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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissioni Riunite
(V Camera e 5a Senato)
4.
Giovedì 20 gennaio 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE C. 3921 RECANTE MODIFICHE ALLA LEGGE 31 DICEMBRE 2009, N. 196, CONSEGUENTI ALLE NUOVE REGOLE ADOTTATE DALL'UNIONE EUROPEA IN MATERIA DI COORDINAMENTO DELLE POLITICHE ECONOMICHE DEGLI STATI MEMBRI

Audizione del presidente dell'ISTAT, Enrico Giovannini:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3 10 11 14 16
Baretta Pier Paolo (PD) ... 10
Duilio Lino (PD) ... 12
Giovannini Enrico, Presidente dell'ISTAT ... 3 14
Vannucci Massimo (PD) ... 13
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l’Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia, I Popolari di Italia Domani: Misto-Noi Sud-PID; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Repubblicani, Azionisti. Alleanza di Centro: Misto-RAAdC.

COMMISSIONI RIUNITE
V (BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E
5A (PROGRAMMAZIONE ECONOMICA, BILANCIO) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta antimeridiana di giovedì 20 gennaio 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA V COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI GIANCARLO GIORGETTI

La seduta comincia alle 8,45.

(Le Commissioni approvano il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del presidente dell'ISTAT, Enrico Giovannini.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nel quadro dell'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame della proposta di legge C. 3921 recante modifiche alla legge 31 dicembre 2009, n. 196, conseguenti alle nuove regole adottate dall'Unione europea in materia di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri, l'audizione del presidente dell'ISTAT, Enrico Giovannini.
Nel corso di questo ciclo di audizioni, nella giornata di ieri si sono tenute quelle del Ragioniere generale dello Stato, dottor Mario Canzio e del Direttore generale del Tesoro, professor Vittorio Grilli. Proseguiamo questa mattina ascoltando il professor Enrico Giovannini, presidente dell'ISTAT e nel pomeriggio audiremo i rappresentanti delle autonomie locali.
Do la parola al professor Giovannini per lo svolgimento della sua relazione.

ENRICO GIOVANNINI, Presidente dell'ISTAT. Grazie, presidente. Abbiamo messo a disposizione delle Commissioni una copia della relazione e naturalmente sono a vostra disposizione per eventuali chiarimenti.
Quest'audizione ha per oggetto l'adeguamento della recente legge n. 196 del 2009 di contabilità e finanza pubblica e le nuove regole di governance economica dell'Unione europea. Si tratta di cinque regolamenti e di una direttiva proposti dalla Commissione europea, dopo che la crisi economica ha messo in luce la fragilità dei sistemi finanziari dei diversi Paesi dell'Unione, che rafforzano e allargano considerevolmente l'ambito della sorveglianza comunitaria sulla stabilità macroeconomica.
Le proposte della Commissione contengono diverse innovazioni nel processo di monitoraggio, sotto il profilo normativo, in termini di tempistica e di ampiezza delle informazioni prodotte dai singoli Stati membri.
Segnalo, peraltro, che il coinvolgimento dell'ISTAT nelle attività previste dalla legge n. 196 riguarda diversi aspetti tra loro collegati ed è anch'esso in evoluzione. Infatti, l'Istituto è responsabile della produzione di informazione statistica per le autorità di governo nazionali e ora direttamente per la Commissione europea attraverso gli indicatori del nuovo sistema di monitoraggio, nonché gli indicatori, le previsioni e le valutazioni precedentemente prodotti dall'ISAE. Infatti, dal 1o gennaio 2011 alcune delle funzioni precedentemente svolte dall'ISAE sono state trasferite all'ISTAT.


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L'informazione statistica prodotta dall'ISTAT in tema di finanza pubblica poggia, in larga misura, su informazioni fornite dalle amministrazioni pubbliche, nel quadro normativo definito proprio dalla legge n. 196. Il rafforzamento dell'attività di sorveglianza comunitaria prevede anche un rafforzamento della governance statistica.
Tra le misure assunte vi è, per esempio, l'attribuzione all'Eurostat di poteri di ispezione sulla produzione dei conti nazionali che erano stati sollecitati da tempo, ma mai conferiti fino allo scoppio della crisi della Grecia, la quale ha posto con forza la questione dell'imparzialità dell'informazione statistica e dell'autonomia degli istituti di statistica.
Nel mio intervento, pertanto, affronterò le richieste informative da parte delle Commissioni bilancio su cui l'Istituto ha competenza, ma anche alcuni aspetti della legge n. 196 ritenuti di particolare rilievo per l'attività dell'Istituto e svolgerò alcune considerazioni sul ruolo dell'ISTAT e della componente statistica nel quadro del nuovo sistema europeo di governance economica.
Il primo punto riguarda l'informazione statistica sui bilanci e sui fabbisogni e la nuova tempistica del ciclo di programmazione economico-finanziaria di bilancio.
La proposta di legge C.3921 introduce modifiche nei contenuti e soprattutto nella tempistica con cui devono essere resi disponibili i documenti di finanza pubblica previsti dal ciclo di programmazione economico-finanziaria e di bilancio. In particolare, il nuovo Documento di economia e finanza (DEF), di cui all'articolo 2, comma 2, della proposta di legge, predisposto dal Ministero dell'economia e delle finanze e presentato alle Camere entro il 10 aprile di ogni anno, raccoglierebbe contenuti e informazioni che nell'ambito del ciclo di programmazione definito con la legge n. 196 del 2009 venivano resi disponibili in documenti distinti e in momenti diversi dell'anno, in particolare, la Relazione sull'economia e la finanza pubblica (REF) il 15 aprile, la Decisione di finanza pubblica il 15 settembre e l'aggiornamento del Programma di stabilità e crescita a dicembre.
Il Documento di economia e finanza (DEF) è funzionale alla predisposizione e alla trasmissione entro il 30 aprile al Consiglio e alla Commissione europei del Programma di stabilità e del Programma nazionale di riforma. Una nota di aggiornamento del DEF è prevista entro il 25 settembre, contenente, tra l'altro, l'eventuale aggiornamento delle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica per l'anno in corso e per il restante periodo di riferimento e gli elementi necessari a recepire le raccomandazioni del Consiglio dell'Unione europea relative al Programma di stabilità e al Programma nazionale di riforma.
Ai fini della predisposizione dei documenti di finanza pubblica, l'ISTAT fornisce sistematicamente le informazioni di base utilizzate per le previsioni del quadro macroeconomico - principalmente i dati trimestrali del PIL e delle sue componenti diffusi il 10 marzo - nonché dei conti e degli aggregati del settore delle amministrazioni pubbliche e dei relativi sottosettori. Fino a oggi, tali informazioni sono state fornite con il rilascio dei dati di contabilità nazionale effettuato il 1o marzo - le date sono importanti, ragion per cui nella relazione messa a disposizione è riportato anche uno schema di queste tempistiche - attraverso elaborazioni integrative trasmesse dall'ISTAT al Ministero dell'economia e delle finanze nell'arco nella prima metà di marzo, in tempo utile per la predisposizione delle analisi dei dati di consuntivo e dell'aggiornamento delle previsioni contenute nella Relazione sull'economia e la finanza pubblica entro il 15 aprile. Immediatamente dopo, fino all'inizio di aprile, ulteriori elaborazioni sono state fornite all'ISAE ai fini della predisposizione delle analisi contenute nella Relazione generale sulla situazione economica del Paese.
La nuova tempistica prefigurata dalla proposta di legge potrebbe implicare che l'ISTAT renda disponibili anticipatamente numerose elaborazioni, soprattutto quelle


