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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione V
6.
Mercoledì 13 aprile 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'EFFICACIA DELLA SPESA E DELLE POLITICHE DI SOSTEGNO ALLE AREE SOTTOUTILIZZATE

Audizione di rappresentanti dell'ANCE:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3 5 13 15
Buzzetti Paolo, Presidente dell'ANCE ... 3 13
Calvisi Giulio (PD) ... 7
Cambursano Renato (IdV) ... 5
Franzoso Pietro (PdL) ... 9
Marini Cesare (PD) ... 12
Marsilio Marco (PdL) ... 11
Vannucci Massimo (PD) ... 6
Vico Ludovico (PD) ... 8

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal presidente dell'ANCE, ingegner Paolo Buzzetti ... 17
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

[Avanti]
COMMISSIONE V
BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 13 aprile 2011


Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GIORGETTI

La seduta comincia alle 15,10.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'ANCE.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'efficacia della spesa e delle politiche di sostegno alle aree sottoutilizzate, l'audizione di rappresentanti dell'ANCE.
Do la parola al presidente dell'ANCE, ingegner Paolo Buzzetti.

PAOLO BUZZETTI, Presidente dell'ANCE. Buongiorno a tutti e grazie per l'invito. Noi, con il vostro consenso, depositiamo una documentazione contenente le nostre osservazioni svolte in modo più esaustivo di quanto, per ragioni di tempo, vi comunicheremo ora rapidamente.
Noi sosteniamo che non esiste, per evidenti ragioni di ristrettezza di fondi, una politica industriale sulle infrastrutture. Occorre per il Paese, per motivi ovvi che non vado a elencare, cercare di reimpostare una politica volta al finanziamento delle infrastrutture nei prossimi anni.
Le risorse stanziate nel bilancio dello Stato per nuovi investimenti infrastrutturali hanno segnato una contrazione del 34 per cento nel triennio 2009-2011 e il 18 per cento degli stanziamenti di carattere generale è venuto meno per effetto della legge di stabilità 2011.
Si è assistito in questi anni anche a una contrazione delle risorse allocate in specifici capitoli di spesa. Lo Stato sta facendo praticamente scomparire la sua spesa ordinaria. I tre quarti delle risorse sono iscritti in quattro capitoli di spesa relativi agli interventi nelle aree sottoutilizzate, ossia le risorse del fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), al cofinanziamento dei fondi strutturali, che è più o meno la stessa questione, all'attuazione della legge obiettivo e ai contributi a Ferrovie dello Stato Spa.
Si sta esaurendo, quindi, la possibilità di intervento dei provveditorati interregionali per le opere pubbliche, che svolgevano una funzione importante, in quanto le risorse a loro disposizione sono ridotte a 46 milioni di euro nel 2011, considerato che avevano a disposizione 184 milioni di euro nel 2008, mentre l'ANAS non dispone di fondi per la gestione ordinaria delle strade.
È evidente che almeno le risorse disponibili dovrebbero essere rapidamente utilizzate. Lasciando da parte questioni di natura normativa e burocratico-amministrativa, sulle quali si potrebbe discutere, e parlando solo di risorse, oggi vorremmo porre l'attenzione con grande forza sulle risorse del FAS e dei fondi strutturali relativi alla programmazione 2007-2013 destinati, per un importo di 30,6 miliardi euro, a investimenti in infrastrutture e costruzioni.


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I fondi strutturali e le risorse del FAS nel loro insieme rappresentano il 43 per cento delle risorse statali destinate alla realizzazione di nuove infrastrutture nel 2011. Il Ministro Fitto ha iniziato a interessarsi di questo tema, anche, in piccola parte, per merito nostro, dal momento che un paio di anni fa abbiamo segnalato dove erano finite le risorse del FAS. Ne è venuto fuori un quadro complesso, in cui tali risorse rischiano di essere perse. Sono problemi che riguardano non solo lo Stato, ma anche le regioni, per la loro incapacità di elaborare in maniera tempestiva i programmi di investimento.
Noi abbiamo svolto una accurata ricognizione dei progetti e condividiamo col Ministro Fitto l'obiettivo di rendere più efficiente la spesa e di garantire tempi certi di impiego delle risorse, però non saremmo d'accordo, anzi siamo assolutamente contrari, a una riprogrammazione che richieda tempi lunghi e uno slittamento della spesa. Data l'emergenza, chiediamo di impiegare i fondi subito. Per esempio, per il sud Italia, le risorse del FAS sono le uniche risorse di provenienza pubblica a disposizione nei prossimi anni.
Per fare ciò bisognerebbe tener conto del reale stato d'avanzamento dei progetti. In questo senso, sappiamo anche che il Ministro Fitto sta lavorando con le regioni. Vogliamo marcare l'attenzione anche sulle opere di dimensioni piccole e medie, che in molti casi hanno progetti pronti, ma non vi sono risorse a disposizione per realizzarle, e per le quali si potrebbe provvedere immediatamente ad attivare i cantieri, oltre che sulle grandi opere infrastrutturali necessarie.
Il nemico principale di questo obiettivo è un uso di questi denari per altre finalità che non siano quelle della realizzazione delle infrastrutture e delle opere pubbliche. Non so nemmeno come sia possibile - non siamo andati a indagare rispetto alla destinazione che l'Europa ha attribuito a queste risorse nel momento in cui ce le ha assegnate - ma è un dato di fatto che tali risorse sono state utilizzate per coprire la spesa sanitaria di alcune regioni.
Per esempio, nel Lazio, soltanto il 23 marzo scorso sono state azzerate definitivamente le risorse del FAS per andare a coprire il, pur grave, deficit sanitario. Per la Campania e per l'Abruzzo ciò è avvenuto in buona parte.
Non siamo d'accordo, inoltre, e lo affermo con grande chiarezza, sul fatto che queste risorse possano essere utilizzate per fini anche lodevoli, come la ricerca o, come peraltro è capitato, per attrezzature scolastiche o ancora per sgravare l'imposizione sull'attività imprenditoriale. Se esse sono destinate - non è una rivendicazione corporativa, ma una questione di coerenza - non a far lavorare le imprese, ma a realizzare infrastrutture indispensabili per il sud Italia, devono essere impiegate in tal senso.
In relazione al quadro generale, per concludere questa parte, faccio un breve cenno alle politiche di coesione e concludo. Ho evitato di esporre la nostra posizione su temi di carattere generale, nonché sulle determinazioni che si attendono da parte del CIPE in merito alla destinazione dei predetti fondi. Rimanendo strettamente all'argomento dell'audizione che ci avete concesso, la sottolineatura va posta sul fatto che, in merito ai fondi strutturali e alle risorse del FAS, la scelta proposta in questo momento si può compiere.
Di fronte a un quadro generale che denota una scelta di completo abbandono del settore delle infrastrutture in termini di risorse, giustificata - per carità - da una situazione caratterizzata dalla mancanza di risorse a disposizione, la nostra convinzione è che si potrebbe operare meglio con una politica industriale che dedichi cinque secondi di attenzione a questo settore.
Probabilmente si potrebbero realizzare interventi migliori di quelli che stiamo compiendo, a nostro avviso, senza naturalmente salire in cattedra, ma considerandoci parte del ragionamento, perché nessuno sul piano della domanda e dell'offerta


