Sulla pubblicità dei lavori:
Garofani Francesco Saverio, Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SUL RECLUTAMENTO DEL PERSONALE MILITARE DEI RUOLI DELLA TRUPPA A DIECI ANNI DAL DECRETO LEGISLATIVO N. 215 DEL 2001
Audizione di rappresentanti della Direzione generale del personale militare (PERSOMIL):
Garofani Francesco Saverio, Presidente ... 3 10 12
Gidoni Franco (LNP) ... 11
Tarricone Francesco, Direttore generale della Direzione generale per il personale militare (PERSOMIL) ... 3 10 12
Recchia Pier Fausto (PD) ... 10
ALLEGATO: Documentazione consegnata dal generale Francesco Tarricone, direttore generale della Direzione generale per il personale militare (PERSOMIL) ... 13
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling;
Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL.
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Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 14,45.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul reclutamento del personale militare dei ruoli della truppa a dieci anni dal decreto legislativo n. 215 del 2011, l'audizione di rappresentanti della Direzione generale per il personale militare (PERSOMIL).
Prima di iniziare l'audizione, rivolgo un saluto e un ringraziamento per la partecipazione ai nostri lavori al generale di corpo d'armata Francesco Tarricone, Direttore generale della Direzione generale per il personale militare (PERSOMIL), all'ammiraglio di divisione Pierluigi Rosati, vice direttore di PERSOMIL, al generale ispettore Claudio Manna, vice direttore di PERSOMIL e al generale di brigata Mario De Carlo, capo del I Reparto reclutamento.
Do quindi la parola al generale Francesco Tarricone per lo svolgimento della sua relazione.
FRANCESCO TARRICONE, Direttore generale della Direzione generale per il personale militare (PERSOMIL). Saluto e ringrazio il presidente e gli onorevoli componenti della Commissione per aver offerto alla Direzione generale per il personale militare (PERSOMIL) questa opportunità di illustrare, in una sede così prestigiosa, un argomento fondamentale per le nostre Forze armate. Lo è stato negli anni scorsi e lo sarà ancora di più in futuro, anche alla luce dei prevedibili ulteriori tagli che dovrebbero essere operati.
Dividerò il mio intervento in due parti. Nella prima fornirò i dati complessivi più significativi relativi al reclutamento negli ultimi dieci anni del personale appartenente alle categorie dei graduati e dei militari di truppa. Nella seconda parte, invece, affronterò lo stato della disciplina, sempre con riferimento alle categorie dei graduati e dei militari di truppa.
Prima di illustrare i dati, ritengo opportuno richiamare la legislazione sulla quale in questi anni abbiamo fondato il nostro lavoro. Mi riferisco in particolare alla legge n. 331 del 2000, relativa all'istituzione del servizio militare professionale, la quale, come sappiamo, è stata modificata numerose volte tra il 1995 e il 2000, quando le Forze armate hanno cominciato a essere sempre più impegnate in attività esterne al territorio nazionale.
A seguito di questa revisione delle modalità di impiego delle Forze armate, abbiamo iniziato a renderci conto e a prendere atto del fatto che il sistema della coscrizione obbligatoria aveva forse ultimato il suo ciclo operativo. Avevamo bisogno di contingenti più specializzati e più
preparati, benché i militari di leva all'estero abbiano fatto un lavoro egregio in qualsiasi occasione.
Abbiamo, quindi, iniziato ad adeguare la legislazione. Ricordo, ad esempio, la legge n. 196 del 1995, la legge n. 490 del 1997, la legge n. 25 del 1997 di riforma dei vertici militari, tutti provvedimenti caratterizzati, però, da uno specifico settore di interesse. La citata legge n. 331 li ha messi insieme e ha costituito la base per l'avvio della professionalizzazione. Sono state poi varate la legge n. 215 del 2001 - che ha dato attuazione all'articolo 3, comma 1 dalla legge n. 331 - e la legge n. 226 del 2004, che ha dato il via alla sospensione della leva il 1o gennaio 2005, anticipando di due anni la scadenza del 1o gennaio 2007 individuata in un primo tempo.
Quest'ultima, oltre ad anticipare la sospensione del servizio militare, ha istituito le categorie dei volontari in ferma prefissata di un anno (VFP1) e dei volontari in ferma prefissata di quattro anni (VFP4) e ha previsto un sistema di transito nel servizio permanente dei volontari in ferma breve (VFB), che possiamo considerare personale «precario» da stabilizzare. Oggi, il processo è pressoché concluso. Resta un centinaio di volontari in ferma breve del Corpo delle capitanerie di porto non ancora transitato, ma ritengo che abbiamo conseguito un grande risultato.
È stato anche posto il vincolo, per chi intendeva iniziare una carriera nelle Forze di polizia o entrare nelle Forze armate in servizio permanente, di svolgere almeno un anno di servizio militare volontario.
