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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VI
6.
Mercoledì 21 ottobre 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Conte Gianfranco, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUL CREDITO AL CONSUMO

Audizione di rappresentanti di associazioni di tutela dei consumatori:

Conte Gianfranco, Presidente ... 3 13 15 16 17 19 20
Bragantini Matteo (LNP) ... 15 18
Castronovi Silvia, Relazioni esterne istituzionali di Altroconsumo ... 6 14 15
Conti Stefano, Esperto della Federconsumatori ... 9 14 16 17 18
Fugatti Maurizio (LNP) ... 13 15 18
Novelli Mauro, Esperto dell'Adusbef ... 11 13 14 18 19
Picciolini Fabio, Esperto dell'Adiconsum ... 3 13 16 17 19

ALLEGATO: Documentazione consegnata dai rappresentanti delle associazioni di tutela dei consumatori ... 21
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.

[Avanti]
COMMISSIONE VI
FINANZE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 21 ottobre 2009


Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO CONTE

La seduta comincia alle 14,30.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di associazioni di tutela dei consumatori.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul credito al consumo, l'audizione di rappresentanti di associazioni di tutela dei consumatori.
Sono presenti il dottor Fabio Picciolini, esperto dell'Adiconsum, il dottor Mauro Novelli, esperto dell'Adusbef, la dottoressa Silvia Castronovi, per l'associazione Altroconsumo, e il dottor Stefano Conti, esperto della Federconsumatori.
Do la parola ai nostri ospiti, affinché ci riferiscano il punto di vista delle associazioni di tutela dei consumatori sullo stato dell'arte nel mercato del credito al consumo.

FABIO PICCIOLINI, Esperto dell'Adiconsum. Prima di procedere a un'illustrazione sintetica del contenuto della docu-mentazione che lasceremo agli atti, credo sia opportuno ringraziare la Commissione per avere scelto di approfondire un argomento di primaria importanza, che ha avuto e sta avendo, nel nostro Paese, un notevole sviluppo.
Il credito al consumo non deve essere considerato sotto l'aspetto meramente finanziario, in quanto consente, da un lato, di sostenere i consumi - sappiamo quanto ciò sia importante in questo periodo - e, dall'altro, di soddisfare bisogni che non sarebbe possibile appagare con il contante disponibile (sotto quest'ultimo profilo, possono venire in rilievo anche esigenze di tipo occupazionale).
È importante, quindi, verificare come esso sia distribuito e quali condizioni applichino ai consumatori i molti, i troppi soggetti che operano in tale campo.
Dal mondo bancario provengono affermazioni che non condividiamo. Infatti, quando si rileva come la diffusione del credito al consumo in Italia sia limitata rispetto agli altri Paesi, e come il basso rapporto tra reddito e indebitamento offra margini di crescita, si dà del fenomeno una visione parziale. Noi, invece, crediamo che si debba svolgere un ragionamento più ampio.
Innanzitutto, il credito al consumo, in poco più di sei anni, è raddoppiato, e questo ci sembra un risultato importante. Abbiamo superato i 100 miliardi di euro, partendo da un livello di erogazione molto più basso. Ricordo che, nel 1996, le operazioni di credito al consumo erano, in Italia, pressoché pari a zero, nonostante la carta di credito fosse stata introdotta in America già agli inizi del 1900 (si racconta che l'idea sia venuta a Rockefeller, perché non era in grado di pagare in contanti le bevande che aveva consumato in un bar).


