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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione V
4.
Mercoledì 23 giugno 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Galletti Gian Luca, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'EFFICACIA DELLA SPESA E DELLE POLITICHE DI SOSTEGNO ALLE AREE SOTTOUTILIZZATE

Audizione della dottoressa Silvana Amadori, capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato:

Galletti Gian Luca, Presidente ... 3 7 9 12 13
Amadori Silvana, Capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato ... 3 6 7 8 9 10 12 13
Calvisi Giulio (PD) ... 10
Ciccanti Amedeo (UdC) ... 7 10
Simonetti Roberto (LNP) ... 7
Vannucci Massimo (PD) ... 6 7 12

ALLEGATO: Documentazione depositata dalla dottoressa Silvana Amadori ... 15
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia-Partito Liberale Italiano: Misto-Noi Sud LA-PLI.

[Avanti]
COMMISSIONE V
BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 23 giugno 2010


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIAN LUCA GALLETTI

La seduta comincia alle 14,10.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione della dottoressa Silvana Amadori, capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'efficacia della spesa e delle politiche di sostegno alle aree sottoutilizzate, l'audizione della dottoressa Silvana Amadori, capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato, alla quale do la parola per la relazione iniziale.

SILVANA AMADORI, Capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. Signor presidente, anticipo che ho preparato la mia relazione sull'indagine conoscitiva in corso con la predisposizione di schede presentate con il programma power point, che consegno agli atti della Commissione. Prima di dare avvio alla presentazione, vorrei richiamare l'attenzione dei presenti su un'importante legge approvata dal nostro Parlamento, la legge 16 aprile 1987, n. 183: una legge speciale, con la quale il legislatore ha inteso corrispondere in maniera sempre più esaustiva alle esigenze derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea. Con questa legge sono stati previsti nuovi assetti organizzativi e specifiche procedure per rendere il flusso finanziario intercorrente tra l'Italia e l'Unione europea sempre più efficace, dare trasparenza ai processi di spesa e consentire un efficace utilizzo delle risorse destinate ai nostri territori.
Accanto all'emanazione in Italia della predetta legge, a livello comunitario, alla fine degli anni Ottanta, a seguito dell'integrazione europea che via via andava definendosi, vi è stata una spinta della Commissione europea su nuovi obiettivi, più ambiziosi, quale, ad esempio, quello importante della politica di coesione economica e sociale tra gli Stati membri. Ciò ha richiesto, ovviamente, un aumento graduale degli stanziamenti del bilancio comunitario, con corrispondente incremento dei contributi che gli Stati membri sono chiamati a versare al bilancio comunitario stesso.
Inoltre, la normativa comunitaria richiedeva anche un rafforzamento di tutti i sistemi di monitoraggio e controllo a livello nazionale, al fine di garantire la massima trasparenza sul flusso finanziario intercorrente tra l'Europa e gli Stati membri.
La legge n. 183 del 1987 ha risposto appieno anche a tali nuove esigenze, prevedendo l'istituzione di una gestione fuori bilancio con amministrazione autonoma: il


