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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione IV
4.
Mercoledì 26 ottobre 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Cirielli Edmondo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUL RECLUTAMENTO DEL PERSONALE MILITARE DEI RUOLI DELLA TRUPPA A DIECI ANNI DAL DECRETO LEGISLATIVO N. 215 DEL 2001

Audizione del Generale Angelo Agovino, Capo del I Reparto del Comando generale dell'Arma dei carabinieri:

Cirielli Edmondo, Presidente ... 3 7 8 11 12
Agovino Angelo, Capo del I Reparto del Comando generale dell'Arma dei carabinieri ... 3 7 8 9 10 11 12
Ascierto Filippo (PdL) ... 9
Garofani Francesco Saverio (PD) ... 11
Gidoni Franco (LNP) ... 10
Recchia Pier Fausto (PD) ... 8
Rigoni Andrea (PD) ... 11

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal Generale Angelo Agovino, Capo del I Reparto del Comando generale dell'Arma dei carabinieri ... 13
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A.

[Avanti]
COMMISSIONE IV
DIFESA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 26 ottobre 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE EDMONDO CIRIELLI

La seduta comincia alle 15.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente)

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Generale Angelo Agovino, Capo del I Reparto del Comando generale dell'Arma dei carabinieri.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul reclutamento del personale militare dei ruoli della truppa a dieci anni dal decreto legislativo n. 215 del 2001, del Generale di brigata Angelo Agovino, Capo del I Reparto del Comando generale dell'Arma dei carabinieri.
Prima di iniziare l'audizione, intendo ringraziare per la loro partecipazione anche il maggiore Saverio Spoto dell'Ufficio personale, brigadieri, appuntati e carabinieri del Comando generale.
Do la parola al generale Agovino per lo svolgimento della relazione.

ANGELO AGOVINO, Capo del I Reparto del Comando generale dell'Arma dei carabinieri. Signor presidente, onorevoli deputati, mi è particolarmente gradito rivolgere loro un saluto rispettoso ed esprimere un ringraziamento per l'opportunità di offrire elementi conoscitivi e spunti di riflessione su aspetti su cui l'Arma dedica massima attenzione. Questi, infatti, riguardano il personale, la più preziosa delle risorse di cui disponiamo.
La mia audizione segue, per quanto attiene l'Arma dei carabinieri, quella del colonnello Paparella, direttore del Centro di reclutamento, che ha riguardato essenzialmente le problematiche connesse alla selezione e al reclutamento del personale del ruolo iniziale dell'Arma.
Oggi, nella qualità di Capo del I Reparto del Comando generale - che è l'organo di staff del Comandante generale per quanto attiene la gestione e l'impiego delle risorse umane, la formazione del personale e l'organizzazione dell'Arma - illustrerò ciò che avviene nell'Arma dopo l'incorporamento dei Carabinieri, ossia la fase addestrativa e la destinazione dei soggetti ai reparti di impiego. In tal modo è possibile anche avere un feedback della bontà di ciò che viene fatto a monte, durante la fase di selezione e di reclutamento.
Premetto brevemente che - come già riferito in questa sede dal rappresentante dell'Arma che mi ha preceduto - dal 2006, a seguito della sospensione della leva, l'Arma non si avvale più dei carabinieri ausiliari. Tale preziosa componente, dal 1962 veniva incorporata annualmente, con legge di bilancio, in circa 12 mila unità l'anno che andavano a completamento della forza effettiva. Si trattava di giovani con alto indice di scolarizzazione che volontariamente chiedevano di prestare servizio di leva nei


