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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione V
4.
Mercoledì 9 marzo 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLA COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI SULL'ANALISI ANNUALE DELLA CRESCITA: PROGREDIRE NELLA RISPOSTA GLOBALE DELL'UE ALLA CRISI (COM(2011)11 DEFINITIVO)

Audizione del presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Spa, Pier Francesco Guarguaglini:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3 7 8 20
Baretta Pier Paolo (PD) ... 12
Duilio Lino (PD) ... 13 14 17
Franzoso Pietro (PdL) ... 10 11 12
Guarguaglini Pier Francesco, Presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Spa. ... 3 7 9 10 11 12 13 14 15 17 18 19
Marsilio Marco (PdL) ... 17
Vannucci Massimo (PD) ... 8 10
Vico Ludovico (PD) ... 18 19

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Spa, Pier Francesco Guarguaglini ... 21
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

[Avanti]
COMMISSIONE V
BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 9 marzo 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GIORGETTI

La seduta comincia alle 20,10.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Spa, Pier Francesco Guarguaglini.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nel quadro dell'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame della Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sull'analisi annuale della crescita: progredire nella risposta globale dell'UE alla crisi (COM(2011)11 definitivo), l'audizione del presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Spa, Pier Francesco Guarguaglini.
Accompagnano l'ingegner Guarguaglini i dottori Lorenzo Borgogni, Francesco Lalli, Carlo Musso, Lorenzo Nardelli e Angelo Bonerba, che ringrazio per essere intervenuti.
Do quindi subito la parola all'ingegnere Guarguaglini.

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Spa. Cercherò di procedere rapidamente nella presentazione in modo da lasciare tempo alle vostre domande. Inizierei da una slide, riportata a pagina 5 del documento consegnato alla Commissione, che presenta quelli che secondo me sono i fattori di debolezza dell'Italia.
Per quanto riguarda le istituzioni, ci sono normative variabili che spesso determinano elevati costi di transazione, c'è sicuramente un'eccessiva burocrazia che, con la frammentazione dei poteri, allunga i tempi amministrativi. Chi lavora con la Pubblica amministrazione ha spesso ritardi nei pagamenti, le controversie legali sono abbastanza lunghe e le condizioni di legalità variano da regione a regione e, quindi, c'è un diverso tipo di garanzie.
Per quanto riguarda le infrastrutture, mi sono essenzialmente concentrato su energia e trasporti, dove sicuramente ci sono prezzi non competitivi e ritardi per quanto riguarda la creazione di infrastrutture. Il mercato presenta vincoli per quanto riguarda l'utilizzazione dei fattori produttivi, mentre tra l'educazione e il mercato del lavoro c'è una scarsa relazione e infine si evidenzia una rigidità del mercato.
Per quanto riguarda il contesto imprenditoriale, in Italia abbiamo un tessuto molto polverizzato; per quanto riguarda i mercati finanziari, specialmente le piccole e medie industrie hanno difficoltà di accesso al credito, il costo del denaro per i piccoli è elevato, e l'industria finanziaria non è completamente adeguata.
Per quanto riguarda i punti di forza, l'export è sicuramente un punto di forza specialmente per quanto riguarda la meccanica strumentale made in Italy, tanto


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che l'Italia è il secondo Paese in Europa e il settimo nel mondo e ha un export pari al 3,3 per cento del mercato del commercio mondiale. Ha eccellenze specialmente nel campo dell'high-tech.
La struttura industriale è molto diversificata e questo l'ha resa più resistente agli shock esterni. C'è stata una tenuta dei conti pubblici grazie alla rigorosa politica di bilancio, il sistema bancario si è dimostrato solido, e, infine, il debito privato è sicuramente basso.
Dato che le debolezze del sistema si ripercuotono sulla competitività del sistema imprenditoriale, bisognerebbe aumentare sicuramente, in modo sia quantitativo che qualitativo, gli investimenti in ricerca e sviluppo e innovazione, perché ci sono notevoli programmi europei ai quali bisognerebbe partecipare maggiormente.
Sarebbe opportuno compiere una scelta e valorizzare alcune eccellenze nazionali sia nel campo dell'imprenditoria che nel campo delle università. Bisogna essere più internazionali, e questo vale sia per le grandi che per le piccole e medie imprese, e chiaramente le grandi su questo potrebbero dare un contributo.
Per quanto riguarda i costi, lo snellimento dell'iter burocratico potrebbe migliorare la situazione, l'efficienza energetica e le infrastrutture ridurrebbero certi costi e il costo del lavoro per l'impresa dovrebbe essere ridotto.
Per quanto riguarda le piccole e medie imprese, bisognerebbe rafforzare le reti di impresa, ampliare gli strumenti di sostegno automatici, specialmente il credito d'imposta per quanto riguarda gli investimenti in ricerca e sviluppo. Un'ottica basata sulla filiera permetterebbe una maggior collaborazione tra piccola, media e grande impresa, così come un miglior utilizzo degli strumenti finanziari.
In Italia è già stato fatto uno sforzo perché esiste un Research in Italy dove le piccole e medie imprese hanno laboratori di ricerca comuni e quindi possono già su questo fare dei passi avanti.
Vorrei segnalare che Finmeccanica Spa ha tra i suoi fornitori circa 2.000 piccole e medie imprese innovative e, quindi, contribuisce in modo indiretto e diretto a far sì che queste crescano investendo e si rivolgano maggiormente al mercato internazionale.
Nella slide di pagina 10 ho riportato cosa succede in termini di sostegno in altri Paesi. Lo Small business act del giugno 2008 definisce quello che l'Unione europea suggerisce, ma vorrei far presente quanto è stato adottato in alcuni Paesi molto importanti.
In Gran Bretagna c'è un rafforzamento della collaborazione fra le piccole e medie imprese e l'università, ci sono moratorie verso i creditori, semplificazioni normative, pagamenti della Pubblica amministrazione a non più di dieci giorni, un supporto al credito e il credito d'imposta per quanto riguarda attività di ricerca e sviluppo.
In Germania ci sono fondi per lo start up, non è previsto il pagamento della tassa di successione in caso di morte se l'impresa ha meno di venti dipendenti, è favorita la migrazione di lavoratori qualificati, in caso di bancarotta i debiti vengono estinti dopo tre anni e non più sei, e sono ridotti i costi amministrativi. Senza quindi entrare nel dettaglio, concettualmente Gran Bretagna, Germania e Francia si sono già mosse per favorire le piccole imprese.
Passando ora invece agli investimenti in ricerca e sviluppo, l'obiettivo dell'Europa è giungere al 3 per cento del PIL. Attualmente l'Italia ha l'1,27 per cento e il suo obiettivo fissato dalla bozza di PNR è di giungere nel 2020 all'1,5 per cento.
Per quanto riguarda gli strumenti legislativi a sostegno di ricerca e sviluppo, cui partecipano il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e i fondi europei, nella slide di pagina 12 sono illustrati vari programmi approvati in vari anni. Mi preme sottolineare che non è chiaro i tempi in cui vogliamo attuarli ovvero in quanto tempo verranno spesi i soldi che sono stati stanziati in questi provvedimenti. Questo crea alle industrie un'incertezza nella programmazione delle proprie attività.