Un altro settore nel quale si è intervenuti è quello del reclutamento femminile, dove siamo arrivati quasi ultimi a livello europeo, visto che altre nazioni con le quali solitamente ci confrontiamo e collaboriamo nei teatri operativi erano partite molto prima di noi. Infatti, la legge n. 380 del 1999 è stata applicata in due fasi: dal 2001 al 2005 sono state poste delle limitazioni annuali - le cosiddette «quote rosa» - per tener conto della ricettività delle nostre infrastrutture e delle nostre caserme, che necessitavano di essere adeguate al personale femminile. Dal 2006 in poi, superate le problematiche infrastrutturali, le «quote rosa» sono state abolite.
Come comandante dell'Accademia militare di Modena usavo dire che, in teoria, il corso d'accademia avrebbe potuto anche essere costituito da duecento ragazze se queste si fossero piazzate ai primi duecento posti della graduatoria, proprio perché non esistevano più limiti di natura in infrastrutturale.
In sintesi, i quattro provvedimenti che ho preso in esame perché assai significativi nel processo di professionalizzazione sono poi confluiti nel Codice dell'ordinamento militare e nel Testo unico delle disposizioni regolamentari. La legge n. 226 del 2004 può dunque essere considerata la base di questo sviluppo perché ha rappresentato un momento decisivo nella professionalizzazione delle Forze armate, fino a quel momento affrontata in maniera frammentata.
La figura del VFP1, introdotta da quella legge, è fondamentale per iniziare la carriera nelle Forze di polizia o per transitare, come VFP4 prima, e come volontario in servizio permanente poi, nelle Forze armate. Prima di parlare di questo, vorrei però fare una premessa sui volontari in ferma breve.
La categoria dei VFB ha rappresentato una parentesi di cinque anni nella nostra organizzazione. Come si può vedere nella slide n. 7, i numeri sono andati via via crescendo, passando dai 38.281 del 2001 agli 84.722 del 2005, che è stato l'ultimo anno di reclutamento. In questi cinque anni abbiamo messo a concorso un totale di 52.338 posti, con una partecipazione di 293.475 giovani. Questo ci ha dato la possibilità di fare una buona selezione perché abbiamo potuto reclutare un ragazzo ogni sei, scegliendo quelli con i migliori requisiti.
Dal punto di vista della provenienza geografica (slide n. 8), non penso che sorprenda sapere che quasi l'84 per cento dei VFB proviene dall'Italia meridionale e dalle isole. L'11 per cento proviene dal centro e un 5 per cento scarso proviene dal nord Italia. Rispetto ai partecipanti, le percentuali relative agli immessi sono analoghe. Per quanto riguarda, quindi, gli ex
volontari in ferma breve, oggi volontari in servizio permanente, l'83 per cento proviene dal sud e dalle isole, il 12 per cento dal centro e il 5 per cento circa dal nord.
Passando ai dati sul transito nel servizio permanente, i grafici della slide n. 10 mostrano che i ragazzi provenienti dal sud, al momento dell'immissione in servizio, sono stati forse meno bravi degli altri, mentre quelli provenienti dal centro hanno recuperato circa un punto percentuale, ma sono dati statistici che hanno un'importanza relativa.
Con riguardo al titolo di studio (slide n. 11, quasi l'80 per cento degli immessi possiede un diploma di secondo grado, il 22 per cento ha un diploma di primo grado e lo 0,3 per cento è laureato.
Vengo ora ai dati relativi ai primi sette anni di applicazione della legge n. 226 del 2004 (slide n. 12). Le candidature per volontario in ferma prefissata di un anno hanno toccato un picco di circa 104.000 domande nel 2005. Negli anni 2007-2008 c'è stata una piccola flessione e poi il numero delle richieste ha ripreso a salire negli anni successivi, attestandosi al 31 dicembre 2011 a circa 77.000. Volendo tirare le somme, in questi sette anni i posti messi a concorso sono stati circa 131.000, mentre le domande di partecipazione sono state pari a 490.000.
Forse la possibilità di selezione è stata leggermente inferiore, ma c'è anche stato un momento in cui le domande per VFP1 si sono accavallate ancora a quelle per VFB. Il totale di immessi in servizio è stato di 124.897 unità. Non siamo quindi riusciti a coprire tutti i posti, ma abbiamo comunque avuto un buon tasso di selezione.
Quanto alle regioni di provenienza, la slide n. 13 conferma i dati relativi ai volontari in ferma breve. La Campania, la Puglia e la Sicilia la fanno da padrone, con circa il 70 per cento dei candidati. La slide n. 14 evidenzia che dal sud e dalle isole arriva il 77,5 per cento delle domande, dal centro il 12,6 per cento e dal nord il 9,9 per cento. Con riferimento agli immessi (slide n. 15) l'80 per cento proviene dal sud e dalle isole, il 12,6 per cento dal centro e il 7,4 per cento dal nord.
Per quanto riguarda i titoli di studio di partecipanti e immessi (slide n. 16), la percentuale di diplomati di secondo grado tra i partecipanti è pari al 67,7 per cento, mentre tra gli immessi è pari all'81,8 per cento. Per i possessori di diploma di primo grado c'è stata invece una flessione, come logico, dato che chi ha un diploma di secondo grado ha meno difficoltà ad affrontare il concorso. Peraltro, per il passaggio a VFP4 il possesso di un diploma di secondo grado determina l'assegnazione di due punti in più graduatoria.
