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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissioni Riunite
(V Camera e 5a Senato)
5.
Giovedì 20 gennaio 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE C. 3921 RECANTE MODIFICHE ALLA LEGGE 31 DICEMBRE 2009, N. 196, CONSEGUENTI ALLE NUOVE REGOLE ADOTTATE DALL'UNIONE EUROPEA IN MATERIA DI COORDINAMENTO DELLE POLITICHE ECONOMICHE DEGLI STATI MEMBRI

Audizione di rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome, di ANCI, UPI e UNCEM:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3 4 6 8 10 11 12
Baretta Pier Paolo (PD) ... 10
Cambursano Renato (IdV) ... 10
Cherchi Salvatore, Presidente dell'ANCI Sardegna ... 4 11
Colozzi Romano, Assessore al bilancio, finanze e rapporti istituzionali della regione Lombardia ... 7 12
Giurlani Oreste, Vicepresidente dell'UNCEM ... 8
Rosati Antonio, Assessore alle politiche finanziarie e di bilancio della provincia di Roma ... 3
Santarsiero Vito, Presidente dell'ANCI Basilicata ... 6

ALLEGATI:
Allegato 1: Documentazione depositata dai rappresentanti dell'ANCI ... 13
Allegato 2: Documentazione depositata dai rappresentanti dell'UPI ... 19
Allegato 3: Documentazione depositata dai rappresentanti dell'UNCEM ... 31
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l’Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia, I Popolari di Italia Domani: Misto-Noi Sud-PID; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Repubblicani, Azionisti. Alleanza di Centro: Misto-RAAdC.

[Avanti]
COMMISSIONI RIUNITE
V (BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E
5A (PROGRAMMAZIONE ECONOMICA, BILANCIO) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta pomeridiana di giovedì 20 gennaio 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA V COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI GIANCARLO GIORGETTI

La seduta comincia alle 14,15.

(Le Commissioni approvano il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome, di ANCI, UPI e UNCEM.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nel quadro dell'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame della proposta di legge C. 3921 recante modifiche alla legge 31 dicembre 2009, n. 196, conseguenti alle nuove regole adottate dall'Unione europea in materia di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri, l'audizione di rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome, di ANCI, UPI e UNCEM.
Do la parola al dottor Antonio Rosati in rappresentanza dell'UPI.

ANTONIO ROSATI, Assessore alle politiche finanziarie e di bilancio della provincia di Roma. Ringrazio il presidente e le Commissioni per l'invito. Noi, con il vostro consenso, depositiamo un documento contenente le nostre osservazioni su questo importante passaggio parlamentare volto alla modifica della legge di contabilità e finanza pubblica.
Ringrazio anche i colleghi delle altre associazioni che ci consentono di parlare per primi. Pur avendo sede a Roma, a volte il mio lavoro presenta delle difficoltà, visto che oggi mi aspetta un Consiglio provinciale molto impegnativo. Li ringrazio, quindi, di avermi concesso di intervenire per primo.
Come lei sa, presidente, e come sanno i suoi colleghi, stiamo discutendo di un provvedimento legislativo che è frutto anche di una nostra richiesta, ossia delle parti e delle associazioni degli enti locali. Alle porte del nuovo assetto federale - vedremo poi se andrà bene o meno e se ne saremo soddisfatti - è un passaggio che, dal punto di vista delle nuove regole relative al piano di rientro del debito dei Paesi membri dell'Unione europea e ai nuovi criteri del Patto di stabilità interno, ci preoccupa e ci interessa moltissimo. È un provvedimento importante.
Vi è già una contraddizione, però: è vero che l'abbiamo chiesto noi, ma il provvedimento non prevede assolutamente modalità e tempi per il coinvolgimento delle associazioni degli enti locali. Non c'è in alcuna sua parte un richiamo esplicito a un nostro coinvolgimento. Esiste una contraddizione in termini dal punto di vista politico in tutta la discussione che stiamo tenendo, la quale è, secondo noi, una lacuna che va assolutamente colmata.
Poiché i saldi sono ancora il punto di riferimento fondamentale, per noi significano programmazione e, quindi, coinvolgimento. Prima del 10 aprile e del 25 settembre, le due date importanti che la