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che attualmente fornisce nell'arco della prima metà del mese di marzo, successivamente al rilascio dei dati di contabilità nazionale. Si tratta delle elaborazioni fornite per la REF, che, in base alla proposta di legge, andrebbero in futuro fornite in tempo utile per il nuovo Documento di economia e finanza entro il 10 aprile.
Occorre sottolineare, a tale riguardo, che i tempi attuali di interscambio di informazioni tra ISTAT e Ragioneria generale dello Stato sono già estremamente stretti. Un'anticipazione anche minima della tempistica attuale deve essere considerata, dunque, con molta attenzione, alla luce delle difficoltà che già attualmente si riscontrano, al fine di evitare un peggioramento nella qualità dei dati.
Da parte dell'ISTAT, un'eventuale anticipazione della trasmissione dei dati e delle elaborazioni normalmente forniti può essere sostenibile qualora vengano poste in essere le misure necessarie a mettere l'Istituto nelle condizioni di velocizzare il processo di produzione. Tra queste rientra la possibile anticipazione dei flussi informativi che l'ISTAT riceve per l'elaborazione dei conti nazionali diffusi il 1o marzo. A tale riguardo, si considera essenziale dare piena attuazione, il prima possibile, alla delega di cui all'articolo 2 della legge n. 196 del 2009, che prevede l'armonizzazione dei sistemi contabili delle amministrazioni pubbliche e pone in essere l'anticipazione delle scadenze per l'approvazione del bilancio di previsione e di rendiconto degli enti, già prevista dallo schema preliminare di decreto attuativo. Vorrei veramente sottolineare che questa diventa una condizione necessaria per l'anticipazione dei tempi.
Inoltre, va segnalato che il periodo da gennaio ad aprile è particolarmente denso di impegni per l'ISTAT in materia di produzione di dati. In particolare, ricordiamo la trasmissione all'Eurostat entro il 30 marzo della notifica sull'indebitamento netto e sul debito, che costituisce il momento di verifica della coerenza e qualità dei conti pubblici nazionali nel quadro della procedura sui deficit eccessivi.
Tale procedura è stata rafforzata con il regolamento CE n. 679 del 26 luglio 2010, a fronte dell'esigenza di garantire una migliore capacità di controllo da parte dell'Eurostat della qualità dei dati trasmessi dai Paesi. Ciò richiede uno sforzo aggiuntivo da parte dell'ISTAT, chiamato a fornire analisi più estese e dettagliate al tempo stesso, per poter rispondere alle crescenti esigenze informative degli organismi europei.
Ulteriori impegni restano invariati nel quadro della riforma che si va prefigurando. Tra questi ci sono le elaborazioni per la Relazione generale sulla situazione economica del Paese. Per quest'ultima la proposta di legge C. 3921, pur non modificando la scadenza per la sua predisposizione, rimanda l'individuazione dei suoi contenuti ai lavori dell'apposita commissione di esperti.
Vorrei anche intervenire su alcune proposte che sono state avanzate in questi giorni nel corso delle audizioni, in particolare da parte - credo - del Direttore generale del Tesoro, sulla possibilità di una soppressione della Relazione generale sulla situazione economica del Paese o sulla sua trasformazione in un documento di natura puramente statistica e, quindi, il trasferimento all'ISTAT della responsabilità di tale documento.
Si segnala che il principale valore aggiunto della Relazione generale deriva proprio dalla presentazione di molti dati statistici non altrimenti disponibili. Di conseguenza, sarebbe importante assicurare la continuità di tali dati e, quindi, l'ISTAT è favorevole alla proposta di trasformare il documento in una raccolta strutturata di informazioni statistiche, eventualmente da realizzare a cura dell'Istituto e del Ministero dell'economia e delle finanze.
La tempistica di una tale raccolta, però, potrebbe essere ridefinita per assicurare la compatibilità con gli altri impegni di cui si tratta in questa sede e, quindi, potrebbe essere ritardata, per esempio, a giugno, come avviene in alcuni Paesi, proprio per evitare l'ingorgo nella produzione di documenti nei mesi di marzo e aprile.


