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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione V
21.
Mercoledì 4 aprile 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Occhiuto Roberto, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLA COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE - ANALISI ANNUALE DELLA CRESCITA PER IL 2012 E RELATIVI ALLEGATI (COM(2011)815 DEFINITIVO)

Audizione del Vice Ministro dell'economia e delle finanze, Vittorio Grilli:

Occhiuto Roberto, Presidente ... 2 10 13 15 20 23 24
Baretta Pier Paolo (PD) ... 14
Boccia Francesco (PD) ... 21
Brunetta Renato (PdL) ... 10
Cambursano Renato (Misto) ... 13
Duilio Lino (PD) ... 11
Grilli Vittorio, Vice Ministro dell'economia e delle finanze ... 2 16 23
Mantovano Alfredo (PdL) ... 20
Marchi Maino (PD) ... 22
Nannicini Rolando (PD) ... 20

ALLEGATO: Documentazione depositata dal Vice Ministro dell'economia e delle finanze, Vittorio Grilli ... 25
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

COMMISSIONE V
BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 4 aprile 2012


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO OCCHIUTO

La seduta comincia alle 15,05.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del Vice Ministro dell'economia e delle finanze, Vittorio Grilli.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nel quadro dell'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame della comunicazione della Commissione - Analisi annuale della crescita per il 2012 e relativi allegati (COM(2011)815 definitivo), l'audizione del Vice Ministro dell'economia e delle finanze, Vittorio Grilli.
Il presidente Giancarlo Giorgetti è stato improvvisamente chiamato a Milano per impegni inderogabili. Si scusa con lei, signor Vice Ministro, anche perché l'audizione di oggi era particolarmente attesa da tutta la Commissione. Con quest'audizione, infatti, si chiude il ciclo di audizioni dell'indagine conoscitiva sull'Analisi annuale della crescita per il 2012.
Siamo particolarmente contenti di averla con noi nella sua nuova qualità di Vice Ministro. Credo che in tale veste sia la prima volta che lei partecipa a un'audizione della Commissione bilancio.
Do la parola al Vice Ministro Grilli.

VITTORIO GRILLI, Vice Ministro dell'economia e delle finanze. La ringrazio presidente per avermi invitato di fronte alla Commissione bilancio per discutere di questo importante momento, di questa importante fase di programmazione a livello europeo. Ho letto i lavori e mi sembra che la vostra sia un'indagine conoscitiva molto approfondita e utile.
Ho preparato una memoria, che depositerò agli atti, però sono rimasto molto interessato anche dallo svolgimento delle questioni che voi avete posto. Se lei non ha nulla in contrario, presidente, invece che dare lettura di tale memoria, preferirei aprire il mio intervento con alcuni elementi basati sui vostri giusti quesiti e offrire uno spunto per un colloquio, che è forse più interessante della semplice lettura di una memoria, che è comunque ben costruita e che lascerò agli atti per chiunque la voglia consultare.
Si prende spunto dall'Analisi annuale della crescita per il 2012 della Commissione e si pongono alcuni importanti quesiti su come sia l'Europa, sia l'Italia si debbano programmare e preparare in termini anche prospettici nel triennio a venire.
In questo momento il tipo di analisi che si svolge deve sempre essere basato sull'analisi del corrente e del passato, ma mai come oggi è rilevante la situazione contingente, dal punto di vista sia degli obiettivi che ci si prefiggono, sia degli strumenti che si possono utilizzare per affrontare con credibilità le sfide che si pongono non solo in Italia, ma anche in Europa.


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Al centro della discussione europea c'è la gestione di un momento particolarmente difficile, che si presenta a livello europeo e ovviamente anche italiano come molto sfidante sotto due aspetti. Uno è quello della finanza pubblica e delle conseguenti turbolenze sui mercati. La crisi della finanza pubblica è oggi uno dei fattori causali, ma è stata essa stessa effetto di una turbolenza precedente nel periodo 2008-2009.
L'altro aspetto da considerare è la sfida della crescita. Le due questioni si compendiano e interagiscono sotto molte direzioni in maniera oltremodo complessa.
La prima considerazione è che questo è un momento di estrema complessità, in cui la sfida è assolutamente - non vorrei dire senza precedenti, perché sono termini difficili da difendere in assoluto - tra le più difficili storicamente, perché le due componenti sono, da un lato, assicurare credibilità e rimessa in sicurezza dei conti pubblici in Italia e non solo e, dall'altro, riuscire a riattivare e a rafforzare o, anzi, a cambiare i trend di crescita del Paese e dell'Europa: tali componenti sono normalmente viste se non come incompatibili, comunque tra loro difficilmente coniugabili.
Se si ragiona, come spesso si fa, con motivazione di causa, in termini keynesiani, vedendo i problemi di crescita soprattutto in termini congiunturali e, quindi, di domanda, se si rimane all'interno di quella logica, il problema sembra quasi senza soluzione. Da una parte, abbiamo una necessità impellente, una necessità scandita sia dai mercati, sia dalla Commissione europea, dal Fondo monetario internazionale e da tutti i nostri partner, a livello sia di singoli Paesi, sia di istituzioni multilaterali, di assicurare una credibile tenuta e un rientro dei conti pubblici, in termini sia immediati, sia strutturali.
Ovviamente ciò non può che passare attraverso un contenimento, anzi un azzeramento - come da impegno italiano - entro il 2013, del deficit pubblico, per garantire un azzeramento del potenziale di crescita del debito, una volta che viene spento il principale alimentatore, che è il deficit pubblico.
Se, invece, pensiamo ai fattori di crescita, è chiaro che, in una cornice classica keynesiana, dove i fattori di crescita vengono spesso analizzati in un'ottica congiunturale, uno degli strumenti classici per favorire la crescita del PIL è il fattore di spesa pubblica/deficit pubblico.
Questo è molto spesso uno degli argomenti - anche in sedi internazionali - di discussione, in cui alla fine si arriva a contraddizioni. Da una parte, vi è l'assoluta necessità di ridurre e di azzerare i deficit pubblici e, dall'altra, quella di un dialogo globale per essere il più possibile friendly, amici della crescita, quando si compiono queste ristrutturazioni di bilancio. Spariscono, però, gli strumenti normali.
Abbiamo, quindi, un panorama in cui, da una parte, l'obiettivo è la richiesta impellente di una stabilizzazione immediata e duratura dei conti pubblici e, dall'altra, quella di una creazione prospettica di un percorso di crescita più alta e più credibile.
Dobbiamo cambiare un po' la logica analitica, perché, se rimaniamo nella logica analitica per la quale l'economia ha bisogno di una spinta in termini di domanda, i tipici strumenti di aumento di spesa pubblica, spesso finanziati con il deficit, per l'Italia, perlomeno nel breve periodo, non sono disponibili.
Nel dibattito europeo e mondiale ci sono forse alcuni Paesi che non hanno la stessa emergenza di finanza pubblica, in cui il contenimento del deficit pubblico e della spesa pubblica non è tanto impellente quanto in Italia, e che, quindi, potrebbero contribuire anche in termini di maggiore domanda aggregata di origine pubblica alla crescita mondiale.
È un dibattito in queste sedi piuttosto acceso, perché la tesi non è condivisa, perché soprattutto a livello europeo la politica europea condivisa e anche sancita dai nuovi accordi è quella di rigore fiscale per tutti, indipendentemente dalla posizione di finanza pubblica o di fase ciclica.


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Altri Paesi, come gli Stati Uniti e alcuni Paesi emergenti, la pensano diversamente. In alcuni Paesi dove ci sono spazi per farlo - l'Italia non è mai stata menzionata nel novero di questi - forse un diverso approccio, più «dolce», al rientro del debito pubblico potrebbe essere possibile.
Dal punto di vista della crescita, in questo dibattito la stessa crescita non può essere analizzata con un'analisi di breve periodo, congiunturale, ma deve essere vista come un modo di cambiare i fattori strutturali che possono determinare un trend di crescita del nostro PIL, del nostro reddito, in maniera duratura, nel medio-lungo periodo.
Il dibattito europeo, che poi è stato traslato anche nell'approccio di governo, punta a guardare alle cosiddette riforme strutturali - è chiaro che all'interno di questa etichetta ci sono diversi elementi, con diverse ragioni e potenzialità - che, anche se nel breve periodo non hanno necessariamente un impatto immediato e congiunturale, sono comunque fattori indispensabili per cambiare la dinamica della crescita.
Esiste un elemento, però, che può rappresentare un ponte tra i due aspetti; in realtà più che di un elemento si tratta di un modello di intervento, di una specifica azione di spesa pubblica, che consiste negli investimenti pubblici, i quali possono rappresentare un raccordo. Gli investimenti pubblici, soprattutto in infrastrutture, possono essere il raccordo o perlomeno il tipo di azione che presenta entrambe le componenti: sono una componente di domanda anche congiunturale, nel momento della costruzione delle opere pubbliche, e anche un elemento strutturale di medio-lungo periodo, in quanto il potenziamento delle infrastrutture nel Paese ha anche l'importante ruolo di cambiare la struttura e la potenzialità economica del Paese.
Ho svolto questa premessa perché la domanda iniziale della vostra indagine è proprio tesa a capire come coniugare il rigore e il rientro fiscale con una politica che sia produttrice di crescita. Le analisi più note indicano come in termini strutturali aumenti di entrate e riduzioni di spese non siano equivalenti. Ci sono diversi studi che sembrano puntare in questa direzione.
Una delle prime domande che ponete è, quando parliamo di combinare rigore fiscale con crescita, se la composizione di come si raggiunge l'equilibrio fiscale fa una differenza. È più importante - o meno intrusivo - per la crescita ridurre le spese o aumentare le entrate?
La risposta è complessa. Sicuramente è meno banale di quanto spesso viene considerata, perché spesso l'analisi si riduce al fatto che sia meglio tagliare le spese piuttosto che aumentare le tasse e tutto si conclude a quel punto.
La ragione di fondo è forse condivisibile, quando si ha in mente una riduzione del settore pubblico con l'idea di concedere più spazio al settore privato, che in molte di queste analisi, per definizione, ha un potenziale di crescita maggiore del settore pubblico.
È chiaro, però, che, quando parliamo in un'analisi congiunturale, che ho sostenuto non possa essere l'unica su cui si basano le decisioni, anche tagliare la spesa pubblica ha un impatto immediato in termini di domanda. A meno che non siamo convinti che ci siano grandi parti di spesa pubblica assolutamente «sprecate», che non hanno alcun impatto sull'economia - perlomeno come domanda - la riduzione di spesa pubblica ha anch'essa un impatto sull'economia.
L'esercizio implicito è quindi quello che vogliamo cambiare la composizione della domanda: vogliamo cambiare e ridurre una domanda pubblica dotata di un potenziale di crescita basso con una domanda pubblica dotata di un potenziale di crescita più alto e, quindi, trasformare cattiva domanda in buona domanda. Anche questo esercizio comporta tempi di realizzazione.
Svolta questa premessa, l'azione di qualsiasi Governo deve essere mirata a trovare modi per contenere la spesa pubblica e ridurla, allo stesso tempo riducendo il peso fiscale sull'economia.
L'approccio che stiamo usando è quello di operare, anche in questo caso, in maniera


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strutturale. Il modo utilizzato, secondo me anche spesso in maniera inevitabile, è stato quello, fino a oggi, dei cosiddetti tagli lineari. A livello europeo e non solo europeo si riconosce come, non solo a livello teorico, questo non sia il modo più adatto per tagliare la spesa pubblica, ma anche come i margini per attuarlo siano ormai molto più limitati. Diventa quindi un'operazione non credibile di per sé, perché un taglio di spesa pubblica comporta un'implicazione vera e strutturale, se può rimanere tale.
Se noi introduciamo nel sistema tagli di spesa che, però, a perimetro invariato della pubblica amministrazione, non sono sostenibili, si tratta di tagli di spesa che non hanno una natura strutturale. Voi sapete che ormai l'analisi europea, ma anche quella delle agenzie di rating, sui nostri conti pubblici è molto raffinata e che uno degli aspetti principali su cui essa si concentra è verificare ciò che ha natura strutturale, e quindi permanente, e ciò che non lo ha.
Tagli lineari sovraimposti a un perimetro costante della pubblica amministrazione non sono più ritenuti credibili come misure strutturali, perché l'esperienza, non solo quella italiana, è di tagli che poi si rivelano di breve periodo, perché la macchina amministrativa sottostante impone un recupero in seguito.
Quella che noi abbiamo impostato come spending review - è un nome ormai antico, perché non è la prima volta che si incomincia una spending review - ha, però, una prospettiva e un contenuto diversi, quelli di identificare innanzitutto la struttura e i perimetri delle pubbliche amministrazioni e le loro missioni e di chiedersi se i perimetri, le missioni e gli obiettivi delle pubbliche amministrazioni oggi siano ancora attuali.
Tutti possiamo condividere che il disegno di molte strutture della nostra pubblica amministrazione, a livello sia centrale, sia territoriale, risale indietro nel tempo e che, quindi, gli obiettivi, i perimetri, le organizzazioni e le missioni sono stati costruiti in tempi ormai non dico remoti, ma sicuramente non più attuali. Ci possono essere, e penso che ci siano, molte situazioni in cui sia il perimetro, quindi la dimensione e l'organizzazione della pubblica amministrazione, sia gli obiettivi e le missioni che vengono prefissati non sono più attuali e richiedono un ridisegno.
Soltanto attraverso il ridisegno di funzioni, missioni e organizzazioni è possibile poi intervenire in maniera duratura con una riduzione del costo dell'amministrazione.
Il modo, secondo me, giusto per introdurre tagli di spesa duraturi e strutturali e, quindi, credibili è quello di agire a livello strutturale sulla macchina amministrativa. È un procedimento sicuramente complesso, che va molto al di là del guardare semplicemente i budget di ogni singola amministrazione e ridurre la spesa del 10-15 per cento, operazione che, a essere sinceri, era importante compiere e che, in molti casi, è già stata compiuta in più di una circostanza.
Secondo me, quando giustamente voi chiedete come si riesca ad aggredire la spesa corrente e in che modo si possa strutturare una spending review, il mio parere è esattamente questo, ossia quello di andare a rivedere missione per missione, organizzazione per organizzazione, i singoli ministeri, i singoli enti pubblici e le singole amministrazioni locali e regionali e ridisegnare insieme la macchina delle missioni.
È un esercizio molto complesso, che richiede l'assoluta cooperazione delle amministrazioni interessate, perché si tratta di riuscire a compiere un'analisi non solo dello status quo, che è l'aspetto relativamente più semplice, ma anche della parte construens, quella in cui ci dobbiamo chiedere, se oggi dovessimo ridisegnare la macchina, quali sono gli obiettivi fondamentali, quali sono le missioni in cui dobbiamo dividere e ripartire l'azione amministrativa e, quindi, in che modo dobbiamo costruire la macchina amministrativa sottostante. Occorre qui l'«esperto» e, quindi, un'interlocuzione tra Governo, amministrazione e Parlamento. In tal senso penso che questo tipo di audizioni sia


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assolutamente necessario in quella direzione. Questo è il punto per quanto riguarda la spesa.
Al fine del riequilibrio e nell'assoluta emergenza finanziaria in cui noi ci trovavamo, si è valutato che le entrate hanno una capacità di ribilanciamento dei conti pubblici molto più veloce e, quindi, l'intervento che è stato compiuto ha avuto un peso specifico alto nella componente delle entrate.
Ciò non significa che, quando si interviene sul lato delle entrate, non si debba agire anche in questo caso con leve più o meno amichevoli sui fattori della crescita. Le analisi teoriche, ma anche le indicazioni a livello di Commissione europea, di Fondo monetario internazionale e di OCSE vanno un po' tutte nella stessa direzione, quella di ridistribuire il carico fiscale, ove possibile, da imposizione diretta verso imposizione indiretta e, quindi, da una parte, alleggerendo i carichi fiscali sui fattori della produzione, trasferendoli sul fronte dei consumi e, dall'altra, ribilanciando il carico fiscale da flussi di produzione di reddito a stock di ricchezza.
Questa indicazione, nel caso dell'Italia, è stata molto forte, perché l'analisi condivisa a livello mondiale è quella di un Paese, il nostro, che vive oggi problemi strutturali di produzione del reddito, relativi cioè alla crescita, e che, quindi, ha difficoltà nel produrre reddito, mentre ha un grande stock di ricchezza.
L'analisi generale è stata che noi avevamo ieri una distribuzione del carico fiscale piuttosto strana, vista la realtà economica del nostro Paese, in cui il fattore debole, cioè la capacità di produrre reddito, ha un carico fiscale alto, mentre lo stock di ricchezza, che è la parte forte del nostro Paese, ha un carico fiscale relativamente basso sempre; effettuando una comparazione internazionale.
Con il cosiddetto decreto «salva Italia», quando ci si è trovati nella necessità di aumentare il livello di entrate, lo si è fatto con la logica di seguire queste indicazioni, ossia, nel carico fiscale, di alleggerire per quanto possibile l'imposizione sui fattori della produzione, e interventi quali l'ACE o la riduzione dell'IRAP per la componente lavoro vanno in quella direzione, quella - ovviamente è sempre meglio non farlo, ma talora è necessario - di aumentare l'imposizione nella parte consumi, con le accise e, nel futuro, l'IVA, nonché aumentare le entrate dal punto di vista dello stock di ricchezza, con l'imposizione sulla ricchezza immobiliare e sulla ricchezza patrimoniale e finanziaria.
È chiaro che, e voi lo mettete bene in evidenza, tutti i Governi, compreso il nostro, hanno l'obiettivo di ottenere una riduzione del carico fiscale, che è importantissima. In quest'ottica una delle componenti fondamentali della riduzione del carico fiscale è quella del successo o meno della lotta all'evasione, il cui obiettivo è quello di riuscire a mantenere uno stesso livello di entrate con una distribuzione del carico più equa tra i cittadini. L'essenzialità della lotta all'evasione nel perseguire questo obiettivo è piuttosto ovvia e scontata.
Dal decreto «salva Italia» in poi, in quasi tutti gli interventi del Governo c'è sempre stato un ulteriore raffinamento degli strumenti e delle pratiche amministrative per le nostre agenzie fiscali per riuscire a svolgere un lavoro migliore in tema di contrasto all'evasione.
Mi sembra un fatto importante e l'ottica che a livello amministrativo stiamo cercando con grande impegno di perseguire è la seguente. Porto un esempio che mi deriva dalla statistica, ma che penso sia utile. Dobbiamo sempre avere presente che vi sono due tipi di errori, quando si compie il contrasto all'evasione: un errore di prima specie, che è quello di non riuscire a trovare l'evasore, e un errore di seconda specie, che è quello di andare ad analizzare e a indagare su qualcuno che non è un evasore, ma un contribuente che rispetta i propri doveri di cittadino.
Nell'azione di contrasto all'evasione dobbiamo avere presenti entrambi i possibili errori e riuscire a ridurli entrambi. Penso che sia importante sia aumentare la capacità di intercettare l'evasione, sia la capacità di non interferire con la vita dei cittadini che, in realtà, sono bravi contribuenti


