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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione V
5.
Martedì 17 aprile 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'INDIVIDUAZIONE DI INDICATORI DI MISURAZIONE DEL BENESSERE ULTERIORI RISPETTO AL PIL

Audizione di rappresentanti di Barilla Center for Food & Nutrition:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3 7 8 11
Baretta Pier Paolo (PD) ... 8
De Biasio Alessandro, Consulente di direzione presso The European House-Ambrosetti ... 5 11
Duilio Lino (PD) ... 8 11
Virginio Luca, Direttore delle relazioni esterne del gruppo Barilla ... 3 8 11
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

COMMISSIONE V
BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 17 aprile 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GIORGETTI

La seduta comincia alle 12.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti di Barilla Center for Food & Nutrition.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nel quadro dell'indagine conoscitiva sull'individuazione di indicatori di misurazione del benessere ulteriori rispetto al PIL, l'audizione di rappresentanti di Barilla Center for Food & Nutrition.
Sono presenti il dottor Luca Virginio, direttore delle relazioni esterne del gruppo Barilla, il dottor Marco Montanaro, direttore delle relazioni istituzionali del gruppo Barilla e il dottor Alessandro De Biasio, consulente di direzione presso The European House-Ambrosetti.
Do la parola ai nostri ospiti per la relazione che sarà accompagnata anche da un ausilio visivo.

LUCA VIRGINIO, Direttore delle relazioni esterne del gruppo Barilla. Grazie, presidente. Sono Luca Virginio e a nome del Barilla Center for Food & Nutrition e del presidente Guido Barilla ringrazio tutti gli onorevoli membri della Commissione. Siamo molto onorati di poter condividere con voi l'esperienza del Barilla Center for Food & Nutrition. Come fra poco dirà il dottor De Biasio, il Barilla Center sta studiando la tematica in oggetto da tre anni.
Dirò qualche parola sullo scopo e sulla missione del centro che la famiglia Barilla ha voluto costituire tre anni or sono. Il Barilla Center for Food & Nutrition, che vuole avere una valenza internazionale, ha la missione di cercare e raccogliere le migliori conoscenze disponibili sui temi più importanti che riguardano le persone e il nostro pianeta nel presente e nel futuro per rielaborarle e metterle a disposizione di tutti coloro che hanno una responsabilità di governo e degli opinionisti, con l'obiettivo di migliorare, se possibile, la qualità della vita degli individui.
In questo cammino, che il Barilla Center for Food & Nutrition, come dicevo, ha iniziato tre anni fa, abbiamo immediatamente percepito e realizzato che i grandi temi che riguardano l'alimentazione e la nutrizione devono per forza essere esaminati e studiati da un punto di vista multidimensionale. Ci siamo accorti che, approcciandoli soltanto da un punto di vista economico o sociale o ambientale o della salute, anziché trovare soluzioni e rimedi, si rischia di aprire nuove problematiche. Per loro dimensione e complessità, un approccio multidisciplinare è forse in grado di trovare soluzioni a questi grandi temi.
Nella slide vedete i nomi di coloro che a oggi compongono l'advisory board indipendente del Barilla Center for Food & Nutrition. Intorno al tavolo siedono ambientalisti come Barbara Buchner, economisti