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carabinieri. Questi giovani, dopo un periodo di istruzione, assolvevano, sotto la guida del personale più anziano, mansioni analoghe a quelle del personale effettivo, essendo destinati alla regolare alimentazione dei reparti.
A questa forma di reclutamento si affiancava quella che attingeva ai giovani provenienti direttamente dalla vita civile. Questa è la grande differenza esistente con il sistema odierno.
Dalla fine degli anni Novanta, l'arruolamento quale carabiniere effettivo venne attuato prevedendo l'alimentazione dalle Forze armate secondo bacini di selezione progressivamente aumentati, fino ad attestarsi - con l'emanazione del decreto legislativo del 2001, n. 331, il cosiddetto professionale 1 - al 70 per cento. La percentuale è stata portata al 100 per cento nel 2004 a seguito dell'emanazione di un ulteriore provvedimento, che ha definitivamente veicolato la trasformazione dello strumento militare dal sistema misto a quello professionale. In pratica oggi le forze di polizia attingono per il reclutamento dei ruoli iniziali esclusivamente alle Forze armate.
Con l'entrata in vigore della legge che ha introdotto il cosiddetto modello professionale 3 è stato stabilito che, dal 2006 fino al 2020, il reclutamento delle carriere iniziale delle forze di polizia sia integralmente riservato ai volontari delle Forze armate che abbiano maturato almeno un anno di ferma. Le assunzioni nell'Arma sono regolate da un concorso, i cui vincitori sono assunti dopo almeno un anno di ferma, se classificati nel primo 30 per cento della graduatoria di merito, mentre i posizionati nel restante 70 per cento diventeranno carabinieri dopo ulteriori quattro anni di ferma nelle Forze armate.
Conseguentemente, per effetto dei citati provvedimenti di legge, oggi l'Arma recluta nelle proprie fila, nella categoria dei carabinieri - ovviamente la situazione è diversa per quanto attiene marescialli e ufficiali - personale che in gran parte ha già affrontato nelle altre Forze armate più anni di servizio, maturando diversificate esperienze anche fuori della madrepatria. Si tratta di giovani più maturi, con un addestramento militare di base completo e in possesso dei valori propri dello status militare. Essi, in ragione di un'età media che all'ingresso nell'Arma è di 26 anni, presentano situazioni ed esigenze familiari molto più complesse dei diciottenni che arruolavamo un tempo.
La formazione di questi giovani avviene nelle scuole di Roma, Torino, Fossano, Campobasso, Reggio Calabria e Iglesias. I programmi addestrativi degli allievi carabinieri hanno subìto una radicale trasformazione - ciò è avvenuto soprattutto negli ultimi anni - anche in virtù di classi di discenti che non sono più quelle dei giovani diciottenni di dieci anni fa.
Oggi il carabiniere segue un percorso addestrativo di 12 mesi, durante i quali l'allievo si prepara a espletare con completezza, e anche in autonomia, le funzioni di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza e, quindi, a intervenire correttamente sul luogo del reato, a eseguire con competenza i servizi di ordine pubblico e di controllo del territorio, a condurre in sicurezza le autovetture di servizio, a prendere contatto in modo adeguato con le vittime dei reati. Questa è la parte di base della formazione del carabiniere.
La revisione ha sostanzialmente modificato la piattaforma didattica tradizionale, riducendo il nozionismo teorico e prevedendo l'incremento di periodi pratico-applicativi, nonché l'introduzione di nuovi moduli monotematici, finalizzati al conferimento di ulteriori abilità, prima solo parzialmente acquisite nell'ambito della formazione specialistica.
Oggi, al termine dei 12 mesi di corso, il carabiniere può sostanzialmente essere impiegato nei settori di base dell'attività di istituto, senza necessità di ulteriori corsi di specializzazione.
In precedenza il periodo di tempo a disposizione per la formazione del militare era più limitato e, quindi, molti aspetti che riguardavano settori specifici di attività venivano trattati in seguito. Se il carabiniere doveva essere impiegato in una centrale