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In Italia c'è la legge n. 808 del 1985, che riguarda essenzialmente l'aeronautica e l'elettronica ad essa connessa. È uno strumento molto importante per Finmeccanica Spa e almeno il 30 per cento dei fondi deve essere assegnato a piccole e medie imprese del settore, quindi sicuramente le imprese di questo settore possono investire sapendo di ricevere un contributo di circa il 60 per cento. C'è quindi un contributo dello Stato, ma anche uno sforzo notevole da parte delle industrie che investono in questo campo.
A livello europeo c'è il Framework Program 7 che copre moltissimi campi: salute, prodotti alimentari, agricoltura, pesca, biotecnologie, tecnologie dell'informazione, energia, ambiente. Sono stati assegnati 50 miliardi di euro e nel periodo 2007-2011 l'obiettivo è di spenderne 31,7.
Se si considera la fase successiva, quella dei contributi, l'Italia contribuisce notevolmente, in quanto la Germania contribuisce per il 19,5, la Francia per il 18,1 e l'Italia per ben il 14 per cento. Considerando però il ritorno, l'Italia pur contribuendo per il 14, riceve solo il 9,8 per cento dei fondi, la Germania riesce a ricevere quello che ha dato ovvero il 19,5, la Gran Bretagna il cui contributo non è riportato nella slide di pagina 15, riceve più di quello che ha versato, la Francia meno.
Se si considera il 2007, abbiamo una relazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che indica il 9,9 per cento contro il nostro 9,8, un dato, quindi, quasi identico.
Finmeccanica Spa ha partecipato ad alcuni di questi programmi su tecnologie dell'informazione, comunicazioni, nanotecnologie, energia, trasporti, spazio, programmi che avevano un budget di 10 miliardi di euro. Finmeccanica Spa ha presentato ben 185 progetti e alla fine ha ricevuto un finanziamento di 198 milioni di euro.
Esiste poi il Framework Program 8, il cui budget attualmente non è ancora stato allocato ed esiste solo una presentazione del Framework Program 7 che descrive quanto verrà fatto con il Framework Program 8, che per ora è un discorso abbastanza generale perché si parla di snellimento di procedure amministrative per favorire l'accesso a finanziamenti, maggior collaborazione con la BEI, maggiori rapporti tra ricerca e innovazione e industrie, sfide sociali per il futuro, ricerca e rafforzamento del partenariato pubblico-privato (PPP).
Vorrei segnalare quelle che considero le principali criticità. In Italia le industrie con meno di quindici dipendenti sono l'80 per cento e queste hanno difficoltà a investire, tanto che dalla grande industria, che rappresenta il 18 per cento delle imprese italiane con il 30 per cento di fatturato, proviene il 76 per cento degli investimenti.
Meno del 10 per cento delle industrie opera nel settore dell'alta tecnologia, gli incentivi non seguono i criteri di filiera, c'è una notevole dispersione nelle risorse, quindi spesso si cerca di dare finanziamenti a pioggia senza scelte chiare, con la conseguenza di una limitata spesa in ricerca e sviluppo e, quindi, spesso i privati non sono portati a investire.
Nella slide a pagina 19 del documento consegnato ho riportato la situazione dal punto di vista del tessuto industriale. L'Italia ha il 47,1 per cento di industrie con meno di nove addetti, mentre in Francia, Germania e Inghilterra sono intorno al 20 per cento e la media dei Paesi dell'Unione europea è circa al 30 per cento. La Grecia, che qui non è riportata, è lo Stato che su questo punto ha una maggiore dispersione.
Un'altra criticità dipende dal fatto che noi attiriamo poco gli investimenti dall'estero. Nella slide di pagina 20 ho riportato quello che entra in Italia rispetto a quello che esce, ed è evidente che il nostro Paese rispetto a Francia, Germania, Regno Unito e Spagna è sicuramente quello che riceve meno investimenti.
Personalmente mi capita di parlare con gli stranieri, che sono molto preoccupati dal quadro normativo e nei giorni scorsi, trovandomi all'estero, una persona mi ha detto che da noi per lo stesso soggetto bisogna presentare tantissime domande e


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aspettare tante risposte, mentre negli Stati Uniti esiste lo sportello unico, per cui si fa la domanda a un ente che poi s'incarica di ricevere tutti i pareri, e quindi ciascuno fa un'unica domanda e ottiene un'unica risposta.
A questo si aggiungono l'assenza di incentivi fiscali e una rigidità nel mercato dei fattori produttivi. In Italia, inoltre, non si investe molto nella formazione delle persone, tanto che rispetto a Stati Uniti, Svizzera e altri Paesi siamo molto indietro.
Se si considera come sta evolvendo la composizione dei titoli di studio fra le persone che lavorano, si vede che non è cambiato molto. Fra il 2004 e il 2009 i laureati sono passati dal 13 al 16 per cento, coloro che hanno un titolo di scuola media superiore dal 45 al 48, e quelli che hanno un diploma di scuola media o elementare dal 42 al 36.
Vorrei segnalare un altro elemento che spaventa gli stranieri: la lentezza nell'erogazione dei finanziamenti. Oggi vengono firmati i contratti per un bando emesso nel 2005 e questo significa che per una ricerca importante l'industria è costretta a investire autonomamente o, in mancanza di fondi, ritarda l'investimento e la ricerca rischia di essere parzialmente superata.
Per quanto riguarda il Programma operativo nazionale (PON) Ricerca e competitività e il Programma operativo regionale (POR), di circa 43 miliardi di euro ne risulta per ora speso solo il 7 per cento e impegnato il 33 per cento. Se non vengono impegnati, i soldi rischiano di tornare all'Unione europea.
Stesso discorso potrebbe valere per i piani nazionali per il Sud, per cui, una volta assegnati i fondi alle Regioni, bisognerebbe passare in tempi brevi ai processi attuativi.
Alcune leggi hanno, inoltre, in questo momento i loro finanziamenti.
Sarebbe, quindi, opportuno migliorare l'ambiente innovativo perché questo stimola la crescita. Il sostegno pubblico sicuramente riduce il rischio d'impresa e quindi l'industria ricevendo un sostegno pubblico in ricerca e sviluppo investe sicuramente di più.
Se un'industria è innovativa e per di più tecnologica, ha maggior capacità competitiva e quindi può penetrare i vari mercati emergenti.
La gestione degli strumenti a sostegno di ricerca e sviluppo è insufficiente e, arretrando su ricerca e sviluppo, potremmo avere difficoltà negli investimenti.
Mancano, infine, adeguati strumenti finanziari per effettuare il passaggio dalla ricerca all'industrializzazione.
Considero, quindi, necessario evitare gli investimenti a pioggia, portare gli investimenti in ricerca e sviluppo al 3 per cento del prodotto interno lordo, in linea con gli altri Paesi, garantire risorse adeguate a sostenere settori innovativi, dare continuità e certezza alla programmazione dei finanziamenti, snellire l'iter burocratico per l'accesso all'erogazione dei finanziamenti, garantire una maggior precisione nella tempistica dei finanziamenti, perché anche il fattore tempo è un elemento molto importante.
Per quanto riguarda il capitale umano, poiché la scuola ha una notevole importanza per l'innovazione e per il mondo del lavoro, la diffusione della cultura del merito nella scuola sicuramente aiuta.
È necessaria una maggiore focalizzazione sulla validità dell'offerta scolastica e universitaria, occorrono investimenti per quanto riguarda l'istruzione tecnico-professionale ed è necessario incentivare una collaborazione fra mondo dell'impresa e mondo dell'education, anche per colmare il divario tra chi esce dall'università e le esigenze dell'industria.
Bisogna attrarre capitali privati per scuola, università e ricerca, promuovere poli di eccellenza sul territorio e - cosa che in Italia manca - avere un maggior coinvolgimento non solo dei ricercatori, ma anche degli studenti per quanto riguarda la ricerca - nella mia esperienza di studente in America ero già stato coinvolto in alcune ricerche - e aumentare le occasioni di incontro tra ricercatori e imprese.
La slide a pagina 25 del documento consegnato riporta quanto investe Finmeccanica Spa, ovvero circa l'11 per cento dei


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nostri ricavi, di cui l'80 per cento in Italia. Investiamo in processi produttivi, in prodotti, sistemi e tecnologie.
Dal 2005 al 2010 siamo dunque passati da circa 10.000 a circa 16.000 ingegneri, con un aumento del 60 per cento in cinque anni, dei quali più di 5.000 dedicati alla ricerca e allo sviluppo. Il nostro sforzo è, quindi, molto importante.
Per quanto riguarda l'energia c'è una scarsa disponibilità intrinseca di fonti di energia primarie, c'è la completa assenza del nucleare, il fabbisogno è coperto sia dal petrolio che dal gas naturale e, quindi, c'è una forte dipendenza dalle importazioni di gas naturale dall'estero.
Nella slide a pagina 28 del documento depositato ho riportato il prezzo medio per chilowattore, che in Italia è di 64,25 euro, in Francia di 52 euro, nel Regno Unito di 48 euro.
Poiché Finmeccanica Spa spende per l'energia 104 milioni di euro annui, di cui 81 milioni in Italia, circa 10 milioni in Gran Bretagna e 12 milioni negli Stati Uniti, se in Italia avessimo il prezzo della Gran Bretagna risparmieremmo 20 milioni di euro.
Per quanto riguarda soluzioni in grado di incrementare l'energia pulita, Finmeccanica Spa potrebbe dare impulso alle proprie capacità, per cui nella documentazione che deposito troverete quello di cui Finmeccanica Spa sarebbe capace.
Abbiamo sviluppato anche molti campi innovativi per quanto riguarda non solo l'energia classica ma anche quella solare, fotovoltaico, eolico e nucleare.
Per quanto concerne i trasporti nella slide a pagina 30 ho evidenziato alcuni limiti per quanto riguarda le merci e il trasporto delle persone. Dobbiamo darci delle priorità e cercare il giusto finanziamento per migliorare la situazione attuale di aeroporti, strade e ferrovie.
Anche in questo caso nella slide di pagina 31 riporto la bolletta globale di Finmeccanica Spa compresa l'energia e ho concluso che, se nei campi diversi dall'energia avessimo una riduzione dei costi del 12 per cento, il miglioramento di Finmeccanica Spa sarebbe di 46 milioni di euro, con cui si potrebbero fare ulteriori investimenti o migliorare gli EBIT (Earnings Before Interests and Taxes). Tenuto conto che l'EBIT di Finmeccanica Spa è di 1.500 milioni di euro, avremmo un miglioramento del 4 per cento.
Per quanto riguarda il lavoro e la previdenza sociale, ho cercato di sintetizzare la situazione nella slide a pagina 33 del documento. Confrontando i quattro principali Paesi europei e gli Stati Uniti si constata come in Italia il numero delle ore lavorate sia molto elevato in confronto specialmente con la Germania dove sono poco meno di 1.400, mentre in Italia sono quasi 1.800. Il costo del lavoro pro capite in Italia è molto più basso, perché in Germania è di 57.000 euro, negli Stati Uniti di 43.000 euro, Gran Bretagna di 56.000 euro, in Italia solo di 40.000 euro annui.
Vorrei, però, sottolineare che gli Stati Uniti sono sempre indicati con un solo numero, in realtà i singoli stati influenzano molto il costo del lavoro, per cui passando dallo Stato di New York alla Florida, abbiamo in Florida un costo del lavoro che è il 60 per cento.