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è esente da colpe. Probabilmente si potrebbero raggiungere risultati molto migliori.
Riguardo all'attuazione delle politiche di coesione, che pure è un argomento importante del ragionamento concernente le misure a favore delle aree sottosviluppate, nella documentazione che noi depositiamo sono illustrati in maniera molto dettagliata alcuni elementi che si potrebbero considerare facilmente per rendere più efficiente la spesa.
Li passo rapidissimamente in rassegna e poi concludo. Si potrebbe definire una quota minima di risorse da destinare ad investimenti in infrastrutture nell'ambito dei programmi finanziati con le risorse dei fondi strutturali e dei fondi strategici, quali il fondo europeo per lo sviluppo regionale (FESR) e il fondo per lo sviluppo e la coesione (l'attuale FAS); confermare l'importanza degli interventi anche di dimensione medio-piccola - anche l'Europa ci chiede di intervenire anche con provvedimenti che favoriscano l'attività delle piccole imprese - e considerare strategica la manutenzione dei nostri centri cittadini e non solo delle grandi infrastrutture; introdurre una «golden rule» nel Patto di stabilità interno per quanto riguarda questi tipi di investimenti; rafforzare la governance possibilmente attraverso l'istituzione di una cabina di regia, che Stato, regioni e autonomie locali potrebbero creare per il solo settore delle infrastrutture, perché adesso manca un luogo in cui ragionare strettamente di questo argomento a livello istituzionale; prevedere possibili programmi di intervento definiti nell'ambito istituzionale tra Stato, regioni ed enti locali; infine, provvedere a istituire task force regionali - il termine inglese è più sintetico - che consentano, sempre sul piano delle infrastrutture, di svolgere una attività di monitoraggio più attenta.
Siamo rimasti sorpresi in maniera bipartisan, perché non è colpa di un Governo o di un altro, del fatto che, se non ci fossimo attivati noi - per carità, è un nostro compito, altrimenti l'associazione a che cosa serve? - due anni fa nella ricerca in merito a dove fossero finite le risorse del FAS, svolgendo una ricognizione, nessuno si sarebbe reso conto che giacevano inutilizzate e che le avremmo perse.
Non intendo evidenziare il nostro piccolo merito, ma il fatto che ci dovrebbe essere un osservatorio costante che abbia contezza delle risorse che vengono spese. Noi abbiamo alcune idee, oltre ai titoli, su come si potrebbe operare. Il nostro Centro studi è a disposizione, perché ha svolto ricognizioni estremamente approfondite, che adesso non ho potuto illustrare.
Non voglio più abusare del vostro tempo. Spero di essere stato chiaro.

PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

RENATO CAMBURSANO. Pongo l'accento, in particolare, sui fondi strutturali e non sulle risorse del FAS, che sono un capitolo a parte, e sull'uso che ne è stato fatto in questi tre anni per obiettivi impropri rispetto agli scopi per i quali era stato individuato tale strumento.
Io ricordo, presidente, che il nostro Ministro dell'economia e delle finanze, in una delle rare occasioni in cui l'abbiamo audito - sono all'opposizione e, quindi, non mi posso permettere di elargire troppi complimenti al nostro Ministro, che già cammina sollevato a un metro d'altezza dal pavimento - un giorno svolse una considerazione importante.
Recandosi negli uffici di Bruxelles constatò che, mentre per la Germania o la Francia i progetti presentati all'Unione europea occupavano tre cassetti, nella stanza in cui c'erano i progetti italiani si trovavano tre, quattro o cinque armadi pieni di progetti.
Concludeva il Ministro che la polverizzazione dei progetti era la causa principale della non realizzazione dei medesimi e, quindi, del non utilizzo di gran parte delle risorse dei fondi strutturali comunitari.
Lei ha appena affermato, e lo si legge nella sezione 2, al punto b), della documentazione da voi depositata concernente


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il federalismo infrastrutturale, che lo schema di decreto legislativo in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali, fa riferimento quasi esclusivamente alla concentrazione delle risorse su poche priorità strategiche. Mi fermerei a quel punto, mentre lei prosegue oltre, sostenendo che sarebbe opportuno prevedere anche la possibilità di realizzare interventi di piccola e di media dimensione, il che andrebbe nella direzione esattamente opposta.
O è vero che noi vogliamo arrivare a utilizzare questi fondi su alcuni progetti strategici, ammesso e non concesso che le procedure siano state completate e tutti gli ostacoli siano stati rimossi e che si possano spendere questi quattrini, o altrimenti la polverizzazione continuerà. Quale delle due vie è quella giusta?
La seconda, più che una domanda, è l'espressione di una preoccupazione. Non vorrei essere facile profeta, ma temo che un giorno o l'altro l'Unione europea ci chiederà conto degli usi impropri che sono stati compiuti dei fondi e che in tale data ci imporrà anche di restituire quei fondi spesso male o comunque «diversamente» utilizzati.