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come l'attuale Presidente del Consiglio Mario Monti, nutrizionisti e medici come il professor Riccardi e il professor Veronesi, ma anche sociologi come il professor Fischler o ancora il professor John Reilly del MIT, ambientalista, e il professor Ricordi, un altro medico.
Ricordo ancora con piacere le prime riunioni dell'advisory board. Quando queste persone di un certo spessore scientifico si trovarono per la prima volta intorno al tavolo, c'era scetticismo riguardo a cosa potessero dirsi economisti, medici e ambientalisti. Molto presto, però, hanno capito qual era la valenza e quale il valore aggiunto del fatto di lavorare insieme su temi così importanti.
Una delle ragioni per cui la famiglia Barilla ha sentito l'urgenza di creare il Barilla Center for Food & Nutrition è il fatto che sempre di più il mondo affronta dei paradossi che appaiono privi di soluzione. Il Barilla Center for Food & Nutrition non vuole indicare la soluzione, ma quanto meno sentiamo l'obbligo morale di dare un piccolo contributo in termini di conoscenza.
Uno dei principali aspetti sociali ed economici che credo tocchi le coscienze di tutti noi sono le sperequazioni esistenti sul pianeta. Un miliardo di persone non ha ancora accesso al cibo, mentre un altro miliardo di persone ha troppo cibo. Ci sono 36 milioni di persone che periscono per malnutrizione o che per malnutrizione riportano danni cerebrali permanenti. È un fenomeno poco conosciuto, ma molto imponente. Ci sono invece 30 milioni di persone che muoiono per malattie legate all'eccesso di cibo.
Questa sperequazione non riguarda solo il nord o solo il sud del pianeta. Si pensa sempre ai Paesi ricchi in contrapposizione a quelli emergenti, ma questo fenomeno si manifesta anche nei Paesi più ricchi, come l'Italia o gli Stati Uniti, dove vivono persone che hanno troppo e persone che invece non riescono ad arrivare alla fine del mese.
Ci sono anche altri paradossi. Quando parliamo di persone che non hanno accesso al cibo, è bene ricordare che oltre il 50 per cento della produzione agroalimentare viene destinata alla nutrizione dei tre miliardi di capi di bestiame presenti sul nostro pianeta, così come alla produzione di biofuel. Oggi noi preferiamo produrre energia per alimentare le autovetture piuttosto che dare da mangiare o rendere il cibo accessibile alle persone che non ne hanno.
È inutile ricordare ai membri di questa Commissione che si producono tante calorie, ma se ne sprecano almeno tante quante sarebbero sufficienti a nutrire quel miliardo di persone. Sto parlando di un altro fenomeno terribile, il food waste, lo spreco del cibo dal campo alla tavola.
Queste sono alcune delle ragioni etiche, morali, sociali e imprenditoriali che hanno suscitato nella famiglia Barilla l'urgenza di dare vita al Barilla Center for Food & Nutrition.
Quella che vedete è una composizione dei temi affrontati nel 2011, corredata dalle copertine delle pubblicazioni che abbiamo prodotto. Gli argomenti sono scelti dall'advisory board in base alla loro rilevanza socioeconomica e politica nelle agende europee, americane e asiatiche. Tra questi vi è il rapporto sugli indici di benessere che vi sarà presentato.
Abbiamo affrontato tematiche molto attuali, quali la sostenibilità dell'agricoltura da un punto di vista economico e ambientale e la carenza di acqua, un altro grande problema planetario: sarà l'«oro blu» dei prossimi cinquant'anni. Ci siamo occupati di accesso al cibo, di biotecnologie e di organismi geneticamente modificati, nonché della longevità di una popolazione che tende a invecchiare sempre di più e del benessere ad essa associato.
Ci siamo occupati e continueremo a occuparci anche del costo del cibo. Come sappiamo, dal 2007 al 2008 il prezzo delle granaglie è esploso. Ciò è dovuto non soltanto a fattori climatici o all'impiego delle granaglie per usi non necessariamente alimentari, come la produzione di biofuel, ma anche a speculazioni finanziarie. Mentre prima si giocava in borsa sui titoli azionari, adesso si gioca sulle derrate alimentari. Questi aumenti di prezzo


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fanno sì che ogni sera qualche milione di persone non possa sedersi a tavola. Ogni centesimo in più sul prezzo delle derrate alimentari significa persone che non hanno accesso al cibo.
Da ultimo, ci siamo occupati di un fenomeno dilagante e preoccupante, ovvero il sovrappeso e l'obesità, con particolare riferimento ai bambini. Vi do un dato che sicuramente non vi sarà sfuggito. In Italia una persona su cinque è in sovrappeso od obesa e il tasso di sovrappeso o di obesità nei bambini italiani è il più alto d'Europa. Si tratta di un'epidemia in continenti quali il Nord America, dove il 50 per cento della popolazione è sovrappeso o affetta da obesità, con problemi legati al benessere e relativi costi sociali, ma anche la performance dell'Europa e dell'Italia, culla della dieta mediterranea, è molto negativa.
Ciò detto, cedo la parola al dottor De Biasio, responsabile scientifico del progetto, che illustrerà gli indici di benessere.