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Crediamo, quindi, che le affermazioni del sistema bancario debbano essere in larga parte confutate.
Per noi è necessario, da un lato, introdurre regole certe - fortunatamente, il legislatore comunitario e quello nazionale si stanno muovendo in tale direzione - e, dall'altro, evitare che le famiglie italiane cadano in forme di indebitamento che, come abbiamo potuto vedere, hanno causato sfaceli in tutto il mondo.
L'Adiconsum ha osservato la situazione dai diversi punti di vista di colui che prende a prestito il denaro (consumatore) e del soggetto che lo fornisce (finanziatore).
Riteniamo necessario che anche il consumatore sia responsabilizzato attraverso la formazione e l'informazione. In merito alla prima, sappiamo che sono ben cinque - e ne siamo felici - i progetti di legge recanti disposizioni in materia di educazione finanziaria del cittadino. Quanto alla seconda, chi presta il denaro, si tratti di banca o di società finanziaria, deve fornire al consumatore un'informazione corretta.
La situazione è veramente al limite del paradosso: in Italia, abbiamo circa 160.000 mediatori e agenti, circa 1.600 società finanziarie iscritte negli elenchi di cui agli articoli 106 e 107 del TUB e oltre 400 banche.
A fronte di ciò, chiediamo che la direttiva sul credito ai consumatori, per noi di fondamentale importanza, sia attuata al più presto, senza attendere l'11 giugno del 2010.
Chiediamo, inoltre, che le nuove disposizioni emanate dalla Banca d'Italia in tema di trasparenza e di tassi soglia siano applicate correttamente, non in maniera furbesca com'è accaduto negli ultimi dieci anni, vale a dire omettendo di conteggiare voci di costo che la norma, invece, imponeva con estrema chiarezza di considerare.
Deve essere eliminato, poi, quel sottobosco di soggetti, purtroppo presenti nel mondo del credito al consumo, i quali agiscono spesso al limite della legalità (e talvolta lo superano, o dal punto di vista degli obblighi fiscali o addirittura sotto il profilo del riciclaggio di denaro sporco).
L'ultimo aspetto da segnalare, prima di sviluppare alcune considerazioni di merito, è quello dell'introduzione di sanzioni reali. Abbiamo constatato che la cosiddetta sanzione reputazionale, molto efficace all'estero, in Italia non sta funzionando. È necessario, pertanto, prevedere sanzioni formali ed efficaci che stronchino alcuni comportamenti.
Come ho accennato, alcuni degli aspetti evidenziati sono meritevoli di qualche approfondimento. Viene in rilievo, innanzitutto, la normativa.
Prima dell'11 giugno 2010 dovrà essere data attuazione alla direttiva relativa al credito ai consumatori. Ai sensi dell'articolo 33 della legge n. 88 del 2009, il legislatore delegato dovrà anche rivedere la disciplina dei mediatori creditizi e degli agenti in attività finanziaria. Poiché il settore è in difficoltà, auspichiamo che i provvedimenti legislativi di attuazione entrino in vigore prima della data indicata. Sono altresì degne di nota, nel panorama normativo, le nuove disposizioni in materia di trasparenza bancaria e finanziaria, cui gli operatori dovranno adeguarsi entro il 31 dicembre 2009, le recenti istruzioni relative alla rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull'usura, nonché la disciplina concernente l'Arbitro bancario finanziario, che a breve dovrebbe diventare operativo.
Sappiamo per certo, perché abbiamo contatti con gli interessati, che tre questioni richiedono soluzioni urgenti.
In primo luogo, le banche non vogliono sentir parlare di recesso. Secondo noi, il recesso è un diritto, che il consumatore deve poter esercitare dopo aver contratto un prestito come può fare dopo avere acquistato un televisore.
In secondo luogo, deve essere data piena attuazione al principio del collegamento negoziale: se, ad esempio, il contratto principale è annullato, ci sembra ovvio e pacifico che l'annullamento travolga il contratto secondario.
La questione più importante riguarda il sovraindebitamento, al quale è connesso il


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tema del merito creditizio. Le banche creano difficoltà: lo sappiamo, ma si tratta dell'unico modo per evitare che una persona si indebiti al di là delle proprie possibilità. Nei nostri uffici - parlo dell'Associazione che rappresento, ma credo valga anche per le altre - si presentano persone che hanno contratto tredici o quattordici prestiti e sono titolari di tre o quattro carte di credito. Ebbene, se lo stipendio medio degli italiani è di 1.370 euro, come si fa a rimborsare tanti prestiti? In simili casi, quindi, il denaro è stato prestato male: sono stati erogati finanziamenti che dovevano essere negati. Si tratta di un problema grave, alla cui soluzione può contribuire l'introduzione di una normativa integrativa avente ad oggetto il sistema delle referenze creditizie (del merito creditizio si occupa l'articolo 8 della direttiva citata, e sappiamo che, al riguardo, si è aperta una discussione anche in Parlamento). Se ben gestite, tali referenze possono rivelarsi importanti, perché possono aiutare a stabilire chi può avere credito e chi no. In taluni casi, il prestito o l'aiuto deve essere concesso, a chi ha una capacità di rimborso scarsa o nulla, da soggetti diversi dagli intermediari finanziari (Stato, comune, regione, Caritas), poiché l'industria del credito non fa opere di misericordia.
Riguardo ai tassi di usura - ripeto - mi aspetto che siano messe da parte le furbizie che hanno caratterizzato il recente passato (mi riferisco all'aggiramento dell'articolo 2 della legge n. 108 del 1996).
Avviandomi rapidamente alla conclusione, desidero svolgere qualche sintetica osservazione in ordine a quattro argomenti che pure riteniamo importanti.
La cessione del quinto dello stipendio è un'operazione utile, perché consente di avere credito a chi altrimenti non ne otterrebbe, ma la relativa disciplina ha ormai sessant'anni. Così non si può andare avanti, perché è proprio in tale fascia di operazioni che si annida il sottobosco di «segnalatori» e strani intermediari che, come ho già rilevato, agiscono in maniera non corretta.
Ho già detto anche dell'educazione finanziaria e dei relativi progetti di legge già presentati.
Si pone il problema di chi non può accedere al credito. Esisteva un fondo per le famiglie a scarso reddito presso il Ministero dello sviluppo economico, che giustamente è stato impiegato per l'Abruzzo. Credo, peraltro, che si trattasse di una cifra abbastanza contenuta. Nel corso di un recente convegno, ho sostenuto che il fondo potrebbe essere ricostituito destinandovi lo 0,5 per cento dei Tremonti bond non utilizzati.
Ci auguriamo che anche la Camera approvi al più presto il provvedimento in materia di usura, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento.
È necessario affrontare con decisione il problema delle frodi, perché i comportamenti delinquenziali attraverso i quali sono perpetrate fanno anche aumentare il costo del denaro. Il Senato ha già approvato, in un testo unificato, il disegno di legge recante disposizioni di contrasto al furto d'identità e in materia di prevenzione delle frodi creditizie e assicurative. Auspichiamo che il provvedimento sia approvato presto anche dalla Camera.
Da ultimo, meritano una breve menzione, in considerazione della loro rilevanza, due questioni che sono sempre più al centro dell'attenzione.
La prima attiene alla pubblicità. Non è possibile parlare di un «tasso zero» che, in realtà, non esiste: con i miei quarant'anni di esperienza nel settore, posso affermarlo con certezza.
Per quanto riguarda, poi, lo slogan «Compri oggi e paghi domani», tale formula di prestito dovrebbe essere bandita: dopo un anno, chi ha contratto il prestito potrebbe avere avuto un incidente, essersi separato dal coniuge o avere fatto mille altre cose.
La novità venuta alla ribalta in questi mesi è, forse, la più vergognosa: il credito fino a 90 anni. L'ISTAT ha calcolato un'età media di 79 anni per l'uomo e di 84 anni per le donne. Si tratta, allora, di messaggi che hanno una valenza essenzialmente pubblicitaria.