Per i VFP1 che vogliono restare nelle Forze armate anziché passare nelle Forze di polizia, il transito verso i VFP4 è il percorso naturale. Nei sei anni di applicazione della legge - il VFP4 è nato un anno dopo i VFP1 - abbiamo avuto un picco di domande nel 2006, un sostanziale pareggio nel 2007 e una piccola flessione nel 2008. A oggi ci attestiamo intorno alle 25.000 domande (slide n. 17).
In sei anni, quindi, abbiamo messo a concorso circa 28.000 posti e abbiamo ricevuto circa 153.000 domande, con un buon tasso di selezione di uno su cinque. Siamo riusciti a coprire quasi tutti i posti: ne sono rimasti scoperti circa quattrocento.
Riguardo alla provenienza geografica (slide numeri 18 e 19) non si riscontra alcuna novità. Si conferma la partecipazione maggiore dal sud e dalle isole, ma nel passaggio in servizio il sud e le isole perdono qualcosa a vantaggio del centro e del nord. Anche con riferimento ai titoli di studio si confermano i dati precedenti. A fronte di un 80 per cento di partecipanti in possesso di diploma di secondo grado, l'88 per cento è riuscito a superare il concorso. Sono conferme che arrivano da dati di concorsi diversi (slide n. 20).
Il passaggio fondamentale è quello da VFP4 a volontario in servizio permanente (VSP), che significa stabilizzazione nelle Forze armate. Avendo iniziato nel 2010, gli anni di osservazione sono solo due. Prima si transitava nel servizio permanente dalla ferma breve. I dati aggregati di cui disponiamo (slide n. 21) riguardano i VFP4 e l'applicazione della legge n. 226. In due anni abbiamo messo a concorso circa 5.700
posti e abbiamo ricevuto circa 8.000 domande di partecipazione. Sono entrati in servizio 4.518 giovani. I dati sono parziali perché il passaggio relativo al 2011 non è ancora ultimato. Contiamo comunque di coprire tutti i posti messi a concorso.
C'è invece un dato significativo per quanto riguarda la provenienza geografica (slide n. 22). La Campania, che solitamente mostrava percentuali intorno al 27-28 per cento, scende al 16 per cento. La Puglia si mantiene più o meno stabile, mentre la Sicilia scende. Ciò dipende dal fatto che molti dei VFP4 che hanno partecipato al concorso hanno cambiato la propria residenza, scegliendo di risiedere in Friuli Venezia Giulia, in Trentino, in Veneto o in Emilia-Romagna dove prestano servizio.
Questo è un dato che si presta a interpretazioni e considerazioni sia positive sia negative. Da un lato, il fatto di prendere la residenza nel luogo in cui si presta servizio, e magari mettere su famiglia, è sicuramente un fattore di stabilità e di serenità. Dall'altro, si lasciano le proprie tradizioni e i propri legami. Avendo comandato le forze operative terrestri a Verona per oltre un anno prima di venire a Roma, vi posso dire che la situazione migliore è quella del giovane che decide di spostarsi e mettere su famiglia. Il pendolarismo dal Friuli Venezia Giulia, dal Veneto o dal Trentino-Alto Adige alla Sicilia, alla Sardegna o alla Puglia è pesante oltre che dispendioso. È un dato che io ho voluto sottoporre alla vostra attenzione perché diverso da quelli visti in precedenza.
Per quanto riguarda il livello di studio (slide n. 24), questo è decisamente alto. Il 93 per cento possiede un titolo di scuola superiore di secondo grado, il 4 per cento è laureato e il 3 per cento è in possesso di un diploma di primo grado.
Altro argomento sul quale voglio fornirvi alcuni dati riguarda il reclutamento femminile. Come detto in premessa al mio intervento, siamo arrivati un po' in ritardo, ma abbiamo recuperato. Nella slide n. 25 abbiamo suddiviso per categorie (VFB, VFP1, VFP4 e VSP) i dati relativi agli anni che vanno dal 2001 al 2011, non disponendo di dati aggregati. Nella slide n. 26 abbiamo invece riportato i dati percentuali che rendono meglio l'idea. Al 31 dicembre 2011 le donne nell'Esercito erano circa il 7 per cento; in Marina il 4,3 per cento, in Aeronautica il 2 per cento e nell'Arma dei carabinieri l'1,4 per cento circa. In totale oggi le donne costituiscono quasi il 4 per cento della forza organica.
Passo adesso ad illustrare alcuni dati di sintesi. La legge n. 215 del 2001 e poi il Codice dell'ordinamento militare hanno impostato la consistenza organica delle Forze armate sul «modello 190.000». Secondo questo modello dovremmo avere poco più di 100.000 volontari. La legge prevede che si completi l'attuazione entro il 2024. Si procede, quindi, per passi successivi. Al 31 dicembre 2011 i volontari erano circa 90.000. Questi dati sono evidenziati nella slide n. 27.