MASSIMO VANNUCCI. Ringrazio il presidente dell'ANCE Buzzetti per quest'audizione, che ha un duplice significato.
Noi stiamo esaminando o siamo in procinto di esaminare molti provvedimenti, fra cui lo schema del Programma nazionale di riforma, ma anche lo schema di decreto legislativo concernente il federalismo infrastrutturale, per il quale abbiamo già audito l'ANCE.
Specificamente abbiamo presentato una risoluzione relativa all'utilizzo delle risorse della programmazione 2007-2013 dei fondi strutturali e del fondo per le aree sottoutilizzate, di cui io sono il primo firmatario, e, quindi, da questa audizione vorremmo ricavare un giudizio sulla risoluzione stessa. Vorremmo sapere se i dati che abbiamo scritto nelle premesse della risoluzione e che concernono l'andamento del settore delle costruzioni corrispondono alla realtà e se gli impegni che abbiamo indicato per il Governo trovano il consenso dell'ANCE.
Approfitto anche per sottolineare che abbiamo presentato la risoluzione perché nutriamo le stesse preoccupazioni dell'ANCE, ma vorremmo, presidente, che tale risoluzione diventasse patrimonio dell'intera Commissione.
Diamo, quindi, la nostra disponibilità affinché la stessa venga sottoscritta da tutti i gruppi parlamentari - rivolgo un appello in tal senso all'onorevole Franzoso e all'onorevole Marsilio qui presenti - anche perché in Assemblea è stata presentata un'analoga risoluzione dal collega Pili e da altri membri del Popolo della Libertà, che va nella stessa identica direzione.
Noi riteniamo che, in luogo di svolgere in Aula un dibattito complesso e complicato, con i tempi e le modalità opportune, sia utile concentrarci sulla risoluzione presentata in Commissione. Potremmo audire l'ANCE e, spero, anche il CIPE e il Ministro Fitto e concordare con lui una modalità d'azione sui contenuti della medesima risoluzione.
Passo ad illustrare i diversi scopi della risoluzione, che non sono di carattere ideologico, come il ragionamento fra grandi opere, piccole opere e opere di interesse regionale.
Voglio, però, svolgere una premessa. Se questo Paese assume l'«ubriacatura» delle grandi opere e non pensa alla manutenzione delle opere esistenti, si abbassa il livello di civiltà. Io ho viaggiato un po' e ho visto che la differenza fra Paesi avanzati e civili e altri Paesi sta proprio nel concetto di manutenzione.
Tutti sono capaci di realizzare le grandi opere, basta trovare un buon progettista e una buona impresa, ma mantenerle è un'altra questione ed è proprio la mancata manutenzione delle opere, la caratteristica delle economie programmate da piani quinquennali che conosciamo. Non vorrei che questo Paese si indirizzasse verso una direzione in cui si realizzano grandi progetti


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e grandi opere, ma poi si trascurano gli interventi di manutenzione.
Nella risoluzione è presente questo spirito e chiedo al presidente Buzzetti di fornire indicazioni più precise. Siamo in presenza di 30 miliardi di euro di risorse destinate ad investimenti in infrastrutture e costruzioni, che il Governo ha affermato di voler riprogrammare verso un'altra direzione. Dobbiamo trovare un giusto equilibrio, perché il Paese ha bisogno di grandi opere, ma anche di non disperdere un patrimonio, e abbiamo una necessità e un'urgenza, ossia quella di mantenere il Paese, di intervenire anche con la velocità necessaria per realizzare le piccole e le grandi opere, oltre che per realizzare il sistema infrastrutturale diffuso. Ritengo personalmente che la somma di 16,5 miliardi di euro, quale quota parte delle risorse del FAS di competenza delle regioni vada sbloccata e che il resto possa essere riprogrammato.
Chiedo anche al presidente Buzzetti di essere più preciso sul rischio che viene paventato, quello cioè di perdere circa 9,6 miliardi di euro di contributi europei destinati alla realizzazione di infrastrutture. Come possiamo scongiurare tale rischio, trovare il giusto equilibrio fra le grandi e le piccole opere e quali caratteristiche dovrebbero avere?
D'intesa con le regioni si potrebbe anche pensare ad una riprogrammazione. Recentemente abbiamo audito l'amministratore delegato di Invitalia Spa, Arcuri, il quale ha citato la metafora delle 500 fontane realizzate nel sud Italia, che non servono a nulla, mentre una grande opera ha una funzione.
Questi elementi ci servono poi per avviare un confronto col Ministro Fitto, che mi sembra proprio, come si apprende dalle dichiarazioni di stampa, abbia cominciato a manifestare la volontà di trovare questo equilibrio. La risoluzione vuole cercare di fare in modo che il Governo si confronti con il Parlamento per trovare il giusto equilibrio tra le risorse che possono essere sbloccate, individuando come e per quale fine, e quelle che, invece, devono essere riprogrammate per scongiurare la perdita di fondi europei.