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Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, gestito nell'ambito della Ragioneria generale dello Stato. Si tratta di una contabilità rendicontata annualmente alla Corte dei conti italiana, sulla base di quanto previsto dall'articolo 9 della legge 25 novembre 1971, n. 1041. Inoltre, tale gestione è controllata periodicamente anche dalla Corte dei conti europea, nel contesto dei controlli sul flusso finanziario proveniente da Bruxelles e il relativo utilizzo nei territori destinatari, nonché sulla parte dell'entrata del bilancio comunitario per quanto riguarda le cosiddette «risorse proprie tradizionali».
Sul fondo di rotazione vorrei dire ancora che la relativa gestione si avvale di due conti correnti di tesoreria: nell'uno affluiscono tutte le risorse provenienti da Bruxelles, nell'altro tutte le risorse provenienti dal bilancio dello Stato, da altre leggi di settore o da altre fonti, risorse destinate a coprire la quota nazionale degli interventi dell'Unione europea, a titolo di cofinanziamento dello Stato.
In merito alla percentuale di tale cofinanziamento, ci sono interventi in cui il fondo di rotazione cofinanzia al 50 per cento - e solitamente la percentuale è questa - ma ci possono essere anche regolamenti comunitari, come in agricoltura, in cui è richiesta una partecipazione del 25 per cento, ovvero del 75 per cento a seconda del territorio in cui si realizzano gli interventi. Dette percentuali non sono determinate su base discrezionale, ma scaturiscono dalla normativa comunitaria, dai regolamenti, oppure in sede di convenzione o di negoziato con la Commissione europea. Tutto, quindi, avviene nel massimo della trasparenza.
Vorrei richiamare la vostra attenzione sul fatto che nonostante siano trascorsi ventitré anni dalla sua approvazione, la predetta legge n. 183 del 1987 è tuttora sorprendentemente moderna e risponde appieno a tutte le richieste che ci pervengono da Bruxelles. Essa è punto di riferimento in sede di programmazione, attuazione, monitoraggio e controllo di tutti gli interventi di politica comunitaria in Italia. Premessi questi brevi cenni di introduzione, passo a trattare il tema oggetto dell'odierna audizione.
Naturalmente non parto da troppo lontano - ovviamente sono pronta a rispondere ad eventuali domande - ma dalla programmazione dell'Unione europea 2007-2013. Il quadro finanziario per detto periodo è stato approvato dal Consiglio europeo del dicembre 2005, poi ratificato nell'accordo interistituzionale del maggio 2006. Con quell'accordo è stato stabilito il tetto di spesa per l'Unione europea nel periodo considerato. Ovviamente, sulla base della spesa, viene via via stabilita, anno dopo anno, anche l'entrata del bilancio comunitario. In tale contesto, il plafond complessivo di spesa è stato fissato in 974 miliardi di euro per l'insieme dei Paesi appartenenti all'Unione europea. Ricordo che, a partire dal 2007, i Paesi aderenti all'Unione sono ventisette.
Potete vedere - a pagina 4 della documentazione depositata - come la spesa è ripartita tra le varie rubriche del bilancio comunitario: abbiamo risorse destinate alla crescita sostenibile, vale a dire a tutta la politica di coesione economica e sociale, pari a circa il 45 per cento; una grossa parte delle risorse è ancora destinata alla cosiddetta PAC, la politica agricola comune. Peraltro, in quest'ultimo stanziamento sono comprese anche le risorse da destinare al settore ambiente. Il 6 per cento della spesa totale è inoltre destinato alle operazioni dell'Unione europea come partner globale, le cosiddette azioni «esterne» al territorio comunitario; un ulteriore 6 per cento è rappresentato dalle spese amministrative e l'1 per cento dalle politiche interne dell'Unione, libertà, cittadinanza, sicurezza, giustizia, salvaguardia delle frontiere e quant'altro.
Illustro ora l'evoluzione delle spese. Si può vedere, a pagina 5 della documentazione consegnata, come si è modificata la politica di Bruxelles dal 1988 - quindi, prima della grande riforma dei fondi strutturali - ad oggi. Nel 1988 la politica agricola comunitaria assorbiva oltre il 60 per cento del bilancio comunitario, mentre nel 2013 la spesa per la politica agricola


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sarà intorno al 40 per cento. Un percorso inverso riguarda, invece, la politica di coesione, partita con la riforma dei fondi strutturali del 1988: inizialmente le spese per la coesione erano al di sotto del 20 per cento, nel 2013 arriveranno ad un livello superiore al 40 per cento.
Minore incidenza continuano ad avere le politiche interne cui sono destinati stanziamenti intorno all'1 per cento del totale. Le altre politiche, comprese quelle della globalizzazione, si mantengono più o meno sulla stessa percentuale di spesa nel passaggio dal 1988 al 2013.
Passando ad esaminare le entrate del bilancio comunitario, giova subito richiamare che queste, nella loro entità annuale, si adeguano al livello di spesa che, come detto, è stato fissato nel suo importo massimo, nell'ambito del Consiglio europeo di Bruxelles, a livello di Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri. Ricordo che la quasi totalità dell'entrata del bilancio comunitario è rappresentata dai contributi che gli Stati membri versano al bilancio dell'Unione europea. Una minima percentuale è, invece, rappresentata dalle ritenute sugli stipendi del personale, da interessi maturati su conti bancari o da affitti su immobili di proprietà dell'Unione europea, circa l'1-2 per cento dell'entrata comunitaria.
L'entrata del bilancio dell'Unione europea è rappresentata dalle cosiddette risorse proprie, costituite da risorse proprie tradizionali, risorse IVA e risorse rientranti nel Reddito nazionale lordo. Le risorse proprie tradizionali comprendono dazi doganali e prelievi agricoli.
La risorsa IVA viene ottenuta attraverso l'applicazione di un'aliquota predeterminata sulla base imponibile IVA di ciascuno Stato membro.
La risorsa sul reddito nazionale lordo - questa è la nuova denominazione voluta dall'Eurostat dal 2002 - è basata sul reddito nazionale lordo di ciascuno Stato membro. Anche in questo caso, viene applicata un'aliquota uniforme sul dato del Reddito nazionale lordo fornito dagli Stati membri. Le entrate comunitarie, così configurate, vanno totalmente a coprire la spesa comunitaria dell'anno considerato.
Si può vedere, a pagina 8 del documento depositato, come anche l'entrata si sia modificata nel corso dell'ultimo ventennio. Nel 1988 le risorse proprie tradizionali coprivano il 28 per cento del fabbisogno, mentre oggi questa risorsa va progressivamente assottigliandosi e nel 2013 dovrebbe attestarsi al 13 per cento. Ugualmente, va riducendosi la risorsa calcolata sulla base imponibile IVA, che nel 1988 copriva il 55 per cento del bilancio e nel 2013 andrà a coprire soltanto il 12 per cento.
La risorsa sul reddito nazionale lordo va, invece, progressivamente aumentando. Nel 1988, tale risorsa era del tutto residuale, pari all'11 per cento, oggi, invece, ha un ruolo preponderante nel finanziamento del bilancio: nel 2013 sarà pari al 74 per cento dell'entrata. Nella tabella a pagina 9 del documento consegnato, abbiamo esposto i Paesi contributori netti del bilancio comunitario. Tra questi figura anche l'Italia. Siamo in grado di ricostruire la posizione di contributore netto dell'Italia soltanto a partire dagli anni Novanta, allorché, con l'istituzione, nell'ambito della Ragioneria generale dello Stato, del Fondo di rotazione, si è attivato un costante monitoraggio sui flussi finanziari intercorrenti con l'Unione europea. Nella determinazione della posizione contributiva degli Stati membri al bilancio dell'Unione europea, si utilizzano più metodi: quello della Commissione europea ed il metodo nazionale dei singoli Stati.
La citata tabella mostra come, con il metodo della Commissione europea, i saldi sono attenuati e l'Italia risulta contributore netto per importi inferiori a quelli del metodo nazionale esposti nella tabella di pagina 11. Ciò dipende dal fatto che la Ragioneria generale dello Stato calcola il saldo netto confrontando gli accrediti che Bruxelles fa nei confronti dell'Italia ed i versamenti che l'Italia effettua in favore del bilancio comunitario. Noi consideriamo tutti questi documenti di entrata e


