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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione IV
17.
Martedì 21 settembre 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Cirielli Edmondo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ACQUISIZIONE DEI SISTEMI D'ARMA, DELLE OPERE E DEI MEZZI DIRETTAMENTE DESTINATI ALLA DIFESA NAZIONALE, A VENTI ANNI DALL'ENTRATA IN VIGORE DELLA LEGGE 4 OTTOBRE 1988, N. 436

Seguito dell'esame del documento conclusivo:

Cirielli Edmondo, Presidente ... 3 5 6 10
Di Stanislao Augusto (IdV) ... 5
Gidoni Franco (LNP) ... 9
Mogherini Rebesani Federica (PD) ... 7
Rugghia Antonio (PD) ... 3
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l’Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia-Partito Liberale Italiano: Misto-Noi Sud LA-PLI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Repubblicani, Azionisti. Alleanza di Centro: Misto-RAAdC.

COMMISSIONE IV
DIFESA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 21 settembre 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE EDMONDO CIRIELLI

La seduta comincia alle 14,25.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Seguito dell'esame del documento conclusivo.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'acquisizione dei sistemi d'arma, delle opere e dei mezzi direttamente destinati alla difesa nazionale, a venti anni dall'entrata in vigore della legge 4 ottobre 1988, n. 436, il seguito dell'esame del documento conclusivo.
Ricordo di aver presentato, nella seduta del 15 settembre scorso, una proposta di documento conclusivo che è stata messa in distribuzione.
Do la parola ai colleghi che vogliano intervenire.

ANTONIO RUGGHIA. Noi del gruppo del Partito Democratico abbiamo apprezzato il risultato dell'indagine conoscitiva sull'acquisizione dei sistemi d'arma illustrato, come ricordava il presidente, nella precedente riunione della Commissione difesa, e ci sembra in larga parte un testo condivisibile. Questo lungo ciclo di audizioni ci ha permesso di verificare quali sono gli elementi critici nella costruzione del processo decisionale per l'acquisizione dei sistemi d'arma e ci ha fatto comprendere qual è il contesto, indicando anche delle proposte apprezzabili.
Dico subito che forse è il caso di approfondire un po' di più la discussione, soprattutto in vista di un obiettivo che ritengo facilmente raggiungibile, ovvero un'adesione da parte di tutta la Commissione a questo lavoro che congiuntamente abbiamo fatto nel corso di questi mesi.
Intervengo per esprimere la nostra posizione, ma allo stesso tempo anche per chiedere dei chiarimenti e segnalare delle questioni che, a mio avviso, andrebbero verificate.
Intanto, un po' paradossalmente, nel lavoro pur positivo che è stato svolto non sono indicati - o almeno, io non li ho trovati - alcuni dati: parliamo, infatti, complessivamente dei sistemi d'arma direttamente destinati alla difesa nazionale, ma non viene specificato l'ammontare della spesa che sosteniamo per i sistemi d'arma. Almeno guardando questo testo, e non soltanto le conclusioni, non ho trovato riscontri: è indicata la cifra che il Ministero per lo sviluppo economico stanzia per la ricerca e per gli interventi ad alta tecnologia, ma non è indicata complessivamente qual è la somma di tutti i programmi che l'Italia sostiene per la nostra difesa. Dal momento che questa indagine deve essere messa a disposizione del Parlamento, ma anche dell'opinione pubblica, è paradossale che non ci sia questo dato.
Noi apprezziamo il fatto che nella proposta di documento conclusivo si faccia riferimento anche allo scenario europeo. Siamo in una situazione di crisi economica, c'è bisogno di ottimizzare la spesa, e quindi anche i risultati dell'attività. Esiste un contesto internazionale che conosciamo. Il fatto stesso che lo scenario di questa indagine siano l'Europa e i mutamenti che sono


