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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione V
1.
Martedì 22 settembre 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE C. 2555 DI RIFORMA DELLA LEGGE DI CONTABILITÀ E FINANZA PUBBLICA

Audizione dei rappresentanti di ANCI, UPI, Conferenza dei presidenti delle regioni e Conferenza dei presidenti delle Assemblee legislative delle regioni e delle province autonome:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3 7 9 11 12 14 15
Alessandrini Paolo, Dirigente responsabile dei rapporti con il Parlamento della Conferenza delle regioni e delle province autonome ... 11
Cambursano Renato (IdV) ... 13
Leone Antonio (PdL) ... 14
Nicotra Veronica, Capo di gabinetto dell'ANCI ... 3
Pietrangelo Paolo, Direttore generale della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle regioni e delle province autonome ... 11
Pittaluga Giovanni Battista, Assessore all'organizzazione, risorse umane, finanziarie e strumentali, informatica della regione Liguria ... 9 13 15
Rosati Antonio, Assessore al bilancio della Provincia di Roma ... 7
Scozzese Silvia, Direttore scientifico dell'Istituto per la finanza e l'economia locale dell'ANCI ... 5 14

Audizione dei rappresentanti di ISTAT, ISAE, Corte dei conti e Banca d'Italia:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 15 20 23 27 32 33 34 36
Balassone Fabrizio, Direttore della direzione di finanza pubblica del Servizio studi di struttura economica e finanziaria della Banca d'Italia ... 34
Causi Marco (PD) ... 36
Franco Daniele, Capo del Servizio Studi di struttura economica e finanziaria della Banca d'Italia ... 27 34
Giovannini Enrico, Presidente dell'ISTAT ... 16 32 36
Leone Antonio (PdL) ... 32
Majocchi Alberto, Presidente dell'ISAE ... 20
Malizia Raffaele, Dirigente dell'ISTAT ... 32
Meloni Maurizio, Presidente di sezione della Corte dei conti ... 33
Mercuri Maria Cristina, Direttore dell'unità operativa finanza pubblica dell'ISAE ... 35
Pacifico Luigi, Consigliere della Corte dei conti ... 33
Paleologo Gian Giorgio, Presidente di sezione della Corte dei conti ... 23
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.

COMMISSIONE V
BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 22 settembre 2009


Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GIORGETTI

La seduta comincia alle 10,10.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione dei rappresentanti di ANCI, UPI, Conferenza dei presidenti delle regioni e Conferenza dei presidenti delle Assemblee legislative delle regioni e delle province autonome.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nel quadro dell'indagine conoscitiva avviata nell'ambito dell'esame della proposta di legge C. 2555 di riforma della legge di contabilità e finanza pubblica, l'audizione dei rappresentanti di ANCI, UPI, Conferenza dei presidenti delle regioni e Conferenza dei presidenti delle Assemblee legislative delle regioni e delle province autonome.
Siamo interessati a conoscere l'opinione delle istituzioni qui rappresentate sul testo del disegno di legge al nostro esame, al fine di comprendere quali proposte migliorative ed emendative del provvedimento siano sostenute da un ampio consenso. Per ragioni di tempo, chiedo di contenere gli interventi di ciascuna Istituzione nel tempo massimo di 15 minuti. I deputati presenti potranno poi porre quesiti e svolgere osservazioni.
Per l'ANCI sono presenti Silvia Scozzese, Francesca Romagnoli e Veronica Nicotra, cui do la parola per la relazione introduttiva.

VERONICA NICOTRA, Capo di gabinetto dell'ANCI. Mi scuso per la mancanza di una rappresentanza istituzionale. Purtroppo, il presidente Chiamparino è assente per un impegno sopraggiunto questa mattina.
Informo che è già stato distribuito un documento dove in modo più ampio è illustrata la posizione dell'Associazione.
Rispetto al disegno di legge in esame, le questioni da evidenziare attengono in particolare alle disposizioni che riteniamo siano in contraddizione, o si sovrappongano, con la legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale. Dopo di me, la dottoressa Scozzese più nel dettaglio illustrerà alcuni aspetti più problematici, che attengono al nuovo ciclo finanziario disciplinato nel disegno di legge.
Come Associazione, ci preme evidenziare la disponibilità che la Camera dei deputati sta ponendo in essere per correggere un'impostazione di metodo. In sede di prima lettura al Senato, di fatto, non sono state coinvolte le autonomie territoriali e loro rappresentanze nella discussione di un provvedimento che, per molte parti, le riguarda direttamente.
Tengo, quindi, a manifestare il plauso dell'Associazione, sia per l'incontro che c'è stato in sede tecnica qualche giorno addietro, sia per l'audizione di oggi.
Il primo aspetto che ritengo utile segnalare è l'esigenza - lo dico in termini molto generali - di stralciare tutte quelle disposizioni che disciplinano istituti già ampiamente disciplinati nella legge n. 42, che tutti sapete essere il prodotto di un confronto proficuo tra le autonomie territoriali


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e il Governo, che si è prolungato ed esteso anche durante l'iter di approvazione del provvedimento in Parlamento.
Propongo un elenco molto sintetico dei punti che riteniamo debbano essere eliminati dal testo. Sicuramente, la previsione contenuta nell'articolo 2 del progetto di legge, relativa alla delega per l'armonizzazione dei princìpi contabili e l'adozione degli schemi di bilancio, in quanto tale delega - come è noto - è già contenuta nell'articolo 2 della legge sul federalismo fiscale. Si porrebbero problemi di ordine giuridico, ma forse anche di ordine costituzionale, di un certo rilievo laddove, appunto, si procedesse all'elaborazione degli schemi dei decreti legislativi, in attuazione della legge già in vigore, rispetto invece a una norma in fieri, che peraltro sembra contenere princìpi e criteri direttivi di carattere diverso, oltre che - come vedremo - una governance del procedimento di predisposizione dei decreti anch'essa assai differente rispetto a quella delineata nella legge n. 42.
Mi limito a segnalare un ulteriore aspetto che riteniamo incoerente, relativo alla previsione contenuta nell'articolo 9 del disegno di legge, in cui viene disciplinata, con regole di diretta applicazione, una bozza di normativa relativa alla cosiddetta regionalizzazione del patto di stabilità; disciplina che, con delega, è già contenuta nella legge n. 42, all'articolo 17.
Anche su questo punto, dunque, riteniamo opportuno mantenere la disposizione di delega al legislatore, così come prevede una legge già in vigore.
Mi soffermo poi sul tema più generale, che rappresenta sicuramente uno dei passi in avanti più significativi che la legge sul federalismo fiscale ha compiuto, ossia la delineazione di un sistema di governance della finanza pubblica che riteniamo molto innovativo e, soprattutto, capace di far progredire tutto il sistema verso un coordinamento finanziario il più possibile efficace.
Lì, come sapete, vengono delineate sedi istituzionali e tecniche che hanno alla base una filosofia di fondo, che garantisce una piena rappresentanza degli interessi dei singoli livelli di governo.
Quanto all'istituenda Commissione tecnica, è già stato emanato un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e sono già stati designati i membri da parte dei singoli livelli di governo.
L'articolo 4 della legge n. 42 del 2009 attribuisce alla Commissione tecnica una serie di compiti, tra cui quello di elaborare e raccogliere le basi informative necessarie per la predisposizione dei decreti legislativi.
A nostro avviso, l'impostazione di fondo del disegno di legge in esame sembra far fare un passo indietro rispetto a un'idea di governance federale del sistema finanziario.
Lo stesso discorso vale per alcune specifiche previsioni del testo oggi in esame. Alludo al comitato che dovrebbe lavorare per la predisposizione del decreto per l'armonizzazione dei princìpi contabili, in cui c'è molto poco di paritetico. I comuni, ad esempio, hanno un solo rappresentante. Quindi, la composizione è fortemente squilibrata rispetto ad una concezione paritaria di rappresentanza degli interessi.
In questa prospettiva, mi riferisco anche alla previsione di una banca dati di raccolta di tutte le informazioni finanziarie e contabili.
Riteniamo sicuramente necessario prevedere un luogo di raccolta di tutte le informazioni economiche e contabili, ma credevamo che lo sviluppo naturale del ruolo esercitato dalla commissione tecnica, in modo conforme alla legge n. 42, fosse la realizzazione di una segreteria, di un soggetto, di una banca dati che supportasse inevitabilmente la commissione tecnica stessa, che ha già per legge il compito di raccogliere tutte le informazioni contabili.
L'articolo 14 della proposta di legge in esame prevede l'incardinamento della banca dati presso il Ministero dell'economia e delle finanze. Riteniamo però che già la legge n. 42 del 2009 indicasse una strada importante per superare uno dei maggiori problemi che si sono evidenziati in questi anni nel rapporto con il Governo,


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ossia la difficoltà a condividere gli obiettivi e le grandezze economico-finanziarie generali.
In questo senso, la legge già approvata indicava una prospettiva importante. Quindi, vorremmo invitare la Commissione bilancio, nell'esame in sede referente, a valutare nuovamente questo punto.
Ribadisco che la posizione dell'ANCI è fortemente critica riguardo alla parte del testo che entra in contraddizione o si sovrappone alla legge sul federalismo fiscale. Riteniamo, dunque, che tutte queste disposizioni debbano essere stralciate.
Lascio ora la parola alla dottoressa Scozzese, per la parte relativa alla riforma del ciclo finanziario.

SILVIA SCOZZESE, Direttore scientifico dell'Istituto per la finanza e l'economia locale dell'ANCI. Signor presidente, dirò solo qualche battuta per far capire da dove nascono le nostre perplessità.
Evidentemente, questo testo di legge - come ha ben detto la collega - si sovrappone a un obiettivo condiviso dalla legge n. 42 del 2009, ossia trovare una strada nuova, che sia corollario all'attuazione del federalismo fiscale, per una cosiddetta governance multilivello della finanza.
Il federalismo fiscale, infatti, deve partire da un percorso del genere, da un luogo nel quale ognuno, con le proprie prerogative assegnate dalla Costituzione, possa contribuire all'elaborazione della manovra di finanza pubblica.
Secondo me, e a parere dell'ANCI, è necessario che esista un luogo che garantisca l'autonomia e la possibilità di programmazione finanziaria, ossia quegli aspetti la cui assenza in questi ultimi anni - sia per l'emergenza di finanza pubblica, sia per una sovrapposizione di norme che non ci ha aiutato - non ci ha permesso di programmare l'attività finanziaria.
Ogni anno abbiamo assistito al cambiamento delle regole del patto di stabilità, alla compressione dell'autonomia finanziaria e via dicendo. Effettivamente, ormai, come sapete meglio di me, il bilancio si fa a marzo-aprile perché noi dobbiamo sempre attendere un percorso di individuazione di tutti gli elementi che lo compongono, compresi quelli che dovrebbero essere programmati almeno per 3-5 anni, come la spesa per investimenti e l'accesso al debito, che nella legge n. 42 avevano un percorso di condivisione prima dei dati e degli strumenti, poi nel cosiddetto patto di convergenza. Quest'ultimo, effettivamente, dava la possibilità di verificare l'avvicinamento ai costi standard, ma anche i livelli di saldo e di debito programmati, nonché altri obiettivi di finanza pubblica.
Abbiamo, invece, qui una compressione, fin dal 20 luglio, con la presentazione della Decisione di finanza pubblica - vale a dire l'attuale Documento di programmazione economico-finanziaria - in Conferenza unificata. Su tale decisione deve essere reso un parere entro i primi dieci giorni di settembre. È poi prevista la presentazione alle Camere della cosiddetta legge di stabilità, - l'attuale legge finanziaria - e della legge di bilancio, che fra il 15 ottobre e la fine di dicembre dovrebbero definire tutte le grandezze di cui abbiamo parlato.
Obiettivamente, il percorso individuato non appare diverso da quello che conosciamo. Anzi, dal punto di vista del quadro normativo, non della prassi costituzionale e parlamentare, ciò rappresenta quasi un passo indietro, dal momento che - se non ricordo male - il DPEF oggi dovrebbe essere presentato entro giugno. Ora, abbiamo addirittura una restrizione dei tempi.
Proseguendo, faccio un accenno all'articolo 9 del progetto di legge, che è strutturato in modo che, ai fini del coordinamento della finanza pubblica degli enti territoriali, non si comprende se i saldi del patto di stabilità interno vengano decisi nel Patto di convergenza oppure nella Decisione di finanza pubblica. Dopodiché, c'è un riferimento anche alla Decisione di finanza pubblica e alla manovra di bilancio. Insomma, obiettivamente non si evince quel percorso da noi immaginato, sotteso all'attuazione del federalismo fiscale, che avrebbe dovuto portare gli enti locali a ottenere quanto finora abbiamo chiesto,


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cioè disporre prima dei tendenziali, per capire, in sostanza, come stanno andando i flussi di cassa degli enti locali e le altre variabili.
Sono aspetti che non conosciamo nonostante siamo già nel mese di settembre. Nella giornata di ieri ci sono state presentate le linee guida della manovra finanziaria, ma non abbiamo ancora informazioni in merito alle dinamiche del patto di stabilità interno e non conosciamo neppure gli andamenti dei tiraggi di cassa.
Cito esempi pratici per farvi capire qual è la difficoltà che ritroviamo nella lettura di questo percorso. Oggi non partecipiamo realmente alle decisioni, bensì diamo pareri su numeri preconfezionati e sulla base di criteri definiti in altri settori della pubblica amministrazione, senza alcun confronto.
Secondo noi, questo percorso dovrebbe cambiare, se veramente si vuole realizzare un federalismo fiscale. Infatti, nel momento in cui viene assicurata l'autonomia, non è possibile aspettare novembre o dicembre per sapere quale sia l'obiettivo del patto o per avere informazioni circa le proprie entrate o i trasferimenti. Con l'impostazione contenuta nella proposta di legge, la situazione non sembra cambiare. Anzi, si conferma una prassi costituzionale e parlamentare che, obiettivamente, ha ingessato - scusatemi, se sottolineo questo aspetto - la possibilità di qualsiasi decisione di programmazione degli enti locali.
A nostro parere, come ha detto la collega, la legge n. 42 del 2009 rappresenta la giusta sede di azione. Attraverso il percorso di emanazione di tutti i decreti delegati, è possibile individuare un disegno nuovo e coerente. All'interno di quella norma, infatti, sono già contenuti princìpi per l'armonizzazione dei bilanci pubblici che consentiranno di leggere i dati in modo tale da capire come si fanno i costi standard.
Sussistono princìpi importantissimi, che qui si perdono. Penso alla pubblicità, ad esempio, cioè alla disponibilità per tutti, anche per i cittadini, dei dati di finanza pubblica più importanti, con la possibilità di sapere quali sono i fabbisogni standard prima e dopo il riequilibrio.
Si tratta di piccole, ma grandi questioni, anzi di vere e proprie rivoluzioni.
Temiamo che l'idea sottesa al federalismo fiscale nella legge n. 42 venga dispersa attraverso una procedura che a volte è anche difficile leggere, perché, obiettivamente, questi quattro articoli fanno rimandi l'uno all'altro. Quindi, evidentemente, lasciano al legislatore delegato uno spazio che, però, è chiuso in un confine troppo angusto per un governo multilevel maturo di un Paese che vuole realizzare il federalismo fiscale.
Chiudo con due osservazioni molto tecniche che, a mio parere, necessitano di una riflessione importante.
Come dicevo, la banca dati è essenziale, ma lo è anche l'accenno a sistemi contabili, come il bilancio di cassa, che obiettivamente lasciano perplessi. Abbiamo accenni, infatti, addirittura nell'ambito della manovra finanziaria, alla possibilità di verificare l'andamento di cassa.
Ebbene, non capiamo più e ci domandiamo se qui venga deciso il sistema di contabilità degli enti locali. Abbiamo già una norma, c'è una delega aperta. Ci chiediamo se qualcuno potrà incidere sulla cassa, a un certo punto, o se verrà rispettata l'autonomia, con i saldi e i livelli di pressione fiscale concordati, a livello di debito prefissato.
Registriamo spunti di dettaglio che non sono princìpi - e, quindi, non dovrebbero far parte di una delega, dal punto di vista puramente tecnico -, ma che sotto il profilo sostanziale aprono a un meccanismo di contabilità obiettivamente diverso e che nessun Paese adotta.
Non vogliamo rinunciare, ovviamente, alla verifica dei flussi di cassa, ma non vogliamo neanche che la decisione su un argomento così importante - come il sistema di contabilità - sia trasversale a un provvedimento del genere e non sia condivisa con gli strumenti e i mezzi che già abbiamo adottato.