GIULIO CALVISI. Ringrazio il presidente Buzzetti per averci concesso quest'audizione. Voglio sottolineare una questione, naturalmente facendo mio l'intervento dell'onorevole Vannucci, che faceva riferimento alla risoluzione da noi presentata.
Noi stiamo cercando faticosamente di trovare una risposta unitaria di tutta la Commissione, quindi dei gruppi di maggioranza e di opposizione, al tema che voi avete posto, che non solo riguarda il settore delle costruzioni, ma tocca anche il tema più generale di come vengono spese le risorse del FAS e quelle dei fondi strutturali destinate ad opere pubbliche e investimenti.
Volevo comunicare la notizia che il primo confronto che abbiamo avuto con il Governo non è stato positivo. Noi abbiamo già avuto una risposta da parte del Governo, dopo la presentazione della nostra risoluzione, nella seduta del 7 aprile scorso della Commissione bilancio che ha poi attivato questo giro di consultazioni.
In particolare, il Governo, ha espresso parere negativo non solo sulle vostre proposte per la fase transitoria - che mirano ad avviare immediatamente la realizzazione delle opere già programmate, verificando l'effettivo stato dei progetti; a garantire la disponibilità di risorse, comprese quelle relative al FAS a destinazione regionale; a dare certezza alla programmazione dei fondi; ad escludere i cofinanziamenti nazionali per investimenti in conto capitale finanziati con fondi strutturali dall'applicazione delle regole del Patto di stabilità interno - ma anche rispetto alla filosofia che emerge dalla vostra documentazione, secondo cui bisogna dare priorità anche alle opere di piccole e medie dimensioni e non soltanto alle grandi opere, peraltro in coerenza con quello che era l'obiettivo del Quadro strategico nazionale.


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Il Quadro strategico nazionale, quando fu approvato in maniera bipartisan nel 2006, prevedeva che le risorse del FAS di competenza dei singoli ministeri coprissero le spese per la realizzazione delle grandi opere e quelle di competenza regionale le spese per la realizzazione delle opere piccole e medie.
La risposta del Governo a queste tre proposte specifiche e alla filosofia generale che ispira la vostra posizione è stata negativa. Lo voglio mettere in evidenza, perché nella scorsa occasione abbiamo avuto una risposta in tal senso da parte del sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Alberto Giorgetti.
Anche l'audizione del Ministro Fitto che abbiamo tenuto congiuntamente alla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale - nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali - su questo punto è stata chiara. Come voi sapete, le misure recate dallo schema di decreto incidono, per quanto riguarda le opere infrastrutturali, non soltanto sulla programmazione 2014-2021, ma anche su quella relativa al periodo 2007-2013. Circola la notizia che nei Piani di azione regionali (PAR) finanziati con le risorse del FAS figurino anche opere il cui costo è di 100.000 euro.
È uno scandalo! Bisogna riprogrammare, bisogna evitare che ci siano finanziamenti a pioggia che poi non producono nulla; però ho paura che questo tema venga poi utilizzato come pretesto per ritardare la spesa, per non venire incontro alle esigenze che voi avete posto nella vostra documentazione e che da tempo sono coerenti e quasi sovrapponibili alle posizioni che noi - come opposizione - abbiamo espresso.
Il rischio è che la delibera del CIPE sulla riprogrammazione delle risorse, i decreti sul federalismo fiscale e il Piano per il sud, che ridefinisce il Quadro strategico nazionale e dà il via a tutta la procedura che poi dovrebbe portare alla sottoscrizione del contratto istituzionale di sviluppo, determinino effettivamente un ritardo della spesa.
Volevo sottolineare questo elemento di conoscenza, perché bisognerebbe compiere un'azione congiunta, che noi possiamo effettuare in Parlamento, rilanciando l'appello ai commissari della maggioranza e, giustamente, facendo riferimento anche al fatto che è già stata presentata una mozione da parte di alcuni colleghi della maggioranza molto simile a quella che noi abbiamo presentato, per cercare di arrivare a una sintesi unitaria.
Volevo segnalarvi questo elemento di difficoltà e rilevare che potrebbe contare molto la vostra posizione e i progressi che voi riuscirete a compiere anche dall'esterno, coinvolgendo tutto l'associazionismo di impresa a livello nazionale, affinché la posizione che voi esprimete sia non solo dell'ANCE in quanto tale, ma anche di tutto il mondo che aggrega l'associazionismo di impresa in questo Paese, per rendere più forte la possibilità di adottare questa posizione che noi troviamo assolutamente condivisibile.
Dopodiché, presidente Giorgetti, noi lavoriamo, come ricordava il collega Vannucci, per arrivare effettivamente a una posizione unitaria.

LUDOVICO VICO. Do il benvenuto al presidente dell'ANCE e ai suoi collaboratori. Ho letto la vostra documentazione, non solo in questa occasione, ma anche in altre circostanze, e comincerei col chiedere chiarimenti su alcuni punti, perché siano di indirizzo sia per la Commissione, sia per le iniziative parlamentari che a più livelli sono da essa ispirate.
Stiamo parlando del FAS e di riprogrammazione. Io sono tra coloro che pensano che essa vada effettuata, perché, in caso contrario, rischiamo di percorrere strade che già conosciamo. Penso che capiremo fra alcune settimane come sarà effettuata la riprogrammazione. Può darsi che sia anche un bluff, per usare impropriamente questo termine, però bisognerà verificare.


