Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLA COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE - ANALISI ANNUALE DELLA CRESCITA PER IL 2012 E RELATIVI ALLEGATI (COM(2011)815 DEFINITIVO)
Audizione del Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, Corrado Passera:
Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3 10 11 13 14 16 22
Armosino Maria Teresa (PdL) ... 14
Baccini Mario (PdL) ... 16
Baretta Pier Paolo (PD) ... 10
Bitonci Massimo (LNP) ... 14
Boccia Francesco (PD) ... 15
Borghesi Antonio (IdV) ... 16
Cambursano Renato (Misto) ... 11
Ciccanti Amedeo (UdCpTP) ... 14
Duilio Lino (PD) ... 13
Mantovano Alfredo (PdL) ... 16
Marchi Maino (PD) ... 16
Occhiuto Roberto (UdCpTP) ... 11
Passera Corrado, Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti ... 3 16
Simonetti Roberto (LNP) ... 12
Vico Ludovico (PD) ... 13
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente
Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.
Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 8,45.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nel quadro dell'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame della comunicazione della Commissione - Analisi annuale della crescita per il 2012 e relativi allegati (COM(2011)815 definitivo), l'audizione del Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, Corrado Passera.
Questa mattina, in cui constato una numerosa partecipazione di colleghi, abbiamo il piacere di avere con noi il Ministro Passera, che ringraziamo per la sua presenza. Abbiamo ascoltato sinora tante testimonianze qualificate anche del mondo della società civile. Mancano ancora da svolgere alcune audizioni, tra cui quella odierna e quella del Viceministro dell'economia e delle finanze, Grilli.
Do subito la parola al Ministro Passera, ringraziandolo ancora per la sua disponibilità.
CORRADO PASSERA, Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti. Buongiorno a tutti e grazie dell'invito. Svolgerei un'introduzione inevitabilmente un po' analitica, per poi lasciare più tempo possibile alle domande di approfondimento.
Il tema dei temi è la crescita, lo strumento fondamentale per affrontare la prima emergenza, ossia il disagio occupazionale. Parlo di «disagio occupazionale» e non di «disoccupazione», perché tutti noi sappiamo che, al di là della dimensione statistica del numero dei disoccupati di cui parliamo - 2-2,3 milioni di persone -, il problema, effettivamente, è molto più ampio. Se ai disoccupati aggiungiamo gli inoccupati che non cercano lavoro, i sospesi dall'occupazione, i cassintegrati e, soprattutto, il grande mondo dei sotto-occupati - coloro, cioè, che hanno un lavoro e sono statisticamente considerabili occupati, ma che non hanno un lavoro sufficiente per vivere - allora arriviamo a un'area del disagio che, probabilmente, supera i 6 milioni di persone. Se consideriamo anche i relativi familiari, arriviamo a una quota molto importante della società.
Da troppi anni il nostro Paese non cresce. Stiamo ormai parlando di 10-15 anni di crescita non sufficiente. Siamo nel pieno di una seconda recessione e, quindi, parliamo non solo di crescita non sufficiente, ma di crescita negativa, com'è, peraltro, previsto ormai da mesi. Probabilmente questo trend, se dobbiamo prendere per buone le previsioni di quasi tutti i centri di ricerca, durerà per tutto l'anno in corso.
Naturalmente il nostro compito, tutti insieme, è quello di invertire una tendenza che non solo non crea posti di lavoro, ma che addirittura rischia di creare ulteriori problemi.
Quando parliamo di crescita dobbiamo tener conto delle lezioni di questi ultimi anni e, quindi, dobbiamo parlare di crescita sostenibile da un punto di vista finanziario - non basata, cioè, sul debito, sul debito cattivo o, comunque, sull'indebitamento del pubblico - ma anche da un punto di vista di rapporto tra generazioni, da un punto di vista sociale, di crescita che crei posti di lavoro. Come sapete, ci sono alcuni fenomeni di crescita in alcuni Paesi, concentrati, però - in termini di benefici - in categorie sociali così ristrette che, poi, anche se la crescita c'è, non vi è un effetto sulla società nel suo insieme.
Per generare crescita, secondo me, dobbiamo agire sulle ragioni strutturali della mancata crescita. Dobbiamo intervenire con riforme strutturali e creare le condizioni perché si possa riformare una condizione di crescita. Per fare ciò abbiamo un piano molto dettagliato che, mese dopo mese, si sta riempiendo. Da questo punto di vista, lasciatemi esprimere una discreta soddisfazione, perché per ora non abbiamo mancato nessuno degli appuntamenti che - anche internamente al Governo e ai miei ministeri - ci eravamo posti e che andrei a riassumere.
È chiaro che non esistono «la» misura o «le poche» misure che generano crescita. Se è vero quanto abbiamo affermato, ossia che dobbiamo generare crescita strutturale nella società, le questioni che sono alla base della crescita sono tante. Su ciascuna dobbiamo intervenire, perché ciascuno di questi pezzi, ciascuno di questi motori può fermare gli altri ed è questa la ragione per cui sarò un po' analitico e forse un po' noioso nell'elencare i singoli elementi successivamente.
Ovviamente, parlerò delle iniziative e delle leve di crescita che riguardano soprattutto i ministeri che mi sono stati affidati, mentre tutti sappiamo che è molto importante anche il ruolo di altre istituzioni del Governo. Non si può parlare di crescita senza parlare di istruzione e ricerca o di giustizia, però io mi soffermerò sui miei ambiti di responsabilità più diretti e vicini.
Aggiungo un'ultima considerazione generale. Tutto il nostro operato va collocato nel quadro delle politiche europee, nonché dei vincoli e delle regole europee, il che è assolutamente ovvio. La combinazione delle azioni da intraprendere e che si stanno intraprendendo deve bilanciare - il che non sempre è avvenuto in passato, neanche a livello europeo - da un lato, consolidamento e messa in sicurezza dei conti pubblici e, dall'altro, iniziative per lo sviluppo.
Vediamo quali sono le tre grandi aree di azione e di intervento concreto che riguardano il ruolo dei ministeri che mi sono stati affidati. Organizzerei gli interventi in tre grandi aree, perché la crescita si produce quando le aziende sono competitive, quando il sistema Paese funziona intorno alle aziende e quando i mercati sono aperti e funzionanti.
Inseriamo, dunque, le iniziative in queste tre grandi categorie: che cosa serve per rendere le aziende più capaci di crescere; che cosa si può fare intorno alle aziende come sistema Paese - parlerò soprattutto di infrastrutture, di cui le aziende da sole non possono dotarsi, ma che il sistema intorno a loro deve creare; ciò vale anche per l'istruzione e per la giustizia, ma a me compete la parte relativa alle infrastrutture - e quali sono i meccanismi di funzionamento di mercato che possano aprire delle possibilità di crescita.
Il primo capitolo riguarda le imprese. Le imprese, a loro volta, hanno tanta più capacità di crescere, di svilupparsi e di creare occupazione quanto più tutte le condizioni della loro competitività sono rispettate. Queste le vediamo una dopo l'altra, insieme a che cosa si è fatto in ciascun campo e che cosa si intende fare.
Il primo punto è costituito dalla dimensione e dalla forza delle imprese. Sappiamo che il nostro Paese - a parte un numero piuttosto limitato di aziende di una determinata dimensione (tra 3.000 e 4.000) - è caratterizzato soprattutto da
aziende di piccole dimensioni e di bassa patrimonializzazione. Uno degli interventi che servono a creare le condizioni per poter generare crescita, la quale crescita dipende dalla capacità di fare innovazione e di recarsi all'estero, è la dimensione, la forza patrimoniale delle aziende.
Una delle prime iniziative che sono state attuate già nel decreto-legge n. 201 del 2011, cosiddetto «salva Italia», e uno degli stanziamenti più importanti che sono stati messi a disposizione, hanno riguardato la riforma della fiscalità delle imprese, il cosiddetto ACE (Aiuto alla crescita economica), e la riforma dell'IRAP per premiare le aziende, le imprese e gli imprenditori che stanziano soldi nelle loro imprese, che vi trattengono utili e che, quindi, creano le risorse per poter poi investire. I 6 miliardi di euro stanziati per l'ACE a termine e per l'IRAP per premiare la buona occupazione sono una sorta di prerequisito per tante altre azioni.
È ovvio che molto altro si potrà fare in termini di rafforzamento patrimoniale delle imprese, perché bisogna facilitare i consolidamenti, le acquisizioni e le reti di impresa, ma si è voluto significare, con un impegno tanto importante, che dobbiamo aiutare le imprese che investono in se stesse a crescere e a rafforzarsi, per poter compiere le due azioni fondamentali che caratterizzano le aziende che crescono, ossia l'innovazione e l'internazionalizzazione.
L'innovazione è un fenomeno, una filiera di attività molto lunga che parte dalla ricerca. Non entro ora nel merito di tutti i dettagli, però che cosa potevamo fare, in un tempo come quello del nostro Governo? Potevamo mettere ordine, ed è ciò che stiamo facendo, nel sistema degli incentivi.
Oggi, come voi sapete, ci sono decine e decine di leggi nazionali e centinaia di meccanismi di incentivazione a livello locale che, essendo composti di tante piccole iniziative tra loro scoordinate, non portano all'effetto che, invece, si potrebbe ottenere. L'idea è di arrivare a una proposta di riordino, soprattutto delle leggi nazionali - ovviamente non possiamo in questo momento entrare a livello locale - in modo tale da avere non più 40-50 meccanismi molto qualitativi e molto discriminanti, nel senso che per ciascuno sono previste specifiche commissioni, ma un meccanismo molto facile per premiare automaticamente, attraverso il credito di imposta, gli investimenti in innovazione e in tecnologia anche delle imprese medio-piccole.