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PRESIDENTE. Proporrei di ascoltare tutti i nostri ospiti, per poi dare spazio alle domande.
Do la parola al rappresentante dell'UPI.

ANTONIO ROSATI, Assessore al bilancio della Provincia di Roma. Vi lasciamo innanzitutto un documento, che speriamo sia puntuale, su tutto il provvedimento, poiché tutta una serie di rilievi, anche tecnici, risultano abbastanza importanti.
Permettetemi, tuttavia, di partire da un'impostazione di fondo. Abbiamo la sensazione che si rischi di ingenerare una certa confusione e di appesantire un lavoro difficile e complesso, molto importante, che stiamo svolgendo in questi mesi con il ministro Calderoli, su tutta la riforma del sistema delle autonomie.
Peraltro, i nostri bilanci - sicuramente molti dei parlamentari presenti avranno amministrato enti locali - sono regolati da una legge dello Stato.
All'articolo 15, comma 1, lettera e) di questo provvedimento si parla di servizi ispettivi. Ciò è abbastanza bizzarro, poiché abbiamo bilanci certificati dai revisori dei conti. Si tratta di dati ufficiali e pubblici. Non siamo una società dello Stato, come la società Stretto di Messina, nei confronti della quale è possibile comprendere il ricorso ai servizi ispettivi. Parlare di servizi ispettivi sul patto di stabilità per gli enti locali, che hanno bilanci certificati e pubblici, diventa bizzarro.
Intendo dire che ci stiamo muovendo sulla legge n. 42 del 5 maggio 2009, che dovrebbe essere la madre del federalismo fiscale, sulla quale stiamo svolgendo un lavoro particolarmente significativo.
Ebbene, seppure sia comprensibile, giusto e meritorio che lo Stato si interroghi e cerchi di riordinare la nostra finanza pubblica, in questo modo si entra però «a gamba tesa» sul lavoro faticosamente consolidato degli enti locali. Siccome le contabilità delle regioni presentano alcuni problemi - ogni regione ha una propria contabilità - cerchiamo di completare il lavoro e poi si tratterà solo di parlarsi. In questo modo, invece, classicamente rischiamo che la mano sinistra non sappia quello che fa la mano destra.
Vi segnalo alcune contraddizioni: chi ha amministrato comuni e province sa che è ormai consolidato tra noi, che bilanci efficienti debbano essere presentati entro dicembre. È una prassi non sempre rispettata, ma in genere si dà per scontata. Come prevede la legislazione vigente, noi dobbiamo pubblicare entro il 15-20 ottobre - la legge prevede la pubblicazione per almeno sessanta giorni - il piano delle opere pubbliche, che è l'atto fondamentale per i comuni e, in particolare, per le province, in quanto - come sapete - si tratta di enti particolarmente votati agli investimenti.
Ebbene, voi capite cosa significhi pubblicare entro il 15 ottobre il piano degli investimenti, che è intimamente correlato al sistema di indebitamento. Sapete perfettamente che gli investimenti si fanno in parte con risorse proprie, in parte con indebitamento, nell'ambito dei dati di bilancio che ogni ente può sopportare e che viene adeguatamente certificato.
La tempistica prevista da questo provvedimento rischia in realtà di far saltare la nostra programmazione, perché gli enti «seri» presentano a settembre il piano delle opere e lo discutono nei propri organismi, per pubblicarlo poi a metà ottobre. Quindi, non c'è correlazione tra i tempi qui previsti e quello che fanno gli enti territoriali più seri, efficienti e virtuosi, che ormai rappresentano un punto di riferimento per tutti gli altri comuni e province.
Siccome, in qualche modo, il patto di stabilità è la «croce» del nostro Paese, sopratutto per tutti gli enti locali, ormai da qualche anno ci misuriamo per trovare un punto di caduta, un punto di uscita. Al di là della discussione più vasta sul patto di stabilità, vi ricordo che stiamo discutendo con il Ministero dell'economia delle finanze, in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, con il Ministero dell'interno e con il Ministro Calderoli una revisione radicale (ormai consolidata e accettata da tutti) del patto di stabilità.


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Non siamo ancora arrivati a una proposta definitiva, ma la stiamo discutendo. Con questo provvedimento, invece, si dà un'impostazione che ormai non tiene conto di un punto fermo del Titolo V della parte seconda della Costituzione, cioè che siamo enti dello Stato, anzi, siamo Stato.
Quando si parla di servizi ispettivi, ad esempio, rimaniamo letteralmente esterrefatti. Vi chiedo che cosa significhi avere servizi ispettivi per gli enti locali che hanno bilanci certificati e pubblicizzati, alcuni dei quali sono misurati da rating internazionali.
Il problema è delle regioni, poiché nel provvedimento si ipotizza il sistema regionale. In quel caso dobbiamo effettivamente discutere e dobbiamo definire parametri - ad esempio, relativi a territorio e densità demografica - , in quanto le realtà sono chiaramente molto diverse. Se una regione può sforare il patto di stabilità e lo deve riequilibrare al proprio interno, in quel caso dobbiamo effettivamente definire alcuni parametri. Ma lo stiamo facendo nell'ambito della legge n. 42, sul cosiddetto federalismo fiscale.
In sostanza, ci permettiamo di proporre anche un metodo di lavoro. Se in questo provvedimento si inseriscono fattori che condizionano in misura molto forte i bilanci delle autonomie, allora rischiamo di creare una particolare confusione e di vanificare un lavoro particolarmente prezioso che stiamo facendo in sede di dibattito e di discussione con il Ministro Calderoli, in rappresentanza del Governo, sulla partita del federalismo fiscale.
Abbiamo la netta sensazione che i due provvedimenti non comunichino o che non siano armonizzati tra loro. Ci permettiamo sommessamente di sottolineare che, unitamente ai rappresentanti dell'ANCI, ma anche delle regioni, abbiamo alcune proposte in serbo. Chiediamo di prendere un po' di tempo su tali questioni. Altrimenti, in questo Paese rischiamo di fare sempre riforme poco serie, incomplete, sulle quali è necessario tornare a lavorare.
Come noto, gli enti locali sono soggetti dello Stato. Mi permetto di ricordare che su 100 euro di investimenti pubblici, 70 passano per il sistema delle autonomie locali. Quindi, stiamo parlando del cuore del nostro Paese. Ebbene, vi assicuriamo che, con questo provvedimento, ci bloccate l'attività, ci impedite una seria programmazione, ci fate saltare una serie di coerenze, ci obbligate a rivedere diversi parametri.
Proponiamo allora di discutere e di approfondire tecnicamente alcune questioni. Del resto, lo spirito del provvedimento è assolutamente meritorio. Approfondiamo la questione in esame, perché sulla legge n. 42 siamo ormai a buon punto, siamo alle porte della nascita del cosiddetto federalismo fiscale.
Tra l'altro, a quel proposito, dovremmo discutere dei costi standard e di altri argomenti. Abbiamo svolto un lavoro prezioso. Probabilmente, a quel punto, potremo armonizzare i due provvedimenti. Si tratterà soltanto di prendere atto di un lavoro prezioso.
Non vorrei annoiarvi con altri aspetti tecnici. Voglio solo sottolineare che è proprio la filosofia a monte che guida questo provvedimento ad aver portato all'inserimento - in maniera un po' muscolare e con un atteggiamento di concezione ancora antica, che per certi versi comprendiamo, poiché i giornali li leggiamo tutti - dell'idea che nei comuni, province e regioni ci sia sempre questa sorta di gestione allegra delle risorse dello Stato. Non è più così: bisogna esserci passati e aver svolto una qualche funzione, soprattutto nei grandi enti, per capirlo. Certamente molti di voi questa attività l'hanno svolta.
Ci stiamo sforzando, da questo punto di vista, di riformare questo Paese e di introdurre criteri di virtuosità, di efficienza, giustamente meritocratici. In parte, nello spirito di questo provvedimento, lo abbiamo capito. Ad ogni modo, abbiamo inserito una parte che ci riguarda e che stiamo affrontando con grande forza e coerenza nell'ambito della legge n. 42 e, in particolare, nella Conferenza Stato-Città, con il Ministro Calderoli, con il Ministro dell'interno e con il Ministro dell'economia e delle finanze.


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PRESIDENTE. Passiamo adesso ai governi regionali.
Do la parola all'assessore all'organizzazione della regione Liguria, Giovanni Battista Pittaluga.

GIOVANNI BATTISTA PITTALUGA, Assessore all'organizzazione, risorse umane, finanziarie e strumentali, informatica della regione Liguria. Signor presidente, vogliamo ringraziare innanzitutto la Commissione per questa convocazione, che è un'occasione di confronto importante. Ovviamente, condividiamo l'esigenza di una revisione degli strumenti contabili di questo Stato. Lo impone l'Unione europea e il cammino verso il federalismo fiscale.
Riteniamo importante che da questo confronto tra Stato, regioni e autonomie territoriali possa trovare esito lo sforzo di convergenza e armonizzazione, che è stato ribadito anche dagli interventi che hanno preceduto il mio, tra la legge n. 42 del 2009 e il progetto di legge in questione.
Ovviamente, le regioni hanno elaborato un documento tecnico, che verrà consegnato alla Commissione.
Le osservazioni che facciamo su questa proposta di legge riguardano due aspetti fondamentali.
Il primo è che esistono numerose sovrapposizioni fra questa proposta di legge e la legge n. 42 del 2009, come è stato più volte osservato. L'altro punto è che spesso, in più parti di questa proposta di legge, si osserva il prevalere di una forma di centralizzazione di competenze, laddove, nella legge n. 42, vi era un più ampio respiro di natura federale.
Vorrei ora toccare i punti principali, che per le regioni meritano un'attenzione e, se possibile, una revisione. Il primo punto riguarda l'armonizzazione dei bilanci: anche la legge n. 42 del 2009 prevede sostanzialmente una delega al Governo per emanare decreti legislativi che consentano di individuare i princìpi fondamentali dell'armonizzazione dei bilanci pubblici. Tuttavia, il processo attraverso cui questa armonizzazione viene delineato nella legge n. 42 passa attraverso la Conferenza unificata. C'è, quindi, un processo condiviso da parte dello Stato, delle regioni e delle autonomie territoriali.
Viceversa, la proposta di legge delega-quadro in discussione prevede che questo processo di armonizzazione passi attraverso un costituendo comitato, composto da ventidue componenti. I princìpi contabili che sono preposti all'armonizzazione dei bilanci non sono più concordati in sede di Conferenza unificata, ma sono già previsti schemi rigidi per la redazione dei bilanci e dei rendiconti.
Quindi, le regioni propongono che, all'articolo 2 del progetto di legge, le norme inerenti all'armonizzazione dei bilanci e l'istituzione del comitato siano eliminate e che le competenze in materia di armonizzazione dei bilanci siano ricondotte alla Conferenza unificata.
Il secondo punto per noi degno di attenzione è la trasmissione e condivisione dei dati. È chiaro che uno degli aspetti fondamentali per l'attuazione concreta del federalismo fiscale è una simmetrica disponibilità di informazione da parte di tutti i livelli istituzionali, vale a dire che non ci siano disponibilità di informazioni squilibrate tra un livello istituzionale e un altro.
Nella legge n. 42 sul federalismo fiscale si prevede l'istituzione della commissione tecnica paritetica, nell'ambito della Conferenza unificata. A questa commissione è devoluto il compito di promuovere la realizzazione di rilevazioni e attività necessarie per soddisfare i fabbisogni informativi dei vari livelli istituzionali. La Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, nell'ambito della Conferenza unificata, inoltre, ha il compito di verificare la congruità dei dati e delle basi informative fornite dalle amministrazioni territoriali.
Per contro, nella presente proposta di legge, agli articoli 14 e 16, si prevede che le procedure di acquisizione dei bilanci delle autonomie territoriali siano operate dalla Ragioneria generale dello Stato attraverso la costituzione, presso di essa, di una banca dati unitaria delle amministrazioni pubbliche. Questo è un caso che, con la trasmissione e condivisione dei dati,


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conferma quello che dicevo all'inizio in merito a uno dei problemi posti da questa proposta di legge, cioè una maggiore intensità di concentrazione di competenze nello Stato, rispetto agli altri livelli istituzionali.
Anche in questo caso, quindi, si propone di eliminare la norma che istituisce presso la Ragioneria generale dello Stato la banca dati e di riportare la responsabilità della gestione dei dati in capo alla commissione tecnica paritetica, nell'ambito della Conferenza unificata.
Un terzo punto di attenzione riguarda i bilanci consolidati. Sia la legge n. 42 che la presente proposta di legge prevedono la redazione di bilanci consolidati di regioni ed enti locali. Nel caso della legge n. 42, la delega è attribuita al Governo, mentre nel caso del presente progetto di legge, si prevede che lo schema tipo di bilancio consolidato sia definito dal Ministero dell'economia e delle finanze. Questo è piuttosto un caso di sovrapposizione e quindi vi è l'esigenza di raccordare i due testi legislativi. Il suggerimento delle regioni è di eliminare, anche in questo caso, la norma presente nel testo oggi in esame, in modo da evitare la sovrapposizione con la legge n. 42.
Quarto punto è il coordinamento della finanza pubblica e la fissazione degli obiettivi. La legge n. 42 prevede che la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, che opera nell'ambito della Conferenza unificata, concorra alla definizione degli obiettivi di finanza pubblica e che, quindi, gli obiettivi in materia vengano definiti dal Governo attraverso un confronto e una valutazione congiunta in sede di Conferenza unificata.
Viceversa, la definizione di questi obiettivi per le amministrazioni locali e le regioni, con riferimento, in particolare, al livello di indebitamento sostenibile, nella proposta di legge vengono definiti nella Decisione quadro di finanza pubblica, cioè nel documento che sostituisce il DPEF. È chiaro che, in questo caso, vi è non solo una sovrapposizione, ma di nuovo una concentrazione di competenze, rispetto alla legge n. 42.
La proposta delle regioni è di eliminare la norma e ricondurre la definizione degli obiettivi di finanza pubblica per comparto alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, attraverso un confronto e una valutazione da operarsi in sede di Conferenza unificata.
Il quinto punto di attenzione riguarda il monitoraggio della finanza pubblica, aspetto che è già stato toccato in uno degli interventi precedenti. Nella legge n. 42 questo compito è affidato alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, che concorre alla definizione delle procedure per accertare eventuali scostamenti dagli obiettivi delle regioni e degli enti locali e per definire gli eventuali interventi necessari ad assicurare il rispetto degli obiettivi prefissati.
Viceversa, il presente progetto di legge prevede che sia la Ragioneria generale dello Stato a esercitare questa azione di controllo e di monitoraggio della finanza pubblica. Anche in questo caso, quindi, non si tratta di un'iniziativa di tipo condiviso e concordato tra lo Stato e gli altri livelli istituzionali, ma si opera una concentrazione delle competenze nello Stato in relazione a questa attività di controllo.
Il sesto punto riguarda gli indicatori di risultato e l'articolo 2, comma 2), lettera f) del presente testo in esame. È chiaro che, mentre la legge n. 42 prevede una serie di indicatori relativi ai costi e ai fabbisogni standard e offre una logica di miglioramento dell'efficienza delle regioni e degli enti locali, proponendo costi standard e indicando obiettivi di maggiore efficienza, viceversa, la presente proposta di legge individua indicatori di natura statica, meno ambiziosi, che comunque rappresentano una sovrapposizione verso quelli definiti dalla legge n. 42 e non ne rispettano la logica.
Infine, l'ultimo punto riguarda le regioni a statuto speciale e le province autonome. Ci preme sottolineare il fatto che nella legge n. 42 del 2009 si riconosceva lo stato speciale delle regioni e delle province autonome; viceversa, nella presente proposta di legge si introduce una disciplina che presenta aspetti di incoerenza


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rispetto alle attribuzioni, le competenze e lo stato delle regioni a statuto speciale.
Si propone, quindi, di inserire nel testo della presente proposta una disposizione generale di raccordo, nella quale si trovi confermato, per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano, quanto disposto negli statuti speciali di queste regioni e nelle relative norme di attuazione, in coerenza con quanto previsto dalla legge n. 42 del 2009. Su questo punto vorrei che il dottor Alessandrini specificasse alcuni aspetti sollevati da alcune regioni a statuto speciale e da alcune province.

