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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione V
2.
Martedì 4 dicembre 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE C. 5603, RECANTE DISPOSIZIONI PER L'ATTUAZIONE DEL PRINCIPIO DEL PAREGGIO DI BILANCIO AI SENSI DELL'ARTICOLO 81, SESTO COMMA, DELLA COSTITUZIONE

Audizione del Presidente dell'ISTAT, Enrico Giovannini:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3 10 12 14
Brunetta Renato (PdL) ... 11 12
Duilio Lino (PD) ... 10
Giovannini Enrico, Presidente dell'ISTAT ... 3 5 12 14
Sereni Marina (PD) ... 5
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Intesa Popolare): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Autonomia Sud - Lega Sud Ausonia - Popoli Sovrani d'Europa: Misto-ASud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL; Misto-Diritti e Libertà: Misto-DL.

COMMISSIONE V
BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta pomeridiana di martedì 4 dicembre 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GIORGETTI

La seduta comincia alle 13,35.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del Presidente dell'ISTAT, Enrico Giovannini.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nel quadro dell'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame della proposta di legge C. 5603, recante disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell'articolo 81, sesto comma, della Costituzione, l'audizione del Presidente dell'ISTAT, Enrico Giovannini.
Accompagnano il professor Giovannini le dottoresse Patrizia Cacioli, Daniela Marchesi, Cristina Brandimarte, Maria Emanuela Montebugnoli che ringrazio per essere intervenute rappresentando un significativo esempio di pari opportunità.
Do ora la parola al professor Giovannini ringraziandolo per la sua disponibilità.

ENRICO GIOVANNINI, Presidente dell'ISTAT. Mi piace sottolineare che all'ISTAT, anche a livelli dirigenziali, abbiamo - tra uomini e donne - una distribuzione quasi omogenea statisticamente. Qualche mese fa era perfetta; adesso, con qualche sostituzione, c'è di nuovo una leggera prevalenza maschile.
Nel confronto con gli altri Paesi più industrializzati, il dibattito pubblico italiano su questioni apparentemente tecniche, ma di grande rilievo per il futuro delle condizioni economiche e sociali delle imprese e dei cittadini, appare meno strutturato.
Analogamente, non è infrequente il caso di accesi dibattiti suscitati dall'effetto pratico di modifiche normative, in occasione della cui approvazione è mancata una documentata e completa valutazione dei pro e dei contro di scelte alternative.
Da questo punto di vista, la proposta di legge n. 5603 offre un'importante opportunità per aumentare la trasparenza dell'informazione relativa alla contabilità pubblica, per consentire al Parlamento, e quindi alla collettività, di assumere decisioni di carattere strategico sulla base di migliori strumenti e documentazioni e, per questa via, migliorare complessivamente la qualità delle politiche, attuando quella che Einaudi, nel 1955, riteneva fosse una componente fondamentale della politica, ossia conoscere per deliberare.
In questo intervento mi concentrerò, dapprima, su alcuni aspetti strettamente connessi al ruolo dell'ISTAT, come responsabile dell'elaborazione delle statistiche sulla finanza pubblica secondo i criteri del Sistema europeo dei conti nazionali (SEC), per esprimere, in seguito, alcune considerazioni sull'efficacia delle proposte rispetto all'equilibrio di lungo termine dei conti pubblici e sul funzionamento previsto dell'organismo indipendente, cosiddetto fiscal council.


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La legge costituzionale n. 1 del 20 aprile 2012 ha previsto l'emanazione di una legge rafforzata avente come compiti generali quelli di stabilire il contenuto della legge di bilancio, nonché le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l'equilibrio tra entrate e spese dei bilanci e la sostenibilità del debito nel complesso delle pubbliche amministrazioni. I fini da perseguire con tale legge, indicati dal dettato costituzionale, sono i seguenti: assicurare l'equilibrio tra le entrate e le spese del bilancio dello Stato, tenendo conto delle fasi avverse e di quelle favorevoli del ciclo economico; consentire un limitato ricorso all'indebitamento solo in funzione dell'andamento del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali.
All'articolo 5, comma 1, la legge costituzionale stabilisce nel dettaglio i compiti della legge rafforzata, tra cui: le verifiche, preventive e consuntive, sugli andamenti di finanza pubblica; l'accertamento delle cause degli scostamenti rispetto alle previsioni, distinguendo tra quelle dovute all'andamento del ciclo economico, all'inefficacia degli interventi e agli eventi eccezionali; il limite massimo degli scostamenti negativi cumulati, di cui alla lettera b) del medesimo comma 1, corretti per il ciclo economico rispetto al prodotto interno lordo, al superamento del quale occorre intervenire con misure di correzione; la definizione delle gravi recessioni economiche, delle crisi finanziarie e delle gravi calamità naturali quali eventi eccezionali, al verificarsi dei quali sono consentiti il ricorso all'indebitamento strutturale e il superamento del limite massimo sulla base di un piano di rientro; l'introduzione di regole sulla spesa che consentano di salvaguardare gli equilibri di bilancio e la riduzione del rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo nel lungo periodo, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica; l'istituzione presso le Camere, nel rispetto della relativa autonomia costituzionale, di un organismo indipendente al quale attribuire compiti di analisi e verifica degli andamenti di finanza pubblica e di valutazione dell'osservanza delle regole di bilancio; infine, le modalità attraverso le quali lo Stato, nelle fasi avverse del ciclo economico o al verificarsi degli eventi eccezionali di cui alla lettera d), concorre ad assicurare il finanziamento, da parte degli altri livelli di governo, dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali.
Per contribuire all'elaborazione della legge rafforzata è stato creato, nel maggio scorso, un gruppo di lavoro cui hanno partecipato esperti della Corte dei conti, del Ministero dell'economia e delle finanze, della Banca Italia, dell'ISTAT e dei servizi tecnici parlamentari. Il gruppo di lavoro ha concluso i propri lavori alla fine di settembre, con l'elaborazione di un documento finale. A tale proposito, non si può non sottolineare la qualità del lavoro svolto dal gruppo e i numerosi approfondimenti realizzati in quella sede, anche alla luce di un'analisi dettagliata delle soluzioni realizzate in altri Paesi europei.
La proposta di legge presentata alla Camera tiene conto di molti dei suggerimenti avanzati dal gruppo di lavoro: di conseguenza, mi concentrerò unicamente sugli aspetti qualificanti della proposta e su quelli che richiedono un'ulteriore riflessione.
Cominceremo dagli aspetti definitori e statistici, in particolare dalla definizione del perimetro delle amministrazioni pubbliche. Nell'individuare l'ambito di efficacia della presente proposta di legge, l'articolo 2, comma 1, lettera a), definisce le «amministrazioni pubbliche» come «gli enti individuati, in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, ai sensi della normativa in materia di contabilità e finanza pubblica, e articolati nei sottosettori delle amministrazioni centrali, delle amministrazioni locali e degli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale». Tale definizione, mediante il duplice rinvio al vincolo di «coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea», da un lato, e alla «normativa in materia di contabilità e finanza pubblica», dall'altro, prevede un meccanismo di individuazione delle pubbliche