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in corso per la costruzione di una comune politica di sicurezza e difesa all'interno della politica comunitaria ci sembra un riferimento apprezzabile, che non si rifà soltanto agli interventi che debbono essere realizzati su scala europea da parte dei singoli Stati, ma anche allo sforzo realizzato per fare in modo che anche le imprese operanti nel settore possano partecipare alla cooperazione comunitaria attraverso organismi che ormai, con il Trattato di Lisbona, diventano sempre più efficaci nella costruzione della politica comune di sicurezza e difesa europea.
Questo ci sembra assolutamente positivo e indica anche la strada che come Paese - ma credo che questo dovrebbe essere un processo sostenuto da tutti - dovremmo seguire, ossia quella di procedere a ulteriori cessioni di sovranità.
È quindi un elemento che noi apprezziamo la previsione di far svolgere all'OCCAR (Organisation Conjointe de Coopération en matière d'Armement) un ruolo che porti a rendere più efficace e più economica la politica comune di sicurezza.
Ci sembra apprezzabile anche quello che viene previsto nel processo decisionale: molte volte i sistemi d'arma vengono acquisiti per decisione del Ministero della difesa, ma altre volte anche per decisioni assunte dal Ministero per lo sviluppo economico nel sostenere l'industria nazionale e soprattutto la ricerca nell'industria nazionale. Nel documento, a giusta ragione, è scritto che - rispetto a quanto fanno gli altri Paesi - noi dedichiamo assai poche risorse al settore della ricerca.
La proposta che viene avanzata di un programma poliennale basato sull'iniziativa del Ministero della difesa e sul contributo del Ministero per lo sviluppo economico, di intesa con il Ministero dell'economia, per verificare anche la compatibilità finanziaria delle scelte, ossia un programma pluriennale da portare poi all'attenzione del Consiglio supremo di difesa e alla discussione in Commissione, ci sembra apprezzabile perché riporta un po' in maniera organica tutta questa materia anche all'attenzione del dibattito parlamentare attraverso il lavoro della Commissione.
Ci sembrano inoltre apprezzabili, a prescindere dagli aspetti della costruzione del processo decisionale, le proposte che vengono avanzate per rendere efficace la funzione di controllo e di indirizzo del Parlamento, e quindi anche la possibilità da parte del Parlamento di esprimere pareri sulla politica di acquisizione dei sistemi d'arma.
Noi sappiamo che adesso, sulla base della legge Giacchè, il Parlamento può esprimere i pareri soltanto quando si tratta di progetti finanziati dal Ministero della difesa, quando questi programmi vengono finanziati in maniera ordinaria e quando sono tesi a incrementare le capacità operative del nostro strumento militare, ma non può farlo quando, ad esempio, c'è da sostenere qualche intervento per il mantenimento delle dotazioni e per il ripianamento delle scorte. Questo ci sembra un limite: se, infatti, cambiano gli scenari, può essere necessario un intervento politico da parte della Commissione difesa e del Parlamento per decidere come adeguarci agli scenari che mutano e ai livelli di politica della difesa e di politica internazionale.
In sintesi, a noi sembra apprezzabile che nelle conclusioni di questa indagine sia stato ribadito il fatto che va sempre dato il parere, a prescindere da quello che attualmente dice la legge Giacchè e che questo parere possa essere espresso allargando di molto la possibilità di indirizzo e controllo propria del Parlamento anche attraverso l'istituzione di un Comitato permanente all'interno della stessa Commissione difesa che possa anche intervenire nel processo istruttorio per l'acquisizione dei sistemi d'arma. Questo ci sembra un fatto importante, che pensiamo di sostenere e che deve essere valorizzato.
A questo punto, però, il tema è che il lavoro che stiamo facendo si conclude con un voto in Commissione. È chiaro che un Comitato permanente di questo tipo, che estende di molto le possibilità di indirizzo e di controllo del Parlamento - senza entrare nella discussione se è meglio esprimere un parere vincolante piuttosto che il parere previsto dall'attuale legislazione - sostanzialmente ha un senso se può intervenire