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e cittadini. Entrambe le questioni sono al di là del fastidioso: sono sostanzialmente inique.
È importante, di fronte a un'azione più intensa da parte delle agenzie fiscali, aumentarne l'accuratezza. L'accuratezza dell'azione delle agenzie fiscali è proprio mirata a diminuire entrambi questi errori, a cogliere e a contrastare più efficacemente l'evasione e a non interferire con i cittadini che sono contribuenti, non dico modello, ma comunque normali. Si tratta di una sfida difficile, per realizzare la quale va compendiato non solo un importante sforzo contro l'evasione, ma anche un diverso approccio del fisco.
Parte delle norme che sono state messe in atto e che sono state approvate apre o rafforza un altro filone, quello di cambiare l'ottica monodirezionale del fisco in un'ottica di colloquio bidirezionale, con l'idea che ci sono decine di milioni di contribuenti che hanno oggi un rapporto complesso e difficile, anche dal punto di vista della gestione amministrativa con il pagamento delle proprie imposte, rapporto che può essere semplificato in maniera notevole, strutturando la collaborazione tra contribuente e fisco. Si può arrivare, e noi pensiamo che sia importante farlo, come in altri Paesi avviene, a un rapporto di totale collaborazione, dove è il fisco stesso a compilare la dichiarazione dei redditi, a inviarla per un check al contribuente, semplificando quindi la vita al cittadino.
Questo è parte di un percorso in cui si struttura tra fisco e cittadino un diverso rapporto di interrelazione, in cui la parte di contrasto vero e proprio all'evasione viene sempre più ridotta, quando la gran maggioranza dei cittadini costruisce con il fisco un rapporto di mutua collaborazione e, quindi, questi possono essere a priori esclusi da un'azione di contrasto.
Vi è un'altra componente importantissima - cerco di seguire la vostra scaletta di domande - nella strutturazione della crescita del Paese, oltre agli equilibri fiscali. Abbiamo visto che senza equilibri fiscali il sistema finanziario va in tilt e che, quindi, senza sistema finanziario non si riesce a gestire alcuna economia complessa e moderna. La strutturazione del carico tra spese ed entrate fa parte a sua volta del carico fiscale, ma, poi, come ho precisato, il sistema finanziario rientra in gioco e, quindi, diventa importante il ruolo delle banche e del sistema creditizio nell'economia.
Come ho accennato all'inizio, la crisi è cominciata nel settore finanziario. Non ripercorro la storia, ma, fin dall'inizio, fin dal 2008, la crisi ha avuto immediatamente uno dei suoi impatti più gravi sulla gestione della liquidità e, quindi, del credito all'economia. Il primo impatto della crisi finanziaria è stato quello di mandare in sofferenza tantissimi istituti bancari nel mondo. L'Italia, per fortuna, aveva un diverso tipo di settore bancario e di vigilanza e questo primo impatto non si è verificato.
Nell'evoluzione, in questi tre anni, della crisi, il «contagio» della crisi finanziaria anche al settore creditizio e all'economia reale c'è stato ed è stato anche importante. Ci sono due elementi da tenere in mente. Uno è un elemento intrinseco a ciascuna banca e a ciascun istituto creditizio.
Non voglio spendere troppo tempo, ma avrete visto come sia il dibattito mondiale, sia quello europeo, abbiano tratto come «lezione» dalla crisi quella di avere in passato sottovalutato, soprattutto in alcuni Paesi - in questo caso non in Italia, ma soprattutto in altri - la complessità del business bancario, ormai completamente interrelato con un settore finanziario molto più complesso, dove i livelli di vigilanza erano molto eterogenei, nonché il livello dei rischi che gli istituti di credito bancari si assumevano.
L'azione è stata duplice: aumentare il livello di vigilanza a livello globale e renderlo omogeneo tra settori finanziari che, seppur non bancari, sono assolutamente connessi a questi. In secondo luogo, visto che l'economia globale ormai non può fare a meno di queste interrelazioni e di queste complessità, si è trattato di aumentare il livello di capitalizzazione delle banche come protezione rispetto ai maggiori rischi che, oggi, noi ci rendiamo conto, il settore


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bancario, creditizio e finanziario deve gestire per l'aumento di complessità dell'economia e della finanza mondiale.
Ci sono stati diversi momenti e diverse istituzioni in cui questo lavoro è stato svolto. Cito, in particolare, come motore tecnico fondamentale, il Financial Stability Board e il professor Draghi, fino a che ne è stato il presidente, la Banca dei regolamenti internazionali, organismo parallelo, a livello comunitario, di G20 e di Fondo monetario internazionale, che hanno seguito, però, tutte la stessa «rotaia» di riforma.
Ciò ha comportato, tra le altre questioni, un ridisegno della nostra governance da parte dell'Autorità di vigilanza europea, e un cambiamento delle regole globali, con gli accordi rafforzati Basilea 2 e Basilea 3 - ora siamo ancora al 2 e mezzo - con interventi globali che andavano tutti in direzione di aumenti della capitalizzazione delle banche, in questo caso europee.
Gli ingredienti, a mio parere, sono stati tutti giusti, ma si sono verificati nel mercato problemi dovuti non tanto alla sostanza e al contenuto delle misure, quanto piuttosto alla sequenza temporale. In alcuni casi, la sequenza temporale non è stata di aiuto, in altri è stata prociclica, cioè ha aumentato le tensioni nei momenti più gravi, piuttosto che alleviarle.
Mi sembra che siamo in una fase in cui il livello di vigilanza globale delle istituzioni bancarie è sicuramente molto migliorato, una fase in cui gran parte degli istituti di credito ha proceduto alla propria ricapitalizzazione e, quindi, una situazione di grande miglioramento e rafforzamento del sistema.
L'altro aspetto da considerare è che, purtroppo, tutto ciò sta avvenendo in una fase congiunturale difficile. Tutte queste misure di messa in sicurezza del settore finanziario e bancario attraverso il cambiamento delle regole, la ricapitalizzazione delle banche e, non ultimi, anzi importantissimi nella conduzione della crisi, i cambiamenti di politica della Banca centrale europea e, quindi, la grande immissione di liquidità da parte di Francoforte, in tempi normali sarebbero state immediatamente risolutive, ma, essendo il sistema europeo e mondiale in una fase di rallentamento e, in alcuni casi, di recessione, tutti questi miglioramenti si vanno a inserire in un momento di debolezza delle economie.
Quando guardiamo al riflesso di tutto ciò sul mondo delle imprese e, quindi, della produzione, vediamo che non ha ancora dispiegato tutti i suoi effetti positivi, anzi, li dovrà ancora dispiegare, perché, a fronte di una maggiore capitalizzazione delle banche, di un loro rafforzamento patrimoniale, di migliori regole e di un aumento della liquidità nel sistema, ci sono aumenti delle sofferenze da parte delle imprese, che stanno vivendo una fase ciclica negativa. La difficoltà di accedere al credito è una combinazione di tutte queste situazioni.
In questa consapevolezza abbiamo agito in maniera sia strutturale, sia ciclica, cercando di compiere diverse operazioni. La prima è stata, in questo processo di capitalizzazione, poi non risultato necessario, avere gli strumenti pubblici per poter intervenire nel caso ci fosse bisogno di strumenti pubblici, ovviamente concertati e definiti a livello europeo.
Si è poi passati al rafforzamento del Fondo centrale di garanzia, a garanzia dei crediti delle piccole e medie imprese. Abbiamo aggiunto poi un altro intervento, che non riguarda necessariamente il mondo bancario, ma che sappiamo essere una grande sofferenza per l'economia, quello dei ritardi dei pagamenti di tutti i soggetti, sia privati, sia pubblici.
Non mi soffermo troppo, perché so che ne siete ben consapevoli, ma possiamo ovviamente riaprire il discorso. Quello dei ritardi dei pagamenti in Italia è un problema complicato dal punto di vista di gestione delle finanze pubbliche, perché, finché il pagamento è in ritardo, non è registrato nei conti del debito o del deficit, mentre, quando viene pagato, la situazione cambia. Si pone, dunque, un problema di emersione graduale di questi ritardi, situazione che abbiamo affrontato appostando 6 miliardi di euro di disponibilità


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di cassa da parte dello Stato per accelerare i pagamenti arretrati della pubblica amministrazione.
Nel provvedimento sulle liberalizzazioni l'intervento era concentrato sulle amministrazioni centrali, di cui abbiamo una contezza ovvia. Nel testo del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, in corso di approvazione da parte del Parlamento, al Senato abbiamo introdotto la possibilità di usare parte di questa liquidità anche per gli enti locali. Abbiamo avuto un lungo colloquio con loro e l'idea è quella, di avere insieme un sistema di certificazione accettato da entrambe le parti che possa riservare una porzione di quella liquidità direttamente agli enti locali e, quindi, che possa far arrivare anche sul territorio un'accelerazione di questi pagamenti.
Siamo coscienti - comunque - che non è, purtroppo, solo lo Stato centrale a essere un pagatore in ritardo. Si registra non una consuetudine, ma, soprattutto con la crisi economica, un fenomeno più generalizzato di allungamento delle scadenze dei pagamenti.
Sappiamo che esiste una direttiva europea in merito che deve essere recepita. Il Governo è stato delegato a recepirla entro un anno nel nostro sistema. È una direttiva molto importante, che cambierà in maniera sostanziale il sistema dei pagamenti in Italia e in Europa, perché si passerà addirittura a una tempistica di 30 giorni nei pagamenti, il che, rispetto alla norma che abbiamo in vigore adesso, che prevede 60 giorni, rispetto allo stato di fatto delle cose, rappresenterà un cambiamento di sistema molto rilevante.
Non so se ho parlato fin troppo, ma svolgo un ultimo accenno e poi lascio alla discussione la continuazione di questo tema. Una parte della cosiddetta «direttiva servizi» ha a che fare con la liberalizzazione in senso lato. Vorrei proporre due spunti in merito che mi sembrano interessanti, forse non nuovi, ma un pochino diversi da quelli che si propongono normalmente.
L'Italia, come la Germania, è un Paese a grande vocazione industriale. Noi, come la Germania, abbiamo una quota del PIL prodotto dalla manifattura sicuramente molto più alto della media europea, o comunque dei Paesi del G7. Questo è un grande punto di forza del nostro sistema.
Parimenti, sia noi, forse di più, sia la Germania abbiamo un settore dei servizi molto meno efficace ed efficiente. Tuttavia, sebbene grande, il settore della manifattura costituisce meno del 25 per cento del PIL, mentre il settore dei servizi è grandissimo, molto più grande della parte manifatturiera. Non avere un settore dei servizi efficace ed efficiente quanto quello industriale è un fattore veramente molto negativo per l'economia, circostanza di cui dobbiamo essere coscienti noi e di cui stanno diventando sempre più coscienti anche in Germania.
Occorre contare anche su un altro fattore, che non è soltanto di pura dimensione, ma di interrelazione. Oggi parlare di settore manifatturiero e industriale, da una parte, e di settore dei servizi, dall'altra, come se fossero due mondi, come spesso noi li abbiamo trattati, è sbagliato. Per portarvi un esempio, in Germania alcune grandi case automobilistiche - non voglio citare nomi, perché non voglio fare pubblicità a nessuno - hanno effettuato una doppia iscrizione, non più solo all'associazione industriale di settore, ma anche alle associazioni di servizi. Il contenuto di molti manufatti ormai è molto più derivante dal settore servizi, anche di alta tecnologia, piuttosto che dal settore industriale.
Non c'è malizia nel mio commento, ma esiste un'interrelazione notevolissima e, quindi, il contenuto della manifattura dipende sempre di più dall'offerta di servizi, in termini sia di contenuto fisico, sia di servizi veri e propri, che possono essere di tutti i tipi, di consulenza, legali, progettuali.
Ci si rende conto, pertanto, che, per avere una macchina sempre più competitiva ed efficiente a livello industriale, non si può lasciare il settore dei servizi, non dico abbandonato a se stesso, ma comunque trascurato. Intervenire in maniera strutturale nel settore dei servizi è fondamentale.


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Inoltre, il settore dei servizi - è una mia personale opinione, ma è anche quella del Governo - in Italia e in Europa è un settore che ancora manca di quel motore fondamentale che è un alto livello di competizione. Parte della filosofia delle liberalizzazioni è quella di cercare di introdurre sempre più flessibilità e competizione in quel settore dei servizi che è diventato ormai, in un'economia moderna - quando parliamo della necessità di rendere i nostri prodotti sempre più dipendenti dal contenuto tecnologico della ricerca - sempre più importante. Non si può prescindere dal mondo dei servizi.
Tutti gli interventi di liberalizzazione dei servizi a livello europeo, che portano a forzare o ad accelerare il processo di costruzione del mercato unico, sono una normativa fondamentale per assicurare una crescita più ampia e sostenuta per l'Europa e per l'Italia.
Mi scuso se ho parlato troppo. Mi interrompo a questo punto. Sentiamo le reazioni e le questioni e forse poi possiamo continuare il discorso.

PRESIDENTE. Grazie, Vice Ministro Grilli. La ringraziamo per le risposte assai puntuali ai quesiti che la Commissione ha voluto rivolgerle per iscritto.
Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, segnalando che il tempo ancora a nostra disposizione è limitato.

RENATO BRUNETTA. Sarò velocissimo, anche perché a breve si terrà la conferenza stampa del Presidente Monti e del Ministro Fornero, cui vorrei assistere, anche se indirettamente.
Professor Grilli, Vice Ministro Grilli, la crisi finanziaria internazionale ha avuto origine a metà del 2007, e in Italia è arrivata nel 2008. La sua competenza scientifica, l'esperienza e la presenza maturata al Ministero dell'economia e delle finanze sono una garanzia per noi di conoscenza del lavoro che è stato compiuto, di quello che si sta compiendo e di quello che si compirà in futuro.
La mia domanda, non maliziosa, riguarda quanto di continuità o di discontinuità rispetto al passato ci sia all'interno del Ministero, che riunifica competenze in differenti materie quali le entrate, le spese, la tassazione e la governance strutturale; in altri termini, quale sia stato il lavoro compiuto dal Ministero dell'economia e delle finanze - il cui insieme di competenze è stato definito addirittura mostruoso - anche in ragione dell'eccellente livello delle sue strutture. Noi abbiamo sentito la dottoressa Cannata Bonfrate che da sempre gestisce con mano ferma il nostro debito, e si aggiungono lei e il Ragioniere generale dello Stato. Vorremmo capire che lavoro è stato compiuto e se abbiamo interpretato correttamente le policy all'interno della crisi.
Al di là delle battute sui tagli lineari «buoni» o «cattivi» o sul loro poter essere di tipo selettivo - osservazioni facili da svolgere e anche piuttosto retoriche - rilevo che sarebbe bello riuscire a compiere tagli selettivi, ma quasi mai ci si riesce e, quindi, si è costretti ad apportare tagli lineari. Sarebbe bello risolvere i problemi dei ritardi di pagamento, il che è facile a dirsi, come lei ben sa, ma difficile a farsi.
Quanto alla lotta all'evasione, sarebbe bello che, di fronte ad atteggiamenti maggiormente combattivi, si ottenessero risultati immediati. Io sono andato a vedere, non per amor di polemica, le dichiarazioni dell'amico Befera di un anno fa e di adesso e ho constatato che sono esattamente uguali, come sono esattamente uguali ad un anno fa i tassi di recupero dell'evasione: circa 13-14 miliardi di euro. Non può che essere così, perché la lotta all'evasione è una questione seria, strutturale, che richiede tempo. La compliance è un fenomeno complesso. Lo stesso discorso vale per la gestione del debito, come abbiamo ricordato.
Una questione un po' diversa, in cui forse servirebbe un po' più di discontinuità, è il nostro atteggiamento nei confronti dell'Europa e della politica europea. Ci stiamo domandando - lei l'ha posto in maniera elegante e leggera, in termini di dubbio - se il mix di politica economica attualmente in atto in Europa sia quello


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più giusto per gestire questa crisi. Rigore e crescita vanno bene, però il rischio è che l'endiadi non si realizzi con riferimento alla seconda parte.
Guardando l'andamento degli spread di questi ultimi minuti, e poi concludo, vedo che esso ci porta a svolgere molte riflessioni sul passato più o meno recente e sul presente: è assolutamente intollerabile, infatti, che un Paese dell'Eurozona abbia un surplus di bilancia dei pagamenti, di bilancia commerciale, pesante, al 5,9 per cento, guarda caso un decimale in meno del livello redistributivo previsto dal Fiscal Compact e prima dal Six Pack, e rendimenti dei propri titoli del debito pubblico vicini allo zero. Il Paese in oggetto è la Germania, cui noi, gli altri Paesi dell'Eurozona, pagano sostanzialmente il debito, che, data la dimensione del PIL tedesco, è superiore al nostro dal punto di vista dello stock.
Mi chiedo, quindi, se non sia il caso, anche alla luce di questa riflessione più complessiva, di ragionare su una politica economica europea diversa. Il Presidente Monti sta provando a sposare rigore e crescita con la lettera dei dodici Capi di Governo e con altri interventi, ma dobbiamo proprio aspettare le elezioni francesi e la mancata ratifica del Fiscal Compact da parte dei francesi o da parte di qualcun altro - come già accaduto in Europa - per mettere in discussione una politica economica europea fallimentare?
Grazie, professor Grilli.

