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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione IV
8.
Mercoledì 1° aprile 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Cirielli Edmondo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ACQUISIZIONE DEI SISTEMI D'ARMA, DELLE OPERE E DEI MEZZI DIRETTAMENTE DESTINATI ALLA DIFESA NAZIONALE, A VENTI ANNI DALL'ENTRATA IN VIGORE DELLA LEGGE 4 OTTOBRE 1988, N. 436

Audizione del presidente di Finmeccanica Spa, dottor Pier Francesco Guarguaglini:

Cirielli Edmondo, Presidente ... 3 10 12 13 15 18 19
Ascierto Filippo (PdL) ... 16
Bosi Francesco (UdC) ... 17
Cicu Salvatore (PdL) ... 10
Di Stanislao Augusto (IdV) ... 16
Guarguaglini Pier Francesco, Presidente di Finmeccanica Spa ... 3 6 11 12 13 14 15 16 17 18 19
Paglia Gianfranco (PdL) ... 6
Rosato Ettore (PD) ... 13
Villecco Calipari Rosa Maria (PD) ... 12

ALLEGATO: Documentazione prodotta dal presidente di Finmeccanica Spa ... 20
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

[Avanti]
COMMISSIONE IV
DIFESA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 1° aprile 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE EDMONDO CIRIELLI

La seduta comincia alle 14,30.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del presidente di Finmeccanica Spa, dottor Pier Francesco Guarguaglini.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'acquisizione dei sistemi d'arma, delle opere e dei mezzi direttamente destinati alla difesa nazionale, a venti anni dall'entrata in vigore della legge 4 ottobre 1988, n. 436, l'audizione del presidente di Finmeccanica Spa, dottor Pier Francesco Guarguaglini, al quale do la parola.

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente di Finmeccanica Spa. Grazie. Come prima cosa vorrei presentare Finmeccanica.
Come sapete, è il maggiore gruppo italiano nell'alta tecnologia operante nei settori aeronautico, elicotteristico, elettronica per la difesa, spazio, energia e trasporti. I ricavi per l'anno 2008 ammontano a circa 15 miliardi di euro di cui: 17 per cento aeronautica, 9 per cento energia, 6 per cento spazio, 12 per cento trasporti, 7 per cento sistemi di difesa, 29 per cento elettronica difesa e sicurezza e 20 per cento elicotteri. Di questi ricavi circa il 79 per cento sono quindi nell'aeronautica e nella difesa
Lo scorso anno Finmeccanica ha acquisito DRS Tecnologies, quindi se teniamo conto anche dell'attività svolta da questa azienda americana i nostri ricavi ammontano a circa 17 miliardi e 100 milioni di euro. L'elettronica per la Difesa acquista un'enorme importanza perché i relativi ricavi salgono al 38 per cento, quelli riguardanti gli elicotteri rappresentano il 18 per cento, quelli derivanti dall'aeronautica il 14 per cento e così via; di conseguenza, aerospazio più Difesa rappresentano l'82 per cento delle attività di Finmeccanica.
Gli ordini ammontano a 19 miliardi 824 milioni di euro, ciò fa capire che, oramai, il nostro è un gruppo internazionale. Impieghiamo 73.146 persone distribuite secondo queste percentuali: Italia 59 per cento, cioè più di 42 mila persone; Stati Uniti 17 per cento, 12.443 persone; Gran Bretagna 14 per cento, 10.170 persone; Francia 3.619 persone e così via.
Riguardo ai ricavi per area geografica, nel 2008 il 30 per cento del fatturato si è ottenuto in Italia (chiaramente, con l'arrivo di DRS Tecnologies, diminuirà percentualmente), il 13 per cento in Gran Bretagna, il 12 per cento negli Stati Uniti, che nel 2009 arriverà al 21 per cento, mentre il resto d'Europa e del mondo si attesta attorno al 20-25 per cento. Ormai consideriamo «domestici» tre Paesi: Italia, Gran Bretagna e Stati Uniti; si tratta di Paesi ai quali fa capo circa il 60 per cento delle attività, mentre le altre due aree risultano essere abbastanza bilanciate.


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Per il nostro gruppo acquisire ordini in Europa è abbastanza difficile, le cose migliorano solamente quando abbiamo a che fare con programmi internazionali. I programmi più importanti, come sapete, sono l'EFA, il Tornado, gli elicotteri NH90 e AW-101, le fregate FREMM e Orizzonte, i siluri leggeri MU90, infine altri accordi in campo missilistico e satellitare. Ad ogni modo, vendere direttamente in questi Paesi, specialmente in Francia, è praticamente impossibile.
Riguardo agli altri mercati vi sono i grandi mercati (Russia, India e Cina) - la Cina per noi rappresenta un mercato solamente civile -, mercati con forte presenza (Grecia, Malaysia, Turchia) e mercati ad alto potenziale (Emirati Arabi Uniti, Giappone, Corea del Sud, Arabia Saudita, Singapore, Algeria, Libia). Tra l'altro, stiamo pensando di rivolgere la nostra attenzione anche all'America del Sud partendo dal Cile e dal Brasile, dove pensiamo di essere in futuro maggiormente presenti.
Per quanto riguarda le strategie di mercato, negli Stati Uniti intendiamo rafforzarci sia dal punto di vista commerciale sia dal punto di vista manifatturiero; in Russia la nostra attività si svolgerà essenzialmente nel campo civile (elicotteri, aerei regionali frutto di un accordo con Sukhoi, settore ferroviario, controllo del traffico aereo, sicurezza dei porti); per la Cina l'interesse del nostro gruppo è essenzialmente civile, mentre in India abbiamo notevoli possibilità per quanto riguarda l'elicotteristica, l'elettronica per la difesa e l'attività della Marina; in Medio Oriente la cooperazione si sta allargando sempre di più, mentre in Brasile, dopo la visita in Italia del presidente Lula, il nostro interesse si sta essenzialmente indirizzando verso il settore navale. Con l'eccezione dell'Africa, parte del Sud America, l'Est europeo e le zone occupate dall'Iran e dall'Afghanistan, il nostro gruppo è presente in quasi tutto il mondo.
La completa elencazione di tutti i nostri prodotti richiederebbe troppo tempo, quindi ho pensato di prendere in considerazione per la Difesa solamente i nostri prodotti di punta, d'avanguardia.
Facendo riferimento al settore aeronautico troviamo sicuramente il C27-J che è un velivolo da trasporto tattico; al riguardo, abbiamo vinto un contratto con l'esercito degli Stati Uniti (il programma è chiamato Joint Cargo aircraft, il che significa che poi il velivolo sarà adottato anche dall'aeronautica) e l'ordine attuale comprende 74 velivoli, estendibile a 200 e forse di più. Vi è poi l'M-346, l'addestratore avanzato di nuova generazione per il quale stiamo finalizzando un contratto comprendente sei velivoli per l'Italia; stiamo però giungendo ad un accordo finale con gli Emirati Arabi che prevede 48 velivoli e si stanno aprendo ulteriori possibilità in India, in Arabia Saudita, in Grecia, mentre gli Stati Uniti potrebbero essere interessati in futuro.
Nel campo elicotteristico abbiamo l'AW101, risultante da un programma sviluppato assieme alla Gran Bretagna, che ha avuto grande successo e che costituisce, tra l'altro, la piattaforma dell'elicottero presidenziale degli Stati Uniti d'America. Abbiamo poi la famiglia Lynx, un elicottero della Gran Bretagna interessato da un ultimo ordine risalente a dicembre dello scorso anno; sto parlando di circa 1 miliardo di euro poiché la Gran Bretagna ha chiesto il Future Lynx, cioè un nuovo elicottero.
Nel campo radar abbiamo il Vixen-E e il Seaspray, rispettivamente da combattimento e di sorveglianza, entrambi a scansione elettronica. Si tratta di due radar molto avanzati, di cui uno verrà sicuramente adottato dalla Gran Bretagna, mentre l'altro è già stato adottato dalla Guardia costiera degli Stati Uniti. Accanto a questi due radar compaiono tutta una serie di sistemi di visione notturna ad infrarossi che vengono utilizzati a bordo di navi, elicotteri, carri armati e velivoli corazzati. Per quanto concerne i sistemi radar vi è l'EMPAR, impiegato sulle navi FREMM ed Orizzonte, che verrà ulteriormente migliorato e, di conseguenza, avrà un futuro abbastanza buono.