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anche nel processo istruttorio, ha un senso se cambia il modo di rapportarsi, come Commissione, all'acquisizione dei programmi per armamenti. Non ne avrebbe, invece, se non cambia lo scenario e se non si decide di apportare quelle modifiche indicate nelle conclusioni. Questo è il tema che andrebbe sottolineato e penso che dovrebbe anche essere l'approdo della nostra discussione.
Le scelte rappresentate nel documento sono condivise dal Governo? Necessitano di un ulteriore passaggio parlamentare? Io ritengo di sì; infatti, per fare quello che è stato scritto nel documento evidentemente c'è bisogno di una decisione del Parlamento, di un atto - che non so se debba essere di modifica della legge Giacchè o meno - ossia di una decisione espressa al di fuori della Commissione per rendere più efficace la disponibilità a dare più trasparenza, più partecipazione e più funzione di indirizzo e controllo al Parlamento nel momento in cui si esprimono i pareri per le politiche di acquisizione di sistemi d'arma.
Si tratta, naturalmente, di cose che interessano l'opinione pubblica - lo abbiamo visto - impegnano molto il bilancio del nostro Paese, attengono al modello di difesa che dobbiamo costruire, e quindi anche alla politica che dobbiamo svolgere in sede internazionale. Queste sono le osservazioni che, al momento, pensavamo di dover sollevare, ovvero questo è l'approdo discussione. Noi pensiamo che questa discussione debba continuare al di fuori della decisione sul documento conclusivo dell'indagine conoscitiva assunta nella Commissione difesa della Camera dei deputati.

PRESIDENTE. Prima di passare la parola all'onorevole Di Stanislao, vorrei dire che, per quanto guarda le cifre, l'onorevole Rugghia ha ragione: esse andrebbero meglio individuate ed evidenziate. È vero che sono contenute nelle tabelle, però probabilmente sarebbe utile un paragrafo che ne possa dare una visione immediata.
Con riferimento al Comitato permanente, in parte sono d'accordo; forse potrebbe anche non essere strettamente necessario, ma servirebbe magari a stimolare un intervento diverso sul piano legislativo per portare avanti quello che comunque abbiamo fatto, dal momento che è chiaro che quanto abbiamo fatto deve avere un uno sbocco legislativo.
Ne approfitto per dire che, in ogni caso, è importante che la Commissione arrivi a delle modifiche concordate. Infatti, credo che sarebbe opportuno che l'indagine, per come è stata svolta, venga approvata all'unanimità in modo da portare avanti tutte le modifiche che vogliamo fare.

AUGUSTO DI STANISLAO. Penso che sia stato fatto un buon lavoro e che siamo a un punto di svolta.
Voglio ricordare a me stesso, prima ancora che ai colleghi e al sottosegretario, quale era la mission di questa indagine conoscitiva sull'acquisizione dei sistemi d'arma.
L'indagine conoscitiva nasce dall'esigenza di assicurare un adeguato controllo parlamentare sul corretto ed efficiente utilizzo delle risorse destinate al finanziamento di programmi di armamento in considerazione del carattere di investimento strategico che tali programmi rivestono per la difesa nazionale e per lo sviluppo tecnologico e produttivo del nostro Paese. Se siamo d'accordo su questo poi, di conseguenza, dobbiamo andare oltre il rito sterile di acquisire l'indagine conoscitiva per licenziarla e chiuderla in un cassetto - come si suole dire, «impara l'arte e mettila da parte» - perché abbiamo fatto il nostro compitino.
Ritengo che questa volta dovremmo andare oltre sia in termini culturali, sia in termini istituzionali e sia, soprattutto, in termini politici. Se è vero, infatti, che il nostro obiettivo, con in testa il gruppo dell'Italia dei Valori, è quello di licenziare l'indagine conoscitiva con il supporto di tutta la Commissione, evidentemente dobbiamo metterci qualcosa in più e qualcosa di diverso.
Se nella acquisizione di sistemi d'arma consideriamo anche elementi che riguardano soprattutto e principalmente la fase della programmazione, che includono la


