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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione V
2.
Mercoledì 27 gennaio 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'EFFICACIA DELLA SPESA E DELLE POLITICHE DI SOSTEGNO ALLE AREE SOTTOUTILIZZATE

Audizione dell'ingegner Aldo Mancurti, capo del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica del Ministero dello sviluppo economico:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 2 8 10 14
Calvisi Giulio (PD) ... 9 12
Cambursano Renato (IdV) ... 10
D'Antoni Sergio Antonio (PD) ... 8 13
De Luca Sabina, Direttore generale per la politica regionale unitaria comunitaria del Ministero dello sviluppo economico ... 11 12
Donato Vincenzo, Direttore generale per la politica regionale unitaria nazionale del Ministero dello sviluppo economico ... 12 13
Mancurti Aldo, Capo del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica del Ministero dello sviluppo economico ... 2 10 11

ALLEGATI:
Allegato 1: Nota del capo del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica del Ministero dello sviluppo economico redatta in occasione dell'audizione presso la V Commissione ... 17
Allegato 2: Nota del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica del Ministero dello sviluppo economico sui tempi di realizzazione delle opere pubbliche ... 43
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.

[Avanti]
COMMISSIONE V
BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 27 gennaio 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GIORGETTI

La seduta comincia alle 14,20.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione dell'ingegner Aldo Mancurti, capo del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica del Ministero dello sviluppo economico.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'efficacia della spesa e delle politiche di sostegno alle aree sottoutilizzate, l'audizione dell'ingegner Aldo Mancurti, capo del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica del Ministero dello sviluppo economico.
Sono inoltre presenti il dottor Vincenzo Donato e la dottoressa Sabina De Luca, rispettivamente direttore generale per la politica regionale unitaria nazionale e direttore generale per la politica regionale unitaria comunitaria del Ministero dello sviluppo economico.
Do la parola all'ingegner Aldo Mancurti.

ALDO MANCURTI, Capo del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica del Ministero dello sviluppo economico. Ringrazio il Presidente per l'invito e soprattutto per il fatto che questa Commissione voglia dedicare parte del suo lavoro a un tema così importante.
Le indagini parlamentari sulle politiche di sviluppo dei territori, migliorando la conoscenza in particolare dei problemi del Mezzogiorno, hanno sempre contribuito a chiarire i termini del dibattito e di conseguenza ad adottare decisioni che riteniamo siano state eque.
Desidero accennare rapidamente alle competenze del Dipartimento, che, per le sue specifiche attribuzioni istituzionali in materia di coordinamento della politica regionale, è chiamato a fornire annualmente al Parlamento un rapporto sugli interventi nelle aree sottoutilizzate, che contiene un'ampia analisi e una dettagliata base di informazioni sulle tendenze economiche territoriali, sulle risorse finanziarie e sulle politiche per lo sviluppo e gli interventi specifici nelle aree sottoutilizzate.
Tale flusso istituzionale di informazione tra Parlamento e Governo, arricchitosi nell'ultimo decennio di una base dati con dettaglio territoriale tra le più avanzate in Europa, assicura trasparenza alla gestione della politica regionale. Trasparenza e verificabilità della gestione dei programmi di intervento sono, infatti, requisiti cardine di una politica che utilizza risorse trasferite.
Nel mio intervento intendo sottolineare soltanto alcuni aspetti, che, ove la Commissione lo ritenesse utile, potranno essere completati dai responsabili delle due direzioni generali competenti, che mi hanno accompagnato.


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Nel dibattito attuale sulle politiche di sviluppo, l'obiezione ricorrente è che, nonostante le ingenti risorse destinate alla riduzione del divario tra il sud e il resto del Paese - 21 miliardi di euro in media all'anno nel periodo 2000-2008 la spesa in conto capitale diretta al Mezzogiorno, di cui 11 miliardi di risorse aggiuntive per la politica regionale -, gli interventi finanziati non abbiano conseguito i risultati attesi. L'insufficienza o la parzialità dei risultati devono, però, essere considerate rispetto sia agli obiettivi posti all'inizio della programmazione, sia al contesto economico e finanziario determinatosi nel corso degli otto anni di attuazione. Consideriamo gli otto anni con i due messi a disposizione per la rendicontazione quando si tratta di risorse che provengono dall'Europa.
Gli obiettivi macroeconomici definiti nel 1999 erano forse molto ambiziosi e scontavano ipotesi compatibili con scenari macroeconomici antecedenti alle ricorrenti crisi economiche attraversate in questo decennio. Gli andamenti effettivi dell'economia italiana sono stati comunque inferiori alla media europea e il divario tra le aree territoriali del Paese è tornato a crescere in termini di prodotto e di occupazione a motivo di differenti performance demografiche e di produttività, nel quadro di un generalizzato rallentamento di tutto il Paese.
Il volume di risorse speso annualmente nel periodo 2000-2008 ai fini della politica di sviluppo regionale, come recentemente ricordato anche dal Governatore della Banca d'Italia, rappresenta in media nel periodo 2000-2008 solo il 5,6 per cento della spesa pubblica primaria destinata al Mezzogiorno e l'1,8 per cento di quella italiana complessiva. Nel testo che deposito troverete una serie di tabelle che integrano questi dati. Nella presentazione userò alcuni documenti che consegno alla Commissione. Si tratta, in particolare, di un rapporto presentato al Consiglio dei ministri dal Ministro dello sviluppo economico Claudio Scajola il 6 novembre scorso, che contiene una breve esposizione delle tendenze economiche per aree territoriali, di una nota sui tempi di attuazione delle opere pubbliche, che presenta i risultati di un'analisi svolta dal Dipartimento sulla durata delle opere pubbliche, che riteniamo molto importante, e del più recente, ovvero il rapporto strategico presentato dall'Italia alla Commissione europea il 31 dicembre dello scorso anno. Su questo ultimo documento, che pochi giorni fa è stato inserito nel nostro sito e commentato da alcuni organi di informazione, torneremo per puntualizzare i risultati conseguiti alla data del 31 dicembre 2009, prima scadenza della nuova programmazione.
Con l'ausilio di questi documenti, si possono trarre alcune lezioni dall'esperienza del ciclo di programmazione 2000-2006, che oggi sono di guida per l'attuazione degli interventi previsti dal Quadro strategico nazionale 2007-2013. Emergono risultati positivi e criticità. In merito ai risultati finanziari, rileviamo che il ciclo di programmazione dei fondi strutturali si è chiuso con l'utilizzo integrale delle risorse programmate, con vantaggi per tutto il Paese. Tutte le risorse del Quadro comunitario di sostegno (QCS), complessivamente 65,9 miliardi di euro al 30 giugno dello scorso anno, sono state spese. Maggiori informazioni sono contenute nella citata relazione del Ministro Scajola al Consiglio dei ministri del 6 novembre 2009.
Questi risultati in termini finanziari presentano connotazioni molto differenti tra territori. In Campania, Puglia, Molise, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna, quindi nella maggior parte delle regioni del sud, per gli interventi cofinanziati dai fondi strutturali sono state spese tutte le risorse messe a disposizione dai programmi operativi regionali, prevalentemente per interventi di sostegno al sistema produttivo, di sviluppo della rete di trasporto e di comunicazione, di rafforzamento del sistema di istruzione, della formazione e delle politiche del lavoro, nonché dell'offerta dei servizi collettivi in campo ambientale. Nelle regioni del centro-nord, tutti i programmi cofinanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale