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Nel campo delle comunicazioni abbiamo la Software defined radio ed un lettore di targhe adottato dai Carabinieri per il controllo della velocità, che, tra l'altro, ha avuto notevole successo anche negli Stati Uniti, in città quali New York e Los Angeles. Attualmente, il suddetto lettore di targhe è stato notevolmente migliorato ed è in grado di individuare anche il colore e la forma delle macchine, di modo che si può capire se si è in presenza di una macchina di proprietà o rubata.
Per quanto riguarda gli armamenti, i cannoni navali di medio calibro da 76mm sono stati venduti a quasi tutte le Marine del mondo; con il tempo hanno subito delle modifiche che li hanno resi migliori, tanto da essere adottati anche dalla Marina americana. Infine, relativamente all'attività under water, abbiamo i siluri Black shark e MU-90. Esclusi i sommergibili nucleari, tutti gli altri stanno adottando i nostri siluri.
Riguardo ai sistemi satellitari per l'osservazione della Terra possiamo contare su Cosmo-SkyMed che svolge un'attività sia civile sia militare: opera con maggior precisione e segretezza se l'attività riguarda il campo militare e con minor precisione per attività civili.
Quanto alle attività civili, Telespazio sta promuovendo questa attività non solo in Italia, ma anche al di fuori dei confini nazionali. Ne stiamo parlando con gli Stati Uniti, ma abbiamo venduto il sistema agli Emirati e ai Paesi che dagli Emirati arrivano fino alla Malesia.
Questi sono i nostri prodotti. Alcuni sono sviluppati in Italia, altri - ad esempio, i radar avionici - in Gran Bretagna, in particolare a Edimburgo.
Un altro aspetto che vorrei sottolineare riguarda le tecnologie che, generalmente, qualificano una società. Le tecnologie che sviluppiamo in Italia, per quanto riguarda l'aeronautica, sono relative a nuovi materiali, per permettere agli aeroplani di avere una segnatura bassa, sia agli impulsi radar che agli impulsi infrarossi, e di essere molto resistenti. Queste tecnologie hanno applicazioni sia civili che militari.
Ciò significa avere anche un processo produttivo adatto allo scopo. A Grottaglie abbiamo realizzato un processo produttivo, che abbiamo brevettato, per costruire parte della carlinga del Boeing 787.
Infine, nel M-346 è stata utilizzata una nuova tecnologia per il controllo del volo chiamata fly by wire, completamente elettronica.
Nel settore degli elicotteri, stiamo sviluppando due tecnologie abbastanza importanti. Una è quella del tilt-rotor: l'elicottero si alza in volo come tale, ma arrivato a una certa altezza diventa un aereo, con conseguente velocità. Si tratta di un programma che stiamo sviluppando assieme all'americana Bell, denominato BA609. Pensiamo che, intorno al 2013-2014, potremo presentarlo sul mercato. Lo abbiamo già presentato in diversi saloni ed è già in volo. Tuttavia, data la particolare novità, occorrono moltissime prove.
In secondo luogo, in Gran Bretagna sono state sviluppate delle tecnologie grazie alle quali le pale dei nostri elicotteri, in fase di atterraggio, non alzano né acqua, né polvere. Pertanto, sono particolarmente adatte ad atterraggi in zone desertiche e per ripescare le persone cadute in mare (un elicottero normale, creando grosse onde, rischia di annegare la persona che dovrebbe salvare). Questo progetto è stato finanziato dal Governo inglese; noi lo produciamo in Gran Bretagna, ma naturalmente questi sistemi sono anche sugli elicotteri EH-101 italiani.
Per quanto riguarda l'elettronica per la Difesa, stiamo creando dei software particolari, perché i grandi sistemi hanno bisogno di architetture ben definite. Stiamo studiando, dunque, algoritmi per riconoscimenti automatici. Digitalizziamo le onde e, infine, integriamo i componenti in modo da ridurre la grandezza degli apparati.
Nel Regno Unito, come ho già detto, c'è la tecnologia per lo sviluppo e la produzione di gruppi di trasmissione per applicazioni militari. Inoltre, sviluppiamo la tecnologia della scansione elettronica dei


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radar avionici e abbiamo una fabbrica che realizza i rilevatori a infrarossi di nuova generazione.
In Europa ce ne sono solo due di cui uno lo abbiamo noi. Anche negli Stati Uniti, con l'acquisizione degli IRS abbiamo questa tecnologia.
Ho citato solo alcune attività principali, ma faccio notare che noi realizziamo rilevatori ad infrarosso piatti, raffreddati o non raffreddati. Nel caso dei rilevatori non raffreddati significa che si riduce molto la dimensione; in passato - lavoravo su questo già nel lontano 1982 - per vedere bene ad infrarosso bisognava raffreddare molto il sensore e, comunque, il rilevatore non era piatto. Oggi è come se fosse uno schermo televisivo. Allora, era un punto solo che doveva scandire l'immagine, quindi era un processo complicato: il rilevatore doveva esser raffreddato e doveva muoversi sia orizzontalmente sia verticalmente. Oggi, invece, siamo arrivati a realizzare uno schermo piatto non raffreddabile e questo ha permesso di ridurre l'ampiezza dell'apparato.
Alcuni apparati hanno bisogno di criogenia, ossia di raffreddamento. Negli Stati Uniti abbiamo questa tecnologia miniaturizzata. Inoltre, sappiamo riconoscere lo spettro a banda larga di qualsiasi segnale e, infine, abbiamo la tecnologia per localizzare le radio in modo molto preciso.
Gli altri Stati sono molto gelosi delle nostre tecnologie; per questo, in una pagina successiva, ho riportato cosa succede al procurement della Difesa. L'Italia investe 3,3 0,3 miliardi di euro a cui vanno aggiunte le risorse provenienti dal Ministero per lo sviluppo economico. Senza confrontarci con gli Stati Uniti, possiamo ricordare che la Francia, invece di 0,3, investe 3,6 miliardi di euro, quindi dodici volte l'Italia, così come la Gran Bretagna (Commenti dell'onorevole Villecco Calipari).
Nella tabella che abbiamo riportato si legge che, in percentuale, noi investiamo su ricerca e sviluppo meno del 9 per cento, a fronte del 53 per cento degli Stati Uniti, del 45 per cento della Gran Bretagna e del 50 per cento della Francia. Naturalmente questi dati rappresentano la competitività di un Paese o di una industria. Ora, o si investe con soldi propri o con risorse del cliente nazionale. Nel caso della Francia, della Gran Bretagna e degli Stati Uniti ci pensa il cliente nazionale; da questo punto di vista, noi riceviamo una minima parte e in parte dobbiamo spendere i nostri soldi. Questo significa che i nostri utili vengono in parte decurtati; sebbene siano considerati discreti, essi potrebbero essere migliori se ci fossero i finanziamenti. È chiaro, inoltre, che se si aprono tutti i mercati arriva gente che viene finanziata dal proprio Stato e noi rischiamo di essere messi in difficoltà.
Per quanto ci riguarda, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna cerchiamo anche noi di ottenere i fondi destinati alla Difesa, ma se vogliamo mantenere a casa nostra, in Italia, certe tecnologie importanti, dobbiamo investire risorse.
Di certo, quando partecipiamo a programmi europei, noi siamo sempre in difficoltà dal punto di vista economico.
Stiamo realizzando un nuovo radar a scansione elettronica, Italia e Svezia insieme: il costo totale è di 120-140 milioni di euro, in percentuale uguale tra i due Paesi. Tuttavia, mentre la Svezia ha detto di avere i soldi necessari, l'Italia per ora si riserva di dichiarare la disponibilità economica.

GIANFRANCO PAGLIA. È sulla fiducia!

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente di Finmeccanica Spa. Esiste, inoltre, un sistema per evitare la collisione denominato MIDCAS (Mid air Colision Avoidance System). Il programma, presente in quattro Paesi, prevede un investimento di 50 milioni di euro. Ora stiamo parlando con il Ministero delle infrastrutture, dal momento che il Ministero della difesa ha riferito che avrebbe fornito 6 milioni dei 12 che costituiscono la nostra parte; gli altri 6, quindi, dovrebbe fornirli il Ministero delle infrastrutture. Questo esempio - ne potrei citare altri, ma sono peggiorativi - rende l'idea di quale sia la situazione.