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di uscita dal 1o gennaio al 31 dicembre di ciascun anno, quindi registriamo il flusso di cassa effettivo.
La Commissione europea, invece, utilizza calcoli diversi, non considerando alcune voci di entrata e di spesa.
Dal 2001 siamo contributori netti. Il 2000 è un anno particolare nel metodo della Commissione. In quell'anno l'Italia risulta un beneficiario netto perché, rispetto agli altri Stati membri, ha scontato gli effetti finanziari delle proroghe sulla programmazione 1989-1993. Per superare le criticità di utilizzo delle risorse messe a disposizione dall'Unione europea c'è stato un lungo negoziato tra l'Italia e la Commissione europea: la responsabile della Direzione generale per la politica regionale è venuta a parlare al Parlamento italiano per sollecitare iniziative volte al raggiungimento dei necessari livelli di spesa per scongiurare la perdita di risorse comunitarie. Quindi, in tale occasione, è stata richiesta la massima attenzione non solo del Parlamento italiano, ma anche di tutte le regioni e dei loro presidenti, nonché dello stesso Presidente della Repubblica. Nonostante questa proroga, che doveva concludersi in termini di impegni nel 1995 e in termini di pagamento nel 1998, siamo andati oltre. Il 2000, dunque, è stato l'anno in cui abbiamo incassato le vecchie pendenze del periodo di programmazione 1989-1993, scontando un maggiore afflusso di risorse comunitarie.
La tabella si ferma al 2008 poiché i dati del 2009 non sono ancora consolidati a livello comunitario. La chiusura dell'esercizio del 2009 per la Corte dei conti europea avviene a fine anno 2010. Quindi, soltanto a fine novembre o ai primi di dicembre 2010 avremo i dati consolidati del 2009. Esaminiamo, ora, la posizione contributiva dell'Italia, secondo il metodo della Ragioneria generale dello Stato, in base al quale consideriamo, come detto, i flussi di cassa.
Come evidenziato nella tabella a pagina 11, i saldi netti negativi sono superiori rispetto al metodo della Commissione europea. Nel 2009 abbiamo una posizione di contribuente netto di 7,2 miliardi di euro. Col metodo della Ragioneria generale dello Stato siamo in grado di fornire anche i dati del 2009 in quanto a fine maggio abbiamo presentato il relativo allegato sui flussi finanziari dell'Unione europea. Dai dati in questione si evidenzia un andamento crescente negli anni del saldo netto negativo in corrispondenza della maggiore contribuzione al bilancio.

MASSIMO VANNUCCI. Scusi se la interrompo. Se ho capito bene, nella tabella precedentemente illustrata eravamo contributori netti - nel 2008 - per 4,636 miliardi di euro. Fra quel che abbiamo versato e quel che abbiamo ricevuto c'è uno sbilancio di 4,6 miliardi.

SILVANA AMADORI, Capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. Secondo il metodo utilizzato dalla Commissione europea.

MASSIMO VANNUCCI. Benissimo. Secondo il nostro metodo, invece, lo sbilancio sarebbe di circa 5,997 miliardi di euro per il 2008. Nel 2009, invece, noi abbiamo versato 15 miliardi e abbiamo ricevuto 7,8 miliardi, dunque tale sbilancio aumenta.

SILVANA AMADORI, Capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. A 7,2 miliardi di euro.

MASSIMO VANNUCCI. Dopo parleremo delle ragioni.

SILVANA AMADORI, Capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. La partecipazione al bilancio comunitario è un fatto di solidarietà, non è un fatto di dare e avere. Se fosse un fatto di dare e avere, è chiaro che il Regno Unito, per chi ha seguito la nascita della Comunità economica europea, si sarebbe già sganciato due anni dopo l'ingresso nella Comunità stessa.