PAOLO ALESSANDRINI, Dirigente responsabile dei rapporti con il Parlamento della Conferenza delle regioni e delle province autonome. Signor presidente, intendo semplicemente consegnare due note che ci sono pervenute dalla regione Valle d'Aosta e dalla provincia autonoma di Trento, a firma, rispettivamente, del presidente Rollandin e del presidente Dellai, che pertanto consegno alla Commissione.

PRESIDENTE. Acquisiamo agli atti questi documenti, che credo portino avanti le ragioni delle province autonome e delle regioni a statuto speciale.
L'ultimo contributo è quello dei rappresentanti delle Assemblee legislative delle regioni e delle province autonome.
Do la parola al dottor Pietrangelo.

PAOLO PIETRANGELO, Direttore generale della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle regioni e delle province autonome. Signor presidente, porto a lei e agli onorevoli deputati presenti i saluti della presidente Donini, che si rammarica di non poter essere presente oggi a Roma e che mi ha chiesto la disponibilità a illustrare il documento di riflessione che i presidenti hanno condiviso, rispetto al disegno di legge in oggetto, naturalmente con collegamenti anche a quanto era stato già a suo tempo esposto nell'ambito dell'istruttoria della legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale.
Intervengo molto succintamente, anche per lasciare spazio eventualmente al dibattito e alle domande. Esporrò alcuni elementi propri del punto di vista delle assemblee legislative regionali, anche per integrare e non ripetere quanto esposto dai rappresentanti dei Governi regionali e degli enti locali, che mi hanno preceduto.
Naturalmente, il provvedimento, a nostro avviso, era indispensabile e necessario. Quindi, da questo punto di vista, esprimiamo il nostro pieno plauso, proprio nell'ottica del coordinamento della finanza pubblica e del superamento, come visione generale, del perimetro del bilancio dello Stato, verso un raccordo maggiore con le regole della contabilità dell'Unione europea.
Anche in questo caso, abbiamo sollevato il problema del raccordo con la legge n. 42 del 2009 e del rapporto tra le sedi di raccordo previste dalla proposta di legge C. 2555 e dalla legge n. 42.
A nostro avviso, è importante riportarsi allo spirito della legge n. 42 e prestare attenzione alla corrispondenza tra i criteri e i princìpi introdotti dalla presente proposta di legge e quelli della legge n. 42, per evitare rischi di sfasature temporali della legge delega n. 42, con conseguenti ricadute anche sulla potestà legislativa concorrente regionale.
Invece, nel merito, sottolineo due specificità, per quanto concerne l'armonizzazione dei sistemi di contabilità, naturalmente presentando il punto di vista delle assemblee regionali.
Il primo concerne, a nostro avviso, una genericità eccessiva nella definizione dei princìpi e dei criteri direttivi. Mi riferisco, in particolar modo, all'articolo 2, comma 2, lettere a) e b) del testo in esame.
Intendo dire che, a nostro avviso, non appare chiaro che cosa si intenda per armonizzazione dei sistemi contabili e delle procedure di bilancio, posto che un conto è parlare di adozione di regole contabili uniformi, altro conto è far riferimento all'introduzione di un comune piano dei conti integrato, al fine di consentire il consolidamento e il monitoraggio dei comuni schemi di bilancio, articolati


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per missioni e programmi, come previsto dalle lettere a) e c) del comma 2, dell'articolo 2.
Nel primo caso, infatti, si esprime l'intento di armonizzare i bilanci degli enti territoriali attraverso sistemi di raccordo, finalizzati a garantire l'effettiva misurabilità dei conti pubblici dei diversi livelli di governo, rispetto agli obiettivi della programmazione dei vincoli europei.
Nel secondo, invece, a nostro avviso, la delega esprime la tendenza a introdurre veri e propri schemi unici e uniformi nella redazione dei bilanci.
Quindi, pur ribadendo la piena condivisione del raggiungimento dell'obiettivo del contenimento del debito e degli obiettivi di trasparenza e accountability, si segnala che la scelta andrebbe, a nostro avviso, attentamente valutata, anche alla luce del principio autonomistico del diritto al bilancio, che è proprio delle assemblee legislative regionali. Queste ultime, quindi, dovrebbero poter mantenere in ogni caso un proprio margine di autonomia, almeno sul lato delle procedure di bilancio. Da questo punto di vista, viene svolta la riflessione di carattere politico e istituzionale, a monte del fatto che le leggi di bilancio regionali sono sempre più leggi di governo, strumenti di governo delle politiche regionali.
Da una constatazione della realtà, si evince la visione per cui diversi territori, pur nel rispetto del patto di stabilità interno e dei vincoli di bilancio, e quindi dell'utilizzo virtuoso delle proprie risorse finanziarie, devono poter mantenere una certa autonomia nella gestione. Di qui deriva la sottolineatura di questa tecnicalità, in particolar modo in riferimento all'articolo 2, comma 2, lettere a) e c).
Il secondo punto, sempre per restare sull'armonizzazione dei sistemi di contabilità, che è una delle competenze proprie dell'assemblea legislativa nell'approvazione del bilancio, riguarda l'opportunità di introdurre una più puntuale disciplina della tassonomia comune per la riclassificazione dei dati contabili.
La riforma prevede, anche in questo caso, nell'ottica di un'armonizzazione, una delega molto generica - a nostro avviso - al legislatore delegato. Mi riferisco al comma 2, lettera b), dell'articolo 2 del disegno di legge. Dal nostro punto di vista, sarebbe invece auspicabile l'inserimento di una più articolata disciplina direttamente nella legge, o quantomeno l'introduzione di princìpi e criteri direttivi maggiormente articolati, rispetto a quelli attualmente previsti, senza lasciare l'intero e complesso processo di riclassificazione al legislatore delegato.
Si sottolinea che questa introduzione è opportuna in virtù della complessità della normativa di contabilità che vige a livello regionale e che tale processo andrebbe a modificare, con le concrete conseguenze che esso comporterebbe sulle autonomie territoriali, soprattutto il profilo della programmazione delle spese di governo delle politiche pubbliche regionali.
Vengo all'ultimo punto, sempre molto succintamente, dal momento che è già stato accennato da chi mi ha preceduto.
Svolgerò un'ultima considerazione sui tempi del ciclo annuale della decisione di bilancio. A mio avviso, andrebbero riviste le tempistiche, in un'ottica generale di governo della Repubblica, tenendo anche conto dei tempi per l'approvazione dei bilanci regionali.
Considerate, ad esempio, che nel 2009, nonostante il patto di stabilità interno fosse stato licenziato nel mese di ottobre, i tempi medi di approvazione di una legge di bilancio a livello regionale sono stati all'incirca di 30-36 giorni. Quindi, per raggiungere un maggior raccordo tra i livelli di governo e anche per il ruolo che devono avere i legislatori nazionali e regionali, occorre tener conto proprio della tempistica nazionale, anche in virtù dei tempi necessari a livello regionale per essere pronti con i bilanci approvati entro la fine di un anno solare.

PRESIDENTE. I contributi dei soggetti auditi sono anche in forma scritta e sono stati distribuiti ai colleghi presenti e a quelli che vorranno prenderne visione nei prossimi giorni.


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Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

RENATO CAMBURSANO. Signor presidente, l'Italia dei Valori, al Senato della Repubblica, non votò a favore di questo provvedimento e chi per il mio gruppo intervenne in quel ramo del Parlamento, per lo più anticipò una serie di osservazioni critiche, pur apprezzando invece un lungo elenco di lati positivi che il disegno di legge oggi alla nostra attenzione già contiene. Esso necessita, per l'appunto, di essere messo su binari leggermente diversi, soprattutto nei rapporti con le autonomie territoriali rappresentate stamani in questa audizione.
Riassumo gli esiti dell'audizione di oggi in due princìpi fondamentali, che ovviamente condivido.
Il primo è verificare con attenzione - i vostri contributi, signori rappresentanti, sono molto utili - quali siano le sovrapposizioni, le contraddizioni contenute in questa proposta di legge rispetto alla legge n. 42 del 2009, ma restiamo anche tutti in attesa di sapere quali sono le norme e i princìpi che il Ministro per le autonomie e la semplificazione normativa individuerà. Lo chiamo Ministro delle autonomie, perché si è autodefinito tale. Peraltro, è stato lui a seguire personalmente la legge n. 42, peraltro con grande dedizione. Lo dico in senso costruttivo e positivo.
Ci dica, pertanto, che cosa intende fare rispetto al codice delle autonomie locali, onde evitare che oggi si ragioni per verificare se le norme contenute in questo disegno di legge sono compatibili con la riforma costituzionale del 2001 e con la legge n. 42 - avete evidenziato quali sono le contraddizioni o, comunque, le sovrapposizioni - e poi si arrivi invece all'emanazione di un codice delle autonomie che in qualche modo di nuovo rimetta in discussione tutto.
Non sarebbe male che, finalmente, questo Paese, nei vari livelli istituzionali, procedesse in parallelo. Ciò non significa rinviare sine die, bensì compiere tutti insieme uno sforzo maggiore.
Allo stesso modo, credo sia opportuno, anche per non trovarsi in perfetta contraddizione con quanto si afferma, nell'individuazione di istituzioni, commissioni e comitati che si moltiplicano - l'uno magari in contraddizione con l'altro - capire chi fa che cosa e soprattutto evitare che ci siano inutili doppioni.
Rivolgo la mia domanda in particolare all'assessore della regione Liguria, chiedendo se siano state fornite, da parte dell'organismo che lei rappresenta - non è stato evidenziato da alcuno, salvo alcuni contributi dati da esterni; probabilmente lo sentiremo nella seconda parte della mattinata - , osservazioni e indicazioni precise sul numero e sui tempi della formazione dei collegati agli strumenti di finanza pubblica, quindi sulle scadenze che vengono scelte, onde evitare che ci si trovi con collegati da portare ancora a compimento quando già si mette mano alla nuova legge finanziaria (continuo a chiamarla così, per comodità).
Non so come, ma bisognerà operare una riflessione attenta, poiché anch'io credo che si debba arrivare a tempi più snelli - condivido totalmente quest'impostazione - e che l'arco temporale per le nuove scadenze di finanza pubblica si dilati troppo.
Nello stesso tempo, questi tempi devono consentire a chi di dovere, quindi alle regioni, alle province e ai comuni, di avere il tempo materiale per esaminare la situazione, per capire dove si stia andando, che cosa si debba fare e, soprattutto, per dire se davvero si crede a un federalismo che coinvolga dal basso e che non venga imposto dall'alto.

GIOVANNI BATTISTA PITTALUGA, Assessore all'organizzazione, risorse umane, finanziarie e strumentali, informatica della regione Liguria. Le regioni non si sono soffermate molto sull'aspetto dei tempi. Ci rendiamo perfettamente conto che è possibile che uno dei vizi di questa proposta di legge, cioè il tentativo di centralizzare determinati aspetti, possa nascere dall'esigenza di accorciare i tempi di cui lei parlava.


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Siamo altrettanto convinti che uno degli aspetti importanti della legge n. 42 è l'aver riaffermato il principio della condivisione in materia di finanza pubblica tra i diversi livelli istituzionali. Riteniamo che possano esserci margini di compatibilità tra questo principio e il rispetto dei tempi rapidi, che lei giustamente auspica e che sono importanti anche per noi, oltre che per il Governo centrale.

PRESIDENTE. Nell'ambito di una riunione informale, che abbiamo tenuto in sede tecnica, qualcuno degli esperti ha sollevato l'obiezione che il principio di armonizzazione dei sistemi contabili sia sostanzialmente una violazione del principio di autonomia federalista. Vorrei capire come la pensate, poiché credo che nel principio di armonizzazione sia insita una ragione fondata, nel senso che c'è la necessità di mettere assieme e di consolidare i conti a fini europei, o di conoscenza generale.
Vorrei chiedervi dove sia il confine tra la ragionevole soddisfazione di questa esigenza, che tutti avvertiamo, e l'invasione dell'autonomia dei vostri enti.
Facciamo attenzione, perché poi bisogna calarsi dai princìpi teorici alla realtà pratica, ovvero lo sforzo che noi stessi dovremmo cercare di compiere. Se qualcuno vuol avventurarsi su questo terreno, ben venga, però credo che sia una delle questioni, come diceva il relatore, che si dovranno affrontare.

ANTONIO LEONE. Ho sentito parlare in alcuni interventi di una «parvenza» - utilizzo questo termine in quanto non credo sussista questo rischio - di incostituzionalità, come se il principio dell'autonomia violato fosse rapportabile a un'eventuale incostituzionalità.

PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

SILVIA SCOZZESE, Direttore scientifico dell'Istituto per la finanza e l'economia locale dell'ANCI. Mi permetto di fare un'osservazione personale: è più rilevante il tema della legislazione concorrente regionale. La vera discussione dovrebbe svolgersi con riferimento al momento in cui si è deciso di includere la materia dell'armonizzazione dei princìpi contabili tra quelle attribuite alla legislazione concorrente. A mio avviso, questa è la vera domanda e il vero problema si situa proprio al livello della limitazione della potestà legislativa delle regioni.
Dal punto di vista dell'autonomia - dato che lavoro con i comuni, mi permetto di affiancarmi agli enti locali e alle province - il tema non sussiste.
Tuttavia, continuando il ragionamento, mi chiedo dove si ponga l'esigenza e quale sia la differenza: sull'armonizzazione, evidentemente, le regioni hanno la capacità, con la propria legislazione, di incidere su aspetti che, però, non possono andare, secondo me, oltre l'individuazione di meccanismi interni. Mi riferisco a questioni relative a quali siano i documenti di bilancio e quant'altro.
La questione si pone in termini diversi se il nostro intento è quello di realizzare un sistema che ci porti a verificare i costi standard e alcuni elementi comuni.
A tale proposito, mi permetto di dire che questi aspetti riguardano un problema che abbiamo tentato di affrontare in uno dei tavoli della cosiddetta data room che voi conoscete. Mi riferisco al problema dell'imputazione a bilancio delle varie voci e quindi dei numeri. La base di partenza per avere quel percorso condiviso che ci dovrebbe portare a tale meccanismo è quella di avere una base comune di princìpi contabili e di imputazione delle voci, quindi la confrontabilità dei documenti di tutti gli enti territoriali coinvolti.
A mio avviso, quindi, non si può dire che vi sia un'invasione da questo punto di vista, poiché si tratta di un interesse nazionale che non può essere assolutamente compromesso.

PRESIDENTE. È interesse degli enti stessi potersi confrontare con gli altri, per vedere se l'applicazione è corretta, in prospettiva.

VERONICA NICOTRA, Capo di gabinetto dell'ANCI. Il principio di delega che


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si era concordato nella legge n. 42, all'articolo 2, comma 2, lettera h) era costruito bene. Teneva conto dell'eventuale rischio di incorrere in un profilo di incostituzionalità, cercava di salvaguardare le esigenze soprattutto attinenti ai bilanci regionali, per renderli comparabili, in una prospettiva di determinazione dei livelli standard.
Faccio presente che, non a caso, i criteri predefiniti e uniformi devono essere concordati in sede di Conferenza unificata, poiché si rileva una costante giurisprudenza costituzionale che ritiene che, nell'ambito della materia concorrente, un'eventuale sofferenza della legislazione regionale può trovare, attraverso l'applicazione del principio di leale collaborazione, una qualche forma di ristoro.
Quindi, l'invito è quello a ritornare a tale applicazione e a redigere il decreto legislativo sulla base della legge n. 42 del 2009.

GIOVANNI BATTISTA PITTALUGA, Assessore all'organizzazione, risorse umane, finanziarie e strumentali, informatica della regione Liguria. Naturalmente la mia è un'opinione personale, nel senso che la Conferenza delle regioni non si è soffermata su questo aspetto. Credo che si debbano distinguere due aspetti.
Uno di essi riguarda i criteri di formazione dei bilanci armonizzati che probabilmente vanno concordati insieme, nell'ambito della Conferenza unificata. In questa Conferenza si ha la partecipazione di regioni ed enti locali alla definizione di tale quadro di riferimento contabile; altra cosa è l'armonizzazione dei bilanci. È chiaro che un sistema federale non può prescindere dai bilanci armonizzati, per due ragioni fondamentali, la prima delle quali è la trasparenza verso il cittadino.
Siccome il federalismo fiscale non è altro che una componente del federalismo politico e la sua premessa, è chiaro che il cittadino deve trovarsi di fronte a criteri contabili uniformi, per poter valutare l'amministrazione con cui ha a che fare.
Il secondo aspetto in questione è quello relativo alla confrontabilità, che è stata ribadita in precedenza e che ha due aspetti. Uno di essi è quello, che potremmo chiamare microeconomico, dell'efficienza. Come dicevo in precedenza, infatti, la nostra legge n. 42 delinea un percorso di convergenza delle regioni e degli enti locali verso una frontiera di standard. Quindi, per poter verificare come questo percorso proceda, occorrono bilanci che necessariamente devono essere confrontabili.
L'ulteriore aspetto è quello macroeconomico. È chiaro che le regioni e gli enti locali sono sottoposti al patto di stabilità interno, così come lo Stato è sottoposto al patto di stabilità e crescita a livello europeo e, quindi, si esigono bilanci che possano essere verificati e leggibili.