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ricerca, lo sviluppo e la produzione, evidentemente per avere una visione d'insieme dovremmo poter disporre di uno strumento che - anche all'interno del Comitato, come il collega Rugghia prima ricordava - possa dare continuità a un'azione che non si esaurisca nel solco di una legislatura.
Le legislature spesso possono anche essere interrotte traumaticamente, ma c'è un dato strategico e programmatico che investe direttamente le risorse. Faccio un breve inciso: l'intelligibilità e la trasparenza delle cifre deve essere reale perché, se anche fossimo bravi in termini ragionieristici e contabili, faremmo tanta fatica per nulla, mentre se fossero messi in chiaro nelle tabelle cifre, impegni, tempi e modalità di erogazione delle risorse, questo ci aiuterebbe.
Dico questo perché dobbiamo fare un lavoro che ci consenta di arrivare, una volta per tutte e dal quel momento in poi, a far sì che si venga a riferire in Parlamento. Se, infatti, il documento conclusivo si collega non più a una visione provinciale della difesa nella nostra nazione, ma al dato della difesa europea, ci accorgiamo che abbiamo bisogno di far fare un salto di qualità a questa indagine attraverso una presenza forte e dignitosa dell'intera Commissione, cosa sulla quale abbiamo sempre recriminato e che spesso non abbiamo ottenuto in questa Commissione.
Penso che dovremmo anche fare riferimento ad alcune riflessioni fatte in un recente passato dai colleghi della maggioranza - ma anche da altri colleghi dell'opposizione - che hanno affermato che vi è la necessità che le indicazioni sui pareri emerse a più riprese in sede parlamentare non rimangano inascoltate, perché altrimenti la Commissione si vedrebbe costretta a esprimere un parere contrario. Non dico i nomi, basta leggere i resoconti.
Questo serve a far capire che vi è una necessità della Commissione, e non delle parti in campo nella Commissione, a far sì che ci sia uno strumento utile, ma che vi sia anche un ruolo positivo e propositivo di tutte le parti in campo che vogliono raggiungere l'unanimità rispetto a uno strumento che è del Paese, non del Governo o della Commissione.
Io credo, quindi, che l'importante lavoro di approfondimento svolto in tutto questo ciclo di audizioni abbia bisogno non di uno sfogo, ma di un approdo forte e importante per essere rilanciato e mi auguro che ci sia il tempo in questa Commissione di approfondire. In altre occasioni invece non è stato fatto, ma non per colpa del presidente. Questo è uno degli elementi che possono contraddistinguere la difesa o la cifra della difesa che l'Italia si dà e che soprattutto offre ai Paesi dell'Unione europea e a quelli con cui ha dei rapporti di natura strategica.
Mi auguro che si possa inquadrare il tutto nel contesto dell'evoluzione del quadro europeo della difesa e che si tenga conto di questo perché negli ultimi tempi il nostro Ministro della difesa ha guardato non oltre il palmo del proprio naso, facendo - credo - anche grandi danni sotto il profilo istituzionale, ma soprattutto sotto il profilo della prospettiva entro cui inquadrare il nostro sistema di difesa, che spesso diventa un sistema a parte rispetto a quello che viene messo in campo a livello europeo con tutta una serie di direttive che non vengono prese assolutamente in considerazione.
Mi auguro inoltre che vi siano, così come vi sono tutte le migliori intenzioni da parte nostra, le opportunità di approfondimento che ci possano consentire di esprime una decisione unanime e favorevole; diversamente, dovremmo fare in modo che altri elementi vengano messi in campo e a quel punto daremmo anche un contributo ulteriore e diverso per far andare avanti la discussione e per dare un senso all'intera indagine conoscitiva.