ALESSANDRO DE BIASIO, Consulente di direzione presso The European House-Ambrosetti. Buongiorno a tutti e grazie per l'attenzione.
Partirei analizzando la specificità del contributo del Barilla Center for Food & Nutrition in tema di misurazione del benessere. Per estrazione noi non siamo esperti di sistemi statistici in senso stretto. Se questo tema fosse di natura eminentemente statistica in termini di technicality, forse saremmo meno abilitati di altri a esprimerci.
Crediamo che in realtà la prospettiva corretta dalla quale osservare questa tematica sia più ampia e richieda necessariamente un corredo di competenze allargato. Questo è il primo suggerimento che metto sul tavolo come esito della nostra esperienza. Per noi la misurazione del benessere è connessa alla strutturazione apertamente interdisciplinare del nostro centro, dove cerchiamo di far confluire competenze che provengono da diversi ambiti. Come detto, abbiamo messo al lavoro sul tema economisti, sociologi, esperti di problemi ambientali, esperti di nutrizione, esperti di stile di vita. Il benessere è un fenomeno che ha una caratterizzazione economica, ma non solo.
Potremmo passare ore a discutere sulla definizione di benessere. Il nostro board ne ha scelta una, lavorando in team e avvalendosi del contributo di altri esperti. In particolare ci siamo garantiti la collaborazione del professor Fitoussi, che, come sapete, è stato il coordinatore della commissione voluta dal Presidente Sarkozy per mettere ordine in un dibattito che parte da lontano. Tutti ricordano l'intervento di Bob Kennedy nel 1968. È da anni che se ne parla, ma il punto di svolta è stata l'intenzione del Presidente Sarkozy di capire se per tali concetti esista un ambito reale di applicazione. Per questo ha istituito la commissione Stiglitz-Sen-Fitoussi. Noi abbiamo chiesto al professor Fitoussi se fosse disponibile a seguirci in questo percorso e così è stato.
Come dicevo, abbiamo adottato come base di partenza la descrizione di benessere come stato emotivo, mentale, fisico, sociale e spirituale - un benessere a 360 gradi - che consente alle persone di raggiungere e mantenere il proprio potenziale personale nella società. L'idea di benessere, dunque, non è quella dello stare bene ereditato dal passato, bensì di un potenziale per il futuro. Questa lettura dinamica è fondamentale. Una definizione di benessere che semplicemente registri ciò che è stato fatto nel passato è irrilevante nella migliore delle ipotesi.
Partendo da qui e facendo leva sulle linee guida della commissione Stiglitz-Sen-Fitoussi, abbiamo lavorato per creare un indicatore multidimensionale, che registrasse tutte le possibili dimensioni di benessere e le armonizzasse all'interno di un indice sintetico. Le categorie che abbiamo esplorato sono l'educazione, la salute, l'attività personale intesa come impiego del tempo, la qualità della democrazia - non c'è benessere senza democrazia -, le reti sociali, l'ambiente, la sicurezza, la sostenibilità ambientale, il reddito e il consumo, la distribuzione del reddito, che è tanto importante quanto la sua disponibilità.