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amministrazioni che - oltre a risultare funzionale e coerente rispetto ai contenuti e agli obiettivi della proposta di legge - è, allo stesso tempo, sufficientemente preciso e flessibile. Il richiamo alla «normativa in materia di contabilità e finanza pubblica», svolto mediante una tipica formula di rinvio normativo «mobile», infatti, se consente l'agevole ed esatta determinazione della pertinente disciplina di riferimento, impedisce, tuttavia, che il contenuto di quest'ultima sia stabilmente incorporato nell'emananda legge rafforzata, con ciò scongiurando tutti gli inconvenienti che potrebbero derivare da una cristallizzazione del dettato normativo.
Al riguardo, occorre ricordare che la «normativa in materia di contabilità e finanza pubblica», rilevante ai fini dell'individuazione delle amministrazioni pubbliche, è attualmente dettata dalla legge n. 196 del 2009, in particolare dal comma 2 dell'articolo 1. Tale disposizione compie la predetta individuazione richiamando, per l'anno 2011, l'elenco oggetto del comunicato dell'Istituto nazionale di statistica in data 24 luglio 2010, pubblicato in pari data nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 171 e, per gli anni successivi, l'elenco oggetto del comunicato del medesimo istituto in data 30 settembre 2011, pubblicato in pari data nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 228 e successivi aggiornamenti, effettuati sulla base delle definizioni di cui agli specifici regolamenti dell'Unione europea, ferma restando l'appartenenza al novero delle pubbliche amministrazioni delle autorità indipendenti e, comunque, delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.
La vigente normativa in materia di contabilità e finanza pubblica, dunque, allo scopo di individuare le amministrazioni pubbliche, attribuisce un rilievo preminente, anche se non esclusivo, all'elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato che l'ISTAT è tenuto ad aggiornare annualmente sulla base delle definizioni di cui agli specifici regolamenti dell'Unione europea. Per effetto del rinvio alla normativa in materia di contabilità e finanza pubblica, tale rilievo è destinato a prodursi indirettamente anche rispetto all'applicazione di quanto previsto dalla presente proposta di legge.
Al riguardo, si deve osservare che non è completamente esatto quanto riportato nella relazione illustrativa, laddove si afferma che, sulla base delle previsioni dell'articolo 2, comma 1, il rispettivo «ambito di efficacia è costituito dalle pubbliche amministrazioni che rientrano nello specifico elenco redatto secondo i criteri del SEC 95». Stante, infatti, quanto disposto dal citato articolo 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009, in tale «ambito» devono farsi rientrare comunque, indipendentemente dalla loro inclusione nel predetto elenco redatto dall'ISTAT, le autorità indipendenti e le amministrazioni di cui al decreto legislativo n. 165 del 2001.
Ricorderete che nel passato abbiamo segnalato le difficoltà di questo uso amministrativo di una lista nata per motivi statistici. Si tratta di una difficoltà che continuiamo ad affrontare: negli ultimi giorni, ad esempio, abbiamo ricevuto ben 40 ricorsi di soggetti che vogliono uscire dalla lista.

MARINA SERENI. Immagino non sia avvenuto per ragioni statistiche.

ENRICO GIOVANNINI, Presidente dell'ISTAT. No. Anche se, poi, sistematicamente vinciamo il giudizio, com'è accaduto adesso al Consiglio di Stato, che in un'importante sentenza ha riconosciuto la correttezza del nostro operato. Il carico di lavoro che questo determina sulle nostre strutture giuridiche, non disegnate per questa funzione, è assolutamente straordinario, per non parlare del carico sulle strutture statistiche. Va, infatti, evidenziato che il persistente rilievo, indirettamente attribuito anche dalla proposta di legge in esame, all'elenco delle amministrazioni pubbliche redatto dall'ISTAT finisce con il riproporre buona parte dei problemi legati alla trasformazione di tale