Ciò che ancora deve essere modificato è il bilanciamento tra le varie categorie perché i VFP1 sono in numero superiore ai volontari in servizio permanente. L'aliquota di volontari in servizio permanente da immettere ogni anno viene graduata per non fare invecchiare le Forze armate tutte insieme. Non si può immettere un blocco di 10.000 persone perché il tasso di alimentazione del servizio permanente deve essere accettabile.
I dati percentuali della slide n. 28 evidenziano che, rispetto ai numeri teorici previsti dal «modello 190.000», abbiamo il 37,7 (e non il 37,5 come indicato per un refuso) per cento di VSP, l'8,2 per cento di VFP4 e un 389 per cento di VFP1. Come ripeto, è normale perché al momento i VFP1 sostituiscono ancora i volontari in servizio permanente. Quando saremo a regime, la quota dei volontari in ferma prefissata di un anno sarà molto ridotta perché sarà molto più ampia quella dei VSP.
Bisognerà vedere come cambieranno in futuro questi numeri anche in virtù dei contenuti del disegno di legge di delega per la revisione dello strumento militare dopo che sarà approvato dal Parlamento. Al momento dobbiamo compiere un passo intermedio. Sulla base delle direttive del Ministro della difesa, entro il 31 dicembre 2015
dovremo infatti attuare una riduzione da 190.000 a 170.000 unità, per poi arrivare, a regime, alle 150.000 unità che dovrebbero costituire la consistenza organica finale. Uso il condizionale perché se ne sta ancora discutendo. Questa è la situazione a oggi rispetto al «modello 190.000». In base a ciò che succederà nei prossimi giorni, adotteremo i dovuti adeguamenti.
La seconda parte del mio intervento riguarda lo stato della disciplina. Una prima grande suddivisione nella potestà sanzionatoria può essere fatta riferendosi alle sanzioni di corpo - cioè il richiamo verbale, il rimprovero, la consegna e la consegna di rigore - che vengono adottate a livello di reparti, e alle sanzioni di stato, che vanno invece dalla sospensione disciplinare dall'impiego alla perdita del grado per rimozione. In quest'ultimo caso il personale viene espulso perché ritenuto non più meritevole di conservare il grado da un'apposita commissione.
Poiché la potestà sanzionatoria di corpo compete al comandante di corpo, PERSOMIL non ne ha notizia, a meno che qualcuno non ricorra avverso le sanzioni e il ricorso arrivi fino a Roma, superando il ricorso gerarchico all'autorità immediatamente superiore.
Per quanto riguarda, invece, le sanzioni di stato, è importante sottolineare come il Codice dell'ordinamento militare e il Testo unico abbiano innovato questo settore, raccogliendo in un unico corpo normativo norme che prima erano diffuse in diverse fonti. Le sanzioni di stato adesso sono uguali per tutte le categorie di militari, mentre prima erano differenziate a seconda che si trattasse di ufficiali, sottufficiali, graduati o militari di truppa.
La sospensione disciplinare dall'impiego varia da uno a dodici mesi, periodo durante il quale lo stipendio è ridotto al 50 per cento. Per i motivi più gravi la sanzione consiste invece nella perdita del grado per rimozione. La legge n. 196 del 1995 prevedeva invece per i militari di truppa una sospensione massima di sei mesi. Adesso - come accennato - vi è stata un'unificazione della disciplina, anche perché sono tutti professionisti.
Come evidenziato nella slide n. 32, le competenze della Direzione generale sono le stesse per Esercito, Marina e Aeronautica, ma differiscono in parte per l'Arma dei carabinieri. Per Esercito, Marina e Aeronautica i comandanti di vertice e periferici hanno la potestà di disporre le inchieste formali, solitamente a seguito di un procedimento penale. Il caso più frequente è quello del volontario che viene trovato alla guida sotto l'effetto di sostanze alcoliche o stupefacenti. Il fatto viene segnalato alla prefettura e si apre un procedimento. Indipendentemente dal fatto che ci sia la condanna, il giudicato penale passa all'esame dal punto di vista disciplinare.
Penso che questo sia uno degli elementi che caratterizzano quella che noi chiamiamo la specificità della condizione militare. Un qualsiasi cittadino trovato sotto effetto di sostanze alcoliche risponde alla legge ordinaria; può darsi che gli sospendano la patente per qualche mese, ma tutto finisce lì. Chi indossa un'uniforme, dopo il procedimento penale, deve invece affrontare il procedimento disciplinare di stato, che alla fine può concludersi con una sanzione addirittura più pesante - la sospensione da uno a dodici mesi - di quella subita durante il procedimento penale.