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proposta di legge richiama, vorremmo essere coinvolti in forma adeguata non solo per elaborare obiettivi comuni, ma anche per programmare i bilanci dei comuni e delle province tenendo conto delle inevitabili ricadute conseguenti.
In realtà, temiamo addirittura un arretramento, perché, mentre nella legge n. 42 del 2009 e nella versione iniziale della legge n. 196 del 2009 ciò era, se non codificato, quanto meno previsto, in questo testo è completamente assente, il che ci preoccupa un poco.
Ci interesserebbe ragionare entro settembre o possibilmente anche entro aprile, per esempio, sui criteri del Patto di stabilità interno. Come sapete, è una discussione che portiamo avanti da tanto tempo. Quando parlo di criteri mi riferisco alle regole per formare il saldo e a quelle per garantire l'equilibrio tra la spesa corrente e le spese per investimenti.
A proposito di investimenti, colgo l'occasione, onorevole presidente, per ricordare alla Commissione che, come sapete, l'Italia registra un blocco dei cantieri degli enti locali per via del Patto di stabilità interno, nonostante molti enti locali siano virtuosi e registrino delle giacenze di cassa.
A maggior ragione, quindi, entro aprile, abbiamo bisogno di conoscere i criteri adottati per la definizione del Patto di stabilità e gli equilibri sui quali questo si reggerà. La grande questione non ancora risolta riguarda l'individuazione dei parametri affinché un ente sia ritenuto virtuoso o meno e i conseguenti premi e penalità.
In estrema sintesi, questa è la nostra posizione. Come in parte prevede la legge n. 42 del 2009, in maniera positiva, occorrerebbe prevedere anche per la legge n. 196 armonizzazioni per gradi, ossia interventi successivi in modo da armonizzare i bilanci, che non si elaborano d'emblée, ma sono un strumento molto complesso per gli enti locali, e per le province. Occorre proseguire e arrivare finalmente all'obiettivo per tappe successive. Come il federalismo si è dato le sue tappe - avremo due, tre o quattro anni davanti a noi per garantirne l'attuazione - anche per la legge n. 196, così come per la legge n. 42, sarebbe necessario, dunque, prevedere armonizzazioni successive.
Si tratta di un punto davvero importante, perché, se saltiamo il passaggio del nostro coinvolgimento, poi incontreremo molte difficoltà in più. Grazie.

PRESIDENTE. Riprendiamo l'ordine degli interventi, a partire dai rappresentanti dei comuni.
Do la parola a Salvatore Cherchi, presidente dell'ANCI Sardegna, che è stato in passato componente della Commissione bilancio della Camera.

SALVATORE CHERCHI, Presidente dell'ANCI Sardegna. Presidente e onorevoli parlamentari, rinviando alla relazione che mettiamo a disposizione, ne sottolineo rapidamente i punti essenziali.
È del tutto evidente che quella in esame è una proposta di legge necessaria per armonizzare le decisioni di finanza pubblica con quanto è maturato lo scorso anno a livello europeo. La proposta di legge in generale ha una finalità positiva e necessaria e immagino che si arriverà rapidamente anche alla sua approvazione.
Sottolineo alcuni punti. Il primo riguarda il Documento di economia e finanza, da presentare alle Camere entro il 10 aprile. È previsto, ai sensi dell'articolo 7, comma 3, della legge n. 196 del 2009, come sostituito dall'articolo 2 della presente proposta, che tale documento sia inviato per il parere alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.
Il primo aspetto che sottolineo è la necessità che sia effettivamente costituita la Conferenza, perché allo stato, nonostante le disposizioni di legge e il fatto che sia stato predisposto uno schema di decreto legislativo istitutivo della Conferenza, si è un po' persa per strada. Presidente, potrebbe essere valutata l'ipotesi di istituire la Conferenza per legge. È fondato il dubbio che lo schema di decreto legislativo che prevede l'istituzione di tale organismo non arrivi in porto, ma si potrebbe comunque