PRESIDENTE. Questo è federalismo!

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Spa. Se assumiamo che gli Stati Uniti siano a 100, l'Italia in un certo senso in parte recupera perché ha il costo più basso, ma la quota è abbastanza inferiore agli Stati Uniti e questo è un problema da risolvere.
Per quanto riguarda la protezione legislativa nella slide a pagina 35 del documento depositato ho riportato vari Paesi, ma non gli Stati Uniti perché questo documento riguarda l'Europa. Dalla fine degli anni Novanta la Francia è rimasta abbastanza costante, in Germania la protezione è diminuita come anche in Italia, in Gran Bretagna è sempre stata molto bassa. Gli Stati Uniti, nella slide non esplicitamente indicati, somigliano molto alla Gran Bretagna.
Ci si chiede cosa fare per ridurre ulteriormente la rigidità nel mercato del


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lavoro. Sarebbero opportune una maggiore flessibilità per quanto riguarda il dimensionamento degli organici e nella gestione dei rapporti individuali con i lavoratori a tempo indeterminato, una semplificazione normativa per quanto riguarda quelli a tempo determinato, maggior flessibilità nell'orario di lavoro e nelle prestazioni lavorative per incrementare la produzione, politiche attive per l'occupazione attraverso l'estensione degli ammortizzatori sociali, e l'utilizzazione del welfare aziendale, per cui ogni azienda può garantire assistenza in vari campi.
Finmeccanica Spa sta migliorando sia l'utilizzo degli impianti sia il dimensionamento degli organici, ha uno strumento di flessibilità per quanto riguarda il rapporto di lavoro, sta creando maggiori professionalità e sta investendo perché tutto questo migliori anche la produttività.
Utilizziamo il welfare aziendale e sistemi che compensano quello che lo Stato non offre. Su questo aspetto gli interventi sono in via di attuazione: alcune nostre industrie lo hanno già fatto in modo completo, altre stanno trattando.
Abbiamo un grande sistema di formazione, che comprende tutti, dall'operaio ai più alti livelli. Nel 2010 abbiamo fatto 968.000 ore di formazione e investito più di 13 milioni di euro, ottenendo fondi per meno della metà dell'importo complessivo. Compiamo questo notevole sforzo per far sì che le nostre risorse umane siano adeguate alle nostre iniziative e creino un ambiente che ci permetta di puntare all'innovazione.
Prima di passare alle conclusioni, vorrei riportare quello che l'Unione europea ha fissato per contribuire a realizzare una base industriale forte. Si tratta di indicazioni che ricalcano quanto abbiamo illustrato sinora, ovvero creare un contesto giuridico che aiuti le imprese, facilitare le piccole e medie imprese, renderle più internazionali e farle crescere, migliorare il trasporto, l'energia e le comunicazioni, rendere più efficiente e sostenibile l'offerta e promuovere l'innovazione in settori specifici come edilizia, biocarburanti, trasporti stradali e ferroviari.
Infine, vorrei esprimere conclusioni abbastanza semplici. Poiché la compatibilità finanziaria e i vincoli di bilancio sono importanti, desidero segnalare che non prevedo una crescita della spesa, ma il mantenimento della compatibilità finanziaria. Credo che le risorse debbano essere erogate prontamente una volta stanziate, quindi non c'è una crescita ma c'è una programmazione migliore. Questo fa sì che le industrie possano programmare meglio i propri investimenti, avere un programma e sapere quando il time to market è rispettato nei singoli progetti, ottenendo quindi un risparmio di spese, ma anche un maggior ritorno dal mercato.
I finanziamenti a pioggia devono essere evitati perché le risorse devono essere impiegate in seguito a scelte strategiche, come mi sono permesso di affermare anche all'European Space Agency (ESA), dove si riscontra lo stesso problema: non operando scelte, tutti i programmi, a partire da Galileo, ritardano.
È necessario, quindi, diminuire il peso della burocrazia, semplificare i processi decisionali, e fare un matching tra l'operato delle università e le necessità del mondo del lavoro. Per noi è importante che le università puntino molto a percorsi in grado di formare persone capaci di produrre innovazione, avere infrastrutture di livello, in grado di permetterci risparmi. Considero importante anche incrementare le piccole e medie imprese e far sì che quelle con più dipendenti si aggreghino per migliorare la competitività italiana.
Ritengo che la realizzazione di questi punti attirerebbe anche maggiori investimenti dall'estero. Vi ringrazio per l'attenzione.

PRESIDENTE. Ringrazio l'ingegner Guarguaglini. Credo che quanto ci ha riferito sia sintetizzato nel documento lasciato agli atti della Commissione.
Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MASSIMO VANNUCCI. Ringrazio il presidente Guarguaglini e mi compiaccio


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per questo contributo. Discutere della crescita del nostro Paese dal suo punto di vista è per noi estremamente utile e mi sembra che nei dati forniti ci siano strumenti di conoscenza molto importanti per il nostro lavoro.
L'occasione però è ghiotta anche per sapere come Finmeccanica Spa possa aiutare la crescita. Lei ci ha fatto una panoramica del Paese e qualche riferimento al gruppo, all'azienda, ma vorremmo capire di più, ad esempio, sul piano degli investimenti. Si è parlato della ricerca in passato, ma vorremmo sapere quale sia il vostro piano di investimenti per il prossimo triennio, in quali settori e comparti intendiate ampliare la vostra azione e aiutare il Paese a crescere, qualora se ne ravvisino le possibilità, giacché siete uno dei maggiori gruppi industriali.
Vorremmo sapere anche come possiate intervenire sulle criticità con importanti progetti Paese. Lei indica fra i costi eccessivi, oltre a quello dell'energia - questa mattina ne abbiamo parlato con l'amministratore delegato dell'ENEL, Fulvio Conti -, quello dei trasporti. In Italia il trasporto su gomma è meno costoso del trasporto su ferrovia, e questo potrebbe essere un progetto Paese da implementare insieme.
Questa mattina con l'amministratore delegato di ENEL abbiamo considerato come in questi anni abbiamo dato vita a una grande corsa alle energie alternative, soprattutto al fotovoltaico, drogando il mercato e adesso avremo ripercussioni perché ci siamo dovuti fermare, come altri Paesi europei.
Questa corsa all'oro è partita con una partecipazione nazionale della produzione tecnologica piuttosto limitata, mentre un Paese normale avrebbe fatto sì che una politica industriale nazionale fosse accompagnata da una produzione nazionale in questo campo. Questo è un settore in cui credo siate presenti e che, adesso, pensando a uno sviluppo più equilibrato, Finmeccanica Spa può contribuire a rilanciare.
Vorrei quindi chiederle di fornire qualche dettaglio ulteriore riferito specificamente a Finmeccanica Spa e alle azioni che può intraprendere per aiutare questo Paese a crescere.