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Un altro aspetto da considerare è che le previsioni aggiornate sul quadro macroeconomico e sui conti pubblici prodotti dal Ministero dell'economia e delle finanze sono trasmesse dall'ISTAT ad Eurostat, ai fini della notifica dell'indebitamento netto e del debito delle amministrazioni pubbliche, entro il 30 marzo di ogni anno. In questo caso si verifica un altro ingorgo di date. Fino allo scorso anno erano trasmesse per la parte previsionale le previsioni rese disponibili in occasione dell'aggiornamento annuale del Programma di stabilità e crescita, cioè a dicembre. Con la proposta di legge in discussione, le ultime previsioni disponibili ai fini della notifica, vista la soppressione appunto dell'aggiornamento di dicembre, sarebbero quelle predisposte entro il 25 settembre dell'anno precedente. In questo modo, si verrebbe meno alle richieste dell'Unione europea, che sono quelle di fornire previsioni il più aggiornate possibile.
D'altra parte, se la notifica venisse effettuata, come deve essere, il 30 marzo, a pochi giorni di distanza sarebbero disponibili le nuove previsioni del DEF, siano esse prodotte il 10 o il 15 aprile. Ciò non appare in linea con quanto indicato nel regolamento comunitario n. 479 del 2009. All'articolo 2 di questo regolamento, infatti, si stabilisce che le «cifre relative all'ammontare previsto del disavanzo pubblico e del debito pubblico per l'anno in corso» vengano trasmesse due volte l'anno e rispecchino le previsioni ufficiali più recenti, tenuto conto delle ultime decisioni in materia di bilancio e delle prospettive degli sviluppi economici.
Per rispettare questi obblighi si prospettano due possibilità: anticipare le previsioni del quadro macroeconomico e di finanza pubblica a una data precedente il 30 marzo, il che ci sembra di difficile realizzazione, oppure prevedere che la notifica venga aggiornata nel periodo tra il 1o e il 22 aprile, nel cosiddetto clarification round, in cui tipicamente Eurostat chiede appunto chiarificazioni ai Paesi membri, con le previsioni contenute nel DEF di metà aprile.
In questo ultimo caso, tuttavia, si renderà necessario informare preventivamente e formalmente Eurostat che l'Italia rettificherà sistematicamente la notifica del 30 marzo. Non vi sarebbero, invece, problemi per la notifica del 30 settembre, poiché sarebbero disponibili le previsioni della nota di aggiornamento del DEF, che, secondo la proposta di legge in esame, è predisposta entro il 25 settembre.
L'incastro di queste date è veramente cruciale sia per la credibilità nazionale e sovranazionale delle cifre che il Paese fornisce, sia per rendere operativi i dettati dei regolamenti comunitari, che, come dicevamo prima, richiedono previsioni il più possibile aggiornate ed elaborate a ridosso delle decisioni di finanza pubblica.
In secondo luogo, vorrei trattare due punti che hanno a che fare con la completezza e la qualità dell'informazione contenuta nel Documento di economia e finanza pubblica e l'utilizzo della lista delle amministrazioni pubbliche.
L'informazione prevista dal DEF - di cui all'articolo 2 della proposta di legge - ancora non pubblicato, può essere valutata sulla base dei contenuti della Decisione di finanza pubblica dello scorso anno. Già nel corso della mia audizione sulla Decisione di finanza pubblica, ho constatato con piacere un deciso miglioramento rispetto al passato per quanto riguarda il grado di dettaglio delle stime e la trasparenza nelle metodologie degli allegati al documento. Auspico, pertanto, che questa innovazione venga mantenuta anche nel futuro DEF.
Quest'ultimo documento, articolato in tre sezioni dedicate alla presentazione e all'analisi dei dati di finanza pubblica e agli schemi sia del Programma di stabilità sia del Programma nazionale di riforma, può presentare in modo più organico e unitario le informazioni attualmente contenute in documenti diversi prodotti nel corso dell'anno. La simultaneità e la maggiore organicità delle informazioni può porre l'esigenza di rafforzare la possibilità di leggere e analizzare i dati delle diverse sezioni in modo comparabile e agevole, per esempio, prevedendo, come anche proposto


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dalla Banca d'Italia nel corso della recente audizione, opportuni raccordi.
Vorrei, invece, richiamare l'attenzione delle Commissioni su un problema che abbiamo già sollevato e che in queste settimane sta diventando particolarmente evidente, cioè l'utilizzo della lista delle amministrazioni pubbliche a fini giuridico-amministrativi.
L'articolo 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009 stabilisce che l'ambito di riferimento cui si applicano le norme contenute nella legge è costituito dagli enti e dagli altri soggetti che compongono il settore istituzionale delle amministrazioni pubbliche, come individuati dall'Istituto nazionale di statistica sulla base delle definizioni di cui agli specifici regolamenti comunitari. Il successivo comma 3 dell'articolo 2, precisa che la ricognizione delle amministrazioni pubbliche è operata annualmente dall'ISTAT con proprio provvedimento e pubblicata nella Gazzetta ufficiale entro il 31 luglio di ogni anno.
Al riguardo, credo opportuno riprendere le osservazioni già svolte nell'audizione presso questa Commissione bilancio della Camera dei deputati, relativamente ai contenuti della legge n. 196.
In primo luogo, l'ISTAT compila la lista con la finalità di pervenire ad aggregati statistici del conto delle amministrazioni pubbliche rappresentativi e robusti. Tale finalità è soddisfatta costruendo la lista sulla base di criteri statistico-economici che richiedono di dare priorità a quegli enti la cui rilevanza economica può avere un impatto significativo sul conto economico delle amministrazioni pubbliche. Inoltre, i criteri di analisi applicati nella costruzione della lista sono improntati alla necessità di rintracciare la sostanza economica degli operatori, indipendentemente dalla forma giuridica che assumono.
Il richiamo che la normativa vigente opera alla lista al fine di riconnettervi determinati effetti giuridico-economici, pratica ripresa peraltro nel decreto legge n. 78 del 2010, poi convertito in legge, trasforma - nella sostanza - una «lista statistica» in una «lista amministrativa», nel momento in cui dall'inclusione o meno in tale lista possano discendere effetti giuridici pregiudizievoli per i singoli soggetti, i quali possono tuttavia ricorrere al giudice amministrativo per la tutela dei loro interessi e diritti, come sta avvenendo. Il numero di ricorsi presentati ai tribunali amministrativi, non tanto sull'inclusione nella lista, che è solo strumentale, quanto sulla manovra di finanza pubblica che colpisce alcune delle attività di questi enti, è cresciuto notevolmente.
Sotto il profilo teorico si ritiene che una lista delle amministrazioni pubbliche - utilizzata per fini giuridico-amministrativi - debba essere costruita in modo rigoroso, sulla base di precise categorie giuridiche, onde evitare che alcune unità possano sottrarsi a questi effetti e/o subirli a causa della mancata e/o avvenuta inclusione nella lista. Viceversa, le finalità per le quali la lista S13 è costruita e i criteri statistico-economici che ne costituiscono la base non consentono l'applicazione fedele di tali categorie giuridiche.
Secondariamente, il Sistema europeo dei conti richiede una valutazione della posizione degli enti su un arco pluriennale, volendo cogliere le caratteristiche economiche e strutturali dell'unità sotto osservazione e, quindi, relativamente stabili nel tempo. La cadenza annuale della ricognizione delle amministrazioni pubbliche in ambito nazionale ad opera dell'ISTAT e della pubblicazione in Gazzetta ufficiale del relativo provvedimento richiede, invece, di sottoporre ogni anno a istruttoria tutte le migliaia di enti che compongono la lista. D'altro canto, i singoli enti inclusi nella lista possono ogni anno presentare ricorso.
In sintesi, dunque, si ritiene che l'uso della lista S13 per finalità diverse da quelle statistiche, ancorché indotto dall'assenza di una specifica anagrafe amministrativa delle amministrazioni pubbliche, debba essere oggetto di un'attenta riflessione, perché potrebbe compromettere l'equilibrio tra il miglioramento della qualità dei conti pubblici e i costi ad esso connessi.