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Se parliamo di riprogrammazione, emergono alcune questioni. I residui della programmazione non sono più di 15 miliardi di euro. Senza allargarci molto, dobbiamo cominciare a precisare l'ammontare delle risorse di cui stiamo parlando. Saranno forse 14 miliardi di euro, ma penso che siano comunque diminuiti. I fondi strutturali ammontano a 40 miliardi di euro e poi c'è tutta la parte di risorse che voi richiamate costantemente, come anche le regioni meridionali, costituita dai PAR FAS, che prima erano pari a 19 miliardi e attualmente ammontano a 16 miliardi di euro, rispetto ai quali bisognerà capire che cosa intende fare il ministro e che cosa ha già fatto il CIPE. Dobbiamo, infatti, partire anche da che cosa ha già fatto il CIPE per tantissimi aspetti.
Tuttavia, siamo in presenza di un volume di risorse da spendere, come il presidente ha ricordato, non irrilevante. Se il presidente me lo permetterà svolgo questa considerazione: con una rapida lettura della documentazione che ci avete fornito, non ho trovato vostre considerazioni su un punto particolare: forse bisognerebbe andare a verificare attraverso il CIPE che cosa è rimasto nel fondo infrastrutture. Le risorse di tale fondo sono state oggetto di programmazione, da ultimo, con la delibera del CIPE dell'ottobre scorso e, precedentemente, con quella dello scorso giugno.
Il fondo infrastrutture è stato alimentato con le risorse del FAS, ma è un fatto politico che vorrei approfondire. Per intenderci, si tratta di uno dei tre grandi fondi costituiti con le risorse del FAS destinate ai programmi nazionali.
In merito alle risorse FAS e ai fondi strutturali, che sono realtà diverse - sono meridionale e, quindi, non mi approccio in maniera filosofica alla questione del Mezzogiorno - vorrei comunque precisare che alle risorse del FAS bisognerà continuare a dare, se saranno riprogrammate bene, la caratteristica di risorse aggiuntive.
Circola la versione per cui il FAS funga da cassa e le risorse disponibili in tale ambito siano sostitutive del finanziamento ordinario. Ci sono poi le difficoltà del Paese, che fanno parte di un altro ragionamento, per essere intellettualmente onesti. Noi dobbiamo dare a tali risorse la caratteristica dell'aggiuntività, la quale ha una proprietà in letteratura, se posso esprimermi in questi termini, ossia di essere relativa alla realizzazione di grandi opere al servizio pubblico.
Io osservo che esiste una contraddizione fra ciò che servirebbe subito, i mille piccoli cantieri che aprono, e le due, tre o quattro grandi infrastrutture indispensabili per il Paese, particolarmente per il Mediterraneo e per il sud Italia. Abbiamo visto che i migranti sanno in quale città recarsi per prendere i treni delle Ferrovie dello Stato per arrivare a Ventimiglia o altrove.
Voglio semplicemente affermare che non sarebbe utile porre una dicotomia fra l'opzione delle grandi opere, come l'alta capacità relativa al «Corridoio 1 Berlino-Palermo» e gli interventi nell'isola celtica della Sabaudia, che è poi la Sardegna, che con il Mezzogiorno non c'entra nulla, e il problema delle piccole opere, che dobbiamo rimettere, a mio parere, in una rete che colleghi fra loro il ruolo delle regioni, la spesa ordinaria e la spesa aggiuntiva finanziata dai fondi strutturali.
In questo senso ciò potrebbe essere uno stimolo, che peraltro verificheremo fra poche ore, non appena il Consiglio dei ministri odierno avrà rilasciato il voluminoso documento concorrente a quello di Prodi, che fu però tanto criticato sul piano nazionale ed europeo.

PIETRO FRANZOSO. Ho letto approfonditamente, seppure nel breve spazio di tempo disponibile, la documentazione, oltre ad aver ascoltato la sua relazione, e sono dell'idea che, se non partiamo dal presupposto di ciò che si è realizzato sino a oggi non faremmo giustizia né al Mezzogiorno, né alla sua società.
Mi piace considerare i tempi medi per la realizzazione delle infrastrutture. Voglio ricordare, sulla base di un vostro prospetto, che per la realizzazione delle opere


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di importo superiore ai 50 milioni di euro sono previsti tempi medi di dieci anni e tre mesi e per quelle di importo fino a 50 milioni di euro tempi medi di sette anni e tre mesi. Già questo è significativo sull'utilizzo delle risorse del FAS per quanto riguarda non solo l'efficienza della spesa, che è un fattore determinante, ma anche i tempi necessari e la qualità della spesa stessa.
D'ora in avanti ci dobbiamo misurare anche rispetto a questo argomento, atteso che i fondi servono per fornire, trattandosi di aree sottoutilizzate, un incentivo allo sviluppo di alcuni territori. Poiché, sino a oggi, ciò sicuramente non è avvenuto, credo che dovremmo concentrarci su questo argomento.
Per le regioni di cui all'obiettivo convergenza, oltre che con le risorse del FAS ci si deve misurare anche con i fondi strutturali europei, che concorrono in questa fase al finanziamento degli interventi, per non parlare delle risorse che citava il collega Vico, quelle residuali del piano del CIPE.
Continuare a parlare di parcellizzazione della spesa, indipendentemente dagli interventi di manutenzione cui accennava prima il collega Vannucci, che credo abbiano un percorso diverso, sarebbe un errore. I fondi PAR - considero quelli della mia regione peraltro, ancora oggi scarsamente utilizzati - ci sono e concorrono, nella misura dell'8,5 per cento dei fondi strutturali europei. Eppure ci sono 6 miliardi di euro per la Puglia, tanto per intenderci. Ho visto il PAR della Puglia e ho notato che per le attività di comunicazione si spenderebbero intorno ai 50-60 milioni di euro: 35 milioni sono destinati ad una particolare voce e i restanti sono distribuiti in altre voci.
Convengo con il collega Vico, quando sostiene che la riprogrammazione, in un'ottica di insieme per quanto riguarda il Mezzogiorno e il suo sviluppo, va assolutamente compiuta. Voglio ricordare che non tutte le regioni attualmente comprese nell'obiettivo convergenza, lo saranno ancora dopo il 2013. Dobbiamo riuscire a dare qualità, efficienza e tempistica adeguata per utilizzare tutte le risorse disponibili entro il 2013.
La relazione del Commissario Hahn e del Ministro Fitto - a seguito delle visite che hanno compiuto nelle diverse regioni - è significativa per il fatto che evidenzia che rischiamo di perdere diversi miliardi di euro entro la fine dell'anno, se tali risorse non saranno adeguatamente programmate e utilizzate.
Porto un esempio. Le esperienze delle aree vaste sui territori stanno fallendo tutte. Vi chiederei se voi siete a conoscenza, per esempio, dello stato di progettualità di tutte quelle infrastrutture, piccole o grandi, previste nei PAR. Per la mia regione vi riferisco che è nullo. Come contempliamo la tempistica, oltre alla qualità e all'efficienza?
Concordo con il collega Vannucci, quando sostiene che bisogna trovare un accordo tra le diverse risoluzioni, perché si darebbe - io sono il primo ad affermarlo - anche più forza alla nostra azione. Se c'è una questione che io guardo con attenzione è il tempo della messa a disposizione delle risorse.
Per esempio, nella risoluzione che ho sottoscritto insieme ad altri colleghi di maggioranza viene affrontato il tema della riprogrammazione che il collega Vico citava e di quando vada compiuta. In tale risoluzione vi è indicato che la riprogrammazione deve essere ultimata entro il 30 aprile. Sto parlando della risoluzione nella sua attuale formulazione e dell'esperienza nella mia regione. Presidente, si informi in merito a quante risorse, negli ultimi due anni, la regione Puglia ha restituito all'Unione europea perché c'è stata un'incapacità di spesa. Se avessimo erogato ulteriori risorse figuriamoci che fine avrebbero fatto. Forse oggi potremmo anche recuperarle e riutilizzarle.
Per non parlare poi del CIPE. Credo che vada trovata la soluzione, che è quella di un piano strategico che risolva il problema dello sviluppo del Mezzogiorno e riesca a renderlo collegabile all'intero sistema