PRESIDENTE. Non necessariamente sono illeggibili quelli delle regioni e degli enti locali, semmai lo è quello dello Stato. Forse è l'approccio ad essere sbagliato: l'armonizzazione per costringere noi a fare qualcosa di più semplice e leggibile.
Ringraziamo i nostri ospiti per il loro contributo, che speriamo possa essere utile per i nostri lavori.
Informo la Commissione che la seduta riprenderà alle ore 11,30 con le audizioni dei rappresentanti di ISTAT, ISAE, Corte dei conti e Banca d'Italia.
Sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 11,10, è ripresa alle 11,35.

Audizione dei rappresentanti di ISTAT, ISAE, Corte dei conti e Banca d'Italia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nel quadro dell'indagine conoscitiva avviata nell'ambito dell'esame proposta di legge C. 2555 di riforma della legge di contabilità e finanza pubblica, l'audizione di rappresentanti di ISTAT, ISAE, Corte dei conti e Banca d'Italia, che ringrazio per aver inviato una qualificata rappresentanza all'odierna riunione della Commissione.
Le audizioni sono finalizzate a individuare possibili interventi migliorativi della proposta di legge al nostro esame.


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Il presidente dell'ISTAT, professor Giovannini, è al battesimo in questa Commissione, data la sua recente nomina. Rivolgo al presidente Giovannini i miei auguri di buon lavoro per il nuovo incarico e gli do la parola.

ENRICO GIOVANNINI, Presidente dell'ISTAT. Signor presidente, è un piacere essere in Commissione oggi per fornire alcune considerazioni su questa importante proposta di legge, la quale si pone, fondamentalmente, tre obiettivi principali: la realizzazione di un coordinamento forte tra livelli di governo per l'ordinato governo della finanza pubblica, nella duplice prospettiva del decentramento costituzionale e dell'integrazione nella governance europea; la riforma della legge finanziaria e dell'intero ciclo della programmazione; e il completamento della riforma del bilancio dello Stato per missioni e programmi.
Le osservazioni che seguono sono prevalentemente svolte nell'ottica dell'ISTAT, cui spetta, in primo luogo, il compito di assicurare un'informazione coerente e sistematica sull'evoluzione degli aggregati di finanza pubblica, secondo l'approccio proprio dei conti nazionali.
Inoltre, in quanto ente esponenziale del Sistema statistico nazionale, l'ISTAT è tenuto anche a dare indicazioni per favorire l'adozione di pratiche di bilancio armonizzate, da parte dell'ampia platea di istituzioni che compongono il settore delle amministrazioni pubbliche.
Questa proposta di legge assume un particolare rilievo in quanto modifica in profondità alcuni degli assetti dei flussi informativi. Nel mio intervento, mi soffermerò su tali aspetti.
Con riferimento al coordinamento e all'armonizzazione dei sistemi contabili, e al fine di facilitare il conseguimento del primo degli obiettivi sopra citati, la proposta di legge fissa alcune disposizioni di particolare rilevanza nel Titolo I, che contiene una specifica delega al Governo in materia.
La legge si rivolge a tutte le amministrazioni pubbliche identificate come tali dall'ISTAT, sulla base delle definizioni di cui agli specifici regolamenti comunitari.
Tale richiamo è importante, in quanto delinea in modo chiaro i soggetti destinatari delle norme e appare del tutto appropriato al fine di individuare l'ambito in cui dovranno agire i decreti legislativi. Va però sottolineato come per altre finalità, quali ad esempio gli interventi di politica economica-finanziaria, propri della legge finanziaria, o dei provvedimenti collegati, appaia necessario, anche alla luce dell'esperienza fino a oggi maturata dalla legge finanziaria per il 2005, prevedere specificamente l'identificazione degli enti a cui le norme si applicano o, in alternativa, degli enti che non ne sono destinatari.
Riteniamo, quindi, che tale previsione dovrebbe essere necessariamente prevista nei provvedimenti di cui agli articoli 10 ed 11, al fine di rendere gli stessi più efficaci, evitandone improprie finalizzazioni, e, soprattutto, dal nostro punto di vista, al fine di ridurre drasticamente il contenzioso in sede giurisdizionale, cioè la contestazione all'ISTAT della classificazione settoriale, adottata per la definizione del settore della pubblica amministrazione, a cui, altrettanto impropriamente, gli enti coinvolti tendono talvolta a ricorrere per evitare l'esecutività di certe norme.
L'articolo 2 fissa alcuni fondamentali princìpi e criteri direttivi che dovranno essere rispettati per conseguire l'obiettivo dell'armonizzazione, e che, dal nostro punto di vista, sono tutti condivisibili.
In particolare, il riferimento che troviamo al comma 2, lettera c), il quale prevede tra i principi e criteri direttivi l'adozione di comuni schemi di bilancio, articolati in missioni e programmi coerenti con la classificazione economica e funzionale, è essenziale, perché consente, attraverso il collegamento diretto alle classificazioni economiche e funzionali del sistema europeo dei conti nazionali, di rappresentare il quadro delle politiche pubbliche attuate dall'insieme delle amministrazioni pubbliche, consolidandone i dati quantitativi secondo contenuti omogenei.


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La classificazione COFOG, in particolare, rappresenta la chiave di riferimento strategica e ad essa dovranno convergere tutte le classificazioni di tipo funzionale attualmente adottate dalle singole amministrazioni, ivi compreso lo Stato.
Questo è molto importante, specialmente nel momento in cui si ridefinisce la governance multilivello propria del futuro assetto federale, all'interno del quale bisogna monitorare i comportamenti di ciascuno degli attori centrali e locali che concorrono alla realizzazione di una particolare politica.
La successiva lettera d) prevede l'introduzione, a fini conoscitivi e in via sperimentale, di un sistema e di schemi di contabilità economico-patrimoniale che si ispirino a comuni criteri di contabilizzazione. Tale sistema dovrebbe essere sviluppato accanto alla contabilità finanziaria.
A tale proposito, si esprime un certo scetticismo sull'efficacia di detta previsione, poiché le amministrazioni, non essendo tenute, da un punto di vista gestionale, all'utilizzo della contabilità economico-patrimoniale, potrebbero applicare la norma in modo approssimativo, con conseguente minimizzazione della portata informativa reale di tali schemi, ispirati appunto alla contabilità economico-patrimoniale. La norma, quindi, se dovesse essere adottata, dovrebbe almeno essere integrata con la previsione che i suddetti schemi debbano essere esplicitamente e analiticamente raccordati con la contabilità finanziaria.
La predisposizione dei decreti legislativi di cui all'articolo 2 della proposta di legge richiede il concorso dei diversi soggetti istituzionalmente coinvolti, essendo molteplici gli aspetti da normare e diversi i punti di vista da tenere in considerazione.
A tal fine, il comma 5, dell'articolo 2, dispone correttamente l'istituzione di un comitato per i princìpi contabili delle amministrazioni pubbliche, a cui partecipa anche un rappresentante dell'ISTAT. Il comitato dovrà operare in raccordo con la Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale, di cui all'articolo 4 della legge n. 42 del 5 maggio 2009, nella quale, tuttavia, l'ISTAT non è rappresentato.
Questa asimmetria può determinare un rischio, perché potrebbe portare a una minore coerenza delle caratteristiche dei due sistemi informativi e degli stessi con le esigenze della rappresentazione macroeconomica. La coerenza di questi interventi deve, quindi, essere assolutamente garantita per evitare successive confusioni.
Con riferimento all'articolo 2, ma anche ad altre parti della proposta di legge, appare necessario prestare grande attenzione al coordinamento delle norme in discussione con quelle previste dalla legge delega n. 42 del 5 maggio 2009, appena citata. I due provvedimenti, infatti, recano disposizioni riferite agli stessi oggetti o a materie analoghe, con rischi reali di conflitto che attengono sia ai contenuti, sia alla tempistica della loro entrata in vigore.
In particolare, le materie coinvolte sono: la modalità attraverso cui pervenire all'armonizzazione dei bilanci; la definizione delle banche dati, dei luoghi in cui esse si formano e delle modalità con le quali accedervi; la predisposizione dei bilanci consolidati fra amministrazioni pubbliche e aziende controllate; il processo di formazione e condivisione degli obiettivi di finanza pubblica e quello delle regole del patto di stabilità interno e, infine, il funzionamento armonico e la coerente definizione delle competenze dei diversi organismi e comitati istituiti dai due provvedimenti.
La proposta di legge in esame, d'altra parte, non assume al suo interno, in particolare nel processo di fissazione comune degli obiettivi, la questione della definizione degli standard e degli obiettivi di servizio da parte dei relativi livelli di governo centrali e locali.
Da questi obiettivi dovrebbe, infatti, derivare l'impatto e le conseguenti quantificazioni sulla fiscalità e sui trasferimenti perequativi, la cui gestione, ai sensi della Costituzione e della legge n. 42 del 2009, ricade nella responsabilità primaria dello Stato. Si tratta di elementi la cui rilevanza fondamentale è stata sopra appena accennata,


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ma a cui dovrebbe essere assegnata centralità strategica all'interno del quadro delineato nel Titolo III della proposta di legge in esame.
Il secondo punto importante riguarda la riforma degli strumenti della programmazione. Il testo sostanzialmente conferma gli strumenti della programmazione vigente con alcune modifiche terminologiche e di contenuto.
Inoltre - e qui vorrei veramente richiamare l'attenzione della Commissione -, è prevista la modificazione della tempistica di presentazione degli stessi al Parlamento. In particolare, la Decisione di finanza pubblica, che sostituirebbe l'attuale DPEF, verrebbe presentata alle Camere entro il 20 settembre di ogni anno; attualmente la scadenza è prevista il 30 giugno; mentre la legge di stabilità, che sostituisce la legge finanziaria, verrebbe presentata alle Camere entro il 15 ottobre di ogni anno; attualmente il termine è fissato al 30 settembre.
La modifica delle date di presentazione è un aspetto molto rilevante. Infatti, nella Decisione di finanza pubblica sono enunciati gli obiettivi di politica economica e il quadro delle previsioni macroeconomiche di finanza pubblica per il triennio successivo, per la cui stima si utilizzano le previsioni macroeconomiche tendenziali e programmatiche.
La base di partenza di tali previsioni, per gli anni da t < 1 a t < 3, sarebbe rappresentata dal quadro macroeconomico dell'anno precedente (<t-1). Attualmente siamo esattamente nel momento dell'anno in cui questo avviene.
I dati sull'anno t-1 sono tradizionalmente resi disponibili dall'ISTAT il 1o marzo, anche in vista degli obblighi normativi sia nazionali che comunitari. Questa data di rilascio è coerente con la predisposizione del DPEF entro il 30 giugno, perché prima di tale scadenza non sono disponibili informazioni di base significativamente diverse da quelle disponibili a inizio anno, e, quindi, non avrebbe senso fare una seconda stima per ricalibrare i risultati macroeconomici dell'anno t-1.
Diversa è la situazione dopo giugno, quando cominciano ad affluire informazioni sui bilanci delle imprese, sulla bilancia dei pagamenti e così via.
Da questo punto di vista, una riflessione sull'opportunità di effettuare in tempo per la Decisione una seconda pubblicazione del PIL per l'anno t-1, è in corso di svolgimento all'ISTAT e in sede europea. Naturalmente, questo non potrebbe in ogni caso avvenire prima della realizzazione del nuovo sistema europeo dei conti nazionali e della sua implementazione che avverrebbe nel 2014.
La proposta di legge prevede, inoltre, importanti modifiche di contenuto per la Decisione di finanza pubblica.
Riteniamo che nel testo attuale non sia completamente chiaro se le informazioni contenute nel suddetto documento devono essere fornite distintamente per sottosettori o soltanto per i dati aggregati.
A nostro parere, la diffusione di dati per sottosettori sarebbe assolutamente necessaria per valutare il concorso delle diverse istituzioni che compongono il sistema di finanza pubblica all'obiettivo nazionale. In particolare, ai sensi dell'articolo 9, le regioni e gli enti locali definiscono gli obiettivi dei propri bilanci annuali e pluriennali, in coerenza con gli obiettivi programmatici enunciati nella Decisione. A tal fine vi sono una serie di procedure da attivare.
Il processo di coinvolgimento attivo di tutte le componenti nella definizione degli obiettivi di finanza pubblica, che si deve concludere operativamente in sede di predisposizione della legge di stabilità, attraverso le norme di regolamentazione del Patto di stabilità interno, appare quindi di una qualche complessità, forse inevitabile. Il punto è che se tale coinvolgimento deve essere effettivo e la programmazione delle politiche trasparente ed efficace, in quanto queste rappresentano il cuore della politica economica e finanziaria, si pone, a nostro avviso, l'esigenza di una traduzione di tale azione complessiva in schemi di rappresentazione quantitativa più appropriati.
In particolare, appare ineludibile l'esigenza di esporre i quadri tendenziali e


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programmatici della spesa per funzioni, oltre che per voce economica, in modo da rappresentare sinteticamente il quadro tendenziale delle politiche pubbliche e il connesso quadro programmatico.
Tale rappresentazione dovrebbe essere effettuata distintamente per ogni sottosettore, impegnando, quindi, ciascun livello di governo al raggiungimento dei propri obiettivi, nel quadro generale di compatibilità finanziarie e politiche settoriali preventivamente concordato.
Anche per questo è prevista l'adozione di comuni schemi di bilancio, articolati in missioni e programmi coerenti con la classificazione economica e funzionale. Per fare questo, però, abbiamo bisogno di raggiungere elevati standard di uniformità nelle classificazioni adottate dalle varie amministrazioni.
Una rappresentazione basata su questi elevati standard di uniformità consentirebbe di esplicitare i macro-obiettivi della Pubblica amministrazione e l'impatto atteso della sua azione sul sistema economico.
A tal fine, sarebbe importante introdurre la classificazione COFOG nella codificazione del Sistema informativo delle operazioni degli enti pubblici (SIOPE), permettendo di acquisire informazioni aggiornate all'anno di preconsuntivo più ampie di quelle ad oggi disponibili e, soprattutto, in tempo utile per la loro utilizzazione ai fini della stima del quadro economico-funzionale della Pubblica amministrazione, e dei relativi sottosettori, il quale rappresenta la base su cui fondare le previsioni tendenziali e programmatiche.
Questo vuol dire che il cambiamento della tempistica della programmazione deve essere necessariamente preceduto da atti senza i quali la qualità dell'informazione che sarà sottostante alle decisioni rischia di deteriorarsi o di essere insufficiente.
In stretto collegamento con la Decisione di finanza pubblica, l'articolo 11 del disegno di legge dispone che la legge di stabilità e la legge di bilancio, che compongono la manovra triennale di finanza pubblica, contengano, per il triennio di riferimento, le misure qualitative e quantitative necessarie a realizzare gli obiettivi programmatici.
A nostro parere, sarebbe utile che tali norme di coordinamento dinamico fossero oggetto di approvazione parlamentare anticipata, dedicando ad esse la prima parte della sessione di bilancio, venendo così a rappresentare, in sostanza, una sorta di provvedimento collegato, in modo che gli enti locali e le regioni abbiano il tempo necessario per recepire tali norme e internalizzarle ai fini del processo di formazione del proprio bilancio di previsione da approvare entro il termine perentorio del 31 dicembre.
Noi ci troviamo, proprio in questi giorni, in un meccanismo nel quale, dovendo programmare i censimenti 2010, 2011 e 2012, le regioni chiedono che l'approvazione degli atti sia effettuata in tempo per la predisposizione dei loro atti. Pertanto, tutto questo produce a cascata la necessità di ridefinire la tempistica e di anticipare alcuni aspetti; altrimenti le decisioni diventano inconsistenti.
In conclusione, vorrei ricordare che, in tema di monitoraggio, l'articolo 15, comma 2, prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze debba presentare alle Camere, entro il 31 maggio, il 15 ottobre e il 30 novembre, una relazione trimestrale sul conto consolidato di cassa, riferita rispettivamente al primo, al secondo e al terzo trimestre dell'anno.
La relazione da presentare entro il 15 ottobre contiene, inoltre, l'aggiornamento della stima annuale del conto consolidato di cassa delle amministrazioni pubbliche e delle relative forme di copertura.
In proposito, si segnalano due criticità. La prima riguarda la scadenza del 15 ottobre. Essa appare troppo ritardata - attualmente la relazione trimestrale di cassa deve essere presentata entro il 31 agosto -, specialmente se si tiene conto del calendario di pubblicazione degli altri dati di carattere macroeconomico. L'allungamento dei tempi va controcorrente rispetto alle esigenze degli utilizzatori e alle scadenze scritte nei regolamenti comunitari


