi, in merito a questo, contiamo anche sul contributo del Parlamento.
Quella di oggi è una prima occasione - io spero che ve ne saranno altre - dopo le risoluzioni approvate negli scorsi giorni dal Parlamento, che ho molto apprezzato, per riferire sullo stato dell'arte e per fare della presidenza italiana del G8 un'occasione per rendere al nostro Paese il merito e il valore che si è conquistati, facendo dell'Italia tutta - maggioranza e opposizione; Parlamento, Governo e società civile - la protagonista di un momento di azione internazionale che, come comprenderete, non solo non capita spesso, ma non capita mai in un momento tanto complesso come quello attuale. Grazie.


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PRESIDENTE. Grazie, signor Ministro.
Do ora la parola ai senatori e ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MATTEO MECACCI. Grazie, presidente.
Ringrazio il Ministro per essere venuto a riferire alle Camere prima dell'inizio della presidenza italiana.
Credo che la questione del G8 - in particolare considerando quanto è avvenuto nelle ultime settimane, con il susseguirsi di vertici internazionali che hanno cercato di affrontare, in particolare, il tema della crisi economica in corso a livello globale - segnali quello che è un grande deficit della politica internazionale, ossia l'assenza di una dimensione istituzionale e politica davvero globale e capace di gestire questi fenomeni che, sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista sociale (basti pensare al tema dell'immigrazione), hanno ormai delle implicazioni globali.
Credo che anche le difficoltà incontrate nel provare a trovare delle soluzioni e nel formulare delle ipotesi di riforma delle istituzioni di Bretton Woods e di altre riforme istituzionali, segnalino, appunto, questa assenza.
Evidentemente anche per quando si riunisce il G20, com'è avvenuto nei giorni scorsi, mancano delle regole di funzionamento che consentano interventi adeguati rispetto alle sfide presenti sul terreno.
Credo che tutte le ipotesi di riflessione rispetto all'allargamento, ma anche rispetto alla riforma istituzionale, vadano in una direzione che noi radicali segnaliamo da tempo; esse evidenziano, cioè, come sia ormai necessaria una gestione di questi fenomeni globali entro una dimensione politica e istituzionale, altrimenti ciascuno Stato nazionale - ma ormai anche ciascuna regione europea - rischia di non essere in grado di far fronte a queste esigenze.
Se si dibatte di questo, però, occorre partire anche dalla natura del G8, il quale è nato come un forum informale di quei Paesi che, dal punto di vista economico, erano i più avanzati, ma erano anche retti da istituzioni democratiche.
Questo è stato un criterio fondativo del G7, innanzitutto, e poi del G8, con l'allagamento alla Russia negli anni Novanta, col quale si è voluto dare atto di un processo di democratizzazione di quel Paese, in corso in quel momento, dandogli così accesso a responsabilità, ma anche ai privilegi che si hanno nel far parte di questi organismi.
Credo che questo vada tenuto ben presente quando si parla della necessità di avere un'effettiva governance dal punto di vista economico: per poter avere degli attori responsabili anche nella gestione delle questioni economiche, infatti, non è indifferente se questi attori siano Paesi retti da regimi autoritari oppure democratici.
Non dico questo come una nota a margine, perché il fatto di avere delle istituzioni democratiche rischia di essere visto come un lusso che solo alcuni Paesi occidentali si possono consentire, mentre credo che sia una necessità con cui ci dovremo probabilmente trovare a fare i conti.
Credo, infatti, che il fatto per cui, a livello internazionale - come accade già ora - ci sono dei Paesi, come ad esempio gli Stati Uniti, del cui debito pubblico sono depositari, per grandi quote, altri Paesi i cui interessi in politica estera spesso confliggono con quelli dei nostri Paesi, questo pone dei problemi che vanno affrontati e che non possono essere relegati a delle riunioni marginali nell'ambito del G8.
Dico questo perché credo sia importante quanto previsto da un mio emendamento, approvato da tutti i gruppi la scorsa settimana alla Camera - e di questo sono contento - il quale poneva la necessità, proprio rispetto alla mozione presentata dal collega Fassino, di mantenere, all'interno del G8, la questione dei diritti e della governance democratica dei Paesi che entreranno a far parte di questa organizzazione.
Si rischia, altrimenti, di mettere un potere di condizionamento, anche molto