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MASSIMO VANNUCCI. Faccio rilevare che ci sarà anche un punto di rottura, perché siamo arrivati al 50 per cento.

SILVANA AMADORI, Capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. Certamente, ma non è un discorso di versamenti...

MASSIMO VANNUCCI. La ragione ovviamente è anche l'allargamento a ventisette Stati membri. Giusto?

SILVANA AMADORI, Capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. Certo. Ciò naturalmente ha accresciuto le esigenze del bilancio comunitario.
Lei consideri che quando l'Unione europea è partita, le uniche due politiche sulle quali si è dedicata nei primi decenni sono state la politica doganale, poi messa a regime intorno al 1974-75, e la politica agricola comune, che è stata la vera politica attuata da Bruxelles, l'unica fino a pochi anni fa ad essere finanziata al 100 per cento dall'Unione europea.
Oggi, a seguito dei negoziati intervenuti sia per la programmazione 2000-2006, sia per la programmazione 2007-2013, la politica agricola comune, in parte, viene anche cofinanziata dai bilanci nazionali, perché diversamente Bruxelles avrebbe dovuto ampliare a dismisura il suo bilancio. Di conseguenza, nel negoziato si è raggiunto l'accordo che una parte dei regolamenti in agricoltura venissero cofinanziati anche dagli Stati membri, a differenza di quello che accadeva in precedenza, quando solo la politica di coesione veniva cofinanziata, unitariamente ad altre linee del bilancio comunitario.

PRESIDENTE. Per quanto riguarda l'organizzazione dei lavori, a me va bene che si intervenga per porre domande nel corso dell'audizione, ma ricordo che, dovendo porre termine alla stessa intorno alle ore 15,10, non si terrà un ulteriore dibattito.

ROBERTO SIMONETTI. Vorrei solo capire se la contribuzione in percentuale è uguale per tutti gli Stati membri oppure se ogni Stato ha un metodo diverso di contribuzione.
Per arrivare ai 15 miliardi di versamenti dell'Italia nel 2009, c'è un valore uguale per tutti gli Stati membri o la percentuale varia da Stato a Stato?

SILVANA AMADORI, Capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. Il metodo di contribuzione al bilancio comunitario, basato sulle «risorse proprie», è uguale per tutti gli Stati membri. Ovviamente, gli importi dovuti da ciascuno Stato variano in relazione alla rispettiva situazione specifica, tenendo conto di base imponibile IVA, Reddito nazionale lordo, incassi dei dazi doganali e prelievi agricoli. Nella tabella di pagina 11 è illustrata soltanto la posizione italiana, in base al metodo che usiamo come Ragioneria generale dello Stato, che contabilizza tutte le quietanze in entrata e tutti i mandati di pagamento in uscita verso l'Unione europea. Sono flussi di cassa.

AMEDEO CICCANTI. Mi scusi: qual è la differenza tra il reddito nazionale lordo, il Prodotto nazionale lordo e il Prodotto interno lordo?

SILVANA AMADORI, Capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. Reddito nazionale lordo è solo la nuova denominazione richiesta dall'Eurostat nel 2002. È uguale al Prodotto nazionale lordo (PNL). Noi abbiamo sempre parlato di Prodotto nazionale lordo, ma dal 2002 l'Eurostat ha chiesto che questo termine venisse sostituito con Reddito nazionale lordo. Non c'è alcuna differenza. Rispetto al Reddito nazionale lordo, il Prodotto interno lordo tiene conto dei soli redditi prodotti all'interno del territorio nazionale.

AMEDEO CICCANTI. Quindi sempre di più si va sul reddito nazionale lordo!