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elenco in una lista di tipo «amministrativo», suscettibile di essere impugnata giudizialmente da tutti quei soggetti che assumono di non dovervi essere inseriti. Questo implica, evidentemente, il sostanziale snaturamento dell'attività di classificazione statistica al riguardo svolta dall'ISTAT.
Vorrei ricordare, a questo proposito, che, sulla base della normativa appena ricordata, esistono, fondamentalmente, tre componenti: tutte le amministrazioni pubbliche di cui al decreto legislativo n. 165 del 2001, su cui non c'è discussione; le Autorità (il Consiglio di Stato ha riconosciuto chiaramente che, visto l'interesse pubblico perseguito, sono amministrazioni pubbliche); infine una quantità elevata di microstrutture che, complessivamente, se non sbaglio, pesano per circa lo 0,6 per cento della spesa pubblica totale. Se gli enti disciplinati dal decreto legislativo n. 165 del 2001 sono naturalmente pubblici, e quindi una regolamentazione di natura ordinamentale è naturale, il problema nasce per questi altri enti che, però, pesano solo per lo 0,6 per cento della spesa pubblica, a cui si applicano esattamente le stesse norme, come la spending review o altri tagli effettuati nel passato, andando a intervenire sull'ordinamento interno di questi soggetti. Abbiamo fatto presente più volte che forse gli strumenti per regolare la spesa di questi soggetti, che evidentemente concorrono anche al deficit e al debito, potrebbero essere diversi da quelli classici ordinamentali.
Quanto alla definizione dei saldi di riferimento per il pareggio di bilancio, questi sono correttamente individuati dalla proposta di legge con riferimento alle grandezze proprie della contabilità finanziaria, attraverso cui gli enti della pubblica amministrazione gestiscono, di fatto, i loro bilanci, pur in presenza di obiettivi del Patto di stabilità e crescita, definiti, invece, secondo i criteri della contabilità nazionale. A tale proposito, è opportuno ricordare che nessun saldo derivato dalla contabilità finanziaria garantisce, a priori, la coerenza con l'indebitamento netto calcolato secondo i criteri della contabilità nazionale, in larga misura a causa della diversa rappresentazione delle operazioni in base alla competenza economica, concetto tipico della contabilità nazionale, rispetto alla competenza giuridica, che invece è tipico della contabilità finanziaria.
Occorre, dunque, richiamare l'attenzione sull'esigenza che alla definizione dei saldi di bilancio si affianchino criteri rigorosi di gestione del bilancio stesso, tali da limitare l'emergere di fenomeni destinati a tradursi in elementi di divergenza rispetto ai saldi di contabilità nazionale, come la formazione di debiti commerciali dal lato dalla spesa e la mancata riscossione delle imposte di competenza dal lato delle entrate. Tali criteri sono già stati in parte definiti nell'ambito della legge n. 196 del 2009, in termini di regole più rigorose per la registrazione della competenza giuridica: tuttavia, particolarmente rilevante sarà il monitoraggio dell'applicazione di tali regole in modo omogeneo da parte delle diverse amministrazioni.
Veniamo, infine, alle funzioni di controllo della Corte dei conti. L'articolo 20 della proposta di legge affida nuove funzioni alla Corte dei conti in materia di controllo sui bilanci delle regioni, secondo le stesse modalità già stabilite per il rendiconto dello Stato. Tale disposizione si muove in direzione coerente con il ruolo oggi assegnato alle Corti dei conti nei Paesi dell'Unione europea nell'ambito del monitoraggio della qualità dei dati di finanza pubblica. Tale ruolo, infatti, è stato codificato nei regolamenti comunitari volti a rafforzare la qualità, l'attendibilità e la credibilità delle statistiche dell'Unione e individua nelle Corti dei conti dei singoli Stati membri i soggetti responsabili della verifica dei bilanci degli enti su cui è costruito il conto economico delle amministrazioni pubbliche.
Il sistema che viene così a delinearsi presenta rilevanti implicazioni per lo svolgimento delle funzioni istituzionali dell'ISTAT con riferimento alla contabilità nazionale, ove si consideri che l'Istituto è chiamato alla progettazione e allo sviluppo di un sistema di conti nazionali e territoriali,