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(FESR) hanno speso il totale delle risorse, con numerosi progetti di incentivazione alle imprese, opere per la tutela e la valorizzazione dell'ambiente e per le infrastrutture di trasporto.
Tuttavia, soprattutto al sud, i risultati di spesa dei programmi comunitari sono stati influenzati dal ricorso ai cosiddetti «progetti coerenti», ovvero progetti già avviati con altre fonti di finanziamento e poi inclusi nella rendicontazione comunitaria.
Si tratta di una modalità del tutto legittima, la cui persistenza e ampiezza denotano tuttavia la diffusa difficoltà, comune anche alle amministrazioni centrali, quindi non solo regionali, di avviare nuovi progetti, assicurandone i tempi di attuazione entro le scadenze fissate dalle regole comunitarie, in particolare per le infrastrutture. I tempi di realizzazione delle opere pubbliche in Italia superano gli undici anni, tempi non compatibili con gli otto anni messi a disposizione dalle risorse comunitarie. Questo è un motivo di forte criticità, tanto che non possiamo ignorare come il 31 per cento dell'intera spesa 2000-2006 rendicontata nelle aree dell'obiettivo 1 sia stata assicurata da «progetti coerenti». Nel caso del programma nazionale dei trasporti, questa percentuale sale addirittura al 69 per cento.
A differenza della programmazione comunitaria, la programmazione del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), condotta attraverso il meccanismo delle intese e degli accordi di programma, è ancora in atto. Riassumendo alcuni dati già contenuti nella citata relazione del Ministro Scajola, si osserva che dal 1999, per il riequilibrio territoriale tra le diverse aree del Paese sono stati assegnati alle regioni fondi aggiuntivi riconducibili al FAS, per 21.250 milioni di euro - al netto delle risorse assegnate alle ordinanze di protezione civile, che dovrebbero essere intorno a 1.000 milioni di euro - di cui circa 17.500 milioni di euro destinati alle regioni del Mezzogiorno e 3.800 milioni di euro a quelle del centro-nord.
In entrambe le macroaree, dette risorse sono state in grado di mobilitare altre fonti finanziarie superiori al loro stesso importo. Il volume complessivo delle risorse gestite attraverso gli accordi di programma quadro è quindi complessivamente pari a 87.108 milioni di euro, di cui circa 51.000 milioni di euro nelle aree del Mezzogiorno e i restanti 36.000 milioni di euro nelle altre aree.
Le regioni hanno utilizzato tali risorse prevalentemente in accordi di programma quadro. Gli interventi attivati sono stati 21.672, di cui 12.563 nel Mezzogiorno e 9.109 nel centro-nord. La percentuale di realizzazione complessiva delle opere ricomprese si attesta in questo momento intorno al 44 per cento, ma, come abbiamo già visto per i fondi comunitari, risulta abbastanza articolata la differenza tra le regioni e mediamente la percentuale di realizzazione è più alta nel centro-nord. A livello economico, il valore delle attività realizzate finanziate dal FAS è stimabile in 8,4 miliardi di euro, corrispondenti a circa il 40 per cento delle risorse FAS. Tenuto conto di tale valore, il Dipartimento ha già assicurato al sistema regionale trasferimenti per circa 9,2 miliardi di euro.
È importante anche dare uno sguardo alle opere che si sono realizzate e ai miglioramenti ottenuti dal sistema complessivo. In termini di infrastrutture, ci piace citare i nuovi terminal degli aeroporti di Bari, Catania e Cagliari e l'efficientamento di tutti gli aeroporti del sud, in particolare per l'ammodernamento dei sistemi di controllo e di volo; il sistema ferroviario metropolitano di Napoli; il completamento della linea ferroviaria alta velocità Roma-Napoli; l'ammodernamento di 350 chilometri di ferrovia; le imprese connesse a internet a banda larga, che sono cresciute dal 25 al 70 per cento, laddove anche le famiglie connesse a internet sono cresciute dall'11 al 32 per cento.
Importanti progressi sono stati ottenuti nelle scuole, giacché sono stati realizzati e rinnovati i laboratori di tutte le 1.791 scuole superiori del sud e installati nuovi laboratori nell'83 per cento delle scuole elementari e medie. La ricerca industriale