LINO DUILIO. Vorrei soffermarmi sul presente e sul futuro e non sul passato, ovviamente rispettando l'intervento del collega e già Ministro Brunetta. Sul passato abbiamo avuto modo di riflettere anche in questa Commissione e probabilmente abbiamo opinioni diverse, anche se non radicalmente diverse, su tutto, perché c'è bene e male in ogni esperienza umana. Io penso, però, che sia più utile parlare del presente e del futuro.
Vorrei porre due o tre domande. La prima attiene a quella che, dovendo essere sintetico, giudico la nuova religione, se così possiamo chiamarla, che porta a ragionare in termini di logica di razionalizzazione dell'esistente e di messa a posto dei conti. Siamo tutti impegnati in questo senso, avendo di fatto archiviato le politiche keynesiane, perché, come è stato affermato peraltro nella sua relazione, esse attengono alla congiuntura e, quindi, rappresentano una logica di breve periodo. Inoltre, evocando un discorso di politica della domanda, sono inadeguate rispetto alle esigenze attuali e, peraltro, da un punto di vista finanziario comportano anche il problema che nel bilancio pubblico non ci sono le risorse necessarie ad attuarle attraverso le cosiddette politiche di deficit spending. In altri termini, sarebbe un cane che si morde la coda, se anche si credesse ancora nella validità teorica di questo pensiero.
Pur prendendo atto di ciò, le confesso che anche solo in questa sede ormai tutti esprimono lo stesso concetto, tanto da poter affermare che siamo davanti a un pensiero unico, che - se mi permette - è anche un pensiero debole. Non si capisce, però, quale sia l'alternativa. L'alternativa è un insieme di tante possibilità, di tutto e di più, ispirate spesso a una logica che definirei del buonsenso, ma che non lascia intravedere una prospettiva, se non rinviando a quel medio-lungo periodo a cui anche lei alludeva.
Non vorrei che - mi esprimo con una battuta per rendere la questione meno pesante, anche se i problemi sono drammatici - arrivassimo alla conclusione per cui dobbiamo chiedere alle persone di ricorrere al senso storico, con il piccolo dettaglio che, sulla base del ricorso al senso storico, nel frattempo si può anche morire. La gente non ragiona sulla base del ricorso al senso storico. In sintesi, pur dovendo avere una visione di medio-lungo periodo, bisogna tener conto anche del breve periodo.
La prima domanda che vorrei porre è se, anche da un punto di vista tecnico, oltre ad avere archiviato questa ricetta, che aveva un suo fondamento teorico, si sia persa la fiducia in quello che era un meccanismo di moltiplicazione. Tecnicamente abbiamo studiato all'università il


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moltiplicatore, come lei sa, con cui si legittimerebbero alcuni interventi, che sono stati evocati anche da un collega che oggi non è presente, il relatore, onorevole la Malfa. Il collega ha sostenuto che, avendo messo a posto le condizioni strutturali per quanto riguarda l'equilibrio finanziario del nostro bilancio, sarebbe il caso che ci facessimo «autorizzare» almeno una tantum ad effettuare investimenti che, producendo effetti anche in termini di moltiplicatore, potrebbero garantire un poco di respiro in questa nostra condizione, dove sinceramente il respiro comincia a mancare.
Infatti le prospettive sono una riduzione della domanda interna per gli effetti di politiche che evidentemente portano ad avere un reddito disponibile più basso e una domanda estera dall'andamento incerto. Confidiamo tutti che la ripresa negli Stati Uniti possa ricominciare, ma è tutto da vedere. Si vocifera che la stessa Germania andrà un po' più in recessione e, quindi, anche da essa non ci si può aspettare granché.
La mia domanda è, quindi: se non vanno bene le politiche keynesiane, che cosa va bene? È plausibile che in sede europea si possa chiedere, avendo messo a posto le condizioni strutturali e l'equilibrio del nostro bilancio, di poter attuare un intervento almeno una tantum? Se non si può fare nemmeno questo, secondo lei, che cosa si può fare per garantire quel minimo di respiro a un sistema che altrimenti rischia, a mio modesto parere, di morire di asfissia?
La seconda domanda è più breve. Sui tagli lineari abbiamo discusso tante volte in questa sede e abbiamo anche affermato che, a nostro avviso - era un'opinione di opposizione, con tutto il valore relativo che ha - essi avevano il torto di essere di tipo generico, anche se indotti da esigenze di bilancio incontrovertibili. Comportavano, però, la logica conseguenza, che in verità denunciavamo non solo noi dell'opposizione, ma confidenzialmente anche la maggioranza, di colpire un poco alla cieca e, quindi, magari di tagliare dove non si doveva tagliare e di non tagliare di più dove si doveva tagliare.
Alla fine della fiera la dimensione macro era assicurata dai tagli, ma all'interno del sistema si sono prodotti diversi guai, anche all'interno dell'amministrazione, perché, come lei sa meglio di me, le risorse, soprattutto con riferimento agli obiettivi di efficacia e di efficienza, nell'amministrazione sono necessarie. Non possiamo arrivare a sostenere che bisogna togliere tutte le risorse.
Ora siamo in attesa di questa «mitica» spending review, che noi, come Commissione bilancio, siamo andati a verificare nelle sue modalità di funzionamento anche in Inghilterra. Siamo andati a vedere alcuni anni fa e abbiamo constatato che gli inglesi sono partiti molto prima di noi, ma hanno ancora molto cammino da compiere. Non è un lavoro semplice quello della spending review.
Io mi sono un poco preoccupato per una sua affermazione. Non l'ha affermato espressamente, però, secondo me, nel suo non detto era insita una preoccupazione. Lei ha sostenuto che nell'affidare alla spending review la razionalizzazione della spesa, è evidente anche l'esigenza, considerato che il disegno è datato - raccomando ai colleghi che si occupano di questioni sociali di prestare attenzione, perché la faccenda è molto delicata - di riflettere, ovviamente con cognizione di causa, sulla ridefinizione, dico io, del perimetro dell'azione dello Stato o, comunque, di un sistema di welfare che, per come è stato costruito in passato, avrebbe bisogno di una messa a punto, di una revisione. Probabilmente è invecchiato, come tutte le cose.
Non la contesto, però vorrei che questa sua affermazione fosse un poco più chiara, se non altro per il fatto che, guardando i dati che ci erano stati forniti dal Ministro Tremonti, sulla base di una relazione sulla spending review che aveva stilato l'attuale Ministro per i rapporti col Parlamento Giarda, e andando a svolgere un'analisi della spesa, troviamo che vi sono elementi di fortissima rigidità dentro la spesa pubblica


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del nostro Paese: il 41 per cento circa è rappresentato da consumi pubblici, la metà del quale è riconducibile alla sanità e all'istruzione, mentre il 40 per cento circa è rappresentato da previdenza, assistenza e trasferimenti alle famiglie, che ci sono già. Possiamo bloccare l'indicizzazione, come si è fatto, sotto una data soglia, ma più di tanto non si può fare. Si aggiunge, infine, la cifra degli interessi passivi. Se non si riduce il debito pubblico, anche in questo caso non c'è un grande elemento di flessibilità e allora mi viene di nuovo spontaneo affermare che l'unica operazione che si può compiere è quella di andare a rivedere il perimetro dell'azione dello Stato per ridimensionare questa spesa.
Vorrei sapere un poco più esplicitamente - non che sia una sua intenzione - se, a suo parere, non ci sia un'obiettiva necessità, in prospettiva, di effettuare una cura dimagrante, con tutte le implicazioni di ordine sociale che ciò comporta, per l'azione dello Stato. Noi, peraltro, con il compianto Padoa-Schioppa, come lei sa, avevamo riclassificato il bilancio in missioni e programmi, proprio perché volevamo avere in mano uno strumento che consentisse di svolgere un buon lavoro, coinvolgendo in questo discorso le amministrazioni interessate.
Un'altra domanda telegrafica riguarda le entrate. Lei non ha la preoccupazione che il passaggio dall'imposizione diretta all'imposizione indiretta abbia effetti regressivi e che tale operazione debba essere compiuta con cautela? Lei ha affermato che è una filosofia acquisita anche al di fuori del nostro Paese. Soprattutto in una situazione come la nostra, in considerazione dei crediti disponibili, che sono conosciuti - basta vedere le dichiarazioni dei redditi - e tenendo conto dei livelli di consumo delle famiglie italiane, questa preoccupazione un poco mi viene. Mi farebbe piacere se lei mi togliesse tale preoccupazione circa il fatto che possano sussistere effetti regressivi derivanti da tale passaggio.
Affronto un'ultima questione, anch'essa telegrafica. Lei ha svolto tutto un discorso che, in verità, ci rivolgono tutti, ma non ha dedicato una parola a una politica dell'offerta, a una politica economica complessiva. Abbiamo parlato di spese, di tagli alle spese, di entrate e di azioni sulle entrate, ma esiste anche un discorso che, ad esempio per il settore manifatturiero, che non è certamente maggioritario, come anche lei ha affermato, implica un'esigenza di innovazione di prodotto, oltre che di processo, per il recupero di terreno sui mercati internazionali. In altri termini, ritiene opportuno svolgere con riferimento a tali aspetti un'azione concertata a livello di Governo in modo che questa benedetta crescita si possa intravedere, andando oltre i discorsi limitati alla razionalizzazione delle spese e delle entrate?
Sul tema dell'Europa sono d'accordo, in questo caso, con il Ministro Brunetta e, quindi, non aggiungo altro. Un poco di ambizione e di coraggio in più in Europa, proprio alla luce di quanto stiamo facendo per mettere a posto i nostri conti, magari diventando alfieri di una linea di politica economica che coinvolga l'Europa, forse sarebbe opportuno.
Scusi se ho ha esagerato con il tempo a mia disposizione, ma lei è un interlocutore prezioso, se posso esprimermi in questo modo, nel senso che la vediamo così poco in Commissione bilancio, che, quando viene, ne approfittiamo.

PRESIDENTE. Abbiamo operato una deroga per l'onorevole Duilio in quanto presidente emerito della Commissione, però, anche per il rispetto dovuto agli altri colleghi iscritti, che sono tanti, chiederei a chi interverrà in seguito di contenere la lunghezza dei propri interventi nei termini di due minuti.

RENATO CAMBURSANO. Ho appena rimproverato chi mi ha preceduto, perché mi ha rubato metà del tempo a disposizione.
Ministro Grilli - la chiamo ministro perché non mi viene il termine vice ministro - stamattina in Aula un noto leader politico ha usato un'espressione molto dura e molto preoccupante, che io non


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condivido, ma che comunque ci induce a riflettere, cioè che le fiamme, le torce umane e il sangue che incomincia a scorrere tra lavoratori e imprenditori ricadranno su questo Esecutivo, su questo Governo. Ovviamente, chi ha usato questa espressione se ne assumerà tutta la responsabilità, però tali episodi ci devono far riflettere.
Lei ha parlato giustamente di una crescita o di una visione di crescita che non può essere soltanto congiunturale, ma anche strutturale, sostenendo che questa si raggiunge - sintetizzo - attraverso le riforme strutturali.
Le chiedo come ministro di fatto dell'economia - il collega Duilio aveva già abbozzato questa domanda - che cosa si può fare a livello di Governo e di Parlamento nell'immediato, nella congiuntura, per evitare che succedano le vicende denunciate in Aula e che si ripetano, oltre ovviamente a chiedere a livello europeo se sia possibile allentare un po' la morsa della riduzione del deficit e del debito?
Peraltro, noi sul deficit, come Paese Italia, non stiamo andando male, anzi, il nostro avanzo primario sta crescendo. È una domanda che il relatore onorevole La Malfa, assente oggi per impegni all'estero, aveva posto ad altri interlocutori, tra i quali il Ministro Passera.
Passo alla seconda domanda. Lei ha parlato di una forma alternativa di riduzione delle spese e di aumento delle tasse, ma ne esistono anche una terza e, se vuole, una quarta: ridurre le spese per ridurre le tasse e aumentare le tasse - gioco un po' sulle parole - per ridurre le tasse, cioè destinare diversamente aumenti di tasse - per esempio su grandi patrimoni - per ridurre il costo del lavoro, la pressione fiscale sulla produzione, che è quella che incide in modo più pesante in termini di competitività. Che cosa ne pensa?
Noi affronteremo un autunno, ma solo perché è stata rinviata di fatto l'IMU, un po' caldo, quando questa imposta applicata integralmente verrà a incidere pesantemente sulle famiglie. Le premetto, ma lei lo sa, che ho votato la fiducia anche sul decreto-legge n. 201 del 2011, cosiddetto «salva Italia» e, quindi, me ne assumo, nel mio piccolo, una parte di responsabilità.
La terza domanda riguarda il credit crunch, vale a dire la difficoltà che le imprese incontrano nell'ottenere il credito, e il debito delle pubbliche amministrazioni verso le imprese, che è di nuovo oggi sui quotidiani. Come direttore generale del tesoro, lei è stato per anni in Cassa depositi e prestiti e io l'ho incrociata in quel contesto. Qualcuno tra gli auditi della presente indagine conoscitiva ha parlato anche della possibilità di costituire una nuova IRI, cioè di una nuova vocazione in termine di assunzione di una parte di questi debiti che le pubbliche amministrazioni, soprattutto quelle virtuose, hanno nei confronti delle imprese, in particolare di quelle locali, ma anche come volano che in parte esiste già per gli investimenti.
Infine, come ultima domanda, chiedo se ne conviene e, in caso affermativo, come si potrebbe operare per abbattere in modo verticale, con un primo «botto» pesante - uso un'espressione forte - il debito e incominciare a ridurlo sotto la soglia del 100 per cento, con la vendita vera, non com'è accaduto nel passato più o meno recente, del patrimonio quantomeno immobiliare ancora di proprietà pubblica.

PIER PAOLO BARETTA. Signor Vice Ministro, lei all'inizio ci ha ricordato la querelle tra tasse o tagli, sul fatto di agire sulle entrate o sulle uscite. La mia impressione è che noi dal lato delle tasse siamo arrivati al limite. Anche con tutte le varianti che lei proponeva la pressione fiscale complessiva, al di là di una diversa distribuzione, è comunque pesante. È pesante per l'impresa, è pesante per i lavoratori. Eventualmente si potrebbe agire sui redditi molto alti, ad esempio attraverso una patrimoniale, ma adesso non mi interessa affrontare questo punto. Presumo che delle due opzioni noi dovremmo accelerare l'intervento sulla parte che concerne la riduzione delle uscite.
Da questo punto di vista ci si potrebbe aspettare un segnale e un messaggio un po' più robusto. Io non sono uno di quelli che,


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qualsiasi intervento compiate, sostengono sempre che avreste dovuto compierne un altro. Se abbiamo stabilito che dovete restare fino a fine legislatura, non ci comportiamo come nel campionato di calcio, dove, non appena uno prende un goal, allora si cambia l'allenatore. Aspettiamo la conclusione del mandato, al fine di svolgere una valutazione complessiva tutti insieme.
Il messaggio è su come aggredire il debito, mentre per il pareggio di bilancio, a cui lei ha fatto riferimento, siamo instradati sulla strada giusta. Ricordo anche, e lei lo sa benissimo, che il Parlamento ha fatto la sua parte. Siamo già alla terza lettura del disegno di legge di revisione costituzionale per l'introduzione del principio del pareggio di bilancio. E questa mi sembra una questione da non sottovalutare. Si presume, inoltre, che nel 2013 raggiungeremo il pareggio di bilancio. La questione del debito, però, anche con i vincoli europei, ha bisogno di messaggi più robusti anche in termini di cultura.
A tale proposito mi associo all'osservazione del collega Cambursano. Il debito si abbatte anche con interventi straordinari. Conosco l'obiezione alla vendita di patrimonio. Non è il momento e il mercato migliore e, in più, bisogna essere molto selettivi nello scegliere ciò che si vende. Tuttavia, mi aspetterei in proposito un messaggio più esplicito in questa direzione.
Noi abbiamo un forte risparmio privato e il Ministro Tremonti usò opportunamente questo argomento quando si discusse con l'Europa la prima volta. Abbiamo, però, un'esposizione maggiore con gli investitori esteri rispetto a quelli italiani. Occorrerebbero, quindi, messaggi di aggressione del debito pubblico più strutturali. Le volevo chiedere se su questo fronte il Governo intenda adottare specifiche misure, oltre a quelle che conosciamo.
Come seconda osservazione - mi scuso se sono tranchant con gli argomenti - le riferisco un'opinione personale. Non voglio nemmeno coinvolgere il mio gruppo parlamentare. La riferisco a lei perché lei è intervenuto su questo punto più volte. Io penso che voi abbiate agito bene, come Governo, nel decidere l'aumento dell'IVA per attuare l'ulteriore clausola di salvaguardia. Penso, però, che si potrebbe evitare l'aumento dell'IVA, se agissimo tutti insieme, assumendoci le responsabilità, considerando che l'indagine che ha svolto il Governo indica che sono 226 miliardi circa le detrazioni e le deduzioni sparse in 700 voci. È possibile che Governo, imprenditori e partiti non riescano a trovare - mi limito a quest'anno - 4 miliardi di euro, ripulendo queste voci?
Perché faccio questo ragionamento? Se potessimo evitare di far scattare l'aumento dell'IVA e tenessimo questa misura come riserva ritengo che, da un lato, invieremmo un messaggio meno negativo sui consumi e, dall'altro, potremmo utilizzare tali risorse se, come credo, ci vorranno un po' di soldi per tamponare gli oneri per i cosiddetti «esodati» e per avviare la riforma degli ammortizzatori sociali. Io non vedo tanta cassa disponibile. In altri termini, se «consumiamo» l'IVA per non fare le detrazioni fiscali nessuno penserà più di intervenire in merito. Esprimo un'opinione spregiudicata, mi rendo conto, e sulla quale non chiedo necessariamente un consenso, ma la propongo in termini di ragionamento.
Come ultima osservazione, lei ha fatto bene a tirar fuori l'argomento del Patto di stabilità, perché non se ne può più. Il Patto di stabilità interno è oggi una trappola micidiale per i comuni. Noi abbiamo proposto che almeno su tre voci il dissesto idrogeologico, gli investimenti e la manutenzione straordinaria, almeno i comuni virtuosi, quelli che hanno riserve, siano svincolati dal Patto stesso. È un'operazione urgente, che non avrebbe peso dal punto di vista della finanza pubblica reale, su cui raccomanderei un'azione più incisiva in tempi brevi.