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Spa. Per quanto riguarda la prima domanda, noi abbiamo continuato a investire anche nei momenti di crisi, nel senso che abbiamo investito l'11-12 per cento in ricerca e sviluppo anche nel 2008, 2009 e 2010. In più, noi investiamo in capitale fisso, nel senso che realizziamo anche impianti. Alcuni dei nostri investimenti sono supportati da noi, circa 1,2-1,3 miliardi di euro all'anno, altri li riceviamo dai clienti - e qui nasce il primo problema - e dai programmi di ricerca.
Se il cliente è italiano non si rileva alcun problema, ma se è straniero si aspetta ritorni industriali a casa sua. Mentre prima alcuni Paesi non chiedevano niente, ora tutti i Paesi, non solo l'India ma anche gli Emirati Arabi Uniti, chiedono il trasferimento delle nostre tecnologie perché ormai hanno laureati che vogliono avere uno sbocco.
Mentre prima avevano solo operai e si accontentavano, ora in numerosi Paesi la pressione maggiore è rappresentata dai laureati, che sono interessati allo sviluppo.
Ad esempio, nel settore degli elicotteri abbiamo joint venture che fanno solo l'assemblaggio e questo permette di mantenere molto lavoro in Italia. Infatti, l'Italia in termini di ore di lavoro rappresenta il 60 per cento - le altre sono svolte in Gran Bretagna, negli Stati Uniti, in Polonia e in Francia - ma solo il 20 per cento è assorbito da commesse italiane. Questo significa che in Italia due operai su tre lavorano per l'estero.
Questo è valido se si migliora sempre la tecnologia, per cui all'estero si esporta la tecnologia inferiore e si riserva all'Italia quella alta. Senza questa capacità di investimento, alla fine si frena in tecnologia rischiando di creare competitori all'estero, a meno che Finmeccanica Spa non realizzi uno stabilimento in uno di questi Stati, sottraendo lavoro all'Italia, cosa che finora non ha fatto.


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Se vogliamo mantenere alto il livello in Italia, per Finmeccanica Spa la tecnologia è essenziale perché le persone sviluppano la tecnologia e trasferiscono negli altri Paesi quella di secondo livello o attività, perché l'assemblaggio finale, anche se piace tanto a livello tecnologico, non è molto rilevante: saper fare le pale di un elicottero o gli ingranaggi è molto più importante e, soprattutto, più difficile.
Voglio, quindi, continuare a investire in Italia e l'80 per cento degli investimenti complessivi di Finmeccanica Spa viene fatto in Italia, anche se in Italia abbiamo il 60 per cento del personale. La DRS Technologies non spende nulla in investi menti perché le paga tutto il Governo americano. Poiché lavora solo in campo militare, il Governo americano le paga qualsiasi ricerca. Infatti, spesso il Governo americano sovvenziona due ricerche competitive e poi ne sceglie una, ma nel frattempo l'apparato è cresciuto.
Il nostro impegno è sviluppare tecnologie pagate in parte da noi, in parte dal cliente o dai fondi pubblici. Se aumentassero i fondi pubblici, e i clienti continuassero a pagare, Finmeccanica Spa potrebbe ridurre i suoi costi o fare più ricerca.
La seconda domanda riguarda l'energia. Abbiamo delle capacità, come abbiamo riportato nella slide del documento da noi elaborato a pagina 29, e abbiamo fatto anche alcune esperienze perché spesso le ricerche serie falliscono. Sono stato ricercatore per dodici anni, fino al 1974, e so che mentre lo sviluppo di un progetto non deve mai fallire, le ricerche pre-progetto possono fallire, anzi spesso falliscono perché giustamente un'idea innovativa deve essere provata.
Nelle fuel cell, ad esempio, abbiamo speso abbastanza soldi e per ora non abbiamo ottenuto alcun risultato. Ho tentato anche con l'esercito americano ma non sono riuscito a convincerlo a darmi i soldi per investire. Queste ricerche particolarmente rischiose hanno bisogno di contributi a fondo perduto più elevati. Sarebbe, quindi, opportuno distinguere tra ricerche pericolose e ricerche abbastanza tranquille. Queste ultime potrebbero essere finanziate per il 40-50 per cento, mentre a chi investe in ricerche pericolose dovrebbe essere garantito un contributo maggiore.
Noi siamo comunque disposti a seguire le decisioni di ENEL, perché al nostro interno Ansaldo energia e Ansaldo nucleare hanno le capacità per farlo. Stiamo facendo turbine a vapore ad alta efficienza, abbiamo sistemi per ridurre le emissioni di NOx negli impianti a gas, ci stiamo occupando di solare, fotovoltaico e biomasse con vari sviluppi. Nel nucleare in questo momento lavoriamo fuori dall'Italia, essenzialmente in Romania, mentre in Italia il programma non è ancora partito.

MASSIMO VANNUCCI. Ansaldo però ha mantenuto il contributo.

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Spa. Certo, non solo lo abbiamo mantenuto ma abbiamo fatto un accordo con l'EDF francese, con Areva e con Alstom nel campo nucleare, quindi, se parte il nucleare, abbiamo già questo accordo, e, se il Governo dovesse scegliere due tecnologie diverse, la francese e l'americana, abbiamo un accordo anche con Westinghouse.

PIETRO FRANZOSO. Vorrei capire alcuni aspetti di presenza industriale della Finmeccanica Spa sul territorio. Nelle vostre analisi è indicato ad esempio un costo per ore lavorate in Italia di 23 euro, ma non so da cosa derivi questo coefficiente che mi sembra eccessivamente basso.

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Spa. Sono dati OCSE e in questo caso mi sono fidato. In realtà sarebbe un rapporto fra il costo della persona diviso 1.773, pari al numero di ore medie annue lavorate per addetto, e ho rifatto anche la divisione.

PIETRO FRANZOSO. Secondo lei sono inclusi anche i costi di gestione del personale?


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PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Spa. Questo è il costo della persona e deriva dal costo del lavoro pro capite, pari a poco più di 40.000 euro, diviso 1.773, ma nella slide a pagina 33 del documento allegato è specificato come è formato il costo, laddove le tasse contribuiscono per una parte, e i contributi per un' altra e alla fine il netto in busta paga è il 56,6.

PIETRO FRANZOSO. Questo è giusto nel settore metalmeccanico, ma loro non seguono la contrattazione metalmeccanica.

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Spa. Questo comunque non è un nostro dato, ma è desumibile dalle stime dell'OCSE ed è il costo medio.

PIETRO FRANZOSO. Questo dato va in contrapposizione con la competitività secondo la mia visione nel contesto generale perché se abbiamo una minore incidenza dei costi perché tuttavia non riusciamo a essere competitivi. Non posso immaginare che tutto il differenziale lo acquisisca il maggiore costo di gestione, l'energia, il trasporto. Poiché tutto è correlato alla competitività in questo Paese.

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Spa. No, scusi, ma in televisione nei giorni scorsi un sindacalista sosteneva che in Germania pagano di più. Lavorano meno ma sono più produttivi. La produttività dipende da diversi aspetti che purtroppo non è possibile sintetizzare come ad esempio dall'investimento tecnologico e di processo, perché con alcuni processi anche l'operaio rende di più.
Qui invece ci si accontenta di stipendi più bassi e di una minore produttività, quindi, se lei fa uno sforzo, lo devono fare anche il lavoratore, l'industria, le strutture.
È vero che, come lei rilevava, non può essere attribuibile solo all'energia e ai trasporti, ma ritengo che ognuno debba fare la sua parte.

PIETRO FRANZOSO. Capisco che per lei la colpa sia dei sindacati.

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Spa. No non ho detto che la colpa è dei sindacati.

PIETRO FRANZOSO. No lo dico io, ma a prescindere da questi aspetti, poiché lei afferma che in Italia ci sono 2.000 piccole aziende innovative, di cui il 13 per cento fornitori del gruppo, vorrei capire quale siano la ratio e gli elementi di ricerca dei fornitori.
Un altro aspetto territoriale è rappresentato da Alenia Grottaglie. Vorrei capire quale sia lo stato dell'arte in quello stabilimento, con gli inconvenienti emersi con la Boeing.
In particolare, vorrei sapere qualcosa in merito ai nuovi ampliamenti degli investimenti annunciati sul territorio, ma di cui ancora non si vede l'avvio.