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SILVANA AMADORI, Capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. Infatti, dalla tabella a pagina 8 della documentazione allegata - che vi ho illustrato in precedenza - si evince che nel 2013 il 74 per cento del bilancio comunitario sarà coperto dall'aliquota uniforme applicata sul reddito nazionale lordo.
Passando all'illustrazione della spesa, la tabella di pag. 13 espone le risorse assegnate agli Stati membri per il periodo di programmazione 2007-2013 per la politica di coesione. Si può vedere che all'Italia sono stati assegnati - per tale periodo - complessivamente 28,8 miliardi di euro. In quest'attribuzione, l'Italia occupa il terzo posto; maggiori risorse sono state destinate alla Polonia, con 67,2 miliardi di euro, e alla Spagna, con 35,2 miliardi di euro. Bisogna considerare che sia la Spagna sia la Polonia usufruiscono anche del Fondo di coesione, non previsto, invece, per l'Italia.
I 28,8 miliardi di euro assegnati all'Italia sono stati suddivisi nei tre obiettivi previsti dalla normativa comunitaria: l'obiettivo Convergenza, l'obiettivo Competitività regionale e occupazione e l'obiettivo Cooperazione territoriale europea. Il primo obiettivo è destinato alle quattro regioni del Mezzogiorno con l'aggiunta della Basilicata in phasing out statistico; l'obiettivo Competitività regionale e occupazione ha assegnati 5,6 miliardi di euro con fondi provenienti sia dal Fondo europeo di sviluppo regionale sia dal Fondo sociale europeo ed è destinato alle regioni del centro-nord, compresa la Sardegna in phasing in. Abbiamo, inoltre, una piccola parte di stanziamenti destinati all'Italia per l'obiettivo Cooperazione territoriale: si tratterebbe di tutti gli interventi effettuati in accordo con regioni o Stati limitrofi.
Ulteriori risorse sono attribuite a titolo di indicizzazione, calcolata in 3,2 miliardi di euro, per attualizzare gli importi assegnati a prezzi correnti.
Le quattro regioni del Mezzogiorno considerate meno sviluppate, secondo gli indicatori di Bruxelles, sono Campania, Sicilia, Calabria e Puglia.
Naturalmente, oltre ai predetti 28 miliardi di euro destinati dai Fondi strutturali per tutto il nostro territorio, abbiamo altri 8,6 miliardi di euro destinati all'Italia dal Fondo europeo per la pesca (FEP) e dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR). Sono interessate a questi fondi tutte le regioni, sia quelle dell'obiettivo «Convergenza» sia le altre fuori da tale Obiettivo, ovvero, sostanzialmente, le regioni del centro-nord, con l'aggiunta delle province autonome di Trento e di Bolzano.
Nella scheda a pagina 16 dell'allegato sono messe in evidenza le risorse pubbliche complessivamente disponibili per l'Italia per il periodo 2007-2013. Quando parlo di risorse pubbliche intendo risorse comunitarie e nazionali che vanno a cofinanziare la corrispondente quota comunitaria. Dai Fondi strutturali riceviamo - lo abbiamo visto - 28,8 miliardi di euro, dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e dal Fondo europeo per la pesca 8,6 miliardi di euro. Ancora, per il periodo 2007-2013 riceviamo 31,5 miliardi di euro dal Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), destinato alla Politica agricola comune che riguarda la Rubrica 2 del bilancio comunitario. Altri contributi provenienti da Bruxelles attengono, infine, ad altre linee del bilancio comunitario.
A fronte di queste risorse abbiamo un cofinanziamento nazionale, da parte del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, di 40,4 miliardi di euro complessivi nei sette anni del periodo di programmazione 2007-2013. Si tratta, però, di cifre che noi impegniamo anno per anno. Attraverso tali risorse si assicura il rispetto del principio del cofinanziamento, senza il quale Bruxelles non interverrebbe con i propri contributi. Ecco perché occorre evitare che possano trovare copertura sul Fondo di rotazione interventi diversi, come spesso si tenta di fare con la presentazione di emendamenti a proposte di provvedimenti legislativi. Va detto anche che una parte residuale del Fondo viene oggi destinata a provvedimenti di recepimento di direttive comunitarie, laddove gli stanziamenti del bilancio


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nazionale non hanno risorse sufficienti per il recepimento delle stesse e ciò al fine di evitare le pesanti sanzioni comminate da Bruxelles per il mancato recepimento di normativa europea.
Il ricorso al Fondo avviene nel contesto dell'attuazione della legge comunitaria annuale introdotta dalla cosiddetta legge «La Pergola» (legge n. 86 del 1989), emanata per superare i forti ritardi accumulati dall'Italia nel recepimento della normative dell'Unione europea.

PRESIDENTE. Le risorse che abbiamo a disposizione dall'Unione europea - per il periodo 2007/2013 - non sono 28 miliardi di euro, ma 70 alla fine.