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operativa, frequentava un corso per una centrale operativa, se doveva essere impiegato nella guida di automezzi, veniva sottoposto a ulteriori accertamenti per la guida degli automezzi in condizioni di sicurezza. Oggi il carabiniere in 12 mesi viene formato in tutte queste materie e, quindi, è pronto fin dal primo giorno a espletare le proprie mansioni.
Le abilità conseguite vengono certificate dopo il superamento di alcuni esami. È un po' quello che accade nelle università di diritto anglosassone, dove, quando ci si laurea, accanto al certificato di laurea c'è un certificato supplementare, che indica quali sono i contenuti della laurea. Questo non solo ci dice che si è conseguita - ad esempio - la laurea in giurisprudenza, ma anche che cosa si è studiato materialmente durante il periodo universitario.
Anche se molto più in piccolo, facciamo la stessa cosa per i carabinieri. Oltre all'esame rilasciamo loro una certificazione delle abilità che conseguono. Ciò ha consentito di ottenere risultati positivi dal punto di vista delle motivazioni, sia da parte dei docenti - che ovviamente sono molto più motivati, dovendo certificare abilità - sia da parte dei discenti, che vedranno trascritte sui propri documenti matricolari anche le competenze che hanno acquisito. La certificazione consiste in una dettagliata elencazione dei contenuti e delle abilità.
Di pari passo si è proceduto a elevare il livello qualitativo dei docenti, attraverso la rimodulazione dei corsi dedicati agli istruttori e agli insegnanti militari e la previsione di specifici cicli di addestramento culturale. Le expertise così acquisite hanno consentito di creare poli di eccellenza in alcune scuole per lo svolgimento di insegnamenti di più elevato contenuto tecnico.
Vi ho riferito che le scuole allievi carabinieri si trovano a Roma, a Campobasso, a Reggio Calabria e a Fossano; in sostanza, sparse un po' su tutto il territorio nazionale. Per alcuni insegnamenti specifici abbiamo tuttavia preferito creare poli di eccellenza. Conseguentemente il personale si è dovuto spostare per recarsi in determinate scuole dove ci si è specializzati per insegnare determinate materie.
Per esempio, a Campobasso si recano i carabinieri che si devono preparare per avere nozioni di base per le aggressioni con armi nucleari, biologiche, chimiche e radiologiche. Le tecniche di ordine pubblico sono state accentrate solo in alcune scuole. Svolgiamo poi corsi di guida sicura, che ovviamente non possiamo tenere in tutte le scuole, perché non abbiamo da tutte le parti il personale specializzato per svolgere questi insegnamenti. Abbiamo creato, quindi, poli di eccellenza, a cui si rivolgono i nostri carabinieri.
L'Arma, nonostante le note ristrettezze di bilancio, ha continuato a investire in maniera cospicua sulla formazione del personale, nella consapevolezza che il futuro dell'istituzione e l'efficienza del servizio risiedono prioritariamente nella competenza e nella motivazione del personale. Noi non abbiamo sottratto un euro all'addestramento, anzi, abbiamo spostato risorse sull'addestramento, perché siamo convinti che l'investimento più efficace sia quello sulla formazione del personale.
Nella fase addestrativa il feedback delle modalità di selezione e reclutamento è assolutamente positivo perché il personale selezionato e ammesso a frequentare i nostri corsi formativi di base, come abbiamo verificato, possiede tutti i requisiti necessari per superare con successo le attività addestrative (faccio questa precisazione per tornare al tema della vostra indagine). Negli anni 2010-2011, su 1.746 frequentatori i corsi per allievi carabinieri solo 19 sono stati dimessi dalla frequenza per motivi vari, riconducibili all'insufficienza dei requisiti di base, oltre che per ragioni di carattere personale.
Non è stata trascurata, inoltre, la vivibilità delle infrastrutture dedicate alla formazione, pervenendo a moduli alloggiativi di più moderna concezione, capaci di soddisfare anche le esigenze del personale femminile in addestramento.
Terminato un anno di corso e ricevuti gli alamari, gli allievi divenuti carabinieri vengono destinati dal Comando generale ai