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Nel dettaglio, abbiamo prodotto due report approfonditi che spiegano lo svolgimento del processo fino al punto di arrivo. Nel definire il benessere abbiamo individuato tre aree. C'è una componente del benessere legata agli stili di vita, ad aspetti psicofisici e comportamentali di carattere oggettivo e soggettivo. La distinzione tra l'aspetto oggettivo e quello soggettivo è un'altra delle questioni rilevanti quando si affronta questo tema.
C'è poi l'area della ricchezza, che è sempre da correlare all'aspetto ambientale. La produzione di ricchezza, infatti, spesso consuma una disponibilità di beni ambientali che sono fondamentali per vivere bene. Infine, c'è un aspetto importantissimo collegato al tema dei rapporti sociali e interpersonali, cioè le reti sociali. Questo aspetto ha almeno tre componenti: una componente educativa (istruzione e cultura), una componente di benessere sociale e una componente di benessere politico.
Il nostro indice è stato spezzato in due sottoindici. Ci siamo resi conto che una cosa è la misurazione del benessere che deriva dalla fotografia dell'esistente in un dato momento e altra cosa è la sostenibilità del benessere. Dal punto di vista delle policy è molto più rilevante capire quali leve toccare per far sì che il benessere permanga nel tempo e possa addirittura incrementarsi.
Il tableau de bord rappresenta la selezione degli indicatori. Dentro ogni casella, oltre a cercare di pesare le diverse componenti, abbiamo condotto un lavoro di dettaglio molto approfondito per individuare quali siano in questo momento le migliori esperienze al mondo di misurazione dei singoli elementi. Abbiamo, quindi, effettuato una selezione che crediamo abbia valore anche per capire qual è lo stato dell'arte. Per misurare questi fenomeni è possibile utilizzare alcuni indicatori, la maggior parte dei quali già esiste, che consentono di produrre il dato di sintesi.
Anziché entrare nel merito di questo, vorrei lasciarvi con sette riflessioni conclusive su ciò che abbiamo imparato da questa esperienza di lavoro.
In primo luogo PIL e benessere sono concetti distinti. Il benessere, cioè, non è la prosecuzione del PIL. Il PIL è un misuratore di attività economiche, mentre il benessere è concetto più ampio, che non necessariamente si può cogliere come estensione del PIL. Mi ricollego al tema delle competenze e del sistema aperto di cui parlavo prima. Il benessere richiede un approccio allargato, che abbia in sé una visione di partenza capace di salvare le diverse prospettive.
In secondo luogo, la scelta degli indicatori indirizza i comportamenti. Gli anglosassoni dicono you get what you measure, cioè si consegue quello che si misura. Se si misura solo la generazione di valore trimestrale delle aziende, si distrugge metà dell'economia reale del mondo. Da questo punto di vista la misurazione del benessere è un tema eminentemente politico perché quel che conta è la scelta di cosa misurare, mentre l'aspetto tecnico-statistico è secondario.
Il terzo punto è più di carattere tecnico. Sul piano tecnico abbiamo fatto nostri alcuni elementi, il primo dei quali è tenere sempre distinto lo stock di benessere dai flussi e dalle variazioni. L'indice di sostenibilità che vedete nella parte destra della slide è costruito sulle variazioni, cioè sulle tendenze. Una cosa è misurare ciò che ereditiamo e altra cosa è cercare di influenzare ciò che creeremo nel futuro. È evidente che lo stock è la base di partenza. Senza un capitale iniziale non si potrebbe costruire, ma limitarsi a misurare l'effetto di politiche del passato può dare vita a indicatori poco intelligenti.
Io cito sempre l'adjusted net saving, un indicatore della Banca mondiale che misura il risparmio tenendo conto anche di quanto si consuma per generarlo. È un indicatore che considera sia la generazione sia ciò che si sta consumando. Se avrete la voglia e la pazienza di scorrere il nostro lavoro, vi accorgerete che abbiamo dedicato moltissima attenzione ai temi di carattere


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educativo e al concetto di lifelong learning, tutti indicatori della capacità di un sistema di generare benessere.
Il quarto punto riguarda elementi soggettivi ed elementi oggettivi. Tale distinzione è una delle prime problematiche che emerge quando si lavora in questo campo. Gli studiosi sono spaccati in due scuole di pensiero: c'è chi dice di considerare solo ciò che è oggettivo e c'è chi invece ritiene utile chiedere alle persone quale sia soggettivamente il proprio livello di benessere.
Per la nostra esperienza e ragionando con i nostri advisor, abbiamo concluso che occorre essere molto pragmatici. Gli indicatori oggettivi hanno valore perché offrono un punto di ancoraggio. Integrare una componente soggettiva aiuta a rendere l'indicatore più dinamico e più vicino alle variazioni che accadono nella realtà. Da un lato si misura l'oggettività e dall'altro si cerca un riscontro, costruendo nel tempo una storia che racconta come i cittadini vivono il rapporto con la propria esistenza, materiale e non.
Il quinto punto è rappresentato dalle misure delle attività non di mercato. Su questo gli istituti di statistica stanno lavorando moltissimo. Il maggiore problema del PIL è che misura tutto ciò che passa per il mercato. Sembra che la vita sia ridotta a un mercato, quando in realtà è molto di più. Il concetto di benessere è molto più ampio e ci sono tanti aspetti non legati al mercato che hanno una valenza economica fondamentale. Nella vita delle nostre famiglie, ad esempio, ci appoggiamo a un lavoro non remunerato né registrato, ma che di fatto consente la sostenibilità stessa dei nuclei familiari.
Il sesto punto che mi permetto di sottoporre alla vostra attenzione è la necessità che gli indicatori siano coerenti con il concetto di benessere. Il mondo della nutrizione è in evoluzione. Negli Stati Uniti, qualsiasi membro della classe dirigente è preparatissimo sulle questioni legate alla nutrizione perché lì l'obesità è diventata argomento di policy ed è ai primi tre posti dell'agenda politica. L'aspettativa di vita, ad esempio, è molto più debole dell'aspettativa di vita in buona salute, mentre l'occupazione giovanile, come dato, è meno interessante dell'inattività giovanile. L'evoluzione sociale sta portando alla formulazione di nuovi indicatori più capaci di cogliere la complessità del reale.
Da ultimo, ci siamo accorti che, quando si costruisce un indicatore, è sempre meglio privilegiare indicatori di risultato, cioè di output, rispetto a indicatori di input. Nei processi l'output è in funzione dell'input, ma non è detto che la spesa sanitaria, per fare un esempio, dica qualcosa del risultato, cioè l'aspettativa di vita in buona salute. A noi interessa molto di più misurare il risultato.
Dovendo sintetizzare l'esperienza di questi tre anni di lavoro, nei quali abbiamo avuto il beneficio di lavorare con personalità che hanno contribuito moltissimo, queste sono le conclusioni che, con molta umiltà, ci sentiamo di portare al tavolo della discussione.
Nell'ambito della nostra misurazione, che pure tiene conto di un sistema allargato di fattori, la componente sociale in Italia esce molto bene rispetto ad altri contesti del mondo, ma sia sul benessere sia sulla sostenibilità evidenziamo un dato non molto positivo. Abbiamo eccellenze a vari livelli, ma mettendo insieme tutti gli elementi che fanno sì che il benessere si traduca in valore scontiamo qualche difficoltà.
Non siamo i soli. Se la rilevazione che abbiamo effettuato ha qualche elemento di obiettività e vicinanza al vero, scopriamo che per motivi diversi, ad esempio, anche gli Stati Uniti sono in difficoltà. Sono molto forti su alcuni punti, mentre altri sembrano in larga misura dimenticati. I Paesi che invece sono in una posizione migliore sono quelli che hanno una capacità di sistema tale da vantare un risultato positivo a 360 gradi.
Mi fermo qui sperando di essere riuscito a rappresentarvi il senso del nostro lavoro.