Per ogni capitolo porto solo un esempio di intervento concreto, anche se, poi, per ogni capitolo si può scendere molto più in profondità.
Sull'innovazione la questione principale è mettere ordine negli incentivi, renderli automatici e lavorare sul credito d'imposta.
Per quanto riguarda il tema dell'internazionalizzazione, soprattutto le piccole e medie imprese hanno bisogno di essere supportate nella loro uscita sui mercati internazionali. L'organismo classico di supporto, che era l'ICE, era stato chiuso. Noi l'abbiamo riformato, lo stiamo rimettendo in moto, ma, soprattutto, stiamo cercando di rimettere ordine in una congerie di interventi molto poco coordinati tra loro, che, a mio parere, sortiranno un notevole risultato.
Vi traccio schematicamente il quadro. Tutte le iniziative che hanno a che vedere con l'informazione e la promozione sui mercati e la formazione alla presenza estera faranno capo all'ICE. L'ICE opererà in Italia attraverso le Camere di commercio, le associazioni di categoria e le banche, che faranno da tramite nei confronti dei servizi dell'ICE. All'estero l'ICE, che naturalmente non può da solo coprire i fabbisogni, lavorerà con le ambasciate e con le Camere di commercio all'estero. Questo meccanismo, che fino ad oggi è stato del tutto disarticolato, sta prendendo forma in maniera piuttosto chiara e dovrebbe coprire la parte dei servizi che riguardano formazione, informazione e promozione.
Tutta la parte finanziaria del supporto all'esportazione e agli investimenti esteri, rappresentata dalla SIMEST e dalla SACE per le garanzie e, sempre di più, secondo
me, anche dalla Cassa depositi e prestiti per quanto riguarda il finanziamento all'esportazione sarà il secondo motore dei servizi che - in questo flusso logico che parte dalle Camere di commercio in Italia per finire nelle ambasciate e nelle Camere di commercio all'estero - dovrebbe completare il quadro.
Prevediamo, dunque, un supporto all'internazionalizzazione attraverso un riordino sia dei servizi legati all'ICE, sia dei servizi più prettamente finanziari, concentrati soprattutto su SACE, SIMEST e Cassa depositi e prestiti.
Il tema dei servizi finanziari per l'esportazione ci porta al problema dei problemi per le piccole e medie aziende - soprattutto per ciò che concerne il periodo finale dell'anno scorso e quello iniziale di quest'anno - ossia il tema del credito. In altre fasi della vita italiana questo è stato un tema, ma negli ultimi mesi è diventato un «super-tema», perché si sono concentrate contemporaneamente numerose cause gravi: mancanza di liquidità e problema delle sofferenze e regole bancarie, soprattutto europee, che hanno ulteriormente tolto capitale alle banche. Si è creato un vero e proprio credit crunch.
Su questo tema dobbiamo agire su tutti gli aspetti importanti. Che cosa abbiamo fatto nell'immediato? Abbiamo fornito risorse al Fondo centrale di garanzia per poter mettere a disposizione fino a 20 miliardi di euro di garanzie per le piccole e medie imprese per accedere al credito, una cifra molto consistente. Attraverso il Fondo centrale di garanzia si supera, da una parte, il problema del capitale delle banche e, dall'altra, la situazione di non bancabilità di molte piccole e medie imprese. Si è compiuto così un primo immediato intervento di emergenza.
Dopodiché, l'altra grandissima e gravissima ragione di indebitamento delle piccole e medie imprese è quella dello scaduto, dei pagamenti che le imprese non ricevono, in buona parte dal mondo privato - ossia non si effettuano pagamenti tra imprese private - e anche da parte della pubblica amministrazione, che ha accumulato non si sa esattamente quanto, ma probabilmente oltre 50-60 miliardi di euro di mancati pagamenti. Se voi prendete la somma di questi effetti, che probabilmente nel suo insieme supera i 100 miliardi di euro, capite che una grossa parte dell'indebitamento delle piccole e medie imprese e del consumo di linee di credito da parte delle banche è legato a questo fenomeno. Se noi riusciamo a far rientrare questi 100 miliardi di euro in un numero di anni limitato e comunque immediatamente una parte di questi, sgonfiamo gran parte del problema. I 100 miliardi citati, essendo pagamenti non effettuati, costituiscono debito, perché le aziende
devono coprire questo mancato pagamento dei loro clienti con debito bancario. Dobbiamo trovare il modo di risolvere il problema, ovviamente in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica.
Che cosa bisogna fare, secondo noi? Dobbiamo adottare, in tempi anche più veloci di quanto richiesto dall'Europa, la direttiva europea sui pagamenti nelle transazioni commerciali, la quale prevede pagamenti in tempi definiti, che magari non saranno 30 giorni. Quand'anche fossero 90 giorni, sarebbe comunque un miglioramento clamoroso rispetto a oggi, in molti casi.
Dobbiamo fare in modo che si recuperi quanto accumulato di mancati pagamenti. Oltre a mettere in linea e in ordine il sistema dei pagamenti sia tra privati, sia tra pubblico e privato, dobbiamo recuperare l'accumulato di non pagato da parte della pubblica amministrazione.
Come ripeto, è chiaro che tale obiettivo non potrà essere realizzato in un anno e che non potrà mettere in difficoltà gli obiettivi di finanza pubblica prestabiliti; però questi 50-60 miliardi di euro nel corso dei prossimi anni devono essere recuperati. Se già riuscissimo, nel corso dei prossimi dodici mesi - attraverso il recepimento della citata direttiva e un primo assorbimento di pagamenti non effettuati da parte della pubblica amministrazione - a rimettere in moto una metà dello scaduto, sarebbe, in termini di impatto sulla finanza e sui conti economici - perché 100 miliardi di euro di indebitamento
ai tassi attuali sono una cifra enorme di oneri finanziari - un notevole risultato.
La situazione si è leggermente allentata grazie alla politica della BCE, che ha messo a disposizione non solo a tre mesi o a sei mesi, ma anche a due e a tre anni una grande quantità di liquidità. La situazione, dunque, è un po' migliorata, però sappiamo che per le piccole e medie imprese c'è grande tensione.
Quanto allo sviluppo delle imprese, abbiamo puntato su dimensione, rafforzamento patrimoniale, supporto all'innovazione e all'internazionalizzazione. Siamo passati, poi, alla parte relativa a costi e risorse e al credito.
Si pone inoltre il tema dell'energia, un'altra fonte di grande diseconomia e non competitività delle imprese italiane. Occorre rifare, come previsto, peraltro, il Piano energetico nazionale, e intervenire sui meccanismi di incentivazione delle energie prodotte da fonti rinnovabili, i cui oneri vanno a cadere soprattutto sulle famiglie e sulle piccole e medie imprese. Di questo tema, se vorrete, parleremo poi. È chiaro che dobbiamo lavorare in maniera integrata sia sul risparmio energetico, sia sullo sviluppo della capacità dell'Italia di essere hub del gas, sia sulla possibilità di trovare e sfruttare le risorse, che peraltro ci sono nel nostro Paese, di tipo energetico, che solo in parte vengono utilizzate.
Sempre con riferimento al tema delle fonti rinnovabili, nel corso delle prossime settimane, nel confermare gli obiettivi europei, anzi probabilmente proponendoci di superare gli obiettivi europei, riteniamo che queste devono essere regolate, perché l'onere per le imprese e per i cittadini sta diventando veramente molto elevato.
Un'altra grande voce di costo, oltre al credito e all'energia, è rappresentata da tutti gli oneri amministrativi e burocratici, che sono costi in termini sia materiali, sia di lentezza. Interviene, dunque, il grande tema delle semplificazioni. Due decreti-legge sono già stati adottati e uno è in corso di definitiva approvazione da parte del Parlamento, però c'è un tavolo aperto e l'idea è, ogni due o tre mesi, di portare un «pacchettone» di semplificazioni che tocchino sia la vita delle famiglie, sia soprattutto quella delle imprese e, all'interno delle imprese, piccole e medie imprese.
Non vi illustro adesso, per non perdere tempo, ma naturalmente sono pronto a citarli, esempi di semplificazione. Tutti noi sappiamo quanto ce ne sia bisogno.
Stiamo parlando del capitolo relativo alla competitività delle imprese. Abbiamo visto le tre linee di azione sulla parte riferita alla crescita delle imprese e le tre linee di azione sul tema costi delle imprese, quindi con riferimento alla loro competitività.
Ci sono poi due progetti trasversali. Il primo mira a facilitare la nascita di nuove imprese, perché, oltre a far crescere e vivere le aziende che ci sono, dobbiamo facilitare la nascita di nuove imprese tradizionali e non tradizionali, artigianali o nel mondo del web. Non appena il gruppo di lavoro che abbiamo messo insieme porterà risultati, usciremo con alcune iniziative che vanno nella strada del semplificare. Per esempio, è già stata introdotta una misura sulle società a responsabilità limitata, che possono nascere in un giorno senza oneri, e quella sul facilitare la nascita di nuove imprese dal punto di vista sia amministrativo, sia fiscale, sia del supporto al credito sarà un'altra delle iniziative che nei prossimi mesi dobbiamo essere in grado di presentare.
Oltre ad aiutare le aziende esistenti e a far nascere nuove aziende, dobbiamo anche attirare aziende dall'estero. L'Italia è stata meno capace di altri Paesi di fare ciò, il che è causa di crescita inferiore agli altri Paesi. Come voi sapete, le ragioni sono tante. Non credo che siano veramente rappresentative quelle classifiche che ci pongono all'ottantesimo o al novantesimo posto nell'attrattività però, sicuramente, non siamo tra i Paesi capaci, dal punto di vista fiscale, amministrativo e di interlocuzione con la pubblica amministrazione, di attirare investimenti dall'estero. Ci proponiamo, pertanto, di portare nel corso dei prossimi mesi a livello
anche di World Bank, dove si concentra il confronto tra Paesi in termini di attrazione degli investimenti esteri, i programmi, per dimostrare che l'Italia è più attraente di quanto si pensi.