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reparti, secondo criteri che, nel rispetto delle prioritarie esigenze di servizio - costituite dalla copertura dei posti di impiego vacanti - mirano a premiare i più bravi, assegnando quelli classificati nel primo decimo della graduatoria di merito a sede gradita, e tengono nella giusta considerazione le necessità familiari dei singoli, soprattutto dei coniugati o di coloro che rappresentano particolari situazioni, in un'ottica di corretto bilanciamento fra le esigenze personali e quelle del servizio.
A questo proposito, desidero sottolineare che, con l'entrata in vigore della legge n. 191 del 2009, che ha introdotto il cosiddetto «sblocco del turnover», l'Arma può arruolare annualmente un numero di militari pari a quello degli esodi. In tal modo, si è bloccato un progressivo depauperamento della forza effettiva. Oggi, a fronte di una forza organica pari a 114.880 unità, abbiamo una forza effettiva di 108.230 unità, con una deficienza organica che sia è assestata sulle 6.650 unità. Tale carenza sarebbe andata ad aumentare, se nel 2009 non si fosse intervenuti, sbloccando il turnover e consentendoci di arruolare un numero di militari pari a quello dei militari congedatisi per diverse ragioni.
Si è bloccato, quindi, il progressivo depauperamento della Forza e con le destinazioni dei carabinieri neoassunti, che negli anni 2010-2011 sono stati 2.728 unità, è stato possibile assegnare risorse a quelle aree del Paese che presentavano maggiori necessità.
Proseguendo brevemente nell'illustrazione della politica di impiego del personale da parte dell'Arma, darò conto dei principali criteri di ordine generale. Vi do queste indicazioni perché spero di potervi fornire alcune informazioni relative all'impiego sul terreno dei carabinieri reclutati secondo il sistema che abbiamo descritto prima.
In ragione della provenienza geografica del personale - più della metà dei carabinieri proviene dalla Puglia, dalla Campania e dalla Sicilia, mentre un'altra buona fetta dal Lazio e tutto il resto dalle altre regioni d'Italia - originario per la maggior parte delle regioni del Sud Italia, l'Arma osserva nell'assegnazione delle sedi il cosiddetto principio della «deregionalizzazione», il quale prevede che i carabinieri non possano essere impiegati nelle proprie regioni di origine, se non dopo aver compiuto otto anni di servizio.
Tale principio di ordine generale, tuttavia, trova un temperamento nei seguenti casi: richieste di trasferimento motivate da particolari ragioni di assistenza ai propri familiari (esiste un articolo del Regolamento generale che prevede la possibilità di presentare domanda anche al di fuori dei criteri ordinari per queste ragioni particolari) e richieste di ricongiungimento al coniuge lavoratore.
Si tratta di una normativa emanata a febbraio del 2010 dal Comandante generale e che onestamente ha fatto guadagnare all'Arma dei carabinieri una posizione di avanguardia nell'ambito della pubblica amministrazione. Fino a oggi la normativa sul ricongiungimento al coniuge lavoratore per le forze di polizia e le Forze armate, introdotta dalla legge n. 100 del 1987, prevedeva che se il militare o l'appartenente alle forze di polizia fosse stato trasferito d'ufficio da una sede all'altra, il coniuge lavoratore dipendente dello Stato avrebbe potuto seguirlo nella nuova sede, anche in qualità di soprannumerario. Questa era sostanzialmente la tutela assegnata dalla legge ai coniugi entrambi lavoratori.
Dal febbraio 2010 l'Arma ha varato una nuova procedura che consente di risolvere i problemi sempre più ricorrenti di ricongiungimento familiare rappresentati dal personale. Tale disciplina, nel rispetto delle priorità delle esigenze di servizio, ha consentito di agevolare la ricomposizione dell'unità familiare e l'esercizio dell'importantissima funzione genitoriale nei casi in cui il coniuge del militare dell'Arma sia un lavoratore dipendente a tempo indeterminato.
L'iniziativa ha permesso, negli anni 2010-2011, di accogliere finora 698 istanze di militari, realizzando di fatto una tutela ravvicinata per gli uomini e per le donne


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dell'Arma, con riflessi del tutto positivi sul tono morale e sulle motivazioni del personale.
Altro temperamento è costituito dalle richieste di trasferimento temporaneo motivate da urgenti e contingenti ragioni di assistenza ai propri familiari. Si tratta di un istituto della durata media di 3-6 mesi attraverso il quale il Comando generale e i comandanti di legione sul territorio consentono al militare di fronteggiare più gravi esigenze di carattere familiare temporalmente circoscritte.
L'assegnazione degli incarichi ai militari avviene tenuto conto di un profilo ottimale di impiego, che prevede il requisito di aver prestato servizio per almeno un biennio presso un comando di stazione prima di accedere a servizi di natura prettamente investigativa e specialistica. Le 4.620 stazioni dell'Arma rappresentano, infatti, il cuore e il perno di tutte le attività dell'Arma dei carabinieri sul territorio e costituiscono l'ossatura del nostro sistema di sicurezza nazionale.
Anche per quanto concerne l'impiego nei diversi reparti dell'Arma, il personale reclutato dalle Forze armate ha offerto ottima prova di sé. Il feedback delle procedure di selezione e reclutamento è, quindi, positivo anche dopo le fasi di addestramento. Basti pensare al fatto che negli ultimi dieci anni solo 45 carabinieri sono stati dimessi al termine dei quattro anni di ferma volontaria prima di transitare in servizio permanente.
Il carabiniere, pertanto, rimane quattro anni in ferma volontaria - in una situazione che non voglio definire di precariato, perché è un tempo nel quale l'amministrazione ha la possibilità di valutarne le qualità e il comportamento al fine di trasformare il rapporto di impiego in un rapporto di impiego permanente - e quindi transita nel servizio permanente.
Naturalmente il reclutamento del personale già proveniente dal servizio in altre Forze armate ha inciso sull'età media dei carabinieri, che oggi è di 40,6 anni, con punte che oscillano tra i 38,3 anni della Calabria e i 42,9 dell'Abruzzo, con una progressione che si è particolarmente accentuata negli ultimi anni. Nel 2000 l'età media era di 35,5 anni.
Su questo processo di invecchiamento non ha inciso solamente la forma di reclutamento, ma anche fattori come il blocco delle assunzioni, che fino al 2009 non ha consentito il ripianamento del turnover, e i cospicui arruolamenti effettuati nei primi anni Ottanta, gli anni del terrorismo, in ragione dei quali 47 mila militari oggi, circa il 43 per cento della forza complessiva, sono oggi in una fascia di età compresa tra i 41 e i 50 anni.
Parallelamente è sensibilmente aumentata rispetto all'anno 2000 la percentuale dei militari coniugati, che oggi è pari al 72 per cento, mentre nel 2000 era pari al 64 per cento.
Altro dato significativo è quello della distribuzione del personale sul territorio, con riferimento alla regione di origine. Nella slide numero 10 vi sono due grafici a torta che riportano i dati relativi al reclutamento dei volontari - distinto per maschi e femmine - a seconda delle regioni di appartenenza. Il 32 per cento dei carabinieri presta servizio nella regione di nascita. Sul punto si rilevano significativi scostamenti, ragion per cui, mentre in Emilia-Romagna solo l'8,2 per cento del personale è originario della regione, in Puglia si registrano punte del 73 per cento dei militari nati nella regione, mentre in Sicilia e in Campania le percentuali sono prossime al 62 per cento.