PRESIDENTE. Vi ringrazio. Dai vostri dati, comunque, Grecia, Italia e Spagna sono sempre in coda. Non ci sarà una


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correlazione diretta tra PIL e indicatori di benessere, ma qualcosa vorrà dire.
Do ora la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

LINO DUILIO. Ringrazio i nostri ospiti per il loro contributo.
Avrei qualche curiosità. Esprimendo apprezzamento per il vostro lavoro, vorrei sapere come nasce, all'interno di un'azienda, l'esigenza di compiere una riflessione di questo genere. Perché vi dedicate a questa riflessione, intorno alla quale peraltro, come si diceva prima, lavorano intellettuali di vari Paesi da cinquant'anni e vengono istituite commissioni come quella francese?
Le aziende generalmente sono interessate a realizzare obiettivi di profitto. Questa idea di riflettere intorno a un tema che ha peculiarità di ordine etico, oltre che ricevere il mio apprezzamento, suscita in me la curiosità di sapere quale sia la genesi del vostro lavoro.
In seconda battuta, vi chiedo se e come il vostro studio rientrerà nella prospettiva di un evento quale l'Expo 2015, dove si dovrebbe riflettere sulle questioni legate all'alimentazione e alla nutrizione. Ritenete di portare la vostra riflessione in quella sede alla presenza della maggior parte dei Paesi industrializzati? Potrebbe derivarne un valore aggiunto per tali riflessioni, che fanno fatica, come voi sapete, a diventare un fatto concreto che ispiri azioni e comportamenti individuali, politici e, nel vostro caso, aziendali.
In terzo luogo, vorrei sapere se avete socializzato il vostro lavoro o se esista qualche relazione con aziende di altri Paesi che abbiano le medesime caratteristiche, affinché per via aziendale questo discorso abbia ricadute di ordine sociale che aiutino ad assumere questa nuova idea di prodotto interno lordo e di ricchezza nazionale, idea che inevitabilmente sconta l'esigenza della comparazione tra Paesi e dell'omogeneità di riferimenti, senza i quali i dati non sarebbero comparabili.
Esprimo apprezzamento anche per l'approccio multidisciplinare di cui parlavate, che a mio avviso è la madre di tutte le questioni. La stessa economia, infatti, come scienza parte da un approccio multidisciplinare e atterra su un'unica dimensione, che origina molti problemi. Vorrei sapere se in questa vostra riflessione sono inclusi comportamenti che io reputerei coerenti e consequenziali, come per esempio la predilezione per i prodotti del commercio equo e solidale.
Rispetto alle differenze che esistono tra i diversi Paesi, il commercio equo e solidale si pone l'obiettivo - per una strada che forse non tutti condividono - di far sì che le produzioni scontino contributi produttivi per generi e materie prime frutto di un certo modo di produrre.