PRESIDENTE. Condivido il passaggio politico del collega Di Stanislao, tuttavia, dal punto di vista formale, il documento conclusivo è un atto interno del Parlamento rispetto al quale il Governo non deve intervenire; invece, sull'atto successivo, che può essere o una risoluzione o - ancora meglio - una proposta di legge, a firma magari di tutti i capigruppo, è


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chiaro che il Governo dovrà impegnarsi a seguire la volontà parlamentare. Tuttavia è importante che la Commissione approvi il documento conclusivo, che non è altro che una sintesi: si tratta di capire se si è saputo sintetizzare bene oppure servono altri spunti. È quindi importante una lettura approfondita del documento conclusivo che costituisce solo il primo step, che però ci consentirà di realizzare quello che, giustamente, il collega Di Stanislao chiede e che io condivido.

FEDERICA MOGHERINI REBESANI. Anch'io credo che la proposta di documento sia positiva. Alcuni punti sono stati già sottolineati; su altri vorrei soffermarmi di più.
Penso, infatti, che sia un valore aggiunto, nel momento in cui è stata condotta un'indagine così ampia e approfondita - che immagino possiamo poi approvare insieme - approfittare di questa occasione per chiarirci un po' le idee sul significato più profondo delle cose che sono scritte nel documento e che ragionevolmente potranno essere la base per ulteriori sviluppi di iniziative legislative o parlamentari.
Credo che sia sicuramente molto positivo il pieno inserimento del ragionamento sull'acquisizione dei sistemi d'arma in un contesto europeo. Sappiamo che tale processo negli ultimi anni è stato caratterizzato da stop and go, spesso più stop che go, e che non sempre il Governo del nostro Paese ha avuto un atteggiamento coerente da questo punto di vista. Io ho la sensazione che, complessivamente, a livello europeo questa fase di crisi economica abbia aperto una consapevolezza maggiore rispetto alla necessità di avere programmi integrati non soltanto nel settore della difesa, ma anche nell'ambito di altre politiche. Spesso nel passato queste sono state rivendicate come ambito esclusivo nazionale e invece oggi, la necessità di fare squadra di fronte a una crisi globale che mette in difficoltà ognuna delle nostre economie, probabilmente può fornirci uno stimolo esterno per capire che c'è bisogno di integrare molto di più sia i programmi, sia la realizzazione di quei programmi stessi, rinunciando, quindi, a volte a delle piccole dimensioni nazionali per portarle in un contesto superiore.
Spero, quindi, che questo documento possa essere un impulso - vorrei dire definitivo - all'abbracciare questo scenario europeo come lo scenario di dimensione del nostro sviluppo di acquisizione dei sistemi d'arma.
In secondo luogo, credo che sia molto positivo il fatto che sia previsto un programma organico da discutere e approvare prima della sessione di bilancio, quindi con un quadro chiaro, e che il parere sia previsto su tutti i programmi di acquisizione d'arma e non soltanto su alcuni.
Può sembrare una cosa piccola, ma ho notato con molto favore il riferimento al fatto che anche in questo caso il nostro Paese investe troppo poco nel settore della ricerca. Credo che si tratti di un problema trasversale del nostro Paese e che sia bene riaffermarlo anche con riguardo al settore della difesa e dello sviluppo e dell'acquisizione dei sistemi d'arma.
In particolare, penso però che sia molto importante ragionare intorno al vero nodo del problema, ovvero come garantire la centralità della decisione politica che fa capo al Governo sotto un più efficace e più stretto controllo, monitoraggio e indirizzo del Parlamento - come garantire, quindi, continuità nel tempo a programmi che sono, per loro natura, trasversali a diversi Governi e a diverse legislature, considerare la possibilità che questi programmi possano essere flessibili rispetto a esigenze e scenari globali che cambiano, e quindi a esigenze di nuovi modelli di difesa, e anche rispetto alla variabilità delle disponibilità di bilancio dello Stato - e, insieme, una trasparenza rispetto all'opinione pubblica. Infatti, non sempre, anzi diciamo anche mai, nei passati decenni - quindi non è una questione di orientamento politico - nel nostro Paese questo settore specifico ha vissuto tale trasparenza.
Questo è comprensibile perché ci sono chiaramente implicazioni di tipo diverso, però credo che svolgeremmo una funzione utile se riuscissimo come Commissione parlamentare a evidenziare anche l'interesse