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Paese, oltre che a quello europeo, ma che nello stesso tempo possa dare slancio all'economia del sud.
Se cominciamo a parcellizzare le infrastrutture perché - capisco anche questo - rispetto alla crisi abbiamo bisogno di mettere risorse sul mercato per creare una miriade di appalti, non le 500 fontane (forse ne faremo anche 1.000), senza poi alcun costrutto o reale concretezza per imprimere slancio ai territori, credo che avremmo commesso un torto a noi stessi e alle nostre comunità peccando di ipocrisia.
Questa è un'occasione per il Mezzogiorno per prendere atto e coscienza delle sue responsabilità e di portarle avanti sino in fondo, cercando di guardare con attenzione ai problemi veri e di utilizzare queste risorse. Come ripeto, nel 2013 non ci saranno più diverse regioni nell'obiettivo convergenza e vedremo se le risorse del FAS saranno integrate con ulteriori fondi aggiuntivi. Non lo so, ma tentiamo di utilizzare al meglio quelle che ci sono.
Evitiamo di parlare dei PAR, che sarebbero distruttivi, secondo il mio modestissimo parere, ma guardiamo alle esperienze vissute nel passato e all'utilizzo dei precedenti fondi, demandato interamente alle regioni, perché alla fine sono andate a soccombere sia la tempistica che la qualità della spesa, anche a causa della parcellizzazione della stessa.

MARCO MARSILIO. Anch'io svolgo una riflessione che parte dal fattore tempo, perché penso che la questione dei tempi di realizzazione degli interventi sia un elemento fortemente caratterizzante in negativo la competitività del nostro sistema.
Mi pare di capire che buona parte delle preoccupazioni che l'ANCE oggi solleva vertano sulla paura e sul mettere in guardia in merito al fatto che, se si riprogramma l'utilizzo delle risorse dando la priorità alle grandi opere - a parte il fatto di spezzare una lancia verso le piccole opere per gestire con più equilibrio il rapporto tra le grandi imprese e le piccole e medie imprese - e se ricominciamo da capo, non si sa mai quando finiremo. Se occorrono cinque, sette o dieci anni per arrivare alla messa a gara di un'opera e poi si ricomincia, magari ne occorreranno altrettanti e questi fondi non si utilizzeranno mai.
Io penso che dovremmo occuparci in maniera prioritaria e seriamente di questo tema e cogliere l'occasione di un rapporto con le associazioni di categoria per tirare fuori da un tavolo di discussione comune una soluzione che ci consenta di abbattere i tempi. Ritengo che i tempi di realizzazione delle opere si possano e si debbano almeno dimezzare, perché pensare che per realizzare un'opera occorrono sei anni per i diversi livelli di progettazione e un paio d'anni solo per le procedure di gara, le assegnazioni e le certificazioni e che la fase che dura di meno è la costruzione dell'opera - occorrono un paio d'anni per realizzarla, una volta completate tutte le procedure - è assolutamente paradossale ed è ciò che frena lo sviluppo del Paese, impedisce una seria programmazione delle risorse e non imprime mai l'accelerazione necessaria al recupero del gap che esiste soprattutto per le zone più svantaggiate.
Approfitterei di questa occasione e della riflessione che ci è stata presentata per concentrarci su questo tema. Credo che il resto sia un po' un palliativo. Possiamo creare cabine di regia un po' più funzionanti, forse sollecitare il CIPE a essere più veloce nell'erogazione dei fondi, anche se non credo molto che ci sia qualcuno che se li voglia tenere per pregiudizio.
Esistono problemi di carattere burocratico-amministrativo e normativo che producono passaggi faticosi prima di arrivare all'erogazione dei fondi e molto spesso abbiamo dovuto poi riscontrare quanto le amministrazioni locali e le regioni e alcune di esse nello specifico, siano assolutamente carenti sul piano della capacità progettuale, burocratica e amministrativa, il che ovviamente blocca il reale utilizzo di tali fondi.
Al di là di realizzare alcuni interventi di manutenzione del sistema infrastrutturale


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attuale, io credo che si debba radicalmente affrontare il tema base, che è rappresentato dal tempo necessario per passare dallo stanziamento dei fondi in bilancio alla realizzazione di un'opera pubblica e al suo godimento da parte dei cittadini.