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Termino il mio intervento con alcuni aspetti legati al ruolo della statistica e alle funzioni dell'ISTAT nella nuova governance europea.
La crisi greca ha dimostrato, con particolare evidenza, la necessità che le statistiche siano prodotte e diffuse secondo i princìpi di indipendenza, autonomia scientifica e qualità fissati dalle Nazioni Unite e ripresi dalla normativa europea. La debolezza di una delle componenti del sistema statistico europeo determina, infatti, la debolezza di tutto il sistema. La revisione degli orientamenti che guidano le politiche dell'Unione europea prevede, pertanto, un deciso rafforzamento della governance statistica.
Mi sia, però, consentito di aggiungere, rispetto ai nuovi poteri che vengono concessi a Eurostat, alcune riflessioni sui passaggi ulteriori che sarebbero necessari per garantire i princìpi della statistica ufficiale sanciti dalla normativa europea, innanzitutto, con riferimento a sei elementi che costituiscono i pilastri di una governance nazionale ed europea: i meccanismi di nomina dei vertici degli studi di statistica e degli altri enti pubblici che producono statistiche; il sistema di finanziamento; gli strumenti di definizione della «domanda» di informazione statistica; le regole di classificazione e le definizioni utilizzate; le procedure di diffusione e, infine, le regole con cui gli istituti di statistica accedono alle informazioni detenute da altri enti, proteggono i dati raccolti a fini statistici e li rendono disponibili per fini di ricerca.
In particolare, per procedere a un rafforzamento della governance statistica europea, cioè per affrontare i problemi ora richiamati in modo risolutivo, dovrebbe essere istituito un sistema europeo degli istituti di statistica, analogo a quello delle banche centrali. Il funzionamento del sistema statistico europeo attuale si differenzia, infatti, notevolmente dal sistema europeo delle banche centrali, non solo in quanto Eurostat è soltanto una delle direzioni generali della Commissione europea - e non un'istituzione autonoma come la Banca centrale europea - ma anche per lo status giuridico dei singoli istituti nazionali di statistica, tipicamente enti della pubblica amministrazione soggetti alla vigilanza di un ministero, secondo quanto previsto dalle norme nazionali, con un bilancio determinato dai Governi e dai Parlamenti nazionali.
Nel nuovo sistema l'Eurostat dovrebbe diventare un istituto autonomo con un budget adeguato definito dal Parlamento europeo e gli istituti di statistica nazionale dovrebbero avere lo stesso status delle banche centrali nazionali e operare su due livelli, come partecipanti al sistema europeo e come regolatori e vigilanti dei sistemi statistici nazionali.
Una tale proposta, recentemente rilanciata dal presidente della Banca centrale europea, richiederebbe, però, una modifica dei trattati e, quindi, può essere perseguita solo nel medio termine. Ciononostante - questa è la nostra proposta - nel breve termine si potrebbe, da un lato, spingere la Commissione a rivedere la decisione sull'indipendenza dell'Eurostat assunta nel 1997, al fine di accrescerne l'autonomia rispetto al resto della Commissione e, dall'altro, definire una direttiva europea, dettando prescrizioni più cogenti nei confronti degli istituti di statistica e delle altre autorità statistiche nazionali riguardanti i sei aspetti sopra richiamati.
Queste due azioni consentirebbero di anticipare diversi aspetti del funzionamento del sistema europeo degli istituti di statistica e produrrebbero, subito, un miglioramento dell'indipendenza e della qualità della statistica di alcuni Paesi, rendendo, altresì, più facile costituire ufficialmente il nuovo sistema, in occasione di una futura revisione del trattato.
Negli ultimi dodici mesi l'Italia ha compiuto importanti passi verso il miglioramento della governance statistica nazionale, alcuni dei quali potrebbero essere proposti come best practice a livello comunitario e rendere forte la posizione italiana di sostegno al disegno sopra descritto. In particolare, la legge n. 196 del 2009, il decreto del Presidente della Repubblica n. 166 del 7 settembre 2010, concernente il riordino dell'ISTAT, la recente


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pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Codice italiano delle statistiche ufficiali hanno introdotto modifiche rilevanti al sistema giuridico e regolamentare della statistica italiana.
Vorrei sottolineare, in particolare, tre punti rispetto al rafforzamento della governance.
Il presidente dell'ISTAT, secondo la legge n. 196 del 2009, è attualmente nominato dal Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previo parere obbligatorio e vincolante del Parlamento reso a maggioranza qualificata. Il suo mandato è di quattro anni ed è rinnovabile una sola volta. Il presidente, in base al decreto di riordino dell'ISTAT, nomina i dirigenti generali, sentito il Consiglio dell'ISTAT nel caso del direttore generale.
L'attuale assetto - simile a quello adottato in diversi Paesi per la nomina del governatore e dei dirigenti generali delle banche centrali - appare coerente con il rafforzamento dell'indipendenza dell'ISTAT e, quindi, non richiede ulteriori modifiche. Resta aperta, invece, la questione della selezione dei dirigenti degli uffici di statistica e degli enti che partecipano al Sistema statistico nazionale (SISTAN), i quali possono essere più esposti a pressioni di natura politica.
La costituzione presso l'ISTAT della «Scuola superiore di statistica e analisi sociali ed economiche» potrebbe rappresentare un'importante opportunità per migliorare il processo di selezione e la qualificazione di tali dirigenti.
Il secondo punto riguarda il sistema di finanziamento. Come si è visto nelle esperienze di diversi Paesi, il mancato finanziamento della statistica ufficiale può rappresentare un modo di condizionarne l'indipendenza.
Nel caso italiano, il bilancio dell'ISTAT è determinato al pari di quello delle altre pubbliche amministrazioni e nel corso degli ultimi anni ha subìto tagli in termini reali che hanno limitato la risposta dell'Istituto agli impegni sottoscritti in sede europea dal Governo italiano. Le difficoltà si riscontrano anche in numerosi enti del Sistema statistico nazionale.
D'altra parte, va riconosciuto come, nel corso degli ultimi diciotto mesi, il Governo e il Parlamento abbiano non solo finanziato i censimenti generali del biennio 2010-2011 - vorrei ringraziare in particolare il Parlamento di averli finanziati secondo l'ammontare di risorse richiesto dall'ISTAT - ma nella versione finale della legge di bilancio 2011-2013 abbiano anche aumentato il finanziamento pubblico all'Istituto rispetto ai due anni precedenti. Questi due risultati sono particolarmente significativi, visto il contesto generale della finanza pubblica.
Al di là della positiva volontà politica dimostrata in questo frangente, è necessario, però, modificare le procedure attualmente esistenti, adottando un meccanismo basato su tre princìpi: legare il finanziamento ordinario dell'ISTAT a parametri prestabiliti, operando una stima del costo standard della statistica ufficiale, variabile nel tempo in funzione delle modifiche di tali parametri e delle decisioni derivanti dai nuovi regolamenti europei e da obblighi nazionali di produzioni statistiche (si pensi al federalismo); istituire un fondo per lo sviluppo del Sistema statistico nazionale, la cui destinazione dovrebbe essere vincolata alla realizzazione di progetti di innovazione e di miglioramento del servizio ai cittadini; finanziare a parte specifiche operazioni, come i censimenti.
In questo modo sarebbe possibile sia svincolare il finanziamento della statistica pubblica dalla congiuntura politica, sia consentire alle autorità statistiche di avviare progetti a medio termine di rinnovamento del sistema e miglioramento del servizio alla società.
Infine, vi è l'attuazione del Codice italiano delle statistiche ufficiali, che ora si applica a oltre 3.000 enti partecipanti al Sistema statistico nazionale. L'approvazione del Codice apre la strada a iniziative di audit nei confronti di questi ultimi, per valutare la coerenza tra pratiche e standard.