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assicurandone la comparabilità a livello internazionale, all'elaborazione dei conti delle amministrazioni pubbliche sulla base della succitata lista nonché alla conduzione di studi metodologici ed applicati anche su tali tematiche. Di conseguenza, il controllo della Corte dei conti esteso alle regioni, se definito con gli stessi tempi, oltre che con le stesse modalità, del rendiconto dello Stato, consentirà il tempestivo aggiornamento dei conti delle regioni stesse, su una base di correttezza contabile che non può non influire positivamente sull'affidabilità delle statistiche di finanza pubblica.
Non a caso, nella recente visita di Eurostat, cosiddetta upstream, cioè non tanto sulle operazioni di ISTAT o Banca d'Italia, ma su tutti i flussi dei dati che poi convergono su ISTAT e Banca d'Italia per i conti, la Commissione ha sottolineato la necessità di questa certificazione dei dati a monte, ma con tempistiche coerenti con quelle della contabilità nazionale. Per questo, se la Corte dei conti effettuerà questi controlli con la stessa tempistica del rendiconto dello Stato, noi riusciremo a utilizzare in tempo queste informazioni anche per la produzione delle statistiche.
Veniamo al tema dell'equilibrio dei bilanci, della sostenibilità del debito e del meccanismo di correzione. Il Capo II della proposta di legge tratta l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito delle pubbliche amministrazioni. In particolare, all'articolo 3, si definisce l'equilibrio di bilancio come un saldo strutturale in grado di conseguire gli obiettivi di medio termine fissato nei documenti di programmazione finanziaria e di bilancio, ovvero tale da assicurare il rispetto del percorso di avvicinamento a tale obiettivo. Attualmente, l'obiettivo di medio termine per l'Italia è il pareggio di bilancio in termini strutturali.
La proposta in esame stabilisce, inoltre, che nei medesimi documenti siano indicate anche le misure da adottare per conseguire gli obiettivi e prevede che, nel definirli, si tenga conto, in conformità dell'ordinamento dell'Unione europea, dei riflessi finanziari delle riforme strutturali che abbiano un impatto positivo significativo sulla sostenibilità delle finanze pubbliche. Questa precisazione è importante perché favorisce l'attuazione di riforme strutturali che, pur avendo effetti negativi sul bilancio pubblico nel breve periodo, hanno conseguenze positive nel medio e lungo termine, come gli interventi a sostegno della crescita economica potenziale.
Il Capo III definisce, all'articolo 8, il meccanismo di correzione degli scostamenti del saldo strutturale rispetto all'obiettivo programmato. Più precisamente, esso stabilisce che, qualora nell'esercizio precedente, o in termini cumulati nei due esercizi precedenti, si sia verificato uno scostamento negativo, cioè maggiore disavanzo o minore avanzo, pari o superiore allo 0,5 per cento del PIL, e qualora si stimi che tale scostamento si rifletta sui risultati previsti per gli anni compresi nel periodo di programmazione, il Governo deve evidenziarne entità e cause, nonché indicare misure tali da assicurare, almeno a decorrere dall'anno successivo, il conseguimento dell'obiettivo programmatico strutturale.
Nella formulazione della proposta di legge, però, il meccanismo di correzione è del tipo cosiddetto «senza memoria», cioè non prevede che gli scostamenti negativi siano compensati da successivi e analoghi scostamenti positivi. Di conseguenza, esso non impedisce che, nella pratica, possano verificarsi continui scostamenti negativi dagli obiettivi o una continua crescita del debito.
Per questo, un controllo sulla dinamica del debito è prevista all'articolo 4, dove si stabilisce che i documenti di programmazione e di bilancio indichino obiettivi relativi al rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo coerenti con quanto disposto dall'ordinamento dell'Unione europea e tengano conto delle necessità di garantire una riduzione del rapporto tra debito e PIL in misura coerente con quanto previsto dall'ordinamento europeo, cioè una riduzione annua pari a un ventesimo dello scostamento tra tale rapporto e il valore di riferimento del 60 per cento.


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All'articolo 6, si stabilisce la possibilità di scostamenti temporanei del saldo strutturale dall'obiettivo programmatico nel caso del verificarsi di eventi eccezionali, definiti nello stesso articolo come «periodi di grave recessione economica» o «eventi straordinari, al di fuori del controllo dello Stato, ivi inclusi quelli relativi alla difesa e alla sicurezza della Repubblica nonché le gravi calamità naturali, con rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria generale del Paese».
Per limitare la possibilità di appellarsi alla presenza di un evento eccezionale, la proposta di legge prevede, al comma 3 del medesimo articolo, che il Governo, sentita la Commissione europea, presenti alle Camere una richiesta di autorizzazione alla deroga, indicando, oltre alla misura e durata dello scostamento del saldo strutturale dall'obiettivo, anche le finalità alle quali destinare le risorse disponibili in seguito allo scostamento stesso e il piano di rientro, da attuarsi in un tempo adeguato e tenendo conto dell'evoluzione dell'andamento del ciclo economico. In particolare, prevede che, nelle fasi favorevoli del ciclo economico, la correzione annuale prevista sia non inferiore allo 0,5 per cento del PIL, mentre non prevede correzioni minime durante le fasi negative del ciclo.
Per quanto riguarda questi tre aspetti - regole sul saldo strutturale, sul rapporto debito/PIL e la deroga per eventi eccezionali - la proposta di legge in esame risulta aver considerato tutte le richieste provenienti dalla norma costituzionale, ma una valutazione completa dell'efficacia del provvedimento nel perseguire i fini proposti richiede l'analisi di aspetti specifici, in particolare di quelli relativi alla questione della sostenibilità del debito pubblico e della salvaguardia di margini di flessibilità sufficienti a garantire un'azione anticiclica della politica fiscale. L'introduzione di rigidi vincoli al bilancio e al debito potrebbe, infatti, comportare significativi rischi di prociclicità delle politiche economiche nelle fasi negative del ciclo economico come quella attuale. Inoltre, si devono considerare le conseguenze della coesistenza di regole sul pareggio di bilancio e sulla riduzione del debito.
A questo proposito, è opportuno ricordare che in Italia l'elevato livello dello stock di debito pubblico, avendo come conseguenza una consistente spesa per il servizio del debito, rende minimi, in presenza di regole sui saldi di bilancio e sulla riduzione del debito, i margini di attuazione di politiche fiscali discrezionali espansive e può comportare interventi restrittivi che, nelle fasi negative del ciclo, risultano prociclici. D'altra parte, proprio la crisi iniziata nel 2008 ha evidenziato come, più che la dinamica del rapporto debito/PIL, sia soprattutto il livello di tale rapporto a essere direttamente correlato all'insorgenza di rischi di insostenibilità finanziaria, soprattutto quando il debito non è più garantito da una banca centrale. In altri termini, un Paese con un elevato debito pubblico è più vulnerabile di fronte a crisi che possono insorgere anche per motivi non strettamente collegati alla finanza pubblica, in quanto un aumento del premio di rischio richiesto dagli investitori per sottoscrivere i titoli pubblici si riflette, data la grande massa di titoli da collocare sul mercato, in un significativo aumento della spesa per interessi, che a sua volta va ad alimentare la dinamica del debito.
La riduzione del peso del debito pubblico sul PIL rappresenterà, quindi, un impegno ineludibile e richiede un ferreo controllo del saldo di bilancio, non automaticamente derivante da un bilancio complessivamente in pareggio o in avanzo: la regola del pareggio incide, infatti, sul solo numeratore del rapporto, mentre la regola sul livello del rapporto debito/PIL tiene conto anche dell'andamento del denominatore. È facile verificare, mediante semplici simulazioni numeriche - riportate in dettaglio nell'appendice allegata alla documentazione che è stata depositata agli atti - che, in assenza di ciclo economico, ovvero quando il prodotto è pari al livello potenziale, una regola di pareggio di bilancio determina una riduzione del rapporto debito/PIL non solo più rapida di quella risultante dall'applicazione della regola