PRESIDENTE. Quindi il valore 31 riferito al Veneto, significa che il 31 per cento dei carabinieri che prestano servizio in tale regione sono veneti?

ANGELO AGOVINO, Capo del I Reparto del Comando generale dell'Arma dei carabinieri. Sì.

PRESIDENTE. Sarebbe interessante se ci faceste avere una tabella che indicasse chiaramente anche le percentuali, per


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esempio, di quanti veneti prestano servizio nella propria regione. Immagino che siano dati che sfiorano il 99 per cento.

ANGELO AGOVINO, Capo del I Reparto del Comando generale dell'Arma dei carabinieri. Penso di sì. Vuole sapere le percentuali residuali di quelli che prestano servizio fuori dalla propria provincia?

PRESIDENTE. Se in Emilia-Romagna il personale originario della regione è pari all'8,2 per cento, immagino che questi rappresentino il 99 per cento dei carabinieri originari dell'Emilia-Romagna.

ANGELO AGOVINO, Capo del I Reparto del Comando generale dell'Arma dei carabinieri. Potrei rispondere certamente di sì, perché, se calcoliamo che dal Veneto in fase di reclutamento proviene il 3,3 per cento del personale, probabilmente il 90 per cento dei carabinieri veneti presta servizio in Veneto e la parte residua è composta da quelli «deregionalizzati», che non arrivano subito in Veneto, ma ci arrivano dopo otto anni, in virtù del citato principio di ordine generale. Peraltro, per le regioni dell'arco alpino, abbiamo già temperato, abbassando da otto a quattro anni, il periodo utile per le designazioni in Piemonte, in Lombardia e in Veneto.
Infine, svolgo un cenno al reclutamento e all'impiego del personale femminile. Dal 2006, sulla base di precisi indirizzi comunitari, la rigida regola delle aliquote percentuali in funzione della quale le donne potevano accedere solo a un limitato numero di posti predeterminato - mi riferisco alla fase concorsuale, ovviamente - è stata sostituita dalla facoltà attribuita al Ministero della difesa di prevedere limitazioni soltanto in presenza di motivate esigenze connesse con la funzionalità di specifici organismi.
Conseguentemente, dal 1o gennaio del 2006, si è assistito alla progressiva crescita nell'Arma della componente femminile, che oggi registra 1.355 unità, di cui 197 ufficiali, 487 marescialli e 671 carabinieri. Il loro impiego non si discosta rispetto a quello della componente maschile. Esse prestano servizio in tutte le differenti linee organizzative, con la sola esclusione dei battaglioni e dei reggimenti dedicati prioritariamente ai servizi di ordine pubblico in occasione di manifestazioni di piazza, in analogia a quanto accade anche nella polizia di Stato. Alcune di esse già assolvono importanti incarichi di comando, di compagnia territoriale, di nucleo operativo e radiomobile e di stazione.
In conclusione, signor presidente, l'Arma pone da sempre la massima attenzione alla centralità dell'uomo o donna carabiniere, nella consapevolezza che nessun programma di razionalizzazione, nessun sistema di e-government, nessun dispositivo tecnologico potrà mai sostituire le potenzialità umane affinate e valorizzate da un modello di formazione e aggiornamento professionale oggi esportato con successo anche all'estero, che si nutre dei valori e dei fondamenti etici della nostra storia e che viene costantemente adeguato alle nuove esigenze operative imposte dall'evoluzione degli scenari della sicurezza.
L'obiettivo ultimo è quello di poter disporre di carabinieri competenti, capaci di agire anche di iniziativa, per corrispondere con efficienza a una domanda di sicurezza sempre più evoluta, che riguarda tutti i settori che contribuiscono a elevare la qualità della vita.
Signor presidente, rinnovo a lei e a tutti gli onorevoli deputati il sentito ringraziamento per l'attenzione riservatami e resto a disposizione per eventuali quesiti.