PIER PAOLO BARETTA. Ringrazio i nostri ospiti.
Volevo chiedervi che rapporto c'è, se c'è, tra questo vostro percorso e le scelte produttive dell'azienda e dov'è il punto di contatto, poiché in via teorica potrebbero anche procedere in modo parallelo. Inoltre, questo approccio, siccome implica un'idea di impresa e probabilmente anche un'idea di concorrenza e di competizione, come correttamente suggeriva il collega Duilio, ha conseguenze sul sistema di relazioni interno all'azienda?
La coerenza tra questo approccio così interessante e il clima relazionale dovrebbe, infatti, condurre a un sistema collaborativo o di percorsi condivisi e di presa di coscienza complessiva.

PRESIDENTE. Do la parola ai rappresentanti del gruppo Barilla per la replica.

LUCA VIRGINIO, Direttore delle relazioni esterne del gruppo Barilla. Provo a rispondere, cominciando dalle domande dell'onorevole Duilio.
Dietro il Barilla Center for Food & Nutrition ci sono due obiettivi, l'uno esterno - sociale, secondo me, è una parola limitativa - e l'altro interno all'azienda. Forse in questo modo rispondo anche ad alcune riflessioni dell'onorevole Baretta. Quello esterno è dare un contributo alla società civile. La famiglia Barilla


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ha riconosciuto che sono poche le cose ancora da scoprire, ma che in giro per il mondo c'è tantissima conoscenza su questi temi. Il problema è che non sempre viene data voce alle migliori conoscenze o perché sono disperse o perché prevalgono interessi particolari. Sono temi che però riguardano fisicamente tutti noi, le nostre famiglie, questo pianeta e il futuro.
La famiglia Barilla ha preso questa decisione perché non ha crediti e debiti con nessuno e il modo di operare dell'azienda è sempre stato trasparente e sincero, tant'è che i lavori del centro sono assolutamente aperti. Tutto quello che produciamo e pensiamo viene messo in rete e condiviso. L'obiettivo era quello di raccogliere le conoscenze su questi grandi temi, semplificarle senza mai perdere la base scientifica o aggiungere alcunché di soggettivo come Barilla, altrimenti si perderebbero scientificità e indipendenza, e renderle accessibili alla gran parte delle persone, in modo che i grandi problemi possano essere capiti, se possibile dando anche qualche indicazione e raccomandazione.
L'obiettivo interno, invece, era quello di assicurare la sostenibilità futura dell'azienda Barilla. Il Barilla Center for Food & Nutrition è uno strumento per i nostri leader e per i nostri manager, a cominciare dalla famiglia e tutto il comitato di direzione, per tentare di capire in anticipo quali temi avranno un'importanza fondamentale per l'uomo e per il pianeta. Visto che noi ci occupiamo di cibo e di nutrizione, se sapremo anticiparli poteremo disegnare l'azienda in modo tale da assicurarne la sostenibilità futura nei prossimi cento anni.
Non vogliamo rincorrere, bensì avere una visione di lungo termine. Questo ci è permesso perché l'aziende è familiare e non è quotata in borsa, motivo per cui la ricerca del profitto a tutti i costi non è una priorità e ci possiamo permettere di guardare oltre i bilanci trimestrali e fare investimenti a lungo termine. C'è una forte connessione. Tutto quello che facciamo attraverso il Barilla Center for Food & Nutrition ricade all'interno dell'azienda a livello di conoscenza, ma anche in maniera applicativa.
Per farvi un esempio, negli anni Settanta negli Stati Uniti fu inventata la piramide alimentare e fu proprio la Barilla a importarla dagli Stati Uniti in Italia, attraverso una campagna di comunicazione oggettiva perché era la scienza ad affermare che per alimentarsi bene e stare bene alla base della piramide devono stare frutta, verdura, cereali eccetera e che mano a mano che si sale ci sono elementi che fanno parte della dieta, ma vanno consumati con più parsimonia.
Sempre su base scientifica, i nostri scienziati, economisti, ambientalisti e nutrizionisti, hanno scoperto che il pianeta è stato concepito molto bene. I cibi che fanno bene alla nostra salute hanno infatti anche un migliore impatto ambientale dal campo alla tavola. Abbiamo, quindi, elaborato il concetto della doppia piramide, cioè una piramide rovesciata. Dal campo alla tavola, dal punto di vista del carbon footprint, dell'ecological footprint e del water footprint frutta e verdura presentano un impatto ambientale molto minore rispetto, ad esempio, alla carne rossa.
In termini applicativi, Barilla utilizza queste conoscenze per riformulare i prodotti che sono sul mercato e disegnare quelli che lancerà in futuro. Su questo ci siamo impegnati con il Ministero della salute e abbiamo già raggiunto gli obiettivi. Negli ultimi anni abbiamo riformulato gran parte dei nostri prodotti, riducendo in maniera significativa il contenuto di sale, di zucchero e di grasso in base alla piramide alimentare e alla piramide ambientale.
Stiamo inoltre tentando di applicare in azienda l'indice di benessere che oggi vi è stato presentato. Si tratterebbe di un'assoluta innovazione. Stiamo cioè provando ad applicare questo indice di benessere, con i relativi indicatori chiave di prestazione e così via, alle persone che lavorano alla Barilla.
Non ci interessa fare i soliti sondaggi sulla gente che lavora nelle aziende per conoscerne l'umore. Stiamo tentando di