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valutare - sottopongo alle Commissioni questa riflessione - che si istituisca la Conferenza direttamente per legge.
Passo al secondo punto. Nel testo che avete in discussione è previsto il parere della Conferenza. Credo che sia utile che si tratti di un parere per così dire «rafforzato».
Al riguardo, noi sottoponiamo anche un emendamento alla Commissione. Credo che questo punto meriti una riflessione comune, perché, quando si assumono decisioni che riguardano l'insieme delle istituzioni della Repubblica, è bene che ci siano un'effettiva partecipazione e un coinvolgimento nelle decisioni.
Come sappiamo, i Paesi che hanno adottato un assetto di tipo federale hanno istituzioni centrali che garantiscono il complesso delle istituzioni, siano esse un Senato, una seconda Camera o altri organi. In questa fase, come è giusto che i pesi e gli oneri siano ripartiti tra le istituzioni che formano la Repubblica, compresi i comuni, così occorre assicurare, quando si assume la decisione, che ci sia un'effettiva partecipazione e l'espressione di un parere che conta.
Credo che sia irrealistico chiedere l'intesa in questa fase, però tra un parere acquisito più o meno burocraticamente e una formale intesa esistono anche vie intermedie che possono sostanziare maggiormente il ruolo della Conferenza e, quindi, della partecipazione al processo decisionale.
Su questo punto la nostra proposta è intanto che la Conferenza sia effettivamente costituita, come prevede la legge. Si potrebbe, già in questa fase, riportare il contenuto dello schema di decreto legislativo che ne prevede l'istituzione all'interno della proposta di legge. In secondo luogo, occorrerebbe che il ruolo della Conferenza non fosse relegato soltanto all'espressione di un semplice parere.
Vengo al punto concernente il Patto di stabilità interno. Le regole del Patto di stabilità interno dovrebbero essere stabili nel tempo, certe e consentire la programmazione per gli enti locali. Invece, con la previsione normativa di cui alla lettera d) del comma 1 dell'articolo 10-bis della legge n. 196 del 2009, introdotto dall'articolo 2, comma 3, della proposta di legge, in realtà si rafforza la precarietà del quadro normativo, perché si prevede espressamente che con la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza sia determinato il contenuto del Patto di stabilità interno, con le sanzioni da applicare e via elencando.
Sul punto, mi spiace, ma abbiamo un parere diverso da quello del collega dell'UPI. Abbiamo la necessità di regole certe e ragionevoli nel tempo. Come è noto, l'ANCI ha avanzato una proposta, che in parte è già stata recepita con la legge di stabilità 2011, la quale porta a un obiettivo di pareggio del bilancio, con saldo zero.
Occorrono delle regole stabili; se poi si verifica un'emergenza finanziaria, ovviamente anche il comparto delle autonomie locali se ne fa carico, ma all'interno di norme ragionevoli e stabili nel tempo. Il contributo dell'Associazione è anche quello di mettere sotto controllo il debito delle amministrazioni locali e per questa via anche controllare la spesa per investimenti, le spese in conto capitale, quelle del Titolo II dei nostri bilanci, ma nel quadro di regole che consentano la programmazione.
Non ci opponiamo per nulla all'onere che deve giustamente ricadere anche sugli enti locali. Lo assumiamo in modo particolare per quanto riguarda le partite correnti con una proposta assolutamente rigorosa e anche per quanto riguarda il controllo del debito del comparto degli enti locali, però servono regole stabili nel tempo e ragionevoli. Se i comuni valgono il 9 per cento del totale del conto consolidato delle pubbliche amministrazioni, ci si fa carico dei problemi della finanza pubblica per il 9 per cento; è una questione assolutamente ragionevole.
La suddetta lettera d), così come è configurata, accentua la precarietà. La nostra proposta, quindi, è che tale lettera sia soppressa, in modo da conservare quanto meno quel margine di stabilità che è stato recentemente introdotto.


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Illustro un ulteriore punto, che mi auguro sia facilmente accoglibile. La legge di stabilità viene presentata alle Camere entro il 15 di ottobre. Si chiede di anticipare tale scadenza al 1o ottobre, perché, se rimane l'attuale scansione temporale, è assai probabile che verrà consolidata anche per il futuro la situazione del ricorso all'esercizio provvisorio.
Si tratta di una classica riforma a costo zero. Progressivamente tutte le regioni stanno approvando il bilancio di esercizio in modo che abbia inizio il 1o gennaio. L'insieme delle istituzioni ci guadagna, come anche i cittadini, se si inizia l'esercizio ordinatamente il 1o gennaio. Spesso si verificano tre mesi di esercizio provvisorio in ogni amministrazione. Tre mesi di esercizio provvisorio in ciascuno dei cinque anni di legislatura significano quindici mesi di precarietà, un periodo non indifferente nell'arco dei cinque anni. Se la scansione temporale delle decisioni che poi condizionano i bilanci degli enti locali è rideterminata a costo zero, si ottiene un migliore funzionamento del sistema generale.
Un'ultima osservazione riguarda la banca dati unitaria delle amministrazioni pubbliche così come prevista dall'articolo 13 della legge n. 196 del 2009. Tale banca dati deve essere accessibile a chiunque. Soprattutto in tempi di riforma della finanza pubblica in senso federalistico, è un non senso che ci sia una riserva ad alcune istituzioni della Repubblica in merito alla conoscenza dei dati e ciò vale per lo Stato, per il Parlamento, per le regioni, per gli enti locali.
Formuliamo una proposta tecnica, ma il senso è far sì che ciò che sta dentro la banca dati sia di dominio pubblico, in modo tale che si determinino la conoscenza e la trasparenza dei dati che servono come base per le decisioni di finanza pubblica.
Questi quattro punti, signor presidente, costituiscono il contributo che l'Associazione vuole dare alla discussione. Abbiamo anche preparato alcuni emendamenti. Ringrazio lei e le Commissioni per averci offerto l'opportunità di esprimere il nostro contributo alla elaborazione di una proposta di legge di cui, peraltro, si avverte la necessità.
Signor presidente, con il Sindaco Vito Santarsiero, responsabile per il Mezzogiorno dell'ANCI, vorremmo portare un ulteriore contributo su aspetti che riguardano in modo particolare le politiche.