PRESIDENTE. Do la parola al Vice Ministro Grilli per la replica a questo primo gruppo di domande, al quale ne seguirà un altro.


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VITTORIO GRILLI, Vice Ministro dell'economia e delle finanze. Ciascuna delle domande, anzi delle sottodomande, richiederebbe una lunga analisi e, quindi, mi scuso in anticipo se non sarò esaustivo come vorrei e come le domande meritano. Le seguo, spero, in ordine e per argomento.
Una domanda trasversale riguarda la politica europea, ossia se fosse giusto seguire l'impostazione del cosiddetto Fiscal Compact della riduzione degli sbilanci fiscali così rapidamente e ovunque.
Come ho accennato, questo è un dibattito molto intenso anche a livello globale. Se vogliamo essere pragmatici, qual è la conseguenza sull'Italia di tale dibattito? Se altri Paesi, quelli che se lo possono permettere, avessero un approccio più graduale, immaginando che ciò potrebbe avere un impatto sulla domanda mondiale di supporto, per quanto noi siamo bravi e competitivi a cogliere tale domanda internazionale, ciò ci gioverebbe.
Questo ci riporta al problema se siamo competitivi a sufficienza, se riusciamo a intercettare le componenti di crescita mondiale, il che non è ovvio, perché noi negli ultimi anni abbiamo perso alcune quote e non le abbiamo guadagnate.
Ciò ci riporta poi anche all'altro discorso. Anche se un approccio più graduale a livello mondiale fosse possibile, è tutto da verificare quanto noi riusciremmo ad approfittarne, perché ciò richiede un nostro sistema forte, in grado di essere competitivo e di intercettare la domanda mondiale aggiuntiva.
La seconda possibile conseguenza è se potremmo noi - come è stato non suggerito, ma domandato - avere un approccio più graduale. La mia opinione è negativa. Avere un approccio graduale, nel momento in cui siamo ed eravamo, significa avere deficit più grandi, andare sul mercato e chiedere a prestito, emettere più titoli di Stato. A mio giudizio non c'erano assolutamente gli spazi per fare ciò. Li stiamo riconquistando, sotto la promessa, che rimane valida finché è credibile, che continueremo a ridurre la nostra domanda sul mercato, fino a ridurla a zero, in termini di flussi, con riferimento al deficit di bilancio.
Ritengo che - considerata la situazione che si era creata e che non è ancora finita, perché sono stati ricordati gli spread di oggi e di ieri, su cui magari ritornerò - i mercati finanziari mondiali sono ancora estremamente fragili. Ci possiamo solo aspettare molta volatilità, in quanto i mercati ancora si fidano, ma vogliono continuare a guardare, ragion per cui un approccio più soft a livello mondiale, secondo il mio parere, non avrebbe avuto conseguenze a livello di Italia, perché l'idea che noi avremmo potuto gestire deficit pubblici e, quindi, una richiesta di emissione di debito pubblico più alta, secondo me, non è percorribile.
Noi siamo riusciti a tenere aperti i mercati - ho saputo che avete audito recentemente la dottoressa Maria Cannata Bonfrate sulle problematiche relative all'emissione e al collocamento dei titoli di Stato - grazie a questa promessa, che non è solo una promessa, verificata nei fatti e nei conti, che noi non andremo ad appesantire i mercati del debito mondiale, anzi andremo ad alleggerirli per quanto riguarda la nostra componente.
Sebbene io capisca la logica anche economica di avere un approccio più graduale, la percorribilità pratica di questo approccio per il nostro Paese, a mio parere, non esiste. Stiamo cercando di riuscire a riottenerla in futuro, una volta che saremo riusciti a ridare confidenza e credibilità ai mercati sul fatto che noi non saremo sovrautilizzatori del credito mondiale.
L'onorevole Brunetta chiedeva se in questa fase di riaggiustamento ci sia più continuità o discontinuità nell'azione del Governo rispetto ai Governi precedenti. Secondo me, ci sono entrambe. Io posso parlare soprattutto per quanto riguarda, com'è stato chiesto, l'azione dell'economia e, quindi, del Ministero dell'economia e delle finanze.
C'è continuità, perché l'attenzione ai conti pubblici e agli obiettivi di bilancio è sempre stata perseguita da tutti i Governi.


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Io sono al Tesoro da tanto tempo, dall'ultimo, dal penultimo e dal terzultimo Governo. L'attenzione al bilancio e ai conti pubblici è sempre stata una componente fondamentale e, quindi, da questo punto di vista c'è grande continuità.
Ci sono continuità anche in altri tipi di azione di Governo, nonché discontinuità, che io chiamerei quasi salti, in accelerazione, in alcuni campi, come le pensioni. Il processo di ristrutturazione e di riforma delle pensioni italiane è un processo di lunga lena: è partito all'inizio degli anni Novanta. In questo Governo vi è stato un ultimo pezzo, però importante, elaborato in maniera molto accelerata rispetto al passato.
Quando parliamo di continuità e di discontinuità, la discontinuità forse più forte è stata rappresentata dalla velocità, dalla tempistica e dalla dimensione di alcune questioni, nonché da alcuni cambi di impostazione. Non li accenno certamente tutti, però nella ricomposizione del carico fiscale tra imposte dirette e indirette, su cui tornerò, con l'approccio di un'imposizione sulla ricchezza e di un cambiamento di carico fiscale tra i flussi e gli stock, c'è chiaramente una discontinuità.
D'altra parte, penso che questo Governo comprenda un'ampia maggioranza di partiti che sono stati al Governo in anni recenti e, quindi, una totale discontinuità è impossibile, perché il supporto delle forze di Governo è lo stesso. C'è stata un'accelerazione a discontinuità in diversi settori per ciò che è di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze.
Nell'ottica di quello che veniva definito un pensiero ormai unico, ma anche debole, è stato compiuto un richiamo, usando altre parole, al detto keynesiano per cui nel lungo periodo siamo tutti morti e, quindi, dobbiamo preoccuparci del breve.
Per me questo è stato un momento in cui la logica keynesiana è stata capovolta. Esisteva il rischio che nel breve periodo saremmo morti tutti. Questo è il problema. L'idea era quella che nel breve periodo saremmo morti tutti e che avremmo dovuto convincere, per restare in vita, che eravamo in grado di cambiare nel medio periodo.
Questa è la logica che si è seguita e che è stata anche sancita dai mercati e dagli organismi multilaterali in questo pensiero unico, un pensiero unico supportato da dati di fatto incontrovertibili, dove c'erano un sistema finanziano e un'economia mondiale che stavano implodendo e noi eravamo chiaramente i più vicini a questo buco nero.
Si afferma che nel breve periodo dobbiamo sopravvivere. È esatto. L'intervento è quello di convincere che abbiamo una strategia di medio periodo, di crescita e di disciplina fiscale credibile.
Ancora una volta, un Paese grande come il nostro, anche se domani avesse deficit zero, ugualmente dovrebbe gestire il debito vigente, perché avere deficit zero significa che non aumenta più il debito, ma che dobbiamo comunque gestire un debito gigantesco. Ciò significa che dobbiamo avere un rapporto con i mercati di reciproca credibilità. Affermare che abbiamo i conti prospettivamente a posto non è sufficiente. Dobbiamo sempre interagire, perché dei mercati avremo sempre bisogno, da oggi e non so immaginare fino a quando.
Per questo motivo io penso che sia un po' riduttivo limitare tutto alla Commissione europea e all'approccio che la Commissione ha con noi. Trovo che, soprattutto in quest'ultimo periodo, da quando è cominciata la crisi, anche la Commissione sia un po' un follower e non un leader. Sta a sua volta gestendo processi che vengono imposti dal modo in cui l'economia e i mercati ragionano.
Anche se, e dubito che mai succederà nel breve periodo, la Commissione dovesse consentire all'Italia di effettuare il 5 per cento di deficit, anche se dovesse impazzire uno dei commissari, ciò non sarebbe possibile, perché, a questo punto, le nostre scelte sono compiute con un confronto con l'economia e i mercati globali. Le prescrizioni della Commissione e dei trattati multilaterali che abbiamo sottoscritto sono parte forse di un pensiero unico, ma che


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esiste e che non è solo un pensiero, ma è un approccio totalizzante da parte dell'economia e degli operatori finanziari.
Quando si parlava di tagli lineari, della spending review e di andare a rivedere un disegno che ormai è antico, non mi riferivo al welfare. Cerco di essere più preciso. Innanzitutto è quasi un truismo, ossia un'ovvietà, sostenere che, se bisogna tagliare la spesa pubblica, si determina un settore pubblico più piccolo. Se tagliamo, la conseguenza del taglio è che stiamo riducendo.
Il commento che svolgevo non era sul welfare. È un argomento amplissimo, ma io porto un esempio banale. Non voglio commentare altri ministeri, anche se si potrebbe fare, ma parlo del mio. Lo stesso disegno del Ministero dell'economia e delle finanze, anche se è tra i più recenti, perché è stato generato da una combinazione di più ministeri - c'è stata una confluenza delle Finanze e del Bilancio con il Tesoro, mentre la Ragioneria generale dello Stato era parte del Ministero del tesoro - quasi da una fusione per addizione, non voglio negare che sia stato oggetto di un momento di riflessione, per valutare come ricompattarlo in maniera intelligente. Alcuni processi e la struttura stessa del Ministero non sono stati ridisegnati, come so che alcuni Paesi hanno già fatto. Se la nostra amministrazione deve essere veramente al servizio del Paese, occorre guardare quali saranno le sfide del Paese da oggi al 2020-2030 e quali saranno per il Ministero dell'economia e delle finanze gli obiettivi fondamentali, le problematiche principali e, a valle, come ci dobbiamo organizzare.
Posso affermare che anche nel Ministero dell'economia e delle finanze abbiamo una struttura di direzioni e di dipartimenti che risponde forse ancora a una logica giusta, ma che ci viene dal passato, mentre quello che abbiamo bisogno di fare è confrontarci col futuro. Quali sono gli obiettivi strategici del Ministero dell'economia e delle finanze? Il discorso può essere applicato per tutti i ministeri e per tutti gli enti territoriali e gli enti pubblici. Quali sono le sfide strategiche e quali sono, quindi, le missioni che ci dobbiamo prefiggere e qual è l'organizzazione più efficiente per conseguirli?
Il mio non era un commento sul fatto se abbiamo un sistema di welfare giusto o sbagliato, sovra o sotto dimensionato.
Una domanda verteva sulla progressività, sul ribilanciamento tra imposte dirette e indirette e sull'impatto che esso può avere sulla progressività del sistema. Secondo me, è una domanda giusta, però il problema è molto più ampio e va affrontato.
Lo studio che era stato citato prima sulla tax expenditure è da inserire in un problema più ampio, quello dell'erosione fiscale. In teoria, è possibile realizzare la progressività fiscale del sistema in diversi modi. Nel nostro sistema ci sono tantissimi modi oggi che possono portare una progressività o una regressività, ma ciò va ben al di là del rapporto tra imposizione diretta e indiretta. Sono tantissimi i modi per introdurre la progressività nella tassazione diretta. Noi abbiamo un sistema con tantissimi livelli di esenzioni, sussidi e trasferimenti, che cambiano in maniera anche importante il livello di progressività del sistema. Secondo me, anche questo ribilanciamento porta ulteriormente in superficie tale importante analisi, un'analisi che, a mio avviso, è giusto svolgere e che va svolta, ma riconsiderando tutto. Se si dovesse stabilire qual è il grado di progressività del sistema, sarebbe complicatissimo. In questo studio abbiamo appunto trovato 700 voci per le quali ci sono forme diverse di tax expenditure. Sono tutte componenti che vanno a influenzare il livello di progressività del sistema. Nel nuovo disegno complessivo, anche teorico, il giusto bilanciamento della progressività è un argomento importante, ma secondo me, da considerare in un'ottica molto più ampia.
L'ultima questione - è una domanda importante, che non approfondirò, anche perché l'expertise è in altri ministeri, soprattutto quello dello sviluppo economico e quello delle infrastrutture - è come riportare competitività al sistema e conferirgli una visione strategica.


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Gli interventi che abbiamo compiuto con i vari decreti in materia di liberalizzazioni e semplificazioni, sono già parte del processo di rendere il nostro sistema più competitivo, abbinati con il grande sforzo che si sta compiendo per accelerare ulteriormente la messa a punto e in opera delle infrastrutture, che sono, come ho accennato prima, il trait d'union, ossia un intervento di breve periodo che può essere classificato come keynesiano, perché è un aspetto moltiplicativo, anzi accelerativo in modo teorico, che però presenta anche la componente strutturale su cui noi possiamo andare, spero, ad aprire spazi importanti.
Sulla parte relativa al deficit penso di avere già risposto, perché ritengo che non ci sia una possibilità. Penso anche che altri Paesi, senza nominarne alcuno per questioni diplomatiche, che hanno tentato una strategia diversa, pensando di poter rallentare, siano stati penalizzati e che parte delle turbolenze che vediamo oggi siano anche forse dovute ai mercati che hanno posto una domanda: c'è un cambiamento di opinione a livello europeo? Parte della turbolenza viene dai mercati, cui l'Europa aveva indicato che il primo obiettivo era aumentare la velocità del processo di realizzazione del pareggio dei bilanci, ma che ora vedono cambiamenti. Questo aspetto è da tenere assolutamente presente.
Il tema della distribuzione delle tasse sul patrimonio piuttosto che sul lavoro è quello che abbiamo cercato di attuare. Si può sostenere che non sia sufficiente, che se ne vuole di più o di meno, però è una di quelle discontinuità che abbiamo cercato di introdurre nel sistema.
Passando al tema del credit crunch, del ruolo della Cassa depositi e prestiti e di una nuova IRI, posso dire che la missione della Cassa è diventata molto complessa e ricca di grandi potenzialità. Come quando si discuteva al Consiglio della Cassa, osservo che essa può giocare un ruolo importantissimo in molte dimensioni, ma anche in questa fase di ristrutturazione del settore pubblico locale.
Nel settore pubblico locale ci sono problemi per il Patto di stabilità interno e di incapacità di usare le leve come sono state usate fino a ieri, ma io ritengo che ci sia anche un problema di ridefinizione del patrimonio degli enti locali. Spesso è un patrimonio che non è, a mio modo di vedere, produttivo, nel senso che non è al servizio dell'economia locale e dovrebbe essere convertito. A oggi la logica è sempre stata di aggiungere patrimonio e compiere investimenti. Considerate le ristrettezze attuali, bisogna agire anche su un'altra leva: cerchiamo di cambiare la composizione del patrimonio locale e, quindi, di cambiare da patrimonio semplicemente immobiliare o da patrimonio in investimenti in aziende locali, cerchiamo di convertire questo patrimonio in investimenti nuovi.
La Cassa depositi e prestiti può essere una cassa di compensazione. Privatizzare d'impatto alcune realtà è difficile e forse non è neanche la via giusta da seguire in maniera così accelerata, ma la Cassa può essere un sistema in cui si effettua questo passaggio magari in modo più graduale tra pubblico e privato e questa riconversione da patrimonio meno utile, nel breve periodo, a patrimonio più utile.
Ci si chiede se tutto ciò può portare a un abbattimento verticale del debito, il che mi porta a un'altra domanda che è stata posta. Io penso che anche per i mercati la garanzia fondamentale di un credibile abbattimento del debito pubblico siano i flussi. La prima richiesta che avanzano i mercati è quella di avere la certezza e la credibilità che il deficit sia uguale a zero.
In un'economia normale, anzi normalizzata - perché oggi non siamo ancora in una situazione normalizzata - in cui l'Italia torna a crescere, senza avere la speranza di essere la Turchia, ma anche a tassi che speriamo migliori di quelli degli ultimi anni, ma sempre coerenti con un'economia ormai matura, un PIL che cresce normalmente e un deficit uguale a zero di per sé, nell'algebra dei rapporti, portano ad affermare che il rapporto debito-PIL diminuisce di più del 3 per cento all'anno. È questa la logica.
Per i mercati i due baricentri fondamentali sono la garanzia del deficit zero e l'indicazione in maniera credibile di come


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si torna a crescere. Quando i mercati sono convinti di queste due questioni, il debito è un residuo, perché sanno che automaticamente diminuisce. Ciò non significa che accelerare questa riduzione non farebbe bene. Sicuramente sarebbe utile. Noi stiamo esplorando tutte le vie.
In primo luogo, ci sono settori, come quelli che sono stati menzionati, ossia le aziende pubbliche a livello locale e il patrimonio pubblico immobiliare, che sono molto complicati. A livello centrale abbiamo avuto questi programmi alla fine degli anni Novanta, nei quali alla fine, però, molte operazioni sono state declassificate dall'Eurostat e, quindi, non hanno avuto un impatto grande come si pensava.
In secondo luogo, il disegno è molto complesso, perché c'è un potenziale di contenzioso enorme. Noi abbiamo consumato tantissime energie e ancora le stiamo consumando sul versante del contenzioso, energie che penso non sia utile consumare.
Mi sembra di avere risposto anche a parte delle domande dell'onorevole Baretta. Il segnale di riduzione della spesa è importante. Ne siamo coscienti, bisogna inviarlo e ci stiamo lavorando nei termini che ho appena esposto. Anche sul Patto di stabilità interno abbiamo aperto tavoli, spesso animati da grande collaborazione con gli enti locali, per cercare nuove soluzioni.
Mi sento di affermare, però, che le soluzioni non sono così semplici. Sono anni che ci lavoriamo e io penso che, lasciando perdere me, persone molto competenti, se ci fossero operazioni ovvie, che non richiedessero coperture e che non costassero, le avrebbero già compiute. Il problema è che operazioni che sembrano ovvie, in realtà, sottendono un problema e, quindi, non si riesce ad attuarle.
C'è però un grosso impegno e un dialogo costante, che richiedono anche una grossa collaborazione fra enti locali. Il vero problema è che ci sono alcuni enti locali che hanno «progetti», ma non spazi economici e altri che, invece, hanno spazi economici, ma non progetti in questo momento. Bisogna avere una possibilità di compensazione nel tempo di questa capacità di spesa. È quello l'aspetto più delicato, che però richiede non solo un tavolo tra enti locali e Governo, ma anche una collaborazione tra enti locali molto più importante.