PRESIDENTE. Grazie, generale Agovino, anche per la documentazione presentata, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico (vedi allegato).
Do la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

PIER FAUSTO RECCHIA. Ringrazio il generale per la sua relazione. Mi ha colpito il dato legato all'innalzamento dell'età, in particolare il primo citato, ossia 26 anni, che credo sia quello relativo all'ingresso.


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Mi ha colpito perché, essendo stato io carabiniere ausiliario un po' di tempo fa, a Benevento, dopo essermi laureato ero «un vecchietto» rispetto agli altri, quindi effettivamente l'innalzamento è notevole.
Rispetto a questo dato, mi chiedevo innanzitutto quali sono gli elementi che percepite come più problematici; in secondo luogo - poiché il tema è correlato - se, in relazione alla sua esperienza, ritiene che nel 2021, quando si potrà decidere di tornare ad arruolare presso i civili, l'attuale modello dovrebbe essere confermato.
Un'altra domanda è relativa, invece, allo squilibrio tra gradi. Certamente esiste nelle Forze armate uno squilibrio tra i diversi gradi, soprattutto in relazione all'eccesso dei marescialli. Volevo chiederle, pertanto, se questa è una problematica che vive anche l'Arma. Grazie.

ANGELO AGOVINO, Capo del I Reparto del Comando generale dell'Arma dei carabinieri. Rispondo subito alla seconda domanda. Nell'Arma dei carabinieri non esiste questo squilibrio tra gradi, sia dal punto di vista della forza organica, sia da quello della forza effettiva. Infatti, dal punto di vista della forza organica, quella prevista dalle leggi, noi attualmente abbiamo 3.899 ufficiali, 29.531 marescialli, ossia il ruolo ispettori dell'Arma dei carabinieri, 20 mila brigadieri, ossia il ruolo sovrintendenti, e 61.450 appuntati e carabinieri. Si tratta di un ruolo complessivamente armonico e calibrato alle esigenze, ragion per cui noi questo squilibrio non lo avvertiamo nella maniera più assoluta.
Ciò che le ho riferito dal punto di vista della forza organica si rispecchia anche nella forza effettiva. Neanche nella forza materialmente presente ci sono squilibri di questo tipo.
Per quanto concerne poi l'invecchiamento non avvertiamo criticità. Ritengo che col passare degli anni la situazione migliorerà, perché circa il 43 per cento del personale appartiene alla fascia compresa fra i 41 e i 50 anni. Si tratta del personale che è stato arruolato in blocco negli anni Ottanta, quando furono effettuate immissioni di migliaia e migliaia di carabinieri. Quando si realizzano alimentazioni che non sono quelle previste e viene costituito un determinato ruolo, ciò altera un po' l'armonia di quelli che gli ordinatori definiscono sviluppo e dinamica dei ruoli. Un ruolo viene, infatti, studiato e se ne studia anche il modello di alimentazione.
Il dato di 26 anni, riferito all'età media, è destinato ad abbassarsi. Ripeto che non abbiamo riscontrato criticità, ma ovviamente è chiaro che avere più personale coniugato, con un'età più matura e con un carico di famiglia, comporta la necessità di adottare modalità organizzative e criteri di gestione diversi.
Non ci sono dunque criticità, ma necessità di adozione di modelli organizzativi che tengano conto di tale fattore. Di questo ci siamo occupati.