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finanziata al sud ha consentito alle piccole e medie imprese di sviluppare 496 nuovi prodotti, 280 nuovi processi e 141 nuovi servizi. La produzione di energia da fonti rinnovabili al lordo dell'idroelettrico è passata dal 3,3 per cento del 2000 al 7,1 per cento del 2007. Oltre a questi risultati, sono stati ottenuti miglioramenti nelle capacità amministrative delle pubbliche amministrazioni. Sono stati conseguiti buoni risultati di metodo attinenti in particolar modo alla programmazione, alla valutazione e al monitoraggio degli interventi. Il sistema di programmazione delle risorse comunitarie ha contribuito a diffondere una cultura della trasparenza delle informazioni, che ha contaminato di conseguenza la programmazione delle risorse nazionali FAS e che dovrebbe essere utilmente trasferita a tutte le politiche nazionali che spendono risorse pubbliche.
Non intendiamo nascondere l'esistenza di forti criticità. La concentrazione degli interventi non è stata adeguata; l'impegno nazionale per lo sviluppo del sud, pur riconosciuto negli obiettivi e nei documenti economici, non è stato avvalorato da prassi istituzionali e amministrative volte a integrare nella politica economica complessiva le esigenze delle aree in ritardo di sviluppo e a vincolarle a obiettivi qualitativi. Alcune politiche nazionali con rilevanti effetti regionali, quali l'istruzione, la giustizia, la concorrenza, la sicurezza e il miglioramento della pubblica amministrazione, dovrebbero sostenere gli obiettivi della politica regionale ed essere rafforzate proprio in questi territori.
L'altro tema riguarda i ritardi nell'attuazione delle opere pubbliche, comuni a tutte le politiche di investimento, che generalmente interessano l'area centromeridionale, sebbene siano più evidenti in alcune regioni del sud. Ciò rappresenta un fattore particolarmente critico nel caso di programmi come quelli cofinanziati, che hanno una tempistica di attuazione particolarmente rigida.
Il bilancio del precedente periodo di programmazione ci ha permesso di fare tesoro di quanto emerso per quella attualmente in corso, partita nel 2007, quindi per il periodo della politica regionale del 2007-2013, rafforzando in noi alcuni convincimenti. Riteniamo che la nuova politica regionale debba maggiormente contrastare la debolezza strutturale dell'economia italiana rispetto ai principali Paesi industrializzati, europei e non, determinata sia dall'inadeguatezza di alcuni importanti fattori produttivi - innovazione tecnologica, competenze umane, concorrenzialità dei servizi e dotazioni infrastrutturali -, sia dalla persistenza di forti vincoli di bilancio a causa della dimensione del debito pubblico.
L'altro obiettivo è quello di ristabilire condizioni di sviluppo per le regioni meridionali, in particolare per quelle dell'obiettivo Convergenza, che nell'attuale fase economica continuano a risentire della maggiore fragilità del loro tessuto produttivo e della debolezza della domanda per consumi, rilanciando al contempo le prospettive delle aree più avanzate del Paese, e di utilizzare anche in chiave anticiclica le opportunità offerte dai programmi.
Le indicazioni di politica economica del Governo contenute negli ultimi Documenti di programmazione economico-finanziaria e le valutazioni condotte dal Dipartimento sull'esperienza del passato ciclo di programmazione hanno condotto a focalizzare gli interventi su tre ambiti: la concentrazione delle risorse, i servizi e i tempi di attuazione.
Nella programmazione comunitaria, il Quadro strategico nazionale nelle principali regioni del Mezzogiorno sta attuando alcuni interventi su grandi settori. Le infrastrutture di trasporto rappresentano circa il 16,7 per cento della programmazione complessiva. Ai servizi fondamentali (infrastrutture ambientali, istruzione, energie rinnovabili, risparmio ed efficienza energetica, infrastrutture sociali e sanità) va oltre il 32 per cento del totale. Oltre il 28 per cento delle risorse è attribuito a ricerca e innovazione e alla società dell'informazione per progetti di ricerca industriale, sostegno ai laboratori pubblico-privati, ai distretti tecnologici e per lo sviluppo di nuove tecnologie e prodotti


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innovativi. Si tratta della più alta percentuale in Europa per quanto riguarda questo settore.
In linea con il principio di concentrazione delle risorse, perseguito a livello comunitario e rafforzato dagli indirizzi del Governo contenuti nel Documento di programmazione economico-finanziaria 2009-2013, i programmi operativi del Quadro strategico nazionale hanno previsto la realizzazione di 62 grandi progetti di investimento, 55 dei quali in aree Convergenza e, quindi, nelle quattro regioni del sud.
Nove programmi operativi prevedono grandi progetti. Tra questi si annoverano i programmi interregionali sull'energia, il POIN Energia, il programma nazionale «reti e mobilità» e i programmi regionali di Calabria, Campania, Lazio, Puglia, Sardegna, Sicilia e Toscana. In molti casi, si tratta di progetti che superano ampiamente la soglia minima fissata dai regolamenti ed è frequente il caso di progetti sostenuti da fonti di finanziamento ulteriori rispetto a quelle della programmazione unitaria.
Per quanto riguarda i risultati conseguiti alla scadenza del 2009 da questo primo ciclo di programmazione, l'attuazione è in fase avanzata. Al 30 settembre 2009, si registrava un livello di attivazione complessiva pari al 38 per cento delle risorse programmate. Questo dato è una media fra i programmi del Fondo europeo di sviluppo regionale e i programmi che incidono sul Fondo sociale europeo, per cui le percentuali, rispettivamente, sono del 41,4 per cento per i programmi FESR e del 27 per cento per i programmi riferiti al Fondo sociale europeo. Come nella precedente programmazione, si notano differenze sensibili fra le diverse priorità, con punte pari al 71 per cento per la priorità n. 6 (reti e collegamenti per la mobilità) e al 50 per cento per quella della competitività e attrattività dei sistemi urbani e a poco meno del 40 per cento per la priorità n. 2 (promozione, valorizzazione e diffusione della ricerca e dell'innovazione).
Il quadro dell'attivazione dei programmi è piuttosto variegato. A fronte di un più elevato livello di attuazione dei programmi FESR rispetto a quelli del Fondo sociale europeo, dei complessivi 52 programmi, 21 presentano livelli di attivazione superiori alla media e altri 5 fanno registrare livelli di poco inferiori ad essa.
La spesa a valere sui programmi operativi si presentava al 30 settembre 2009 ancora modesta, ma talvolta negli ultimi periodi riusciamo a recuperare e a raggiungere picchi sorprendenti. L'intensificarsi delle procedure di avvio dei programmi ha infatti determinato una forte accentuazione della concentrazione delle attività di certificazione delle spese nella fase terminale dell'anno. Il forte recupero registrato ha consentito l'integrale certificazione dell'importo in scadenza, pari complessivamente a 3,4 miliardi di euro (2,2 per l'obiettivo Convergenza e 1,2 per l'obiettivo Competitività), superando anche in alcuni casi la soglia per evitare il disimpegno automatico delle risorse. L'unica eccezione è stato il Programma operativo regionale a valere sul Fondo sociale europeo (POR FSE) della Sicilia, per il quale all'ultimo sono venute meno le condizioni per la piena rendicontabilità, anche perché negli ultimi giorni c'è stata una diversa interpretazione con la Commissione europea, sulla quale credo sia ancora in corso una controversia. Ad oggi, comunque, questa mancata rendicontazione delle risorse ha comportato un disimpegno pari a poco meno di 55 milioni di euro di risorse comunitarie.
In prospettiva, ipotizzando anche un naturale periodo di stasi purtroppo legato alle elezioni regionali, dobbiamo rafforzare le capacità tecniche e di attuazione delle amministrazioni responsabili, migliorare l'interazione e cooperazione fra i soggetti locali e fra questi e i soggetti nazionali dotati di competenze e conoscenze non disponibili sui singoli territori, ricercare soluzioni idonee a realizzare un'effettiva integrazione e complementarietà fra interventi delle politiche ordinarie e la politica regionale, rafforzare ancora di più l'orientamento ai risultati della