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A questo punto, penso che sia interessante farvi vedere qual è la best practice nei principali Paesi del mondo e in Europa. Ebbene, la Commissione europea ha assunto alcune iniziative per regolare il mercato della Difesa, tra cui una comunicazione interpretativa dell'articolo 296 del Trattato che regola la competizione. La Commissione europea vorrebbe limitare l'utilizzo delle deroghe previste da questo articolo, mentre la maggior parte dei Paesi, con qualche modifica, preferirebbe mantenerlo.
Dico subito che bisogna stare attenti perché alcuni Paesi, come la Francia, sembrano apparentemente liberali, ma quando predispongono i bandi di gara inseriscono delle specifiche tali da rendere difficilissima la partecipazione.
La Commissione europea, inoltre, ha emesso il «pacchetto Difesa», che include: una comunicazione sulle strategie per il rafforzamento e la competitività del mercato; una direttiva sul coordinamento delle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici nei settori della difesa e della sicurezza; una direttiva per la semplificazione dei trasferimenti di prodotti destinati alla difesa all'interno dell'Unione. Questo, naturalmente, facilita le esportazioni. Spesso, in passato, per trasferire un prodotto dall'Italia alla Gran Bretagna occorrevano diversi mesi.
Come ho detto, la normativa europea dovrebbe facilitare la trasparenza nei vari appalti pubblici, ma al riguardo bisogna stare attenti.
Procediamo adesso Paese per Paese, partendo dal Regno Unito. Il Regno Unito ha un documento - Defence Industrial Strategy - abbastanza importante, anche per noi: oltre a stabilire i princìpi in base ai quali in quel Paese si effettuano le acquisizioni nel settore strategico, nel documento si definisce anche il modo in cui ci si rapporta con l'industria e si identificano le tecnologie chiave.
Rammento che quando acquisimmo quella che oggi si chiama Selex Galileo, il Ministro della difesa mi disse quali fossero le tecnologie chiave, quelle che non si potevano portare via dal nostro Paese.
La Defence Industrial Strategy stabilisce inoltre il principio della gestione dei programmi a vita intera. A tale riguardo, nel Regno Unito si scelgono i partner - per quanto ci riguarda è stata scelta Agusta e Selex Galileo - e si discute con loro come riuscire a ridurre nel tempo il costo della vita di un prodotto. Dunque, non bandiscono la gara, ma cominciano con un colloquio. In questo modo, hanno ottenuto dall'Agusta una notevole riduzione del mantenimento degli elicotteri post vendita. Quindi, non solo c'è una discussione su come sviluppare i futuri elicotteri, ma anche su come riuscire a ridurli. Alla fine di tutto, il contratto viene modificato. La Commissione difesa della Camera dei comuni chiaramente supervisiona tutto questo e partecipa alla stesura mediante audizioni.
Oltre a questo, esiste un documento - Defence technology strategy - nel quale si definiscono le priorità tecnologiche. Anche noi partecipiamo, per quanto riguarda le nostre industrie, a questo aspetto. Inoltre, si decide come investire gli elementi trattati in precedenza. Accanto a questo, si occupano di innovazione, per creare la cultura dell'innovazione nella Difesa. Infine, hanno il Defence technology plan, che serve per dare priorità a quanto definito in precedenza come tecnologicamente strategico.
All'inizio di quest'anno, hanno cercato di coordinare tutte le attività di ricerca attuate da qualsiasi ente governativo. Per tale incarico, hanno scelto Lord Drayson che, fino a poco tempo fa, era il responsabile del procurement della difesa, quindi una persona molto conosciuta perché era colui che seguiva gli elicotteri. Ho parlato a lungo con Lord Drayson, il quale chiaramente cerca di far sì che le ricerche vengano coordinate. Dunque, il duale in modo particolare viene ben utilizzato. Ad esempio, egli parte dai trasporti, poi la salute, per arrivare alla difesa passando per gli interni, e fa in modo di coordinare le azioni, per cercare di scegliere le strategie e le tecnologie giuste, ma nello stesso tempo di risparmiare.


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Se poi si vanno ad analizzare le esportazioni, la Gran Bretagna - che come sapete è il secondo esportatore del mondo - fino a poco tempo fa aveva, sotto il Ministero della difesa, il DESO, ovvero un'organizzazione con 500 persone che spendeva circa 50 milioni di sterline l'anno per promuovere le esportazioni. Ora, hanno concentrato il supporto alle vendite totali sotto il Ministero dell'industria e del commercio, insieme ad altre attività.
Passando alla Francia, tale Paese ha seguito un identico percorso. Infatti, essa ha prodotto un Libro bianco ed ha poi definito cinque funzioni strategiche, per ognuna delle quali ha indicato le tecnologie chiave.
Non vorrei dilungarmi sull'argomento, tuttavia, concettualmente, la Francia sta attuando in modo diverso le stesse operazioni: sceglie le tecnologie e decide come supportarle. Predispone un programma triennale della Difesa, approva una legge di programmazione militare che dura cinque anni e poi - come ho detto prima - decide come esportare. Quindi, vi è un gruppo di persone che si occupa di questo aspetto. Inoltre, ultimamente, nel 2007, hanno creato un ministero ad hoc per la difesa e la sicurezza.
Passando agli Stati Uniti, essi hanno il GAO (Government Accountability Office), ossia un ente che effettua continuamente dei controlli (una specie di nostra Corte dei conti, ma molto più attiva). Ad esempio è stato proprio il GAO ad aver annullato la gara per gli elicotteri, vinta dalla Boeing contro di noi. In sostanza, questo organismo ha ritenuto che l'elicottero scelto non corrispondeva alle esigenze, quindi lo ha cancellato riaprendo la gara, che è tuttora in corso. Dunque, speriamo di avere buone possibilità.
Per quanto riguarda i programmi in corso, l'emendamento Nunn-McCurdy prevede, in primo luogo, che se il programma supera il 15 per cento del costo, il Segretario della difesa deve notificarlo al Congresso e dire cosa pensa di fare. Dunque, può bloccarlo per un mese a meno che non ci si trovi in presenza dei seguenti casi: o si tratta dell'unico prodotto che risponde alle esigenze manifestate oppure ci si trova in una condizione di pericolo per la sicurezza nazionale, o simili. Se invece si supera il 25 per cento, il progetto viene bloccato per due mesi e torna in Parlamento, a meno che non ci siano determinate esigenze nazionali.
Quindi, dato che i numeri in questione sono abbastanza bassi - perché il 15 per cento è un dato facilmente superabile - ciò significa che il Congresso ha molta voce in capitolo.
Gli Stati Uniti sono i maggiori esportatori ed usano essenzialmente due sistemi: l'FMS (Foreign Military Sales) e l'FMF (Foreign Military Financing). L'FMS è una sorta di «regalo» che gli Stati Uniti fanno ai diversi Paesi. Noi tramite questo sistema abbiamo venduto, ad esempio, i cannoni Oto Melara che sono presenti nel loro inventario (Navy), dal momento che bisogna che il prodotto sia già adottato dagli Stati Uniti. Questi cannoni sono stati richiesti dall'Egitto e noi li abbiamo venduti tramite gli Stati Uniti.
Invece, l'FMF è un sistema attraverso il quale gli Stati Uniti prestano a bassi tassi di interesse, incentivando e facilitando l'acquisto, ma non acquistando direttamente.
Invece, guardando cosa accade al loro interno, il Buy American Act afferma che per vendere un prodotto negli Stati Uniti bisogna che più del 50 per cento di esso sia stato prodotto negli Stati Uniti. Si tratta dello stesso lavoro che noi abbiamo realizzato per l'elicottero EH-101, ed ho dovuto dimostrarlo anche all'ambasciatore americano. Chiaramente, già comprare il motore in America porta via una certa quota, tuttavia in alcuni casi abbiamo scelto dei fornitori negli Stati Uniti, in modo che alla fine il 65 per cento fosse statunitense.
Per quanto riguarda le navi, quelle che battono bandiera americana devono essere prodotte per forza negli Stati Uniti. Inoltre esiste il Berry Amendement, del lontano 1941, il quale prevede che la preferenza vada data ai prodotti statunitensi: questo è il motivo per il quale noi realizziamo sempre l'assemblaggio finale negli Stati