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pubblico di questa nostra discussione e degli orientamenti che possiamo prendere rispetto alla titolarità della politica, Governo e Parlamento, di un orientamento di decisioni che riguardano il bilancio dello Stato - e quindi alla fine tutti i contribuenti italiani perché spendiamo soldi pubblici - inserendo una maggiore trasparenza in questo dibattito.
Nel documento trovo alcune cose che io credo vadano in questa direzione; altre che forse potrebbero essere ulteriormente approfondite o sottolineate, sulle quali ho un punto interrogativo quanto al grado di condivisione o di consapevolezza che può esserci tra di noi (o magari sono soltanto miei dubbi).
Mi riferisco al fatto che il documento prevede tre tipi di elementi di rafforzamento del ruolo del Parlamento, che a mio avviso dovremmo provare a esplicitare, non so se in modo formale, scrivendolo in modo diverso nel documento, o semplicemente dicendolo tra di noi.
Il primo è il controllo sistematico sull'attuazione dei programmi con l'obbligo da parte del Governo di tornare in Parlamento quando un programma subisce modifiche significative: credo che ciò sia una innovazione significativa che aumenta il ruolo del Parlamento e anche il grado di trasparenza in modo consistente.
Il secondo elemento è la costituzione del Comitato permanente che non credo possiamo mettere sotto un punto interrogativo rispetto all'opportunità di farlo o meno. Credo piuttosto che debba essere specificato forse meglio, non so se nel documento o in un atto successivo, il fatto che sia il potere di istruttoria sui programmi da deliberare, sia il potere di monitoraggio di quelli già deliberati, non può che mettere questo Comitato nelle condizioni di avere accesso a ogni informazione e atto rilevante per istruire e monitorare le pratiche di cui si occupa (il che non è scontato dato il tipo di programmi di cui si occupa). Credo che se riusciamo a esplicitare questo passaggio faremo davvero un enorme passo avanti rispetto al livello della trasparenza e anche al livello della fluidità dell'informazione e della decisione tra Governo e Parlamento.
Infine, l'ipotesi del doppio passaggio in Commissione da parte del Governo qualora non ritenga di poter dare corso al parere espresso in prima istanza perché - ne parlava prima il collega Di Stanislao - sappiamo benissimo che molto spesso questa Commissione, così come altre, dà pareri favorevoli con condizioni che non vengono poi soddisfatte, ma poi la cosa finisce lì.
Ora, sappiamo bene che esiste il tema del parere vincolante o non vincolante, non so se è il caso di entrare in quel tema oppure no - presumo di no -, però penso che sia nostro obbligo in qualche modo trovare un modo per rendere più efficace, più trasparente e più continua la relazione tra Governo e Parlamento in questo settore così delicato.
Credo che queste siano esigenze che sono state espresse durante questi mesi di lavoro non soltanto da esponenti dell'opposizione, ma anche, anzi forse soprattutto, da colleghi della maggioranza. Immagino che, oltretutto, siano elementi di opportunità e di esigenze anche dei livelli ministeriali perché c'è sicuramente un tema legato al rapporto tra Governo e Parlamento su queste decisioni, ma c'è anche un tema più complessivo e più ampio - oltre che più difficile da trattare - e che accomuna in qualche modo Governo e Parlamento come luoghi di responsabilità politica rispetto a decisioni che invece si ha spesso l'impressione che avvengano nella loro sostanza al di fuori dei luoghi della responsabilità istituzionale e politica.
Credo, allora, che trovare il modo di rafforzare il ruolo del Parlamento, e di questa Commissione nello specifico, e il rapporto che il Parlamento ha con il Governo, che sia di indirizzo, di controllo, di monitoraggio o di vincolo - presumo di no - sia un modo per rafforzare l'azione anche del Governo e comunque l'efficacia nella continuità, nella flessibilità e soprattutto nella trasparenza. Ritengo, infatti, che una maggiore trasparenza in questo settore possa aiutare tutte le istituzioni, Governo e Parlamento, a prendere decisioni