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e peggiorerebbe quindi la qualità delle stime dei conti nazionali, aumentando le revisioni successive.
Infine, la seconda criticità riguarda la disponibilità dei dati dei flussi trimestrali, e non solo di quelli cumulati a tutto il trimestre, come oggi avviene. In particolare, in ciascuna delle relazioni sarebbe necessario esporre, oltre alle situazioni cumulate, anche quelle di ciascuno dei trimestri dell'anno in corso.
Concludo con un ultimo riferimento al completamento della riforma di bilancio dello Stato per missioni e programmi. L'impostazione del disegno di legge è assolutamente condivisibile, ma riteniamo che sia necessario prevedere un'integrazione alle suddette disposizioni che assicuri il collegamento con la COFOG.
Allo stesso scopo, nella parte dedicata alla classificazione delle entrate e delle spese, appare essenziale introdurre alcune integrazioni, che sono descritte nel documento che deposito agli atti della Commissione. In particolare, il comma 5 dell'articolo 26, andrebbe modificato stabilendo che a ciascun capitolo deve essere attribuito il pertinente codice di classe COFOG e di categoria economica di terzo livello.
Per concludere, riteniamo che, per rendere efficace il processo di programmazione, efficiente l'allocazione delle risorse, ed effettivo il controllo degli obiettivi e dei risultati, sia essenziale il monitoraggio costante della corretta allocazione delle risorse.
L'articolo 40 istituzionalizza la prassi di spending review, già avviata. Noi riteniamo che l'insieme delle disposizioni sopra ricordate costituisca la sistematizzazione e l'affinamento di norme già esistenti e che i decreti legislativi dovranno rendere effettivo il metodo della programmazione triennale delle risorse e degli obiettivi.
Infine, la previsione della redazione del bilancio in termini di sola cassa prevista dalla proposta di legge, a nostro parere, non appare completamente condivisibile. Se l'elaborazione del bilancio per cassa fosse integrativa rispetto al bilancio per competenza, questo naturalmente sarebbe un arricchimento informativo e non vi sarebbe alcun problema. Tuttavia, noi riteniamo che la regolamentazione, non completamente precisa del bilancio per cassa e l'introduzione del solo bilancio per cassa, potrebbe produrre effetti indesiderati e, soprattutto, rischierebbe di diventare una pericolosa scorciatoia - se volete - per risolvere il problema che emerge, ad esempio, con la gestione dei residui.
Concludiamo dicendo che un rafforzamento del ruolo della cassa è auspicabile, ma che questo non può avvenire, a nostro parere, a discapito della competenza.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Giovannini per la sua relazione.
Avverto i colleghi che, ovviamente, è disponibile la versione integrale del testo.
Do la parola al professor Majocchi, presidente dell'ISAE.

ALBERTO MAJOCCHI, Presidente dell'ISAE. Dopo che negli ultimi anni, in più occasioni, si è tentato di porre mano al riordino degli strumenti e delle procedure di bilancio, finalmente la proposta di legge sulla legge di contabilità e finanza pubblica, attualmente all'esame della Camera, definisce un'articolata riforma nel mutato quadro di vincoli interni ed esterni.
La proposta di legge dispone le norme di regolazione della materia, dopo la recente approvazione della legge delega sul federalismo fiscale, in un contesto di rinnovata attenzione agli aspetti di efficienza ed efficacia dell'azione pubblica, recependo, oltre alle modifiche normative e alle prassi andate consolidandosi negli anni più recenti, anche le fondamentali indicazioni e il dibattito approfondito che ormai da tempo si è svolto intorno ai temi in questione.
Il nuovo sistema, relativo alle decisioni e al governo della finanza pubblica, si trova a dover conciliare contemporaneamente il rispetto dei vincoli europei, in un ambito di contenimento e di riqualificazione della spesa pubblica, che sembra richiedere anche una maggiore flessibilità nella gestione delle risorse disponibili, con


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il rispetto dell'autonomia attribuita dalla Costituzione agli enti territoriali, che implica maggiore discrezionalità combinata con più ampi coinvolgimenti e responsabilizzazione.
Le norme dispongono - e dettaglieranno più approfonditamente in seguito, con i provvedimenti di attuazione - le regole e le attività dei vari attori del processo di bilancio, che si sostanziano principalmente in una triangolazione di relazioni tra Governo, enti territoriali e Parlamento, secondo schemi che riflettono una situazione in cui il ruolo del coordinamento finanziario è affidato, in qualità di competenza concorrente, allo Stato e alle regioni e in cui i rapporti dello Stato con l'Unione europea, a chiusura e completamento dell'intero complesso di decisioni di finanza pubblica, rientrano nella competenza esclusiva dello Stato.
Ai soggetti tradizionalmente coinvolti nelle procedure di bilancio si affiancano ulteriori attori che dovranno agire in diverse sedi, anche di nuova istituzione.
Oltre alla Ragioneria generale dello Stato, alle Conferenze unificate, alle competenti Commissioni parlamentari, insieme ai Servizi studi e bilancio delle Camere, numerosi rappresentanti delle amministrazioni, dell'ISTAT ed altri esperti, faranno parte di nuovi gruppi, in particolare dell'istituito comitato per i principi contabili dell'amministrazione pubblica, che dovrà agire in raccordo con la Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale e i suoi gruppi di lavoro.
A queste istituzioni invierà indirizzi circa il contenuto informativo dei documenti, le metodologie per la quantificazione degli effetti finanziari e delle innovazioni legislative per la costruzione degli andamenti tendenziali di finanza pubblica, la nuova Commissione parlamentare per la trasparenza dei conti pubblici, che si avvarrà di una nuova struttura unica di supporto per il controllo parlamentare, così come sono previsti nuclei di analisi e di valutazione della spesa.
A determinante sostegno di questa impalcatura di soggetti e sedi decisionali di gestione e controllo dei risultati, che dovranno fornire numerosi documenti, è disposta la costruzione di una banca dati unitaria per le amministrazioni pubbliche.
La proposta di legge tratta di un sistema assai complesso e articolato di riforma, la cui effettiva applicazione richiederà una forte determinazione nei comportamenti di tutti i soggetti implicati e inevitabilmente un arco temporale non limitato, come peraltro evidenzia anche la previsione della presentazione, da parte del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, per tre anni consecutivi, di un rapporto sullo stato di attuazione delle norme.
Insieme alle maggiori risorse umane e finanziarie, finalizzate alle implementazioni di quanto definito nella proposta di legge, si devono consolidare i cambiamenti negli atteggiamenti, le nuove attitudini nei riguardi della disciplina fiscale.
Data la rilevanza che il tema rappresenta ai fini della finanza pubblica nel suo complesso, la proposta di legge, come anche la legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale, tra i primi articoli, prevede una delega al Governo per la predisposizione di uno o più decreti legislativi riguardanti l'adeguamento dei sistemi contabili.
La materia andrebbe dunque armonizzata in un unico documento da predisporre secondo un'unica tempistica. Si tratta di definire un linguaggio uniforme e una metodologia condivisa, al fine della costruzione di bilanci omogenei, confrontabili e quindi aggregabili, secondo una classificazione sia economica che funzionale.
È necessario, infatti, disporre di strutture contabili standard, raccordabili con i criteri propri delle rilevazioni di ciascuna tipologia di ente, che consentano agili consolidamenti dei conti nelle varie tappe del processo di bilancio, già a partire dalla fase della previsione e anche in quella del monitoraggio in corso d'anno, oltre che ai fini della rendicontazione.
La definizione di prospetti di riconciliazione consentirebbe, inoltre, di poter disporre simultaneamente di due formati


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di presentazione contabile, coerenti tra di loro. In tale ambito, diviene assolutamente necessaria un'attività di razionalizzazione e successiva semplificazione degli innumerevoli adempimenti informativi dei vari enti, al fine di ridurre il carico di lavoro delle amministrazioni, evitando la moltiplicazione delle richieste e indirizzandole verso l'unica banca dati prevista dalla riforma.
Il gruppo di lavoro sui bilanci delle regioni e degli enti locali, costituito su invito del Ministro per la semplificazione normativa - di cui l'ISAE ha fatto parte, evidenziando come i princìpi contabili del nostro Paese rappresentino spesso enunciati molto sintetici che lasciano spazio a difformi interpretazioni e modalità di applicazione alle amministrazioni -, ha sottolineato la necessità di adeguate norme tecniche e di dettaglio relative alla codifica delle operazioni con la disposizione di istruzioni da raccogliere in appositi glossari.
Il gruppo di lavoro, inoltre, sulla base delle più rilevanti errate rappresentazioni di fatti contabili riscontrate nel tempo, ha definito alcune regole e metodologie per l'omogeneità dei bilanci, proponendo anche quadri di applicazione sperimentali, al fine dell'adozione di codifiche comuni per le operazioni gestionali, riferite in particolare alla codificazione economica propria del SIOPE e alla codificazione funzionale della COFOG, riconosciuta a livello internazionale, prevedendo un periodo transitorio di adeguamento per gli enti.
Relativamente ai vari temi rilevanti che vengono trattati sia nella proposta di legge in discussione, sia nella legge delega sul federalismo fiscale, risulta necessaria un'opportuna attività di coordinamento. Si riscontrano, infatti, differenze riguardanti alcuni specifici punti.
Tra queste, si ricordano: il riferimento, nella proposta di legge, all'adozione di un bilancio consolidato delle amministrazioni pubbliche con le proprie aziende, società o altri organismi controllati, contro il più semplice riferimento nella delega sul federalismo fiscale a bilanci consolidati, in modo tale da assicurare le informazioni relative ai servizi esternalizzati; la previsione di una banca dati unitaria, istituita presso il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze. I dati concernono i bilanci di previsione, le relative variazioni, i conti consuntivi, quelli relativi alle operazioni gestionali, nonché tutte le informazioni necessarie all'attuazione della legge in argomento. Nell'ambito della banca dati, vi è un'apposita sezione che raccoglie tutte le informazioni necessarie alla realizzazione degli obiettivi programmatici, nonché delle analisi di efficienza contenute nel Rapporto triennale sulla spesa. Nella delega contenuta nella legge sul federalismo, invece, è istituita una banca dati comprendente indicatori di costo, di copertura e di qualità dei servizi utilizzati per definire i costi e i fabbisogni standard.
Alla luce di tali previsioni, quindi, la Ragioneria generale dello Stato e la Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale si confrontano su dati, in parte differenti, che sembrano rimandare a banche dati diverse che andrebbero, preferibilmente, unificate in una sola fonte normativa in cui vengano schedate informaticamente, e codificate in modo uniforme, tutte le informazioni di tipo finanziario, economico, demografico e territoriale relative alle singole amministrazioni.
Altre differenze tra la proposta di legge in esame e la legge delega sul federalismo fiscale riguardano la definizione di un sistema di indicatori di risultato semplici, misurabili e riferiti ai programmi del bilancio, costruiti secondo criteri e metodologie comuni alle diverse amministrazioni.
Nella proposta di legge, tali indicatori sono richiamati anche dalle disposizioni che disciplinano il contenuto della nota integrativa al bilancio di previsione dello Stato. Questa, infatti, concerne il piano degli obiettivi correlati a ciascun programma e i relativi indicatori di performance. I criteri e le metodologie per la definizione dei suddetti indicatori, costruiti con il supporto metodologico del Ministero dell'economia e delle finanze, sono individuati con decreto del Presidente


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del Consiglio dei ministri, adottato d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze. Con riferimento a tale aspetto, la proposta di legge prevede anche che il rapporto triennale sulla spesa delle amministrazioni dello Stato propone gli indicatori di performance da adottare, fornisce la base analitica per la definizione e il monitoraggio degli indicatori verificabili ex post, utilizzati al fine di valutare il conseguimento degli obiettivi di ciascuna amministrazione e accrescere la qualità dei servizi pubblici.
Nella delega prevista dalla legge sul federalismo fiscale, invece, sono previsti indicatori di costo, di copertura e di qualità dei servizi utilizzati per definire i costi e i fabbisogni standard; indicatori di fabbisogno e di infrastrutture, in coerenza con la programmazione regionale di settore, per il finanziamento della spesa in conto capitale; indicatori di efficienza e di adeguatezza, atti a garantire adeguati livelli qualitativi dei servizi resi da parte di regioni ed enti locali.
Andrebbero allora sistematicamente schematizzati gli indicatori, distinguendo in modo preciso tra quelli di costo, di risultato, relativi alle infrastrutture, e di efficienza e di efficacia, da riferire, dunque, a specifici ambiti di applicazione. Tale sistematizzazione dovrebbe essere attuata nell'ambito dei decreti legislativi di attuazione della delega per la riforma e il potenziamento del sistema dei controlli della Ragioneria e del programma di analisi e di valutazione della spesa già citata.
Ancora, sempre con riferimento alle differenze tra la proposta di legge in esame e la legge delega sul federalismo fiscale, si segnala che la proposta di legge dedica l'intero articolo 9 al coordinamento della finanza pubblica. La legge delega sul federalismo fiscale dedica l'intero Capo VI al coordinamento dei diversi livelli di governo. In entrambi i casi, si fa riferimento al Patto di convergenza per il coordinamento dinamico e alla regionalizzazione del Patto di stabilità interno.
La proposta di legge ricorda la necessità per quest'ultimo di un quadro di riferimento normativo caratterizzato da stabilità, coerenza, conformità ai parametri europei e rispetto dell'autonomia gestionale degli enti, e dispone l'individuazione, per la spesa in conto capitale, di obiettivi di debito per le amministrazioni locali con possibilità di sforamento dei limiti, per uno o più enti, se compensato da un corrispondente minor ricorso al debito, da parte di uno o più enti della stessa regione.
La legge delega sul federalismo fiscale propone, invece, uno schema dettagliato di sanzioni e incentivi per enti più o meno virtuosi rispetto agli obiettivi di finanza pubblica. Le norme sul coordinamento risultano dunque trattate in entrambi i provvedimenti e vanno combinate.
Infine, sembra necessario un coordinamento tra la proposta di legge e la legge delega sul federalismo fiscale con riferimento agli istituti preposti al coordinamento della finanza pubblica. Infatti, la proposta di legge assegna un ruolo preminente alla Ragioneria generale dello Stato nel monitoraggio della finanza pubblica, mentre la legge delega sul federalismo fiscale affida alla Conferenza permanente per il coordinamento e la finanza pubblica rilevanti compiti istituzionali in materia.

PRESIDENTE. Ringrazio il professor Majocchi. Anche in questo caso, è a disposizione della Commissione un contributo scritto che è depositato agli atti.
Do la parola al presidente di sezione della Corte dei conti, Gian Giorgio Paleologo.