Oltre alle politiche trasversali abbiamo cominciato a valutare filiera per filiera, perché l'Italia, oltre a essere composta, come ogni Paese, di settori, è costituita anche di filiere. Se si parla di agribusiness, si parte dalla produzione, si passa attraverso la trasformazione e si arriva alla distribuzione. È un unico processo che va visto nel momento in cui si vuole attuare una politica industriale.
Noi sappiamo di avere diverse filiere molto forti, che hanno possibilità di espandersi all'estero più di altre - pensiamo al mondo dell'automazione industriale e delle macchine utensili, a quello del sistema moda, a quello del sistema casa - però sappiamo anche che tutta la filiera della salute, dalla ricerca, alla farmaceutica, alla sanità, al turismo legato alla salute, è un altro grande filone. Per filiere stiamo incontrando gli interlocutori principali in modo da individuare le possibili iniziative di sistema normativo per favorirle.
Ci sono poi le politiche di coesione, che hanno a che vedere con il recupero nel sud. Il compito è assegnato soprattutto al collega Barca, che si avvale di uno dei dipartimenti del Ministero dello sviluppo economico, di cui probabilmente già sapete. Tutto ciò, solo per grandi pennellate, è il contenuto del capitolo relativo alla competitività per le imprese.
Intorno alle imprese c'è il sistema Paese. Il sistema Paese è costituito da infrastrutture, istruzione, giustizia, pubblica amministrazione. Noi abbiamo la responsabilità, in particolare, del settore delle infrastrutture. Le infrastrutture sono uno dei settori più importanti, più entusiasmanti e anche più immediatamente utilizzabili sia per promuovere la crescita nel breve termine, sia per rafforzare la competitività del Paese. Abbiamo diviso il lavoro in alcuni grandissimi comparti.
Se avete notato, in tutti i primi tre decreti adottati dal Governo, sia il cosiddetto «salva Italia», sia il cosiddetto «cresci Italia», sia quello sulla semplificazione, ci sono disposizioni riguardanti le infrastrutture, perché per smuovere le infrastrutture bisogna innanzitutto semplificare, accelerare e ripulire le procedure autorizzative. Molto spesso non si tratta neanche di un tema di risorse, ma di tempi infiniti per arrivare alle decisioni. Si sono prese le procedure una per una e sono stati attuati i primi interventi, che, in taluni casi, portano a risparmi di anni. Se voi prendete le decisioni che abbiamo assunto nelle prime tre riunioni del CIPE, per un valore di oltre 20 miliardi di euro, vedete che gran parte dei provvedimenti deliberati ha già raggiunto la fase di registrazione, mentre, con le norme precedenti a quelle che abbiamo emanato, ci si impiegava tra i 14 e i 16 mesi di tempo. Guadagnare 12-13 mesi in un processo di
approvazione è già un risultato, ma il numero di interventi necessari ad accelerare ancora è consistente.
Abbiamo spinto su alcune strumentazioni che in parte già esistevano, come i project bond, ma che dovevano essere semplificate. Molto spesso queste iniziative non trovano il modo di essere finanziate in quanto non hanno il meccanismo per essere finanziate come tali. Era solo il credito alle aziende coinvolte che poteva portare le risorse. Questo aspetto ha messo in moto progetti che prima non c'erano. È stato introdotto, per esempio, il contratto di disponibilità, che permette agli operatori fin dall'inizio di finanziare e affittare a lungo termine alla pubblica amministrazione, in molti casi, le opere pubbliche.
Non voglio entrare in troppi dettagli, ma accenno solo ai sottocapitoli. Tutta la normativa ambientale, legata a eccessi di normativa che noi avevamo aggiunto alle regole europee e che rendevano il tema delle gallerie, nonché quello della ricostruzione dei porti estremamente difficili da affrontare, è stata un po' semplificata.
Quello dell'overdesign, dell'eccesso di norme rispetto a quelle già previste dall'Europa, è un tema che sentirete spesso riproporre. Nessuno ha intenzione ovviamente
di venir meno agli obblighi europei, ma eccedere e aggiungere norme e ritardi rispetto a regole europee, di solito, non porta a benefici accettabili.
Oltre ad accelerare le procedure e a dotarsi di nuovi strumenti per attirare capitali privati ci si è messi a lavorare, progetto per progetto, per accelerare i progetti già in corso. I 22,5 miliardi di euro delle delibere del CIPE, che probabilmente metteranno in moto almeno 30 miliardi di euro nel corso dei cinque anni che abbiamo davanti a noi, è un primo esercizio. Tutto quello che si era accumulato, che si era bloccato e che non era stato utilizzato delle risorse già disponibili è stato messo in moto. Adesso dobbiamo trovare altre risorse e spingere sugli impegni di investimento che, per esempio, il mondo dei concessionari autostradali ha assunto. L'idea è di poter vedere, nel corso dei prossimi dodici mesi, un ammontare complessivo tra 40 e 50 miliardi di euro di lavori indirizzati e il più possibile avviati.
Per cercare di rendere più intensa anche la pressione dell'opinione pubblica su queste opere pubbliche, noi vorremmo rappresentare ciascuna di esse sul nostro sito, in modo tale che si sappia in ogni momento in quale fase della procedura di autorizzazione o di realizzazione si trova quell'opera e che ci sia, quindi, la possibilità di sapere perché e come un'opera è in corso o in ritardo. Anche su questo punto ci sono tante altre considerazioni da svolgere.
Ci sono, poi, alcuni filoni di investimento specifici, come quelli relativi all'Agenda digitale. Se volete, ne parliamo. C'è il mondo della casa, dell'edilizia, che è soprattutto di competenza regionale, ma per cui ci sono programmi anche a livello nazionale. C'è il tema delle scuole, che, a sua volta, è in parte a livello regionale, ma per il quale io intenderei, insieme al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, fare in modo che i soldi, che in parte ci sono, vengano spesi in tempi ragionevoli.
Il secondo capitolo è il sistema Paese e la competitività del sistema all'interno di queste infrastrutture. Vi assicuro che su questo tema si sono messe in moto numerose iniziative.
Tanto più le imprese nella loro competitività e il sistema nella sua interezza producono crescita, quanto più il mercato è aperto e competitivo e quanto più si liberalizzano le attività. Non sto a riportarvi i dettagli delle delibere sulle liberalizzazioni, perché li avete non solo studiati, ma anche approvati e corretti. Non c'è dubbio che un dato numero di settori un po' bloccati sia stato aperto e che settori non molto competitivi, in funzione delle decisioni prese, prenderanno abbrivio in termini sia di crescita, sia di miglioramento del servizio e di riduzione di costi.
Porto solo un esempio. Il settore del gas rappresenta il 50 per cento della nostra politica energetica. Il creare - come è stato fatto un tempo per Terna Spa nel campo elettrico - una SNAM autonoma e indipendente, completamente concentrata sullo sviluppo competitivo del mercato del gas, è un'iniziativa che noi pensiamo contribuirà molto sia a rendere competitivo un mercato che non lo è, sia ad abbassare i prezzi, sia, infine, ad aumentare gli investimenti. Sarà più facile, anche dal punto di vista del regolatore, spingere per investimenti sui rigassificatori e sui collegamenti con gli altri gasdotti, soprattutto del sud o dall'Africa, ma anche sui collegamenti con i gasdotti europei, che saranno il veicolo per affrancare l'Italia dalle limitatezze che, oggi, accusa in termini di risorse e di acquisto, anche nei momenti di difficoltà. Porto questo esempio del gas per mostrare che in fondo tutto si tiene insieme.
Non ripercorriamo ora i contenuti del decreto sulle liberalizzazioni, però aprire i mercati, sbloccare la concorrenza, conferire maggiore potere all'Antitrust, creare autorità per i trasporti e, quindi, generare concorrenza e spazio in molti settori è altrettanto importante che fare competitività a livello di impresa e di sistema. È chiaro che avremo bisogno di risorse per finanziare molte di queste iniziative e che bisognerà trovarle attraverso la spending review,
attraverso il contrasto all'evasione fiscale e - dove è possibile - attraverso la valorizzazione di altri cespiti pubblici.
Mi fermerei, se il presidente è d'accordo, perché l'obiettivo era di tracciare più che altro un quadro e poi di mettermi a disposizione.
PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, chiedendo loro di essere possibilmente sintetici.
PIER PAOLO BARETTA. Grazie, Ministro. Ho trovato molto interessante la sua esposizione, però, proprio per questo motivo, lei consentirà che apriamo una dialettica. Se dobbiamo solo dirci che «va tutto bene» e limitarci ad altre questioni condivisibili, il dibattito è limitato.
Formulo un paio di osservazioni sulle quali abbiamo bisogno di confrontarci. L'impressione che si ha è che, a fronte di un programma sul quale si può entrare nel dettaglio, ma che ha una visione evidentemente e comprensibilmente strategica di medio-lungo periodo, il Paese vada nel frattempo in un'altra direzione. Per esempio, gli sforzi attuati con riferimento all'attuale situazione del credito cadono oggi in una particolare situazione del sistema bancario. Lei conosce bene la polemica che c'è stata a fronte dell'incidente di percorso parlamentare sulle commissioni bancarie, allorché da parte degli istituti bancari è stato lanciato un allarme sulla sostenibilità stessa della loro condizione attuale e, quindi, in qualche modo è emersa un'indisponibilità ad allentare i cordoni della borsa in una situazione nella quale ciò è assolutamente urgente.