CESARE MARINI. Mi vorrei soffermare sulla proposta avanzata dal presidente dell'ANCE in merito all'osservatorio. Senza dubbio esiste un punto di debolezza nelle politiche di sviluppo, rappresentato da un elemento storico, non attribuibile ai governi che si sono succeduti negli ultimi anni, cioè lo stravolgimento del principio dell'aggiuntività delle risorse in quanto queste sono state utilizzate per finalità di spesa ordinaria. È un punto fermo dal quale dobbiamo uscire.
Ricordo che, al tramonto della prima Repubblica, tra le accuse che venivano mosse alle politiche di quel periodo, fino al 1992, ci fu proprio quella di aver «bluffato», perché le risorse aggiuntive diventavano risorse ordinarie.
Vedo il citato osservatorio in quest'ottica, cioè come un soggetto in grado di monitorare qual è in realtà la spesa che viene destinata al Mezzogiorno, dividendo fra spesa ordinaria, aggiuntiva e spesa destinata allo sviluppo.
Che cosa è successo al FAS nella storia recente, nella seconda Repubblica e soprattutto sotto la responsabilità dell'attuale Governo? Bisogna essere sinceri. C'è stato un momento di svolta. Io, per lo meno, ho la coscienza a posto, perché denunciai tale situazione in alcuni miei interventi svolti sia in Commissione sia in Aula.
La svolta è venuta con il decreto-legge n. 112 del 2008, che ha centralizzato la programmazione del FAS, ottenendo che le relative risorse venissero stabilite per legge ma secondo le indicazioni del Ministero dell'economia e delle finanze interrompendo il rapporto di coabitazione tra tale ministero e le regioni. Denunciai il fatto perché era un punto debole.
In seguito le risorse del FAS non sono state compiutamente utilizzate e le pochissime somme che sono state spese sono state destinate ad interventi di carattere ordinario, come nel caso della spazzatura di Napoli, del dissesto del comune di Catania o anche del comune di Napoli, oppure sono state dirottate in altre aree del Paese. Anche se si tratta di piccole somme rispetto all'ammontare complessivo delle risorse, una parte di queste è stata impiegata anche a vantaggio degli allevatori. Potete immaginare che distorsione si sia creata in linea di principio.
In via prioritaria, quindi, occorre istituire un osservatorio che deve monitorare l'utilizzo delle risorse, perché vogliamo sapere se in realtà esiste una volontà di destinare le risorse aggiuntive di cui si parla a un'area non sviluppata, che già dispone di risorse, e che può concorrere alla politica di sviluppo nazionale.
In secondo luogo, non basta pensare alle grandi infrastrutture. Non ci prendiamo in giro. Innanzitutto non ci sono soldi - parliamoci molto francamente - e poi una grande infrastruttura, se non è sorretta da una rete di supporto, non serve, in quanto non lega fra loro le diverse parti del territorio e non crea sviluppo nello stesso.
C'è un altro aspetto. Non basta immaginare che lo sviluppo delle aree consista solo nelle grandi infrastrutture. Si devono aggiungere anche le politiche tese alla formazione e alla pubblica istruzione. È pensabile uno sviluppo di un'area come quella del Mezzogiorno se non si compie una politica di formazione e di istruzione seria, che va aiutata, potenziata ed eventualmente anche guidata, se necessario, anziché ridurre i fondi, abbandonandola così al proprio destino? È una situazione senza via di uscita.
Come primo intervento l'istituzione dell'osservatorio va benissimo, purché sia serio e monitori ciò che avviene.
In secondo luogo, occorre la volontà politica. Dobbiamo essere molto franchi e io lo sono, perché l'ho scritto nella mia rivista. Esiste un equilibrio di governo nel quale è fondamentale il ruolo che svolge la Lega Nord, che lo svolge seriamente - sono ammirato della sua politica - però sappiamo


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che la Lega Nord non ha fatto mai mistero di essere un partito territoriale, il che determina necessariamente che le poche risorse esistenti possano essere destinate ovunque, fuorché nel Mezzogiorno.
Secondo me, questi due aspetti fanno sì che oggi siamo al punto zero delle politiche a favore delle aree in ritardo di sviluppo.

PRESIDENTE. Do la parola al presidente dell'ANCE per la replica, segnalando che abbiamo ancora a disposizione solo alcuni minuti.

PAOLO BUZZETTI, Presidente dell'ANCE. Procedo rapidissimamente per punti.
In risposta all'onorevole Cambursano, credo che il Ministro Tremonti abbia trovato l'armadio pieno perché a noi manca completamente una classe tecnica che segua i nostri progetti in Europa, mentre la Francia, la Spagna e la Germania ne hanno una. Se non formiamo tecnici che seguano le nostre iniziative in Europa, è banale affermarlo, non arriveremo da nessuna parte.
Non svolgerei una discussione tra la necessità della grande opera o della piccola - parliamo delle opere e non delle imprese - nel senso che il problema non è questo: a noi servono grandi infrastrutture e una manutenzione delle opere presenti nel Paese, che stanno cominciando ad andare a pezzi. Senza ricorrere alla demagogia, i telegiornali ci mostrano che persone muoiono nei sottopassaggi quando piove troppo e quando avvengono gli straripamenti. Vediamo anche come le nostre città vadano in deperimento.
Il problema non è di scegliere tra la grande o la piccola opera. Servono tutte e due. Il problema è di capire come compiere una scelta. A monte di tutto, secondo noi, manca una politica industriale per il settore. Occorre la capacità di compiere una scelta con le poche risorse disponibili per gli interventi da attuare.
In questo senso ricordo che i comuni sono sottoposti al Patto di stabilità interno, non pagano le imprese - da due anni la piccola impresa non viene pagata -, c'è una stretta creditizia che non si è mai verificata da parte delle banche e non si compiono le opere di manutenzione. La piccola opera sarà dispersiva, ma noi abbiamo le buche per le strade. Cerchiamo di renderci conto che non si effettua più la manutenzione ordinaria.
Per procedere proprio rapidamente, l'onorevole Vannucci domanda se condividiamo la risoluzione che potrebbe essere approvata dalla Commissione bilancio. La condividiamo, perché indiscutibilmente è una Commissione autorevolissima. Noi contiamo molto su ciò che voi potete rappresentare in questo senso.
Per ora non abbiamo perso alcuna risorsa, però 10 miliardi di euro sono senz'altro a rischio. Lo sappiamo perché sono programmati anno per anno e, quindi, il rischio esiste sicuramente.
L'onorevole Calvisi chiede che cosa può fare l'associazionismo e rileva che i tanti interventi portano al ritardo della spesa. Questo sicuramente è vero. Tale rischio esiste. Non credo che ci sia addirittura una strategia nel voler spendere poco e tardi, però indubbiamente, come sosteneva anche l'onorevole Marsilio, anche supponendo che sia lodevole la loro funzione, non è accettabile che tali risorse vadano spese, come ricordava l'onorevole Marini, per coprire gli oneri derivanti dalle quote latte e dai dissesti dei comuni. È successo e bisognerebbe ammetterlo. Il fatto che il CIPE, dal 2009, non abbia messo in campo le risorse in presenza del nostro debito pubblico secolare è inaccettabile.
Bisogna dire le cose come stanno. Si deve arrivare ad affermare con chiarezza che nel momento di difficoltà non possiamo fare affidamento sulle risorse già messe a disposizione dal CIPE. Non possiamo continuare con il racconto fantasioso che nelle pieghe delle decisioni del CIPE nascono degli ostacoli all'utilizzazione delle risorse già stanziate.