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In particolare, appare necessario, ed è la nostra priorità per il 2011, migliorare le procedure di diffusione dell'informazione statistica da parte degli enti del SISTAN. Infatti, mentre gli istituti di statistica hanno ormai adottato politiche di diffusione blindate, che includono, per esempio, l'uso di calendari dei rilasci annunciati con mesi di anticipo, proprio per evitare che la congiuntura politica possa bloccare la pubblicazione di alcuni dati, ciò non vale per gli altri enti del SISTAN.
Per migliorare la situazione andrebbero, in primo luogo, rafforzati gli strumenti di natura giuridica a disposizione dell'ISTAT per realizzare le attività di audit, le quali potrebbero beneficiare anche dei lavori in corso a livello europeo per la standardizzazione dei processi statistici.
In secondo luogo, bisognerebbe istituire un meccanismo di incentivazione economica nei confronti degli enti del SISTAN, così da finanziare azioni e progetti volti a superare le criticità individuate dagli audit. Ciò potrebbe anche aiutare nella pubblicazione più rapida di dati di finanza pubblica a livello locale, che servono sia per la compilazione del conto nazionale, sia per la restituzione dell'informazione ai cittadini nell'ambito del federalismo.
Concludo, con un riferimento al trasferimento all'ISTAT di alcune delle funzioni dell'ISAE. In particolare, si tratta delle funzioni di previsione e di analisi economica di breve, medio e lungo periodo e di studio di macro e microeconomia della finanza pubblica e di politiche di sviluppo della coesione sociale, economica e territoriale, oltre che della possibilità di stabilire convenzioni con il Parlamento per particolari attività.
L'ISAE è stato un importante istituto di ricerca, che nel corso degli anni ha assicurato un servizio fondamentale per il Paese. Con il decreto di trasferimento il Governo ha inteso realizzare presso l'ISTAT l'accorpamento di rilevanti attività e professionalità di produzione statistica, di analisi economica e di valutazione delle politiche, rafforzando il suo ruolo nei confronti dei policy maker e della collettività, in analogia a quanto già realizzato in alcuni Paesi europei, per esempio in Francia.
Naturalmente, l'assegnazione delle nuove funzioni all'Istituto porrà anche nuove sfide di carattere scientifico e organizzativo. Si pensi alla necessità di svolgere le funzioni di previsione economica senza che ciò riduca l'autorevolezza dell'ISTAT come certificatore dei dati di consuntivo. Per questo motivo, verrà definito un assetto organizzativo che assicuri la separazione della responsabilità di tali funzioni, in analogia a quanto già avviene, per esempio, presso l'Istituto di statistica francese.
Peraltro, quella previsiva è una funzione di particolare rilievo nel quadro della nuova governance europea - mi riferisco, quindi, ai documenti di cui abbiamo parlato prima - perché consente di soddisfare appieno il criterio di terzietà e di indipendenza rispetto alle autorità di Governo nella produzione di stime sulle dinamiche economiche e finanziarie del Paese e, insieme, un elemento prezioso, anche ai fini della decisione del Parlamento.
Segnalo, infine, che tra i nuovi prodotti che vedranno la luce nelle prossime settimane - derivanti dalla fusione tra ISTAT e ISAE - vi saranno i comunicati stampa concernenti le inchieste congiunturali precedentemente svolte dall'ISAE presso i consumatori e le famiglie, che l'ISTAT ha preso in carico completamente, il primo dei quali è previsto per il 28 gennaio.
Ringrazio il presidente.

PRESIDENTE. Grazie a lei per il suo contributo, sempre molto importante e stimolante.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

PIER PAOLO BARETTA. Volevo ringraziarla davvero per il contributo che ha portato, che è molto utile e si inserisce perfettamente nel ciclo di audizioni che abbiamo tenuto e che stiamo tenendo.
Vengo subito al punto. È emerso da tutte le audizioni - e ovviamente in maniera


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molto precisa anche dalla sua - l'ingorgo, il corto circuito temporale. D'altra parte, nella predisposizione della proposta di legge noi ci siamo trovati formalmente obbligati dalle nuove disposizioni europee. Le modifiche, in termini temporali, tra la legge n. 196 del 2009 e questa nuova versione della legge sono rilevanti. Mi riferisco alla predisposizione del calendario annuale.
Ciò mi impone una riflessione, alla quale lei ha fatto riferimento, quando sottolinea la possibilità non tanto di anticipare, quanto di correggere in corso d'opera, ossia se non siamo di fronte - mi rivolgo anche al presidente e ai colleghi - a una modalità completamente diversa da parte del Parlamento, del Governo e degli istituti predisposti sul modo con il quale guardare la dinamica e la struttura. Mi chiedo, cioè, se non siamo di fronte a un percorso continuo, che riguarda tutto l'anno. Mentre prima c'erano due momenti secchi, primavera e autunno - tanto che avevamo costruito una norma che cautelasse il Parlamento per manovre intermedie, con l'obbligo del Governo a emanare una nota di aggiornamento ogni volta che doveva varare una manovra - la scaletta delle scadenze che voi avete illustrato descrive un itinerario continuo.
Questo fatto pone un problema a noi e - insisto - anche al Governo, di una modalità di dialogo costante. C'è una parte innovativa che riguarda la mentalità dei rapporti.
Il problema dell'ingorgo dei primi tre mesi è ancora irrisolto nella discussione. Lei avrà avuto contezza delle audizioni di ieri. In particolare, l'interessantissima audizione del professor Grilli, direttore generale del Tesoro, rimanda esattamente al punto della possibilità di anticipo.
Noi non siamo, credo - poi ne discuteremo - nella condizione di spostare in avanti la data del 10 aprile. Qualcuno ha ventilato, per esempio la Ragioneria generale dello Stato, la possibilità che il 10 aprile diventi il 15 dello stesso mese. Francamente, sono già stretti i tempi tra il 10 aprile e il 30 aprile per la discussione parlamentare.
Vengo alla considerazione conclusiva e vi domando se voi ritenete, pur avendo un approccio doverosamente statistico, che sia possibile distinguere momenti nei quali la discussione possa avvenire anche in presenza di dati non ultimativi. Porto un esempio: il Programma nazionale di riforma non è esclusivamente una lettura di tabelle e di numeri importantissimi, ma la definizione delle scelte politiche che il Paese compie sulla base dei dati. Poiché l'Europa ci consegna i primi elementi di valutazione a febbraio, la discussione può iniziare a febbraio stesso. Poi vedremo come aggiustare la parte statistica vera e propria. Penso che sia molto opportuno il richiamo della legge alla delega dell'articolo 2, però mi pare che questo sia un nodo.
Passo alla seconda osservazione e concludo. Dobbiamo anche risolvere - e mi pare che da parte vostra ci sia un contributo - la questione relativa al coordinamento degli istituti trattata nell'ultima parte della sua relazione.