Per Esercito, Marina e Aeronautica tutto questo arriva alla Direzione generale per il personale militare. Dopo la fase istruttoria a livello periferico, l'alto comandante di vertice manda il tutto alla Direzione generale, che su delega del Ministro ha la competenza di firmare direttamente i decreti di sospensione disciplinare, dall'impiego fino al grado di generale di brigata. Per i generali di divisione e i generali di corpo d'armata il Ministro mantiene la potestà sanzionatoria. Laddove fossero coinvolti generali di divisione o corpo d'armata o gradi corrispondenti, PERSOMIL predispone il decreto e poi lo invia al Ministro per la firma.
Per i carabinieri, come dicevo, è leggermente diverso. Infatti, l'Arma - nel momento in cui deve applicare una sospensione disciplinare dall'impiego - chiede il nulla osta a procedere alla Direzione generale, che effettua un esame di
legittimità. L'eventuale decreto di espulsione o di sospensione viene sempre firmato dal comandante generale. Lo stesso vale per i casi di perdita del grado per rimozione.
Ora, mentre l'inchiesta formale per giudicare se una mancanza o un giudicato penale possa determinare una sospensione disciplinare dall'impiego viene svolta da un ufficiale inquirente, nel caso in cui si dubiti che la gravità dei fatti sia tale da comportare la perdita del grado viene nominata una commissione disciplinare. Questa esprime un parere circa l'idoneità dell'imputato a conservare il grado.
Laddove la commissione giudichi il militare non più meritevole, tocca poi alla Direzione generale esaminare la questione. Nel 99,9 per cento dei casi il giudizio della commissione è condiviso, tuttavia la norma prevede che per motivi di carattere umanitario la Direzione generale possa mettere in discussione il parere della commissione. Comunque, in tal caso la decisione finale è rimessa al Ministro, che ha la potestà di accogliere il giudizio della Direzione oppure di rimuovere eventualmente gli imputati, come è successo recentemente per alcuni carabinieri. Noi avevamo voluto essere comprensivi, ma alla fine abbiamo dovuto accettare il giudizio dalla commissione di disciplina.
C'è una situazione particolare che riguarda i volontari in ferma prefissata di un anno e quelli in ferma prefissata di quattro anni perché la legge prevede che l'applicazione delle sanzioni debba essere legata a un rapporto di impiego stabile con l'istituzione militare. Poiché i volontari in ferma prefissata di un anno e di quattro anni non hanno un rapporto di impiego stabile, nei casi più gravi è contemplata una terza tipologia di sanzione, cioè il proscioglimento dalla ferma.
Il volontario in ferma permanente di un anno o in ferma permanente di quattro anni non può essere sospeso dal servizio. Può solo essere prosciolto e mandato a casa. A volte questo può giocare a loro favore perché, ad esempio, io personalmente non considero un delinquente un ragazzo alla guida in stato di ebbrezza alcolica. È una cosa che può succedere a chiunque di noi. Abbiamo, però, dovuto darci delle regole per non essere troppo indulgenti. È un campo molto delicato perché ci sono casi che hanno comportato anche perdita di vite umane.
Poiché non è possibile sospendere dal servizio i volontari in ferma permanente e l'unica alternativa è mantenerli in servizio o proscioglierli, si cerca di interpretare la norma per evitare di doverli mandare via e vi posso garantire che sono sempre decisioni difficili.
Oltretutto, il direttore generale di PERSOMIL, pur operando come giudice monocratico, non ha la facoltà di applicare la sospensione condizionale della pena. Ciò purtroppo rappresenta un grande handicap. Se la mancanza è grave, bisogna dare un segnale pesante affinché non si pensi che tutto finisca nel nulla, ma questo ha dei riflessi altrettanto pesanti. Un volontario sospeso dall'impiego per motivi disciplinari, ad esempio per sei mesi, ha difficoltà a mantenere la famiglia con il 50 per cento dello stipendio, viste le cifre di cui parliamo. Tuttavia, la sanzione non può essere tale da svilire il provvedimento di qualsiasi significato e annullarne il potere deterrente. È un trade-off che va valutato con la propria coscienza.
L'impossibilità per la Direzione generale di adottare la sospensione condizionale della pena limita di molto la capacità di intervento. È un campo che mi ha molto coinvolto, nonostante io sia arrivato a PERSOMIL solo da otto mesi, per i riflessi che ha sulla vita normale dei nostri ragazzi.
Dal 2001 al 2011, mano a mano che il processo di professionalizzazione procedeva, le sanzioni disciplinari di stato aumentavano. Infatti, come potete ben immaginare, non aveva senso sospendere dal servizio i militari di leva. In dieci anni - con l'affermarsi della professionalizzazione - si è passati dalle otto sanzioni del 2001 alle 150 del 2011. Sono numeri che parlano da soli.
Per quanto riguarda la tipologia dei reati commessi, la slide n. 33 mostra che ci sono innanzitutto i reati di assenza dal
servizio (37 per cento), la detenzione e lo spaccio di sostanze stupefacenti (33 per cento), il furto militare e la rapina (11 per cento). Queste sono le tipologie di reato che comportano la rimozione per perdita del grado.