In secondo luogo, i comuni sono allo stremo. Gli enti locali sono in condizioni di difficoltà obiettiva e non parlo di quelli che hanno largheggiato nelle spese o scialacquato in questi anni, ma di quelli virtuosi. Ciò sta ripercuotendosi su una difficoltà di opzioni immediate.
In terzo luogo, le imprese hanno le loro difficoltà e lei ha fatto cenno all'inizio, opportunamente, alla questione dell'occupazione. Con riferimento alla questione dei cosiddetti esodati - per usare un termine che si è adottato in questo periodo - vediamo come lieviti clamorosamente il numero delle persone coinvolte.
La prima osservazione è quindi la seguente: che cosa si può fare accanto al programma illustrato, che è un programma di prospettiva? Dove siamo? Come condizione del Paese, siamo in un reparto di riabilitazione o al pronto soccorso? Lei ci prospetta alcune scelte. Giustamente, ha sostenuto all'inizio che bisogna incidere sulle questioni strategiche.
Porto alcuni esempi rapidissimi. Il primo riguarda il Patto di stabilità interno. Perché le porto questo esempio, che non riguarda le sue competenze? Lei ha sottolineato tre o quattro volte che voi avete delle competenze, ma, francamente, per come è stata costruita la legislazione in questi anni, lei ha poteri relativi, nel senso che, alla fine, l'ultima parola è propria del Ministero dell'economia e delle finanze. Noi abbiamo più volte criticato questo eccesso di potere concentrato in un solo ministero, indipendentemente da chi lo diriga, ma è chiaro che questo è un nodo. Una parte delle iniziative che lei ci ha descritto non dipendono soltanto dalle sue volontà. Per esempio, lei ha parlato di sbloccare una cifra importante per i cantieri: a parte il fatto che noi veniamo da un'esperienza di annunci sui cantieri - ai quali seguono tempi lunghi per poterli vedere avviati - tutto quanto detto è traducibile in
pratica concreta o siamo a un effetto annuncio - comprensibile e importante - che però non sortisce poi un reale risultato?
Il Patto di stabilità interno va cambiato. Se non lo si cambia - non mi risponda che non è di sua competenza, sto parlando al Governo - è insufficiente agire anche per gli investimenti e non solo per i pagamenti. Anch'io sono dell'opinione che, se adottiamo rapidamente la citata direttiva europea, compiamo un passo avanti. Per carità, se non sono 30 giorni ma 60, è sempre meglio dei 180 o dei 300 giorni di adesso, ma non c'è dubbio che i comuni, gli enti locali, potrebbero mettere in moto
anche un processo di investimenti, a partire dalla manutenzione straordinaria.
Questo aspetto è un punto fondamentale che rimette in moto un circolo virtuoso ed è una questione che si può attuare, perché non ha a che vedere con il problema delle risorse. Parlo dei comuni virtuosi, quelli che hanno i soldi in tasca e che non possono spenderli.
Lei non ha accennato al ruolo della Cassa depositi e prestiti, o forse a me è sfuggito. In questi mesi e anche in quelli precedenti al vostro ingresso al Governo è stato un tema che è venuto crescendo. La Cassa depositi e prestiti si configura quasi come uno snodo dei flussi finanziari e proprietari. Gradirei capire se ha una sua opinione su questo tema.
ROBERTO OCCHIUTO. Anch'io ho apprezzato molto la relazione del Ministro per la fotografia che ci ha offerto, che condividiamo, e per il resoconto che ha svolto delle attività del Governo, che abbiamo sostenuto e, quindi, condiviso.
Formulo una sola domanda, ma altre evidentemente se ne potrebbero formulare. Sui ritardati pagamenti da parte della pubblica amministrazione lei ha riconosciuto quello che tutti sanno, ossia che è un problema gravissimo che si ripercuote anche sul sistema bancario, perché le imprese si indebitano a fronte dei ritardati pagamenti. Lo ha descritto molto bene. Ha dato conto anche dei tentativi di soluzione, seppure parziali, che il Governo ha posto in essere.
Io, però, le vorrei chiedere se il Governo sta lavorando su un dossier per risolvere strutturalmente il problema. Mi rendo conto che è un grave problema, perché si tratta di circa 5 punti di prodotto interno lordo, e anche che si tratta di una grande ipocrisia, perché tutti sanno che noi abbiamo questi 5 punti in più di debito. Lo sanno anche in Europa.
Le chiederei, dunque, se il Governo, per esempio, valuta di investire della questione anche l'Europa, al fine di consentire magari una flessibilità nelle regole di bilancio limitata a questo problema e di recepire la citata direttiva dell'Unione europea, che altrimenti sarebbe difficilmente recepibile.
PRESIDENTE. In merito ne abbiamo sentite un po' di tutti i colori. Do ora la parola agli altri colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
RENATO CAMBURSANO. Noi siamo convinti che nel medio-lungo periodo le riforme strutturali, così come le ha chiamate lei, portino grandi benefici al Paese, ma stiamo parlando di una situazione molto difficile.
Ricordo una domanda posta dall'onorevole Giorgio La Malfa, che ora non è presente, in occasione dell'audizione di un suo ex collega banchiere, un grande banchiere, domanda che io rivolgo a lei, in questo caso, ovviamente, come Ministro. Se dovesse attuare un intervento urgente per far ripartire questo Paese, quale sarebbe?
La risposta del suo ex collega è stata: riunirei - le parole sono mie, ma la sostanza è questa - banche e imprese, le piccole e medie imprese, ovviamente con una selezione di qualità, e chiederei loro - ovviamente con il Governo - quali sono le tre cose essenziali di cui il sistema ha bisogno. Una di esse è sicuramente il credito da parte del sistema, ma anche il recupero dei crediti che le imprese hanno sviluppato, soprattutto quelle medio-piccole a livello locale.
È stata già posta la questione della Cassa depositi e prestiti. Io vengo da questa esperienza e ho presentato proposte di legge al riguardo. Ho letto sull'inserto economico di un noto quotidiano soltanto lunedì, ossia tre giorni fa, che il Governo starebbe pensando seriamente a una nuova vocazione aggiuntiva e diversa rispetto alla revisione della Cassa depositi e prestiti effettuata dall'allora Ministro Tremonti. Per esempio, la si potrebbe trasformare - ma il momento richiederebbe di farlo con intelligenza - in una nuova IRI per finanziare quantomeno il recupero dei crediti che le imprese hanno nei confronti della pubblica amministrazione, di quegli enti locali virtuosi che
hanno i soldi in cassa e che non possono spenderli. Perché non farli anticipare dalla Cassa depositi e prestiti? Sarebbe garantita dalle disponibilità degli enti locali.
Lei ha invitato a porle una domanda. Gliela pongo io. In un'altra audizione abbiamo sentito un noto esponente della comunicazione e dell'informazione, preoccupato che il cosiddetto beauty contest venga contestato e si proceda a una gara. Ciò rientra nel concetto delle liberalizzazioni. Ne sono state previste tante, alcune con tempi - questa è una mia interpretazione - un po' troppo lunghi, come quella dello scorporo della rete del gas dalla società ENI, ma comunque si è avviato il percorso. Se riuscissimo a chiuderlo entro questa legislatura, sarebbe un fatto positivo.
Vorrei, però, una parola, visto che l'attendono in tanti, rispetto ai tempi, che giustamente lei si è fissato in tre mesi. Qual è il percorso che intende avviare immediatamente dopo?
ROBERTO SIMONETTI. La ringrazio Ministro Passera per l'esposizione molto chiara del programma elettorale che ha illustrato. Lo definisco un programma elettorale perché di fatto non è un programma nuovo, nel senso che mi sembra un'esposizione di iniziative che ogni formazione politica in campagna elettorale svolge. Con la Lega Nord e con il Popolo della Libertà, quando eravamo ancora al Governo, già si pensava di attuare tutto ciò che lei ha indicato.
Il problema dell'Italia - se ne accorgerà, anche perché con la sua esperienza penso che sappia di che cosa sto parlando - è il sistema Italia stesso. L'Italia è il problema di se stessa. Così come costruito, il nostro è uno Stato molto autoreferenziale, deresponsabilizzato, centralista e burocratico, nel quale non si riesce a realizzare nulla perché c'è sempre il ricorso al TAR, alla Corte di Cassazione, alla Corte dei conti, il movimentismo politicizzato territoriale, che ovviamente impatteranno con tutte le infrastrutture che lei cercherà di mettere in campo. È un sistema che blocca ogni tipo di iniziativa.
Le sue affermazioni sono quasi tutte condivisibili. Bisogna poi vedere come vengono attuate. Sulla partita delle liberalizzazioni sa che il dibattito è stato veloce, ma intenso, nel senso che con l'apposizione delle questioni di fiducia non si riesce mai a entrare nel dettaglio. L'unica grande liberalizzazione è quella dell'ultimo miglio che ha proposto la Lega Nord per quanto riguarda la Telecom.
L'imbarazzo che io avverto, in vista del prossimo esame del decreto-legge concernente la cosiddetta golden share, è che questo provvedimento è consecutivo allo scorporo della SNAM. Se noi non riusciamo a introdurre alcuni poteri speciali governativi, ho la netta sensazione e il timore che saranno gli stranieri a occuparsi di questa privatizzazione piuttosto che le aziende italiane, in modo tale da creare problemi. Temo infatti che la SNAM venga presa in mano da soggetti stranieri.
L'azione di governo, che, dal punto di vista strategico, è condivisibile, viene attuata attraverso un taglio alle risorse degli enti locali - ciò è già stato segnalato dai colleghi - ma senza tagli della spesa pubblica centrale. Si riducono le risorse per gli enti locali e si aumenta la tassazione per i privati, nonché la tassazione di fatto indiretta per i cittadini attraverso l'IMU, le addizionali e un'imposizione sul patrimonio, che è l'unica risorsa che hanno i cittadini italiani, i quali, dovendo pagare imposizioni sul patrimonio, non hanno la possibilità di utilizzare tale risorsa per creare lo sviluppo e far fronte al credit crunch attraverso il risparmio privato, che concorre a sostenere il cosiddetto debito pubblico, il quale è composto da più settori.