SILVANA AMADORI, Capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. I 28 miliardi di euro sono quelli provenienti dai Fondi strutturali, dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e dal Fondo sociale europeo e sono riferiti ai sette anni: 2007-2013. Da altri strumenti finanziari, come il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e il Fondo europeo pesca, arrivano - per il medesimo periodo - 8,6 miliardi di euro; dal Fondo europeo agricolo di garanzia 31,5 miliardi di euro. Naturalmente, quest'ultimo è un dato stimato sulla base di un'analisi delle annualità pregresse che registrano rientri annuali intorno ai 5 miliardi di euro, in relazione alle domande presentate dagli agricoltori in adesione ai regolamenti comunitari. Ulteriori contributi provengono poi da altre linee del bilancio comunitario.
Passando all'esame dei contenuti della politica di coesione 2007-2013, i programmi operativi approvati in sede comunitaria a favore dell'Italia sono 66, distribuiti sui tre obiettivi di cui abbiamo già parlato: Convergenza, Cooperazione e Competitività. Di questi programmi, 58 sono gestiti a livello regionale e 8 a livello di amministrazione centrale.
La tabella di pag. 19 espone un quadro settoriale dei contributi pubblici 2007/2013 pari complessivamente a 78 miliardi di euro, di cui 37,5 comunitari e 40,5 nazionali.
Le risorse della politica di coesione vengono ripartite per l'obiettivo «Convergenza» tra i programmi regionali e quelli nazionali. I primi assorbono 15,2 miliardi di euro comunitari, i secondi 6,4 per un totale «Convergenza» di 21,6.
Inoltre l'obiettivo «Competitività», quasi totalmente rivolto alle Regioni del centro-nord, assorbe contributi comunitari, pari a 6,3 miliardi di euro, mentre la contropartita nazionale è largamente superiore ed ammonta a quasi 9,5 miliardi di euro. Ciò perché, in questo caso l'Italia ha dovuto compensare le regioni del centro-nord, penalizzate in sede di riparto delle risorse dell'Unione europea 2007/2013 a vantaggio delle aree più deboli dell'obiettivo «Convergenza». Tale riequilibrio «finanziario» è scaturito dal confronto in sede di conferenza Stato-Regioni. Un caso a parte nell'obiettivo «Competitività» è quello della Regione Sardegna, in posizione di phasing in per le sue particolari condizioni di sviluppo socio-economico, alla quale è stato attribuito il cofinanziamento nazionale più elevato. Il caso Sardegna è l'effetto, come il caso Basilicata nella «Convergenza», dell'applicazione dei parametri statistici previsti dalla normativa comunitaria ad una Unione europea allargata a ventisette Stati membri: per effetto dell'abbattimento della media dell'Unione europea del prodotto interno lordo pro-capite, conseguente all'impatto delle economie più deboli, alcune Regioni risultato oggi più «ricche», pur avendo condizioni di sviluppo non difformi dalle precedenti programmazioni.
Per ovviare a tale criticità, la normativa comunitaria ha previsto lo strumento del sostegno transitorio per i territori interessati da detto fenomeno (phasing in e phasing out). In altre parole, alcune Regioni precedentemente inserite nell'Obiettivo 1 - 2000/2006 sarebbero state escluse dal corrispondente obiettivo «Convergenza» 2007/2013, in quanto il loro Prodotto interno lordo pro-capite risulta superiore al 75 per cento del Prodotto interno lordo pro-capite dell'Unione europea


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a ventisette Stati membri. Tuttavia, queste Regioni non sono diventate improvvisamente ricche. Si tratta solo di un effetto statistico. Una regione è in phasing out quando il Prodotto interno lordo pro capite è maggiore del 75 per cento della media del Prodotto interno lordo dell'Unione europea a venticinque Paesi e ha un Prodotto interno lordo pro capite inferiore al 75 per cento della media del Prodotto interno lordo UE a 15 Paesi. Se, quindi, ad esempio, nel 2007 l'Unione europea fosse stata ancora a quindici Paesi, sicuramente la Basilicata sarebbe risultata a pieno titolo nell'obiettivo «Convergenza».

AMEDEO CICCANTI. Questa è la ragione del phasing out che, ovviamente, nel giro di non so quanti anni...

SILVANA AMADORI, Capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. Si vedrà nella prossima programmazione, in relazione allo sviluppo che questi territori avranno e alle nuove regole che verranno stabilite in sede comunitaria.

AMEDEO CICCANTI. La domanda che volevo rivolgerle è questa: mentre le regioni che sono in phasing out subiscono una riduzione degli aiuti - non so in che percentuale e in quale periodo - cosa accade a quelle in phasing in?

SILVANA AMADORI, Capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. Si tratta di cifre scaturite dal negoziato in sede comunitaria, quindi è stata attribuita una certa quota alla Basilicata in phasing out e un'altra quota alla Sardegna in phasing in.

AMEDEO CICCANTI. Ci sono quindi due parametri di riferimento: si va in phasing in quando si è a ventisette Paesi e in phasing out quando si è a quindici.

SILVANA AMADORI, Capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. Il phasing out riguarda il sostegno transitorio per le Regioni prive del requisito del Prodotto interno lordo pro-capite inferiore al 75 per cento della media del Prodotto interno lordo pro-capite dell'Unione europea a venticinque Stati (ad esempio la Basilicata per la «Convergenza»). In phasing in, invece, si trovano le Regioni dell'obiettivo Competitività prive sia del requisito del Prodotto interno lordo pro-capite inferiore al 75 per cento della media dell'Unione europea a venticinque paesi, sia del Prodotto interno lordo pro-capite inferiore al 75 per cento della media del Prodotto interno lordo pro-capite dell'Unione europea a quindici paesi.

GIULIO CALVISI. La Sardegna non doveva uscire dall'Obiettivo 1. Uscì dall'Obiettivo 1...

SILVANA AMADORI, Capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. Oggi la Sardegna sarebbe comunque uscita dall'obiettivo «Convergenza» anche con il parametro del Prodotto interno lordo pro-capite dell'Unione europea a quindici paesi.

GIULIO CALVISI. Questo accadde perché il Governo Berlusconi non fece una battaglia per mantenere l'Obiettivo 1 per la Sardegna: fu computato nel Prodotto interno lordo complessivo della Sardegna il fatturato della Saras Spa di Moratti, che sballò tutti i parametri e la Sardegna, quindi, uscì dall'Obiettivo 1. Se, invece, si fosse fatta allora una vertenza per tenere la Sardegna nell'Obiettivo 1, c'erano tutte le condizioni perché potesse rimanervi. Questa è la ricostruzione storica di quel che è accaduto.