Come detto, il procedimento disciplinare segue quello penale. Noi ci basiamo più sulla mancanza commessa che sulla pena inflitta perché purtroppo i tribunali a livello nazionale non operano tutti alla stessa maniera e per lo stesso reato le condanne possono variare anche sensibilmente. Noi cerchiamo di bilanciare le cose in base al fatto, alla condanna e ai precedenti di servizio. Decidere di mandare a casa qualcuno non è mai agevole, al di là del contenzioso che diamo per scontato perché nessuno rinuncia al ricorso straordinario al Presidente della Repubblica o al TAR.
Nel 2012, da quando ho assunto l'incarico, ho firmato 45 provvedimenti di rimozione per perdita del grado per fatti più o meno gravi. La maggior parte di questi ha riguardato personale di truppa o sottufficiali - per varie questioni, gli ufficiali rimossi sono pochi - e l'Arma dei carabinieri in modo particolare.
Per quanto riguarda la sospensione disciplinare (slide n. 34), troviamo al primo posto la guida in stato di ebbrezza alcolica o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti. Seguono il reato di assenza dal servizio, il furto e la detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti.
Nel caso delle sostanze stupefacenti, a volte è difficile spiegare perché si adottino provvedimenti disciplinari. Se una persona trovata in possesso di sostanze stupefacenti dimostra che sono per uso personale il giudice ordinario non la condanna. Per noi la cosa è ininfluente, soprattutto nel momento in cui le Forze armate vengono impiegate sempre più spesso in contesti operativi complessi e difficili come quelli al di fuori del territorio nazionale, dove si è affermata, sulla scorta della dottrina in ambito NATO, la figura del caporale strategico.
Il caporale che comanda un posto isolato e ha alle proprie dipendenze un certo numero di uomini costituisce un elemento strategico perché rappresenta il Paese e la coalizione. Non si può correre il rischio che sia sotto l'effetto di sostanze stupefacenti mentre fa questo mestiere.
Ciò vale anche per gli impieghi in Italia. Nel momento in cui i nostri uomini e le nostre donne sono impegnati nell'operazione «strade sicure» - lavorando a stretto contatto con le Forze di polizia e svolgendo le loro stesse funzioni, tranne che per alcuni aspetti collaterali - non si può assolutamente rischiare di mandare per strada qualcuno sotto l'effetto di sostanze stupefacenti.
Anche se il giudice ordinario non condanna l'uso personale o la modica quantità, per noi è una cosa grave e nella maggior parte dei casi significa espulsione, non sospensione, soprattutto se c'è recidività.
Lo sforzo che la Direzione generale ha fatto negli ultimi anni è stato quello di armonizzare e omogeneizzare le diverse norme in materia di applicazione delle sanzioni disciplinari di stato per evitare disparità di trattamento del personale e per fare in modo che tutti fossero informati delle sanzioni alle quali potrebbero andare incontro laddove commettessero certi atti. È vero che la legge non ammette ignoranza, ma tanti nostri ragazzi non conoscono le conseguenze.
Come comandante delle forze operative parlavo ai ragazzi e spiegavo loro che per una mancanza come quella di guidare in stato di ebbrezza si rischia molto e si mette in grave imbarazzo chi deve giudicare perché, al di là della comprensione, ci sono casi sui quali non si può soprassedere.
Un aspetto negativo nell'applicazione delle sanzioni disciplinari di stato purtroppo è la lunghezza del procedimento penale. Tante volte ci troviamo a dover applicare una sanzione nei confronti di un ragazzo a distanza di anni. Il processo penale è lento e PERSOMIL può intervenire solo quando la sentenza è passata in giudicato. Come si fa a sospendere un ragazzo fermato per guida in stato di ebbrezza dopo dieci anni? Si perde di
efficacia, ma siamo costretti a farlo per non far passare inosservati certi comportamenti e perché serva da deterrente nei confronti degli altri.
Concludo quindi la mia relazione, scusandomi se mi sono eccessivamente soffermato su dati e cifre, e resto a disposizione per qualsiasi domanda.
PRESIDENTE. Ringrazio il generale Tarricone e do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.
PIER FAUSTO RECCHIA. Ringrazio il generale per quanto ci ha riferito. Vorrei porre due domande.
La prima è una specie di rompicapo sulla pianificazione e viaggia sull'asse reclutamento, stabilizzazione e invecchiamento, tre aspetti collegati tra loro che possono portare a una riproposizione nel tempo degli stessi problemi. Vorrei capire come farete, visto che il problema si è già posto in passato, a evitare che tra dieci anni sia necessario intervenire nuovamente sul modello.
Se per questioni di risorse saremo costretti, come già sta avvenendo, a tagliare il reclutamento e il nostro modello è pensato come un modello che stabilizza nelle Forze armate il maggior numero possibile di volontari, ipotizzando che oggi la truppa abbia un'età media di trent'anni - e la consideriamo giovane e funzionale rispetto alle capacità operative - quando tra dieci anni ne avrà quaranta, l'attuale problema della cosiddetta «gobba dei marescialli» potrebbe spostarsi, ad esempio, sui caporalmaggiori.