VITO SANTARSIERO, Presidente dell'ANCI Basilicata. Sarò brevissimo e, per la verità, parlo più nella veste di rappresentante dell'ANCI in seno al Comitato delle regioni, l'organo composto dai rappresentanti regionali e locali dell'Unione europea che ha sede a Bruxelles.
Vorrei sottolineare come le proposte di Salvatore Cherchi di favorire l'armonizzazione delle decisioni di finanza pubblica e l'istituzione della Conferenza, secondo una proposta che supera il testo dello schema di decreto legislativo, già licenziato dal Consiglio dei ministri, rispondono con forza per noi dell'ANCI a un indirizzo che in Europa è sempre più forte e significativo.
L'Europa, già nell'attuale ciclo di programmazione, nei prossimi tempi e per gli obiettivi della strategia «Europa 2020» di crescita inclusiva, intelligente e sostenibile riconosce sempre più un ruolo centrale e strategico alle aree urbane.
Le politiche di coesione in Europa vengono rilanciate; evitando la rinazionalizzazione, esse restano il cuore delle politiche europee. L'Europa investe 350 miliardi di euro l'anno per le politiche di convergenza e riconosce alle aree urbane un ruolo centrale.
Le proposte che ha evidenziato Salvatore Cherchi, fondamentali per i comuni al fine di compiere investimenti, programmare e avere la giusta autonomia gestionale per l'utilizzo delle risorse, vanno nella direzione di fare delle aree urbane ciò che vuole oggi l'Europa, ossia il luogo strategico per le politiche di coesione.

PRESIDENTE. Grazie. Passiamo adesso alla Conferenza delle regioni e delle province autonome.
Do la parola al dottor Romano Colozzi.


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ROMANO COLOZZI, Assessore al bilancio, finanze e rapporti istituzionali della regione Lombardia. Grazie, signor presidente. Chiedo scusa per il ritardo con cui sono arrivato, non dovuto a mia volontà, ma a problemi di traffico.
Aggiungo una seconda premessa: noi oggi non depositeremo alle Commissioni la nostra relazione, perché i presidenti delle regioni e delle province autonome l'hanno approvato questa mattina ed è in fase di stesura definitiva. Appena sarà stata formulata questa stesura, sarà nostra premura farlo pervenire tempestivamente alle Commissioni.
Dato che, stranamente, le posizioni delle regioni sono assolutamente convergenti con quelle esposte dal rappresentante dell'ANCI, non mi dilungherò in modo particolare per non tediare gli onorevoli commissari. I problemi sono gli stessi per tutti e sono già stati sostanzialmente enucleati, ragion per cui userei pochissimi minuti per cercare di comunicare alle Commissioni lo spirito con cui abbiamo formulato alcune proposte di modifica alla proposta di legge che la Commissione bilancio della Camera sta esaminando in questi giorni.
Il nostro atteggiamento non è assolutamente rivendicazionista, ma vorrebbe essere un tentativo di dare sostanza allo spirito con cui si è giunti all'approvazione della legge n. 42 del 2009, in materia di federalismo fiscale. Al di là di tutti i tecnicismi e dei risultati che riusciremo a ottenere, il grande valore aggiunto che noi abbiamo colto nel testo di legge sul federalismo fiscale e di cui la legge n. 196 del 2009 avrebbe dovuto essere in fondo un'applicazione - ho usato il condizionale appositamente e non per una svista - era quello di una grande collaborazione istituzionale nell'affrontare i problemi della finanza pubblica.
Abbiamo l'impressione, invece, che i provvedimenti legislativi che si stanno susseguendo, anziché specificare il principio di collaborazione istituzionale, rischiano di creare norme che contraddicono quel principio, il che ci preoccupa moltissimo. Se non riusciremo a coinvolgere tutti i livelli istituzionali nell'affrontare le sempre crescenti difficoltà che incontriamo nel garantire gli equilibri di finanza pubblica - quest'anno abbiamo già avuto alcuni esempi significativi di come potrebbe evolvere la situazione - noi crediamo che si perda un'occasione storica.
Trapela dalle mie parole un latente pessimismo, perché quest'anno noi speravamo che ci fosse, a valle della legge n. 196, la prima legge di stabilità - la vecchia legge finanziaria - elaborata in senso federalista. Poi, vista anche la complessità delle situazioni che si sono venute a creare, non solo non c'è stato spazio per attivare la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, che dovrebbe essere nella nostra idea il perno intorno a cui costruire queste convergenze, ma addirittura, per via della tempistica usata, i vari livelli istituzionali sono stati coinvolti nel percorso della legge di stabilità insieme alle parti sociali oppure leggendo sui giornali gli obiettivi del Patto di stabilità interno.
Noi siamo convinti che, se vogliamo dare sostanza alla riforma del 2001, o arriviamo al punto che anche lo Stato si rende conto che, quando presenta alle parti sociali la legge di stabilità, essa deve essere una legge della Repubblica e non una legge dello Stato, che viene presentata contemporaneamente agli altri livelli istituzionali, come se fossero un settore delle controparti sociali, oppure credo che perdiamo un'occasione storica.
I nostri emendamenti, che leggerete, sono molto semplici, perché attengono soprattutto alla tempistica per garantire il coinvolgimento di tutti i livelli istituzionali nella formulazione degli obiettivi e dei documenti di finanza pubblica attuativi o preparatori di quelli europei.
Tutti questi emendamenti sono ispirati dalle suddette esigenze ed è per questo motivo che mi sono permesso di utilizzare i pochi minuti a disposizione non tanto per dettagliarli - non sono emendamenti complessi, che necessitino di grandi presentazioni - ma quasi per rivolgere un accorato appello alle Commissioni. Vorremmo evitare, come a nostro parere sta