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Uniti. Ad esempio, per il C-27J stiamo facendo uno stabilimento in Florida, e dal quattordicesimo in poi l'assemblaggio finale verrà effettuato negli Stati Uniti.
Inoltre, occorre ricordare che noi possiamo beneficiare dei fondi americani per la ricerca e lo sviluppo. Per darvi un'idea, vi fornisco qualche numero: per l'EH-101 il contratto era di 3,8 miliardi di dollari di cui parte alla Lockheed e parte alla Bell. La parte spettante ad Agusta era di 1 miliardo e 100 milioni, di cui 720 destinati allo sviluppo. Dunque, mentre una quota ci è servita per fornire nuovi elicotteri, l'altra è stata impiegata per realizzare un elicottero potenziato e più capace. Quindi, gli Stati Uniti, ci hanno concesso due terzi, e più, per la ricerca e un terzo per la fornitura. Pertanto, noi ci siamo avvantaggiati di ciò.
A questo punto, intendo esporre il punto di vista di Finmeccanica in merito alla situazione italiana. A nostro avviso, la legge Giacché ha contribuito a migliorare e semplificare il sistema di approvvigionamento della Difesa, dal momento che ha migliorato e snellito le procedure. Quindi, il nostro giudizio a riguardo è positivo, e pensiamo che il passaggio parlamentare darà la giusta trasparenza e il dovuto controllo all'approvazione dei programmi.
Tuttavia, riteniamo che possano ancora effettuarsi dei miglioramenti che consentano di perfezionare e velocizzare i programmi. Solitamente, i programmi pluriennali sono dei programmi multilaterali e collaborativi, e su questi occorrerebbe un pronto finanziamento, perché spesso succede, specialmente se il programma è multinazionale, che in attesa che l'Italia paghi gli altri nel frattempo decidono quale parte fare. Pertanto, alla fine paghiamo quanto pattuito, ma facendolo in ritardo subiamo uno svantaggio, come succede per l'ultimo arrivato a tavola. Quindi, solo un continuo litigio ci permette di risalire ad un certo livello. Invece, se fossimo tempestivi nel depositare la nostra quota, la posizione di chi tratta sarebbe profondamente diversa.
Accanto a questo, i programmi che passano attraverso il Ministero dello sviluppo economico devono essere realizzati di concerto tra il Ministero della difesa, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'economia e delle finanze. Ebbene, se non sbaglio i passi da compiere sono trentasette, il che significa che anche impiegando quindici giorni a passo si arriva velocemente ad un anno e mezzo. Per questo motivo, tanto per dare un'idea, per l'M-346 i soldi risalgono al 2007 ma ad oggi non c'è ancora il contratto. Questo è dovuto non ad una cattiva volontà, ma al fatto che ognuno deve valutare attentamente ogni singolo aspetto. Tuttavia, ciò ha comportato che gli Emirati hanno affermato che non procederanno per primi, senza che sia stato già effettuato un ordine. Questo significa rallentare l'ordine degli Emirati. Questa è la realtà.
Riteniamo, innanzitutto, che sia necessario investire in modo efficace nella ricerca, come fanno gli altri Paesi, anche per poter partecipare ai programmi europei. Inoltre, chiediamo un maggiore supporto alle esportazioni - come è abbastanza logico - perché in tal modo oltre a produrre utili per il Tesoro, creeremmo lavoro per l'Italia.
Per quanto riguarda invece gli acquisti dall'estero, occorrerebbe portare avanti una politica di offset abbastanza dura, come fanno quasi tutti i Paesi, dove l'offset è al 100 per cento con pesi. Cosa si intende per pesi? Se si fa l'offset per il petrolio, viene pesato pochissimo, se si fa l'offset per le tecnologie, il peso cresce tantissimo. Ciò vuol dire che oltre al valore numerico, conta molto cosa si chiede in cambio. Nel nostro caso il JSF è l'esempio classico: certo l'Italia darà, ma penso anche che vorrà pur ricevere. Quindi, bisognerà snellire notevolmente l'iter burocratico per essere al pari degli altri Paesi.
Occorrerebbe un maggior coordinamento tra le amministrazioni competenti e l'industria per quanto riguarda le tecnologie, perché siamo convinti che le tecnologie che realizziamo siano molto spesso duali. Pertanto, un maggior coordinamento potrebbe consentire di sfruttare meglio tali tecnologie. Inoltre, bisognerebbe


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recepire il «pacchetto Difesa» della Commissione europea, dal momento che esso parla di difesa ma anche di sicurezza, e dunque credo che l'Italia debba recepirlo ed essere attiva.
Infine, penso che sia necessario riflettere su alcuni elementi. In Italia, abbiamo da un lato un surplus di personale nelle Forze armate, e dall'altro una mancanza di risorse. Quindi, sarebbe buona cosa arrivare ad una legge che ci liberi dei surplus permettendo di investire quanto verrebbe, in tal modo, risparmiato per acquisire ciò che serve alle Forze armate.
Con l'ultima modifica alla legge finanziaria siamo passati ad avere saldi di bilancio fissati a tre anni, e questa è buona cosa. Tuttavia, si potrebbe pensare, come fanno gli altri Stati, di fissare un budget pluriennale, in modo che le Forze armate sanno quello che possono fare e l'industria si organizza molto meglio. Ciò non solo determinerebbe una maggiore certezza dei nostri programmi, ma faciliterebbe anche la vendita dei nostri prodotti al di fuori del Paese. Infatti, come sappiamo, spesso quando assumiamo degli impegni al di fuori dell'Italia, questi riguardano un periodo di tempo che va dai dieci ai quindici anni. Ebbene, tutto ciò favorirebbe non solo l'industria, ma anche la politica del Governo a livello internazionale.
Ho concluso, e spero di non essere stato troppo prolisso.

PRESIDENTE. Voglio ringraziarla, presidente, per l'esposizione che è stata importante anche per conoscere al meglio il gruppo Finmeccanica. Credo di interpretare anche il pensiero degli altri colleghi dicendo che siamo certi dell'importanza economica e sociale del gruppo per l'Italia, sia per gli indotti indiretti che derivano dalla sua attività sia per quelli diretti che arrivano al Ministero dell'economia e delle finanze, il quale partecipa, in maniera cospicua, dal punto di vista finanziario nel gruppo.
Ovviamente, per noi anche l'aspetto occupazionale è particolarmente importante, così come l'aspetto, ancora non trascurabile, delle ricadute tecnologiche per l'Italia. Atteso che, complessivamente, l'Italia da sempre svolge una scarsa attività di investimento nella ricerca, riteniamo che quest'ultimo - non direttamente per un intervento statale, ma proprio per l'impiego da parte di Finmeccanica di parte di utili in ricerca e sviluppo - rappresenti un'occasione importante.
Da tale punto di vista, siamo consapevoli che questo gruppo, che di fatto ha una forte presenza pubblica, rappresenta una certezza anche per la sua capacità di stare sul mercato mondiale. D'altro canto, come Parlamento, ci aspettiamo che ci sia una costante attenzione ai dati occupazionali che riguardano l'Italia, soprattutto in una situazione congiunturale così particolare.
Ci aspettiamo, altresì, anche a seguito di questa indagine, che il Parlamento recuperi un ruolo di maggiore centralità, sia per la quantità di risorse impegnate, sia per la capacità di sostegno dell'industria della Difesa. Intendo dire che i Governi mutano e possono avere strategie diverse, mentre l'intervento complessivo deve avere sempre un impatto pluriennale. Quindi, la continuità del controllo e del supporto parlamentare al mercato della Difesa, dal momento che si tratta di un mercato strategico, deve essere costante.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

SALVATORE CICU. Intendo formulare alcune domande, sebbene, almeno in due casi, lei abbia già risposto in modo significativo. La prima domanda riguarda i programmi di acquisizione finanziati con fondi dello sviluppo economico, che richiedono, come lei ha sottolineato, un efficace coordinamento tra il Ministero della difesa e il Ministero dello sviluppo economico.
Lo stesso Ministro della difesa, nel corso dell'audizione del 18 novembre scorso, ha sottolineato che mentre si promuove un'attività di raccordo in maniera diretta - un'attività spontanea e non regolamentata - tra i due Ministeri, c'è d'altra parte un'attività indiretta nei confronti della parte industriale. È chiaro che il nostro Paese, considerate le strette esigenze