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Spa. Non so quanto sia riservato questo discorso, ma il programma della Boeing è stato più volte dilazionato perché sono nati vari guai, per cui ora il programma è guardato con cautela sia dai clienti che dai fornitori.
Come ho detto direttamente anche a loro, Finmeccanica Spa farà investimenti quando sarà sicuro che vengano utilizzati appieno. Per ora non hanno avuto cancellazioni di ordini, il rate attualmente è basso e con il nostro investimento possiamo arrivare a sette al mese, incrementando gli investimenti si può arrivare a dieci, con notevoli investimenti in più si può arrivare a raddoppiare, a quattordici.
Non mi sento però di fare quattordici se non sono sicuro che vengano utilizzati. La mia paura è che, se finalmente l'aereo arriverà a non avere più guai, Boeing chiederà uno sforzo di investimento per avere un rate alto, ma la posizione di Finmeccanica Spa in questo caso è farsi garantire che il rate durerà per anni.


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La situazione attuale è che stiamo fornendo loro tre o quattro al mese aspettando che predispongano un programma serio quando saranno sicuri di aver risolto i problemi ancora irrisolti. Dobbiamo aspettare perché il programma non è nelle nostre mani, ma è nelle loro.

PIETRO FRANZOSO. Nella fattispecie, quindi, non c'è una concausa di ritardi negli aiuti o meno?

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Spa. Abbiamo avuto aiuti dalla Regione Puglia e abbiamo fatto tutti gli investimenti. Quando saremo sicuri andremo a fare quelli futuri.
Per quanto riguarda le piccole e medie imprese, la scelta viene fatta dalle singole società e non da Finmeccanica Spa. La piccola ha bisogno di una programmazione da parte della grande: se ogni volta si pensa - l'ho fatto anche in Fincantieri - di strappare il miglior prezzo, spesso si sbaglia perché è meglio proporre al partner di partecipare a questo programma e illustrargli le proprie intenzioni, chiedendogli di investire di conseguenza.
In quel modo investe e rischia come Agusta se non vende l'elicottero. Se invece ogni volta si vuole scegliere l'alimentatore che costa meno, alla fine non c'è nemmeno sviluppo nel campo dell'alimentazione. Personalmente preferisco spiegare a fondo che, se lo qualifico e lui continua a investire e, quindi, è innovativo, potrà stare tranquillo.
Questo vale per le società innovative ma non per le merci. Quando sostengo che abbiamo 2.000 piccole industrie significa che stiamo impostando un programma per aiutarle e spesso ricevono anche ordini dai nostri competitori, perché tecnologicamente sono molto avanzate.
Queste corrono però il pericolo che l'India voglia che l'elicottero sia realizzato lì, abbia qualche piccola industria e prenda qualche nostra industria. Per le piccole e medie industrie italiane il pericolo dall'estero può crescere notevolmente, quindi è bene che cerchino di vendere anche ai nostri concorrenti.

PIER PAOLO BARETTA. Grazie del contributo molto utile. La strategia che voi delineate è ben sintetizzata nella slide a pagina 7 del documento da voi elaborato sotto la voce «Ridurre i costi» cioè snellire l'iter burocratico, aumentare l'efficienza energetica di infrastruttura, ridurre il costo del lavoro, a cui lei ha aggiunto investire in formazione.
Mi interessa sottolineare come questa strategia debba fare i conti con due ostacoli, uno dei quali esterno, per modo dire, al sistema industriale che è la pesantezza del debito pubblico nel nostro Paese. Questo concentrerà l'attenzione di tutti noi per un periodo non breve e, comunque, vada la discussione europea - mi auguro bene - dovremo compiere scelte difficili dettate dall'Europa. Vorrei sapere in che misura questo possa condizionare una linea che rende evidente una ripresa o rendere ancora più rivolta all'estero l'impresa italiana e non solo Finmeccanica Spa.
Il secondo elemento è rappresentato dalle relazioni sindacali o industriali, nel senso che gli obiettivi di maggiore flessibilità, di minore costo e le osservazioni espresse dall'onorevole Franzoso si raggiungono se c'è un clima fortemente collaborativo.
Ritengo che in Italia sia giunto il momento - aziende come Finmeccanica Spa potrebbero svolgere un ruolo da capofila - per introdurre nel sistema di relazioni elementi di coinvolgimento molto più forti, compreso ad esempio l'azionariato. Nell'ottica di una parte di salario correlata alla produttività, si potrebbe arrivare a un coinvolgimento del lavoratore in forme di corresponsabilizzazione in sistemi di governance ma anche in compartecipazione.
Dico questo perché lei ha fatto riferimento a un aspetto che personalmente condivido molto: aumentare il welfare anche in alternativa o a completamento dell'erogazione salariale pura, terreno assolutamente innovativo. Se è vero il punto da cui sono partito cioè che il debito pubblico è pesante, presumo che lo Stato non ce la farà a tenere in piedi tutto il sistema di servizi, per cui a maggior ragione


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l'intervento di un welfare aziendale costituirebbe un forte contributo, ma questo si regge nell'ambito di una maggiore integrazione tra i soggetti.
Vedo quindi una stagione nella quale la collaborazione può essere un assist molto forte per il nostro Paese. In effetti la Germania dimostra che un sistema partecipativo può essere competitivo. Credo che debito pubblico e sistema di relazioni possano essere elementi su cui giocare una partita con aziende primarie come Finmeccanica Spa.

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Spa. Personalmente anch'io ritengo che il collaborativo non sia contrario al competitivo perché il collaborativo è fra persone che hanno interessi comuni da portare avanti e il competitivo rispetto a realtà esterne. Personalmente, quindi, sono sempre stato favorevole a questo.
Per quanto riguarda il discorso del welfare, noi l'abbiamo già cominciato. Esistono molte realtà in Finmeccanica Spa e quindi questo viene trattato direttamente da Agusta, da Alenia. Una delle nostre aziende ha già raggiunto un accordo ma ne abbiamo discusso e pensiamo che questo discorso andrà avanti.
I limiti dovuti agli obblighi imposti dalla Comunità europea dovrebbero costringerci ad accelerare le riforme con costo limitato o quasi nullo, che credo siano molte, e a compiere scelte - come è sempre difficile ma a volte necessario fare - perché altrimenti ci troviamo in mezzo al guado dal momento che Paesi come la Cina hanno un notevole tasso di crescita.
Mi sono recato in Cina dopo Natale per parlare anche del settore ferroviario e il mio interlocutore ha detto subito che ormai dal punto di vista tecnologico nel settore dei treni sono molto più capaci della Germania dalla quale pure hanno imparato, e che se continuano ad avere un fatturato più basso della Siemens e perché i suoi treni costano il 60 per cento di quelli della Siemens, che sicuramente non vince in India né in Africa né altrove, se non forse in Europa.
Questo mi interessa perché ho Pistoia, Napoli, Genova e bisogna trovare una soluzione perché altrimenti ci verrà chiesto perché vogliamo guadagnare di più rendendo meno. Una volta potevamo sostenere di avere maggiori capacità e più laureati, ma non è più così. Per forza quindi anche se siamo in un momento di debolezza - parlo non dell'Italia, ma di tutta l'Europa - dobbiamo trovare una soluzione e fare sacrifici, ma non diminuire la competitività, che anzi deve migliorare.
È necessario quindi investire in ricerca e sviluppo facendo sacrifici che tutti rifiutano di fare e che quindi alla fine faremo tutti.

LINO DUILIO. Anch'io ringrazio per questo contributo così importante e qualificato. Vorrei porre alcune brevi domande. Voi siete una holding robusta tra le più importanti del nostro Paese, con partecipazioni in settori tecnologici avanzati, quali l'aeronautica e lo spazio.
Alla luce del vostro core business e del vostro buono stato di salute, poiché il nostro tessuto industriale è composto da piccole e medie imprese con le quali peraltro voi siete in rapporto, vorrei sapere se sulla scorta della vostra esperienza sia migliorabile la interazione di grandi aziende o gruppi come il vostro con la realtà delle piccole e medie imprese.
Il nostro Paese ha poche grandi imprese e una miriade di piccole e medie imprese, per cui non riusciamo a fare ricerca perché le piccole imprese non ce la fanno, così come non riusciamo a fare una serie di altre cose. Questa peculiarità appare difficilmente superabile perché una grande impresa non si crea dall'oggi al domani e anche gli sforzi fatti, in via istituzionale, per far crescere le imprese scontano note difficoltà.
Vorrei sapere se, dopo aver perso grandi occasioni nella chimica e nella farmaceutica, consideriate migliorabile l'interazione fra queste grandi imprese e


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grandi gruppi e il tessuto delle piccole e medie imprese sia sul versante dell'indotto, cioè di commesse che possano produrre effetti benefici in termini occupazionali, sia sul versante del trasferimento tecnologico, per trasferire alla realtà delle piccole e medie imprese quel know-how di cui siete portatori agendo a livello nazionale e internazionale.
Nelle slide lei parla di reti di imprese, inducendomi quindi a porle anche un'altra domanda di chiosa. Nel nostro Paese abbiamo sperimentato la realtà dei distretti di imprese, su cui abbiamo anche fatto investimenti e speso soldi. Qualcuno sostiene che, sebbene abbia dato risultati positivi, questa esperienza sia terminata. Bisognerebbe investire più sulle reti di imprese che non sui distretti industriali. Non so se la domanda sia poco pertinente per quanto riguarda la sua esperienza ma mi interesserebbe conoscere la sua opinione su questo.
Le chiedo, inoltre, poiché opero in un territorio in cui si trova la sede della STMicroelectronics ad Agrate Brianza e mi risulta che voi abbiate ridotto la vostra partecipazione al 10 per cento.