Trovo, quindi, che nell'azione del Governo manchi lo snellimento dello Stato, perché è stato affossato tutto ciò che del federalismo era stato attuato negli anni dal Parlamento. Trovo che ci sia troppa iniziativa eterodiretta con i cittadini, saltando le istituzioni, e troppo poco dibattito parlamentare.
Siamo troppo schiacciati dalle richieste dell'Europa, soprattutto per quanto riguarda
il Patto di stabilità interno, che crea problemi agli enti locali. Abbiamo una perdita di sovranità totale da un punto di vista della programmazione economica interna e, come accennavo prima, con la golden share ho la netta sensazione che perderemo anche il controllo di tutte queste aziende nazionali di grande valore strategico e per lo sviluppo.
PRESIDENTE. Colleghi, sono costretto, per via dei tempi, a concedere un minuto e mezzo per ciascuno degli interventi dei deputati che non hanno ancora posto domande o formulato osservazioni.
LINO DUILIO. Chiedo scusa della rozzezza di alcune domande, visti i tempi.
Lei ci ha tracciato un'esposizione che definirei di buone intenzioni per la manutenzione necessaria del nostro sistema e per realizzare una razionalizzazione che crei condizioni che io reputo necessarie, anche se non sufficienti, per far crescere il nostro Paese, a meno che - e vengo alla prima domanda - non si creda nella mano invisibile del mercato, cioè a meno che non liberiamo il nostro Paese da una serie, come una volta si diceva, di «lacci e lacciuoli», di difficoltà che esistono, connesse alla burocratizzazione, e il mercato, virtuosamente, dopo aver rullato, decollerà e ci offrirà la crescita. Lei crede nella mano invisibile del mercato? Qual è il principio che la muove, per cui noi dovremmo, dopo tanti anni di produttività con trend negativi di crescita e con una crescita rachitica, ottenere la crescita?
La seconda questione è più telegrafica. In questo senso, quali sono, secondo lei, da Ministro dello sviluppo economico, i settori trainanti su cui una vera politica industriale, di cui siamo orfani da troppi anni, dovrebbe insistere e per cui dovremmo agire?
Arrivo alla terza, telegrafica, domanda. Anche in questo caso evoco il collega La Malfa, che non è presente. La spesa pubblica è ormai considerata demoniaca, nel senso che non si può più evocare, né invocare. In attesa che la spending review e tutto quanto di altro abbiamo in testa ci procuri alcune risorse che recupereremo da qualche parte, visto che c'è un'esigenza di breve periodo, ma anche di medio, lei non ritiene che, assicurate le condizioni strutturali di equilibrio di bilancio, con l'Europa dovremmo discutere perché si possano recuperare un po' di risorse per investimenti produttivi? O interviene di nuovo la mano invisibile, oppure io personalmente nutro alcune perplessità.
Ho finito. Secondo me, andando in giro per il mondo, in Brasile o altrove, si avverte una tremenda esigenza di concerto tra i ministri, affinché alcune opportunità che esistono sui mercati internazionali vengano sfruttate. Quali sinergie ci sono tra i ministeri affinché in Brasile, considerato lo sviluppo che c'è in quel Paese, possiamo cogliere opportunità che i nostri funzionari di ambasciata sostengono esistere, ma che non sfruttiamo, come pure in altri Paesi che crescono a tassi dell'8-10 per cento annuo? Questo concerto esiste e, se esiste, in che cosa si è concretizzato fino adesso?
LUDOVICO VICO. Ministro, noi abbiamo bisogno - per esigenze di sintesi parlerò nella forma diretta - di arrestare il declino dell'intero sistema produttivo italiano nonché di attuare politiche industriali. Fino a questo momento, ma ciò non è riferito solo al Governo in carica, tutte le misure in materia sono state sia insufficienti, sia non adeguate.
Rimane sempre un problema per guardare con respiro davanti a noi, ossia se il Governo in carica, nella sua persona, pensi di riattivare il processo di accumulazione di capitale produttivo, che è la questione che riguarda l'intero nostro Paese in Europa e che coinvolge anche il Mezzogiorno.
Rispetto all'esistente voglio segnalare una situazione che penso sia utile che diventi rapidamente chiara e che riguarda Finmeccanica. Perché cito Finmeccanica? Esiste un problema dei grandi gruppi italiani. Questi, anche se vengono messi nella condizione per cui da parte del pacchetto di maggioranza dello Stato sono in un'area - per così dire - di protezione, hanno dei punti di debolezza che permangono
in tutte le partecipate, che sono sensibilissime e che rischiano, come il Ministro sa meglio di me - se già non è avvenuto - di diventare oggetto di shopping. Uso questo termine perché sul made in Italy lo shopping continua, mentre pensavamo che si fosse fermato.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Vico. Partecipi al dibattito sulla golden share che attualmente si svolge nelle Commissioni riunite bilancio e finanze, che è estremamente interessante per questo aspetto di attualità.
MARIA TERESA ARMOSINO. Vorrei sapere se e come avete previsto di contabilizzare quello che potrebbe accadere con lo sforamento da parte degli enti locali del Patto di stabilità interno, alla luce del fatto che l'assenza di un bilancio negli enti locali sta costringendo a lavorare in dodicesimi, con una spesa che non è controllabile.
In secondo luogo, vorrei una dimostrazione pratica di come essere, appunto, «pratici» e, quindi, tecnici, non legati a vincoli che, invece, abbiamo o abbiamo avuto. Quando inizierà a funzionare l'ICE? Conosco bene il danno che ha compiuto il mio Governo nel sopprimerlo per poi ricostituirlo. So anche che non sta funzionando per motivi che mi paiono molto - per così dire - di bottega e ciò non va bene.
Per quanto riguarda, invece, le scuole, noi abbiamo parlato di scuole in questa Commissione e, quindi, io la pregherei di compiere un'azione piccolissima, perché amministrare bene significa risolvere tanti piccoli problemi e poi avere anche una strategia, ma l'hanno già detto altri, almeno di medio periodo. Perché non firmate quindi un provvedimento che renderebbe disponibile denaro già destinato per le scuole? Aggiungo che la sottoscritta è iscritta nel registro degli indagati, perché come amministratore locale non riesce a dar corso a lavori di sistemazione delle scuole.
Quanto alla dismissione del patrimonio pubblico, se e come pensiamo di affrontare in Europa questo punto, se e come si pensa alla costituzione di un soggetto che, per funzionare secondo le modalità che ci vogliamo porre, si collochi al di fuori della pubblica amministrazione?
MASSIMO BITONCI. Salto le premesse per porre una domanda secca: come state pensando di risolvere il problema della contabilizzazione dei debiti della pubblica amministrazione? Questo è un tema centrale, ricordato anche dai colleghi.
Dal nostro punto di vista bisogna assolutamente arrivare a una sintesi, perché la situazione dei debiti, ceduti pro solvendo, pro soluto, che vengono contabilizzati se sono superiori all'anno o se sono inferiori all'anno, richiede di trovare una soluzione anche a livello europeo. Non è possibile che un debito sia iscritto nel bilancio della pubblica amministrazione e che, poi, quando lo si va a pagare, esso vada ad aumentare ulteriormente il debito pubblico nazionale. Come osservava prima anche il collega Occhiuto, è un problema che va assolutamente risolto.
La Cassa depositi e prestiti, come lei sa, ha messo a disposizione 2 miliardi di euro per i pagamenti delle pubbliche amministrazioni. Sappiamo benissimo che questa operazione potrebbe portare il bilancio della Cassa depositi e prestiti all'interno del conto consolidato della pubblica amministrazione. Io penso che si possano trovare alcune soluzioni, anche perché Cassa depositi e prestiti ha una liquidità di 100 miliardi di euro, che potrebbe essere utilizzata per aiutare i pagamenti della pubblica amministrazione.
AMEDEO CICCANTI. Signor Ministro, la ringrazio. Ha svolto una relazione - come si è asserito - un po' sulla manutenzione dell'esistente, dandoci l'idea di una buona attività gestionale. Del resto, il suo è un Governo tecnico e lei ha accentuato tale fisionomia.
Sul punto vorrei sottolineare la necessità di una priorità della legislazione sui lavori pubblici, perché la cosiddetta legge Merloni è un po' datata e i ritardi delle infrastrutture dipendono anche da quella.
Lei, però, procede per semplificazioni. Ci sono due questioni, invece, che sono eminentemente politiche e io credo che questo Governo debba avere anche l'ambizione di ragionare politicamente per non chiudersi in questa fisionomia di Governo dei professori.
La prima questione è di individuare uno scenario internazionale. Per ragioni di tempo lei non ce ne ha potuto parlare, ovviamente, però è necessario che il sistema delle imprese e la competitività vengano inseriti come un tassello in un contesto più ampio e internazionale. Abbiamo apprezzato molto il posizionamento sui mercati finanziari del Premier Monti, che sta compiendo - per così dire - il giro delle Sette Chiese. Mi passi il termine. Ha agito bene, ed è quanto sta facendo adesso in Medioriente, però c'è la riforma del WTO e le imprese stanno andando per conto loro. Non esiste uno schema Paese che possa orientarle e questo Governo deve avere un respiro su questo fronte almeno per il futuro.