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del Ministero della difesa, avrebbe bisogno di più e di meglio. L'esperienza ci induce a riconoscere - questo è il tentativo della nostra Commissione, attraverso questi approfondimenti e queste audizioni - la necessità di emanare una normativa cogente al riguardo.
Qual è la sua proposta rispetto a questa situazione? Inoltre, può dirci se questa situazione ha inciso, e in che modo, rispetto ai rapporti industriali con gli altri Paesi?
La seconda domanda attiene a una materia che nella sua ampia relazione lei ha già prospettato, ovvero la disciplina europea relativa all'industria degli armamenti. Lei ha detto che è in corso di definizione una proposta relativa a due direttive, una riguardante la semplificazione delle modalità e delle condizioni di trasferimento all'interno della Comunità di prodotti destinati alla difesa, l'altra riguardante il coordinamento delle procedure di aggiudicazione di taluni appalti pubblici.
Come valuta queste direttive e, anche in questo caso, quale impatto esse hanno avuto e hanno sull'industria nazionale degli armamenti, anche con riferimento al confronto all'interno del sistema industriale europeo?
Infine vi è la questione - quella che più mi preoccupa - relativa agli sviluppi della vicenda, che ha avuto un'ampia eco sulla stampa, della commessa degli Stati Uniti per la fornitura di 32 elicotteri presidenziali, di cui peraltro sette già consegnati e due in via di consegna. Abbiamo appreso da fonti di agenzia che il portavoce della Casa Bianca, in un'intervista alla CNN del 24 febbraio scorso, ha evocato l'ipotesi di una sospensione del contratto presidenziale, ribadendo che il Presidente ha definito l'acquisto dei citati elicotteri - leggo testualmente - «un esempio di commessa fuori controllo».
Sempre da fonti di agenzia, abbiamo appreso, inoltre, che lei ha ritenuto l'ipotesi della cancellazione della seconda fase della commessa, quella relativa ad altri 23 elicotteri, la meno probabile, mentre i Ministri Frattini e La Russa hanno dichiarato che si tratta di un contratto già definito, quindi soltanto in ritardo e non in via di cancellazione.

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente di Finmeccanica Spa. Parto dall'ultima domanda. Il primo contratto, come ho detto prima, riguardava 3,8 miliardi di dollari e prevedeva la fornitura di quattro elicotteri di prova e cinque in via definitiva. Faccio notare che la commessa non è fuori controllo, perché comporterà la spesa che è stata riferita. La questione che si è posta, peraltro da molto tempo, riguarda l'esigenza di sicurezza a cui devono rispondere questi elicotteri.
Ovviamente, come Agusta Westland (Italia e Gran Bretagna), molti aspetti di questi elicotteri non li conosciamo, perché gli strumenti a bordo - che sono in capo alla Lockheed - sono ipersegreti e sono, peraltro, i più costosi. Pertanto, le maggiori somme servono per costruire questi elicotteri come vorrebbe la Marina.
Come ho ricordato dopo il mio ultimo viaggio al Pentagono e alla Casa Bianca, attualmente loro hanno un elicottero a un solo motore risalente al 1972, quindi la piattaforma dell'EH-101 è notevolmente superiore. Il paragone, dunque, non è possibile: sarebbe come confrontare una Balilla del 1952 con una Ferrari di oggi.
Insomma, il primo contratto non sarà interrotto di sicuro. Quanto al secondo contratto, era previsto che sarebbero stati acquistati i 18 elicotteri mancanti per arrivare a 23. La Marina ha chiesto tantissimi soldi perché vuole ancora migliorare questi elicotteri, per una maggiore sicurezza, ed ecco che si arriva a 12-13 miliardi di euro. Se, però, il contratto viene bloccato e si fermano a 18 elicotteri, va detto che il velivolo con questa configurazione non costa 400 milioni, come è apparso sui giornali, ma poco più di 100 milioni. Naturalmente il costo dipende dagli strumenti a bordo, dunque dalle loro richieste.
Se il Pentagono e la Casa Bianca decidono qual è la configurazione, secondo


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me possono arrivare alla fornitura totale, con un investimento sempre consistente ma comunque limitato.

PRESIDENTE. Qual è la sua idea di come possa andare a finire?

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente di Finmeccanica Spa. Per quanto riguarda il Pentagono, è stato chiarito che alla fine daranno un giudizio, perché questo è stato richiesto. Loro pensano, però, che la scelta sarà politica. Per ragioni di politica interna, ossia per far vedere che si risparmiano risorse, forse possono rinunciare all'elicottero, salvo doverlo acquistare qualche anno dopo. Dal punto di vista della politica internazionale, però, occorre considerare che l'EH-101 è usato in Afghanistan e lo è stato in Iraq. Oltretutto, a suo tempo Blair scrisse in modo chiaro che si trattava di un elicottero affidabile e sicuro.
Ricordo che, in un'occasione, il sottocapo di stato maggiore mi chiese la ragione di costi così elevati. Gli risposi che, dopo averlo acquistato con determinate caratteristiche, avevano iniziato a modificarlo. Del resto, solo all'Agusta hanno dato 720 milioni per la prima fase, per migliorarlo. Naturalmente, nella seconda fase ci sarebbe stato un ulteriore miglioramento e questo spiega i costi.
Si può dire, dunque, che è fuori costo, ma è successo lo stesso con il JSF: all'inizio costava 30 milioni di dollari, ora costa 125 milioni di dollari.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Interessante, non sapevamo bene qual era il costo.

PRESIDENTE. Ieri abbiamo svolto un'audizione della Difesa e dello stato maggiore dell'Aeronautica che ci hanno illustrato questo progetto che attualmente è in Commissione per il parere.

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente di Finmeccanica Spa. Lasciatemi spiegare che il generale dava la colpa a loro stessi, non all'industria, riconoscendo che le loro richieste - a volte una richiesta sembra insignificante, invece si tratta di riprogettare tutto - in corso d'opera avevano determinato l'aumento dei costi. Ad esempio, se si richiede che l'elicottero raggiunga una velocità di 300 Km all'ora, ma il motore di cui dispone gli permette di arrivare a 230 chilometri orari, è evidente che cambiare il motore significa tanti soldi in più.
Insomma, bisognerebbe considerare bene cosa comporta ogni richiesta di implemento di prestazioni.

PRESIDENTE. Comunque, siamo preoccupati e speriamo che il Governo italiano e inglese facciano sentire la loro voce.

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente di Finmeccanica Spa. Finora ho cercato di dire che la presentazione del problema non è quella giusta. In altre parole, loro hanno una configurazione chiara, che costa relativamente poco. Siccome la decisione deve essere politica, i nostri Governi devono farsi sentire.
Per quanto riguarda il discorso europeo, chiaramente noi siamo d'accordo sul fatto che quando si transita all'interno dell'Europa certe autorizzazioni devono essere facilitate. Peraltro, la legge n. 185 del 1990 garantisce che le esportazioni dall'Italia non avvengano in determinati Paesi. Se c'è un accordo in merito ai Paesi nei quali occorre evitare le esportazioni, è chiaro che ogni Paese deve garantire il rispetto di tale accordo, ma all'interno della Comunità europea deve esserci facilità di spostamento. È ben diverso, invece, se il transito di determinati prodotti deve avvenire in Paesi come la Malesia o l'Indonesia, dove è bene prendere certe cautele.
Per quanto riguarda le gare, il discorso è abbastanza complesso. In primo luogo, se si pensa di liberalizzare le gare, bisogna essere sicuri che tutti lo facciano con lo stesso spirito. Occorre considerare, poi, che molti Paesi sono «pro americani». Chiedo, allora, se questo significa liberalizzare anche nei confronti degli americani,


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il che sarebbe molto pericoloso. Paesi come la Polonia, la Romania o la Bulgaria non accetterebbero di impedire la partecipazione degli americani. Mentre i francesi direbbero subito sì, altri Paesi la vedono in maniera differente.
Quindi, si liberalizza per tutta l'Europa o per tutto il mondo? Questa è l'altra domanda che dobbiamo porci. Se si liberalizza per tutto il mondo - penso che i francesi sarebbero ipercontrari, mentre gli inglesi potrebbero essere favorevoli - significherebbe prevedere un aumento considerevole dei prodotti americani.

PRESIDENTE. Aveva anche accennato a un problema tra Sviluppo economico e Difesa.