PRESIDENTE. Io volevo porre due questioni. La prima è una riflessione che rivolgo al relatore, onorevole Baretta e alle Commissioni riunite. Non vorrei che diventasse un appesantimento o un'impresa titanica ed eccessiva, però la questione della lista S13, cioè la lista delle pubbliche amministrazioni dell'ISTAT, che noi richiamiamo sistematicamente quando svolgiamo la funzione normativa, come il Patto di stabilità e altre norme, effettivamente rappresenta un problema.
Non possiamo pensare di risolvere tale problema, ogni volta, rinviando al lavoro svolto dall'ISTAT per fini statistici. Non so se questa possa essere l'occasione per elaborare una sorta di allegato con l'elenco puntuale e con una ricognizione della definizione di amministrazioni pubbliche - sotto il profilo giuridico-amministrativo, - però il problema sollevato oggi dall'ISTAT mi sembra rilevante. Spesso c'è chi protesta sull'inclusione o meno nella lista. Per esempio, il CONI è ricompreso nella stessa e le federazioni sportive del CONI lo sono solo in parte.


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Non vorrei addentrarmi in un'avventura che comporta moltissimo tempo per la ricostruzione dell'elenco, però potrebbe essere questa l'occasione per farlo, visto che mettiamo mano al bilancio dello Stato.
Vorrei poi un chiarimento su un altro ingorgo che noi non abbiamo considerato, o meglio, che non abbiamo adeguatamente valutato, ma che ci è stato segnalato. Non riguarda il Parlamento direttamente, ma indirettamente, e si tratta della vicenda dell'eventuale rettifica - nel periodo del clarification round - dal 30 marzo a quando sostanzialmente vengono prodotti i dati di contabilità nazionale.
Si sostiene che questi dati, che vengono trasmessi dall'ISTAT a Eurostat, ma che sono in realtà dati ufficiali, prodotti con i vostri dati, e rilasciati in modo ufficiale dal Ministero dell'economia e delle finanze, nella nuova costruzione sarebbero aggiornati al 25 di settembre, che è l'ultimo documento ufficiale prodotto dal ministero stesso in sede di nota di aggiornamento, mentre prima vi era l'aggiornamento del Programma di stabilità e crescita, che costringeva comunque a produrre questi dati: vi era, quindi, un aggiornamento di circa due mesi in più.
La vostra proposta è chiaramente ragionevole, però suppongo che questo problema riguarderà anche altri Paesi in Europa e non soltanto noi. Che senso ha per l'Eurostat mantenere ferma una data che immagino sia scoordinata rispetto alle produzioni di altri documenti - altrettanto ufficiali - da parte dei ministeri dell'economia in giro per l'Europa? Questi due mesi di ritardo possono effettivamente cambiare i termini della questione. Più le previsioni sono aggiornate e meglio è, però, temo che anche quelle di dicembre possano essere più aggiornate comunque, alla fine del mese di marzo.
Questo è un aspetto che, pur non coinvolgendo direttamente il Parlamento, mi sembra a sua volta da risolvere. Mi chiedo se sia un problema soltanto italiano o se non sia il caso che l'Eurostat debba cambiare la data entro cui ricevere queste notifiche ufficiali, in quanto non coordinata con la prescrizione del 30 aprile.

LINO DUILIO. Pongo una domanda e svolgo una considerazione, che peraltro si richiama a quanto affermava, da ultimo, il presidente.
La domanda fa riferimento alla prossima «mutazione genetica» dei compiti dell'ISTAT, per la quale si affianca alla tradizionale attività di analisi dei dati a consuntivo, base assolutamente fondamentale per le successive attività di carattere previsivo, la nuova attività, in parte favorita dalla fagocitazione dei compiti precedentemente attribuiti all'ISAE, che comunque - in prospettiva - dovrebbe vedere l'ISTAT come un grande istituto che comprende due rami d'azienda, se così si può dire.
Si tratta di una questione molto interessante anche per noi come Parlamento, perché abbiamo assoluto bisogno di avere come riferimento un ente autorevole, la cui autorevolezza sia in sintonia con quella dell'Eurostat a livello europeo e che, all'interno di una riorganizzazione degli apparati, che spero prima o poi caratterizzi anche l'attività del Parlamento, ci permetta di interloquire col Governo, disponendo di dati che non siano semplicemente quelli che il Governo ci fornisce e che poi ci riduciamo sostanzialmente a commentare.
La domanda è la seguente: per questa mutazione genetica - spero che il termine sia inteso nella sua dimensione di simpatia per l'ISTAT, sentimento che proviamo da sempre - visto che le istituzioni pensano, secondo lei, quanto tempo è necessario perché si possa avere un ISTAT che sia autorevolmente ente di riferimento, oltre che per i dati statistici che esamina a consuntivo, anche per attività per noi fondamentali di carattere previsivo?
Ovviamente, non le chiedo di fare l'indovino, ma le domando quanto tempo è necessario perché l'apparato strutturale dell'Istituto, a cui lei peraltro fa riferimento, anche in termini di esigenze che vedono di nuovo il Parlamento latitante o quanto meno un poco in ritardo - penso all'armonizzazione dei sistemi contabili per l'esercizio della delega di cui alla legge n. 196, di cui non abbiamo nemmeno