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accadendo, non solo che le modifiche che state discutendo della legge n. 196 non contribuiscano alla correzione di alcune disposizioni della stessa legge che avevano messo in discussione lo spirito della legge n. 42, ma addirittura che si possa configurare una sostanziale abrogazione dell'articolo 5 della legge n. 42, che avrebbe dovuto informare non solo la stesura dei decreti legislativi attuativi della legge n. 42, ma tutte le norme riguardanti la definizione dei bilanci dello Stato e del sistema delle autonomie a valle della grande riforma federale che stiamo cercando di attuare. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie. Passiamo adesso ai rappresentanti delle comunità montane.
Do la parola al vicepresidente dell'UNCEM, dottor Oreste Giurlani.

ORESTE GIURLANI, Vicepresidente dell'UNCEM. Ringrazio dell'opportunità che ci date di intervenire e ritengo anch'io positivo il confronto. Anche noi, con il vostro consenso, consegneremo un documento che traccia il quadro delle nostre osservazioni e delle nostre proposte.
Vorrei partire anch'io condividendo ciò che ha affermato l'ANCI, ma vorrei aggiungere una battuta. I problemi sono gli stessi per tutti, però vorrei sottolineare quelli che incontrano soprattutto i territori montani e le aree svantaggiate. Capisco che le politiche sono incentrate sulle zone urbanizzate e metropolitane, ma noi abbiamo un problema di integrazione fra le zone metropolitane e urbane e le zone svantaggiate, che in Italia sono parecchie e che in Europa riguardano il 10 per cento della popolazione.
Nel nostro documento partiamo proprio dall'aspetto europeo. Poiché in questi ultimi anni a livello europeo alcuni documenti e risoluzioni e lo stesso trattato istitutivo dell'Unione europea hanno comunque evidenziato il problema dei territori montani, del fatto che occorrono politiche specifiche per le aree svantaggiate e che promuovere la coesione territoriale significa mettere in condizione tutti i territori di avere pari opportunità di sviluppo e, quindi, qualità della vita, possibilità di avere servizi, possibilità di scambio, opportunità di creazione di reddito, vorremmo che le indicazioni europee che hanno in questi anni dato l'input ai fondi strutturali europei - penso a quelli dello sviluppo rurale, ma anche ad altri - siano recepite anche a livello degli Stati membri, ivi compreso lo Stato italiano, non solo nel momento della programmazione finanziaria e di bilancio, ma anche rispetto alle nuove prospettive che possono offrire il federalismo fiscale e la riforma degli enti locali.
Vorrei sottolineare che siamo in un periodo particolare, perché il il biennio 2013-2014 è un crocevia rispetto ai fondi europei. Si capirà che cosa succederà nella nuova stagione dei fondi europei e se l'Europa abbia intenzione di sostenere ulteriormente determinati tipi di aree e di situazioni, tenendo conto che si andrà molto probabilmente a valutare anche la capacità di spesa delle risorse europee da parte degli Stati membri. Occorre, quindi, capire a livello, per esempio, dell'Italia, se i fondi europei sono stati spesi bene, se hanno veramente concorso allo sviluppo delle aree svantaggiate, se le progettualità che sono state messe in campo abbiano poi prodotto un effetto di volano in termini di sviluppo, che sono quelli che noi sostanzialmente chiediamo.
Alla luce di ciò, siamo letteralmente preoccupati, perché a tutti i livelli, partendo dall'aspetto finanziario per arrivare a quello istituzionale, ci si scorda che esistono territori montani, piccoli comuni e aree svantaggiate.
Porto un esempio: se guardiamo la manovra varata l'estate scorsa con il decreto-legge n. 78 del 2010, ma anche l'ultima legge di stabilità e li riferiamo alle indicazioni europee a livello parlamentare, vediamo che a livello governativo sono sparite le politica per la montagna. È successo per la prima volta dal 1994, ossia da quando è stata approvata la legge n. 97 sulla montagna. Per la prima volta, per esempio, non esiste più il fondo per la montagna, come se il 60 per cento del