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programmazione, cogliere le opportunità di miglioramento del contesto macroeconomico.
Passerei all'esame della programmazione delle risorse FAS per lo stesso periodo, che per la scelta italiana erano state unificate nel Quadro strategico nazionale alle risorse comunitarie. Allo scopo, la legge finanziaria 2007 aveva previsto 63.273 milioni di euro. Nel biennio 2008-2009, la programmazione è stata interessata da misure urgenti e improntate a principi di concentrazione delle risorse disponibili del FAS su taluni obiettivi ritenuti prioritari per il rilancio dell'economia italiana, quali le infrastrutture strategiche e l'emergenza occupazionale.
In concomitanza con la nuova strategia di concentrazione delle risorse nazionali aggiuntive verso grandi progetti di investimento nelle infrastrutture materiali e immateriali, nelle telecomunicazioni, nell'ambiente e nell'energia, sono stati operati tuttavia numerosi tagli a carico del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS). Il taglio complessivo è stato di 13,257 miliardi di euro; solo una parte di tali somme sono a valere sulle assegnazioni del Fondo aree sottoutilizzate per il periodo 2007-2013, la cui dotazione è passata, quindi, dagli oltre 63 miliardi di euro iniziali a 52 miliardi e 486 milioni di euro. La ripartizione di questi 52 miliardi è nota: 25.459 milioni di euro sono stati indirizzati alle amministrazione centrali e 27 miliardi di euro a favore dei programmi strategici di interesse regionale, dei programmi interregionali e del progetto «obiettivi di servizio».
Per quanto riguarda le amministrazioni centrali, i 25 miliardi sono stati allocati in tre fondi, detti anche i tre «cassetti»: il Fondo infrastrutture, il Fondo sociale per occupazione e formazione, il Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale. Il Fondo strategico per il Paese ha risentito molto del terremoto dell'Aquila, in quanto si è avuta una forte assegnazione di circa 4 miliardi di euro al terribile evento abruzzese.
Il Fondo sociale per occupazione e formazione, cioè il fondo per gli ammortizzatori sociali, ha consentito di contrastare il forte decremento dell'occupazione, scelta molto logica e previdente.
Dei fondi FAS indirizzati alle regioni, 22.344 milioni di euro sono l'ammontare complessivo delle risorse assegnate alle regioni e alle province autonome, 1.671 milioni di euro sono stati assegnati ai programmi interregionali (energia rinnovabile e attrattori culturali) e 3 miliardi di euro sono assegnati agli obiettivi di servizio.
Dei 21 programmi attuativi regionali (PAR), 18 sono stati trasmessi al CIPE, 10 dei quali sono già stati esaminati dal CIPE con delle prescrizioni. Devono ancora essere trasmessi al CIPE il PAR della provincia autonoma di Trento, per il quale l'istruttoria è completata, quello del Friuli Venezia Giulia, la cui istruttoria è ancora in corso, e quello dell'Abruzzo, la cui istruttoria è ancora in corso, cui è stata concessa una deroga nella presentazione per i ben noti motivi. Anche l'attività del nostro Ministero nell'esaminare questi programmi attuativi ha avuto sempre ben presente l'ottica della concentrazione delle risorse specialmente su interventi infrastrutturali strategici ovvero di sostegno alle attività produttive e all'occupazione.
Generalmente, l'84 per cento delle risorse FAS è destinato a interventi relativi a reti e mobilità, riqualificazione urbana, che comprende anche la voce trasporto locale, valorizzazione delle risorse naturali e culturali, ambiente e difesa del suolo, reti idriche e fognarie, energia e investimenti per ridurre il digital divide, strutture scolastiche e sanitarie.
Al sostegno delle attività produttive e alla tutela dell'occupazione e della qualificazione del capitale umano è rivolto circa il 15 per cento delle risorse FAS. Abbiamo sensibilmente ridotto le attività di assistenza tecnica, perché le percentuali prima previste ci sembravano sopra alcuni limiti, e in questo caso il dato nazionale è coerente con quello del Mezzogiorno.
Siamo molto legati al progetto «obiettivi di servizio», che è teso al miglioramento dei servizi essenziali. Il Dipartimento ha creduto e investito molto su


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questo progetto, perché riteniamo che offrire servizi di qualità ai cittadini sia un dovere prioritario delle amministrazioni pubbliche. Tali obiettivi di servizio sono stati individuati in accordo con le regioni e per questi sono stati scelti target vincolanti, per cui gli avanzamenti dei miglioramenti ottenuti avvengono attraverso la verifica di undici indicatori.
Proprio in questi giorni sono in corso le verifiche per l'assegnazione delle risorse premiali che erano destinate a questi progetti, avremo degli incontri, ma abbiamo riscontrato un primo bilancio positivo dell'esperienza: un nuovo atteggiamento delle regioni, che da subito si sono impegnate nel raggiungimento degli obiettivi di lungo termine; l'adozione di strumenti tecnici operativi che partono dagli obiettivi da raggiungere e, quindi, pianificano azioni per creare le condizioni organizzative, normative, amministrative e di investimento delle risorse disponibili per il conseguimento degli obiettivi; il rafforzamento della cooperazione interne ed esterne alle regioni - con le altre regioni e con le amministrazioni centrali di riferimento - su diversi temi. Restiamo disponibili per rispondere a eventuali domande che la Commissione vorrà rivolgerci.