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cominciato a parlare; purtroppo in Parlamento si scrivono le leggi, ma poi si dorme e lo affermo in termini autocritici, evidentemente - si adegui alle nuove esigenze.
C'è bisogno di interventi che riguardano anche il Parlamento, ovviamente, perché si possa uniformare la normativa, ma, al di là di questi aspetti, che ritengo importanti, da un punto di vista «aziendale» secondo lei questo compito dell'ISTAT, visto che l'Istituto è storicamente volto a fare altro, sarà relativamente facile o relativamente difficile e quando arriverà il momento finale in cui noi potremo disporre di un Congressional Budget Office (CBO) nel nostro Paese?
Passo alla seconda considerazione, più telegrafica. Riprendo il riferimento alle difficoltà cui accennava giustamente il presidente. Sembra che si voglia quadrare il cerchio dei tempi, immaginando, come si sostiene un po' ironicamente, che anche in matematica si possano quadrare i cerchi. Da una parte la Ragioneria generale dello Stato chiede più tempo e sostiene che dobbiamo spostare il termine dal 10 al 15 di aprile, dall'altra parte, anche noi abbiamo bisogno di più tempo e quindi bisogna spostarlo all'indietro e non in avanti, da un'altra parte ancora c'è il termine finale per cui lo stesso Governo deve elaborare il suo Documento di economia e finanza, che ne riassume molti altri che erano prima distribuiti nel tempo, come lei ha scritto anche nella nota.
Non si esce da questa storia. O voi ci fornite alcuni dati che non fanno strettamente riferimento a ciò che si conclude entro la fine di marzo, oppure, sinceramente, non riesco a capire come si possa avere a disposizione materiale in tempi sufficienti a farci uscire dalla finzione - che spesso noi recitiamo come Parlamento - di esaminare documenti che hanno richiesto settimane e mesi di tempo di elaborazione a istituti che professionalmente si occupano solo di questo, che poi ci vengono forniti e che noi in due giorni, in alcuni casi in poche ore, dobbiamo guardare, approfondire, esaminare ed eventualmente utilizzare per compiere correzioni. Di là da questioni ideologiche, ciò riduce il Parlamento in una condizione ancillare nella oggettività dei dati cui siamo ridotti.
Non so come se ne possa uscire. Il presidente immaginava che non siamo i soli ad accusare questo problema e che in altri luoghi forse bisognerà curare una sincronia diversa di queste date. Forse qualcuno dovrà esprimersi in merito. Siamo nella fase iniziale del semestre europeo, che potrà subire anche alcune modifiche sostanziali nella sua temporalità. Noi siamo in difficoltà, per esprimerci molto francamente.
La questione mi fa quasi venire in mente, in termini nostalgici, il fatto che sotto tale aspetto forse era meglio quando c'era l'anno sociale, quello che andava dal 31 luglio al 30 giugno e prevedeva poi l'esercizio tra 1o gennaio e il 31 dicembre. Non possiamo tornare all'anno sociale, ma forse dobbiamo intervenire per evitare che o voi ci diate numeri non affidabili o noi diamo letteralmente i numeri e, quindi, svolgiamo considerazioni non affidabili.

MASSIMO VANNUCCI. Il presidente Giovannini, che ringrazio, ha dedicato l'ultima parte della sua relazione al ruolo della statistica, credo opportunamente, anche in relazione ai nuovi compiti rispetto agli impegni europei e ci ha indicato tre criticità, tre possibili interventi, sulla dirigenza, sul finanziamento e sulla natura giuridica, da rafforzare per gli strumenti dell'ISTAT.
Le volevo porre una domanda sul sistema di finanziamento. Sappiamo quanto sia importante e strategico il ruolo della statistica, però quanto ci costa la statistica in Italia e può essere parametrata a quanto spendono gli altri Paesi europei? Un Paese efficiente è un Paese che si conosce meglio e, quindi, è utile sapere quanto spendono - in relazione, ad esempio, alla popolazione, al prodotto, alle imprese - i nostri competitor o i nostri amici europei, in modo da poter intervenire.
Credo anche, presidente, che in questa proposta di legge, su tutti e tre i punti si


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possa tentare di compiere un intervento, soprattutto sul rafforzamento della natura giuridica, sulla dirigenza, o intervenendo in altro modo. Mi sembra una questione fondamentale, considerato che, se assumiamo una nuova veste per la statistica, nuovi compiti, nuove strategie, non possiamo non affrontare il tema delle risorse umane. Quando lei parla di tagli, presidente Giovannini, all'ISTAT che cosa manca: uomini, persone, tecnologia? I tagli su che cosa hanno inciso? C'è stata anche l'incorporazione dell'ISAE: porta nuove energie o non cambia nulla, ottimizza o non ottimizza?

PRESIDENTE. Do la parola al professor Giovannini per la replica.

ENRICO GIOVANNINI, Presidente dell'ISTAT. Partirei seguendo l'ordine inverso delle osservazioni svolte, perché è il modo più semplice per affrontarle.
La statistica in Italia costa molto di meno che in altri Paesi europei, anche se i costi totali non sono di facile quantificazione: l'Eurostat ha più volte tentato di calcolarli, ma non è mai riuscito ad arrivare a una soluzione. Se guardiamo, però, ai confronti con i Paesi comparabili, quindi non la Germania, che ha una struttura federale e statistica molto accentuata e in cui l'istituto di statistica centrale ha un ruolo minimo, ma la Francia o l'Inghilterra, che sono esempi più vicini a noi, vediamo che in Italia si spende circa la metà di quanto si spenda in Francia in termini pro capite o rispetto al PIL e un terzo di quanto si spenda nei Paesi scandinavi.
La spesa per statistica è molto ridotta, il che obbliga l'Istituto di statistica a un'efficienza assai elevata, tanto più che la struttura produttiva è molto frammentata, come sappiamo, e le differenze territoriali sono davvero forti. Da questo punto di vista, mi sento molto orgoglioso di guidare un istituto all'avanguardia su molti fronti.
Il problema consiste nel fatto che negli ultimi due anni sono stati approvati quindici nuovi regolamenti comunitari su temi completamente nuovi, che richiedono indagini, l'uso di dati amministrativi, nonché la messa a sistema di altri enti del Sistema statistico nazionale in cui, invero, i tagli alla statistica sono stati ancora più violenti.
Siamo un sistema fragile, non solo sulla statistica, ma anche su altri aspetti. Con il finanziamento del 2011-2013 siamo tornati a circa 170 milioni di euro all'anno, dopo essere scesi a 150 milioni nell'ultimo anno, mentre le nostre stime mostrano che, in realtà, per avere un numero accettabile, ma anche per poter compiere investimenti per il sistema, si dovrebbe stare intorno ai 200 milioni di euro all'anno. Comunque, in una situazione di finanza pubblica come quella attuale, il fatto di essere tornati indietro a 170 milioni piuttosto che a 150 è già un grosso passo avanti.
Che cosa manca all'ISTAT? Manca la prospettiva di medio termine, perché il meccanismo di determinazione annuale dei bilanci, in realtà, anche se triennale formalmente, rende molto difficile programmare interventi di sistema che si ha la consapevolezza che potranno essere realizzati in quanto i fondi saranno disponibili. Esiste, dunque, una precarietà di alcune decisioni, che magari poi devono essere riviste, perché, come ricordavo, la congiuntura politica spinge a tagliare i fondi per gli investimenti. Si tratta di un problema grave, perché per produrre statistiche - come si dice «le statistiche non nascono sugli alberi» - occorrono anni di investimento e, quindi, bisogna avere un'ottica pluriennale.
Rispetto alla domanda sulla fusione con l'ISAE, vorrei ricordare che esiste un punto interrogativo molto forte, che dovrebbe essere sciolto nelle prossime settimane. Infatti, il decreto con cui il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione hanno definito la fusione prevede la possibilità che dei 47 ricercatori e tecnologi trasferiti all'ISTAT dall'ISAE fino a 25 vengano assegnati al Ministero dell'economia e delle finanze sulla base di progetti particolari ogni anno. In altre parole, il MEF sottoporrà a questi 47