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importante, nelle mani dei Paesi che, magari, possono avere un interesse contingente e coincidente con il nostro.
Gradirei, signor Ministro, se ne avrà l'opportunità, che nella sua replica lei si soffermasse brevemente anche sull'iniziativa che è stata presa dal G8 - in particolare, su spinta dell'amministrazione americana, ma non solo: tra gli altri, anche dall'Italia - ossia sulla questione del forum del futuro, che lei ben conosce, e che mira, appunto, a mantenere all'interno del G8, un programma di promozione dei diritti umani e dei diritti delle donne nella regione del Medio Oriente.
Credo sia importante valorizzare questo forum, anche con ipotesi di finanziamento e di sostegno ai gruppi che in questi Paesi promuovono tali riforme democratiche.
Per quanto riguarda la questione della cooperazione internazionale, della lotta alla povertà e dei fondi per lo sviluppo sostenibile, lei ha avuto l'abilità di sottolineare, sia nel caso della cooperazione internazionale, sia nel caso della fondo globale contro le pandemie, come sia ormai necessario arrivare a fonti di finanziamento innovative: cercando sinergie anche con attori privati; cercando di migliorare l'efficienza di questi fondi; e facendo tutto quanto può essere fatto in questa direzione.
Va tenuto conto, però, signor Ministro, che ci troviamo in una situazione in cui il Governo italiano si presenta alla presidenza del G8 con finanziamenti allo sviluppo e alla cooperazione internazionale pari al record minimo storico.
Penso che sarebbe davvero nell'interesse del Paese e di tutte le forze politiche riuscire a prevedere, proprio in occasione dell'anno del G8, che si possa fare ricorso anche a risorse straordinarie - non so se questo sia all'ordine del giorno del Governo - per far sì che il nostro Paese non sia il fanalino di coda, nel momento in cui è alla presidenza del G8, ma sia anzi capace di dare l'esempio a tutti i Paesi che hanno ridotto, anch'essi, le loro quote di finanziamenti allo sviluppo, con l'inevitabile riduzione del PIL che ci sono state.
Quanto meno in termini di percentuali, occorrerebbe cercare di non allontanarsi troppo rispetto agli impegni che si sono presi in questi anni.

MASSIMO LIVI BACCI. Ringrazio il Ministro per la sua dettagliata relazione.
Molto brevemente, svilupperò alcuni punti.
Anzitutto, vorrei dire che il potenziamento del G8 è nelle cose. Credo che i Paesi del G8, ormai, non abbiano più la quota maggioritaria del prodotto mondiale (da quest'anno, dall'anno prossimo o dall'anno scorso, a seconda di come valutiamo le statistiche): i G8 non sono più la grande potenza, quindi, ma sono in qualche modo sovrastati dagli altri protagonisti.
Lei ha disegnato una geometria ad assetto variabile, per quanto riguarda il G8 del prossimo luglio e i lavori preparatori; credo che questo mantenere una flessibilità di approccio sia opera saggia, ma abbiamo di fronte una geometria variabile a cerchi concentrici.
Lei ha parlato di un G8 che rimane, tutto sommato, portatore di quei valori e di quelle istituzioni democratiche che sono state all'origine della sua formazione, come ricordava prima l'onorevole Mecacci.
Avremmo, poi, una prima corona di altri cinque o sei Paesi, a seconda che l'Egitto o, forse, anche la Turchia entrino in questa seconda corona; e, poi, un altro cerchio, più esterno, costituito dagli altri Paesi, che verrebbero associati di volta in volta - da quanto ho potuto capire - a seconda delle tematiche trattate.
Siccome immagino che ormai il dibattito su questo tema sia molto fluido, credo che la Commissione del Senato e della Camera sarebbero molto liete - penso che questo valga anche per i colleghi - di essere progressivamente aggiornate sui progressi di queste strategie; e, forse, anche sui progressi fatti, in genere, nella formazione dell'agenda del G8 de La Maddalena.
Il sito che, forse, dà maggiori e più complete informazioni al riguardo è quello dell'Università di Toronto, che segue e