PRESIDENTE. Grazie, anche per il contributo scritto, che verrà messo a disposizione dei colleghi come documentazione. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Grazie presidente, ringrazio l'ingegner Mancurti per la puntuale relazione e per l'impostazione molto corretta. Mi limiterò a poche domande tecniche senza esprimere valutazioni politiche, dato il livello di questo confronto, perché non sarebbe giusto per il ruolo dell'ingegner Mancurti e degli altri dirigenti del Dipartimento.
Siamo partiti con un Quadro strategico nazionale di 120 miliardi di euro. Secondo la legge, l'85 per cento doveva essere destinato al centro-sud e il restante 15 per cento alle aree deboli del centro-nord, con un rapporto, in termini di risorse, di 105 a 15.
Vorrei sapere a che punto siamo oggi, quale sia il Quadro strategico nazionale se si possa indicare una cifra complessiva dopo questo «spacchettamento» e quindi ricalcolare il rapporto tra 85 e 15 per cento, che altrimenti si è assolutamente perso. Mi fermo alla parte tecnica senza esprimere valutazioni politiche sulle decisioni, perché non è questa la sede. Se la parte italiana, al fine dell'utilizzo dei fondi strutturali europei, deve essere equivalente al 50 per cento, vorrei sapere cosa comporti il taglio della parte italiana sulla parte europea.
Quanto riportato dall'ingegner Mancurti indica con certezza 27 miliardi di euro alle regioni, mentre il resto non lo sappiamo. I 27 miliardi alle regioni sono bloccati, anche se in questo voi non c'entrate. Forse, dopo le elezioni regionali saranno a disposizione, ma per ora è tutto bloccato, salvo che in Sicilia, che ha però una norma particolare per cui il Ministero dell'economia e delle finanze deve approvare, altrimenti non può decidere nulla. Sostanzialmente, quindi, sono tutti bloccati.
Dei 25 miliardi di euro restanti della somma che emerge dal vostro calcolo, salvo i 4 miliardi assegnati all'Abruzzo, i 4 miliardi del Fondo sociale, i 7 miliardi delle infrastrutture, il resto al Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, cosa rimane? Il risultato di questa sottrazione. Era certo doveroso occuparsi degli ammortizzatori sociali, ma mi chiedo cosa c'entrasse il FAS, ovvero perché le aree deboli del Paese dovessero pagare la crisi del Paese.
Vorremmo sapere, dunque, se il restante sia quota nazionale e se su questa base sia in corso una programmazione, perché altrimenti non si spiegherebbe per quale motivo dobbiamo finanziare l'alta velocità sulla tratta Roma-Napoli con i soldi del FAS precedente e finanziare tutto il resto dell'alta velocità con spesa ordinaria.
Non verrà mai recuperato il divario tra nord e sud, per cui la gente legge tutte


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queste cifre, ma la verità è che probabilmente spendiamo male ovunque perché spendiamo 40 milioni di euro a chilometro per l'alta velocità a fronte dei 13 spagnoli e dei 9 francesi, ma nel sud quel poco che facciamo lo facciamo utilizzando il FAS mentre nel resto del Paese lo facciamo con la spesa ordinaria. Dovrebbe essere fatta chiarezza su questo, perché altrimenti nel Paese si crea un impressionante disorientamento.

GIULIO CALVISI. Vorrei chiedere alcuni chiarimenti sui numeri, cercando di attenermi alle quantificazioni tecniche. Per quanto riguarda il FAS, abbiamo presentato più di un atto parlamentare e in particolare in una mozione abbiamo scritto una cosa che potrebbe essere sbagliata. Vi chiedo, quindi, conferma dell'eventuale errore da noi compiuto nelle valutazioni riguardo ai fondi FAS.
Stabilito che essi, nella famosa delibera CIPE del marzo 2007, erano oltre 63 miliardi di euro, dei quali circa 37 erano FAS ministeriali e 27 erano FAS per le regioni, che non potevano essere toccati, il Governo ha utilizzato subito nel secondo semestre 2008 e nel corso del 2009 parte delle risorse dei FAS ministeriali e, in seguito a un'indagine, ci risultano utilizzati in preallocazione oltre 18 miliardi di euro. A questi vanno aggiunti i fondi per l'Abruzzo e la parte sugli ammortizzatori sociali in virtù di un accordo con le regioni. Per noi quindi i fondi utilizzati sono non 7 miliardi, ma 24 dei 37 miliardi di euro a disposizione dei FAS ministeriali.
Questi 24 miliardi di euro dovrebbero essere reintegrati nel 2011, ma non so come potrà avvenire questa operazione di reintegro, visto che si parlava di preallocazione. Vorrei sapere quindi se le cifre corrispondano. Prima degli ammortizzatori sociali e dell'Abruzzo, i fondi FAS sono stati utilizzati per ICI, Alitalia, quote latte, «buco» di Roma e di Catania, banda larga, interventi non coerenti con la programmazione precedente. Vorrei quindi sapere se il quadro da noi ricostruito sia corretto o sia completamente sbagliato.
Lei sostiene che ci sono stati ritardi, ma di aver fatto tesoro degli errori commessi nella programmazione 2000-2006 per correggere i difetti. Il primo grande problema da lei evidenziato era quello del ritardo nell'implementazione delle attività svolte, delle opere realizzate, aspetto su cui concordo perché conosco i difetti dell'amministrazione regionale, ma nel 2010 stiamo parlando di una programmazione 2007-2013. La delibera del CIPE che assegna i circa 63 miliardi risale al marzo 2007. Lei sostiene che ci sarà un ulteriore ritardo a causa delle elezioni regionali, che non è imputabile a problemi del Ministero, ma nel mettere a disposizione queste risorse, innanzitutto per i programmi attuativi regionali, secondo me siamo in grave ritardo. Vorrei sapere se l'assegnazione delle risorse alle regioni in precedenza sia avvenuta nel 2004 o nel 2003, perché ad oggi i PAR non sono stati finanziati.
Nella polemica politica sosteniamo che per questo Governo i termini «concentrazione» e «risorse», che potrebbero riguardare temi di intervento con una concreta ricaduta sul territorio, facciano rima con «requisizione» delle risorse, perché i finanziamenti non vengono sbloccati. Le chiedo dunque se possa tranquillizzarci, perché la Puglia, la Campania, la Sardegna, la Calabria e la Basilicata attendono che le risorse vengano sbloccate. La Campania deve avere 4,2 miliardi di euro, la Sardegna 2,2 miliardi di euro.
La terza domanda che le rivolgo specifica quella dell'onorevole D'Antoni. Poiché la programmazione stabiliva 120 miliardi di euro, vorremmo conoscere le conseguenze del taglio delle risorse FAS effettuato dall'Italia sulla quota di risorse che ci doveva dare l'Unione europea. Vorrei sapere entro quanto il Governo italiano debba sbloccare i FAS per i PAR, pena la perdita del finanziamento da parte dell'Unione europea. Ho, infatti, appreso che, se entro pochi mesi non interverrà una decisione del Governo per liberare i FAS per i PAR, rischiamo di perdere quei finanziamenti. Ho ricevuto questa notizia