FILIPPO ASCIERTO. Un dato che il generale ha fornito mi spinge a svolgere una considerazione che potrebbe essere approfondita in futuro. Quando ho lasciato l'Arma c'erano poco più di 2 mila ufficiali; adesso ce ne sono 3.800. Capisco il ruolo speciale, ma immagino che l'Arma, e sarà sicuramente così, funzioni meglio rispetto al passato.
Una questione che, invece, mi dà grande soddisfazione è vedere che tutte le battaglie sostenute in questa Commissione hanno sortito effetti positivi. All'inizio c'era la trasformazione degli ausiliari in effettivi, poi con la sospensione della leva si trattava di fare in modo che ci fosse un'alimentazione più cospicua. In realtà, abbiamo visto che i blocchi delle assunzioni hanno creato problemi e la soluzione che abbiamo trovato del bilanciamento col turnover è sicuramente un dato positivo.
Per esempio, una battaglia che ho personalmente condotto è quella sul ricongiungimento familiare. Noi in Italia lo consentiamo agli extracomunitari e non capisco perché non dobbiamo ricongiungere famiglie che stanno all'interno delle Forze armate e delle forze di polizia.


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Sicuramente attuare una politica siffatta sul ricongiungimento familiare può essere motivo di merito e soddisfazione non solo per l'Arma, ma anche per tutti i carabinieri che trovano un equilibrio familiare e danno di più nello svolgimento del loro lavoro.
È rimasta ancora una questione che vorrei sottoporre alla sua attenzione. Vorrei sapere quanti carabinieri svolgono, in qualità di eletti, attività presso gli enti locali (dai consigli comunali, a quelli municipali, a quelli di quartiere o provinciali).
Noi in questa Commissione ci siamo espressi più volte all'unanimità per mettere questi militari nelle condizioni migliori per svolgere la loro funzione elettiva amministrativa. Le chiedo - senza alcuna urgenza - se ci può far avere questo dato e dove tali soggetti prestano servizio rispetto all'ente nel quale sono stati eletti. Io penso che questa sia una risorsa importante. Basta pensare agli aspetti sociali, anche perché il carabiniere è un uomo, ha famiglia e vive la realtà quotidiana, quindi l'asilo nido, il quartiere, l'alloggio e via dicendo. Sono tutte questioni importanti, che possono venire a vantaggio di un'amministrazione, quando il militare svolge questa attività.
C'è un ultimo dato che mi interessa sapere. Lei ha detto che il 72 per cento dei carabinieri sono coniugati. Quanti sono, invece, quelli separati e quanti hanno contratto un accordo con finanziarie o con banche per la cessione del quinto dello stipendio? So, infatti, che tale pratica passa attraverso le vostre amministrazioni.

ANGELO AGOVINO, Capo del I Reparto del Comando generale dell'Arma dei carabinieri. Mi riservo di farle avere le risposte.

FRANCO GIDONI. Ringrazio il generale per la sua relazione. Volevo porle due domande, di cui la seconda è molto simile a quella fatta dal collega Recchia.
Oggi voi reclutate praticamente sulla base di quanto viene effettuato in prima battuta dalle Forze armate, perché il 100 per cento della forza da incorporare lo dovete obbligatoriamente selezionare da chi ha già svolto il servizio militare. Volevo chiederle se esiste un interscambio tra voi e i centri di reclutamento delle Forze armate. Infatti, queste selezioni dovrebbero avvenire con criteri il più possibile utili per voi, visto che poi siete obbligati per forza a scegliere personale che è già stato scelto a monte. Chiedo, pertanto, se c'è uno scambio di notizie proprio per migliorare i criteri di reclutamento.
Sul dato relativo all'età media di ingresso nell'Arma (26 anni), capisco che la cosa possa anche andar bene e funzionare, però devo rilevare che su 2.700 incorporati ci sono state 600 istanze di trasferimenti, ragion per cui sembrerebbe, ma può darsi che correli il dato in maniera sbagliata, che un quinto circa degli incorporati chieda subito dopo di essere trasferito.

ANGELO AGOVINO, Capo del I Reparto del Comando generale dell'Arma dei carabinieri. Non è così, mi sono espresso male.

FRANCO GIDONI. Comunque a 26 anni la gente ha già problemi familiari. Mi chiedevo se, secondo lei, questa Commissione o il Parlamento potrebbero introdurre agevolazioni affinché nell'Arma approdino ragazzi con età inferiore, se questo vi è più utile al fine della gestione successiva.

ANGELO AGOVINO, Capo del I Reparto del Comando generale dell'Arma dei carabinieri. Con riferimento a quest'ultima domanda, in questo momento non ne avvertiamo la necessità. Riteniamo che il modello di reclutamento offra molti più aspetti positivi rispetto ai dubbi che possono nascere. Le 600 istanze sono quelle accolte rispetto alle 110 mila dei militari che hanno chiesto di ricongiungersi al coniuge lavoratore. Il dato era riferito a questo.
In merito all'interscambio, si fa di più che non il puro interscambio. Noi selezioniamo il personale con i nostri periti selettori. Il giovane che chiede di fare il


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carabiniere viene selezionato dal nostro centro di selezione e reclutamento e praticamente subisce due selezioni.