PRESIDENTE. Grazie, Vice Ministro. Do ora la parola agli altri colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, segnalando che è rimasto poco tempo a disposizione Se il Vice Ministro fosse nelle condizioni di rispondere direttamente alla Commissione, lo apprezzeremmo, altrimenti potrà farci pervenire anche risposte scritte in seguito.

ALFREDO MANTOVANO. Pongo una domanda velocissima, che fa riferimento al passaggio della relazione del Vice Ministro relativa ai tagli lineari, perlomeno come prospettiva, e all'intervento strutturale sulla pubblica amministrazione. Mi pare che ci sia un riflesso di questo anche nel rammarico manifestato circa il fatto che la fusione dei diversi Ministeri nel Ministero dell'economia e delle finanze sia avvenuta per addizione e non per una riorganizzazione razionale.
Ci sono lavori già avviati, settore per settore della pubblica amministrazione, o siamo ancora nella fase dell'indicazione dell'obiettivo principale, ma di carattere generale? Con riferimento a un settore su cui io ho alcune limitate conoscenze, quello della sicurezza, per esempio, non ci sono sprechi, ma tante irrazionalità, tante sovrapposizioni e tante duplicazioni rispetto alle quali ci sono già studi in corso, che però attendono un input per potersi tradurre non in tagli secchi, ma certamente in una rimodulazione più seria, con evidente risparmio di spesa.

ROLANDO NANNICINI. Vice Ministro, su questo tema dei ritardati pagamenti e del Patto di stabilità interno lei è a conoscenza anche di un'evoluzione storica che abbiamo avuto nel Paese.
Le pongo una domanda secca: se ai 68 miliardi di euro di spesa dei comuni italiani - poi si aggiungono i 16 miliardi delle province - diamo un obiettivo di


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cassa del 15,6 per cento rispetto alla media dei primi tre titoli di bilancio 2006-2008, a 47,8 miliardi, e un obiettivo di cassa di 6,9 miliardi e adottiamo tagli per la competenza del bilancio di 3-3,5 miliardi, è chiaro che accumuleremo anche quest'anno 2,9 miliardi di euro di pagamenti ritardati, nel caso di salute fisica dell'ente, nel caso che il bilancio di competenza sia in pareggio. L'ente è autorizzato a emanare una delibera che ha una valenza giuridica o a costruire un'opera, ma poi non la pagherà, perché gli è dato l'obiettivo del 15,6 per cento. Si è partiti dall'11,9 per cento, ma poi siamo arrivati al 15,6 per cento disposto dalla legge di stabilità per il 2012, il che significa 6,5 miliardi di euro di blocco di cassa. Non entro nel dettaglio. Il tema meriterebbe forse un convegno più puntuale, non per essere banali. La prego, mi dica se sto sbagliando: se mi risponde che sbaglio, cambio idea. Il tema è che dal 1o gennaio 2013 dovremo avere la forza per cui il bilancio di competenza coincida con il bilancio di cassa, perché solo l'anno zero ci consente di poter certificare e di poter sapere. Se alle imprese venisse chiesto di riscuotere il 95 per cento, accetterebbero subito. Occorrerebbe trovare un soggetto fra comuni e istituti bancari che sia presente e si sostituisca nell'attesa.
Lei mi risponderà che la Corte dei conti fa diventare subito l'importo come debito e che lo si deve contare nel debito, ma, se si stipula un accordo diretto fra privati, in cui un soggetto si sostituisce per andare a riscuotere rispetto all'altro, e per un periodo si interrompe la non coincidenza tra cassa e competenza, si passa a una rigidità per la quale i comuni si arrabbieranno, ma si introduce un metodo coerente rispetto all'andamento dei conti.
Se tutti gli anni si consente l'obiettivo previsto per quest'anno del 15,6 per cento dei primi tre titoli della media 2006-2007-2008, in cui si tengono fuori le camere di commercio - si faccia attenzione al fatto che nel perimetro della pubblica amministrazione, che lei raccordava agli enti locali, ci sono le cliniche universitarie, le università, i poliambulatori e le camere di commercio; l'obiettivo è dato sempre con riferimento ai comuni, sono loro il fenomeno che dovrà avere sempre il controllo della cassa - si blocca una parte dell'economia reale.
Io credo che la teoria keynesiana andasse bene negli anni Trenta, perché lo Stato era intervenuto poco: oggi, si deve ragionare su altre possibilità, però trattate questo tema con numeri troppo rigidi. Dovreste valutare la possibilità che la cassa e la competenza coincidano e che qualcuno si sostituisca nei pagamenti, perché il processo va interrotto, in quanto tutti gli anni negli enti locali si ripete lo stesso fenomeno.

FRANCESCO BOCCIA. Vice Ministro, le pongo alcune domande, cui risponderà come meglio crede. Su alcuni temi abbiamo la necessità di capire quale sia la situazione.
Alla dottoressa Cannata Bonfrate, quando è stata audita in questa Commissione, alcune settimane fa, avevamo posto una domanda secca sull'impatto dei prodotti derivati sul debito pubblico italiano. Per la verità, comprendendo anche le motivazioni, ci era stata fornita una risposta un po' evasiva. Poi abbiamo appreso dagli organi di stampa che, in realtà, il Ministero dell'economia e delle finanze aveva effettuato una transazione con la banca Morgan Stanley, che era costata oltre 2 miliardi di euro. È questa l'occasione per consentire alla Commissione bilancio di capire che cosa sia successo. Ci aiuterebbe anche a capire quanta altra parte del nostro debito e a quali condizioni è trattata con strumenti finanziari derivati.
Sullo stock di debito le chiedo semplicemente qual è la sua idea sulla possibilità di emettere davvero titoli di Stato per poter pagare le imprese e se sia possibile, a suo avviso, chiedere una deroga in Europa rispetto a uno sforamento inevitabile dei parametri, cui ci porterebbe un eventuale pagamento dei debiti, che, però, creerebbe un effetto virtuoso nel sistema - che non le sfugge - in questo momento.


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Oggi il presidente della BCE Draghi, parlando degli effetti delle due long-term financial cooperation, ha di fatto affermato che sulla mancanza di domanda abbiamo potuto compiere interventi perché i tassi sono bassi, ma che si tratta di un problema di sistema. Ha aggiunto, però, ed è una speranza per tutti noi, che gli effetti di quelle operazioni entreranno nel sistema della piccola e media impresa, contravvenendo - se me lo consente - a ciò che ha affermato Salvatore Rossi, il quale, nella giornata di oggi, ha sostenuto da un'altra parte, lo dico semplificando, che non c'era da meravigliarsi e che tali risorse messe a disposizione non erano per il credito alle imprese, ma per mettere a posto la differenza esistente tra raccolta e impieghi.
Le chiedo, infine, il che rientra in un ragionamento più ampio, di riferirci che cosa pensa della possibilità di convertire e di portare a un abbassamento della pressione fiscale, per una parte, con gli incentivi. In parte era il ragionamento che ha svolto il collega Baretta. Su alcuni temi, come l'energia, la questione è molto evidente: si possono cancellare incentivi, soprattutto a una data parte della grande impresa, e utilizzare tali risorse per un abbassamento secco delle imposte soprattutto sul lavoro, ma anche alle imprese.

MAINO MARCHI. Se gli investimenti pubblici sono un ponte tra riforme strutturali e interventi con effetto immediato, questo ponte si può costruire solo se c'è anche la compartecipazione degli enti locali, che in passato sono stati soggetti che hanno compiuto gran parte degli investimenti e che li hanno diffusi su tutto il territorio, investimenti che adesso sono bloccati.
Comprendo che il tema del Patto di stabilità interno sia un groviglio e che sia complicato, perché ogni azione che si compie ha un effetto sul piano finanziario, però credo che, fissando alcune priorità, a partire dagli investimenti - pur con la ricaduta che possono avere sui pagamenti alle imprese - occorre compiere a breve un intervento. Io credo che, per esempio, alcune deroghe, magari limitate, sugli investimenti per l'edilizia scolastica, la protezione civile, i beni confiscati alla mafia, gli interventi cofinanziati con fondi europei, almeno per gli enti virtuosi sarebbero attuabili, altrimenti avremo bloccato la partita degli investimenti pubblici per una loro gran parte. Non basta nemmeno la collaborazione tra gli enti locali. Anche una regione come la mia, l'Emilia-Romagna, che ha una legge sul Patto di stabilità regionalizzato, non ha risolto il blocco degli investimenti degli enti locali.
Passo alla seconda questione. Il beneficio del passaggio parziale da imposte dirette a imposte indirette ha riguardato sostanzialmente solo le imprese e i lavoratori per quanto riguarda il fatto di un beneficio per nuova occupazione, ma per le persone fisiche c'è stato un aumento delle addizionali: pagheranno l'IMU, hanno avuto in parte l'aumento dell'IVA e ne avranno ancora e, quindi, ciò può sortire effetti depressivi sulla domanda interna, soprattutto per quanto riguarda i redditi più bassi. Non crede che bisogna arrivare a studiare anche da questo punto di vista un intervento non a lungo termine su tale versante, pur selezionandolo? Credo che ciò possa avere effetti anche sull'economia.
Infine, credo che per la crescita, soprattutto nel lungo termine, occorrano politiche industriali, il che dovrebbe significare non lasciare da sole le aziende. Non è tanto una questione di regole - peraltro, le regole fondamentali del mercato si giocano soprattutto ad altri livelli, quelli internazionali -, di mercato del lavoro e di liberalizzazioni, quanto di un sostegno forte ai settori in cui si gioca la partita dell'innovazione, la partita del futuro. Penso, in questo ambito in particolare, al settore energetico e a quello della green economy. In questa direzione ritengo che occorrano anche politiche pubbliche e che magari gli incentivi vadano rivisti, revisionati, selezionati e mirati. Senza tutto ciò il rischio, anche in un Paese che ha ancora una forte vocazione industriale, è che le


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imprese siano lasciate da sole ad affrontare i problemi di innovazione che oggi il mercato internazionale evidenzia.

PRESIDENTE. Do la parola al Vice Ministro Grilli per la seconda parte della replica.

VITTORIO GRILLI, Vice Ministro dell'economia e delle finanze. Grazie anche di queste domande. Sugli interventi concernenti la spending review e sull'aspetto della riorganizzazione - non solo operando con tagli lineari - abbiamo creato il gruppo di lavoro governativo sulla spending review, di cui il professor Giarda ha la leadership, che sta compiendo proprio questa attività, ossia quella di andare in alcuni ministeri verificando esattamente le missioni e cercando di capire come si può riorganizzare, introducendo riduzioni di spesa che siano funzionali alla nuova organizzazione. Si va esattamente in quella direzione e il professor Giarda è a capo di questo approfondimento, anzi studio. Spero che dia risultati in tempi brevi.
Ci sono alcune domande - che potrei accomunare - che partono dalla verifica sul territorio di una sofferenza dell'economia e anche degli enti locali nel riuscire a compiere le azioni che gli stessi vorrebbero ora realizzare, nonché dell'insofferenza verso il modo in cui le regole sono state disegnate, regole che vengono viste come disutili, in alcuni casi, allo scopo.
Siamo impegnati in questo confronto attraverso il tavolo con gli enti locali per cercare di trovare soluzioni in maniera cooperativa, perché siamo tutti consapevoli sia della necessità di essere proattivi sull'economia, sia, allo stesso tempo, di essere assolutamente disciplinati nella conduzione della finanza pubblica. È stato chiesto se ci possano essere domande accoglibili dalla Commissione europea per eventuali sforamenti. La risposta è assolutamente no. Alcune norme sembrano molto rigide, giocano sulla cassa, non prevedono ancora un allineamento tra cassa e competenza. Questo lo capisco, ma c'è un problema, per cui alcuni interventi non possono essere attuati mentre l'aereo sta volando. Sarebbe molto meglio costruire prima l'aereo a terra, in quanto intervenire mentre questo sta volando è difficile.
Io non sto rivolgendo critiche ad alcuno puntualmente, però siamo stati per alcuni anni in un momento di grande problematicità, per cui la realtà dei fatti è che dobbiamo raggiungere il bilancio in pareggio. Questo obiettivo deve essere raggiunto da tutti. Il problema è riuscire a interiorizzarlo anche in termini prospettici, perché molto spesso le regole sono interpretate formalmente. Si rispetta la regola formalmente in un tale anno, ma ciò può creare dei problemi per l'anno successivo. Ci deve essere anche un minimo di capacità di interiorizzarla, poiché se oggi rispetto la regola solo formalmente, l'anno prossimo mi troverò nei pasticci. Cercheremo di ridisegnare le regole in maniera ancora più intelligente, ma non sono sicuro che ciò allenti i vincoli, perché si deve tenere presente che l'azione deve essere sempre basata anche sul medio periodo.
Capiamo tutti che, se ai virtuosi si danno spazi in più, poi si devono trovare spazi in meno da un'altra parte. Ci sono spazi, che sono quelli di cassa, su cui prima ho svolto una considerazione. Mi ricollego ad una domanda che ha rilevato in parte un problema di nuovi investimenti e in parte di pagamenti di ciò che è già stato eseguito. Se ci vogliamo riconcentrare sull'accelerazione dei pagamenti per il lavoro già eseguito, che per le imprese è molto importante, una domanda è stata se possiamo eseguire il pagamento con debito pubblico. Questa possibilità esiste già, perché nel provvedimento sulle liberalizzazioni abbiamo stanziato 6 miliardi di euro, di cui 3 miliardi con debito pubblico. Questo è un pezzo di intervento. Sarà anche limitato, ma per ora è quello compatibile con i conti pubblici. È un esperimento: almeno cominciamo a usare questi 3 miliardi di euro, che non abbiamo ancora impiegato. È sicuramente un esperimento che vogliamo compiere e abbiamo anche allargato la possibilità consentendo agli enti locali di poter utilizzare questi plafond.


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Nel testo del decreto-legge 2 marzo 2012, n 16, in materia di semplificazioni tributarie, che è in corso di approvazione al Senato, abbiamo introdotto un'altra iniziativa secondo me molto importante, che chiamo pro solvendo, ossia la possibilità di cedere crediti agli istituti bancari. Ovviamente abbiamo parlato molto sia con i comuni, sia con l'ABI, sia con le amministrazioni centrali, perché questa potrebbe essere una via con cui le banche possono arrivare a scontare alcuni di questi crediti senza impattare immediatamente sul debito dell'ente locale. È un altro modo per agevolare i pagamenti. Si può sempre fare di più, però mi sembra che queste due iniziative insieme siano una risposta a tale problematica, forse non esaustiva, ma importante, a dimostrazione che si tratta di un problema che seguiamo da vicino e che vogliamo sicuramente risolvere.
L'ultima questione riguarda i prodotti finanziari derivati. Non ho la tabella dei derivati, però posso fornire due o tre indicazioni. Una è sulla questione specifica del cosiddetto derivato Morgan Stanley. Chiariamo la situazione: non è una transazione, nel senso che il Tesoro è andato da Morgan Stanley e ha chiesto quanto volesse, bensì si tratta di un contratto che risale addirittura all'inizio degli anni Novanta, quando né io, né la dottoressa Cannata Bonfrate eravamo in questo Ministero.
Si tratta di derivati antichi che prevedevano alcune clausole esercitabili in determinate date. La data è arrivata e la controparte, Morgan Stanley, ha esercitato una clausola contrattuale. Non c'è stato alcun negozio, alcuna negoziazione: si tratta di una clausola contrattuale.
È importante sapere che, perlomeno da quando ci sono io, non sono stati stipulati altri contratti di questo tipo. L'uso di derivati che noi abbiamo al Tesoro, e questo posso affermarlo con certezza, anche senza avere con me il libro dei derivati - da quando ero direttore generale del Ministero, ossia dal 2005 - è limitato a due ragioni. La prima ragione - che dopo l'entrata dell'euro è sempre minore come esigenza - è quella di riportare il rischio da valuta estera all'euro, prima era la lira, in modo da non lasciare l'Erario con un rischio valutario. Quando si effettua un'emissione in dollari, piuttosto che in franchi svizzeri o in yen, noi corriamo questo rischio: sappiamo che, al momento della restituzione, la nostra obbligazione è in euro e che, quindi, non dobbiamo preoccuparci delle fluttuazioni del tasso.
La seconda ragione è per proteggersi dalla volatilità dei tassi di interesse. Quando si emettono titoli in tassi variabili, quando c'è la possibilità e questa possibilità è conveniente, si trasforma il tasso variabile - e, quindi, il possibile rischio di variabilità del tasso variabile - in tasso fisso. Questi sono quegli strumenti definiti plain vanilla, operazioni effettuate soltanto per garantire la minimizzazione del rischio da parte dell'emittente Tesoro. Tutto il resto di un mondo gigantesco di derivati che altri istituti finanziari usano non come fonte di copertura di rischio, ma come fonte di reddito, non ci appartiene.
Mi sembra di avere più o meno risposto a tutto. Se non l'ho fatto, mi scuso. Lo farò anche in forma scritta, se del caso: se avete ancora bisogno di chiarimenti, conoscete i miei recapiti.