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che in questo settore possono essere condivise dall'opinione pubblica in modo più ampio di come non lo siano oggi.

FRANCO GIDONI. Credo che la bozza sia già un testo pregevole, come già detto anche dai colleghi che mi hanno preceduto, che ha l'indubbio merito di basarsi sui punti di vista dell'industria, dei militari, dei tecnici della legislazione in merito ai risultati prodotti dalla legge Giacchè a venti anni dalla sua entrata in vigore.
Non vengono nascosti i principali problemi emersi in questo periodo, due dei quali spiccano certamente per la loro delicatezza: da un lato, i limiti dimostrati dalla funzione di indirizzo e controllo svolta dal Parlamento in materia e, dall'altro, le conseguenze prodotte dalle incertezze gravanti sulla regolarità del finanziamento dei programmi pluriennali di acquisizione armamenti.
Parti vengono altresì dedicate all'assetto istituzionale regolatorio comunitario, evidenziando come le autorità dell'Unione europea si stiano sforzando di comprimere l'area di applicazione della riserva creata dai Trattati a favore degli Stati nazionali nel campo della politica industriale e della difesa.
Tutti questi punti si prestano, nel prosieguo dei lavori, a riflessioni di ordine politico, così come le raccomandazioni conclusive del documento che, premetto, paiono tutte improntate al buon senso.
C'è un aspetto che, forse, sarebbe meritevole di approfondimento: fermo restando che è vero che il Parlamento è portato a conoscenza delle alterazioni degli originali programmi di acquisizione attraverso le note di variazione di bilancio, che però finiscono per essere trascurate nel corso della sessione di bilancio, i membri delle Camere possono controllare lo sviluppo dei programmi di acquisizione attraverso gli strumenti del sindacato ispettivo.
Sarebbe forse a questo scopo interessante valutare quante interrogazioni e interpellanze concernenti la riduzione, rimodulazione o cancellazione parziale di programmi di acquisizione sono state presentate negli ultimi venti anni. Soltanto il gruppo della Lega, ad esempio, negli ultimi tre mesi ne ha presentate già due.
Gli atti di sindacato ispettivo sono in effetti un indice sia della sensibilità dei parlamentari ai problemi di cui si discute, sia dell'inadeguatezza dell'informazione istituzionale assicurata dal Governo. Non sarebbe male disporre, quindi, di questo indice quantitativo.
Che il Governo informi le Commissioni delle sue deliberazioni sembra opportuno anche perché una sottocommissione incaricata di monitorare lo sviluppo dei programmi incontrerebbe presto degli ostacoli pressoché invalicabili; potrebbe essere altresì utile prevedere di norma la possibilità che le Commissioni si esprimano con un parere non vincolante ogni qual volta un progetto venga toccato da variazioni rilevanti nelle dimensioni o nella tempistica di svolgimento.
Nel caso di programmi finanziati con risorse del Ministero per lo sviluppo economico, un esame congiunto da parte delle Commissioni difesa e attività produttive è certamente consigliabile in fase sia di autorizzazione, sia di informazione di eventuali modifiche apportate ai programmi. La raccomandazione fatta dal documento è quindi condivisibile.
La produzione e l'acquisto di aerei da guerra infatti non va valutata solo alla luce degli effetti industriali, ma deve esserlo anche tenendo conto della sua utilità politico-militare. Nella bozza la lista dei programmi, peraltro famosi, pagati dal Ministero per lo sviluppo economico mi pare privo del suo elemento forse di maggior spicco: il programma Eurofighter Typhoon. Questo è stato infatti acquisito con i fondi del Ministero per lo sviluppo e pare strano che siano stati menzionati progetti di minore ampiezza, ma non questo.
Non comprendo, invece, quella parte di osservazioni fatte a proposito della scelta del Governo di far gravare sul bilancio dell'uno o dell'altro Ministero i costi di un determinato programma. Forse questa scelta è il risultato di una scelta discrezionale