FRANCESCO SAVERIO GAROFANI. Rispetto al modello di reclutamento e alla possibilità teorica che nel 2021 possa essere modificato, tornando ad arruolare civili, secondo lei è preferibile conservare il modello attuale oppure modificarlo nel 2021?

ANGELO AGOVINO, Capo del I Reparto del Comando generale dell'Arma dei carabinieri. Sinceramente, ripeto che questo modello di reclutamento ci ha dato ritorni positivi. Noi stiamo parlando di questo modello di reclutamento, di tutto ciò che è positivo e di tutto ciò che può apparire negativo. Non abbiamo parlato del vecchio modello di reclutamento. Bisognerebbe andare a mettere a confronto ciò che si faceva prima con quello che si fa adesso.
Per il momento sostengo che l'attuale è un sistema di reclutamento che offre le garanzie di avere personale di qualità e maturo, perché fare il carabiniere o l'agente di polizia, secondo me, richiede un pizzico di maturità in più. Ritengo che questo modello sia valido. Non dubito che possa essere migliorato, ma la nostra valutazione su questo modello di reclutamento è positiva.

PRESIDENTE. Volevo aggiungere che, personalmente, ho avuto modo di parlare più volte anche con i comandanti dei corpi di polizia ad ordinamento civile dello Stato, come la polizia e la polizia penitenziaria, che mi hanno espresso grande soddisfazione riguardo al modello attuale di arruolamento, nonostante all'inizio ci fossero alcune perplessità. Credo che sia opportuno che, in questa indagine, vengano sentiti anche i responsabili dei centri della polizia, dove c'è un impiego più massiccio.

ANDREA RIGONI. Volevo ringraziare il generale Agovino per la sua illustrazione molto chiara e concreta, che dimostra come l'Arma dei carabinieri sia un elemento di serietà vera nell'ambito delle istituzioni.
Volevo porre una domanda al generale, partendo dalla sua relazione. In essa si parlava del sistema delle caserme italiane, 4.620 stazioni collocate in tutto il territorio nazionale, che «rappresentano il perno dell'attività dell'Arma e costituiscono l'ossatura del sistema della sicurezza nazionale». Alla luce di queste considerazioni, che io condivido, essendo tali stazioni punti fermi e dovendo continuare a esserlo - ho chiesto ciò anche al Governo con un'interrogazione e mi è stato assicurato che non esiste questo pericolo - volevo chiederle se è in atto oppure allo studio un piano di ristrutturazione e di riorganizzazione delle stazioni dell'Arma dei carabinieri nel nostro Paese, oppure se le notizie che si sentono in giro sono soltanto notizie campate in aria, che non hanno fondamento.

ANGELO AGOVINO, Capo del I Reparto del Comando generale dell'Arma dei carabinieri. Non c'è alcun piano di ristrutturazione. C'è un costante adeguamento della struttura dell'Arma sul territorio all'evoluzione degli scenari della sicurezza. Ad esempio, stiamo per sostituire una tenenza a Pioltello, vicino a Milano, perché la situazione dell'ordine e della sicurezza pubblica in quel posto è stata ritenuta tale da elevare una stazione a tenenza e, quindi, incrementare il numero di personale.
Di pari passo ci sono state alcune stazioni, ma in numero limitatissimo, che sono state soppresse. Questa cosa accade periodicamente, perché ovviamente il sistema reticolare dell'Arma sul territorio non è fermo e immutabile. È un sistema reticolare in evoluzione continua dal momento che deve adeguarsi a situazioni che mutano dal punto di vista sociale, demografico, economico e criminale. Non c'è un progetto.

ANDREA RIGONI. Quindi, al di là di ciò che lei ha giustamente affermato e della dinamica naturale, non esiste un


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piano per la riduzione del 20 per cento delle 4. 620 stazioni dei carabinieri?

ANGELO AGOVINO, Capo del I Reparto del Comando generale dell'Arma dei carabinieri. Non solo lo confermo, ma lo confermo a ragion veduta per le funzioni che svolgo in questo momento. Al I reparto fa capo anche l'ordinamento, quindi l'organizzazione sul terreno dell'Arma dei carabinieri. Le riferisco, quindi, che non c'è nessun piano di riduzione.

PRESIDENTE. Ringrazio il generale Agovino per l'importante contributo fornito alla nostra indagine conoscitiva e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,40.

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