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monitora tutto quanto avviene nell'ambito delle attività del G8. Bisognerebbe, forse, che anche il Ministero degli Esteri si attrezzasse con un sito, nel quale queste informazioni fossero rese via via disponibili a tutti.
Un altro punto che vorrei trattare è la presenza, nell'agenda, di tutti i grandi temi della governance mondiale (il clima, la salute, l'istruzione, la sicurezza, la lotta contro il terrorismo, l'energia, lo sviluppo economico, la lotta alla povertà): in genere, c'è praticamente tutto ciò che è globale e che non è provinciale, quindi tantissimo. Visto, però, che tutti questi argomenti sono nell'agenda, ce n'è uno che brilla per la sua assenza, ed è quello del governo delle migrazioni mondiali.
Ora, noi sappiamo che questo è un tema spinosissimo e che nessun Paese vuole rinunciare alla sua quota di «signoraggio» sul tema delle migrazioni, né vuole perdere le proprie prerogative.
Noi non abbiamo alcuna organizzazione corrispondente o parallela a quella della World Trade Organization. Sebbene regoliamo i flussi di beni e i flussi finanziari nel mondo, garantiamo la qualità delle merci, garantiamo gli accordi bilaterali o multilaterali, in tema di migrazioni siamo illustri assenti.
Esistono solo l'International Labour Organization (ILO), che ha dei poteri estremamente limitati, e l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), che a sua volta ha dei poteri estremamente ridotti.
Credo che la presidenza italiana potrebbe - e, forse, dovrebbe - avanzare questo tema, per sottoporlo a una discussione che dovrebbe poi coinvolgere, a maggior ragione, i Paesi della seconda e terza cerchia, quelli delle attività «G più qualcosa».
Credo che ci sia effettivamente un'esigenza urgente che la governance mondiale dica qualcosa in merito a questo tema e che cominci a ragionare con i Paesi terzi di questo problema, che ormai è effettivamente un problema mondiale.
L'ultimo punto che vorrei toccare concerne l'accordo sul clima. Noi siamo di fronte a una scadenza di fine d'anno, che speriamo si risolva nel migliore dei modi, senza veti da parte dell'Italia. Se ciò non avvenisse, sarebbe un pessimo biglietto da visita per l'incontro di luglio, però siamo in un'epoca non solo di crisi finanziaria, ma anche di crisi dell'economia reale: la crisi finanziaria sta passando molto rapidamente all'economia reale, anzi questo è già accaduto.
Troveremo, quindi, una situazione di grande difficoltà: non solo perché l'Italia si trova svantaggiata per quanto riguarda, per esempio, il modo in cui viene trattata la questione delle auto e delle relative emissioni, benché si sia arrivati ad un accordo in merito; ma anche perché i Paesi emergenti, quando l'anno prossimo si troveranno a discutere, a Copenhagen, saranno certamente molto più duri nel contrattare un accordo, perché avranno molto più da perdere di quanto non abbiano da perdere i Paesi sviluppati.
I Paesi emergenti saranno molto meno attrezzati e perderanno quote di mercato, se venissero loro imposte regole più stringenti di quelle attuali. Questo è un pericolo, dunque: la crisi è una mina vagante per gli accordi sull'energia. Credo che su questo ci sia poco da fare, ma forse bisogna tenerne conto.
Vorrei chiederle una rassicurazione sul fatto che le Commissioni saranno tenute quasi automaticamente aggiornate dei progressi fatti nella preparazione del G8, in modo che si possa utilmente interagire con il Governo su questo tema. La ringrazio.

PRESIDENTE. Al momento, ci sono sei iscritti a parlare; dopo questi interventi, occorre considerare il tempo necessario per la replica del Ministro, senza cui questa audizione non avrebbe senso; alle 16 inizieranno i lavori d'Aula e il Ministro ha anche un altro impegno.
Mi appello, pertanto, alla vostra sensibilità: se riuscissimo a contenere le nostre richieste e le nostre domande in un tempo ragionevole, non ci vedremmo costretti a chiedere al Ministro di svolgere la sua


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replica in un altro momento, in considerazione dell'agenda e delle disponibilità del Ministro stesso.

CLAUDIO D'AMICO. Onorevole Ministro, cercherò di essere sintetico, ma vorrei dire che il Governo italiano formatosi dopo le ultime elezioni è partito col piede giusto in tutti i campi ed anche nella politica estera. Anche in base alla relazione che il Ministro ci ha appena presentato, stiamo lavorando molto bene: volevo sottolinearlo.
È vero che alcuni dei tanti importantissimi temi che lei ha toccato meritano delle sottolineature, dal nostro punto di vista, perché ci sono alcune cose alle quali forse teniamo un po' di più. Mi permetta, allora, di evidenziare almeno alcuni di questi temi.
Anzitutto, ritengo sicuramente positivo l'allargamento del G8, anche se suggerirei di non basarci solo sugli aspetti economici, come il PIL dei Paesi in questione, perché dietro ci sono tante altre cose.
Per parlare chiaro, faccio l'esempio della Cina, un Paese che economicamente cresce e cresce, ma che molto spesso lo fa a scapito dei diritti umani, dei diritti dei lavoratori - i quali, a volte, vengono schiavizzati - e dell'ambiente.
Quando verranno accettati dei nuovi Stati all'interno di questo G8, che diventerà «G-qualcos'altro», sarebbe giusto sottolineare, prima del loro ingresso, che essi verranno accolti a patto facciano dei passi in avanti, non solo in termini economici, ma anche in termini di qualità della vita dei loro cittadini e del sistema democratico; altrimenti, ci si troverà a competere con qualcuno che è sleale, perché noi abbiamo delle regole che loro non hanno.
Questo vale anche per il tema del protezionismo, toccato dal Ministro Frattini, quando ha parlato della necessità di evitare di creare un neo-protezionismo. Ci vogliono delle regole, perché sappiamo tutti che, se qualcuno è dopato, questo vince.
Come nelle gare atletiche, quindi, chi è dopato deve essere eliminato. La stessa cosa deve essere fatta a livello economico con quegli Stati che dopano la loro economia e le loro aziende; sfruttano i lavoratori per produrre di più; e poi, ovviamente, possono proporre dei prezzi competitivi. Dobbiamo mettere dei freni a questo.
Noi della Lega abbiamo sempre sostenuto la necessità di mettere dei freni ai prodotti cinesi - ai prodotti tessili, per esempio - per evitare che distruggessero i nostri. Per questo l'Europa è ancora in una situazione grave: non dimentichiamoci di questi problemi.
L'altro punto fondamentale, secondo noi, è quello del terrorismo e, quindi, del pugno di ferro contro i Paesi tolleranti con il terrorismo stesso e contro i Paesi che tollerano l'assalto alle persone di diversa opinione o fede religiosa rispetto a quelle dominanti: mi riferisco agli assalti ai cristiani, mi riferisco al Darfur e a tutte quelle situazioni che non possono non essere sottolineate a livello globale.
Quando avremo la presidenza del G8, sarebbe importante sottolineare questi temi.
Anche il tema della non proliferazione è importantissimo, visto che ormai ci sono Paesi che hanno la bomba atomica, hanno le armi nucleari, e ce ne sono altri che vorrebbero dotarsene: è importantissimo sottolineare anche questo tema.
Molto importante è anche il tema dell'alimentazione, che costituisce un tema centrale anche per noi, in considerazione dell'Expo di Milano del 2015. Sarebbe molto importante che su questo tema il Governo italiano mettesse in cantiere delle iniziative, per il suo anno di presidenza del G8, che poi si svilupperanno negli anni successivi, per portare al centro dell'attenzione l'Expo di Milano del 2015.
Dobbiamo riuscire - ma dobbiamo partire adesso per farlo - a creare qualcosa che progredisca sempre di più, per arrivare al 2015 portando al centro dell'attenzione mondiale quel tema. Fare l'Expo in Italia, a Milano soprattutto, è una grande sfida: bisogna poi farlo vivere, non farne un flop come è avvenuto in Spagna, nell'ultima edizione.