SILVANA AMADORI, Capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. Passando all'obiettivo Cooperazione,


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la tabella di pagina 22 evidenzia le risorse assegnate a tale obiettivo, pari complessivamente ad un miliardo e 100 milioni di euro, cui, ovviamente, sono interessate tutte le regioni transfrontaliere con i Paesi rappresentati nella stessa tabella del documento depositato.
La cooperazione registra un rallentamento nell'attuazione dei programmi, anche perché le decisioni di approvazione in sede comunitaria sono state assunte con forte ritardo.
La stessa cosa vale per lo sviluppo rurale finanziato dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale: qui ci troviamo di fronte a un totale di contributi dell'Unione europea pari a 8,3 miliardi di euro, con una contropartita di parte nazionale dello stesso valore circa. Come si può vedere nella tabella a pagina 23 dell'allegato, per lo sviluppo rurale, la regione che è più avanti di tutte e che assorbe più risorse è la Sicilia, seguita dalla Campania.
Quanto allo stato di utilizzo dei Fondi strutturali, la nuova programmazione ha un po' modificato le regole di gestione dei programmi per cercare di responsabilizzare maggiormente gli Stati membri nel processo di attuazione degli stessi. Intanto, a differenza del passato, ha previsto tre autorità specifiche: l'Autorità di gestione, l'Autorità di certificazione e l'Autorità di audit. A tutte e tre ha dato pari prestigio, a differenza del passato e, naturalmente, ciascuna per le proprie competenze, è responsabile degli adempimenti previsti dalla normativa comunitaria e da quella nazionale. Le tre autorità sono tra loro funzionalmente indipendenti.
Come ho già detto, la normativa a supporto della programmazione 2007-2013 è molto diversa e più incisiva oggi rispetto al passato, soprattutto in materia di controllo, e ha previsto che, entro nove mesi dalla decisione di approvazione di un programma, le regioni o le amministrazioni interessate (Autorità di audit) presentino all'Unione europea un documento sulla strategia di controllo sul programma di competenza. Tali strategie di audit sono state mandate a Bruxelles e, ad oggi, sono state tutte approvate.
Inoltre, entro il termine di dodici mesi dall'approvazione di ciascun programma, ogni Autorità di gestione ha inviato alla Commissione europea anche un documento sulla descrizione dei sistemi di gestione e controllo, corredato di un parere di conformità rilasciato da un organismo indipendente: per l'Italia tale parere di conformità è stato rilasciato dalla Ragioneria generale dello Stato dopo un'analisi complessiva, che ha riguardato 59 programmi e che ha dovuto tener conto di certi target e, soprattutto, del rispetto della normativa comunitaria e nazionale.
Mi sono soffermata su tale aspetto perché, purtroppo, la presentazione sia delle strategie di audit sia della descrizione dei sistemi di gestione e di controllo ha assorbito tempi piuttosto lunghi con conseguente ritardo nell'attivazione del flusso finanziario. Su tali ritardi hanno anche inciso i tempi delle decisioni comunitarie di approvazione dei singoli programmi, intervenute per lo più alla fine del 2007. Le autorità responsabili avevano nove mesi per l'invio delle strategie di audit, che per la quasi totalità non sono state subito accolte dalla Commissione europea e, quindi, restituite con rilievi e richieste di implementazione. Finché non sono state approvate le strategie di audit ed i documenti sulla descrizione dei sistemi di gestione e controllo, Bruxelles non ha effettuato rimborsi sulle spese certificate. Ad oggi, sono state accettate tutte le strategie di controllo e le descrizioni dei sistemi di gestione e controllo; di queste ultime quattro sono all'esame di Bruxelles e una all'esame della Ragioneria generale dello Stato, che sarà inviata a Bruxelles nei prossimi giorni.
Per alcuni programmi non erano previste le strategie di audit e la descrizione dei sistemi di gestione e controllo in quanto avevano un plafond di spesa non superiore a 750 milioni di euro, per cui la normativa comunitaria consentiva di non presentare tale documentazione.
La Commissione a seguito dell'esame dei predetti documenti ha formulato delle


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raccomandazioni per il miglioramento dei sistemi, a cui le Regioni e le Amministrazioni centrali stanno lavorando.

PRESIDENTE. Visto che abbiamo ancora a disposizione solo alcuni minuti, per la serie di incontri che stiamo facendo forse è più importante per noi, lasciando il documento depositato a disposizione di tutti i commissari, passare all'esame delle criticità.

SILVANA AMADORI, Capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. Forse lei si riferisce allo stato di attuazione al 30 aprile 2010. Le criticità sono quelle rilevate in sede di analisi dei sistemi di gestione e controllo, che hanno rallentato il processo di valutazione di conformità degli stessi ed è ciò che ho detto in sintesi prima.