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europea sulla riduzione del debito, ma che comporta una tendenza all'azzeramento di tale rapporto, ottenendo di scendere al di sotto del 60 per cento in un paio di decenni.
Va, inoltre, considerato che la regola sul debito non risulta flessibile in relazione all'andamento del ciclo economico, comportando un significativo rischio di prociclicità delle politiche fiscali nelle fasi negative del ciclo, obbligando a politiche discrezionali restrittive che possono compensare, almeno in parte, gli effetti degli stabilizzatori automatici. Nelle fasi cicliche negative, pertanto, la regola sul debito potrebbe risultare più stringente della regola del pareggio del bilancio in termini strutturali. Se si considera che, in periodi di grave recessione economica o in presenza di una crisi finanziaria, gli effetti delle politiche fiscali restrittive sull'economia possono risultare particolarmente negativi, come ha mostrato recentemente il Fondo monetario internazionale, il rispetto sia della regola sul saldo sia di quella sulla riduzione del debito potrebbero comportare seri rischi di avvitamento, con un peggioramento anche delle condizioni di finanza pubblica.
Da questo punto di vista, la proposta di legge prevede, correttamente, la possibilità di deroga alla regola sul disavanzo in caso di gravi recessioni economiche e di altri eventi eccezionali, mentre l'assenza di un impegno stringente sulla riduzione del rapporto debito/PIL può ridurre il rischio di prociclicità delle politiche fiscali nelle fasi negative del ciclo. Al fine di assicurare il raggiungimento dell'obiettivo del rapporto debito/PIL nel lungo termine, ma di conservare una maggiore flessibilità di breve termine, potrebbe essere introdotta nella legge una norma che, analogamente al cosiddetto debt brake tedesco, preveda la possibilità di scarti nel rapporto debito/PIL dalla tendenza a lungo termine, ma anche l'obbligo di aggiustamenti qualora gli scostamenti del saldo strutturale dagli obiettivi programmati superino, in termini cumulati, un determinato livello. Tale norma, che dovrebbe comunque prevedere deroghe nel caso di eventi eccezionali, avrebbe il vantaggio di riferirsi direttamente all'obiettivo cruciale per la sostenibilità del debito, cioè la riduzione del suo peso sul PIL, e di essere flessibile in relazione al ciclo economico: non a caso in Germania l'obbligo di correzione vige solo nelle fasi cicliche positive e prevede, anche in queste ultime, un limite massimo alla correzione, pari allo 0,35 per cento del PIL.
Veniamo, infine, al tema dell'istituzione di un organismo indipendente per l'analisi e la verifica degli andamenti di finanza pubblica.
Al Capo VII, la proposta di legge istituisce, come previsto dalla norma costituzionale, un organismo indipendente per l'analisi e la verifica degli andamenti di finanza pubblica e per la valutazione dell'osservanza delle regole di bilancio, avente sede presso le Camere. L'istituzione di un tale organismo va accolta con favore, non solo alla luce dell'esperienza di altri Paesi industrializzati, europei e non solo, ma anche allo scopo di potenziare la capacità del Parlamento di valutare, ex ante ed ex post, gli effetti delle politiche economiche e fiscali. Naturalmente, l'ISTAT è pienamente disponibile a collaborare con il nuovo organismo nelle forme che saranno ritenute più opportune.
Vista l'importanza di tale decisione, è opportuno sottolineare alcuni aspetti che potrebbero condurre a un miglioramento dell'attuale proposta. In primo luogo, va ribadito che l'istituzione dell'organismo deve essere efficace nel rendere effettivi i princìpi cardine individuati a livello europeo, soprattutto autorevolezza, autonomia, trasparenza e indipendenza. Da questo punto di vista, ci permettiamo di suggerire che la denominazione dell'organismo potrebbe essere migliorata scegliendo, ad esempio, quella di «Ufficio indipendente per il monitoraggio della finanza pubblica».
Inoltre, in linea con le esperienze prevalenti a livello internazionale, un vertice monocratico risulterebbe preferibile a un vertice collegiale, come attualmente previsto. In questa prospettiva, potrebbe essere