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Infine, vorrei toccare il tema dello sviluppo dei Paesi poveri, ricollegandomi anche al tema dell'emigrazione.
A me è piaciuto moltissimo ascoltarla, quando lei ha sottolineato il problema del 20 per cento degli aiuti che arriva a chi ne ha bisogno. L'altro tema importante, però, è quello di noi occidentali che non possiamo pensare di andare a sfruttare un altro Paese con la multinazionale, perché in tal modo quel Paese non progredirà mai: bisogna fare in modo che lo sviluppo dei Paesi arretrati avvenga il più possibile vicino al basso.
Bisogna essere molto duri anche con quei Governi che sfruttano le proprie ricchezze naturali. Facciamo l'esempio della Nigeria, uno dei Paesi più ricchi del mondo, per il petrolio che ha: la sua ricchezza non viene redistribuita e, per questo, sono nati dei movimenti - che chiamano terroristici - di persone che, probabilmente, si ribellano allo sfruttamento della loro terra e al fatto che le ricchezze sono nelle mani di pochi.
Questo fa nascere anche una grande migrazione da quei Paesi verso l'Europa: questo è l'altro grande tema del 2000. Poiché ci sarà la presidenza di un Paese europeo, è giusto sottolineare il tema che noi affrontiamo tutti i giorni, quello delle migrazioni dai Paesi più poveri verso l'Europa, perché queste migrazioni avvengono soprattutto in modo non gestito dai Paesi. Esse sono in mano a bande di trafficanti e, quindi, noi ci troviamo senza una gestione politica. Sarebbe importante, quindi, mettere al centro delle discussioni che verranno affrontate la necessità di riportare nelle mani dei Governi le decisioni inerenti all'immigrazione, togliendone la gestione alle organizzazioni criminali.
Con questo ho concluso e la ringrazio molto, Ministro.

PAOLO CORSINI. Anch'io vorrei associarmi al ringraziamento dei colleghi per la relazione molto articolata e densa di suggestioni che il signor Ministro ci ha presentato oggi.
Richiamerò soltanto alcuni temi, e per sommi capi, non senza aver prima sottoposto all'attenzione due appunti di natura critica: uno di natura metodologica e un secondo che, invece, attiene a un'oggettiva contraddizione dentro la quale si trova il Governo italiano.
Qual è il limite che vedo nell'esposizione del Ministro, che pure ha proposto, nei singoli passaggi, una riflessione che certamente merita apprezzamento?
Credo che il G8 che ci apprestiamo a guidare vada profilato sull'orizzonte di un mondo che ha vissuto, proprio in queste settimane, dei cambiamenti clamorosi, dei quali credo non si possa non tener conto.
Il primo cambiamento, che segna una rottura, una soluzione di continuità, per ammissione del suo stesso protagonista, riguarda la vittoria elettorale di Obama, che ridefinisce il ruolo di quella che è certamente la più grande potenza democratica mondiale.
Del resto, le dichiarazioni che Bush ha reso pubbliche, proprio in questi giorni e in queste ore, in relazione alle scelte compiute dal Governo americano e dalla sua amministrazione, in rapporto alla vicenda irachena, a maggior ragione consentono di sottolineare la svolta e il segno assolutamente innovativo che le elezioni democratiche tenutesi il mese scorso negli Stati Uniti conferiscono al ruolo di quel Paese.
Consideriamo, ad esempio, l'intervento tenuto da Obama a Denver, quest'estate, che io giudico il più compiuto e il più articolato tra quelli tenuti nel corso della campagna elettorale. Sia le prospettive generali della definizione della politica statunitense - cioè la sconfessione di scelte che abbiamo definito improntate ad un criterio di unilateralismo, in nome, invece, di un multilateralismo planetario - sia le conseguenze che ne discendono su alcuni temi fondamentali, mettono in luce il fatto che questo G8 cade in una contingenza che non giudico puramente evenemenziale, ma che rimanda a prospettive strutturalmente diverse.
Faccio qualche esempio. Obama ha insistito molto, a Denver - ma è ritornato