Si è parlato di sostenibilità. La seconda questione attiene alla definizione di uno schema entro il quale il Governo deve orientare il sistema delle imprese nei rapporti fra Stato centrale e regioni. Le attività produttive sono competenza esclusiva delle regioni ed è possibile imprimere un orientamento, soprattutto sulle piccole e medie imprese, enorme per poterle indirizzare verso l'innovazione e lo sviluppo sostenibile di cui lei ha parlato.
Le regioni, però, vanno per conto proprio, così come lo Stato. Il Titolo V della seconda parte della Costituzione funziona male e su questo aspetto manca un respiro politico da parte del Governo.
Su queste due questioni, schema internazionale e schema Stato-regioni, vorrei una sua opinione.
FRANCESCO BOCCIA. Ministro, grazie per la relazione. Ho alcuni quesiti molto brevi.
Sul Mezzogiorno non abbiamo sentito, nella sua relazione, misure specifiche. Immagino che siano dentro la cornice che ha tracciato, ma vorrei che fosse un po' più specifico.
Le segnalo che il Parlamento ieri ha approvato delle mozioni - votate a stragrande maggioranza dei presenti - su iniziative per favorire gli interventi produttivi e l'occupazione nel Mezzogiorno. Nel dibattito probabilmente troverà molte delle istanze che avremmo voluto avanzare in questa sede e che, per ragioni di tempo, non illustriamo.
Lo stesso discorso riguarda le aste della BCE. Il Parlamento l'altro ieri ha approvato, anche in questo caso a stragrande maggioranza, una mozione sui soggetti titolati a partecipare alle aste della Banca centrale europea, che chiede al Governo italiano di farsi carico di una richiesta in sede europea di maggior trasparenza sulle finalità e sulla destinazione delle risorse richieste dalle istituzioni finanziarie, non solo dalle banche. Abbiamo trovato infatti piuttosto surreale il fatto che alcune grandi aziende multinazionali, come Peugeot e Volkswagen, abbiano potuto partecipare a quelle aste. Immaginiamo che vadano a finanziare politiche industriali di imprese che chiaramente non sono italiane.
Queste opportunità, e questo è il quesito che le pongo, ad aziende italiane che non siano banche al dettaglio non sono state concesse per ignoranza delle imprese italiane o perché non abbiamo fatto sistema?
Aggiungo due domande velocissime. Una mi è stata ispirata dal collega Simonetti, ma al contrario: lei ha trovato un Ministero per lo sviluppo economico in grado di occuparsi di politiche per lo sviluppo o l'ha trovato svuotato, trovando, in realtà, uno spezzatino? La sensazione che abbiamo è che il Ministero dello sviluppo economico sia stato smontato.
L'altro tema, invece, è quello più generale della possibilità di commutare una parte degli incentivi fiscali in un abbassamento delle imposte. Mi riferisco sopratutto alle imposte sul lavoro. Vorrei il suo parere su quest'ipotesi, su quest'opzione.
ALFREDO MANTOVANO. Signor Ministro, in merito all'accesso al credito, al netto di tutta la facile demagogia - BCE, 1 per cento, e via elencando - emerge con una data frequenza una sostanziale assenza di strumenti di verifica a proposito di dinieghi di accesso al credito che appaiono veramente illogici e immotivati.
È vero che nel decreto-legge 24 marzo 2012, n. 29, appena varato dal Governo, si prevede la struttura dell'osservatorio sull'erogazione del credito, però è veramente poco, perché un'unica struttura centrale composta da quattro persone, con tutto il rispetto dei tre funzionari ministeriali interessati, che operano insieme al rappresentante della Banca d'Italia, avrebbe la necessità di essere più articolata sul territorio. Non si richiede di dilatarla enormemente quanto a composizione, ma di avere una sua integrazione per realizzare un confronto. Mi chiedo se ci sia la disponibilità del Governo a ragionare su un'articolazione più dettagliata di uno strumento di questo tipo che possa - anche attraverso l'esame non di tutti i mutui negati, ma di casi particolarmente delicati - fornire una risposta di congruità rispetto alle richieste.
ANTONIO BORGHESI. Signor Ministro, lei ha stilato un elenco di buoni propositi e di buone pratiche, mentre, per la verità, dal Governo tecnico ci si aspetterebbero azioni.
La mia è una domanda di metodo. Posto che, se noi usciamo dalla crisi, lo facciamo grazie alle esportazioni - nel mercato interno adesso ci sono manovre recessive, ma prima o poi si riprenderà - voi pensate di continuare a studiare il tema per poi arrivarci con un decreto-legge?
Per portare un esempio, su internazionalizzazione e razionalizzazione delle nostre strutture all'estero c'è una proposta all'esame della Commissione attività produttive, commercio e turismo che ha già svolto tutte le audizioni, che va in quella prospettiva. Basterebbe che voi vi presentaste avanzando alcune proposte di modifica come Governo e, nel giro di un mese, la proposta di legge potrebbe essere approvata. Pensate, invece, di lavorare solo con decreti-legge su temi come questi?
MAINO MARCHI. Signor Ministro, mi aspettavo un peso maggiore, nelle politiche industriali, della green economy, che credo sia un tema trasversale per l'innovazione e per le politiche di filiera, anche in relazione alle infrastrutture, oltre che all'energia. Le chiedo eventualmente alcune precisazioni in questo senso.
Per la crescita della domanda interna quali politiche fiscali pensa di attuare il Governo, considerando anche che si avvicina l'appuntamento dell'aumento di due punti dell'IVA, che, da questo punto di vista, può avere, invece, effetti depressivi?
Infine, in una precedente audizione ci è stato rappresentato che sull'accordo cosiddetto Basilea 3 l'Europa applica le regole con maggiore rigore rispetto ad altre aree del mondo. C'è la possibilità di riaprire la questione in Europa su questo tema?
MARIO BACCINI. Signor Ministro, io la invito ad andare avanti con l'azione regolatrice del Governo sui poteri in campo. C'è una parte, che sta aumentando sempre di più, quella dei soggetti cosiddetti non bancabili, esposti a una crisi inevitabile. Su questa parte, nell'ambito dell'economia sociale di mercato, nel nostro Paese, in questo momento storico, ora e non domani, c'è bisogno di un intervento più incisivo.
Io ritengo che la mano pubblica possa intervenire e il Parlamento ha fornito indirizzi ben precisi anche a livello legislativo. Conosco la sua sensibilità, Ministro, e ritengo che uno degli strumenti individuati, quello della microfinanza, possa essere utile a fornire risposte alle persone fuori dalle fasce, fuori dai circuiti bancari, che, altrimenti, non avrebbero speranza di riceverne.
PRESIDENTE. Do ora la parola al Ministro Passera per la replica.
CORRADO PASSERA, Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti. Tornerò
quando volete, però, poiché mi sono segnato tutto, intenderei provare a rispondere almeno a tutto quanto ho capito essere d'interesse per voi.
Comincio dall'onorevole Baretta, che parla di operazioni di medio periodo e di breve termine. Prima di tutto, evidentemente non mi sono spiegato bene: quelle di cui ho parlato sono le azioni compiute. Non stiamo parlando delle azioni da compiere. Le azioni di cui vi ho parlato sono quelle che sono state già compiute.
Se vogliamo attribuire cifre alle azioni già deliberate, i 20 miliardi di euro del Fondo di garanzia, i 22 miliardi di euro di infrastrutture approvate o accelerate, i 6 miliardi di euro tra ACE e IRAP, i 4 miliardi di euro tolti dalla clausola di salvaguardia per le famiglie - che altrimenti avrebbero dovuto avere una riduzione delle detrazioni per 4 miliardi di euro -, i 6 miliardi di euro per iniziare il pagamento del debito scaduto, per un totale di oltre 55 miliardi di euro in capitoli diversi, sono azioni compiute nel breve periodo.
Vi devo riferire con grande serenità che, a forza di azioni di breve termine, il nostro Paese è andato a finire dove è finito. Il nostro Paese non cresce anche perché si cercano sempre e soltanto soluzioni di breve periodo. Dopodiché, passano i decenni e il Paese è nelle difficoltà in cui si trova ora. Dobbiamo avere la serenità, la capacità e la serietà di compiere operazioni di breve termine e non ci si è tirati indietro, perché l'operazione sulle pensioni o le riforme fiscali che sono state varate sono comunque operazioni che hanno contribuito a superare, non dimentichiamocelo, la situazione di novembre e di dicembre scorsi, evitando lo scivolamento del nostro Paese. Non perdiamo, però, l'occasione per compiere anche interventi di medio periodo e strutturali, che aumentino il potenziale di crescita del nostro Paese.
Prendo come un complimento l'affermazione per cui in tre mesi avremmo dovuto risolvere tutto ciò che non è stato risolto in dieci anni. Veramente lo considero un complimento, come considero un complimento il fatto che mi chiediate in un anno di risolvere tutto ciò che gran parte dell'Europa non ha ancora risolto. Tra di noi, però, poiché molti di noi si conoscono, scendiamo un attimo a terra e decidiamo ciò che è fattibile.
Quanto alla questione del credit crunch, l'ho solo sfiorata nella discussione, ma ci possiamo tornare velocemente. Certamente il tema del costringere soggetti privati, che sono almeno la metà, e soggetti pubblici a pagare in tempi ragionevoli è un obiettivo che dobbiamo porci tutti insieme. Secondo noi, lo strumento è quello della direttiva, che esiste e che ci mette in linea con l'Europa.
Certamente, occorre andare a recuperare anche il passato e i 5-6 miliardi di euro che abbiamo messo per ora a disposizione non sono sufficienti, ma sono comunque soldi importanti, che non si vedevano da diversi anni.
Ciò a cui non possiamo rinunciare è il rigore e il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, grazie ai quali abbiamo cominciato ad abbassare lo spread. Lo spread non è un valore in sé. Se, però, il credito costa il 10 per cento o il 5 per cento in funzione dello spread, rappresenta un'enorme differenza.