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migliorato anche il meccanismo di nomina del vertice, da adottare d'intesa tra i Presidenti di Camera e Senato.
In particolare, sarebbe importante che l'identificazione dei dieci soggetti da indicare a cura delle Commissioni competenti, da cui i Presidenti devono scegliere il vertice, sia effettuata a seguito di un avviso pubblico, così da elevare al massimo la qualità dei possibili candidati; in secondo luogo, sarebbe importante che i candidati, da individuare tra persone di riconosciuta indipendenza e comprovata esperienza in materia di economia e finanza pubblica, non siano unicamente scelti tra i magistrati della Corte dei conti, i professori universitari ordinari, i consiglieri parlamentari, i dirigenti della Banca d'Italia, i dirigenti generali delle amministrazioni pubbliche statali, i dirigenti di enti pubblici di ricerca, e i funzionari titolari di incarichi di direzione presso organizzazioni internazionali e delle istituzioni europee, ma che sia prevista anche la possibilità di selezionare persone di riconosciuta indipendenza ed elevata competenza acquisita presso importanti e qualificate organizzazioni pubbliche e private.
In relazione a questo punto, si suggerisce, infine, di aggiungere alla dizione, che attualmente recita «i dirigenti di enti pubblici di ricerca», due termini, così che la frase diventi «i dirigenti di ricerca e i dirigenti tecnologi di enti pubblici di ricerca», allo scopo di evitare possibili confusioni con altre figure previste dal contratto collettivo nazionale del settore.
Secondo il contratto collettivo nazionale del settore, infatti, i dirigenti in senso stretto sono i dirigenti amministrativi. Se, invece, la Commissione ha in mente esperti di economia, di statistica e così via, bisogna fare riferimento ai dirigenti di ricerca e tecnologi, figure tipiche degli enti di ricerca, tra cui l'ISTAT.
La durata della nomina, pari a 6 anni e senza possibilità di conferma, l'autonoma gestione delle spese per il proprio funzionamento nell'ambito di una dotazione finanziaria sufficiente ad assicurare l'esercizio delle proprie funzioni, l'autonomia nell'individuazione delle singole unità di personale sono tutti elementi che favoriscono l'indipendenza dell'organismo. Inoltre, sono previsti meccanismi di trasparenza, quale la pubblicità delle analisi e dei rapporti prodotti, il confronto con le stime elaborate da altri istituti competenti e qualificati e lo svolgimento di audizioni presso le Commissioni parlamentari. Sotto questo aspetto, è importante - naturalmente, e la proposta lo contempla - uno staff qualificato e dimensionalmente adeguato per il funzionamento dell'organismo.
Le funzioni dell'organismo sono coerenti con i compiti previsti dalla legge costituzionale e lo svolgimento di questi ultimi è agevolato dalla previsione di una corrispondenza con tutte le amministrazioni pubbliche, con gli enti di diritto pubblico e con altri enti partecipati da soggetti pubblici, ai quali richiedere dati, informazioni e ogni forma di collaborazione ritenuta utile per l'adempimento delle sue funzioni istituzionali.
Si nota, tuttavia, che, al comma 8 dell'articolo 18 è previsto l'obbligo per gli enti di cui al comma precedente di assicurare l'accesso a tutte le banche dati in materia di economia e finanza pubblica da loro costituite o alimentate, senza considerare i necessari impegni alla tutela della privacy che vigono nei diversi ambiti, compreso quello statistico. Tale norma non contiene alcun riferimento alle eventuali limitazioni all'accesso che potrebbero derivare dalle vigenti disposizioni in materia di segreto statistico e di divieto di divulgazione dei dati contenuti in alcune banche dati particolari. Si auspica, quindi, un approfondimento di tale problematica, che tenga conto anche della normativa in materia di segreto statistico e della natura del livello di dettaglio delle informazioni di cui l'organismo in questione dovrà disporre per poter correttamente assolvere al proprio mandato.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

LINO DUILIO. Torno su una questione che ho già posto alla Corte dei conti a


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proposito del rapporto tra Corte dei conti e fiscal council. Questa mattina, la Corte dei conti ci ha informati che loro ritengono che esista, sostanzialmente, una relazione complementare tra funzione del fiscal council e funzione della Corte, la quale continuerà a esercitare le funzioni che sostanzialmente esercitava fino a oggi, oltre a quelle che si aggiungono e, dunque, esprimerà valutazioni sull'andamento della finanza pubblica e così via. La proposta istituisce un organismo nuovo, che dovrebbe assolvere una funzione di particolare rilevanza, ovviamente senza andare al di là della deontologia istituzionale per quanto riguarda gli enti. In merito, vorrei sapere se non esista anche il rischio che, agendo, come dicevo in quella sede, all'interno di una logica un po' additiva, ossia aggiungendo un nuovo organismo che, pur avendo funzioni peculiari proprie non le sussume, almeno in parte, dall'organismo precedente e dovendo coadiuvare il Parlamento, ci si complichi la vita anziché semplificarcela. In caso, infatti, di valutazioni diverse in modo rilevante circa l'andamento della finanza pubblica, credo che ci ritroveremo in qualche difficoltà.
Inoltre, da un punto di vista più specifico, lei ha affermato che dovrebbe essere preferito un vertice monocratico di questo organismo a uno collegiale. Vista la composizione del fiscal council che risulterebbe da questa proposta di legge, ne deriverebbe che questo vertice proverrebbe dal personale della Camera, o potrebbe in buona misura accadere questo. Vorrei conoscere, al riguardo, la sua opinione, considerando le sue affermazioni e il fatto che quest'organismo dovrebbe essere indipendente rispetto alle Camere, in relazione alle quali esercita, appunto, questa funzione di analisi della finanza pubblica.