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a sottolinearlo anche nei dibattiti con il suo contendente - sulla necessità di insistere sulla valorizzazione politica dei processi di nation-building rispetto ad alcune grandi crisi; sulla volontà di procedere attraverso un potenziamento delle procedure di peace-keeping per quanto attiene alle crisi regionali; su un più alto grado di considerazione della risorsa politica democratica e legale nel contrasto e nella lotta al terrorismo; su una forte sottolineatura rispetto ai ritardi - io credo anche del Governo italiano - per quanto attiene a una più compiuta e approfondita sensibilità, in ordine alle tematiche climatico-ambientali.
Credo che questi brevi dati che ho richiamato mettano sostanzialmente in luce come il ruolo del nostro Paese si carica di un onere ulteriore di responsabilità e di, io credo, riallineamento, quasi strategico, in relazione al cambiamento annunciato da Obama e che, in qualche misura sono già evidenti nelle scelte che egli ha compiuto, per quanto attiene all'individuazione dello staff che lo accompagnerà.
C'è un secondo aspetto che credo meriti una particolare attenzione - sotto un profilo metodologico - quando si affrontano questi problemi, cioè la recrudescenza del terrorismo internazionale o, comunque, del terrorismo la cui matrice, per quanto gli avvenimenti siano recentissimi, sia riconducibile a processi di intolleranza, che allignano all'interno di fondamentalismi di natura religiosa, di radicalismi estremistici di ispirazione religiosa. Penso, ovviamente, alla vicenda indiana e all'acutizzarsi del confronto fra l'India e il Pakistan.
Ritengo che noi non potremo prescindere, nelle valutazioni e nelle scelte che compiremo, e nella definizione della gerarchia delle priorità, da una considerazione di questi due fattori che, forse con una qualche astuzia, non smentendo se stessa, la storia ci propone.
Vi è un secondo rilievo critico che mi permetto di sottoporre al signor Ministro, nel quadro di una sostanziale stima dalla sua serietà e del rigore della sua impostazione; non c'è dubbio che il nostro Paese si presenti all'appuntamento con un deficit di credibilità, per lo meno in ordine ad alcuni temi.
Mi permetto di fare un passo indietro, sebbene potrei dirlo in conclusione: Obama insiste moltissimo sul tema dei diritti umani, della valorizzazione dei diritti civili e della democrazia, come strumento di regolazione del confronto e del conflitto, ed è un tema, questo che, a maggior ragione vale nella ricorrenza anniversaria riguardante i diritti umani.
Dicevo, c'è una seconda contraddizione, un secondo limite che colgo. Su questo apprezzo lo sforzo che il Ministro Frattini ha elaborato e non ho alcun motivo per dubitare, conoscendolo, peraltro, della rettitudine delle sue intenzioni e della coerenza dei suoi comportamenti.
Non c'è dubbio che quando l'Italia solleverà la questione dei grandi cambiamenti climatici e focalizzerà la sua azione sulle grandi emergenze ambientali, il nostro Paese, purtroppo, si presenterà ad un appuntamento che lo mette in contraddizione, da un lato, con le grandi scelte europee (basti pensare alle dichiarazioni, anche recenti, del capo del Governo) e, d'altro lato, con scelte di politica interna (basti pensare al recentissimo decreto anticrisi), che non depongono per un alto grado di credibilità, in ordine alla coerenza che attiene alla sensibilità ambientale.
Nell'ambito del Comitato sugli obiettivi di sviluppo del millennio, noi abbiamo tenuto una serie di audizioni e - devo dire, con un certo imbarazzo anche da parte nostra, che rappresentiamo l'opposizione - nel corso delle stesse abbiamo dovuto ascoltare, per un verso, dei testimonial e, per altro verso, invece, protagonisti, stranieri ed europei, di questo impegno e di questa battaglia.
Nei riscontri che abbiamo ottenuto nell'ambito di quelle audizioni, al di là delle storiche contraddizioni della politica di aiuto allo sviluppo - che non riguardano certamente soltanto il Governo Berlusconi ma che, purtroppo, segnano un limite dell'esperienza storica del nostro Paese, al