GIAN GIORGIO PALEOLOGO, Presidente di sezione della Corte dei conti. Anche per quanto riguarda il mio intervento è a disposizione un testo scritto che mi limiterò a leggere solo in parte. Per rispondere a eventuali domande, sono presenti dei magistrati particolarmente esperti della Corte, capitanati dal presidente Meloni.
Vorrei in primo luogo ricordare che, sulla materia oggetto dell'odierna indagine, la Corte aveva già avuto occasione di riferire al Senato della Repubblica nell'aprile scorso. In quell'occasione, erano


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stati evidenziati i raccordi, nel nuovo assetto costituzionale, tra vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario - tra i quali annoverare quelli che, ai fini della tutela dell'unità economica della Repubblica, impongono il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica - e i principi di armonizzazione dei bilanci pubblici e di coordinamento della finanza pubblica, di cui al Titolo I della proposta di legge in esame.
Si era anche fatto riferimento, sempre in quell'occasione, all'elaborazione della giurisprudenza costituzionale, richiamando, per quanto riguarda le funzioni della Corte dei conti concernenti il coordinamento della finanza pubblica, il rilievo dei principi affermati in ordine all'articolo 100 della Costituzione.
In questa prospettiva, potrebbero rivelarsi indubbiamente utili norme di raccordo, oggi mancanti, con l'attività di controllo svolta dalla Corte anche attraverso l'esame dei bilanci pubblici a livello centrale e territoriale.
Passando al contenuto della proposta di legge, questo non ha subito in numerosi punti variazioni sostanziali rispetto al testo presentato al Senato. In questa breve esposizione, pertanto, mi soffermerò solo su alcune questioni che lo stesso dibattito parlamentare ha evidenziato come cruciali e che sembrano non avere ancora ricevuto una soddisfacente soluzione nella versione del progetto attualmente all'esame della Camera.
Del resto, la richiesta di concentrare l'attenzione su pochi fondamentali aspetti critici è stata da ultimo espressa nel corso di una riunione tecnica promossa dalle amministrazioni di Camera e Senato e diretta a indirizzare concretamente le valutazioni delle principali istituzioni e degli esperti di contabilità pubblica in vista del presente ciclo di audizioni.
Il primo punto che merita attenzione, nel quadro più generale del coordinamento della finanza pubblica, attiene all'adeguamento dei sistemi contabili e alla costituzione di appropriate basi informative per la programmazione e il monitoraggio dei conti pubblici.
In proposito, si può osservare che la proposta di legge attualmente all'esame della Camera colma una lacuna, fornendo una puntuale elencazione degli adempimenti e dei requisiti che, attraverso i previsti decreti legislativi, dovranno caratterizzare il processo di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio.
L'analitica specificazione di regole, indicatori e criteri di classificazione costituisce, ad avviso della Corte, un progresso apprezzabile che contribuisce soprattutto a dare concretezza alle stesse indicazioni offerte in materia dalla legge n. 42 del 2009 in materia di federalismo fiscale.
Non si può non osservare, tuttavia, che diversamente da quanto contemplato nella suddetta legge, la proposta di legge in esame si limita a prevedere la sottoposizione degli schemi dei decreti legislativi alla Conferenza unificata per l'intesa, secondo la procedura di approvazione dei provvedimenti di interesse territoriale.
Peraltro, ai fini della predisposizione dei decreti legislativi, viene previsto che il comitato per i princìpi contabili agisca in raccordo con la Commissione tecnica paritetica per il federalismo fiscale, a cui la legge n. 42 del 2009 affida, tra l'altro, il compito di acquisire ed elaborare elementi informativi.
Un secondo ordine di osservazioni riguarda tutta la complessa disciplina degli strumenti della programmazione e del bilancio e la definizione del ciclo dei documenti programmatici.
Trattandosi di uno snodo fondamentale, attraverso il quale passa l'intera gestione della finanza pubblica, appare essenziale un pieno e trasparente raccordo tra le nuove norme contenute nella proposta di legge all'esame e i percorsi già tracciati con la legge n. 42 del 2009.
Su questo aspetto, infatti, non mancano serie perplessità, peraltro evidenziate da più parti, che si traducono nell'auspicio di una maggiore ponderazione, doverosa in una fase così rilevante di passaggio istituzionale, allo scopo di mettere a punto un sistema effettivamente coordinato e di introdurre


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modifiche sostanziali in grado di scongiurare il ripetersi dei difetti evidenziati in passato.
Le considerazioni in materia non possono non muovere dalla constatazione che, già oggi, il bilancio dello Stato rappresenta una quota sempre meno consistente della complessiva spesa pubblica e che tale ruolo è inevitabilmente destinato a ridursi ancora, a seguito dell'attuazione del federalismo fiscale.
La determinazione delle risorse necessarie a regioni ed enti locali per lo svolgimento delle proprie crescenti funzioni deve scaturire da un impegnativo processo di definizione dei costi standard e dei fabbisogni relativi ai servizi essenziali resi ai cittadini. Sembrerebbe, pertanto, coerente con tale fondamentale esigenza che la revisione dei contenuti dei documenti programmatici e della Decisione di finanza pubblica riflettesse puntualmente i necessari elementi di innovazione.
L'Atto Camera n. 2555, anche nel confronto con le indicazione della legge n. 42 del 2009, appare da questo punto di vista meritevole di più attenta riflessione. Si rilevano, infatti, alcuni aspetti problematici. Ed in particolare: un concreto svolgimento del ciclo di bilancio tale da consentire un effettivo collegamento tra programmazione centrale e decentrata; la riproposizione, quanto a criteri e contenuti dei documenti programmatici, di una impostazione fondata su quadri macroeconomici e obiettivi finanziari articolati per livello di governo. È assente, invece, ogni riferimento, anche di prospettiva, alla misurazione delle risorse finanziarie e, quindi, alla verifica degli obiettivi generali di finanza pubblica, derivanti da una ricognizione di costi e fabbisogni relativi ai livelli essenziali delle prestazioni. Infine, all'attenuazione, rispetto alla legge n. 42 del 2009, del ruolo degli enti territoriali nel procedimento di formazione della decisione di finanza pubblica, per il quale è previsto solo un parere della Conferenza unificata su un documento semplificato definito «linee guida per la ripartizione degli obiettivi».
La proposta di legge prevede la soppressione dell'attuale obbligo di copertura di nuovi o maggiori oneri di parte corrente, attualmente sancito dall'articolo 11, comma 5, della legge n. 468 del 1978. Tale soppressione non appare condivisibile, per il motivo fondamentale che il dettato costituzionale esclude dall'obbligo di copertura la sola legge di bilancio, in quanto con essa «non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese».
La legge finanziaria o di stabilità, realizzando il segmento sostanziale della manovra, è invece a pieno titolo soggetta all'obbligo di copertura. Non sembra a questo riguardo che il rispetto dei vincoli europei, quale limite all'assunzione di nuove o maggiori spese, possa essere ritenuto più rispondente all'evoluzione dell'ordinamento rispetto al vincolo costituzionale. Esso, infatti, non prevedendo altra sanzione se non l'applicazione di una sanzione pecuniaria al termine di un procedimento con forti caratteri di discrezionalità, non appare in grado di tutelare, con la stessa cogenza del vincolo costituzionale, l'effettiva copertura degli oneri stessi.
La Corte propone pertanto l'inserimento, dopo il comma 4, dell'articolo 11 della proposta di legge in esame, di una nuova disposizione dal seguente tenore: «In attuazione dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, la legge di stabilità può disporre, per ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale, nuove o maggiori spese correnti, riduzioni di entrata e nuove finalizzazioni nette, da iscrivere, ai sensi dell'articolo 19, nel fondo speciale di parte corrente, nei limiti delle nuove o maggiori entrate tributarie, extratributarie, contributive e delle riduzioni permanenti di utilizzazione di spesa corrente».
Per quanto riguarda, poi, il problema dell'utilizzabilità del miglioramento del risparmio pubblico per la copertura degli oneri in argomento, la Corte, pur senza contestare la legittimità dell'operazione, ha sempre espresso perplessità sulla sua sostanza, richiamando anche l'attenzione sul


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fatto che il miglioramento stesso può verificarsi anche in presenza di saldi di segno negativo.
Tenuta presente anche l'attuale situazione economico-finanziaria, occorrerebbe dunque riflettere ulteriormente sull'opportunità di dare un forte segnale di vincolo ad un maggior rigore finanziario, escludendo la possibilità di utilizzare il miglioramento stesso per finalità di copertura in sede di legge di stabilità.
Inoltre, per quanto riguarda i problemi connessi all'obbligo di copertura delle leggi di spesa, la Corte ha avuto modo di esprimersi in varie occasioni, rilevando l'esigenza di pervenire a soluzioni organiche, non più limitate alla salvaguardia del solo saldo netto da finanziare in termini di competenza, ma estese anche agli altri saldi di finanza pubblica, quali il fabbisogno e l'indebitamento netto, direttamente connessi con i vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea.
Sulla scorta dell'esperienza maturata in proposito nelle annuali sessioni di bilancio ove il criterio della copertura estesa anche ai saldi significativi in sede di Unione europea è stato da qualche tempo recepito, l'Esecutivo aveva emanato una specifica disposizione che introduceva l'obbligo di copertura delle leggi anche per il fabbisogno e l'indebitamento netto.
La norma, peraltro, non è stata accolta in sede di conversione del decreto-legge n. 112 del 2008, avendo il legislatore optato per una diversa formulazione che dispone la semplice acquisizione di elementi di valutazione su specifici e rilevanti effetti sul fabbisogno e sull'indebitamento netto tramite la relazione tecnica; informazioni che dovrebbero dar luogo all'adozione di atti di indirizzo, da parte delle competenti Commissioni parlamentari, previa relazione annuale di carattere riassuntivo e metodologico del Ministro dell'economia e delle finanze.
La proposta di legge si muove sostanzialmente nel solco di quest'ultima impostazione, anche se nel testo approvato dal Senato sono stati introdotti notevoli miglioramenti rispetto al testo originario. Tale impostazione rappresenta, per certi versi, un passo indietro rispetto all'ormai consolidata prassi che assicurava, nei casi di prevedibili e rilevanti effetti sugli andamenti tendenziali di fabbisogno del settore pubblico e di indebitamento netto della pubblica amministrazione, una formale copertura nel testo legislativo anche con riferimento a questi saldi.
Circa la prospettiva del passaggio alla redazione del bilancio in termini di sola cassa e della sperimentazione di forme di contabilità economica, si rammenta che l'argomento è delineato tra i princìpi e criteri direttivi per il completamento della riforma del bilancio dello Stato e degli altri enti pubblici nell'ambito dell'armonizzazione e dell'adeguamento dei sistemi contabili ai princìpi di coordinamento della finanza pubblica.
La proposta di legge prevede in merito anche una separata e analitica evidenziazione conoscitiva delle corrispondenti previsioni di competenza finanziaria ed economica, con riferimento al sistema di contabilità nazionale per i conti del settore della pubblica amministrazione, nonché un affiancamento, sempre a fini conoscitivi, in via sperimentale, al sistema di contabilità finanziaria di un sistema di contabilità economico-patrimoniale funzionale alla verifica dei risultati.
La scelta operata ha evidentemente ritenuto non ancora maturi i tempi per il passaggio alla competenza economica basata sull'integrale adozione del sistema europeo dei conti SEC 95.
La Corte ha ritenuto una semplificazione non convincente il previsto passaggio del vincolo parlamentare di bilancio alla sola cassa, soprattutto perché esso potrebbe risolversi, in fase gestionale, in un affievolimento del rigore in termini di obbligazioni assunte, non più oggetto del vincolo parlamentare, con conseguenti problemi di compatibilità con gli impegni europei. Peraltro, l'innovazione darebbe comunque luogo a rilevanti adeguamenti delle procedure gestionali e di resa dei conti, lasciando inalterate o aggravando le difficoltà di raccordo con la contabilità nazionale.


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Sembra pertanto auspicabile che le ulteriori riflessioni cui si accinge la Camera si concentrino sull'opportunità di dar luogo ad una soluzione più avanzata, già delineata in prospettiva da più parti e ripresa dalla Corte, anche nella relazione sul rendiconto del 2008, a favore della sostituzione graduale, a livello di vincolo decisionale, dell'attuale sistema finanziario della competenza giuridica e della cassa, con un sistema basato sulla competenza economica adattata al settore pubblico e in linea con il SEC 95.
I vantaggi di tale scelta appaiono evidenti, in primo luogo con l'effettivo allineamento dei conti pubblici, a cominciare dal bilancio dello Stato, alla contabilità europea non solo in sede consuntiva, come avviene oggi attraverso complesse elaborazioni demandate all'Istituto nazionale di statistica, ma anche nelle fasi previsionale e gestionale, assicurando quel continuo monitoraggio degli andamenti indispensabile per assicurare la trasparenza e la razionalità delle decisioni.
In caso di accoglimento di tale proposta, l'adozione del nuovo sistema della competenza economica conferirebbe un deciso salto di qualità alla riforma, dando concreta attuazione all'obiettivo di medio periodo auspicato anche sul piano internazionale e migliorando la trasparenza nel processo di allocazione delle risorse e l'efficace verifica dei risultati gestionali, rendendo immediato il raccordo con il conto economico delle amministrazioni pubbliche.
Nel documento scritto che deposito agli atti vi sono anche alcune annotazioni, a cui rimando, in ordine al completamento della riforma di bilancio, quali il superamento del capitolo come unità di gestione, nonché al problema dell'affidamento ad un unico centro di responsabilità di ciascun programma di spesa.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Paleologo. Mi sembra che anche in questo intervento siano stati toccati i punti cruciali della riforma.
Do la parola al capo del Servizio studi di struttura economica e finanziaria della Banca d'Italia, dottor Daniele Franco.

DANIELE FRANCO, Capo del Servizio Studi di struttura economica e finanziaria della Banca d'Italia. Anche noi abbiamo preparato un documento scritto che deposito agli atti. Mi limiterò a trattare alcuni punti da esso analizzati.
A noi sembra che la legge di contabilità e finanza pubblica rappresenti un'occasione importante per migliorare le regole di bilancio, le informazioni disponibili per i soggetti istituzionali coinvolti e anche le modalità di interazione tra questi soggetti.
Negli ultimi decenni abbiamo visto susseguirsi varie riforme. Le innovazioni hanno prodotto alcuni effetti positivi e hanno contribuito al processo di riequilibrio dei nostri conti pubblici, ma diversi problemi restano aperti. Lo vediamo osservando il fatto, ad esempio, che affrontiamo questa recessione con dei saldi di bilancio risalenti a prima della recessione e con dei livelli di debito che ovviamente vincolano molto le nostre politiche in questo momento. Lo vediamo anche nell'inerzia, nella lentezza con cui la struttura del bilancio, e, in particolare, la struttura della spesa si adatta alle esigenze del Paese. Lo vediamo nelle analisi della spesa pubblica, la spending review ad esempio, che hanno messo in luce l'esistenza di ampi margini per migliorare l'efficienza nell'utilizzo delle risorse.
A noi sembra che la predisposizione di una nuova legge di contabilità e finanza pubblica offra l'opportunità per definire un insieme organico di regole, procedure e istituzioni idoneo sia ad assicurare conti pubblici in equilibrio, sia a favorire un'efficiente allocazione delle risorse pubbliche.
La proposta di legge approvata dal Senato ha il merito di affrontare in maniera unitaria una materia molto complessa, su cui si sono concentrati interventi stratificatisi negli ultimi decenni, e di prospettare molte innovazioni che possono migliorare il processo di bilancio e la gestione della spesa. Alcune soluzioni, tuttavia, possono essere migliorate e meglio disegnate. Inoltre, è possibile accrescere la coerenza tra le varie parti del testo normativo.