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da fonti tecniche, non politiche, ma spero che lei sia in grado di smentire questo pericolo con nostro sollievo. Grazie.

RENATO CAMBURSANO. Sono solito fare discorsi semplici e porre domande che mi aiutino a capire.
Stiamo parlando del paese Italia, nel quale sono disponibili risorse che provengono dall'Unione europea e risorse nazionali, che poi vengono suddivise in tante voci, tra le quali c'è il Fondo per le aree sottoutilizzate. Nello specifico, a seguito di provvedimento legislativo è stato stabilito che l'85 per cento di quel fondo venga destinato al sud del Paese e il 15 per cento al centro-nord. Oggi, ho sentito affermare che, nonostante tutte queste risorse europee e nazionali, il divario tra il sud e nord sarebbe cresciuto in termini sia di prodotto che di occupazione, e che questo sarebbe frutto dell'incapacità di avviare nuovi progetti, come testimonia la disponibilità di risorse ancora non utilizzate, a livello sia centrale che regionale periferico. La domanda banale e semplice cui spero di ottenere risposta dalla parte tecnica, perché dalla parte politica ci rincorriamo su polemiche e non su dati certi o idee innovative, riguarda cosa fare.
Qualche tempo fa, il Ministro dell'economia e delle finanze ci riferì come recandosi all'Unione europea a Bruxelles avesse constatato la presenza di alcuni armadi contenenti i progetti presentati dai vari Paesi dell'Unione europea, ovvero un armadio per ogni singolo Paese e alcuni armadi per l'Italia. Si rileva infatti una polverizzazione di progetti, di iniziative e di cose da fare distribuite sul territorio, ma non c'è un'idea trainante, con pochi progetti sui quali concentrare le risorse, progetti innovativi che creino occupazione e sviluppo.
Vorrei quindi sapere cosa suggerisca la parte tecnica alla parte politica per meglio utilizzare queste risorse, al di là dell'etichetta di risorse nostre o altrui, senza dimenticarci che, se non spendiamo le risorse altrui in un certo arco temporale, abbiamo l'obbligo di restituirle, con grande piacere degli altri Paesi che se le ridistribuiranno.

PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

ALDO MANCURTI, Capo del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica del Ministero dello sviluppo economico. Farò soltanto alcune precisazioni di contesto, per poi lasciare la parola ai colleghi. Probabilmente nell'esposizione non sono stato molto chiaro. Con particolare riferimento alla domanda con cui l'onorevole D'Antoni, con il quale abbiamo collaborato per un periodo e che quindi ci conosce, chiedeva quanto sia rimasto dei 122 miliardi di euro.
I 60 miliardi dei fondi comunitari non sono stati toccati, mentre dei 63 miliardi sono rimasti 52,5. Anche con riferimento ai 25 miliardi dedicati alle amministrazioni centrali, nel documento c'è il dettaglio di come sono stati preallocati, quindi la risposta è nei documenti.
Una delle preoccupazioni evidenziate dall'onorevole Calvisi riguardava l'eventuale scadenza per l'approvazione dei FAS, decorsa la quale ci potrebbe essere pericolo per le risorse comunitarie, ma questo problema non esiste perché stiamo parlando di due insiemi differenti, che come Paese abbiamo combinato per una programmazione unitaria, per far sì che si raggiungesse la migliore efficacia ed efficienza della spesa. Per precisare le allocazioni dei fondi nazionali centrali richieste dall'onorevole Calvisi, lascio la parola al direttore generale Donato, che si occupa del FAS.
Effettivamente, onorevole Cambursano, il divario è aumentato. Una delle cause è che i tempi di attuazione delle opere pubbliche sono lunghissimi. Abbiamo qualche idea di cosa fare e la stiamo sviluppando, perché i tempi di attuazione devono essere ridotti.
Mi sono occupato della realizzazione delle opere pubbliche italiane, perché provengo dai lavori pubblici in quanto ingegnere prestato allo sviluppo economico.


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Nella mia vita professionale, ho chiuso da provveditore alle opere pubbliche in Sicilia nell'ambito del Ministero dei lavori pubblici.
Ci sono i tempi di attraversamento, cioè i tempi per passare da una fase all'altra, ovvero dalla progettazione preliminare a quella definitiva, a quella esecutiva, per andare alla gara. Solo incidendo su quelli, potremmo arrivare ad una riduzione superiore al 20 per cento dei tempi di realizzazione dell'opera pubblica.
Dobbiamo lavorare al miglioramento dell'efficienza della pubblica amministrazione. Occorre fare anche qualche altra cosa, perché una riduzione dei tempi del 20 per cento non è sufficiente a porci nelle condizioni degli altri Paesi europei. Noi ci stiamo lavorando, ma non è competenza diretta del nostro Ministero, per cui è un'azione più ampia.