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di là di alcune punte di eccellenza -, unanime è stato il giudizio pesantemente critico sulle incoerenze che contraddistinguono la nostra azione.
Ancora, potrei sottolineare il tema della cooperazione allo sviluppo, che esce sostanzialmente ridimensionato, se non addirittura marginalizzato, dalla legge finanziaria.
Detto questo, io richiamerò soltanto tre temi, perché il signor Ministro ha approfondito e ha proposto alla nostra considerazione valutazioni che io giudico del tutto condivisibili.
Anzitutto, vorrei riprendere l'argomento del senatore Massimo Livi Bacci - che, non casualmente, e non lo dico per adulazione, è il maggiore studioso di processi che riguardano la demografia nel nostro Paese - che ha insistito e ha posto l'accento su un tema che anch'io vorrei richiamare.
Anche la mozione che abbiamo presentato in Aula presentava un punto che riguarda tale tema che io credo essere di particolare interesse, ossia la necessità di promuovere un sostegno convinto e rinnovato alla ratifica della Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie.
Tale convenzione, adottata nel 1990, entrata in vigore nel 2003, è stata ratificata, ad oggi, solo da trentasette Stati; essa è volta a garantire tutele e il riconoscimento dei requisiti minimi dei diritti del lavoro e dei diritti umani fondamentali, quale risposta imprescindibile verso un approccio globale co-estensivo rispetto ai grandi temi delle migrazioni bibliche del nostro tempo.
Credo che su questo, da parte del nostro Governo, sia necessario un allineamento alla legislazione, alle scelte e alla volontà politica espresse a livello internazionale.
Concordo con l'onorevole Mecacci sul fatto che l'impegno per la denuclearizzazione ha un valore etico, oltre che politico, assai rilevante: occorre ribadire la messa al bando di ogni forma di riarmo nucleare e riaffermare l'applicazione delle norme del trattato di non proliferazione, soprattutto in un tempo nel quale la minaccia rappresentata dall'Iran e dalla politica aggressiva del suo presidente costituisce una spia, rispetto alla quale tutti dobbiamo tenere la guardia particolarmente alzata ed avvertita.
Infine - ma ho già accennato a questo tema - a me personalmente, ma credo a tutti noi, sta molto a cuore la questione dei diritti umani, perché credo che il nuovo secolo possa dare compimento alle speranze con le quali si era chiuso il secolo precedente.
Noi tutti, in qualche misura, avevamo ipotizzato che la fine del ventesimo secolo fosse l'alba di una nuova democrazia, di una nuova civiltà; esso, invece, si è chiuso con le pulizie etniche, con i fili spinati, con le deportazioni razziali, con i contrasti e con gli odi religiosi, che hanno posto una pesante ipoteca e hanno determinato una denegazione di princìpi, di pratiche umanitarie e del riconoscimento di diritti, che non sono né negoziabili, né suscettibili di essere negletti.
Questi sono alcuni dei temi che mi permetto di sottolineare e di sottoporre alla sua attenzione.
Non intendo riaprire il cahier delle proposte della mozione Fassino, perché vedo - e voglio onestamente riconoscerlo - che il Ministro ha tematizzato in modo compiuto l'arco dei problemi che noi avevamo sollevato, anche nella discussione in Aula.
Mi sono permesso - ognuno di noi nutre una sua particolare sensibilità - di richiamare alcuni dei temi che a me paiono di maggior rilievo.

LAMBERTO DINI, Presidente della 3a Commissione del Senato. Ho apprezzato la presentazione del Ministro. È chiaro che la presidenza deve predisporre un'agenda vasta e omnicomprensiva. Certamente ci sono sensibilità diverse, fra i Paesi del G8 o del G8 allargato, come ci sono sensibilità diverse in questo Parlamento. Infatti, quello che abbiamo ascoltato segnala queste diverse sensibilità.


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Vorrei, però, dire qualcosa solo su un punto: in seno al G8 allargato i capi di Stato e di Governo concorderanno sull'indirizzo da dare alla soluzione dei grandi problemi.
Ora, all'inizio, il Ministro ha detto che si tratterà di rivedere anche il funzionamento delle istituzioni finanziarie internazionali. A questo riguardo, ha detto che la presidenza stava pensando a un nuovo e più efficace early warning system, per prevenire le crisi.
Mi permetto di dire che un sistema di early warning è già in funzione, ma non funziona. Qui si tratta di stabilire nuove regole, alle quali tutti i Paesi, grandi e piccoli, si dovrebbero attenere, per prevenire la creazione di grandi squilibri.
Credo che l'Europa, a questo riguardo, abbia qualcosa da dire agli amici americani e agli altri, perché con il sistema europeo dell'euro abbiamo regole vincolanti, sia per quanto riguarda la politica monetaria, sia per quanto riguarda la politica fiscale; e così non si crea inflazione, né squilibri all'interno della nostra area. Questo è quanto.
Signor Ministro, io mi permetto di dire che con l'early warning non si va da nessuna parte. I grandi Paesi, a cominciare dagli Stati Uniti, devono accettare di rinunciare ai loro grandi privilegi. Penso al fatto che gli Stati Uniti hanno la moneta di riserva e possono, quindi, espandere quanto vogliono; e, nel contempo, alla Cina che, oltre a favorire lo sviluppo, accumula 2 mila miliardi di riserve valutarie, con tutti i problemi connessi con i fondi sovrani eccetera.
Io credo, signor Ministro, che il nostro Governo dovrebbe spingere verso una revisione più profonda delle regole che governano le relazioni economiche e finanziarie internazionali. L'early warning system non basta, perché ognuno continuerà a fare quello che ha fatto finora.
Occorrono, quindi, delle regole binding, cioè obbligatorie, come quelle che abbiamo noi nell'Unione europea. Di questo credo ci dobbiamo far carico. Grazie.