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territorio italiano, che è montano, non possa avere più un fondo di investimenti per sostenerne lo sviluppo.
È un esempio, ma potrei citare, con riferimento alle comunità montane, la soppressione del concorso dello Stato al finanziamento delle predette comunità con il fondo nazionale ordinario per gli investimenti, che poi la sentenza della Corte costituzionale n. 326 del 17 novembre 2010 ha rimesso in gioco. C'è stata anche una discussione, ma comunque ciò ha provocato una perdita, per i territori montani, di risorse che andavano ai comuni e che servivano per sostenere la pubblica amministrazione.
In questa prospettiva siamo preoccupati perché, anche guardando al dibattito attuale sul federalismo fiscale, che mi sembra essere in un momento cruciale e che dovrebbe produrre i frutti che tutti speriamo, ci preme il fatto che si possa mettere in campo una perequazione che possa garantire in alcuni territori le pari opportunità.
Vorrei citare alcune questioni. Nel documento presentiamo alcuni dati da cui si vede che i servizi in montagna costano il 30 per cento in più, come, ad esempio, la manutenzione del territorio. Penso a tutte le questioni relative alla difesa del suolo, che poi si sostanzia in interventi che, pur eseguiti in montagna, servono anche per gli altri territori ad alta urbanizzazione. Basti vedere le ultime alluvioni in Veneto, in Toscana e in Liguria, dalle quali si evince che, se non si interviene a monte, a valle si va sott'acqua. Determinati tipi di operazione devono, quindi, essere a carico della intera collettività.
Ci riferiamo ai servizi e alle tariffe, dalla TARSU ai servizi pubblici locali, ai trasporti. Mediamente costano di più e hanno rilevanza economica non vantaggiosa e, quindi, quando si confrontano i costi con i ricavi, si tagliano. Penso al taglio drastico sul trasporto pubblico locale e segnalo che a livello regionale, in questi primi mesi, non a caso sono stati tagliati i trasporti pubblici di cui usufruivano poche persone e non quelli maggiormente utilizzati.
Penso anche alle farmacie rurali e anche alle attività industriali e agricole, che mediamente in montagna costano a loro volta percentualmente di più.
In tutto questo scenario come si ritiene, all'interno di una programmazione di bilancio a livello statale, di tenere conto di questi aspetti? Questo è il punto che ci preoccupa. Alla fine, la qualità dei servizi della pubblica amministrazione che noi dobbiamo garantire sul territorio montano italiano deve essere all'altezza. Si deve aprire un'impresa in un giorno a Roma come si deve aprire nella montagna toscana, emiliana o alpina.
Si afferma che tutto il territorio montano deve poter accedere alle nuove tecnologie, siano esse il digitale terrestre o la banda larga, ma oggi gran parte del territorio non è connesso né all'uno né all'altra e qualcuno utilizza ancora il piccione viaggiatore per portare la posta o le comunicazioni. Penso che questo problema debba essere affrontato.
Noi chiediamo che nelle modifiche che verranno apportate alla proposta di legge C. 3921 questi temi vengano posti all'attenzione. Quando si tratta di tematiche che riguardano la montagna, che, come ripeto, rappresenta il 60 per cento del territorio nazionale, se non si considerano le regioni autonome, le altre regioni hanno difficoltà reali per quanto riguarda gli aspetti finanziari e di bilancio e nel garantire gli interventi e devono trovare spazio in una perequazione.
Mi auguro che il meccanismo del federalismo fiscale la preveda, ma, nel frattempo, siamo sotto una spada di Damocle con riferimento ai servizi pubblici. Vorrei citare, come esempio, il fatto che stiamo parlando di sviluppo, di dare servizi ai territori, ma nel frattempo chiudiamo le scuole materne nelle zone montane, secondo quanto da ultimo disposto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
Penso che ciò sia molto preoccupante. Poiché recentemente il Governo ha emanato anche il cosiddetto «decreto milleproroghe», attualmente in discussione al Senato, credo che in quel contesto si possa


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recuperare un po' di spazio per i territori e per gli enti. Forse il fondo della montagna, da un lato, e il concorso dello Stato al finanziamento delle comunità montane con il fondo nazionale ordinario per gli investimenti, preservato dalla Corte costituzionale, dall'altro, possono essere recuperati per dare pari dignità ai territori e a coloro che decidono di vivere in montagna invece che nelle aree urbanizzate.
A chi decide di vivere in montagna bisognerebbe dedicare un monumento e non pensare che possa vivere a parità di pressione fiscale e con maggiori disagi, perché in tal caso prende su baracca e burattini e se ne va.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che vogliano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