RENATO BRUNETTA. Vorrei esporre una considerazione di carattere generale. Di fatto, stiamo costruendo, ormai da Maastricht in poi, attraverso specifici atti normativi - six-pack, fiscal compact -, la riforma dell'articolo 81 della Costituzione e, oggi, la legge di attuazione rafforzata, la costituzione economica materiale dell'Europa, e quindi dei singoli Stati.
Questo avviene all'interno di un processo di legificazione, che significa anche irrigidimento. Abbiamo tutti visto, nell'ultima crisi, come siano cambiati i coefficienti di impatto delle politiche fiscali e di bilancio tendenti a controllare i deficit. Lo citava anche il professor Giovannini e, con molta chiarezza, anche il Fondo monetario internazionale, quando ci hanno spiegato che, durante la crisi, i coefficienti di impatto si sono moltiplicati per due o per tre. Ciò significa che tutto quanto avveniva prima della crisi, oggi, non è più valutabile con quei parametri, così facendo anche sballare i coefficienti nei modelli econometrici. In questo modo, le misure di finanza restrittiva, finalizzate a controllare i deficit, si sono rivelate controproducenti in quanto producenti, invece, riduzioni dei tassi di crescita, riduzioni di PIL tali da vanificare le stesse misure di carattere restrittivo.
In tutti questi mesi, stiamo effettuando, tutti, controlli, perseguendo trasparenza, ponendo vincoli e mi chiedo, pertanto, in una visione un po' olistica di tutto quanto andiamo realizzando, se quest'approccio legificante, di definizione sia necessario.
Sorrido allo 0,35 per cento dell'approccio tedesco, così come a un altro coefficiente poco conosciuto da Maastricht in poi e anche dal six pack e dal Fiscal compact: quando i Paesi sono in surplus delle partite correnti di più del 6 per cento, ci sono sanzioni redistributive, laddove invece stiamo vedendo tutti che i surplus della bilancia dei pagamenti sono la causa degli squilibri persistenti nel sistema dell'euro. Non servono, dunque, tanto approcci sanzionatori, quanto approcci dissuasivi per chi è in surplus in questa fase ciclica.
Mi chiedo se sia necessario e quanto sia necessario legificare, vincolare, regolare, definire anche parametricamente il sistema della finanza pubblica legato agli andamenti dell'economia, anziché trovare formule intelligenti di autoadattamento alle dinamiche di mercato e finanziarie,


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più capaci di adattarsi intelligentemente ai caratteri spesso anomali dei singoli cicli o delle singole crisi.
Perché questa lunga valutazione? Se nel processo di legificazione ci leghiamo in maniera troppo stretta a parametri quantitativi, rischiamo di eliminare completamente qualsiasi potenziale di politica economica residuale, che è consentito ai singoli Stati. Non dimentichiamo, inoltre, che gli Stati hanno il 50 per cento del bilancio rispetto al PIL, mentre l'Unione europea ha come percentuale del bilancio rispetto al PIL dell'Unione europea appena l'1 per cento: il bilancio degli Stati è, cioè, 50 volte il bilancio dell'Unione europea.
Mi chiedo, quindi, se non serva, nel processo di regolazione e di legificazione, una maggior dose di flessibilità intelligente, naturalmente con pesi e contrappesi, omologazioni e omogeneizzazioni a livello internazionale, proprio per evitare disastri da automatismi, come quelli che occorrono nei jet, negli aeroplani, che a causa di automatismi non sanno interpretare le turbolenze, o le diverse condizioni atmosferiche e, alla fine, finiscono per schiantarsi al suolo.

PRESIDENTE. Do ora la parola al Presidente Giovannini per la replica.

ENRICO GIOVANNINI, Presidente dell'ISTAT. Quanto al quesito dell'onorevole Duilio, non entro nel merito del rischio di duplicazioni tra nuovo organismo e Corte dei conti perché, appunto, serve un esperto anche delle competenze della Corte nel dettaglio, quale io non sono.
Posso rispondere, invece, in merito all'eventuale duplicazione tra l'organismo e l'ISTAT. Come ho illustrato chiaramente, considero un beneficio la creazione di un organismo che aumenti la trasparenza e stimoli il Parlamento a valutazioni non solo ex post, ma anche ex ante.
Si tratta di una grande differenza. Molti dei controlli effettuati, infatti, sono ex post, mentre ne servirebbero ex ante. Ho già fatto presente, anche di fronte a questa Commissione, che in Italia non esiste, per legge, un organismo chiamato sistematicamente a condurre le valutazioni ex ante delle politiche. Da questo punto di vista, l'articolo 1 della legge sulla riforma del mercato del lavoro innova molto, perché parla chiaramente di un monitoraggio continuo degli effetti, di banche dati condivise, distribuite agli studiosi e così via.

RENATO BRUNETTA. Peccato che, finora, di questo non abbiamo visto nulla.

ENRICO GIOVANNINI, Presidente dell'ISTAT. Su questo tema ci sono stati alcuni incontri al Ministero, cui ISTAT ha partecipato mettendo a disposizione, naturalmente, tutte le proprie banche dati. Certamente, è un elemento cruciale di una governance democratica disporre non solo di dati, ma anche di modelli.
Ringrazio il presidente, sotto questo punto di vista, per avere accolto la proposta avanzata nel corso dell'ultima audizione di utilizzare il modello dell'ISTAT per svolgere valutazioni in sede di discussione del disegno di legge di stabilità. Naturalmente, tutti i modelli sono perfettibili. Spero che, sotto questo profilo, il nuovo organismo aumenti la «potenza di fuoco» del Parlamento per realizzare analisi di questo tipo. Non ci sentiamo, dunque, minimamente messi a rischio dalla creazione di quest'organismo e, al contrario, lo giudichiamo un'opportunità per collaborare ancora di più.
Quanto al vertice monocratico, l'esperienza internazionale mostra chiaramente che c'è un direttore, un presidente, chiamiamolo come vogliamo, ma, comunque, una persona a cui risponde, fondamentalmente, tutto lo staff. Nella formulazione dell'articolo 16, comma 2, non mi è chiaro perché dovrebbe essere necessariamente un funzionario della Camera. Anzi, come ho detto, è da una lunga lista di professionalità che le Commissioni delle due Camere competenti in materia di finanza pubblica possono selezionare le dieci persone lasciando poi ai Presidenti di Camera e Senato la scelta di uno o tre, a seconda di quanto deciderà il Parlamento. Non ritengo, quindi, obbligatorio nominare un funzionario della Camera.