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del Governo, spesso dettata dalla volontà di celare la reale entità delle spese militari aggregate.
È per noi interessante anche la proposta di coinvolgere nelle valutazioni la Commissione bilancio perché si presume che sia in grado di apprezzare meglio la sostenibilità finanziaria dei piani di acquisizione.
Qualche osservazione la merita anche la parte dedicata all'Europa, piuttosto interessante sotto diversi profili. Il documento è molto chiaro nell'evidenziare i limiti incontrati finora tanto dall'OCCAR, quanto dall'Agenzia di difesa europea. Quest'ultima non è ancora uscita a proporsi come un soggetto rilevante anche nella pianificazione del procurement dei Paesi europei, anche se pare efficace nella gestione dei programmi multinazionali già concordati. In realtà, tutto questo è logico.
Riteniamo forse un po' fuorviante il paragone con gli Stati Uniti perché l'Unione europea non è uno Stato sovrano, ma un raggruppamento di Stati ciascuno dei quali ha una sua visione dell'uso della forza e delle proprie necessità militari. Lo si è visto, ad esempio, nei programmi navali italo-francesi: noi volevamo chiglie adeguate alle onde mediterranee, i transalpini invece ne volevano di idonee a fronteggiare gli oceani. Il risultato è quello di progetti che si differenziano a seconda del destinatario riducendo risparmi che teoricamente erano possibili in partenza, e non è un caso unico. Ovviamente, mettersi d'accordo è sempre difficile.
Un altro aspetto rilevante è il trend delle istituzioni europee a ridurre l'ambito di eccezione di cui gli Stati godono nella sfera della politica industriale di difesa: è questo che permette all'Italia di finanziare Finmeccanica e Fincantieri senza incorrere in procedimenti di infrazione alle normative europee. Per l'Italia è vitale che questo assetto non sia intaccato. È questo, infatti, che ha permesso a Finmeccanica di affermarsi come una delle più brillanti realtà industriali e tecnologiche nazionali ed è uno dei poli di riferimento del mercato mondiale del materiale da armamento. Sarebbe opportuno farlo presente: Europa sì, ma non a costo di farci smantellare i gioielli di famiglia di cui ancora disponiamo.
Pare, inoltre, davvero difficile escogitare un meccanismo per arginare gli effetti più deleteri dell'instabilità finanziaria e dei tagli lineari adottati per farvi periodicamente fronte. Le Commissioni difesa di Camera e Senato raccomandano da tempo flessibilità, chiedendo al Governo anziché operare decurtazioni a pioggia, di disporre, eventualmente, i tagli sullo stato di previsione complessivo della difesa, rimettendo così alla Difesa il compito di ripartirli come meglio crede. Vi si potrebbe forse far cenno nel documento finale.
Infine, i ritardi di pagamento sono purtroppo un problema per tutti i fornitori della pubblica amministrazione che certo non potranno trovare soluzione in questo documento.
Ovviamente, ci uniamo agli auspici fatti dagli altri colleghi sulla possibilità di giungere a un documento finale che possa unitariamente esprimere il parere di tutti i gruppi alla conclusione di questo interessante lavoro.

PRESIDENTE. Se i gruppi intendono proporre modifiche, integrazioni o aggiunte ne potremo discutere anche più concretamente nel corso della prossima seduta.
Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvio il seguito dell'esame del documento conclusivo ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.

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