PRESIDENTE. Poiché sono state poste molte rilevanti questioni, pregherei il Ministro, anche in considerazione dei tempi, di replicare a questo primo giro.
Ci riserviamo poi di proseguire con il secondo giro di domande o, se questo non sarà possibile, di continuare il 9 dicembre, prima della prevista audizione sul Consiglio europeo. D'altra parte, se gli interventi sono di questa portata, i tempi poi ne risentono.

FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Sarò brevissimo, presidente.
Onorevole Mecacci, certamente rispondo «sì» al tema dei diritti umani. Faremo il forum del futuro nel 2009: come lei sa e come i colleghi sanno, lo stiamo co-organizzando con il Marocco, lo faremo in Marocco; ho visto ieri, alla Nato, per il dialogo mediterraneo, il Ministro degli esteri marocchino, che verrà da me a metà dicembre e col quale lavoreremo per fare questo forum del futuro, in modo che sia all'altezza di quello che è stato fatto ad Abu Dhabi quest'anno, cui io ho partecipato.
Senatore Livi Bacci, il tema da lei toccato - il governo delle migrazioni mondiali - mi sta particolarmente a cuore. Ho pensato di non affrontarlo separatamente, benché esso sia certamente materia da includere nel G8 - che faremo - sui temi dello sviluppo economico sociale, laddove valuteremo l'influenza sul grande sistema delle migrazioni.
Io dedicherò un panel, una sessione del G8 allo sviluppo del tema dei movimenti di massa, in relazione alle condizioni ambientali e di sviluppo economico-sociale.
Metteremo insieme, quindi, il tema delle migrazioni con l'impatto che su queste ultime hanno la condizione di desertificazione, la povertà, eccetera. Certamente, lei sa che il tema delle migrazioni non è mai stato materia di G8, ma lo faremo entrare in questa prospettiva.
Sul sito del G8, lei ha ragione; verrà presentato domani pomeriggio dal Presidente del Consiglio e da me. Esso, ovviamente,


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avrà la funzione di aggiornare costantemente tutti coloro che sono interessati.
Semplicemente per informazione, vorrei sottolineare che lei aveva ragione, quando ha parlato del G8 attuale che rappresenta ormai solo il 39 per cento dell'economia mondiale, mentre il G20 ne rappresenta il 70 per cento. Se riuniamo il G20, quindi, almeno parlando di temi economico-finanziari, abbiamo la maggioranza del PIL mondiale.
Sull'accordo inerente al clima, noi pensiamo che a dicembre vi siano le condizioni di un accordo, anche con l'Italia, se le proposte emergenti - che sono caratterizzate da maggiore flessibilità e che tengono conto anche dell'impatto sull'economia reale - verranno in qualche modo accettate, senza attenuare e diluire l'ambizione dell'intero pacchetto. Stiamo negoziando, quindi, e devo dire che si stanno facendo dei passi avanti: l'Italia ha fiducia in una soluzione equilibrata e flessibile, ma al tempo stesso ambiziosa.
Onorevole D'Amico, la Cina e altri Paesi a cui lei ha fatto riferimento si devono certamente attenere ad alcune regole internazionali. Quando ho citato l'accordo sul commercio internazionale, ho voluto intendere proprio questo, ossia che non è possibile che, al di là delle difese nazionali che, purtroppo, rispetto alla globalizzazione, sono scarse, vi siano grandi attori economici che non rispettano le regole globali del commercio e dell'esportazione.
Sono allora indispensabili delle regole binding, come ha detto il presidente Dini. Credo che questo non valga solo per il commercio, ma anche per il lavoro e per l'ambiente, perché i Paesi che sfruttano il lavoro dei bambini e che, in sostanza, realizzano prodotti ad un decimo del costo, evidentemente, non possono essere apprezzati.
Sul tema del terrorismo, che è stato posto da molti, compreso, in ultimo, l'onorevole Corsini, com'è stato detto, esso sarà una delle priorità del G8. Lo stesso vale per l'Expo Milano.
Io ho intenzione - l'ho già detto al sindaco Moratti - di invitare Expo Milano a presentarsi ai leader del mondo: sarà invitata, ci sarà una presentazione che esporrà ai vertici del G8 che cos'è l'Expo, dove vogliamo andare e quali sono le tematiche.
Tra l'altro, come sapete, il tema vincente dell'Expo è legato proprio alla sicurezza alimentare, una delle grandissime priorità di cui noi ci occuperemo in sede di G8.
Sullo sviluppo, la nostra idea è di creare - secondo le conclusioni di Doha - proprio un modello che porti in loco le condizioni di sviluppo.
Accennavo prima al concetto di ownership; alcuni leader africani o di altri Paesi in via di sviluppo con cui ho parlato, rivendicano con orgoglio di non volere la carità dai Paesi ricchi, né erogazioni in seguito alle quali ci si dimentica di che cosa succede.
Se c'è corruzione, infatti, se ci sono leader semi-dittatoriali che si comprano gli aeromobili di Stato con i soldi dell'aiuto allo sviluppo, è chiaro che questo non può funzionare. Ecco perché ho detto che l'idea alla base del nostro progetto è di porre la persona, ancora una volta, al centro dei programmi di sviluppo.
Noi ci dobbiamo preoccupare del destinatario, che gli arrivi l'aiuto, non del Governo a cui diamo i soldi, per poi dimenticarcene. Questa deve essere la filosofia dell'aiuto.
Onorevole Corsini, lei ha citato fatti importanti, di cui io credo che si debba tener conto, tra cui la vittoria di Obama. Lei ha parlato di valorizzazione dei processi di nation-building e di peace-keeping nelle crisi regionali: è uno dei temi che ho toccato anch'io, quindi sono assolutamente convinto che, ad esempio, la stabilizzazione tra Pakistan e Afghanistan debba ottenersi con un processo politico omnicomprensivo. Ecco perché la conferenza internazionale che io ho promosso porterà tutti gli attori regionali intorno allo stesso tavolo.
Sulla considerazione della legalità nella lotta al terrorismo, ho detto anch'io che si