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Naturalmente, esiste, anche al di là del mandato non rinnovabile di 6 anni, che rappresenta un bene, la questione su ciò che accadrà alla persona quando, eventualmente, rientrerà nell'istituzione di origine, ma questo discorso vale per gran parte delle nomine di garanzia, per cui, da questo punto di vista, non vedo un serio problema.
Inoltre, da quanto abbiamo compreso, questo organismo non deve mediare posizioni diverse al suo vertice, ma svolgere un lavoro estremamente serio di mediazione tra diverse visioni analitiche nella fase istruttoria. Mentre, quindi, le Authority sono composte da tre o più persone, ossia un collegio che media su certe decisioni, qui abbiamo più difficoltà a capire la ragione che sta dietro alle tre persone o ad un collegio.
Per ciò che concerne le osservazioni dell'onorevole Brunetta, sappiamo che il Trattato di Maastricht, quando è stato redatto, prevedeva un 3 per cento di sconfinamento massimo in termini di deficit: sono tante le interpretazioni sulla ragione della scelta di quella percentuale, ma una di queste era che, all'epoca, il 3 per cento rappresentava il rapporto tra spesa per investimenti pubblici e PIL. L'idea, molto keynesiana, era cioè che il disavanzo servisse soltanto per finanziare investimenti e, quindi, futuro sviluppo, futuro capitale. Quando, in seguito, prima il Patto di stabilità e crescita e, poi, appunto, il six-pack, definiscono l'obiettivo a medio termine come l'equilibrio del bilancio, è chiaro che quella visione è stata modificata.
Tra l'altro, facciamo presente con questa simulazione che, se da qui all'eternità, queste norme restassero invariate, il rapporto debito/PIL andrebbe a zero, non al 60 per cento. Non vi è alcun meccanismo, infatti, che spingerebbe verso un 60 per cento.
Tutto questo deriva appunto dalla definizione di natura politica di qual è l'obiettivo a breve termine. In questa fase, le decisioni dell'Europa sono state, appunto, per l'equilibrio di bilancio, mentre un domani l'obiettivo potrebbe essere, l'1, l'1,5 o il 2 per cento di disavanzo, un qualsiasi dato all'interno del 3 per cento di Maastricht. Questa, evidentemente, è una decisione tipicamente politica. Non si tratta di esimermi dall'esprimere un giudizio, oltretutto contenuto anche nella nostra relazione che depositiamo agli atti.
I margini di flessibilità, anche all'interno di questa visione, vanno conservati e, al contrario, mettiamo in evidenza che, poiché sulla regola del debito non esiste alcuna flessibilità, forse bisogna inserire un margine di flessibilità. Quello tedesco è uno dei possibili esempi, che, però, consente una flessibilità e che, per esempio, parla chiaramente del fatto che la correzione per lo sconfinamento si può fare soltanto nei periodi di espansione, quindi in qualche modo c'è un riconoscimento implicito che una «sovracorrezione» nei periodi di recessione è, appunto, un suicidio.
Credo, quindi, che margini di flessibilità vadano inseriti anche su quest'altro elemento perché, come abbiamo cercato di dire, la mancanza di questi elementi può determinare certi effetti, soprattutto nei casi di recessione grave, come nel caso qui citato. Pensiamo, però, anche a cosa accada nel caso di una stagnazione lunga, scenario non impossibile, come quello giapponese, in cui quindi non scatta l'elemento di eccezionalità dovuto alla recessione forte, ma, di fatto, data la stazionarietà, dato l'aumento di produttività, si potrebbe svuotare l'occupazione, con effetti negativi sui contributi alla crescita del PIL e così via. Questo è solo un esempio per affermare che i margini di flessibilità vanno mantenuti.
Naturalmente, è una scelta politica. Allora, credo che questa proposta di legge e anche e, soprattutto, l'organismo aumentino la cosiddetta accountability dei politici, parola di cui, non a caso, non abbiamo la traduzione italiana. Ciò significa che una volta prese le decisioni, queste devono essere esplicitate in termini di motivazioni e, appunto, di presa di posizione nei confronti dell'elettorato in generale.


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Per questo segnaliamo anche che il meccanismo di correzione del deficit strutturale è un meccanismo senza memoria. Se, cioè, c'è uno scostamento di 0,2 per cento all'anno, per esempio, nel deficit, questo non è mai recuperato, quindi è una goccia che scava un aumento del debito non contemplato nei meccanismi di controllo dell'attuale proposta. Credo, quindi, che l'accountability, la condivisione di quest'informazione sia elemento fondamentale per migliorare la decisione a tutti i livelli.

PRESIDENTE. Veniamo al famoso discorso del conto nozionale. Se ci sono colleghi che intendono proporlo, potranno farlo entro domani alle ore 15, termine fissato per la presentazione degli emendamenti.

ENRICO GIOVANNINI, Presidente dell'ISTAT. Il conto nozionale, tema che non abbiamo affrontato, può essere declinato in vari modi: in termini di saldo complessivo o di saldo strutturale. Gli effetti sono radicalmente diversi, evidentemente. Al di là degli slogan, quindi, c'è una serie di technicality che fa una differenza importante.
Noi riteniamo che, qualora, come si è discusso anche nel gruppo di lavoro, si volesse andare verso un conto nozionale, questo dovrebbe essere declinato in termini di saldo strutturale, non di saldo complessivo. Diversamente, si genererebbe un certo tipo di effetti.

PRESIDENTE. In questo modo, si torna al problema di partenza.
Ringraziamo il Presidente Giovannini e tutti i nostri ospiti dell'ISTAT.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,30.

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