PIER PAOLO BARETTA. Più che porre una domanda, volevo far presente un punto importante che è stato sottolineato, cioè il ruolo delle autonomie nella formazione del processo di bilancio. È uno degli argomenti presenti nella discussione e anche nella nostra relazione alla proposta di legge e l'abbiamo evidenziato come un tema sul quale è possibile migliorare l'attuale disegno.
Noi siamo stati - lo rilevo per esplicitare un punto già chiaro - costretti a una rapida rielaborazione della legge n. 196 alla luce delle disposizioni europee e soprattutto della scadenza temporale completamente diversa, il che ha provocato un punto di delicatezza nella concentrazione dei tempi rispetto a quanto avviene da febbraio ad aprile. Probabilmente il punto fermo della data del 10 aprile quale termine per la presentazione alle Camere del Documento di economia e finanza è difficilmente spostabile. In questi giorni in altre audizioni si suggeriva di portarlo in avanti o indietro, ma è già stretto così per noi.
Intorno a questo tema effettivamente è emerso un indebolimento del ruolo delle autonomie rispetto a quanto previsto dalla legge n. 196 e, quindi, abbiamo assunto il tema. È evidente, però, che dobbiamo trovare una soluzione coerente con i vincoli europei, che sono molto stringenti. In questo senso è utile un ulteriore contributo anche «tecnico» da parte vostra.
La seconda osservazione riguarda la banca dati unitaria delle amministrazioni pubbliche. Effettivamente noi abbiamo l'esigenza di approvare la proposta di legge prevedendo un rafforzamento degli strumenti anche indipendenti a disposizione di tutti i soggetti. Per usare un'espressione che il rappresentante dell'ANCI impiegava, noi siamo il Parlamento della Repubblica e non il Parlamento del Governo e, quindi, l'interlocuzione è doverosamente triangolare, mentre c'è una tendenza a interloquire separatamente col Governo e poi a limitarci alle audizioni. Probabilmente si rende necessario un adeguamento ulteriore in questo senso della programmazione finanziaria e di bilancio

RENATO CAMBURSANO. Ringrazio tutti gli intervenuti. Mi pareva corretto che fosse il relatore Baretta a ricordare che nella relazione già presentata a questa Commissione vi sono alcuni suggerimenti che vanno a rafforzare le nostre tesi. Tale relazione ha come principio fondamentale naturalmente quello di adeguare la legge n. 196 alle nuove regole comunitarie, in termini sia di contenuti, sia di tempi, ma anche di evitare che si verifichino, come ci ricordava giustamente l'assessore al bilancio, finanze e rapporti istituzionali della regione Lombardia, incongruenze rispetto alla legge n. 42.
Come non convenire su alcune considerazioni che sono state svolte sia dalle regioni, sia dai comuni? Che venga costituita la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica è un argomento sul quale noi torniamo un giorno sì e l'altro pure, ma non sappiamo come muoverci. Per il momento non abbiamo trovato grande attenzione. Non so come sia possibile forzare ulteriormente la situazione e con quali strumenti. Vedremo insieme che cosa si può fare.
Allo stesso modo non si può non convergere sulla necessità di far condividere appieno il Documento di economia e finanza.


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Si è parlato di parere rafforzato, ma mi spingerei forse anche oltre, soprattutto alla stesura della legge di stabilità.
Non dimentichiamoci che l'Unione europea ci chiede alcune questioni fondamentali e dalle quali non possiamo più prescindere, cioè che le regole vengano rispettate dai Paesi componenti l'Unione europea. Quando si parla di Paesi, si parla delle istituzioni che ciascun Paese ha, dallo Stato, alle regioni, ai comuni e alle province e non di semplici parti sociali da audire, sullo stesso piano delle altre, con tutto il rispetto per le parti sociali.
Mi è un po' difficile tradurre l'obiettivo, che potrebbe essere a sua volta condivisibile in linea teorica, sul rendere meno precaria - il termine «precarietà» è ormai di moda - la definizione di regole certe con riferimento al Patto di stabilità interno, perché tali regole devono essere rese flessibili. Nello stesso tempo occorre, però, dare regole certe a chi poi deve tradurre il Patto di stabilità interno sul proprio territorio.
Voi proponete, se ho inteso bene, l'abrogazione totale della lettera d) del comma 1 dell'articolo 10-bis della legge n. 196, introdotto dalla proposta di legge. Scusandomi perché ho un'interrogazione in Assemblea e quindi a brevissimo dovrò lasciarvi, mi occorrerebbero, però, alcuni suggerimenti in più, se fosse possibile, per capire meglio e verificare quanto sia traducibile la vostra esigenza, che è condivisa.