Dare al mondo la conferma che noi, in termini di conti dello Stato, rispettiamo le regole, pur attuando altre iniziative, ha un valore non solo ideologico o accademico, ma un valore che vale tante decine di miliardi di euro sui conti economici soprattutto delle imprese.
Quanto ai comuni allo stremo, vi porto solo un esempio. Come voi ricorderete, quando siamo arrivati, la prima incredibile sorpresa che abbiamo trovato è stata che nel trasporto pubblico locale si era passati, se ricordo bene, da 2 miliardi a 400 milioni di euro e che l'Italia si sarebbe fermata.
Tra le prime operazioni che si sono quindi dovute eseguire, tagliando da altre parti, vi è stata quella di recuperare oltre un miliardo di euro per mettere in condizione i comuni e le regioni di assicurare il trasporto pubblico locale.
Non c'è dubbio che dobbiamo impegnarci - mi sento di affermarlo, anche se non è mia diretta responsabilità - per far sì che l'interpretazione del Patto di stabilità interno, sempre nel rispetto delle regole europee, permetta, almeno ai comuni virtuosi, come sosteneva l'onorevole Baretta, di impiegare i soldi che hanno, sia per pagare i fornitori, sia per attivare investimenti. È un tema che immagino abbiate trattato in più di un'occasione, che finora non è stato risolto e su cui vi posso solo mettere a disposizione un grande impegno.
Quanto alle esperienze negative su annunci e infrastrutture, si risponde, secondo me, con alcuni fatti. I fatti sono che i 22 miliardi di euro citati hanno nomi, cognomi, scadenze e cifre. Poiché poi, a costo di farsi male, vorremmo giocare fino in fondo la partita della trasparenza, mettere ciascuna di quelle 200 infrastrutture per le quali sono stati stanziati 22 miliardi su un sito contemplabile da tutti per sapere a che punto sono quei lavori o quelle autorizzazioni, chi le ha in mano e perché non stanno andando avanti è un'operazione importante. Adesso si cercherà di compierla, perché le leggi prevedono tante disposizioni.
Per rispondere al tema per cui i miei non sono annunci, applicando la legge e cercando di impegnarci personalmente, cercheremo di fare in modo che le opere siano seguibili da parte del Parlamento, prima di tutto, dalle Commissioni e dai cittadini.
Sia l'onorevole Baretta, sia altri hanno accennato al tema della Cassa depositi e prestiti, che oggettivamente ricopre già alcuni ruoli molto importanti, sia diretti, sia indiretti, attraverso i fondi che sono stati creati, secondo me saggiamente, negli ultimi anni, nonché altri che possono essere da essa svolti. Ho accennato al fatto che la Cassa può svolgere un ruolo nel rafforzamento degli strumenti finanziari legati all'esportazione. Non c'è dubbio che, nel dotarci di una vera e propria banca per l'esportazione, o comunque di una strumentazione di finanziamento all'esportazione, la Cassa depositi e prestiti, insieme a SACE e SIMEST, può svolgere un ruolo importante.
L'onorevole Occhiuto chiede dei ritardati pagamenti da parte della pubblica amministrazione. Credo di aver in parte risposto precedentemente.
Onorevole Cambursano, certamente il credito è tra le questioni più urgenti e un elemento importante cui lei ha accennato è quello del recupero dei crediti. Il nostro è un Paese che forse detiene il record dei tempi e delle difficoltà per recuperare un credito. A livello strutturale bisognerà intervenire di più. L'iniziativa assunta di creare tribunali per le imprese, cioè luoghi totalmente dedicati ai problemi delle imprese, che in uno stragrande numero di casi riguardano proprio il recupero dei crediti, va in questa direzione.
Quanto al beauty contest, ho espresso in diverse occasioni la mia opinione. Non credo che sia cosa buona cedere gratuitamente beni di valore dello Stato. Ho chiesto tempo per poter parlare e interloquire con tutte le parti in causa e ci siamo dati un mese oltre i 60 giorni di consultazione per avanzare una proposta. Essa sarà in linea con ciò che ho suggerito fin dall'inizio.
Cercare di completare la separazione tra SNAM e ENI entro la legislatura è negli obiettivi, ma vi invito a prestare attenzione: dobbiamo garantire, prima ancora che i tempi, la certezza che sia un'operazione amica del mercato e compiuta nel migliore dei modi.
Onorevole Simonetti, ognuno può naturalmente definire le cose come vuole. Io ho cercato di parlare delle iniziative attuate, non di futuri programmi elettorali, ma di iniziative completate. Pensavo che potesse interessarvi anche sapere su ciascun capitolo che cos'altro si può fare. Poi ognuno può definirlo come vuole.
Non c'è dubbio che l'Italia abbia un problema di meccanismi decisionali pazzeschi e che si debba completare e aggiustare l'impianto del federalismo, che in parte è la risposta a questo tema, ma naturalmente ciò vale a tutti i livelli. Ci sono, secondo me, delle situazioni inconcepibili,
come operazioni, opere e infrastrutture strategiche che sono bloccate a livello locale. Si tratta di portare di più alcune opere, secondo me, a livello locale e altre meno, però certamente è un impianto da mettere a posto.
Tutti mi riferiscono che tutto si blocca, però, secondo me, nei primi tre mesi sono state attuate numerose iniziative e finora molte di esse non si sono bloccate. L'appuntamento che abbiamo sul tema del tutto che si blocca è certamente quello delle infrastrutture e delle singole opere, mettendo un po' di entusiasmo anche all'ultimo giro, giocando personalmente su opere per cui il territorio aveva messo insieme tante risorse. Mancava l'ultimo pezzo pubblico. Ce l'abbiamo messo e siamo riusciti a sbloccare la situazione.
Sul rischio di vendita di SNAM agli stranieri noi pensiamo che, con il meccanismo che abbiamo in mente, essendo un settore altamente regolato, il rischio sia piuttosto gestibile, cioè evitabile.
Sul taglio delle spese ai comuni effettivamente abbiamo trovato dei tagli pazzeschi, che in parte sono stati compensati e che mettono sotto stress i comuni stessi.
Allo snellimento dello Stato ho solo accennato, però ne possiamo parlare, anche se non nei tempi limitati di oggi.
Quanto alla golden share, come lei sa, le norme europee prevalgono su quelle italiane e le confermo che in merito ci sono alcune aree di ansietà.
Onorevole Duilio, ancora una volta, probabilmente per mia incapacità di comunicazione, lei ha confuso buone intenzioni con un report che io pensavo di svolgere delle azioni compiute e non di quelle in corso o da realizzare.
Non sono sufficienti, certamente. In tre mesi non si compiono tutte le azioni che non sono state compiute in lustri. Su questo punto, dal momento che sono stato spesso accusato di non credere sufficientemente nella mano invisibile del mercato, le riferisco integralmente la mia opinione.
Innanzitutto, il mercato di per sé è uno strumento e non un fine. In secondo luogo, il mercato funziona solo se regolato. In terzo luogo, noi dobbiamo far funzionare di più il mercato, perché, e la storia ce lo dimostra, non è dal centro e dal livello direttivo che si possono prendere decisioni per conto delle imprese, mentre si possono creare le condizioni per comportamenti virtuosi. Incentivare e favorire chi mette soldi nelle imprese, chi fa innovazione, chi fa internazionalizzazione, ridurre i costi dell'energia, favorire il credito o ridurre gli oneri amministrativi e burocratici sono interventi che servono a rendere le aziende più competitive, senza far svolgere allo Stato un ruolo che la storia in tutti, o in quasi tutti i Paesi dimostra essere molto difficile, salvo in economie pianificate o capaci di pianificare a settantacinque anni, come la Cina, che però sono di tipologia un po' diversa.
Sono d'accordo, dunque, con lo spirito della sua domanda, però dobbiamo saper usare il mercato al meglio, creando le condizioni e poi liberando effettivamente le energie imprenditoriali.
A proposito di settori trainanti, io non credo, ma potrei sbagliarmi, che esistano settori buoni e settori cattivi. In tutti i settori ci sono aziende che operano bene e altre che operano male. Ci sono settori che a livello globale si spostano in altre parti del mondo, il che fa parte della vita e della storia.
Io credo che noi dobbiamo favorire in ogni settore innovazione e internazionalizzazione. Non è neanche sempre un tema di dimensione, perché a seconda di come ci si segmenta in termini di prodotto e di mercato, si possono avere anche dimensioni limitate, anche se sotto una data dimensione non si riescono a compiere investimenti minimi nel campo dell'innovazione e dell'internazionalizzazione.
È chiaro che ci sono alcuni settori nuovi, che vanno in ogni modo favoriti, e il gruppo di lavoro di imprenditori che abbiamo nel campo della web economy e che avremo nel campo della green economy si occupano di questi settori nuovi, però, molti dei settori in cui l'Italia ha una leadership a livello mondiale, che ho citato prima e che ripeto - automazione industriale e delle macchine utensili, sistema moda, sistema casa, settore agroalimentare
in tutta la sua filiera, mondo della salute e del turismo - sono di per sé settori che, se ben facilitati, possono portar fuori il nostro Paese.
Io non considero la spesa pubblica demoniaca, ma 2 trilioni di debiti sono un grande problema. Attraverso riduzioni di altre spese, recupero dell'evasione fiscale e, nei limiti del possibile, cessioni di beni pubblici dobbiamo creare le risorse per compiere gli investimenti per la crescita, di cui ci siamo parlati.