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente di Finmeccanica Spa. Come ho detto prima, la procedura è abbastanza farraginosa e andrebbe semplificata. Comunque, se vi fosse un documento firmato dai Ministeri interessati, la procedura sarebbe più spedita.
Quando discuto in ambito militare faccio presente che se il Ministero dello sviluppo economico investe risorse proprie è naturale che si aspetti che il prodotto venga esportato, quindi l'industria deve garantire che quel prodotto sia esportabile, altrimenti non ha senso che quel Ministero faccia un investimento.
Pertanto, se produco l'M-346, devo pensare - magari posso anche sbagliare - che oltre all'Italia lo acquista qualcun altro. Se le risorse vengono garantite totalmente dal Ministero della difesa non è detto che sia un prodotto esportabile, mentre un prodotto pagato dal Ministero dello sviluppo economico, a mio avviso, deve esserlo. Questa è la mia opinione personale.

ETTORE ROSATO. Grazie, presidente Guarguaglini, per la sua ampia relazione. Come premessa, mi consenta solo di dire che Finmeccanica è un orgoglio per il Paese, come diceva prima il nostro presidente. Dunque, noi dobbiamo essere grati anche al suo management per i progressi che sono stati fatti in questi ultimi anni.
Io ho da porle alcune domande, ma saranno tutte molto brevi. Come prima questione, le chiedo un piccolo approfondimento sui rapporti con le aziende italiane, ossia quelle che lavorano per voi e che fanno parte del tessuto economico del nostro Paese. Quindi, vorrei sapere quanto vale l'indotto del gruppo Finmeccanica nel nostro Paese.
In secondo luogo, nelle slide della sua illustrazione venivano forniti due esempi sulle difficoltà dei programmi europei da lei citati, quello con la Svezia e l'altro multinazionale.
Immagino che questi programmi siano stati sottoscritti dal nostro Paese e poi non rispettati, e non faccio riferimento a un Governo o all'altro perché questi sono problemi che attraversano il nostro Paese da anni. Tuttavia, penso che potrebbe essere utile per questa Commissione avere un elenco più dettagliato dei programmi in cui voi siete coinvolti e che sono stati sottoscritti dal nostro Paese. Naturalmente, si tratta di una domanda aperta, che quindi non richiede una risposta qui. Quindi, occorrerebbe avere un elenco dettagliato di tali programmi, per i quali il nostro Paese è in grave ritardo rispetto ai progressi fatti dagli altri Paesi, e ai pagamenti che sono stati effettuati dagli altri. Ciò, proprio in riferimento a quanto lei affermava prima riguardo a chi si siede per ultimo a tavola pur avendo prenotato il posto, finendo così per mangiare quello che resta.
La terza questione riguarda i trentasette passi che lei ha citato in relazione allo snellimento burocratico. A questo proposito vorrei ricordare che, nonostante la sua molto cortese sottolineatura sul ruolo parlamentare, il ruolo del Parlamento nella definizione dei programmi di armamento non è neppure di tipo notarile, perché la posizione del notaio ha un valore, mentre la nostra è assolutamente burocratica. Io direi che questo costituisce il trentottesimo passaggio: quindi, sono trentasette più uno. Infatti, sarebbe utile per noi poter intervenire su questi passaggi burocratici. In riferimento agli incentivi di sostegno alla nostra industria e


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allo snellimento della burocrazia, io credo che il Parlamento non sia intervenuto, e neanche il Governo, proprio nello snellimento di questo tipo di burocrazia.
Quindi, l'unico soggetto che può sapere con certezza quali sono i trentasette passaggi burocratici siete voi. Invero, spesso neppure i soggetti che applicano la burocrazia, e che la costruiscono, sanno cosa c'è davanti e cosa c'è dietro. Dunque, se voi avanzate questa specifica circa gli aggravi a cui siete sottoposti, penso che nel percorso del nostro lavoro possiamo provare a dare una mano per raggiungere una semplificazione dei processi burocratici.
L'altra questione riguarda una sua valutazione sul contributo per la ricerca militare. Io sono assolutamente d'accordo con lei quando dice che i contributi del Ministero per lo sviluppo economico o servono per prodotti che possono essere esportabili, oppure non si capisce la loro logica. Aggiungerei che anche quelli del Ministero della difesa dovrebbero avere comunque la logica di essere anche prodotti esportabili. Su questo, volevo chiederle una valutazione di carattere più generale circa il contributo alla ricerca civile che la ricerca in campo militare, che voi svolgete in maniera prevalente, riesce a dare.
I programmi militari di armamento, ma anche di ricerca, che vengono sviluppati quali miglioramenti vi consentono apportare anche ai vostri prodotti del mercato civile, dagli elicotteri alle altre questioni? Si tratta, infatti, di un tema sempre aperto: la spesa militare non serve solo agli eserciti ma anche a migliorare i prodotti in campo civile.
Infine, nelle sue slide lei ha citato tre best practices e poi ha inserito il caso Italia, che evidentemente non rientra nei primi tre. Questo, banalmente, possiamo condividerlo, ma io volevo chiederle una cosa in particolare. Mi ha molto colpito - perché non la conoscevo - quella prassi adottata negli Stati Uniti di bloccare, addirittura, i programmi di sviluppo militare quando superano il 25 per cento o di chiedere un aggiornamento immediato quando superano il 15 per cento. Io credo che, qui in Italia, neanche quando si supera il 100 per cento ci poniamo il problema. Oppure, se ci si pone il problema esso diventa solo uno dei tanti, ma non certo un motivo di riflessione più ampia.
Ebbene, Finmeccanica opera anche negli Stati Uniti dove queste regole ci sono. Quindi, se voi riuscite a quantificare il costo di un prodotto fino al suo completamento, restando all'interno di queste regole, come mai invece nel nostro Paese non si riesce a costruire un rapporto con l'industria italiana, con Finmeccanica, tale da riuscire a configurare, in fase progettuale, un costo che sia quanto meno avvicinabile a quello di partenza? Certo, il caso dell'elicottero americano smentisce un po' questo dato, perché anche loro evidentemente vanno incontro ad una continua revisione dei programmi, e via dicendo.
Tuttavia, per essere ancora più precisi, esiste una responsabilità dell'industria italiana, e del Ministero della difesa, rispetto al fatto che nella programmazione non si riesca a mantenere i dati di partenza oppure c'è qualcosa di più, e di diverso, che non va bene?
Chiudo con una osservazione, che mi veniva anche dalla riflessione, che abbiamo svolto ieri con i vertici dell'Aeronautica e dell'Esercito, su alcuni programmi. Le schede che ci vengono presentate sono piene di condizionali e di dubitativi, elementi che un programma non dovrebbe mai avere. Io mi auguro che ciò sia solo quello che viene presentato a noi e che i dubbi non siano alla base decisionale. Tuttavia, questo rappresenta uno degli aspetti del problema che lei citava. Ebbene, le chiedo se può soffermarsi su questo per un momento.

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente di Finmeccanica Spa. Per quanto concerne la prima domanda che riguarda essenzialmente l'indotto, io non posso fornirle dei numeri. Tuttavia, andando così, a sensazione, tenuto conto che per i nostri prodotti il costo interno rappresenta, grosso modo, il 30 per cento,


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sicuramente se noi in Italia abbiamo 49 mila persone penso che un numero giusto si aggiri tra 100 e 150, tutto compreso. Quindi, complessivamente, tenuto conto che spesso gli altri hanno un costo più basso di Finmeccanica, penso che triplicando si possa ottenere il numero giusto.
Per quanto riguarda i programmi europei, io ho riportato quelli di ricerca perché sono abbastanza diversi. Se si parla dell'EFA - se ne discute in questo momento - ebbene, in quel caso si va avanti e alla fine c'è la soluzione. Invece, la ricerca è diversa. Prima ho citato il caso della quota italiana di 12 milioni di euro per un programma: si è detto di sì, ma il rischio è che, considerando i tagli, questi soldi non ci siano. In fin dei conti, si può pensare: cosa sono 12 milioni? Se, però, il budget è di 300 milioni - tale è per la ricerca - 12 milioni rappresentano già il 4 per cento. Al contrario, per chi ha a disposizione 3 miliardi invece di 300 milioni, quei 12 milioni rappresentano appena il 4 per mille. Secondo me, in questo consiste tutta la difficoltà. Quindi, da una parte l'Italia vorrebbe partecipare ai più importanti programmi di ricerca ma dall'altra, rispetto agli altri, dispone di un budget per la ricerca che è un decimo di quello della Gran Bretagna o della Francia. Questa è la realtà dei fatti.
Nella ricerca non si aspetta nessuno: una volta impostato il programma, se non ci siamo non ci aspetta nessuno. Faccio presente che, mentre le Forze armate spendono 300 milioni, noi 1 miliardo e 600 milioni in ricerca. Infatti, molto spesso viene chiesto a noi di spendere, ma noi abbiamo già i nostri conti e pensiamo che quelle risorse dovrebbe garantircele qualcun altro. Ad esempio, le industrie francesi, tedesche e inglesi ricevono finanziamenti dai loro Governi. Questa è la realtà. Certo, a volte siamo noi metterli, ma è sempre un sacrificio.
Per quanto riguarda i trentasette passi, io ho cercato anche di divulgare - per così dire - questa informazione. Comunque, se volete possiamo inviarvela.