PRESIDENTE. Chiudiamo, allora, con questa parte.

SILVANA AMADORI, Capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. Con riferimento all'attuazione finanziaria per l'obiettivo Convergenza e, quindi, per le quattro regioni del Mezzogiorno e per la Basilicata, a pagina 35 del documento consegnato si può constatare che, su un totale di 43 miliardi di euro - sia quota comunitaria sia nazionale - abbiamo una percentuale di impegno del 14,7 per cento e una spesa del 7,2 per cento. Per l'obiettivo Competitività, Regioni centro-nord, abbiamo un impegno del 24 per cento con una spesa realizzata pari al 12,6 per cento. Per l'obiettivo Cooperazione, siamo molto bassi in termini di pagamenti, mentre in termini di impegni siamo al 15 per cento. I pagamenti sono bassi, però, anche perché si tratta di programmi variegati e di limitati importi, le cui Autorità di gestione sono in parte situate all'estero.

MASSIMO VANNUCCI. Mi scusi, dottoressa, con riferimento alla tabella di pagina 35, se ho capito bene, per il 2007-2013 su 60 miliardi di euro di contributo totale abbiamo impegnato ad oggi, al 30 aprile 2010, il 17 per cento e abbiamo pagato l'8,55 per cento. Le chiedo se non si debba lanciare un grido d'allarme, dal momento che il 2013 è molto vicino.

SILVANA AMADORI, Capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. Tenga conto, però, che questo è un dato riferito alla spesa complessiva 2007/2010 e che tutti gli aspetti preparatori per l'avvio del programma, che di norma richiedono tempi molto lunghi, almeno sulla base dell'esperienza che abbiamo vissuto nelle quattro programmazioni pregresse, sono stati ormai esauriti. Riteniamo, pertanto, che la spesa nei prossimi mesi e, soprattutto, nelle prossime annualità debba correre velocemente. Tenga anche conto che nella fase iniziale bisogna predisporre le procedure di attivazione degli interventi, come, ad esempio, bandi di gara, che richiedono tempi amministrativi lunghi. Tuttavia, una volta adempiute queste incombenze, credo che la spesa possa correre rapidamente. Siamo fiduciosi in tal senso.

MASSIMO VANNUCCI. Lei ritiene che centreremo l'obiettivo di utilizzare...

SILVANA AMADORI, Capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. Dopo vedrete - ve l'ho portato come punto di riferimento a pagina 45 della documentazione allegata - che sulla programmazione 2000-2006, per la quale sembrava che l'Italia non raggiungesse l'obiettivo, abbiamo invece impegnato e pagato più del cento per cento. Se Bruxelles, quindi, in sede di rendicontazione dovesse non ritenere ammissibili alcune spese, siamo al cento per cento coperti.

MASSIMO VANNUCCI. Adesso non abbiamo abbastanza tempo a disposizione. Tuttavia, in linea di massima, ci sono


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programmi specifici o aree del Paese o regioni che sono molto più indietro rispetto agli impegni?

SILVANA AMADORI, Capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. Quelle sicuramente più indietro sono le regioni dell'area del Mezzogiorno, sulle quali però stiamo lavorando, perché come Ragioneria generale dello Stato abbiamo aderito ad una convenzione per la quale Bruxelles ci ha chiesto di trasferire le best practice sull'uso delle risorse comunitarie. È un programma diventato operativo all'inizio di luglio 2009 e stiamo lavorando bene e direi che le regioni, soprattutto la Sicilia, la Puglia e la Calabria, stanno rispondendo adeguatamente.
Si tenga conto, però, che la programmazione 2007-2013 chiude il 31 dicembre 2013 ai fini dell'impegno, ma termina il 31 dicembre 2015 ai fini dei pagamenti. Abbiamo ancora davanti a noi diverse annualità e, ai fini della rendicontazione, si aggiungono ulteriori quindici mesi successivi, fino ad arrivare al 31 marzo del 2017. In Commissione, inoltre, qualcuno sta chiedendo, data la situazione congiunturale di queste ultime due annualità, l'opportunità di prevedere ulteriori proroghe per agevolare gli Stati membri. Il negoziato è in corso.
Desidero dire ancora una cosa e concludo: recentemente si è letto sui giornali che l'Italia rischia nel 2010 il disimpegno automatico delle risorse comunitarie, per effetto del «meccanismo dell'n 2». In realtà, a seguito di una modifica al regolamento comunitario, decisa in sede di negoziato con la Commissione, tale meccanismo opera in chiave più attenuata: ciò ha consentito di evitare il disimpegno 2009. Per la scadenza del 2010 mancano ancora diversi mesi e sussistono le condizioni per raggiungere il livello di spesa necessario a superare il problema.
Vi ringrazio dell'attenzione e vi chiedo scusa se ho parlato velocemente.

PRESIDENTE. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione depositata dalla dottoressa Amadori (vedi allegato). Ringrazio la nostra ospite per l'esauriente relazione, interessante anche per i nostri lavori.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,15.

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