Forse la mia è una visione pessimistica, ma vivo la questione come un rompicapo e conosco la difficoltà di conciliare queste variabili. Vorrei, quindi, sapere in che modo state cercando di evitare di ritrovarci tra dieci anni con lo stesso problema, se non più grave.
La seconda domanda si riferisce al disegno di legge sulla riforma dello strumento, attualmente all'esame del Senato. Lei ha detto che una direttiva del Ministro già prevede di ridimensionare gli organici per arrivare alle 170.000 unità. Vorrei sapere se state già effettuando questa riduzione e dove.
FRANCESCO TARRICONE, Direttore generale della Direzione generale per il personale militare (PERSOMIL). L'equazione che coinvolge reclutamento, stabilizzazione e invecchiamento negli anni scorsi ha effettivamente creato non pochi problemi. In alcune circostanze, infatti, non si è proceduto sulla base di dati studiati a tavolino, ma di esigenze momentanee relative all'alimentazione di alcune categorie. Questo ha portato, se non erro, all'esubero dei 10.000 marescialli in Aeronautica.
Adesso si sta procedendo in maniera diversa. I tassi di avanzamento o di «travaso» da una categoria all'altra, soprattutto nel passaggio da VFP4 a servizio permanente, hanno proprio lo scopo di fare invecchiare le Forze armate in maniera «funzionale» per evitare un accumulo di personale anziano, che non potrebbe essere impiegato per certi incarichi, soprattutto tra i graduati e i militari di truppa. Tale categoria ci preoccupa di più perché in essa i numeri sono maggiori.
Le percentuali di immissione diversificate, così come il termine del 1o gennaio 2024 fissato dalla legge n. 215 del 2001 per il completamento del processo, servono a garantire aliquote calibrate e a fare in modo che l'invecchiamento delle Forze armate sia progressivo ed equilibrato. Ciò tuttavia non ci mette completamente al riparo.
Nel bilancio della Difesa la parte destinata al personale è diventata eccessiva perché la spesa totale si è ridotta e, siccome la spesa per il personale è fissa, la percentuale aumenta. Allo stesso modo, nel momento in cui la consistenza organica si riduce, il fenomeno dell'invecchiamento emerge. Io non ho una soluzione infallibile. Posso solo dire che si stanno mettendo in campo tutti gli accorgimenti possibili per evitare che il problema possa ripetersi in futuro. Ritengo che il metodo utilizzato sia quello corretto.
C'è anche un altro aspetto da considerare. Mentre il sottufficiale o l'ufficiale,
con l'aumentare dell'età, è destinato a ricoprire un incarico meno impegnativo dal punto di vista fisico, per esempio in un ufficio, per i volontari in servizio permanente le cose stanno diversamente. Gli Stati maggiori - stanno già pensando a ciò - dovranno individuare il momento in cui ritenerli non più idonei fisicamente o non più adatti a essere impiegati come assaltatori o come paracadutisti.
Dobbiamo cominciare a chiederci cosa far fare ai volontari in servizio permanente tra i cinquanta e i sessant'anni. Non possiamo infatti mandarli via prima perché altrimenti non raggiungerebbero neanche gli 800 euro al mese di pensione che percepiscono lasciando il servizio a 60 anni con il massimo. Si pone un problema di impiego. Se non possono più fare gli assaltatori, i fucilieri o i componenti dell'equipaggio dei carri o dell'artiglieria semovente, dovremo trovare per loro altri impieghi.
Sono questioni che bisogna affrontare, anche perché già oggi alcune brigate hanno un'età media di oltre quarant'anni, considerando solo la truppa. La Brigata Garibaldi è una delle più vecchie perché è stata la prima a essere professionalizzata, seguita a ruota, se non ricordo male, dalla Brigata Sassari e dalla Brigata Aosta.
Ritengo che la procedura di scaglionare le immissioni in servizio permanente quanto meno riduca il rischio di invecchiamento e di esubero di personale anziano, ma non so se sia in grado di eliminare totalmente il problema. Devo essere molto sincero nei suoi confronti. Lo vedremo con il passare degli anni.
Per quanto riguarda invece la domanda sulla revisione dello strumento militare, come Direzione generale per il personale militare non abbiamo ancora avviato alcuna riduzione di personale. La direttiva del Ministro stabilisce che entro il 31 dicembre 2015 debba essere operata una riduzione del 10 per cento, da 190.000 a circa 170.000 unità, come passo intermedio verso i 150.000 uomini e lo Stato maggiore della Difesa ci sta lavorando.
Come area tecnico-amministrativa e in particolare come Direzione generale per il personale militare stiamo portando avanti uno studio per una possibile unificazione, anche dal punto di vista logistico, delle tre direzioni generali che si occupano del personale e cioè PERSOMIL, la Direzione generale della previdenza militare (PREVIMIL) e la Direzione generale del personale civile (PERSOCIV).