PRESIDENTE. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione depositata dal Vice Ministro dell'economia e delle finanze, professor Vittorio Grilli (vedi allegato).
La ringraziamo molto per aver concluso questo ciclo di audizioni, professor Grilli.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 17,10.


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ALLEGATO

CAMERA DEI DEPUTATI COMMISSIONE BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE
Indagine conoscitiva relativa all'esame della Comunicazione della Commissione europea sull'Analisi annuale della crescita per il 2012

Audizione del Vice Ministro dell'Economia Prof. Vittorio Grilli
4 aprile 2012
Camera dei Deputati, Commissione Bilancio


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INTRODUZIONE

L'azione del Governo nell'ambito del semestre europeo e della Strategia Europa 2020
Con la pubblicazione dell'Analisi Annuale della Crescita (Annual Growth Survey - AGS) la Commissione Europea ha dato inizio al nuovo semestre europeo 2012. Quest'anno il processo si svolgerà sotto la governance economica europea recentemente potenziata per rafforzare il Patto di Stabilità e Crescita e la sorveglianza di bilancio ('Six Pack'). Per la prima volta sarà inoltre adottata la procedura per monitorare e correggere gli squilibri macroeconomici.
L'Analisi Annuale della Crescita definisce le priorità d'intervento europee per i prossimi dodici mesi nell'ambito della Strategia Europa 2020. Tali indicazioni dovranno essere integrate nelle decisioni economiche e di bilancio a livello nazionale unitamente alle raccomandazioni specifiche del Consiglio Europeo e agli impegni assunti nell'ambito del Patto Euro Plus.
Gli obiettivi europei devono essere visti come un'opportunità di cambiamento per l'Italia. Il semestre europeo rappresenta per il Paese un'occasione per stimolare il costruttivo dibattito politico nazionale e rafforzare l'azione del Governo sulle riforme per la crescita. Azioni, queste ultime, indispensabili per il rilancio dell'economia nazionale e per restituire al Paese la posizione di rilievo internazionale che gli compete.
Nel difficile contesto derivante dall'instabilità dei mercati finanziari, il Governo si è impegnato innanzitutto a riportare i conti pubblici in equilibrio nel 2013, nel rispetto di quanto concordato al Consiglio Europeo di Ottobre e nella successiva risposta inviata alla Commissione Europea. A ciò si è aggiunta la manovra economica, approvata alla fine del 2011, che comprende importanti misure strutturali come la riforma pensionistica.
La politica economica del Governo si è posta tre obiettivi:
il riequilibrio strutturale dei conti pubblici per la rapida riduzione del debito;
la crescita, attraverso la creazione di condizioni che consentano la ripresa del processo di sviluppo;
maggiore equità tra i cittadini.

La Commissione, nell'introdurre le nuove linee di azione, ha evidenziato che l'interdipendenza tra le economie degli Stati membri porta a considerare quale priorità principale l'attuazione degli impegni presi nelle sedi istituzionali nazionali e europee, riservando la massima attenzione alle azioni a sostegno della crescita.
L'Italia supporta in pieno gli obiettivi e le priorità per il 2012 individuate dalla Commissione Europea. In merito alla prima priorità relativa al consolidamento fiscale, l'Italia sta operando, dal lato della spesa, attraverso:
la spending review e la revisione integrale della spesa pubblica;


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il riordino degli enti e degli organismi pubblici e la riduzione dei costi degli apparati istituzionali;
il contenimento della spesa per il pubblico impiego;
l'attuazione del federalismo fiscale e demaniale;
la riduzione della spesa pensionistica.
Dal lato delle entrate, tra le misure principali si ricordano:
la ricognizione e valorizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato e delle pubbliche amministrazioni;
le misure per l'emersione della base imponibile;
l'aumento delle aliquote IVA e delle accise sui carburanti;
la tassazione patrimoniale dei valori mobiliari (revisione del bollo su titoli, strumenti e prodotti finanziari);
la modifica della «Robin Tax';
la tassazione patrimoniale degli immobili e di alcuni beni mobili registrati (aeromobili privati, imbarcazioni da diporto, auto di lusso);
Le proposte di riforma e semplificazione fiscale.
Riguardo la priorità «ripristinare la normale erogazione di prestiti all'economia», l'Italia ha introdotto:
la garanzia pubblica sulle passività delle banche (1);.
una più efficace previsione normativa che consenta di garantire la certezza del recupero delle imposte anticipate (Imposte Differite Attive - DTA) sulle perdite su crediti (2);
l'estensione dell'attività del Fondo di garanzia a favore delle piccole e medie imprese (PMI), per favorire l'accesso delle micro, piccole e medie imprese al mercato del credito (3);
supporto all'attività dei «Fondi per il Venture Capital», per favorire l'afflusso di capitale di rischio verso le nuove imprese (4).
In relazione alla priorità «promuovere la crescita e la competitività nel breve e nel lungo periodo», l'Italia ha introdotto già molte misure:
l'Aiuto alla Crescita Economica (ACE), che introduce una riduzione del prelievo delle imposte sui redditi commisurata al nuovo capitale immesso nell'impresa;
il potenziamento delle infrastrutture, su cui l'Italia sta operando con varie misure, attraverso la riduzione dei tempi di costruzione delle opere pubbliche d'interesse strategico, l'estensione dell'applicazione del project financing (5) nonché attraverso le iniziative a sostegno delle piccole e medie imprese sul mercato finanziario;
interventi diretti a instaurare una maggiore concorrenza (6), tra i quali: le misure nel settore dei servizi pubblici locali, l'istituzione dell'agenzia di settore e la modifica delle procedure di assegnazione del servizio al fine di instaurare una maggiore concorrenza;


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la liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali e della vendita dei farmaci senza obbligo di prescrizione e il potenziamento del servizio di distribuzione farmaceutica;
la liberalizzazione del settore del trasporto e la conseguente istituzione di un'Autorità per le reti, che si occuperà anche delle reti di trasporto;
il potenziamento dei poteri dell'Antitrust;
la rimozione di alcune barriere all'accesso nel settore dei servizi professionali;
la revisione dell'azione di classe (class action) e la tutela delle micro-imprese da pratiche commerciali ingannevoli e aggressive.

Per quanto riguarda la priorità «lottare contro la disoccupazione e le conseguenze sociali della crisi» vanno annoverate le misure relative:
al credito d'imposta per i lavoratori assunti a tempo indeterminato, credito più elevato qualora l'assunzione riguardi donne e giovani al di sotto dei 35 anni (7);
le nuove forme contrattuali per i giovani e le donne;
la liberalizzazione del collocamento (8);
la riforma degli ammortizzatori sociali (9);
il regime fiscale di vantaggio per i giovani e i lavoratori in mobilità  (10);
le norme contro l'intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro (11);
la proposta di riforma del lavoro in discussione.

Infine, in merito alla priorità «Modernizzare la pubblica amministrazione», l'Italia sta agendo con l'obiettivo di migliorare l'ambiente imprenditoriale, grazie:
a una maggiore efficienza amministrativa (che comprende anche la velocizzazione dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione);
allo snellimento degli oneri a carico delle imprese, ma anche delle famiglie;
all'incremento della produttività del pubblico impiego tramite la valorizzazione del merito e l'introduzione della valutazione della performance;
una accelerazione dei procedimenti giudiziari, attraverso procedure più rapide e anche attraverso l'istituzione del tribunale delle imprese, che avrà il compito di velocizzare i contenziosi in materia di proprietà industriale e intellettuale (12).


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Il settore pubblico potrà avvantaggiarsi anche dello sviluppo dell'ICT attraverso l'implementazione del Codice dell'amministrazione digitale e gli interventi specifici per la riduzione degli oneri burocratici basati sugli strumenti digitali, con particolare riferimento sia alla semplificazione e al rafforzamento del dialogo fra le pubbliche amministrazioni sia alle misure per snellire i rapporti con la pubblica amministrazione.
In questo contesto, l'ottimizzazione degli acquisti di beni e servizi, attraverso lo sviluppo di modelli di approvvigionamento basati su processi e tecnologie innovative, può dare un forte contributo al contenimento della spesa e alla sua qualificazione. Si tratta di un obiettivo strategico di medio-lungo periodo che passa attraverso la capacità di definire i parametri di spesa da raggiungere e di programmare i consumi effettivi, superando la logica dei costi storici. In questa direzione vanno numerosi provvedimenti (13) che proprio di recente hanno ulteriormente rafforzato l'azione di Consip - quale società in house del Ministero dell'Economia - sui temi dell'innovazione, della razionalizzazione e della modernizzazione dei processi di acquisto di beni e servizi a supporto delle Amministrazioni.

TEMI SPECIFICI DELL'AUDIZIONE

Venendo alle questioni poste nell'indagine conoscitiva vorrei soffermarmi su alcuni temi più specifici.

La finanza pubblica

Le tensioni sui mercati del debito sovrano europeo registrate nel 2011 hanno reso necessari ulteriori significativi interventi di riduzione del debito pubblico italiano e di riequilibrio dei conti pubblici con l'anticipazione del pareggio strutturale di bilancio al 2013, nonostante i progressi conseguiti fino alla crisi economica del 2009-2010 e la politica di prudenza adottata durante la crisi. Il raggiungimento del pareggio strutturale di bilancio nel 2013 è condizione necessaria per il rispetto da parte dell'Italia, dei nuovi vincoli del Patto di Stabilità e Crescita, in particolare della regola di spesa e della regola di riduzione del debito. Nel periodo tra luglio e dicembre 2011 il Governo ha varato una manovra correttiva di rilevante entità per un importo complessivo di oltre 80 miliardi al 2014. L'urgenza determinata dal riacutizzarsi delle tensioni sui mercati internazionali ha richiesto al Governo di ricorrere alla leva fiscale in misura rilevante, pur continuando a concentrare i propri sforzi sul contenimento e sulla riqualificazione della spesa.
Le misure più significative introdotte nel 2011 per il contenimento della spesa sono:
la riforma del sistema pensionistico, mirata a rafforzare il proseguimento della vita lavorativa e a rendere più trasparente il sistema con l'accorpamento degli enti previdenziali;
la definizione di nuovi indirizzi per la revisione della spesa pubblica tramite la spending review, in relazione alla definizione dei


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costi, dei fabbisogni dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali e degli uffici periferici dello Stato e all'individuazione di eventuali criticità inerenti la produzione e l'erogazione dei servizi pubblici.

Gli acquisti di beni intermedi rappresentano una fonte importante di spesa, che sarà razionalizzata attraverso la Consip. Saranno, in particolare:
elaborati indicatori e parametri per supportare l'attività delle amministrazioni di misurazione dell'efficienza dei propri processi di approvvigionamento;
realizzati strumenti di supporto per le attività di programmazione, controllo e monitoraggio svolte dalle Amministrazioni pubbliche e dai soggetti competenti.

Dal lato delle entrate le misure riguardano:
la valorizzazione del patrimonio immobiliare;
l'incremento dell'aliquota IVA e delle accise sui carburanti;
l'innalzamento della ritenuta d'imposta sulle transazioni finanziarie;
l'introduzione dell'IMU e del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi;
rafforzamento degli strumenti di contrasto all'evasione fiscale.

Una spesa pubblica più efficiente

Al fine di una maggiore efficienza della spesa pubblica e di una più ampia possibilità di operare scelte in modo maggiormente selettivo, anche in risposta alle più recenti disposizioni di legge, è necessario procedere alla individuazione delle effettive esigenze dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali dello Stato, delle eventuali sovrapposizioni di interventi, ma anche delle possibili misure di maggiore efficienza.
Un'area di più immediata azione è la determinazione dei fabbisogni standard delle strutture periferiche. Queste ultime, infatti, secondo le indicazioni della contabilità economica, implicano costi propri, essenzialmente di personale e di gestione, che rappresentano una percentuale molto elevata degli analoghi costi del complesso dei Ministeri. Sono in corso analisi approfondite della spesa di alcune di queste amministrazioni periferiche che consentiranno di evidenziare fenomeni di non corretta allocazione delle risorse e conseguentemente permetteranno di individuare azioni volte a ridurre la rilevante variabilità osservata nei comportamenti degli uffici e a riconsiderare le modalità di erogazione dei servizi e il funzionamento e l'articolazione delle strutture delle amministrazioni alla ricerca di una maggiore efficienza produttiva e organizzativa. L'obiettivo è quello di stabilire - tramite specifiche tecniche - un costo standard di spesa, giustificato in relazione alla quantità di servizi offerti e sulla base di


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indicatori sia della domanda espressa dal territorio che dal contesto di riferimento. Tali attività sono portate avanti dalle amministrazioni anche nell'ambito dei Nuclei di analisi e valutazione della spesa, individuati dalla legge di riforma di contabilità quali luoghi di collaborazione tra il Ministero dell'Economia e delle Finanze e le singole amministrazioni dello Stato e costituiti alla fine del primo semestre 2011. Tali operazioni richiedono la disponibilità di una assai rilevante entità d'informazioni, spesso da ricostruire tramite la valorizzazione dei sistemi informativi esistenti o da ricavare tramite indagini dirette sul campo, sui quali si sta lavorando al fine di poterli rendere utilizzabili in via sistematica e costante e di poter costituire quindi un permanente strumento di monitoraggio delle dotazioni di risorse e della spesa della periferia dello Stato.
Per i programmi di spesa del bilancio dello Stato, al fine di una più corretta determinazione dei loro fabbisogni finanziari e dell'individuazione di quelli da depotenziare o da sostenere maggiormente, si stanno costruendo degli indicatori (di risultato e di contesto) che consentano una lettura comune e strutturata delle attività delle varie amministrazioni, dell'ambito in cui operano e dei fenomeni che intendono influenzare attraverso le proprie azioni.
L'informazione aggiuntiva derivante dall'insieme delle operazioni attivate dovrebbe inoltre consentire alle stesse amministrazioni di disporre di elementi e criteri per una più adeguata definizione delle previsioni di spesa in fase di formazione del bilancio e di evitare così di ricorrere in modo prevalente al criterio della «spesa storica». Diventa possibile sfruttare in modo maggiormente consapevole l'ampliamento dei margini di flessibilità concessi alle amministrazioni in fase di formazione e di gestione del bilancio, peraltro rendendo, attraverso una maggiore discrezionalità nelle scelte, più sostenibili le riduzioni di spesa richieste.
La Ragioneria Generale dello Stato attraverso i «Nuclei di analisi e valutazione della spesa» sta svolgendo un ruolo decisivo nell'identificazione delle fonti di spesa (come i consumi intermedi e i debiti fuori bilancio) e dei programmi di razionalizzazione (formulazione degli indicatori di risultato e definizione delle azioni sottostanti i programmi di spesa). In via programmatica, entro il mese di aprile sarà presentata al Consiglio dei Ministri una valutazione delle criticità rilevate sul complesso dei programmi di spesa di ciascun dicastero. Inoltre, il Ministero dell'Economia stringerà con le amministrazioni centrali accordi triennali per conseguire la convergenza verso gli obiettivi finanziari, nonché gli obiettivi di quantità e qualità di beni e servizi offerti. Riduzione del carico fiscale e modifica del sistema tributario

Il rapporto sull'erosione fiscale

Nel corso del 2011, il gruppo di lavoro sull'erosione fiscale, costituito dal Ministro dell'Economia e delle Finanze pro tempore, cui hanno aderito 32 associazioni di categoria, ha predisposto un'analisi sistematica degli effetti dell'erosione fiscale, e in particolare «della amplissima forbice aperta dalla dialettica tra la regola (il principio generale dell'imposizione fiscale) e l'eccezione (la deviazione legale da


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questo principio, via esenzioni, agevolazioni, regimi sostitutivi di favore, ecc.)». Ogni misura è stata classificata utilizzando 14 codici elaborati dai componenti del gruppo di lavoro con l'obiettivo di fornire un'indicazione condivisa sulle finalità della misura stessa (14). Il rapporto presentato nel novembre 2011 si presta, quindi, a essere utilizzato dal policy maker al fine di valutare periodicamente l'utilità delle diverse spese fiscali (tax expenditures), eliminando o ridimensionando quelle che appaiono, in tutto o in parte, ingiustificate o superate, alla luce delle mutate esigenze sociali o economiche, o quelle che costituiscono una duplicazione.
È tuttavia opportuno segnalare che, per la definizione particolarmente ampia di spesa fiscale adottata, sia per l'indicazione del conseguente risparmio complessivo derivante da un'eventuale abolizione di alcune tax expenditures, l'elenco delle misure allegato al rapporto non è di immediata applicabilità ai fini della riduzione di deduzioni ed esenzioni rispetto alla base standard dell'imposta. Infatti, le misure «quantitativamente» più rilevanti incluse nell'elenco costituiscono in molti casi elementi strutturali dell'attuale sistema impositivo e, per questa ragione, la loro eventuale abolizione (o riduzione) deve essere necessariamente valutata nell'ambito di riforme di più ampia portata, che ne contemperino gli effetti e ne considerino tutte le implicazioni, anche di tipo sociale o distributivo (15).
Più in generale - in analogia a rapporti dello stesso tipo predisposti da numerosi paesi OCSE - il rapporto sull'erosione fiscale resta, comunque, un importante strumento di analisi e valutazione delle singole misure agevolative presenti nel sistema tributario italiano, utile a definire interventi di politica tributaria diretti ad assicurare la disciplina fiscale ovvero a introdurre modifiche strutturali dell'ordinamento.