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Spa. Più precisamente la nostra partecipazione è pari a zero!

LINO DUILIO. Allora a maggior ragione pongo la domanda, perché da una situazione fifty-fifty tra noi e i francesi per quanto riguarda una delle grandi aziende a livello mondiale, sentendo ogni tanto in passato lamentare da Pistorio lo scarso sostegno finanziario per quanto riguarda investimenti che ci farebbe rischiare di perdere la partita nei riguardi dei francesi perché si rischia di andare a fare certe cose in Francia piuttosto che in Italia, su questo versante d'avanguardia in ambito tecnologico vorrei sapere cosa pensi di questa grande azienda di cui sono preoccupato ma sul quale ho scarse informazioni.
Mi dispiacerebbe se per incuria o per altro dovessimo perdere terreno nei riguardi dei francesi e in generale dovessimo perdere questa azienda leader straordinariamente importante.
Ancora, lei affermava giustamente che per quanto riguarda la ricerca dovremmo arrivare al 3 per cento e non all'1,9 per cento. Come abbiamo fatto presente nelle varie sedi e anche al Ministro Ronchi quando ci ha portato questo provvisorio piano nazionale di riforme, riteniamo che il problema non sia solo il fatto che nel 2020 arriveremo all'1,9 per cento passando da quello che lì è indicato come 1,18 mentre invece è 1,27 come lei ha precisato prima, ma anche che l'attuale distanza tra noi e l'Europa secondo quel piano nel 2020 dovrebbe ampliarsi perché nel 2020 saremmo da 1,5 a 3, quindi alla metà mentre oggi siamo a meno della metà rispetto all'Europa.
Condivido molto quanto lei ha detto a proposito dell'esigenza di puntare al 3, ma, poiché spero che nella versione definitiva di questo piano nazionale di riforme che sarà presentata a fine aprile il coinvolgimento ci sia e sia sostanziale o più sostanziale se c'è già stato, vorrei sapere se voi siate stati coinvolti o se abbiano messo insieme quattro cifre e le abbiano portate qui tanto per far vedere che c'era un pezzo di carta da consegnare in Europa. Mi scusi per i termini utilizzati.
Infine, voi operate in tutto il mondo e nelle slide avete citato anche il Brasile, dove mi sono recato lo scorso anno e dove mi hanno detto una cosa di cui le chiedo conferma. Uno dei problemi grossi che abbiamo all'estero anche quando facciamo cose mirabili, ad esempio l'aiuto dato ad Haiti dopo il terremoto, molto più dei francesi, gli altri spendono un mare di soldi per pubblicizzare il proprio intervento con un ovvio effetto indotto anche sulle partite economiche, mentre noi facciamo poco o niente.
In quella sede veniva quindi concluso che noi all'estero non sappiamo fare sistema Paese, cioè non riusciamo sostanzialmente ad agire come sistema Paese, quindi con tutti i profili che questo comporta.


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Se questo fosse un elemento diagnostico, forse ci potremmo attrezzare meglio e cercare di spingere per fare sistema Paese, al di là della italica inclinazione all'anarchia, che è un pregio ma è anche un difetto. Vorrei sapere se questa incapacità di fare sistema Paese all'estero sia reale.
L'ultima domanda concerne i settori di avanguardia nei quali voi siete presenti. In particolare, vorrei sapere se, soprattutto per quanto riguarda il settore meccanico che è quello più a rischio di difficoltà in termini di competizione perché prima o poi gli altri comprano le macchine e imparano a fare le cose che facevamo noi, in prospettiva abbiamo anche un problema di nuovi prodotti oltre che di nuovi mercati.
Vorrei sapere infatti se siamo tranquilli sul made in Italy o non si debba cercare anche di sperimentare nuovi sentieri di sviluppo perché il tradizionale made in Italy prima o poi rischia l'obsolescenza.

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Spa. Per quanto riguarda la prima questione sulle piccole e medie imprese, le reti e l'SGS, come Finmeccanica Spa abbiamo puntato a crescere dimensionalmente perché in alcuni campi noi sappiamo quanto si debba spendere per stare a un certo livello.
Abbiamo fatto questo discorso prima in casa perché se l'Agusta ha un fatturato di 2 miliardi di euro ha un significato, se uno lo ha di 500 milioni di euro è indotto a ridurre l'investimento, ma si sa che per fare un elicottero occorre una certa quota.
Quando decidemmo di acquistare la Westland e metterla insieme all'Agusta dipendendo da Finmeccanica Spa effettuammo questo conto. In linea di principio le dimensioni già indicano quale tipo di ricerca possa fare.
Ritengo che piccole e medie imprese debbano mettersi insieme perché in questo modo possono aumentare il fatturato e crescere. Se invece lasciamo perdere le dimensioni come ha suggerito lei, bisogna chiedersi cosa conviene fare.
Ho già detto che conviene fare le filiere perché i distretti erano a zone, mentre le filiere riguardano l'argomento. Allora, se parliamo dell'aeronautica, l'industria, in qualsiasi posto sia, fa parte di questa filiera; quindi c'è la capofila, che dovrebbe essere Alenia aeronautica, che coinvolge le altre, spiega a fondo i programmi e cerca di capirne le intenzioni.
Accanto a queste considerazioni bisogna poi sottolineare che mettersi in rete - ormai è diventato un processo istantaneo - facilita molto qualsiasi tipo di scambio. Chiaramente, però, deve esserci una collaborazione non solo fra grandi imprese, ma anche fra le piccole e le medie. Infine, in questo quadro deve partecipare l'università che, come lei sa, è ancora molto basata sulla volontà del professore: se il professore è interessato a un'iniziativa vi prende parte, altrimenti non lo fa. Se, nell'assegnare i famosi punteggi, si tenesse conto anche di quanto contribuiscano i tecnici - ovviamente il discorso non vale per i professori di filosofia - alla crescita delle tecnologie dal punto di vista industriale, potrebbe essere un modo per invogliarli. Se si prospetta la possibilità di un premio da parte dello Stato, forse tutti contribuiscono di più.
Cito sempre un esempio che mi riguarda: nel lontano 1965 sono andato negli Stati Uniti. Il professore, quando ha scoperto che avevo lavorato due anni, mi ha portato alla NASA e ha ottenuto da loro un contratto. Tornato in Italia, mi sono recato all'Università di Roma e ho raccontato cosa si sarebbe potuto fare in America, ma il professore non era affatto interessato.
Rimasi esterrefatto da come si comportavano negli Stati Uniti, laddove attraevano risorse coinvolgendo gli studenti - alla mia ricerca partecipavano anche un coreano e un turco, più i professori americani - mentre in Italia, di andare a chiedere i soldi direttamente alle industrie, con il professore, almeno nel 1965, non importava a nessuno. C'era, insomma, una mentalità diversa.
Chiaramente anche le università potrebbero contribuire ad aiutare le piccole