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tratta di uno dei temi essenziali: non è in gioco solo la repressione, ma anche il rispetto delle regole internazionali.
Quanto alla sensibilità ai temi climatico-ambientali, mi auguro che il presidente Obama aderisca al post-Kyoto. Me lo auguro francamente: sarebbe un grandissimo passo avanti per il mondo, perché - come ho detto nella mia introduzione - se America, Cina e India (ma cominciamo con l'America) aderiranno al programma che l'Europa si appresta ad adottare a dicembre, questo sarà un bell'esempio, una bella sfida. Io credo che sia essenziale che questo accada.
Per il resto, francamente, sui cambiamenti climatici, aspettiamo dicembre. Mi auguro che si abbia un negoziato di successo e che potremo aderire alla proposta della presidenza francese.
La nostra intenzione, se quell'accordo europeo vi sarà, è di usarlo come modello per il negoziato di Copenhagen. Poi la sfida sarà ai nostri partner internazionali: quando avremo fatto la nostra parte, chiederemo agli amici cinesi di accettarlo a loro volta; e chiederemo agli amici americani di fare lo stesso. Cominciamo come Europa, quindi, e speriamo di arrivare ad un buon risultato.
Quanto ai diritti dei migranti, onorevole Corsini, lei ha citato una convenzione che, come sa bene, nessuno dei Paesi europei ha ratificato; ciò per una ragione: essa contrasta con quello che - può piacere o no - è oggi il patto europeo sull'immigrazione.
Questo patto europeo, siglato ad ottobre, proposto dalla presidenza francese, prevede che il trattamento dei migranti legali debba essere diverso da quello dei migranti clandestini. In quella convenzione ci sono dei punti che non hanno persuaso non solo l'Italia, ma tutti e ventisette i Paesi dell'Unione europea. C'è anche un problema di conformità, quindi. Ciononostante, io ho presente molto bene il problema che lei ha sollevato.
Affronteremo anche il tema della non proliferazione e dei diritti umani. Il tema dell'Iran sarà al centro dei lavori del G8.
Mi faccio una domanda, a cui non so dare una risposta: quale sarà l'atteggiamento della nuova Segretaria di Stato, Hillary Clinton, e del Presidente Obama, per quanto riguarda l'Iran? Quali saranno il loro atteggiamento e la loro attitudine ad un eventuale dialogo, su alcuni temi inerenti l'Iran?
Noi riteniamo, però, che la non proliferazione resti al centro delle tematiche orizzontali: non ci saranno dialoghi possibili, a mio avviso, se non ci sarà una rinuncia all'arricchimento dell'uranio iraniano. Su questo bisogna essere anche abbastanza brutali.
Presidente Dini, grazie molte per i suoi contributi di sostanza. Sono d'accordo con lei, il problema è che l'early warning, che ora c'è e non funziona, è stato visto, finora, anche come uno schermo, dietro il quale ripararsi dalle responsabilità, da parte di quelli che non vi aderiscono.
La grande sfida è far aderire tutti i Paesi non europei ad un meccanismo, prima, di allerta precoce e, poi, di regole vincolanti. Questi sono i due passaggi su cui, evidentemente, forse più al livello del G20 che non solo al livello del G8, dovremo lavorare.

PRESIDENTE. Grazie, signor Ministro.
Considerata la concomitanza dei lavori in Aula e il numero degli iscritti a parlare, riterrei opportuno rinviare il seguito dell'audizione al 9 dicembre, visto che il Ministro ha dato - e lo ringrazio per questo - la sua disponibilità per quella data.
D'altra parte, se l'intervento di ciascun commissario dura un quarto d'ora, per otto interventi occorrono due ore!
Rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

La seduta termina alle 16.

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