La redistribuzione del carico fiscale operata dal decreto «Salva Italia».

Le misure introdotte con il decreto «Salva Italia» sono state finalizzate a realizzare uno spostamento nella struttura del prelievo dalle imposte dirette alle imposte indirette, con effetti positivi sulla competitività e sulla crescita, in coerenza con le raccomandazioni dei più importanti organismi internazionali (Fondo Monetario Internazionale, Commissione Europea e OCSE).
In particolare, un aumento significativo dell'imposizione patrimoniale sugli immobili ha finanziato una riduzione del prelievo che grava sulle imprese attraverso la riduzione del cuneo fiscale sul lavoro e la riduzione del costo del finanziamento con capitale proprio (ACE).
Infine, è stata modificata la clausola di salvaguardia contenuta in precedenti provvedimenti (16) prevedendo che le aliquote IVA del 10% e del 21% siano incrementate di 2 punti percentuali a decorrere dal 1 ottobre 2012, e di ulteriori 0,5 punti percentuali a decorrere dal 2014, con effetti finanziari pari a 3,3 miliardi nel 2012, 13,1 miliardi nel 2013 e 16,4 miliardi dal 2014 (17).

L'agenda fiscale
Il Governo ha annunciato che intende proporre, con provvedimento di delega, una riforma del sistema tributario i cui punti qualificanti potrebbero essere:


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la riforma del catasto;
il contrasto all'abuso del diritto e all'elusione fiscale;
la tassazione ambientale;
il monitoraggio dell'erosione fiscale e il riordino delle
tax expenditures.

La revisione del catasto edilizio urbano richiederà qualche anno per il completamento e sarà finalizzata ad assicurare maggiore equità nella determinazione delle basi imponibili catastali attraverso la redistribuzione del carico tributario che deriva dalla tassazione immobiliare, a invarianza del gettito complessivo. Le attuali rendite catastali, rivalutate da ultimo nel 1990 con riferimento al biennio 1988-1989, non sono congrue rispetto al valore di mercato degli immobili. Con il decreto «Salva Italia» è stato operato - ai soli fini della determinazione della base imponibile dell'imposta municipale - un parziale adeguamento del valore degli immobili al valore di mercato intervenendo sui coefficienti catastali che si applicano alle rendite dei diversi tipi d'immobili (abitazioni, negozi, immobili a uso produttivo, terreni, ecc.). L'unico intervento tecnicamente realizzabile in tempi rapidi era un incremento dei coefficienti catastali uniforme rispetto alle singole categorie d'immobili su tutto il territorio nazionale. In questo modo, però, è rimasta inalterata la sperequazione territoriale tra rendite e valori di mercato, misurata anche in un recente studio dell'Agenzia del Territorio e del Dipartimento delle Finanze. Per conseguire una perequazione effettiva tra i diversi territori urbani e assicurare maggiore equità nella determinazione delle basi imponibili catastali, la riforma del sistema di valutazione del valore patrimoniale e delle rendite degli immobili condurrà a una nuova classificazione dei beni immobiliari e al superamento dell'attuale sistema per categorie e classi, correlando il valore dell'immobile o il reddito dello stesso alla localizzazione e alle caratteristiche edilizie. Per le abitazioni e per gli uffici l'unità di misura della consistenza a fini fiscali sarà la «superficie», espressa in metri quadrati, in luogo del «vano».
Il contrasto all'abuso del diritto e all'elusione fiscale si rende necessario per contemperare le aspettative delle imprese di operare in un quadro più stabile e certo con la necessità per il fisco di disporre di uno strumento efficace per il contrasto ai comportamenti elusivi. Il divieto di abuso del diritto, nella sua accezione generale, investe le operazioni prive di effettive giustificazioni economiche realizzate principalmente per conseguire indebiti risparmi d'imposta attraverso l'impiego distorto di schemi giuridici che, pur essendo individualmente perfettamente legittimi, sono nel complesso adottati allo scopo prevalente (o esclusivo) di ottenere un vantaggio fiscale. Le esperienze maturate in altri paesi (come Francia e Germania) mostrano che la codificazione dell'abuso è la via maestra per dare alle imprese la certezza e la stabilità normativa e amministrativa di cui hanno bisogno per la pianificazione degli investimenti e per la definizione delle strategie aziendali di crescita. Infatti, le norme anti-elusive di questi paesi si caratterizzano per la loro ampia portata e per la


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previsione di specifiche garanzie procedurali per i contribuenti, in particolare per le imprese. La definizione di «punti fermi» nelle regole anti-elusive ha effetti positivi anche per l'amministrazione finanziaria, che può svolgere con maggiore rapidità ed efficacia la sua funzione di contrasto agli abusi, indirizzando la propria attenzione sui casi meno dubbi e riducendo così le possibilità di contenzioso e l'incertezza sulle sanzioni. In Italia, di recente, su iniziativa di alcuni gruppi parlamentari si è già svolto un interessante dibattito sulla vigente disciplina antielusiva che è limitata alle imposte dirette e ad alcune specifiche operazioni, espressamente indicate. Dal confronto tra parlamentari, esperti e tecnici è emersa l'opportunità dell'adozione di una disciplina generale anti-abuso riferita a tutte le imposte e non vincolata da un'elencazione tassativa di fattispecie; tale norma generale dovrebbe, come detto, accompagnare la definizione di abuso del diritto con la fissazione di regole procedurali.
Rivedere la fiscalità ambientale funzionale all'obiettivo di dare impulso alla crescita dell'economia lungo un percorso di sviluppo sostenibile. Le green taxes e, più recentemente, le carbon taxes, sono finalizzate a ridurre l'impatto ambientale delle attività di produzione e consumo, correggendo i comportamenti che determinano esternalità negative sull'ambiente (in termini di sfruttamento delle risorse naturali o di inquinamento). Queste imposte, infatti, producono segnali di prezzo che possono incentivare lo sviluppo di tecnologie innovative e generare, nel medio periodo, vantaggi in termini di crescita guidata dai 'settori verdi' (la cosiddetta green economy). Al fine di migliorare la qualità del prelievo tributario negli Stati Membri, la Commissione Europea ha indicato proprio le imposte ambientali, insieme a quelle sui consumi e sulla proprietà, tra gli strumenti in grado di attuare una redistribuzione virtuosa della composizione del prelievo, con impatto positivo sulla crescita (Annual Growth Survey, 2011). È attualmente in discussione al Consiglio Europeo la proposta di direttiva finalizzata a rivedere le accise sui prodotti energetici, commisurando le aliquote al contenuto di carbonio (carbon tax). La presidenza Danese intende dare impulso ai lavori.

Un sistema finanziario solido

Uno degli obiettivi in agenda del Governo è il sostegno alle piccole e medie imprese anche attraverso la creazione di un sistema finanziario solido. Come già accennato nella parte introduttiva, molte sono state le iniziative già attuate al riguardo.
Il processo di rafforzamento patrimoniale delle banche italiane è in atto da tempo ed è stato particolarmente intenso nel 2011; l'ulteriore adeguamento richiesto dalla raccomandazione dell'European Banking Authority (EBA) dello scorso 8 dicembre ha l'obiettivo di ripristinare la credibilità delle banche sul mercato interbancario, aprendo la strada all'attuazione degli accordi di Basilea III che richiedono agli intermediari, tra l'altro, di migliorare la qualità e incrementare la quantità del patrimonio.
L'introduzione di regole più severe sul capitale avrà, nel medio periodo, effetti positivi sulla crescita in quanto un rafforzamento patrimoniale attuato con equilibrio consente di ridurre il rischio di


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controparte percepito dagli investitori, con riflessi positivi sull'offerta di credito a sostegno dell'economia reale.
Peraltro, il Ministero dell'Economia e Finanze si è adoperato affinché in sede comunitaria venisse effettuata un'analisi dell'impatto della raccomandazione EBA sull'erogazione di credito, valutando l'adeguatezza dei tempi e delle modalità di esecuzione.
Per quanto riguarda l'accesso al credito delle PMI, il Governo in sede di negoziato sul pacchetto normativo in materia di requisiti patrimoniali delle banche (CRD IV - Basilea III), si è attivato per favorire l'introduzione di un fattore moltiplicativo (SMEs supporting factor) che avrebbe l'effetto di neutralizzare gli incrementi dei requisiti patrimoniali previsti da Basilea con riferimento ai prestiti alle imprese minori (18). Quanto alle ragioni della persistenza di problematiche relative all'accesso al credito delle PMI, può rilevarsi che a essa hanno contribuito fattori riconducibili essenzialmente:
All'emergere alla fine del 2011 di gravi problemi di liquidità per le banche del nostro Paese a seguito dell'aggravarsi della crisi del debito sovrano;
al nuovo quadro regolamentare e, in particolare, alla raccomandazione EBA del dicembre 2011 che ha avuto effetti pro-ciclici per l'economia;
al rilevante incremento delle sofferenze sui crediti, che ha messo ulteriormente sotto pressione i bilanci delle banche.

A fronte di queste difficoltà, sono risultati fondamentali gli interventi in tema di moratoria dei crediti alle PMI, il rafforzamento e allargamento dell'operatività del Fondo centrale di garanzia per le PMI, l'attività di supporto svolta dai Confidi. Strumenti che hanno consentito, nel loro insieme, di contenere gli effetti della fase negativa del ciclo economico. Ancor più importante è stato, peraltro, l'allentarsi della pressione della crisi finanziaria, a seguito degli ultimi interventi finalizzati al contenimento della dinamica del debito pubblico.
In ultima analisi, per assicurare la continuità dei flussi creditizi all'economia è indispensabile avere un sistema bancario stabile e ben patrimonializzato. L'azione congiunta del nuovo sistema di regole approvate o in corso di approvazione da parte dell'Unione Europea - si pensi anche ai limiti introdotti recentemente alle politiche di remunerazione e di distribuzione degli utili - e delle prassi di vigilanza armonizzate dovrebbe favorire un ritorno alla normalità.

Riforme strutturali e politiche per la crescita

L'economia italiana soffre di ritardi strutturali, che si sono manifestati già prima dell'attuale crisi economica e finanziaria. Occorrono riforme incisive e integrate che permettano di recuperare decenni di scarsa crescita, in un ambiente internazionale deteriorato dalla crisi economica.
Per competere in mercati sempre più globali le imprese italiane devono crescere aumentando la produttività e sfruttando il potenziale


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offerto dall'innovazione tecnologica. A causa dell'andamento debole della produttività si è avuto anche un aumento comparativamente più forte del costo unitario del lavoro rispetto agli altri paesi, che ha reso i prodotti italiani meno competitivi sui mercati internazionali. Il rilancio dell'economia italiana impone di agire su diversi fronti, rafforzando la capacità innovativa e quindi accrescendo la profittabilità delle imprese e aiutandole nel divenire più competitive sui mercati internazionali.
Negli ultimi anni le quote di mercato dell'Italia nelle esportazioni mondiali si sono costantemente ridotte sia in valore sia, soprattutto, in quantità. Le grandi imprese esportatrici italiane sono specializzate in produzioni in parte caratterizzate da bassi livelli tecnologici. Nelle produzioni tecnologicamente più avanzate (computer, apparecchi elettronici e ottici) sono specializzati gli esportatori medio-piccoli, ma quantitativamente rappresentano una parte meno rilevante delle esportazioni totali. La recente crisi economica ha investito in modo rilevante il settore dei grandi esportatori; il settore dei piccoli e medi esportatori, invece, sembra aver reagito meglio alle nuove condizioni di mercato. L'ambiente imprenditoriale italiano appare poco appetibile per le multinazionali estere: ciò è testimoniato dalla contrazione degli investimenti diretti esteri in entrata, a fronte della stabilità di quelli in uscita.
In sintesi, le caratteristiche dell'export italiano, con un'offerta principalmente focalizzata sui beni tradizionali fatta da imprese di ridotta dimensione, confermano l'urgenza di innovare per competere sui nuovi mercati.
A livello nazionale, l'aumento della produttività richiede un ambiente aperto e concorrenziale. La concorrenza produce competitività e quindi crescita economica. La manovra finanziaria approvata dal Governo a dicembre 2011 (19), ha posto le basi per il consolidamento delle finanze pubbliche anche attraverso un'ampia azione di riforma del mercato dei prodotti e dei servizi. Il sostegno alla crescita economica è stato quindi operato tramite il miglioramento del contesto in cui operano le imprese e il rafforzamento della protezione dei consumatori attraverso liberalizzazioni, deregolamentazioni e semplificazioni.
A gennaio, il Governo ha approvato un pacchetto di riforme strutturali per la crescita, tenendo ampiamente conto delle segnalazioni dell'Antitrust, al fine di rimuovere due grandi vincoli che hanno compresso per decenni il potenziale di crescita dell'Italia:
l'insufficiente concorrenza dei mercati;
l'inadeguatezza delle infrastrutture.
In particolare, con l'emanazione del Decreto «Cresci Italia» il Governo ha fatto un passo importante nel percorso verso la piena apertura di settori e mercati in cui permangono delle ingiustificate restrizioni alla concorrenza.

Le misure coprono molti ambiti, a partire dai servizi professionali, per i quali è prevista l'abrogazione delle tariffe, l'ampliamento della pianta organica dei notai e il potenziamento del servizio di distribuzione farmaceutica.


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Di primaria importanza in un Paese come l'Italia è la disposizione diretta ad avviare la separazione della gestione dell'infrastruttura del trasporto del gas (Snam Rete Gas) dal soggetto proprietario (ENI), al fine di attuare un effettivo mercato concorrenziale del gas naturale. Nel mercato dell'energia il Governo è inoltre impegnato nella modifica della regolazione per contribuire a ridurre il prezzo del gas; nell'introduzione di misure per ridurre i costi di approvvigionamento di gas da parte delle imprese, nella liberalizzazione della distribuzione dei carburanti.
Affinché il cittadino possa usufruire di servizi pubblici e privati efficienti e funzionali, il Governo è intervenuto anche nell'ambito dei servizi pubblici locali, con la razionalizzazione degli ambiti territoriali di riferimento perché i servizi siano organizzati su dimensioni coerenti con l'ottenimento di economie di scala e di scopo, nonché con l'introduzione di forme premiali per gli enti locali che si orientano verso la messa a gara dei servizi e di vincoli più stringenti per le gestioni in-house.
I primi stimoli alla crescita economica sono stati offerti dall'eliminazione dei vincoli burocratici (quali nulla osta, autorizzazioni, licenze) che ostacolano l'avvio delle attività d'impresa, rafforzando quindi il sostegno al tessuto imprenditoriale.
Per superare le difficoltà nel processo di liberalizzazione nel settore del trasporto ferroviario, aereo e, marittimo, e migliorare le condizioni di offerta e la qualità dei servizi anche nel settore autostradale è stata prevista l'istituzione di un Regolatore indipendente (20).
Per quanto riguarda il trasporto pubblico locale, la liberalizzazione è in pieno corso. Il decreto legge del 13 agosto 2011 (21), aveva già imposto riforme rilevanti al settore con l'obiettivo di conseguire la liberalizzazione in tempi brevi. Il decreto legge del 20 gennaio 2012 completa questo scenario. In particolare si prevede che gli affidamenti senza gara cessino inderogabilmente nel 2012. In caso d'inottemperanza degli Enti locali il Governo eserciterà i poteri sostitutivi. Si prevedono infine forti limitazioni all'in house e l'obbligo di gare anche per i servizi ferroviari regionali.
Le liberalizzazioni considerate sono state accompagnate dal rafforzamento delle tutele verso i consumatori. In particolare, è stato definito un regime di trasparenza rafforzato in tema di clausole vessatorie, offrendo un'ulteriore tutela amministrativa contro la vessatorietà delle clausole inserite nei contratti tra professionisti e consumatori. È prevista, al riguardo, l'attribuzione di maggiori poteri all'Autorità garante per la concorrenza e il mercato.
In secondo luogo, al regime per l'esercizio delle class action, si potrà ricorrere più agevolmente, attraverso la rimozione di alcuni limiti soggettivi e procedurali. È inoltre previsto in dettaglio il contenuto minimo delle carte di servizio (che definiscono gli obblighi ai quali sono tenuti i gestori dei servizi pubblici, anche locali) stabilendo che nelle stesse debbano essere indicati in modo specifico i diritti, anche di natura risarcitoria, che i consumatori e le imprese utenti possono esigere nei confronti dei gestori del servizio.