È chiaro che all'estero si va insieme. Siamo riusciti a mettere insieme una cabina di regia con il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero degli affari esteri, Confindustria, R.ETE. Imprese Italia, cooperative e regioni per costituire insieme la cabina di regia dell'ICE, che c'è già e di cui è stato anche definito il consiglio e sono state individuate le persone: ci si è messi a lavorare in modo tale che tutto ciò che oggi viene disperso in una miriade di iniziative possa essere unificato nella direzione giusta. Certamente partiamo da un livello di disordine non piccolo.
Onorevole Vico, occorre interrompere il declino, secondo me, soprattutto con politiche strutturali e, in taluni casi, industriali. Accetto la sua valutazione sull'inadeguatezza.
Quanto al problema dei grandi gruppi, il nostro Paese oggettivamente non ha saputo esprimere, se non in poche eccezioni, in settori dove la dimensione è globale, gruppi di sufficiente grandezza. Nel gruppo che lei ha citato ci sono alcuni sottogruppi di attività che, secondo me, vanno ricordati prima di pensare a venderli. Sono spesso situazioni che si trascinano da tanto tempo, su cui speriamo di mettere il piglio che forse non è stato messo in fasi precedenti.
Onorevole Armosino, sul tema di come contabilizzare gli effetti del Patto di stabilità interno non sono ancora sufficientemente esperto per fornirle una risposta. C'è chi lo può fare meglio di me.
L'ICE è una struttura - malgrado la chiusura che era stata effettuata - già nei fatti funzionante, perché cabina di regia, Consiglio, strutture interne e le priorità, almeno per il primo semestre, sono state individuate. È chiaro che far rinascere un istituto che incredibilmente era stato chiuso non è facile.
Sul fatto che non funzioni, è un suo giudizio, che io non condivido, almeno nello spirito di come si è messo in moto il lavoro. Certo, in poche settimane si è dovuta rimettere in moto una struttura che era stata «uccisa».
Sulle scuole ho fatto un accenno, perché nel limite delle responsabilità del mio ministero vorrei metterci, insieme al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, la maggiore spinta possibile, perché stiamo parlando di molte centinaia di milioni di euro che aspettano di essere spesi, sia per la sicurezza, sia per l'adeguamento ai canoni energetici.
Quanto alla dismissione del patrimonio pubblico, senza crearsi illusioni, secondo me, anche la Cassa depositi e prestiti può essere uno strumento per valorizzare un patrimonio che oggi è nell'attivo e, quindi, non utilizzato, sia per compensare l'indebitamento, sia soprattutto per creare le risorse per gli investimenti di lungo termine, in particolare per le infrastrutture, che stanno aspettando da troppo tempo.
Onorevole Bitonci, come gestire il debito scaduto anche a livello europeo? A livello europeo noi sappiamo che i crediti commerciali, in tutti i Paesi d'Europa, non sono considerati debito pubblico. È una convenzione più o meno condivisibile, ma esiste. Lei ha invitato a prestare attenzione al fatto che i 2 miliardi di euro di Cassa depositi e prestiti non ne riportino il bilancio all'interno del conto consolidato della pubblica amministrazione. Ha ragione, però, come sono riusciti a farlo gli altri Paesi europei, in particolare la Germania, dobbiamo riuscirci anche noi.
Onorevole Ciccanti, prendo atto della sua valutazione per cui il lavoro svolto è solo di manutenzione. L'urgenza di semplificare la legislazione sui lavori pubblici è una priorità e, oltre alle svariate decine di articoli sul tema infrastrutture e lavori pubblici che sono stati inseriti nei primi
tre decreti emanati, noi vorremmo, entro il mandato di questo Governo, mettere ordine in questa legislazione.
Dopodiché, sul fatto che il lavoro che stiamo svolgendo vada inserito a livello internazionale, sappia che tutte le proposte che abbiamo avanzato in tutti i capitoli e i paragrafi vengono dal confronto con quello che gli altri Paesi simili a noi hanno fatto in ciascuno dei settori.
La riforma del WTO, che ci si aspetta da numerosi anni, non è stata un'urgenza di questi tre mesi e di ciò deve perdonarci.
Quanto al rapporto tra Stato e regioni, c'è molto di bello da compiere, perché tante iniziative che, se coordinate, potrebbero fare la differenza, rimanendo frammentate, non portano risultati.
Prendiamo un esempio: se nel riordino degli incentivi, che è già molto vicino a essere compiuto, anche talune regioni sposassero questa impostazione e al meccanismo automatico sotto forma di credito d'imposta per gli investimenti e per l'innovazione e la tecnologia associassero anche le loro risorse, potremmo forse accelerare e avere un maggiore effetto.
Onorevole Boccia, al sud ho accennato. Tra le azioni già attuate, e credo che lei ne sia a conoscenza, attraverso il Piano di azione e di coesione, insieme alle cinque regioni meridionali, sono stati riprogrammati e sbloccati investimenti per circa 3,7 miliardi di euro in aree di intervento prioritarie, quali l'ammodernamento scolastico, l'istruzione, le reti e gli snodi ferroviari, la riduzione del digital divide, l'ammodernamento e la digitalizzazione.
È solo l'inizio di un inizio di lavoro da svolgere. Nell'immediato ci è sembrato molto importante evitare che questi fondi andassero persi.
Per quanto riguarda le aste della BCE, credo che, quando si è parlato di aziende industriali che hanno utilizzato fondi della BCE, si trattasse di aziende che possiedono banche che erogano servizi finanziari per il loro settore. Non credo che sia stata compiuta un'eccezione per altri Paesi, permettendo ad aziende industriali di ricorrere ai fondi. Ci sono banche che sono possedute da gruppi industriali e, quindi, non c'era probabilmente ragione di non permettere a loro di partecipare. Se poi alcune aziende italiane non hanno fatto lo stesso o hanno venduto, è un tema di libertà imprenditoriale e aziendale.
Sulla risoluzione concernente le scuole tornerò anche per iscritto. Vorrei proprio rispondere andando a vedere esattamente dove siamo, in modo tale che abbiate la risposta.
Per quanto riguarda il Ministero dello sviluppo economico l'ho trovato con scarse risorse e scarsi poteri, ma con un grande entusiasmo da parte del Ministro, per compensare con l'entusiasmo la mancanza di strumenti.
Quanto a ridurre le tasse sul lavoro e sulle imprese, come non essere d'accordo?
Onorevole Mantovano, sulla domanda relativa agli strumenti di verifica e ai dinieghi di credito, non credo che sia utile far entrare meccanismi amministrativi e la pubblica amministrazione nel funzionamento della concessione del credito. L'esperienza dell'utilizzo dei prefetti in questo campo aveva, peraltro, dimostrato che nella stragrande maggioranza dei casi le banche, dovunque possibile, concedevano i soldi, anche perché, se le banche non erogano credito, non stanno in piedi, in quanto vivono di quello.
Lei sostiene che l'Osservatorio non sia sufficiente, ma lo vedremo. Secondo me, il ruolo più importante nel seguire la questione a livello locale - molto spesso è a livello locale e non nazionale che si segue l'andamento del credito - può essere svolto dalle associazioni di categoria. Il vero Osservatorio sull'andamento del credito - molte banche hanno aperto tavoli insieme alle associazioni di categoria - è proprio con le associazioni di categoria.
L'onorevole Borghesi giustamente sostiene che l'Italia viene portata avanti dalle aziende, quelle che ho citato, soprattutto dalle 4.000 aziende che sono capaci di compiere grandi esportazioni. Tutto ciò che si può fare per supportare queste aziende va sicuramente nella giusta direzione.
Credo poi che si riferisse all'ICE. L'abbiamo introdotto nel primo decreto-legge,
che voi avete corretto e poi approvato. Non c'è altro da deliberare in termini normativi. Eventualmente, se ci fossero modifiche, le apporteremo, però per quanto riguarda l'ICE quello che serviva è stato fatto. Vedremo insieme le altre questioni, se ce le segnalate, perché si possa contribuire, felici e contenti, nell'utilizzare il lavoro svolto.
Credo che tutti voi, di ogni parte, abbiate toccato con mano che, nell'andare a vedere quello che abbiamo trovato, soprattutto, e parlo per me, tutto ciò che di buono c'era, questo che è stato stravalorizzato. Quando ho affermato che abbiamo messo in moto i 22 miliardi di euro di lavori, ho sempre spiegato che molti di quei lavori erano stati istruiti e preparati da chi mi aveva preceduto. Non c'è in alcun modo la sindrome del cambiare anche ciò che funziona e di prenderci meriti che non abbiamo.
L'onorevole Marchi giustamente richiama il tema della green economy, che è il quinto caposaldo della politica energetica e del Piano che vogliamo in pochi mesi produrre per il Paese.
Quanto a Basilea 3, io dubito che l'accordo possa essere corretto, anche per la posizione ideologicamente fortissima dei Paesi del Centro-Nord Europa. Certamente, in taluni aspetti, non premia o non premia a sufficienza le banche dell'economia reale, cioè le banche che sono legate all'attività di credito.
L'onorevole Baccini attira giustamente l'attenzione sul segmento del credito tecnicamente non bancabile, che deve trovare strumenti come quello che lui ha indicato o molto spesso legati al mondo del terzo settore, in tutti i sensi, dalle fondazioni al mondo del volontariato.
Una notizia che mi hanno comunicato ieri e che mi ha riempito di gioia è che il meccanismo che avevamo creato, quello del credito diffuso al mondo del volontariato e delle imprese sociali, per cui, se la banca eroga un credito poi offre al pubblico la possibilità di partecipare a quel credito abbassando il costo e rimanendone garante, ha permesso in taluni casi, veramente non bancabili altrimenti, di far arrivare ad attività non-profit, ma importanti, risorse significative.
Ho cercato di rispondere a tutti.
PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Passera perché credo che sia il primo Ministro che cerca di rispondere a tutte le domande, benché poste in rapida sequenza. Lo ringraziamo, dunque, per il suo contributo.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 10,20.