SABINA DE LUCA, Direttore generale per la politica regionale unitaria comunitaria del Ministero dello sviluppo economico. Torno rapidamente sulla questione delle risorse. Per il periodo di programmazione 2007-2013 abbiamo circa 28 miliardi di euro di risorse comunitarie pure, cioè provenienti dal bilancio comunitario, che peraltro noi finanziamo, alle quali si accompagna il cofinanziamento nazionale. Arriviamo quindi ai 59 miliardi di euro della programmazione comunitaria. Questa è passata indenne all'interno della manovra finanziaria che ha invece interessato il FAS.
Quelle risorse dunque non sono state toccate e la programmazione era pensata in modo unitario con gli stessi obiettivi e le stesse regole proprio per massimizzarne l'impatto e la capacità di azione. Questa manovra di riduzione o di rallentamento e rinvio comporta delle conseguenze sull'impianto unitario, quindi sulla possibilità di mandare avanti insieme questi programmi di intervento.
La conseguenza più rilevante ai fini comunitari è non tanto la riduzione delle risorse proprie dei programmi, quanto l'addizionalità. Una norma dei regolamenti comunitari stabilisce che le risorse assegnate a questa politica di coesione finanziata dai fondi strutturali e dal loro cofinanziamento nazionale devono essere aggiuntive rispetto allo sforzo che gli Stati membri fanno in quelle stesse aree ed esiste un complesso metodo di verifica del rispetto di questo principio di aggiuntività, per cui all'inizio del periodo, quindi nel 2007, ogni Stato membro si impegna a rispettare un certo livello di addizionalità, ovvero ad assicurare un livello di spesa pubblica nazionale al netto dei programmi comunitari su quei territori, che consenta di mantenere un impegno aggiuntivo.
Oggi, l'applicazione di questo principio è stata severamente toccata dal combinato disposto della manovra complessiva, che tuttavia, essendo stata determinata in gran parte, se non esclusivamente, da vincoli di natura finanziaria fortemente ingigantiti dalla crisi economica e finanziaria, ha fatto sì che la situazione italiana non sia l'unica in Europa, ma anzi sia comune a molti altri Stati membri.
Nel rapporto strategico che a norma del Regolamento comunitario abbiamo inviato alla Commissione europea e che è pubblicato nel nostro sito, in cui ogni Stato membro è chiamato a dare conto dell'attuazione di questa prima fase del ciclo 2007-2013, abbiamo anche evidenziato quanto sta succedendo sull'addizionalità, anche se dovremo effettuare nel 2011 la verifica formale del rispetto del principio.
In questo momento, sulla base dei dati in nostro possesso questa politica non è più addizionale, perché la riduzione dell'addizionalità è tale che di fatto non sono risorse addizionali. Considerando come oggi sia più grave e più concentrata nel tempo, ma sia una questione antica, perché anche nel 2000-2006 abbiamo dovuto negoziare una riduzione al ribasso del livello di addizionalità, la capacità di azione di queste risorse si riduce rispetto alle aspettative che abbiamo generato nel disegnare la programmazione.

ALDO MANCURTI, Capo Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica del Ministero dello sviluppo economico. Per


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completare l'informazione su questo punto, mi preme sottolineare come il Ministro dello sviluppo economico Claudio Scajola abbia già ufficialmente richiesto il reintegro del FAS sottratto al Quadro strategico nazionale, perché queste somme incidono sul principio di addizionalità.

GIULIO CALVISI. Per completare l'informazione, purtroppo decide il Ministro dell'economia e delle finanze Giulio Tremonti, che non sembra intenzionato a reintegrarle.

SABINA DE LUCA, Direttore generale per la politica regionale unitaria comunitaria del Ministero dello sviluppo economico. Desidero solo provare a rispondere alla rilevante questione della polverizzazione, sulla quale stiamo investendo molte delle nostre energie.
Stiamo effettuando uno sforzo sulla concentrazione anche perché fortemente condizionati dalle regole comunitarie. Alcuni vincoli di concentrazione ci vengono infatti da un quadro di riferimento omogeneo per tutti i Paesi, perché c'è una fortissima concentrazione tematica sulle priorità dell'agenda di Lisbona. Sotto questo aspetto, l'Italia è il primo Paese per le risorse attribuite al filone dell'energia e tra i primi Paesi per le risorse attribuite a ricerca e innovazione, per cui almeno nel disegno programmatico lo sforzo è stato compiuto. Poiché esiste un vincolo formale derivante da un regolamento, questo deve essere mantenuto nell'attuazione.
La dimensione dei progetti evidenzia in molti casi un rischio di frantumazione anche sotto il miglior titolo possibile, ma questo spesso è dovuto al tema dei tempi di attuazione e alla capacità amministrativa generale del nostro Paese - purtroppo il discorso sintetico non mi consente di fare le dovute differenziazioni, che pure esistono -, che fa sì che non sempre si riescano a raggiungere entrambi gli obiettivi, ma lo sforzo c'è ed è rilevante.
Sappiamo esattamente quanti progetti abbiamo finanziato nel Mezzogiorno, che sono una quantità smisurata, ovvero oltre 270.000, 170.000 dei quali sono però aiuti alle imprese e alle persone. Il problema è quindi anche decidere dove mettere la barra del timone. Nel corso della programmazione 2000-2006, avevamo cercato di «plafonare» gli aiuti alle imprese e avevamo fissato un tetto soprattutto per i cosiddetti «aiuti generalisti», non orientati a ricerca e innovazione, sostenibilità ambientale o occupazione.
Si tratta di uno sforzo spesso difficile da sostenere nella pratica. Abbiamo ripreso e rinforzato questo orientamento nella programmazione 2007-2013, ma la crisi ha richiesto di lavorare molto sul sostegno al sistema manifatturiero in una fase come questa.