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Infine, sono rafforzati gli strumenti di tutela a favore delle imprese di minori dimensioni, estendendo anche alle microimprese (22) le tutele attualmente previste dal Codice del Consumo in favore delle sole persone fisiche.
Per quanto concerne la materia assicurativa, sono state introdotte specifiche disposizioni ai fini, da un lato, della repressione delle frodi e, dall'altro, per una maggiore apertura del mercato prevedendo sanzioni per le compagnie assicurative che limitano, di fatto o con previsioni contrattuali, la libertà dell'agente nell'offrire servizi e prodotti ritenuti più adeguati.
La rinnovata attenzione all'innovazione, come chiave di sviluppo ed efficienza, si sostanzia in provvedimenti volti a sostenere e incentivare la ricerca scientifica tecnologica e industriale di qualità con una attenzione particolare alla diffusione delle tecnologie e la mobilità dei ricercatori. Dal buon esito dell'operazione dipendono sia il successo dei programmi di risanamento dell'economia, sia quello degli stimoli alla crescita e competitività. Il contenimento dei costi della burocrazia contribuirà anche a rafforzare il credito di fiducia che i Paesi dell'Eurozona e gli investitori internazionali decideranno di accordare all'Italia nei mesi a venire.
La particolare attenzione che il Governo ha inteso riservare alle imprese e al risanamento delle finanze, in questa fase di congiuntura economica sfavorevole, si è tradotta in un decreto legge sulla semplificazione fiscale (23), che introduce alcune novità che renderanno ancora più marcata l'azione nel campo della semplificazione della normativa tributaria e della lotta all'evasione. Il provvedimento contiene diverse misure che permetteranno ulteriori passi avanti verso equità e controllo mirato degli illeciti, insieme a norme per la razionalizzazione delle spese di gestione degli enti territoriali provinciali.

La Direttiva Servizi

Il Governo italiano ha ben interpretato lo spirito e gli obiettivi della Direttiva Servizi. L'intento di liberalizzazione e di semplificazione del quadro regolamentare relativo alle attività di servizi ha connotato prima il decreto legislativo di recepimento della direttiva (24) e, successivamente, gli interventi normativi a valle di tale decreto, interventi, peraltro, relativi a tutte le attività economiche.
La trasposizione è stata il frutto di un lavoro complesso e impegnativo, che ha consentito di stabilire un stretto coordinamento tra tutte le autorità competenti. Sono stati, in particolare, individuati i referenti per ciascuna amministrazione e si è stabilita una rete statale e regionale per portare avanti le attività successive alla trasposizione.
Il decreto ha inoltre utilizzato lo strumento della cosiddetta clausola di cedevolezza, secondo il quale le disposizioni dettate dal decreto legislativo 59/2010 che incidono su materie di competenza esclusiva regionale e su materie di competenza concorrente, troveranno applicazione fin quando ciascuna regione e provincia autonoma ancora inadempiente non abbia adottato la propria normativa di attuazione della direttiva servizi.


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Così come l'attuazione della direttiva non ha «chiuso» le aspettative delle istituzioni europee in materia di mercato interno dei servizi, così la trasposizione della direttiva nel nostro ordinamento è stata progressivamente inserita in un contesto più ampio di liberalizzazione delle attività economiche.
Dopo l'introduzione della Scia (Segnalazione certificata di attività), in luogo della dichiarazione di inizio attività, quale regola generale di esercizio delle attività economiche, i decreti del Governo hanno apportato significate semplificazioni e liberalizzazioni al quadro normativo in materia di accesso e di esercizio di attività di servizi, in gran parte delineato con il decreto legislativo 59/2010.
Anche i servizi professionali, rientranti nel campo di applicazione della direttiva, sono stati interessati dal processo di liberalizzazione in corso. Notevoli innovazioni sono state previste per le società di professionisti. La recente Legge 183/2011, infatti, ha introdotto la possibilità di costituire società con la partecipazione anche di soggetti non professionisti, chiarendo che la costituzione delle società può avvenire secondo i modelli societari regolati dal Codice civile (e, quindi, non solo società di persone o associazioni di professionisti), e aprendo altresì alla partecipazione del capitale. In ogni caso il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale dei professionisti deve essere tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci.
Il decreto-legge di agosto (25) ha inoltre previsto che entro 12 mesi dall'entrata in vigore del decreto, e, in ogni caso dalla data del 13 agosto 2013 (26), dovranno essere riformati gli ordinamenti professionali (27) secondo i principi, in particolare, della libertà di accesso alla professione, della possibilità di esercizio in forma societaria, della libertà di pubblicità informativa. Per la diffusione delle informazioni sulla direttiva è stato realizzato un portale web specifico dal Dipartimento per le politiche europee. A inizio del 2012, inoltre, il Governo, per il tramite dello stesso Dipartimento, ha pubblicato on line una Guida per l'utente al fine di diffondere il più possibile la conoscenza della direttiva. Il rapido succedersi delle norme in materia di liberalizzazione e di semplificazione richiederà un ulteriore sforzo di coordinamento al fine di «rivedere» tutte le procedure in materia di accesso e di esercizio di attività di servizi e poter, conseguentemente, individuare quali regimi autorizzatori e quali requisiti possano essere mantenuti nell'ordinamento perché giustificati da un motivo imperativo di interesse generale, nel rispetto dei principi di non discriminazione e di proporzionalità.
Appositi tavoli di coordinamento dovranno essere aperti anche con le Regioni, al fine di addivenire all'individuazione e all'applicazione di criteri quanto più possibile omogenei sull'intero territorio nazionale. Uno sforzo innovativo dovrà anche essere compiuto per definire puntualmente i requisiti nazionali o regionali da applicare (solo se giustificati da motivi di ordine pubblico, salute pubblica, sicurezza pubblica e tutela dell'ambiente) anche ai prestatori transfrontalieri di servizi.
Difficoltà attuative riguardano ancora lo sportello unico attraverso il quale, come disposto dalla direttiva, il prestatore di servizi deve poter espletare tutte le procedure e le formalità per l'accesso e


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l'esercizio delle attività di servizi. È stata riscritta la disciplina del SUAP (28) ponendo l'obbligo di realizzarlo in forma telematica e affidando la gestione del front-end alle Camere di commercio territorialmente competenti, nei casi in cui i comuni non intendano provvedere autonomamente. Le difficoltà di gestione telematica, tuttavia, hanno condotto all'introduzione di deroghe (29).
Al fine di dare soluzione quanto prima alle criticità evidenziatesi, è prevista una fase di sperimentazione nell'ambito degli obiettivi più generali di semplificazione (30). Sulla base della sperimentazione, che quindi coinvolgerà gli sportelli unici comunali, il Governo adotterà, entro il 31 dicembre 2012, norme per l'ottimale funzionamento degli sportelli unici.

Ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali

In merito all'attuazione della direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2011 in materia di ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali, la modalità tecnica di recepimento della stessa è rappresentata dall'esercizio, da parte del Governo, di una delega affidata dal Parlamento. Il Governo ha ricevuto mandato (31) di adottare, entro dodici mesi, un decreto legislativo per l'integrale recepimento della direttiva con particolare attenzione a contrastare gli effetti negativi della posizione dominante di imprese sui propri fornitori o sulle imprese subcommittenti, in particolare nel caso in cui si tratti di micro, piccole e medie imprese, nonché in caso di violazione diffusa e reiterata di ritardi di pagamenti posta in essere ai danni delle imprese, con particolare riferimento a quelle piccole e medie, l'abuso si configura a prescindere dall'accertamento della dipendenza economica. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato può procedere a indagini e intervenire in prima istanza con diffide e irrogare sanzioni relativamente a comportamenti illeciti messi in atto da grandi imprese. Considerata la scadenza della delega, la direttiva troverà attuazione prima del 16 marzo 2013 (32). Si rileva altresì come il disegno di legge comunitaria per il 2011, attualmente all'esame del Senato, preveda un ulteriore anticipo del termine di recepimento della direttiva, riducendo a sei mesi il termine per il recepimento (33).
Quanto invece alle misure per l'accelerazione del pagamento dei debiti commerciali in essere, il Governo italiano è intervenuto per risolvere il problema dei ritardi dei pagamenti, soprattutto per quanto riguarda i rapporti tra imprese e pubblica amministrazione per ridurre lo stock del debito mediante l'inserimento di un'apposita norma (34). Tale norma destina al pagamento dei creditori commerciali dello Stato una somma complessiva di 5,7 miliardi di euro (35):
Con riferimento alle passività commerciali delle amministrazioni territoriali sono in corso di predisposizione i decreti ministeriali attuativi delle norme che stabiliscono che gli enti provvedano al rilascio di una certificazione del credito vantato dai fornitori, anche al fine di una cessione dello stesso (36) o di una compensazione con le somme dovute dal fornitore a seguito di iscrizione a ruolo di tributi (37).


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CONCLUSIONI

Il processo europeo di riforma, di cui l'Analisi Annuale della Crescita è parte integrante, offrono all'Italia l'occasione per una riflessione e un rafforzamento delle iniziative nazionali in corso. Il Governo approverà a breve il Programma Nazionale di Riforma che rappresenta una risposta a questi stimoli, una rendicontazione dell'azione svolta e un programma di lavoro per il futuro, nel solco, già in parte tracciato, di un processo radicale di trasformazione dell'economia e della società italiana.


NOTE:
(1) Concessione della garanzia statale su strumenti finanziari di debito emessi dalle banche che abbiano durata non inferiore a tre mesi e non superiore a 5 o a 7 anni (a partire dal gennaio 2012 per le obbligazioni bancarie garantite). Art. 8 decreto-legge n. 201/2011.
(2) Art. 9 decreto-legge n. 201/2011.
(3) Nel provvedimento si prevede che possano essere concesse garanzie per le PMI fino all'80 per cento dell'ammontare del finanziamento, elevando a 2,5 milioni per ciascuna impresa la base per il calcolo.
(4) Fondi comuni d'investimento armonizzati europei che investono almeno il 75 per cento dei capitali raccolti in società non quotate nella fase di sperimentazione, di costituzione, di avvio dell'attività o di sviluppo del prodotto.
(5) Artt. 4-5 decreto-legge 70/2011.
(6) In proposito si rinvia al paragrafo III.1, sezione concorrenza.
(7) Art. 2 decreto-legge n. 201/2011.
(8) Art. 29 decreto-legge n. 98/2011.
(9) Art. 40 decreto-legge n. 98/2011.
(10) Art. 27 decreto-legge n. 98/2011.
(11) Art. 12 decreto-legge n. 138/2011.
(12) Art. 2 decreto-legge n. 1/2012.
(13) L. n. 183/2011, articolo 2; decreto-legge n. 98/2011, articolo 11 e articolo 17; D.Lgs. n. 149/2011, articolo 9; decreto-legge n. 201/2011, articolo 29; decreto-legge n. 5/2012, articolo 53.
(14) In particolare i codici di classificazione permettono una prima ripartizione tra:
i) misure che evitano le doppie imposizioni, compatibili con l'ordinamento comunitario, o che garantiscono il rispetto di accordi internazionali e/o di principi di rilevanza costituzionale);
ii) misure inquadrabili nell'ambito di interventi di più vasta portata, che potrebbero prendere anche la forma di erogazioni di spesa (interventi di welfare; tutela di ambiente, patrimonio artistico, paesaggistico e culturale; incentivi a ricerca e sviluppo; concorrenzialità del sistema produttivo);
iii) misure da valutare in relazione ai destinatari effettivi, all'efficacia e agli effetti distributivi (territoriali, settoriali, sociali, imprese o esercenti arti e professioni senza distinzione settoriale);
iv) misure da valutare esclusivamente sotto il profilo tributario (semplificazione, emersione di imponibili, misure la cui soppressione determinerebbe l'esenzione dell'imponibile).
(15) A titolo esemplificativo la Tabella 1 riporta gli effetti finanziari relativi alle principali misure agevolative incluse nel rapporto del gruppo di lavoro sull'erosione fiscale.
(16) Nell'articolo 40 del DL 98/2011 e successivamente modificata dal DL 138/2011.
(17) La tabella 2 in Appendice riepiloga le principali misure introdotte dalle manovre correttive varate nel 2011 e i relativi effetti finanziari per il triennio 2012-2014.


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(18) Volume d'affari inferiore ai 50 milioni di euro.
(19) D. L. n. 201 del 6 Dicembre 2011 (cvt in L. n. 214/2011).
(20) Dl. 201/2011 cvt. in L. 214/2011. In attesa della sua costituzione, dal 30 giugno 2012, tali funzioni saranno svolte dall'Autorità per l'Energia elettrica e il Gas.
(21) Convertito in L. n. 148/2011.
(22) Con meno di 10 dipendenti e un fatturato annuo inferiore ai 2 milioni di euro
(23) Decreto legge 2 marzo 2012, n. 16, recante «Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento».
(24) Decreto legislativo 59/2010.
(25) decreto-legge 138/2011, convertito in legge 148/2011 recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo.
(26) Termine introdotto successivamente.
(27) Con decreto del Presidente della Repubblica emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2 della legge 400/88.
(28) Con il decreto del Presidente della Repubblica n. 160/2010, in vigore dal 30 marzo 2011.
(29) Con il decreto interministeriale del 10 novembre 2011.
(30) Sulla base del decreto-legge n. 5/2012, articolo 12.
(31) La legge n. 180 dell'11 novembre 2011 (Statuto delle imprese), all'articolo 10.
(32) Termine fissato dall'articolo 12, comma 1 della stessa legge.
(33) L'articolo 12 oltre ai generali princìpi e criteri direttivi stabiliti all'articolo 2 del disegno di legge, prevede inoltre:
* l'individuazione di modalità applicative della direttiva 2001/7/UE con riferimento ai contratti conclusi tra pubbliche amministrazioni e imprese prima del termine di cui all'articolo 12, paragrafo 4, della medesima direttiva 2011/7/UE;
* l'individuazione, con riferimento ai contratti conclusi prima del termine di cui all'articolo 12, paragrafo 4, della direttiva 2011/7/UE, di una disciplina transitoria relativa ai pagamenti delle imprese che vantano crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni, per quanto concerne i relativi contratti di subfornitura;
* l'adeguamento delle procedure contabili in materia di flessibilità di bilancio e rafforzamento della programmazione dei flussi di cassa in modo da includere in un unico atto l'intera disciplina della materia, sia con riferimento alle transazioni commerciali tra imprese che tra imprese e pubblica amministrazione. La scadenza di quest'ultima delega rispetterebbe comunque i termini indicati nella direttiva 2011/7/UE.
(34) Art. 35 nel decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 recante Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, convertito con modificazioni nella legge 24 marzo 2012, n. 27.
(35) Il comma 1 dispone infatti l'integrazione dei fondi speciali per la reiscrizione dei residui passivi perenti di parte corrente e di conto capitale per una somma complessiva pari a 2.700 milioni a cui si aggiungono, per le medesime partite debitorie, 2.000 milioni ai quali si può provvedere mediante assegnazione di titoli di Stato, mentre il comma 2 integra di 1.000 milioni il fondo per l'estinzione dei debiti pregressi contratti dalle amministrazioni centrali dello Stato, destinando la somma alla categoria dei consumi intermedi. In ogni caso sono esclusi dall'applicazione debiti il cui pagamento comporti effetti negativi sull'indebitamento netto. La circolare attuativa della norma, emanata dalla Ragioneria Generale dello Stato il 27 febbraio 2012, ha avviato presso le Amministrazioni un'attività di due diligence al fine di procedere a una revisione dello stock delle partite debitorie andate in perenzione individuando quelle effettivamente supportate da una persistente situazione giuridica passiva. Analoga attività di accertamento è stata attivata con riferimento ai debiti pregressi.
(36) Art. 9, comma 3-bis, del decreto-legge n. 185/2008, come modificato dall'articolo 13 della legge 12 novembre 2011 n. 183.
(37) Articolo 31, comma 1-bis, del decreto legge n.78/2010.


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APPENDICI

Tabella 1: Effetti finanziari delle principali misure agevolative incluse nel rapporto del gruppo di lavoro sull'erosione fiscale (milioni di euro)

  Effetti finanziari (mln di euro)
Erosione Immobili (differenza tra imposte commisurate alla rendita catastale e al valore di mercato) -63.955          
Cuneo fiscale IRAP -5.493          
Detrazioni Irpef per familiari a carico -10.516          
Detrazioni Irpef per redditi di lavoro e pensione -37.726          
Deduzione Irpef abitazione principale -3.276          
Esclusione dal reddito di contributi previdenziali e assistenziali -10.121          
Aliquote ridotte IVA -40.128          
Misure sulla fiscalità finanziaria -15.878          
Totale . . . -187.093          

Tabella 2: Effetti finanziari delle principali misure introdotte con le manovre correttive del 2011 (milioni di euro)



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  2012 2013 2014

Aumento delle imposte sul consumo
Accise (DL 201/2011) 5.901 5.634 5.720
Accise su carburante, tabacco e lotterie (DL. 98 e 138/2011) 4.073 4.003 4.042
Aumento dell'aliquota IVA standard (DL 138/2011) 4.236 4.236 4.236
Aumento aliquota IVA al 10% (al 12% dal 2012; al 12,5% dal 2014) 1.162 4.648 5.810
Aumento aliquota IVA al 21% (al 23% dal 2012; al 23,5% dal 2014) 2.118 8.471 10.590
Totale . . . 17.490 26.992 30.398
Incremento delle imposte sulla ricchezza
Introduzione IMU e rivalutazione della base imponibile sugli immobili (DL 201/2011) 10.660 10.930 11.330
Tassazione di specifici beni di lusso (DL 201/2011) 387 383 384
Tassazione di attività finanziarie (decreto-legge 138/2011) 1.421 1.534 1.915
Tassazione di attività finanziarie e attività detenute all'estero (DL 201/2011) 2.791 3.315 1.408
Totale . . . 15.259 16.162 15.037
Riduzione della tassazione sulle imprese (cuneo fiscale e ACE)
ACE - Aiuto alla Crescita economica
(DL 201/2011)
-951 -1.446 -2.929
Deducibilità dell'IRAP (DL 201/2011) -1.624 -3.611 -3.036
dalle imposte dirette per la parte riferita
al costo del lavoro
-1.475 -1.921 -2.042
per i dipendenti con meno di 35 anni
e le donne
-149 -1.690 -994
Totale . . . -2.575 -5.057 -5.965
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