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Si pone anche e, soprattutto, un problema di coordinamento tra la proposta di legge e altre iniziative di riforma. Mi riferisco, in particolare, all'attuazione del federalismo fiscale.
A noi sembra che si debba guardare a questo progetto di riforma, alla luce delle due questioni cruciali che la politica di bilancio italiana dovrà affrontare nei prossimi anni, vale a dire il controllo della spesa pubblica, fondamentale per ridurre deficit e debito senza aumentare la pressione fiscale, e il coordinamento tra i livelli di governo, che è essenziale per garantire l'equilibrio dei conti del Paese nell'assetto definito dal federalismo fiscale.
Quanto alla spesa pubblica, la riforma può contribuire sotto vari aspetti a migliorarne il controllo. Nella nostra nota, analizziamo tale questione sotto tre profili: il ciclo di bilancio e le procedure di programmazione e copertura degli oneri; la trasparenza; il controllo a posteriori della qualità e della correttezza della gestione.
Con riferimento al primo aspetto, quello relativo al ciclo di bilancio, programmazione e copertura, un elemento che troviamo positivo nella riforma, ma suscettibile forse di qualche miglioramento, è il fatto che la riforma confermi un orizzonte di tre anni per la programmazione di bilancio. Questo è un dato importante, perché una programmazione di medio termine può assicurare maggiore certezza delle risorse e una migliore efficienza nell'uso delle stesse.
Con l'approvazione della proposta di legge, il bilancio pluriennale, pur prevedendo una più stretta collaborazione dei singoli ministeri, resterebbe tuttavia essenzialmente un esercizio di previsione.
Si muovono, inoltre, alcuni passi nella direzione dell'adozione di limiti pluriennali vincolanti per la spesa. Ad esempio, tra gli obiettivi programmatici della Decisione di finanza pubblica, si menziona il livello massimo di spesa corrente, ma tale indicatore sembra solo funzionale all'individuazione dell'obiettivo di massima della pressione fiscale complessiva.
Inoltre, la proposta di legge richiede che la decisione riporti la disaggregazione degli obiettivi per i saldi con riferimento alle entrate e anche alle spese.
Un altro aspetto importante è che la delega per il completamento della riforma di bilancio, prevista dall'articolo 43, prefigura l'introduzione di limiti per le spese rimodulabili del bilancio dello Stato coerenti con la programmazione triennale delle risorse.
La delega prevede altresì l'adozione di accordi triennali tra il Ministero dell'economia e delle finanze e gli altri ministeri in cui verrebbero concordati gli obiettivi da conseguire nel triennio. Tuttavia, tali ambiti riguardano solo una parte della spesa, le componenti rimodulabili, e il testo della proposta di legge non chiarisce quale sia il grado di rigidità di questi vincoli.
Pensiamo quindi che in merito si possa considerare l'ipotesi di compiere passi ulteriori. Ad esempio, l'esplicita determinazione di un obiettivo per la spesa primaria delle amministrazioni centrali e degli enti di previdenza e l'assegnazione a quest'ultimo di una particolare importanza nelle procedure di controllo e nel dibattito parlamentare potrebbero rendere più efficace il controllo della dinamica della spesa.
L'adozione di limiti pluriennali vincolanti per la spesa è una soluzione che ha trovato diffusione in vari Paesi. In altre parole, se il controllo della spesa è una delle priorità della politica di bilancio italiana nei prossimi anni, forse sarebbe bene avere un indicatore nel processo di bilancio che in qualche modo focalizzi l'attenzione su questo aspetto.
Le innovazioni contenute nella proposta di legge riguardanti la copertura delle leggi sono importanti. Penso in particolare al rafforzamento della clausola di salvaguardia, che diventa automatica. Ovviamente, larga parte del bilancio pubblico non riflette nuove leggi. Pertanto, è essenziale che anche le previsioni tendenziali siano trasparenti e accurate, come del resto è sottolineato nell'articolo 10. A tal proposito, è opportuno valutare se sia utile


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una clausola di salvaguardia anche nel caso in cui la spesa tendenziale si riveli superiore al previsto.
La riforma sopprime, inoltre, l'attuale divieto per la legge finanziaria di peggiorare il saldo corrente rispetto al bilancio triennale. Questo passo non sembra coerente con quanto ci si aspetterebbe nel contesto che si prospetta nei prossimi anni, in cui dovremmo migliorare ripetutamente il nostro saldo di bilancio. Quindi, anche se non è detto che questo limite sia essenziale, né tanto meno che abbia funzionato sempre benissimo, è, comunque, opportuna una certa cautela nel valutare questo passo.
Con riferimento alla trasparenza, la proposta di legge mira ad accrescerne la portata sotto vari profili. Si costituisce una Commissione parlamentare per la trasparenza dei conti pubblici. Ovviamente, il punto cruciale è costituito dall'armonizzazione dei sistemi contabili delle amministrazioni pubbliche.
In questa prospettiva, è rilevante anche la costituzione di una banca dati, in relazione alla quale, forse, bisognerebbe meglio precisare la relazione tra la stessa e il sistema informativo delle operazioni degli enti pubblici, il SIOPE, che pure viene rafforzato da alcune misure previste nella proposta di legge.
Un altro aspetto importante è costituito dal fatto che la nuova banca dati dovrebbe consentire l'elaborazione di un bilancio delle amministrazioni pubbliche consolidato con gli organismi controllati dai vari enti pubblici. Questo è un passo ambizioso, ma ovviamente molto importante, perché gli organismi controllati costituiscono potenzialmente un veicolo per l'elusione delle regole di bilancio.
In linea con l'enfasi che nella proposta di legge viene data alla questione della trasparenza, sarebbe ovviamente importante che la nuova banca dati fosse resa disponibile a ciascun ente e al pubblico in senso ampio.
Un altro aspetto rilevante della proposta di legge è la previsione dell'accorpamento dei fondi di riserva e dei fondi speciali. La riduzione del numero dei fondi conseguente all'accorpamento dovrebbe essere accompagnata dalla limitazione delle circostanze che ne permettono l'utilizzo e da una riduzione dei margini di discrezionalità nella determinazione dell'entità dei fondi stessi.
Inoltre, riteniamo che l'adozione di un bilancio di cassa, previsto dalla proposta di legge, possa contribuire ad una significativa semplificazione del quadro contabile. Attualmente, la molteplicità dei criteri contabili determina la necessità di produrre raccordi complessi e rende più onerosa la valutazione dell'effetto dei provvedimenti legislativi e della copertura.
L'enfasi posta sul criterio della cassa, assieme all'integrazione tra bilancio e tesoreria e alla revisione dei fondi speciali, consentirebbe un più immediato collegamento tra obiettivi di bilancio e fabbisogno e debito pubblico, che è il secondo parametro di riferimento in sede europea.
Occorre rilevare che il criterio della competenza giuridica non è molto diffuso tra gli altri Paesi membri dell'OCSE e nemmeno tra gli altri Paesi che compilano i conti nazionali secondo il SEC 95.
L'abbandono o la riduzione dell'importanza del criterio della competenza giuridica ovviamente è un passaggio complesso che richiede la ridefinizione di prassi consolidate, e dovrà essere effettuato con tempo e cautela. Si potrebbe considerare l'ipotesi di attuare delle sperimentazioni in tal senso. Naturalmente, occorrerà prevedere anche dei controlli per evitare che le amministrazioni assumano impegni finanziari che, pur non comportando immediatamente esborsi di cassa, possano determinare nel medio periodo oneri non sostenibili per la finanza pubblica.
A tal proposito, è importante l'utilizzo dei limiti pluriennali alla spesa ed è altresì importante esaminare l'esperienza maturata negli altri Paesi, che hanno in larga parte bilanci di cassa.
Con riferimento al controllo della correttezza e dell'efficacia della gestione, la proposta di legge prospetta vari interventi. Ad esempio, si prevede la stesura - lo


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riteniamo utile - di un rapporto annuale sull'attuazione della riforma per i prossimi anni.
È prevista anche l'istituzione di una struttura tecnica di supporto per il controllo parlamentare della finanza pubblica, anche se di questa struttura non sono precisati compiti e dotazioni.
Al riguardo, più in generale, bisogna rilevare che altri Paesi, con modalità e tempi diversi, hanno attribuito un ruolo chiave nel monitorare l'andamento delle finanze pubbliche e nel garantire la trasparenza dei conti pubblici e delle relative previsioni a organismi autonomi. Credo che questa sia un'altra area di interesse su cui sarebbe utile svolgere una riflessione più approfondita.
Con riferimento alla questione del decentramento, a noi sembra che la tematica del coordinamento tra questa proposta di legge e la legge delega sul federalismo fiscale sia, come anche altri relatori hanno già rilevato, una delle questioni più rilevanti.
È importante che il coordinamento riguardi sia le strutture consultive e decisionali, sia le banche dati, sia le norme per l'armonizzazione dei bilanci. Credo che questa sia una delle sfide più difficili che dovrete affrontare nei prossimi mesi.
Un aspetto importante è quello della definizione delle regole di bilancio per gli enti decentrati, dove occorre trovare un equilibrio tra il rispetto della loro autonomia di entrata e spesa, che è destinata a rafforzarsi, e l'esigenza di coinvolgere tali enti nel perseguire gli obiettivi di finanza pubblica. Al riguardo, gli articoli 9 e 10 della proposta di legge suggeriscono una serie di soluzioni opportune.
A tal fine, è necessario che la programmazione degli obiettivi sia condivisa dagli enti, che siano previsti vincoli di bilancio stringenti e che l'attività di monitoraggio sia credibile.
La proposta di legge colloca opportunamente il Patto di stabilità interno nell'ambito della procedura di programmazione. L'unica osservazione che formulerei in merito è che è importante superare le difficoltà incontrate in passato dal suddetto Patto, quali l'instabilità della disciplina dovuta ai cambiamenti annuali della normativa, e le limitazioni all'autonomia degli enti derivanti dai vincoli posti alla spesa.
Il principio costituzionale del ricorso all'indebitamento da parte degli enti solo per le spese di investimento, la cosiddetta golden rule, può diventare vincolo di bilancio stringente a condizione che si prevedano verifiche ex post del rispetto del vincolo, che si consolidino i conti degli enti con quelli delle società controllate - questo è previsto dalla proposta di legge - e che la definizione degli investimenti finanziabili con debito sia limitata alle sole spese che effettivamente accrescono la dotazione di capitale dell'ente per le sue funzioni istituzionali.
Un aspetto che forse merita una riflessione è il seguente. Con l'attuazione del federalismo, una parte sempre più rilevante delle entrate degli enti è destinata a risentire degli effetti del ciclo economico. Quindi, occorre valutare le soluzioni più adeguate per evitare il rischio che l'obiettivo del pareggio del bilancio di parte corrente comporti politiche sistematicamente procicliche, vale a dire che quando le entrate degli enti scendono in una situazione di recessione gli enti siano obbligati, per pareggiare il bilancio, ad aumentare le aliquote o a ridurre le loro spese.
Occorre forse guardare alle soluzioni operate in altri Paesi che cercano di attutire gli effetti del ciclo economico sulle entrate degli enti decentrati.
L'ultima parte del contributo riguarda il debito degli enti decentrati. La proposta prevede che si fissi l'entità del ricorso degli enti decentrati all'indebitamento per il finanziamento delle spese in conto capitale e che tale entità sia poi ripartita tra gli enti. Questo è un aspetto molto rilevante.
Direi che è importante che queste nuove disposizioni vengano coordinate con quelle già esistenti. Abbiamo già l'articolo 119 della Costituzione e la golden rule. Tuttavia, abbiamo anche delle norme che


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limitano il ricorso al debito da parte di regioni, province e comuni in base alla struttura delle entrate di questi enti.
Per le regioni a statuto ordinario si prevede che il vincolo all'indebitamento sia commisurato all'importo complessivo delle annualità di ammortamento per capitale e interesse dei mutui, che non può superare il 25 per cento del totale delle entrate tributarie non vincolate della regione. Per i comuni e le province il limite è commisurato alla sola spesa per interessi, che non può superare il 15 per cento delle entrate correnti relative ai primi tre titoli di bilancio. Queste sono norme vecchie, preesistenti.
In un riquadro che abbiamo allegato al nostro documento esaminiamo l'andamento di tali elementi e mostriamo che alcuni degli effetti prodotti da queste norme non sono forse i più razionali e desiderabili; ma adesso non intendo entrare nel merito di tale questione.
In sintesi, a noi sembra che l'introduzione di una procedura che fissi l'entità complessiva e la ripartizione tra gli enti decentrati dell'indebitamento annuo per il finanziamento delle spese in conto capitale sia un passo importante. Tuttavia, esso deve essere coordinato con le norme preesistenti. In proposito, forse si possono considerare quattro ordini di possibili soluzioni, o quantomeno di riflessioni.
In primo luogo, le caratteristiche della cosiddetta golden rule andrebbero specificate più puntualmente rispetto al trattamento degli ammortamenti e alla definizione delle spese in conto capitale. In linea di principio, sarebbe opportuno fare riferimento agli investimenti al netto degli ammortamenti. Ciò consentirebbe di ricorrere all'indebitamento solo per finanziare quella parte di spesa che determina un aumento netto del patrimonio dell'ente.
Ovviamente, questa soluzione può essere problematica sotto il profilo pratico. Si può tuttavia considerare di restringere la tipologia di spese considerate come investimenti. Ad esempio, non è detto che tutti i trasferimenti in conto capitale ad altri enti pubblici siano effettivamente investimenti.
Una seconda linea di riflessione riguarda i coefficienti esistenti sopra ricordati del 15 e del 25 per cento. L'attuale assetto delinea, per alcune categorie di enti, in particolare i comuni, dei vincoli molto laschi; mentre configura dei vincoli molto stringenti per le regioni. Nell'attuale assetto, appare quantomeno strano stringere molto le regioni e lasciare ampio spazio ai comuni.
Un'altra linea di riflessione riguarda il ruolo dei meccanismi di mercato nel tenere sotto controllo le finanze degli enti decentrati. I meccanismi di mercato potrebbero essere di complemento alle regole sopra ricordate. Ad esempio, si potrebbe riconsiderare l'istituto della delegazione di pagamento che attenua le differenze nei tassi praticati agli enti ben amministrati e a quelli con squilibrio di bilancio.
Da ultimo, andrebbe regolamentato il ricorso a strumenti finanziari che possano consentire un'elusione della golden rule, o possano consentire la traslazione di oneri su esercizi futuri, o possano ridurre la trasparenza dei conti pubblici.
Le norme sugli obblighi di trasparenza per le operazioni in strumenti finanziari derivati, introdotte a partire dalla legge finanziaria per il 2008, muovono in questa direzione. Attualmente, credo che il Ministero dell'economia e delle finanze stia preparando, in consultazione con CONSOB e Banca d'Italia, un regolamento in questo ambito.
Un'ultima tipologia di interventi, a cui occorrerebbe dedicare attenzione, è quella relativa alle cosiddette operazioni di partenariato tra pubblico e privato per la costruzione e la gestione di opere pubbliche. Vi è, infatti, il rischio che tali operazioni, a volte, siano utilizzate per aggirare i vincoli finanziari.
In conclusione, la revisione delle regole riguardanti il ricorso al debito da parte delle regioni e degli enti locali può contribuire alla riduzione del debito pubblico e può incentivare un uso più efficiente delle risorse. È importante che tali regole siano considerate congiuntamente e siano


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collegate a quelle riguardanti i saldi di bilancio degli enti e alle procedure di bilancio nazionale.
In sintesi, può essere opportuno muovere verso una golden rule più stringente, controlli di mercato più efficaci, divieti all'attuazione di operazioni finanziarie che pospongano gli oneri per il bilancio pubblico e una maggiore diffusione dell'informazione sulla situazione patrimoniale degli enti.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Franco.
Credo che i contributi di questa mattina siano estremamente utili e abbiano toccato tutti gli argomenti che sapevamo essere oggetto di attenzione anche politica.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ANTONIO LEONE. Vorrei intervenire brevemente sul punto che riguarda la previsione della redazione del bilancio in termini di cassa. L'ISTAT ha ribadito la criticità esistente in maniera molto netta e precisa. La posizione della Corte dei conti, pur nella criticità più volte espressa, mi è sembrata più blanda.
Voglio chiedere al presidente dell'ISTAT se la posizione critica prima esposta è supportata da un'indagine motivazionale, oltre ai noti rilievi che vengono espressi anche sulla base dell'esperienza degli altri Paesi, e che cosa ne pensa della proposta della Corte dei conti in merito.

PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

ENRICO GIOVANNINI, Presidente dell'ISTAT. Vorrei svolgere solo un'osservazione basata sulla mia precedente esperienza internazionale, per poi lasciare la parola al dottor Malizia.
In sede OCSE, nel gruppo che si occupa della programmazione e del monitoraggio dei flussi di finanza pubblica, e in generale della programmazione delle attività delle pubbliche amministrazioni, questi temi sono stati lungamente discussi.
Ricordo di aver partecipato, tempo fa, ad una riunione nella quale si immaginava un modello ideale e si faceva riferimento, in qualche modo, all'Australia, dove hanno dati espressi sia in termini di cassa che di competenza, e, quindi, tutto quello che teoricamente si vorrebbe avere a disposizione.
Questo investimento conoscitivo richiede uno straordinario investimento finanziario e di regolamentazione.
La preoccupazione maggiore che nutriamo è che, eventualmente, in assenza di un investimento di questo tipo, che comporterebbe la duplicazione di tutti i processi, poiché ogni giorno ci confrontiamo con le difficoltà che le amministrazioni pubbliche incontrano addirittura nel fornire i dati standard, si crei una certa confusione.
Come abbiamo detto, sarebbe in ogni caso necessario determinare chiaramente quali sono i criteri, molto dettagliati, e le differenze tra i due sistemi, proprio al fine di evitare una soluzione pasticciata.
Forse il dottor Malizia vuole aggiungere qualcosa in merito.