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più che le grandi industrie. Facendo i conti con i soldi che abbiamo, si potrebbe introdurre un miglioramento.
Venendo alla SGS, io ci sono stato a cinquanta e cinquanta, ho fatto degli accordi, poi a un certo punto, d'accordo con il Ministro dell'economia, la quota di Finmeccanica Spa è passata alla Cassa depositi e prestiti. Io li ho lasciati a cinquanta e cinquanta. In questo momento non so quale sia la situazione, ma penso che sia ancora 50 per la Francia e 50 per l'Italia. Io e Pistorio, che più o meno abbiamo la stessa età, siamo grandi amici, siamo andati spesso in giro insieme. Quello di cui si lamentava Pistorio a quei tempi è la difficoltà di trovare fondi per la ricerca. Secondo me, però, la SGS ha un altro problema, quello del costo orario; un impianto molto automatizzato può avere persone di basso livello: sembra un'incongruenza ma è così. Ricordo sempre, quando c'era Pistorio, che in Francia il costo orario era più alto che in Italia, ma in Marocco era di 3 dollari e in Estremo Oriente di 1 dollaro.
Pistorio sosteneva che mantenersi in Italia era difficile, a meno che non arrivassero soldi da investire. Credo che il problema per SGS sia rimasto, anche se io non l'ho più seguito.
Per quanto riguarda il sistema Paese, almeno dal punto di vista della Finmeccanica Spa, sicuramente conta molto a livello di Comunità europea, laddove vedo un completo distacco fra funzionari di quel livello e l'Italia. Credo che questo sia dovuto a diversi motivi, in primo luogo al fatto che l'italiano se torna in Italia non trova un posto; in secondo luogo l'italiano essendo poco difeso cerca un altro padrino.
Quando c'era il discorso iniziale del progetto Galileo, a un certo punto Chirac ha chiamato il Ministro della ricerca scientifica, il Ministro dei trasporti, il commissario europeo e le industrie. Si è fatta poi una trattativa per decidere cosa prendeva la parte dello Stato e cosa la parte delle industrie. Mentre noi discutevamo di quello che volevamo noi e il Governo non so cosa chiedesse, i francesi si regolavano diversamente chiamando insieme i diversi soggetti e discutendo.
Da noi, invece, Vetrella procedeva per conto suo, la Moratti cercava di informarsi e io cercavo di ottenere il meglio, ma senza un vero collegamento. Quando si va in Brasile il discorso cambia abbastanza, almeno dal mio punto di vista, perché in questo caso è chiaro che conta molto il supporto del Governo, ma in un certo senso bastano Governo e Finmeccanica Spa. Se, infatti, vendo insieme a Fincantieri le navi, è chiaro che il Governo italiano deve prospettare determinati scenari, ma io tratto con Fincantieri per ottenere qualcosa. Questo vale per gli Emirati, per l'Arabia Saudita, ma anche per il Giappone. In questo caso, bastano l'industria e il Governo. In base alla mia esperienza, posso dire che la Thatcher trattava male anche certi Governi che non la soddisfacevano e non credo che un Primo Ministro italiano lo farebbe mai. Una volta ho chiesto a un Ministro del Governo Prodi di «picchiare» qualcuno, ricordandogli che gli inglesi lo avevano fatto, e mi ha chiesto se fossi impazzito.
Per quanto riguarda i nuovi prodotti, è evidente che se le tecnologie si evolvono si deve pensare a nuovi prodotti. Secondo me, si deve pensare all'evoluzione dei propri prodotti mantenendosi all'avanguardia tecnologicamente, che non è uno scherzo semplice. Se si dispone di una nuova tecnologia, se la si applica al prodotto quando non è ancora matura si fa un danno e se la si impiega troppo tardi si rende il prodotto scarsamente competitivo. Allora si deve fare un investimento di base, far maturare la tecnologia e poi applicarla al prodotto. Ma per far questo servono risorse e persone intelligenti e motivate.
Il problema è sviluppare tecnologie da poter applicare al prodotto, ma anche stare attenti a quando applicarle, perché se le si applica in anticipo il prodotto va in malora.
Lei troverà nuovi mercati, che significa nuovi Paesi. Se riuscirà a vendere un prodotto avanzato in Turchia, sicuramente,


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con il supporto del Governo, in India riuscirà a venderlo. Allargare il proprio perimetro, per chi ha pochi soldi, significa affondare, poiché i mercati sono diversi e sostenere i propri prodotti è difficile. Secondo me, è giusto portare avanti un'evoluzione del prodotto, anzi si può fare anche una rivoluzione del prodotto se c'è una tecnologia estremamente nuova. È chiaro che nelle telecomunicazioni la tecnologia è cambiata e i ponti radio si possono buttare via; mentre negli anni Settanta si faceva tutto con i ponti radio, ormai non li vuole più nessuno.
Chi opera nelle telecomunicazioni, quindi, deve capire come muoversi, sviluppare nuovi prodotti, dunque spostare la propria tecnologia, ma il mercato rimane quello delle comunicazioni.

LINO DUILIO. Avevo posto la domanda perché mi era venuto in mente l'esempio della Nokia: una fabbrica fallita di frigoriferi che ha realizzato una radicale riconversione produttiva.

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Spa. Quello può essere. Ma non dimentichiamo che è fallita, mentre la prima cosa che avrebbe dovuto fare è cercare di mantenersi.

MARCO MARSILIO. Le riflessioni del presidente Guarguaglini ci aiutano a definire un quadro sul tema della crescita e della tenuta economica del nostro Paese. Abbiamo trovato una serie di indicazioni che coincidono con le nostre riflessioni, anche con l'impegno che, come parte politica e come maggioranza, stiamo cercando di assumerci, nella riforma del mercato del lavoro, nel nuovo piano energetico e via dicendo. Troviamo conforto anche nel giudizio sulla tenuta dei conti pubblici e sulla rigorosa politica di bilancio.
C'è una critica forte, che io accolgo in maniera molto costruttiva, e penso che anche come maggioranza dobbiamo fare una riflessione autocritica rispetto al tema della ricerca, perché effettivamente i dati che ci vengono offerti impongono un approfondimento di questo punto e un maggiore sforzo per orientare delle risorse verso questo settore.
Vorrei che, anche solo per cultura personale, fosse sviluppata una questione, anche se non riguarda nello specifico l'attività di Finmeccanica Spa, ma comunque è un elemento che troviamo presente nelle vostre riflessioni. Da non addetto ai lavori - non vengo da una formazione finanziaria o economica - sollevo il tema del credito, delle banche. Già ci siamo trovati, in altre occasioni, di fronte a una sorta di aporia. Da un lato, ci viene detto - e noi condividiamo - che tra i punti di forza dell'Italia vi sia un solido sistema bancario, ma anche il basso debito privato, che è anche effetto di una scarsa propensione a fornire credito alle aziende e alle famiglie che lo chiedono. Peraltro, questo combinato disposto di basso debito privato e di solidità del sistema bancario è quello che ci ha permesso di affrontare la crisi con minori danni e con maggiore tenuta rispetto al resto del mondo, laddove, mentre tutti guardavamo al debito pubblico, il debito privato ha creato, invece, il problema più grave.
Dall'altro lato, anche voi reclamate, in altri aspetti di questa riflessione, il fatto che oggi le piccole e medie imprese non crescono perché non hanno credito, che si fa credito solo a chi ha le garanzie e non a chi ha le idee - e, magari, non ha capitali o patrimoni da mettere a garanzia - quindi non c'è nessun sistema bancario o finanziario capace di investire su un buon progetto e sulla fattibilità e preparazione adeguata dello stesso, poiché in mancanza di garanzie non si concede un soldo.
Vorrei capire, insomma, qual è il giusto mezzo tra questa duplice via. Quando incontriamo l'ABI, le banche, da parte loro, da un lato ci riempiono di dati con cui tentano di dimostrare che loro, invece, hanno mantenuto il credito, nonostante la crisi, a livelli elevati, e cercano di dimostrare con vari grafici che non c'è stata flessione nel credito che è stato offerto alle imprese, che hanno sostenuto l'economia e


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via dicendo. Dall'altra parte, anche come comuni cittadini raccogliamo la percezione diffusa e le lamentele dei soggetti imprenditoriali che incontriamo e che ci riferiscono, invece, che il problema esiste.
Vorrei capire meglio, magari entrando in qualche piccolo dettaglio di questo tema, dov'è la giusta misura rispetto a queste politiche e quali sono gli aspetti che andrebbero modificati o su cui possiamo intervenire, come Parlamento, per offrire alle imprese maggiore possibilità di crescita, anche attraverso gli strumenti finanziari e creditizi.