Attualmente le prime due hanno sede a Palazzo «Messe» alla Cecchignola e la terza a Palazzo Aeronautica. L'orientamento futuro sarebbe quello di portare anche PERSOCIV a Palazzo «Messe» e creare un'unica direzione generale. Lo studio sta andando avanti. Lo scopo è quello di razionalizzare la struttura, eliminando ridondanze e sovrapposizioni e riducendo i costi.
Che io sappia non ci sono ancora provvedimenti esecutivi, ma è un lavoro che coinvolge prevalentemente gli stati maggiori. PERSOMIL ne prende atto e agisce di conseguenza. In passato, per altro, abbiamo già ridotto le figure dirigenziali. Al momento sono in corso solo degli studi, ma penso che siano in linea con il testo della riforma in discussione al Senato.
Il risultato finale deve essere la creazione di una struttura più snella e soprattutto meno costosa.
FRANCO GIDONI. Ringrazio il generale Tarricone. Il collega Recchia ha già avanzato la domanda che volevo porre anch'io, a dimostrazione che le preoccupazioni della Commissione sono le stesse. C'è dunque una forte preoccupazione perché l'attuale modello si reggeva sul presupposto che il servizio volontario fosse appetibile dal momento che permetteva il transito, attraverso un concorso, nell'Arma dei carabinieri o in polizia. In realtà, se il concorso per l'Arma dei carabinieri che prevedeva 1.886 posti finirà per immettere, come sembra, solo 350 unità, è chiaro che si rischia di scardinare il modello alla sua base.
Il patto con questi ragazzi era che, dopo il servizio volontario, non sarebbero stati lasciati soli ma sarebbero stati stabilizzati transitando o nell'Esercito o nelle
Forze di polizia. Il mio timore è che, non accadendo questo, al prossimo concorso per VSP i numeri aumenteranno perché chi non trova spazio da un'altra parte tenterà di restare nelle Forze armate. Questo dimostra la debolezza del modello, che credo fosse pensato come molto stabile negli anni, ma che al contrario, essendo rigido, mal si adatta alla crisi economica.
Condivido quanto diceva il collega Recchia a proposito del fatto che rischiamo di creare delle «gobbe», cioè di andare avanti con un sistema che procede a pulsazioni da un anno all'altro. È un ragionamento che dovremo affrontare noi legislatori più che voi. Bisognerà interloquire su questo anche con il Ministro Fornero perché non potremo tenere in servizio assaltatori di sessantasei anni in virtù del fatto che matureranno la pensione a sessantasette anni come il resto del personale.
Per questo personale, che a quarantacinque anni sarà adatto a svolgere un lavoro di ufficio, dovremo arrivare a prevedere degli scivoli privilegiati sia all'interno delle Forze di polizia sia all'interno di altre amministrazioni dello Stato. Se l'intenzione è quella di trattenere più a lungo tutti al lavoro, limitando il discorso al solo comparto Difesa non saremo in grado di risolvere il problema.
Infine, vorrei chiederle che cosa ne pensa dell'ipotesi di innalzare l'età del reclutamento, portandola a ventisei anni.
FRANCESCO TARRICONE, Direttore generale della Direzione generale per il personale militare (PERSOMIL). Il mio parere personale è che partendo da un'età più alta si finirebbe col peggiorare le cose.
È vero che, da quando si sono affacciate sul mercato del lavoro, le Forze armate hanno dovuto adeguarsi alle regole di quel mercato. Il generale Corcione, con il quale ho avuto la fortuna di lavorare, diceva proprio che per operare nel mercato del lavoro le Forze armate avrebbero dovuto essere competitive. Così è stato e abbiamo arruolato dei ragazzi in gamba. L'aumento dei limiti d'età potrebbe essere riservato a casi particolari, ma non può essere, a mio modesto avviso, la regola generale.
Per quanto riguarda la possibilità di prevedere degli scivoli per i cinquantenni, ci rendiamo conto che tutti incontrano difficoltà. Quando il Ministro Di Paola ha parlato di mobilità verso altri dicasteri, alcuni gli hanno risposto che avevano già i loro esuberi. Io ritengo che anche dall'interno delle Forze armate si possa fare qualcosa.
Il volontario in servizio permanente che è arrivato a cinquant'anni e che non è più opportuno assegnare al ruolo di assaltatore o paracadutista, potrebbe essere reimpiegato, ad esempio, internalizzando nuovamente il lavoro nelle officine. Noi abbiamo esternalizzato quasi tutti i lavori di officina per poi renderci conto che queste esternalizzazioni costano anche di più. Il meccanico si può fare benissimo fino a sessant'anni.
Si potrebbe reinternalizzare, per esempio, anche la gestione delle mense dei circoli, attualmente esternalizzata a ditte civili. Anche il cuoco, il cameriere o l'addetto al self service delle mense si può fare fino a sessant'anni. Alcune questioni possono essere affrontate nel nostro ambito, anche perché ormai negli uffici non ci sono più posti.
Io penso che la questione possa essere affrontata e risolta in parte al nostro interno e in parte con un aiuto esterno.
PRESIDENTE. Ringrazio il generale Tarricone per il contributo offerto e per la documentazione consegnata, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15,50.
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