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applicare un indice molto più sofisticato e complesso perché l'ambiente di lavoro è sempre più sofisticato e il benessere delle persone è proporzionale alla redditività e all'efficacia dell'impresa. Il nostro sogno è che questo indice di benessere, una volta applicato ad alcune organizzazioni pilota della Barilla per svilupparlo, sia esteso alle comunità all'interno delle quali Barilla ha siti produttivi oppure uffici sia in Italia sia all'estero.
Sulla condivisione con altre aziende penso di aver risposto dicendo che non consideriamo il nostro centro uno strumento di competitività. Tutti i nostri lavori sono a disposizione e diciamo sempre che se qualcuno vuole contribuire, sia un'organizzazione privata o pubblica, ne saremmo felici. L'obiettivo, come ripeto, è favorire la società.
A proposito dei prodotti equo-solidali, devo dire che la Barilla è innanzitutto un'industria che produce prodotti di qualità con volumi molto importanti. Il nostro obiettivo è quello di offrire una qualità costante nel tempo a milioni di persone, mentre quando si parla di prodotti equo-solidali si fa riferimento a produzioni molto piccole. Ciò detto, riteniamo che il principio giusto sia quello di operare correttamente laddove l'azienda incrocia le comunità con cui opera o i consumatori a cui si rivolge.
Tradotto in termini concreti, questo significa che, ad esempio, per vendere la pasta Barilla negli Stati Uniti, cosa che abbiamo fatto con successo negli ultimi dieci anni, se possibile non spediamo il prodotto fatto e trasformato in Italia. Non c'è niente di male in questo, ma preferiamo entrare negli Stati Uniti con stabilimenti di produzione disegnati secondo gli standard di Barilla, assumere personale locale formato secondo gli standard che riteniamo giusti per quella produzione e comprare i grani, cioè la materia prima, negli Stati Uniti. Il prodotto finito è «ricettato» secondo le migliori tradizioni italiane, ma possiede una componente locale.
Non so se questo chiarisca quale sia la posizione di Barilla sul commercio equo e solidale, ma pensiamo che sia un modo di contribuire in maniera molto pragmatica alle economie dei Paesi che ospitano la nostra azienda a partire dall'Italia, che è un mercato ancora estremamente importante, dall'Europa e così via.
Expo 2015 è un tema a me molto caro. Pensiamo, come tutti, che sia una grande opportunità per il Paese. L'ultima slide della nostra presentazione voleva richiamare la vostra attenzione - e ringraziare la Camera dei deputati per il patrocinio concessoci nelle precedenti edizioni - sul forum internazionale su cibo e nutrizione che organizzeremo a Milano il 28 e 29 novembre 2012. L'ultima edizione ha registrato in due giorni la partecipazione di duemila visitatori e di seimila persone collegate in streaming.
Il nostro sogno è quello di creare in Italia una «Davos» - nella sua accezione positiva - su cibo e nutrizione, dove la società civile possa confrontarsi per due giorni su alcuni di questi temi con spirito aperto. Continuiamo a organizzarlo a Milano perché crediamo fortemente che questo possa essere il contributo tangibile di Barilla ai lavori di Expo 2015, che rappresenta un'opportunità non solo per il pianeta, ma anche per il nostro Paese.
Mi piace dire che è già stato ipotizzato, durante l'Expo, di elaborare e firmare una carta dei valori, idea che fu e resta ancora un sogno del Barilla Center for Food & Nutrition. In materia di ambiente, ad esempio, tutto è cominciato a Kyoto e prossimamente ci sarà «Rio 20». Forse non si è fatto abbastanza, ma quanto meno l'ambiente è prepotentemente entrato nell'agenda di tutti i Paesi. Di contro, per quanto penso che tutti quanti conveniamo che sia un tema prioritario, nessun governo e nessuna organizzazione internazionale ha messo al centro dell'agenda in maniera potente il tema del cibo e della nutrizione.
Sarebbe un bellissimo sogno se il Governo italiano, il Parlamento e le istituzioni italiane riuscissero a mettere intorno a un tavolo i centoquaranta Paesi che verosimilmente parteciperanno all'Expo e a concretizzare l'impegno su alcuni principi che riguardano cibo e nutrizione,