PRESIDENTE. Possiamo anche acquisirla agli atti della Commissione.

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente di Finmeccanica Spa. Per quanto riguarda il discorso della ricerca, quando io sostengo che noi abbiamo l'80 per cento nell'aerospazio, in realtà la parte civile rappresenta il 25-30 per cento. Nel campo radar noi svolgiamo il controllo del traffico aereo, i controlli sulle coste, oppure a volte controlli per verificare l'inquinamento. In campo spaziale, esiste la suddivisione tra civile e militare, e lo stesso vale per l'aeronautica e per l'elicotteristica. Ad esempio, per quanto riguarda gli elicotteri, ne vendiamo un 70 per cento in ambito militare e un 30 per cento in quello civile, mentre nell'aeronautica siamo quasi a 50 e 50. Quindi, molte delle nostre tecnologie, già noi, le utilizziamo sia in un campo che nell'altro. Chiaramente, a mio parere alcune di esse potrebbero essere utilizzate da qualcuno di diverso da noi, ovvero anche per altre attività. Tuttavia, questo sarebbe ancora più complicato, perché qualcuno dovrebbe avere il coraggio di farlo.
Per quanto riguarda i programmi USA, a mio parere in America «sballano» proprio come accade in Italia, con la differenza che loro si fermano e cercano di capire come possono evitare di incorrere di nuovo nello stesso problema. Oltre a ciò, tutti vengono a sapere quello che accade dal momento che si è costretti a dire che il costo è aumentato, ad esempio, del 20 per cento. Inoltre, essi a volte rinunciano ad alcune prestazioni per rientrare nei costi. Per esempio, per la famosa Littoral Combat Ship (LCS) - quella del programma in cui ci sarà Fincantieri - gli Stati Uniti rinunceranno al peso e alla velocità. Infatti, ho letto che invece di farla andare veloce, come avevano stabilito in partenza, pensano di ridurne la velocità pur di contenere i costi. Dunque, possiamo dire che negli Stati Uniti esiste un dibattito pubblico che fa sì che le decisioni vengano prese. Pertanto, se da una parte si dice che la spesa aumenta, dall'altra si risponde che si è disposti ad abbassare le pretese


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per mantenere lo stesso costo. Ovvero, esistono delle alternative e certo non si pretende per forza di arrivare alla fine esattamente secondo i calcoli di partenza.
Dunque, se dietro il discorso degli elicotteri presidenziali non vi è una scelta politica, la configurazione dell'elicottero viene discussa in base a quanti soldi si vogliono spendere. Infatti, il Pentagono non vuole spendere tanto perché dispone di un budget che preferisce impiegare per altri prodotti. Piuttosto, sono i marine a volere un elicottero particolare, dal momento che devono svolgere un certo tipo di servizio. Del resto, anche durante il Governo Bush, quando partecipavo alle riunioni, in realtà era come avere di fronte tre clienti con idee diverse: l'ammiraglio della Casa bianca, un rappresentante del Pentagono e un rappresentante dei marine. I marine dicevano di volere il veicolo più sicuro possibile, mentre il Pentagono richiamava alla realtà dei numeri delle risorse a disposizione. In America i contrasti vengono a galla in modo chiaro.

FILIPPO ASCIERTO. Intanto, voglio ringraziare il presidente per la sua relazione che è stata chiara e ci ha consentito di conoscere ulteriormente gli aspetti di un mondo imprenditoriale di grande rilevanza, quale quello di Finmeccanica.
Vorrei esprimere una curiosità. Mi ha colpito la vostra presenza nel mondo, ma mi ha colpito anche il fatto che Israele sia riportato nella parte grigia. Devo ritenere, dunque, che gli israeliani abbiano posto una certa barriera con Finmeccanica dal punto di vista imprenditoriale. Mi risulta, invece, che gli israeliani siano presenti sul nostro territorio con le loro tecnologie.
Ricordo che proprio in questa Commissione, all'inizio del mio primo mandato, si è parlato di radar israeliani che dovevano essere acquistati dalla Difesa e che, alla fine, quando sono nati sistemi di integrazione tra i radar, si sono rivelati non compatibili e difficili da integrare. Oggi c'è una fetta del nostro mercato nella quale gli israeliani si stanno inserendo? Inoltre, pensa che, alla fine, questi sistemi possono avere difficoltà di integrazione con i nostri?

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente di Finmeccanica Spa. Il problema è che mentre esiste una legge che regola le esportazioni, la n. 185 del 1990, non c'è una legge che regola le importazioni. L'Italia può acquistare dalla Russia, dalla Cina, da Israele, dalla Corea del nord, ma non è possibile esportare in alcuni Paesi. Anche in Israele, ad esempio, non si può esportare tutto. Mentre gli israeliani possono venire da noi e promuovere i loro prodotti, noi non possiamo farlo perché in base alla legge n. 185 Israele è considerato Paese a rischio.
Ricordo, che ai tempi della prima guerra del Golfo, mi recai negli Emirati. In quell'occasione, l'emiro mi chiese stupito come mai, sebbene i nostri soldati fossero impegnati in quell'area, non fosse possibile per noi inviare le parti di rispetto: è vero che erano in guerra, ma lo erano insieme a noi! Gli spiegai, allora, quali fossero le direttive della legge n. 185 (in quell'occasione, i francesi la tradussero in arabo).
La verità è che qualsiasi Paese può esportare in Italia, perché noi non abbiamo una legge che blocca l'import. Noi, però, ai sensi della nostra legge, non possiamo esportare in alcuni Paesi.

AUGUSTO DI STANISLAO. Intervengo per chiedere al presidente Guarguaglini che cosa ritiene manchi a Finmeccanica per sentirsi alla pari con altri Paesi dal punto di vista del sostegno del Governo e dei Ministeri.
Io mi chiedo e le chiedo, altresì, per quanto tempo ancora Finmeccanica può sopportare il livello di sofferenza attuale, considerato che il mercato si allarga e si restringe e, mentre molti altri sono virtuosi rispetto agli impegni, noi rischiamo di essere sempre più virtuali.
Come Commissione, peraltro, ci occupiamo sempre più di altro, perdendo la nostra mission: ci occupiamo spesso di ricadute occupazionali ed economiche, piuttosto che di materie riguardanti ri


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cerca e sviluppo. Possiamo anche darvi qualche indicazione utile per il vostro lavoro, piuttosto che voi darne a noi come Commissione. Mi chiedo, allora, quali sono gli elementi da mettere in fila affinché la politica possa dare un supporto importante per la vostra azione e qual è la soglia ultima di sofferenza che può sopportare Finmeccanica, visto che in alcune situazioni sviluppa elementi di cooperazione, in altre subisce elementi di competitività.
A questo si aggiunge un ulteriore aspetto, che riguarda, come diceva lei, lo sviluppo di specifiche azioni commerciali, ma anche lo sviluppo di specifiche azioni manifatturiere in altre parti del mondo. Se riusciamo a mettere insieme l'universo mondo di interessi di Finmeccanica, come e in che misura può intervenire il Governo per far sentire l'azione della nostra maggiore industria - la più importante, qualificata e prestigiosa - in questo scenario di continuo cambiamento e di repentini sconvolgimenti anche nei rapporti di forza?