PRESIDENTE. Vorrei svolgere un'osservazione ed esprimere un timore. Dall'Europa ci arriva un perentorio scadenziario che si cala in termini di timing sulla procedura di bilancio nazionale. In particolare, gli enti locali sanno perfettamente che i timing previsti dalle leggi sono stati sistematicamente disattesi. Basti pensare all'uso di approvare i bilanci preventivi ben oltre le date previste dalla legge.
Penso che tutto questo sistema a livello europeo funzionerà senza dubbio, perché sono abituati a procedere in questo modo, ma con riferimento ai bilanci e ai documenti contabili statali e, a cascata, a livello nazionale, ci vorrà un impegno che rasenta il miracoloso per rispettare puntualmente tutte queste scadenze, altrimenti il sistema non regge.
Poiché mi sembra che nel passato ciò non si sia verificato e che anche nel recente passato tutti gli impegni e le scadenze che si è dato il Governo siano stati sistematicamente disattesi, garantire il funzionamento di questo meccanismo, per rispondere anche alle nuove regole europee, sarà, a mio avviso, estremamente impegnativo. Staremo a vedere.
Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

SALVATORE CHERCHI, Presidente dell'ANCI Sardegna. Ringrazio perché c'è stata un'interlocuzione positiva.
Vorrei sottolineare che i tempi vanno rispettati. L'onorevole Baretta ha posto una questione rispetto alla quale nessuno si può sottrarre. Si può fare presto e bene, nel senso di modificare la proposta di legge e disporre che la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica «concorre» alla definizione dei contenuti del Documento di economia e finanza. «Concorrere» è qualcosa di più che «essere sentiti». Si tratta, quindi, di rispettare la scadenza del 10 di aprile e di tutto ciò che segue a cascata, assegnando termini molto stretti, però con più di un semplice parere.
L'altro punto che vorrei precisare è che - forse non sono stato chiaro - noi vorremmo per il Patto di stabilità interno regole stabili nel tempo. Il comparto degli enti locali si fa carico delle esigenze di finanza pubblica. Abbiamo delle regole; c'è necessità di una manovra oppure abbiamo un obiettivo sul debito? Ferme restando le regole, con la Decisione di economia e finanze si stabilisce quanto incide la manovra o il raggiungimento dell'obiettivo in rapporto al peso di ciascuno dei comparti che compongono il settore delle amministrazioni pubbliche. Servono, però, delle regole fisse nel tempo, stabili e ragionevoli e, in relazione alle decisioni che devono essere assunte in quella sede, in una proiezione giustamente pluriennale, noi ci facciamo carico come comparto dei comuni


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di ciò che ci compete in termini di manovra, di contenimento del deficit, di riduzione del debito. I due aspetti non sono in contraddizione, anzi si integrano virtuosamente l'uno con l'altro.
Noi abbiamo chiesto l'anticipazione, quindi, della data di presentazione alla Camera del disegno di legge di stabilità dal 15 almeno al 1o ottobre proprio per superare la situazione che lei stesso, presidente, ha ora constatato.

ROMANO COLOZZI, Assessore al bilancio, finanze e rapporti istituzionali della regione Lombardia. Aggiungo solo una battuta. È stato richiamato il verbo «concorrere», che descrive bene ciò che ho cercato di esporre prima quando ho affermato che bisognerebbe cominciare a concepire tutti i documenti di finanza pubblica come documenti finanziari della Repubblica e non dello Stato.
Ciò significa, nella nostra ottica, e come sarà indicato anche negli emendamenti, che, rispettando anche la data del 10 aprile, che è difficilmente modificabile, la proposta depositata in tale data dovrebbe già scontare un lavoro comune con il sistema delle autonomie. Non è necessario che esso debba essere condiviso, ma non si può dare per scontato che non si possa arrivare ad una proposta condivisa.
Sono convinto, ritenendo che le istituzioni siano gestite da persone che hanno il senso dello Stato, che avere un'ipotesi pessimistica sulla possibilità di condividere un percorso sia sbagliato e che assumerla addirittura come ipotesi di lavoro lo sia ancora di più.
Assumerei, invece, l'ipotesi contraria, ovvero che sia possibile arrivare a un'ipotesi già condivisa di partenza, fermo restando che, in caso di non accordo, è compito chiaro dello Stato di farsi carico di tale proposta.
Se, però, la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica potesse essere l'ambito in cui si ipotizzano percorsi fin dall'inizio, credo che potremmo veramente dare un segnale che potrebbe rappresentare una svolta. Riusciremmo a conseguire anche obiettivi più ambiziosi di quelli che si realizzano non nel momento della proposta, che sono sempre ambiziosissimi, ma in quello in cui si arriva alla conclusione del percorso, in cui lo Stato deve scontare una trattativa, una polemica, un lungo contenzioso su cui deve cedere spesso più di ciò che i soggetti istituzionali sarebbero stati disposti a mettere sul tavolo fin dall'inizio, magari concordando una regola in più, che può essere a volte più importante che non una applicazione dell'esercizio del rigore solo in termini quantitativi.

PRESIDENTE. Vi ringraziamo per il vostro contributo. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione depositata dall'ANCI, dall'UPI e dall'UNCEM (vedi allegati).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,05.

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