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Noi abbiamo chiesto un programma di piccole opere, come hanno fatto subito Francia e Spagna, e l'abbiamo chiesto prima che lo facessero questi due Paesi, non per favorire le piccole imprese rispetto alle grandi, ma perché tale programma era indispensabile al fine di creare occupazione e di attuare un'iniziativa utile.
Infatti, il Governo ha brillantemente risposto e ha stanziato 3,5 miliardi di euro. Il problema è che sono sempre lì, restano fermi nelle pieghe delle decisioni del CIPE che portano a non spenderli. Non esiste una tempistica, al di là dei ritardi di anni, che sono legati a una burocrazia immobile. Il problema di fondo è che non esiste una volontà politica espressa in maniera chiara. Bisogna valutare che i nostri imprenditori, come i nostri cittadini, sono intelligenti. Diamo loro credito: fissiamo degli obiettivi, spieghiamo bene loro la direzione da intraprendere e quali sono le risorse disponibili. Il problema è che non si fa nulla di tutto ciò. Non è facile decidere, però credo che sia venuto il momento di procedere, poiché siamo al quarto anno di una crisi durissima.
A proposito degli interventi degli onorevoli Franzoso, Marsilio e in parte Marini, per sintetizzare, il problema sono sicuramente i tempi, avete ragione, e prima ancora la volontà politica. Si tratta di un problema di risorse che sono talvolta disponibili e talvolta non lo sono e di una scelta tra grandi e piccole opere.
Ci sarebbe da svolgere un discorso - che in questa sede non affrontiamo - sulla legge obiettivo, sui risultati che ha conseguito in questi dieci anni e su ciò che non ha conseguito. Inoltre, si pone il tema della qualità della spesa e degli interventi che si riescono a compiere.
È un ragionamento interessante, che andrebbe posto a monte dell'impiego delle risorse, però non si può svolgere, secondo me, mandando in malora una classe imprenditoriale che rappresenta una risorsa senza fare più nulla, sostenendo che ci sono sprechi e che comunque dobbiamo impiegare i soldi altrove, ragion per cui non facciamo nulla per le opere pubbliche in Italia. Non è nemmeno una scelta politica. Credo che sia una non scelta.
La promozione di un ragionamento e di un dibattito profondo su questo tema sarebbe assolutamente auspicabile, anche nell'immediato, per esempio con riferimento alle delibere del CIPE, che sono ferme presso di esso e con le quali viene deciso che cosa si deve realizzare con i fondi strutturali e con il FAS.
Occorre anche un'opera di trasparenza: abbiamo dovuto pagare i dissesti di tre comuni fondamentali. Ammettiamolo. Inoltre, si pone il problema della sanità.
Sarebbe assolutamente indispensabile avere chiarezza su questo punto e occorre svolgere un ragionamento sulla possibilità di regole differenti per la gestione delle diverse questioni. C'è un pacchetto pronto - se la manovra governativa ci sarà - che è costato discussioni col Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro Calderoli. È importante, perché apporta delle semplificazioni nel campo delle opere pubbliche e anche dell'urbanistica. Sono proposte, non solo nostre, maturate nell'ambito di due anni di ragionamenti che, se attuate, potrebbero già determinare un'inversione di tendenza sulla qualità della spesa e portare alla riduzione dei tempi.
Ci aspetteremmo anche, infine, un discorso con un profilo temporale di cinque anni o dieci anni, ma comunque strategico, che contempli la formazione del personale che deve curare i nostri interessi in Europa, e la pretesa di maggior qualità da parte delle imprese. Non mi sottraggo alla necessità che deve migliorare anche tale sistema. Noi non ce l'abbiamo solo con l'amministrazione pubblica. Le stesse imprese devono arrivare a un livello di qualità superiore a quello che oggi garantiscono.
Tutto ciò non si realizza in due minuti, però siamo in grado di farlo, se cominciamo a pensare ad una programmazione di un arco temporale di cinque o dieci anni e con alcuni obiettivi specifici. Ben vengano


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gli osservatori e tutti i ragionamenti conseguenti.
Mi fermo. Non ho risposto in maniera esauriente a tutte le domande, però non voglio approfittare ulteriormente del tempo che mi è stato concesso. Siamo sempre a disposizione con tutta la nostra documentazione.

PRESIDENTE. Ringraziamo il presidente Buzzetti per quest'audizione.
Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal presidente dell'ANCE (vedi allegato).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,05.


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