RAFFAELE MALIZIA, Dirigente dell'ISTAT. Vorrei aggiungere qualche brevissima considerazione riguardo all'efficacia del bilancio in termini di cassa, rispetto agli obiettivi dichiarati, sotto vari profili, nella stessa proposta di legge.
Mi riferisco in particolare a due profili. In primo luogo, penso all'incentivo verso un comportamento virtuoso da parte dei soggetti a cui è demandata la responsabilità della gestione delle risorse. Infatti, è chiaro che, venendo meno il vincolo della competenza e in assenza di una contabilità economico-patrimoniale che la stessa proposta di legge prevede come eventuale - ma soprattutto a titolo sperimentale in via transitoria - dovremo rinunciare a uno strumento, quello della competenza, che, con tutti i suoi difetti, in particolare con riferimento alla questione degli impegni che possiamo chiamare impropri, che generano cioè i cosiddetti residui impropri, rappresenta, comunque un vincolo all'operato e alla dimostrazione dello stesso in


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termini finanziari, per i gestori dei diversi centri di spesa. Questo discorso vale dal punto di vista della gestione del bilancio.
Quanto al profilo informativo, e quindi dal punto di vista dell'ISTAT, i riflessi sarebbero molto preoccupanti, quindi il rischio dovrebbe essere evitato. Infatti, nel momento in cui il criterio adottato sia solo quello della cassa, si correrebbe il serio rischio che tali informazioni rappresentino molto poco le operazioni a cui la cassa fa riferimento. Esiste, infatti, l'ipotesi fondata che si dilatino i tempi e le distanze fra il momento della regolazione monetaria delle operazioni e il momento in cui deve essere presa la decisione se effettuare o meno una determinata operazione.
L'ISTAT non vuole sminuire l'importanza della cassa. È importante rivitalizzare, dare nuova linfa e nuova importanza al bilancio in termini di cassa, ma questo, a nostro avviso - soprattutto in un periodo transitorio che non si sa quanto durerà e del quale non si conosce l'esito finale - non deve significare la rinuncia a uno strumento che forse varrebbe la pena di migliorare e affinare, irrobustendo la capacità, dal punto di vista gestionale e informativo, quale è quello della competenza.

PRESIDENTE. Credo che il presidente di sezione della Corte dei conti, dottor Maurizio Meloni, voglia aggiungere qualcosa in merito.

MAURIZIO MELONI, Presidente di sezione della Corte dei conti. Si è parlato di una posizione più blanda della Corte dei conti.
La Corte ha ritenuto la semplificazione non convincente, perché in fase gestionale, con il previsto passaggio del vincolo parlamentare di bilancio alla sola cassa, questa potrebbe risolversi in un affievolimento del rigore, in termini di obbligazioni assunte, non più oggetto del vincolo parlamentare, con conseguenti problemi di compatibilità anche con gli impegni europei.
Peraltro, l'innovazione darebbe comunque luogo a rilevanti adeguamenti delle procedure gestionali e di resa dei conti, lasciando inalterate, o aggravando, le difficoltà di raccordo con la contabilità nazionale.
Ad ogni modo, sembra auspicabile che le ulteriori riflessioni che la Camera si accinge a svolgere si concentrino sull'opportunità di dar luogo a una soluzione più avanzata che abbiamo già delineato e inserito nella nostra relazione sul rendiconto generale dello Stato per l'esercizio finanziario 2008 adottata nel giugno 2009. Nella suddetta relazione, infatti, abbiamo parlato di una sostituzione graduale a livello di vincolo decisionale. Il consigliere Luigi Pacifico ha sviluppato considerazioni più precise sul tema.

LUIGI PACIFICO, Consigliere della Corte dei conti. Volevo soltanto sottolineare che le perplessità della Corte, riguardo all'adozione di un bilancio di sola cassa, come ha ben detto il mio collega, sono dovute a fattori estremamente importanti, quale il timore di perdere il controllo che attualmente, bene o male, esiste sugli impegni assunti.
Parliamo di una soluzione che sarebbe transitoria. Lo stesso relatore al Senato non considera la cassa come la soluzione più avanzata. È opinione comune, infatti, soprattutto in sede OCSE - il dottor Giovannini forse può testimoniare al riguardo -, che per gli enti pubblici in generale e per lo Stato in particolare, la soluzione più avanzata sia quella dell'adozione della cosiddetta competenza economica, eventualmente in senso accrual.
La competenza economica, o l'individuazione non tanto della spesa, ma del costo, comporta come substrato una fissazione precisa sia dell'impegno che l'amministrazione pubblica va ad assumere, sia del quantum di disponibilità finanziaria che deve essere erogata per raggiungere certi obiettivi. In questo modo, tuttavia, si finirebbe per delineare una soluzione concreta ai problemi che attualmente affliggono le amministrazioni pubbliche, soprattutto per quanto riguarda la garanzia di tenuta dei conti pubblici.


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L'indebitamento netto, che è il risultato finale dell'operazione di consolidamento dei conti, a cui l'ISTAT fa egregiamente riferimento alle dovute scadenze, sarebbe l'entità di differenziale tra costi e ricavi, attinenti al settore pubblico, immediatamente percepibile con tutti i vantaggi derivanti, ad esempio, in sede di copertura degli oneri.
Abbiamo anche rilevato che, a proposito della copertura delle leggi di spesa, il vincolo costituzionale attualmente prevede una copertura soltanto in termini di competenza giuridica, cioè di saldo netto da finanziare.
Il problema della copertura, anche in termini di indebitamento netto, lo si è posto ed è stato accantonato, probabilmente, perché abbiamo un bilancio che attualmente non consente di percepire ex ante la determinazione dell'indebitamento netto a cui dà luogo una certa operazione.
Ebbene, a nostro giudizio, tutta questa problematica sarebbe affrontata egregiamente, qualora si arrivasse con una certa gradualità al bilancio di competenza economica, possibilmente nella definizione accrual che è stata accolta dalla maggior parte dei più importanti Paesi dell'OCSE.
A mio sommesso avviso, il passaggio, anche dal punto di vista temporale se vogliamo, sarebbe possibile, perché l'emanazione dei decreti delegati è prevista entro un anno dalla pubblicazione della legge. Successivamente, vi è un limite temporale, fino ad un massimo di tre anni, per l'adozione del bilancio di cassa.
Se il tempo a disposizione, ossia quattro anni - lasciando inalterati i tempi previsti nell'attuale proposta di legge -, venisse impiegato, anziché per trasformare tutte le procedure in termini di sola cassa, con conseguente attenuazione dei vincoli attualmente esistenti sulla competenza giuridica, per raggiungere l'obiettivo finale della competenza economica accrual, varata in sede europea fin dal 1995, sarebbe tanto di guadagnato.
In proposito, voglio ricordarvi il SEC 95, che in qualche modo è la Bibbia a cui si riferisce colui che trasforma i dati contabili degli enti pubblici in dati di contabilità nazionale comparabili.

PRESIDENTE. Vorrei coinvolgere anche i rappresentanti della Banca d'Italia e dell'ISAE nel dibattito su questo punto, che mi sembra cruciale.
Aggiungo fin d'ora due considerazioni alla nostra riflessione. In primo luogo, a proposito della pluralità di obiettivi che vengono posti alla riforma del bilancio, osservo che probabilmente ciascuno aspira all'opportunità di puntare direttamente alla competenza economica, piuttosto che ad altro.
Pertanto, dobbiamo decidere che cosa privilegiare, e, in particolare, se dobbiamo arrivare alla competenza economica passando dalla cassa.
In secondo luogo, evidentemente è richiesta una rivoluzione organizzativa e culturale che immagino richieda una maggior quantità di tempo rispetto ai quattro anni già menzionati.
Del resto, quando abbiamo cercato di introdurre la contabilità economica negli enti locali, in modo più o meno posticcio, ci siamo resi conto delle difficoltà che questi hanno incontrato e del modo in cui attuavano tale direttiva, ossia come una sorta di compito delle vacanze obbligato in cui non credeva nessuno, né chi lo faceva, né chi lo controllava, o avrebbe dovuto controllarlo.
Ad ogni modo, mi sembrano ottimistiche le previsioni che questa vera e propria rivoluzione culturale possa operarsi in un così breve lasso di tempo. Chiederei di intervenire in merito anche ai rappresentanti della Banca d'Italia

DANIELE FRANCO, Capo del Servizio Studi di struttura economica e finanziaria della Banca d'Italia. Cederei la parola al dottor Balassone.

FABRIZIO BALASSONE, Direttore della direzione di finanza pubblica del Servizio studi di struttura economica e finanziaria della Banca d'Italia. Intervengo solo per fornire qualche ulteriore elemento conoscitivo e di riflessione.


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L'esperienza internazionale sul bilancio per accrual, per competenza economica, è ancora abbastanza limitata. Oltre all'Australia, che è stata citata come esempio, ci sono davvero pochi Paesi che hanno adottato dei bilanci di contabilità economica patrimoniale; diverso è il caso in cui si abbiano dei report ex post.
Come ho detto, fare bilanci preventivi con la contabilità economico-patrimoniale in campo di finanza di governo è ancora piuttosto raro.
Oltre all'Australia, un altro esempio in tal senso è offerto dalla Nuova Zelanda.
Il Regno Unito ha adottato tale modalità operativa per passi graduali, partendo prima dalle agenzie esterne al Governo e solo recentemente coinvolgendo anche il Governo centrale.
La Francia, per esempio, ha un accrual reporting, ma non ha deciso di adottare ancora un accrual budget.
Quindi, la prima cautela da usare consiste nel considerare che fare un bilancio previsionale in termini di competenza economico-patrimoniale può essere complicato.
Il secondo aspetto che volevo sottolineare è che gli organismi internazionali che hanno esperienza e possono raccogliere i frutti dei contatti che hanno con i vari Paesi segnalano che un prerequisito - il presidente dell'ISTAT Giovannini mi potrà sicuramente dare conferma - per il passaggio alla contabilità economico-patrimoniale è che ci sia un solido sistema di contabilità per cassa.
Come è stato giustamente detto, l'Australia è additata ad esempio, perché in quel Paese si possono trovare tutti i tipi di contabilità.
Da ultimo, ricordo che proprio l'anno scorso, in un convegno organizzato dal Servizio studi della Ragioneria generale dello Stato, abbiamo avuto l'occasione di ascoltare Jon Blondal, un economista dell'OCSE, il quale raccontava che, anche in Australia e Nuova Zelanda, per quanto riguarda il bilancio in termini di contabilità economico-patrimoniale, ci sono dei ripensamenti, perché le difficoltà dell'attuazione di queste tecniche si sono rivelate superiori al previsto.
Blondal citava addirittura dei manager australiani, i quali affermavano che, se avessero saputo allora, ossia al momento di prendere la decisione, quello che sanno ora sulla contabilità economico-patrimoniale, probabilmente non avrebbero dato così tanto sostegno a questa riforma.
Per concludere sul bilancio di cassa, aggiungo una nota di cautela sull'idea che questo non sia compatibile con un controllo dell'attività di attuazione dei programmi e delle politiche approvate.
Come diceva Daniele Franco nella sua esposizione, si può pensare a dei controlli. Gli altri Paesi che hanno bilanci preventivi per cassa non è che non controllino anche come vengono spese le risorse pubbliche. Si possono prevedere dei riferimenti normativi in merito e se il bilancio per cassa viene accompagnato dall'introduzione di una vera ottica pluriennale nella programmazione, per cui ci sono, a livello di singolo programma, dei tetti di spesa per cassa prefissati, questo può diventare la pietra di paragone normativa con la quale misurare l'esecuzione del bilancio.

MARIA CRISTINA MERCURI, Direttore dell'unità operativa finanza pubblica dell'ISAE. Vorrei aggiungere solo alcune piccole notazioni.
Sicuramente la cassa sarebbe importante per una maggiore responsabilizzazione del dirigente pubblico, ovviamente collegata con la programmazione triennale, perché potrebbe rappresentare una cautela verso la prassi oramai consolidata delle amministrazioni di assumere impegni legittimi al 31 dicembre, solo al fine di non perdere gli stanziamenti. Possiamo, quindi, mantenere entrambi i sistemi, ma avere una cassa più significativa sarebbe sicuramente importante.
Infatti, osservando le nostre stime per quanto riguarda gli enti locali, in particolare i comuni, circa la spesa e l'entrata standard, si nota la presenza di forti differenze tra impegni e incassi.


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Spesso gli accertamenti non danno informazioni corrette. La sola cassa è molto difficile da raggiungere - occorre un lasso di tempo superiore ai quattro anni, come diceva il presidente - tuttavia ritengo necessario un maggior controllo su come la cassa viene utilizzata.

PRESIDENTE. Sul fronte delle entrate, in particolare, il presidente Giovannini voleva intervenire. Successivamente darò la parola all'onorevole Causi.

ENRICO GIOVANNINI, Presidente dell'ISTAT. Prendo la parola brevemente per dire che gli interventi svolti mostrano che questo processo durerà per il tempo necessario e che richiede un investimento, un cambiamento di cultura, strutture organizzative e via dicendo.
Quello che credo non possiamo permetterci è di non avere piena coerenza delle diverse iniziative che genereranno banche dati e così via.
Se sbagliamo qualcosa nelle classificazioni, rischiamo veramente di perdere tanto tempo. Nella relazione scritta che ho consegnato alla Commissione ci sono alcuni punti sui quali non mi sono soffermato nell'intervento orale, ma sui quali è molto importante che l'ISTAT sia coinvolto, non perché rappresento l'ISTAT, ma perché si tratta dell'ente apicale del sistema statistico nazionale che, come ricordava il consigliere Pacifico, deve comunque rimettere a coerenza tutti questi dati secondo le classificazioni e le definizioni europee.

MARCO CAUSI. Il presidente Giorgetti mi ha anticipato, perché la mia domanda era rivolta proprio all'ISTAT.
Nella gestione, prima dei sistemi teorici e poi dell'operatività in ambito di armonizzazione dei bilanci pubblici, a che punto sono le banche dati ISTAT e in che modo la loro evoluzione può dare qualche prospettiva?
Penso non soltanto alle banche dati di contabilità pubblica e nazionale, ma anche alle banche dati relative alle politiche di sviluppo, agli obiettivi di servizio e alla quantificazione delle politiche pubbliche, perché i due sistemi di indicatori che dovremo far evolvere sono sia quelli finanziari, sia quelli di efficacia delle politiche.

ENRICO GIOVANNINI, Presidente dell'ISTAT. Dico brevemente che, in termini generali, lo sforzo dell'ISTAT e anche di altri enti del sistema statistico nazionale è proprio quello di valorizzare al massimo le fonti amministrative.
Questo richiede un coordinamento interistituzionale forte, quindi mi augurerei da questo punto di vista che, sia dal Parlamento, che dal Governo, vengano segnali forti e coerenti in termini di normativa.
Ad esempio, nella relazione scritta faccio riferimento al fatto che il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, che dovrebbe definire, tra l'altro, schemi e modalità per l'acquisizione dei dati di cui all'articolo 14, sia emanato previo parere dell' ISTAT, a cui dovrebbe essere assicurato il libero accesso alla banca dati.
Questo è importante perché se in teoria, tutto è possibile, nella pratica, invece, ci scontriamo spesso con piccoli ostacoli che frenano la fluidità del sistema.
Colgo questa occasione per dire che, visto che la domanda informativa cresce così tanto, la via dell'integrazione delle fonti amministrative è l'unica percorribile. Del resto, il Paese non sarà mai disposto a pagare prezzi eccessivi o inutili per informazioni che sono disponibili.
Quindi, il richiamo che rivolgo alla Commissione è quello di tenere conto, nella formulazione della legge finale, di questi aspetti di coordinamento dell'intero sistema statistico nazionale, a cui, come ISTAT, dedichiamo moltissimo impegno.

PRESIDENTE. Credo che adesso sia spiegato anche il motivo per il quale abbiamo voluto mettere attorno al medesimo tavolo e nello stesso momento diverse istituzioni così qualificate.
È importante, infatti, che anche diversi punti di vista si confrontino e ci permettano non di trovare soluzioni, ma quantomeno di porci ulteriori problemi.


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A questo punto, credo che nella nostra ansia riformatrice sia necessaria cautela, nel senso che fare la riforma è giusto, anzi opportuno, ma dobbiamo stare attenti a non combinare disastri.
Dico a beneficio dei colleghi che proseguiremo questa indagine conoscitiva domani con la Ragioneria generale dello Stato e giovedì con un panel di esperti e docenti universitari che ci forniranno ulteriori elementi conoscitivi.
Ringrazio i nostri ospiti per il contributo che hanno offerto in questa sede, ma anche per le relazioni scritte che hanno lasciato agli atti della Commissione, che ci permetteranno di approfondire gli elementi emersi nel corso dei nostri lavori.

La seduta termina alle 13,15.

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