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ricercatori alcuni progetti e i ricercatori saranno liberi di scegliere se andare a lavorare al MEF stesso o se restare all'ISTAT.
È chiaro che, se di 47 ne vanno via tre è un discorso, ma, se ne vanno via 25, la situazione diventa completamente diversa. Stiamo lavorando con il MEF proprio per definire una convenzione quadro con cui questi meccanismi verranno definiti e, quindi, tra alcune settimane sapremo quanti di tali ricercatori effettivamente resteranno all'ISTAT e quanti, invece, si sposteranno al Ministero dell'economia e delle finanze.
Ciò significa che per alcune funzioni, quelle di produzione statistica, l'integrazione è già in corso: come vi ho informato, il 28 gennaio prossimo ci sarà il primo comunicato stampa ISTAT sui dati che prima venivano pubblicati dall'ISAE. Per ciò che concerne, invece, le attività previsionali, sia quelle di breve termine, che sono più semplici - da un certo punto di vista - sia soprattutto quelle di medio termine, in relazione al problema che è stato sollevato del fiscal council e dell'ausilio al Parlamento nelle valutazioni di previsione a medio termine, potremo svolgere una valutazione solo dopo aver sciolto il nodo sulla quantità di risorse effettive che da questa incorporazione saranno disponibili per l'ISTAT.
Vengo al tema centrale dell'audizione, ossia le date e la tempistica. Noi non sappiamo come gli altri Paesi si stiano attrezzando. L'Eurostat sta svolgendo un'analisi di tutto ciò e credo che molti altri Paesi stiano compiendo lo stesso processo che si sta compiendo in Italia. Non abbiamo ancora un quadro complessivo.
Le date attuali, quella del 30 marzo e quella del 30 settembre, sono fissate in regolamenti del Consiglio e al momento non mi sembra che si parli di cambiamenti di queste date.
Come si ricordava prima, la quadratura del cerchio dovrà essere trovata e ci sono tre modi possibili per farlo. Il primo è di accelerare il più possibile la produzione dei dati che servono all'ISTAT per produrre i dati di riepilogo; ciò significa compiere interventi sull'armonizzazione dei bilanci soprattutto degli enti locali e promuovere un'utilizzazione dell'informatica molto più spinta. Se ciò non avviene, è sostanzialmente impossibile immaginare un anticipo dei tempi.
Il secondo elemento è un'accelerazione della fornitura da parte dell'ISTAT - tra il 1o e il 30 marzo - di alcuni dati alla Ragioneria generale dello Stato, per consentirle di effettuare le previsioni anticipate. Questo aspetto, come ho richiamato nella mia relazione, può essere leggermente migliorato, ma i tempi sono già estremamente compressi e, quindi, come la Ragioneria generale dello Stato ha già affermato, appare molto difficile un'anticipazione dei tempi.
La terza soluzione, che è chiaramente di ripiego, è quella che abbiamo fatto intravedere in questa relazione, cioè la possibilità di usare il clarification round per mettere non sui dati di consuntivo, ma sui dati di prospettiva le previsioni più recenti realizzate in quei giorni.
Ciò, naturalmente, risolverebbe anche il problema della stima di dicembre richiamata dal presidente, però, ripeto che dobbiamo far presente - come autorità nazionali - all'Eurostat, in anticipo, che questa sarà la procedura finale. Ogni volta che l'Eurostat, in seguito, effettua le analisi di compliance, infatti, la circostanza che vengano rivisti i dati - nella fase di notifica - non ci dà molti punti a favore.
Passo all'ultima considerazione rispetto alla lista S13. Si tratta di un problema la consapevolezza della cui gravità mi sembra stia diventando patrimonio comune anche in alcuni ministeri, perché ci si rende conto che molte leggi che fanno riferimento, genericamente, al settore della pubblica amministrazione, lasciano poi incerto il perimetro. Penso, per esempio, al decreto legislativo n. 165 del 2001 e al decreto legislativo n. 150 del 2009.
Ci sono due opzioni fondamentali. La prima è quella di creare, a fini amministrativi, un registro delle amministrazioni pubbliche, come esiste il registro delle imprese. Tale registro dovrebbe essere di


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natura informatica, naturalmente, e obbligare tutte le amministrazioni a fornire le informazioni che poi l'ISTAT potrebbe utilizzare per fini statistici. Ricordo, peraltro, che l'Eurostat ha mosso un'osservazione all'Italia, dovuta proprio all'utilizzazione a fini amministrativi di dati statistici compilati per altre finalità.
La seconda soluzione è di potenziare drasticamente la capacità dell'ISTAT di analizzare queste migliaia di casi ogni anno, il che significa dare risorse adeguate per compiere tale operazione. Ciò non risolve il problema concettuale, ma rende meno rischiosa la possibilità di contenzioso che, come ricordavo, alcuni trend rendono in evidente crescita.
La terza soluzione è che i provvedimenti di legge ritaglino - di volta in volta - i sottosettori a cui si intende fare riferimento. Questo, naturalmente, è considerato da alcuni un vaso di Pandora, perché apre lo spazio per discussioni senza fine e, soprattutto, non garantisce necessariamente la tenuta dei conti complessivi del perimetro della pubblica amministrazione.

PRESIDENTE. La ringraziamo molto, professor Giovannini. Come al solito, le audizioni dell'ISTAT sono di assoluta cultura generale e sempre utilissime per poi migliorare concretamente i testi dei nostri provvedimenti.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 9,45.

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