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cominciando da lì quello che è stato fatto per l'ambiente, così che questo tema penetri nella coscienza delle persone tutte, dagli opinion maker ai decisori e così via.
Per questo noi riteniamo che Expo 2015, al di là dell'esposizione che tutti quanti visiteremo, sarà un'opportunità straordinaria per lasciare una legacy negli anni a venire.

LINO DUILIO. Chiedo scusa, ma sono stato stimolato a porre un'altra domanda.
Premetto che mi è tornata alla mente la considerazione di Keynes secondo il quale fra cento anni saremo tutti morti, ma si tratta di un pensiero individuale. A livello aziendale voi vi preoccupate anche per ciò che accadrà nei prossimi cento anni, il che è positivo.
Vorrei porvi una domanda forse non politicamente corretta. Siccome se ne discute da qualche tempo e peraltro sono in gioco grossi interessi di multinazionali, vorrei sapere - siete liberi di non rispondere - cosa pensi la Barilla dei prodotti geneticamente modificati.

LUCA VIRGINIO, Direttore delle relazioni esterne del gruppo Barilla. Il pensiero di Barilla sugli organismi geneticamente modificati (OGM) è il seguente. L'azienda è estremamente laica. Stiamo studiando e abbiamo già studiato sia le biotecnologie sia gli organismi geneticamente modificati. Al di là delle demagogie, come azienda stiamo cercando di capire al nostro interno dove stia la verità e se gli OGM facciano bene o male alle persone e all'ambiente.
Come Barilla siamo molto fortunati perché i mercati in cui siamo presenti, prettamente Europa e Stati Uniti, e il tipo di prodotti che facciamo, che sono a base cerealicola, non ci richiedono di prendere una decisione urgente sull'utilizzo degli OGM. In questi Paesi noi stiamo utilizzando materie prime non geneticamente modificate perché questa è la sensibilità delle persone che acquistano i nostri prodotti.
Il dilemma però è nelle nostre teste. In questo momento non siamo né per il sì né per il no. In maniera estremamente pragmatica dico che i Paesi in cui operiamo e il nostro business ci permettono di andare avanti senza utilizzare gli organismi geneticamente modificati. Stiamo studiando la questione con profonda serenità e laicità.
Se un domani dovessimo averne bisogno, Barilla non direbbe no a priori.

ALESSANDRO DE BIASIO, Consulente di direzione presso The European House-Ambrosetti. Vorrei aggiungere che abbiamo prodotto due documenti sul tema degli organismi geneticamente modificati nei quali non si prende una posizione, ma vengono censiti diversi elementi di attenzione sia a favore sia contrari, legati non solo all'aspetto strettamente scientifico, ma anche ad aspetti economici e alla struttura del settore. Esistono dinamiche per certi versi positive e altre che destano qualche preoccupazione.
Stiamo osservando e studiando a fondo e non abbiamo timidezza nell'esprimerci. Non ci siamo posti il problema di essere pro o contro. Stiamo studiando la materia come un fenomeno in evoluzione, che ha dentro delle componenti di grande interesse e che desta, però, ancora qualche perplessità.
Dire che servirebbero due ore per discuterne è un po' come rimandare il problema, ma davvero non abbiamo approcciato la questione con la logica «sì/no».

PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 12,55.

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