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente di Finmeccanica Spa. Il discorso relativo alla competitività e alla collaborazione vale più o meno per tutte le industrie. Naturalmente, a seconda dei programmi e delle circostanze ci si allea a volte con Thales, a volte con EADS, a volte con Lockheed, e questo avverrà sempre.
Nello specifico, come ho cercato di dire, a noi interesserebbe un maggior supporto per quanto riguarda ricerca e sviluppo. Se ci fossero dei programmi di spesa nel campo della ricerca e dello sviluppo, non solo in ambito militare, Finmeccanica avrebbe dei vantaggi, anche perché, come ho cercato di dire, ogni Paese vuole portare a casa propria determinati investimenti. In altre parole, se il Governo inglese ci paga per lo sviluppo di un radar, non possiamo certo realizzarlo in Italia, né negli Stati Uniti, ma siamo costretti a realizzarlo nel Paese che ci paga per farlo.
È vero, noi abbiamo il supporto del Governo attuale e dei precedenti, ma la Francia ha un'organizzazione completa. Questo significa che se il Primo ministro promuove un prodotto in un Paese, poi c'è una continuità da parte governativa, non dell'industria. In Francia vi sono dei funzionari, che sono spesso generali o diplomatici, che si spostano nei diversi Paesi per supportare determinati programmi, rendendo così visibile il sostegno del Governo. È importante che qualcuno, in questi casi, si presenti come rappresentante del Governo.
Mi sembra che questi siano gli elementi fondamentali. Non parlo di sofferenza - sebbene, come si sa, siamo nati per soffrire - perché secondo me Finmeccanica nel mondo ha migliorato la sua posizione. Ora l'azienda è molto più conosciuta, perché è più internazionale e ha i prodotti migliori. Rispetto a dieci, ma anche sei anni fa, la nostra situazione è migliorata. Come ho mostrato prima, infatti, ci siamo espansi. Certo, conta molto il supporto di cui dispongono francesi e americani. Addirittura, spesso gli americani regalano il prodotto; in quel caso è evidente che non c'è competizione. In definitiva, in Italia non ci sono mai stati una strategia e un supporto chiari come avviene, ad esempio, in Germania e in altri Paesi.

FRANCESCO BOSI. Mi unisco anch'io ai ringraziamenti al presidente Guarguaglini e, in generale, all'attività di Finmeccanica.
Siamo in un periodo di grandi preoccupazioni per quanto riguarda la nostra produzione, le condizioni dell'industria italiana, anche nel campo delle esportazioni. Devo dire che Finmeccanica è uno dei pilastri che resiste, anche se tra mille difficoltà.
Non farò molte domande perché mi sembra che «il campo sia stato arato» da questo punto di vista, anche con le risposte ad alcune preoccupazioni ed esigenze di chiarimento.
Mi domando - spero che questo non venga letto come un voler scavalcare le competenze del presidente della Commissione - cosa possa fare la Commissione, magari con l'esperienza e l'ausilio del presidente Guarguaglini, con riferimento a


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due questioni. La prima riguarda la ricerca scientifica. Considerando che, come è stato detto, l'industria della Difesa è all'avanguardia nell'ambito tecnologico e della ricerca scientifica, chiedo in che misura il nostro sistema universitario sta collaborando o può collaborare. Potrebbe essere in qualche modo attivato, pur tenendo conto di alcune particolarità?
La questione riguarda la grande difficoltà - che io ho potuto verificare direttamente in cinque anni al Ministero della difesa - di mettere in sinergia, in contatto l'azione politica del Ministero della difesa e del Ministero degli esteri per l'esportazione dei nostri prodotti (in questo caso parliamo dei prodotti di Finmeccanica). Una difficoltà la colgo in modo ancora più evidente quando considero che in Gran Bretagna esiste un'organizzazione - la Defence Export Services Organisation - che ha il compito specifico di agire ai fini dell'esportazione di prodotti di questo tipo.
Noi non abbiamo niente di simile in Italia. Dottor Guarguaglini, pensa di poter formulare una proposta - da rivolgere a questa Commissione perché se ne faccia parte attiva con i Ministeri competenti - al fine di creare, anche nel nostro Paese, un'organizzazione simile alla DESO inglese che possa agire in questo ambito?

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente di Finmeccanica Spa. Credo che sia difficile formulare una proposta, considerato che in questo ambito sono certamente necessarie risorse. Siccome abbiamo difficoltà anche a mantenere gli addetti militari in posti abbastanza importanti, non mi sento di proporre di costituire un gruppo, anche limitato, presso il Ministero della difesa. Certo, un maggior coordinamento è sempre utile; anche la costituzione di un gruppo ad hoc, che intervenga in questo ambito, potrebbe servire, ma occorrerebbe rinunciare a qualcos'altro, anche perché questo significherebbe aumentare il budget.
Si consideri che, nel caso del DESO, i funzionari di livello apicale spesso vengono assunti dall'industria e dopo qualche anno vanno via. Ai livelli più bassi, invece, vi sono i funzionari dei vari Ministeri, esteri o difesa. Il capo, però, come ho detto, spesso viene dall'industria e, quello che è più importante, esso è il braccio destro o sinistro del DNA. Ricordo che quando incontravo il capo del DESO - un amico che veniva anch'esso dall'industria - spesso si andava a parlare con Lord Bach, Ministro per il procurement della Difesa, da cui dipendeva.
C'è, dunque, un diretto collegamento tra il DESO e il Ministero della difesa inglese.

PRESIDENTE. Prima di concludere l'audizione vorrei non soltanto ringraziare il presidente Guarguaglini e la sua dirigenza per quello che fanno e per la presenza, ma anche cogliere l'occasione per ribadire l'importanza del mercato della Difesa e soprattutto l'esigenza di un maggior intervento finanziario dello Stato.
Riprendo, altresì, una considerazione importante dell'onorevole Bosi circa la necessità di una collaborazione del gruppo con l'università italiana, che sicuramente soffre una carenza complessiva di finanziamenti volti alla ricerca, ma ha certamente un ruolo concreto per quello che riguarda l'incrocio tra formazione e lavoro. Immagino, dunque, quanto potrebbe essere importante un collegamento più forte tra gruppo Finmeccanica e le università italiane, per selezionare e avviare le nostre giovani intelligenze verso la collaborazione, appunto, con un gruppo così importante.
Infine, esiste il problema - l'avevo accennato informalmente, poi magari prenderò un'iniziativa formale - dei nostri volontari delle Forze armate. Considerato che la legge che ha previsto l'esercito professionale non è fatta in maniera congrua e che il gruppo che lei dirige ha una forte presenza pubblica, sia in termini di partecipazione nazionale sia in termini di finanziamenti annuali, chiedo che, quando c'è la necessità di nuove assunzioni, si valuti la possibilità di inserire persone che hanno svolto il ruolo di volontari nelle Forze armate.


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PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente di Finmeccanica Spa. Noi collaboriamo già con circa cinquanta università italiane, inglesi, americane e francesi. Inoltre, abbiamo svolto al nostro interno un master per 30 persone. L'anno scorso sono giunte 6 mila domande da tutto il mondo; alla fine abbiamo assunto 13 italiani e 17 stranieri (cinesi, indiani, messicani). Questo è il terzo anno del master. Ad esclusione di tre persone, gli altri sono rimasti a lavorare in Finmeccanica. Questo serve per sopperire in parte alle carenze dell'istruzione. Il corso si svolge a Roma, tutto in lingua inglese.
Negli ultimi tre anni abbiamo assunto circa 8 mila persone. Specifico che noi svolgiamo corsi per i neoassunti, corsi per quelli che chiamiamo le «promesse» o le «star», corsi per i manager. In definitiva, svolgiamo una continua attività di istruzione, dal momento che in ambito tecnologico è necessario un aggiornamento costante.
Questo è uno sforzo notevole che spesso affrontiamo in collaborazione con le varie università: Pisa, Roma, Milano, Genova, Bari, Edimburgo e via dicendo. Anche da questo punto di vista, siamo abbastanza internazionali. Spendiamo molto in questo settore perché teniamo a formare e istruire rapidamente le persone che assumiamo.
Per quanto riguarda i soggetti che hanno fatto la leva breve, noi siamo disponibili a esaminarli e a verificare se, all'occorrenza, possono rispondere alle nostre esigenze.

PRESIDENTE. Ringrazio nuovamente il presidente Guarguaglini per il contributo offerto e per la documentazione prodotta, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16.

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