VINCENZO DONATO, Direttore generale per la politica regionale unitaria nazionale del Ministero dello sviluppo economico. Cercherò di dare una risposta alle domande sulla riduzione del Fondo per le aree sottoutilizzate.
Non credo che i numeri siano molto diversi: il problema è la loro lettura. Abbiamo ritenuto di considerare nei 13 miliardi di euro sottratti al Fondo per le aree sottoutilizzate le sottrazioni effettuate al Fondo medesimo. Voi includete, credo, nell'elenco anche tutte le destinazioni del Fondo infrastrutture, del Fondo strategico per il Paese, ovvero del Fondo sociale per occupazione e formazione. Quelle sono però allocazioni.
Il Parlamento ha deciso di destinare delle risorse al sistema ferroviario, al sistema della navigazione marittima, alle fiere, alla revisione dei prezzi a valere sul Fondo infrastrutture. Accanto a un sistema per programmazione, che era la scelta del Quadro strategico nazionale originario, il Parlamento ha legittimamente compiuto la scelta di un'indicazione precisa, ritenendo quelle le destinazioni più congrue e più adeguate.
Da questo punto di vista, un effetto di concentrazione c'è stato, perché oggi una quantità rilevante del Fondo per le aree sottoutilizzate ha destinazioni uniche, singole, probabilmente articolate in una pluralità di possibili spese, ma sicuramente concentrate. Il solo fatto che 4 miliardi di


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euro siano destinati alla ricostruzione dell'Abruzzo e oltre 2,5 miliardi di euro agli ammortizzatori sociali testimonia la non proliferazione delle destinazioni.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Il 90 per cento è del centro-nord.

VINCENZO DONATO, Direttore generale per la politica regionale unitaria nazionale del Ministero dello sviluppo economico. L'accordo Governo-Regioni recita espressamente che per quanto riguarda questi 2,5 miliardi la destinazione tra le macroaree non può essere modificata. Allo stato, quindi, non si ha un'alterazione del riparto, e, avendo destinato le risorse al sistema ferroviario, non può essere stato alterato. Lei mi ha posto una domanda tecnica e tecnicamente le sto rispondendo.
Il rapporto di 85 a 15 riguardava esclusivamente il Fondo per le aree sottoutilizzate. Abbiamo preteso dai sistemi regionali che la concentrazione delle risorse fosse destinata per oltre il 60 per cento ad azioni cardine, come non avveniva in passato. Abbiamo dovuto affermare che un'azione cardine può essere rappresentata da un rilevante investimento stradale o essere articolata in una pluralità di interventi minori, tutti riconducibili a un unico progetto.
Abbiamo quindi sostenuto questa azione di concentrazione. Del resto, il FAS, da questo punto di vista, aveva già valori minori. Nella relazione si indica come a fronte di 87 miliardi di euro, che sono stati regolati all'interno degli accordi di programma quadro, ci sono 21.000 interventi. Il raffronto è con 60 miliardi di euro e 270.000 interventi. La concentrazione nel FAS c'era già anche perché si trattava di grandi interventi infrastrutturali, grandi se rapportati alla realtà del nostro Paese, che ha 8.100 comuni e circa 100 province. Esistono grandi progetti strategici nazionali, grandi progetti strategici regionali, ma poi esiste anche una grande necessità di strategia e di interventi che riguardino il totale della popolazione. Non dimentichiamo che le aree sottoutilizzate soprattutto nel centro-nord nella passata programmazione erano prevalentemente allocate nelle zone montane, quindi nelle zone con maggiore dispersione delle persone.
La programmazione 2000-2006 aveva una dotazione annuale e quindi produceva un elevato numero di interventi, perché spesso si interveniva con lotti funzionali successivi, per cui sembrano 21.000, ma in realtà sono molti di meno. In Piemonte abbiamo finanziato l'intervento di ristrutturazione della reggia di Venaria, che nei nostri accordi di programma quadro ha comportato l'indicazione di oltre 100 interventi, mentre di fatto è un unico grande progetto, che nel tempo ha raccolto più indicazioni. Questo è solo un esempio sintomatico.
Abbiamo già trasmesso al CIPE 18 programmi attuativi regionali. Non abbiamo trasmesso il programma attuativo regionale della regione Friuli Venezia Giulia perché ufficialmente la Regione ha dichiarato che la precedente trasmissione non poteva essere considerata il documento su cui intendevano proseguire l'istruttoria. Quella relativa all'Abruzzo è avanzata ed è stata trasmessa da qualche settimana, mentre per quanto riguarda la provincia autonoma di Trento l'abbiamo già trasmessa e siamo pronti per l'esame del CIPE.
Appena saranno stati effettuati tutti gli interventi di verifica assegnatici dal CIPE, procederemo con la messa a disposizione delle risorse, che saranno rilevanti soprattutto a partire dai prossimi anni. Nel costruire il ciclo di programmazione del 2007-2013, avevamo costruito di proposito gli anni 2007 e 2008 estremamente poco dotati finanziariamente, prevedendo una fase di programmazione, di scrittura delle regole, di progettazione. Cominciavamo a immaginare una spesa nel 2009 e abbiamo dovuto affrontare il tema degli ammortizzatori sociali e altri temi strategici, mentre dal 2010 la spesa dovrà cominciare ad avere i suoi effetti, e in fondo siamo all'inizio dell'anno 2010.
Per annullare il ritardo del Mezzogiorno, si può lavorare molto sulla spesa ordinaria, che oggi va poco al Mezzogiorno,


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per cui siamo costretti a mandare risorse aggiuntive. Stanziando più risorse ordinarie, avremmo meno bisogno di risorse aggiuntive e rispetteremmo ugualmente il principio di addizionalità. Al Mezzogiorno va solo il 25 per cento di tutta la spesa nazionale, mentre in base ai nostri obiettivi dovrebbe superare il 30 per cento.

PRESIDENTE. Ringrazio gli intervenuti per il loro contributo.
Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna di due note del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, di cui una redatta in previsione di questo incontro (vedi allegato 1) e l'altra sui tempi di realizzazione delle opere pubbliche (vedi allegato 2). Per la restante parte della documentazione depositata, consistente nel rapporto su «Le politiche per lo sviluppo del periodo 2000-2006» e nel «Rapporto strategico nazionale presentato dall'Italia alla Commissione europea il 31 dicembre 2009», rimando al sito istituzionale del Ministero dello sviluppo economico (www.sviluppoeconomico.gov.it).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,35.

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