LUDOVICO VICO. All'ingegner Guarguaglini rivolgerò due semplici e brevi domande. Si parla di ricerca, sviluppo e made in Italy. Innanzitutto, se l'innovazione è la questione centrale, l'innovazione di prodotto dove deve avvenire? E l'innovazione di processo, dove e quando? L'innovazione di sistema, poi, richiama due grandi comparti della holding: lo spazio e la difesa.
Pongo questi aspetti perché essi sono il contraltare di alcune rigidità di cui altri colleghi hanno già parlato. Purtroppo non ho potuto essere presente quando sono state illustrate le questioni del welfare, del mercato del lavoro eccetera.
Sul comparto dello spazio, citiamo SSI, Elsag Datamat, Selex, Cisdeg, Thales, Telespazio, Galileo, Agenzia europea, COSMO-SkyMed, laddove c'è un terreno della crescita del sistema delle aziende, della filiera che già esiste, di asset abbastanza complicati, a leggere la letteratura sindacale prevalentemente dei metalmeccanici - FIM, FIOM e UIL -. Qui c'è sicuramente un problema.
Poi c'è la difesa, che è l'altro comparto. L'innovazione è la questione centrale, per il Parlamento italiano, in ordine alle tematiche dell'Europa.
Chiudo richiamando l'Agenzia spaziale europea, con riferimento all'Italia, a Finmeccanica Spa, e poi c'è l'area della difesa che, come l'ingegner Guarguaglini conosce benissimo, è un mercato di sistema planetario.

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Spa. Forse ho parlato troppo velocemente di ricerca e sviluppo. A parte il 3 per cento, vorrei anche puntualizzare che il famoso 1,27 o quello che è potrebbe già essere più redditizio. Chiaramente occorrono sacrifici, ma se invece di erogare a pioggia si fanno delle scelte sicuramente l'1,27 rende di più. È un problema non solo di percentuale, ma anche di dispersione.
Prima ho detto che se qualcuno afferma di non poter andare oltre l'1,27, almeno faccia determinate scelte: forse si sacrificherà qualcosa, ma i soldi verranno spesi meglio. Inoltre, ho affermato che se i soldi vengono spesi tempestivamente vengono spesi meglio, perché si impedisce che l'industria parta e si fermi, creando così l'attrito che, per definizione, crea calore ma non risultati.
Dato che si dice «a pari incentivo», io dico quali sarebbero i miei desiderata, però se, per qualche anno - 2011 e forse 2012 - si deve stare a questo livello, allora facciamo delle scelte e diamo i soldi subito. Anche mantenendo l'1,27, secondo me, ci sono diverse cose da fare.
Per quanto riguarda le banche, Finmeccanica Spa in un certo senso non ha grossi problemi; per le scelte che ha fatto, ha molti prestiti a lunghissimo termine, per cui a breve deve rendere poco e ha una certa tranquillità. Questo però significa pagare il denaro non al tasso attuale.
Le piccole industrie hanno una situazione diversa, perché la banca, considerando le dimensioni, che possono rappresentare un pericolo, applica un notevole spread.
Ho sentito che quando a Pistoia, una volta, misero intorno a un tavolo tutte le piccole imprese - era accanto a me Miccichè, direttore generale di Banca Intesa - queste si lamentarono di pagare il 12 per cento, anche se la Banca d'Italia aveva ridotto il tasso intorno allo zero. Il maggiore costo era dovuto allo spread elevato.


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Non so, dunque, quanto possano chiedere in garanzia a un soggetto nuovo, che vuole introdurre un'innovazione e non ha risorse. Questa è la difficoltà.
Negli Stati Uniti, anche se le banche fanno un grosso pasticcio, vi sono fondi per chi parte da zero e altri fondi per chi si trova in situazioni diverse. È possibile che, andando in California, si trovi una banca che a un tasso leggermente diverso eroghi il prestito. Se il soggetto fallisce, non subisce tutti gli oltraggi che subisce in Italia. Pertanto, in America l'interesse ad osare è enorme. In Italia, invece, è bassissimo.
Come Finmeccanica Spa, insieme alla Sant'Anna, all'università di Milano e a Banca Intesa stiamo cercando di stanziare dei fondi per cercare di promuovere alcune piccole industrie che vogliono partire da zero, perché ci sono degli spin-off dall'università. Qual è il supporto? Noi dovremmo valutare il business plan, verificare quanto è tecnologicamente valido o quanto è rischioso, e le banche dovrebbero supportare questi soggetti nel reperire crediti.
Questo è un piccolissimo contributo - abbiamo firmato questo accordo da poco tempo - che, però, secondo me bisognerebbe allargare. È chiaro che le banche, su questo, devono attrezzarsi dotandosi di personale che sappia valutare - non guardando solo il bilancio - la pericolosità di un'industria. È una scelta che spesso le banche fanno in modo molto più semplice, cioè prevedendo uno spread elevato.
Per rispondere alle ulteriori domande, innanzitutto vorrei dire che noi come Finmeccanica Spa abbiamo il settore civile al 20 per cento e quello relativo all'aerospazio e alla difesa all'80 per cento. Ebbene, nell'80 per cento, il civile è per metà riconducibile agli elicotteri Agusta - almeno per il 30 per cento -; il controllo del traffico aereo, l'Alenia - almeno per la metà - dello spazio non parliamo proprio. Quello che fa la differenza è la tecnologia.
Prima ho detto che se si diminuisce il volume di affari non ci si potrebbe permettere determinate tecnologie. Secondo me, le industrie di Finmeccanica Spa si possono permettere certe tecnologie perché riescono a utilizzare la stessa tecnologia in vari campi.
Cito un esempio: il composito, che per me comprende sia il processo che il prodotto. A Grottaglie, per mettere a punto un processo «bestiale», abbiamo speso tantissimi soldi, ma si fa un prodotto innovativo perché si utilizza il composito. Questo è nato nel militare tanto tempo fa, nel 1981, più o meno. Oggi, tra gli aeroplani, sia civili che militari - ad esempio il 787, che è civile, - ha una percentuale di composito che man mano cresce, perché come lei sa è più leggero, quindi consuma meno e via dicendo, e così il JSF, a sua volta composito. Dico, en passant, che abbiamo venduto agli Emirati determinati know-how di compositi e loro hanno costruito la fabbrica.

LUDOVICO VICO. Ma lì è processo non prodotto!

PIER FRANCESCO GUARGUAGLINI, Presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Spa. No, lei deve immaginare come fa il prodotto, poi adegua il processo. Non è solo prodotto. Il Dreamline è una scelta di prodotto, che non ha un briciolo di composito. Prima si fa la scelta di prodotto e, poi, accanto si pone un processo.
Chiaramente, con l'ASI e con l'ESA, come fornitore, vado a discutere, ma la responsabilità della struttura dipende, nel primo caso, dal Ministro competente per la ricerca scientifica e da qualcun altro, nel secondo caso dagli Stati europei che vi partecipano.
Mi lamento, a volte, che in ESA siamo sottorappresentati. Il direttore generale, come sapete, è un francese, ma in questo momento noi rischiamo di diminuire la nostra influenza. A proposito del discorso sistema Paese, siccome è a livello europeo, anche l'ESA può cambiare nei rapporti con l'Italia a seconda di quanto si fa sentire il Paese Italia.
Inoltre, mentre ci sono società controllate al 100 per cento da Finmeccanica Spa, ad esempio Agusta, Alenia, Selex Sistemi


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Integrati, come lei sa noi abbiamo due terzi in Telespazio ma solo un terzo in Alenia Spazio, quindi dobbiamo fare un accordo con Thales, con cui discutiamo spesso, per mantenere le eccellenze in Italia e per svilupparle.
Come prodotti innovativi, posso citare il 346, partecipiamo a Sukhoi, Selex Sistemi integrati ha fatto diversi piccoli radar, Elsag sta investendo nella cibernetica - non posso descrivere i prodotti, perché queste sono notizie abbastanza riservate, ma sono applicati da più parti -. Noi siamo accettati all'estero proprio perché portiamo prodotti che non dico siano migliori degli altri, ma sicuramente confrontabili con gli altri, dal punto di vista tecnologico - non parlo, infatti, dei prezzi -. Diversamente, perché dovrebbero prendere i nostri prodotti?
Noi siamo competitivi per prezzi e per tecnologie. Come ho detto prima, in Italia fatturiamo il 24 per cento, negli Stati Uniti il 22 per cento, in Gran Bretagna il 13 per cento, ma più del 50 negli altri Paesi. In altri termini, poco in Europa e molto nel mondo. L'Europa è la parte più conservativa; in Francia non venderemo mai un elicottero. Negli altri Paesi, quando competiamo con francesi, americani e tedeschi, riusciamo a vincere con una certa frequenza.

PRESIDENTE. Si è fatto tardi, ma evidentemente gli argomenti erano molto interessanti.
Ringrazio, a nome di tutta la Commissione, l'ingegner Guarguaglini per la sua presenza e per il contributo che ha dato. Credo che queste audizioni dimostrino l'estrema utilità di questo confronto. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Spa, Pier Francesco Guarguaglini (vedi allegato).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 21,55.

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