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Concludo con una considerazione riguardante i costi. Non ci sono parole riguardo ai tassi d'interesse delle carte revolving: in alcuni casi, superano il 20 per cento, con una media che, nel complesso, scende difficilmente sotto il 10 per cento, mentre l'Euribor è allo 0,79 per cento e il tasso di riferimento BCE all'1 per cento.
Credo che l'indagine conoscitiva deliberata da codesta Commissione sia estremamente importante. Ci auguriamo che possa produrre i risultati che tutti noi attendiamo.
Consegno il testo integrale del mio intervento, il cui contenuto mi sono limitato a riassumere, unitamente a uno studio, che abbiamo presentato la scorsa settimana al CNEL, sull'indebitamento delle famiglie italiane.

SILVIA CASTRONOVI, Relazioni esterne istituzionali di Altroconsumo. Ringrazio sinceramente la Commissione per avere previsto l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul credito al consumo, anche delle associazioni di tutela dei consumatori.
Altroconsumo ha fatto pervenire alla Commissione una copiosa documentazione, non per fare sfoggio delle iniziative finora assunte, ma per testimoniare l'impegno profuso dall'Associazione in tale settore, ritenuto veramente critico per i consumatori. Individuerò, in maniera molto sintetica, le svariate problematiche evidenziate nei documenti, rinviando al testo scritto per un'analisi più dettagliata.
Prima di tutto, bisogna dire che effettivamente non si è avuta, in Italia, una crescita del credito al consumo - fenomeno di cui riconosciamo il valore economico - di importanza analoga a quella registratasi, invece, in altri Paesi europei. Tuttavia, esso si sta a mano a mano sviluppando.
Bisogna intervenire non per limitarlo, ma per fare in modo che le regole siano rispettate, soprattutto per quanto riguarda la trasparenza e la correttezza dell'informazione da fornire al consumatore.
Il lato più carente è quello dell'informativa precontrattuale. Auspichiamo che la direttiva 2008/48/CE, che dovrebbe essere recepita entro l'11 giugno del 2010, possa trovare al più presto applicazione anche in Italia, perché sarebbe data soluzione a tante problematiche. La direttiva interviene in maniera penetrante e risolutiva su talune questioni che elencherò.
Il primo problema riguarda i prestiti finalizzati, in relazione ai quali l'informativa precontrattuale è decisamente carente. Abbiamo effettuato alcune indagini, recandoci nei centri commerciali in veste di potenziali acquirenti, mediante il credito al consumo, di diverse tipologie di prodotti. Ebbene, abbiamo spesso constatato che l'illustrazione delle caratteristiche del bene da acquistare è più dettagliata rispetto a quella concernente le caratteristiche del contratto di credito che il consumatore dovrebbe sottoscrivere: quest'ultima informazione viene fornita in maniera frettolosa, in molti casi dagli stessi addetti alla vendita, i quali conoscono le caratteristiche del televisore o del frigorifero, ma non quelle del credito al consumo e magari ignorano anche la distinzione tra TAN e TAEG. L'informativa precontrattuale è sostanzialmente affidata ai volantini pubblicitari. Sappiamo, invece, che è obbligatorio fornirla in modo completo al consumatore.
Inoltre, le finanziarie non possono scaricare l'obbligo informativo sugli addetti alla vendita, perché questi sono adibiti a una diversa funzione. Quindi, o investono nella formazione di tali soggetti o non possono scaricare su di essi una responsabilità che rimane tutta loro.
Insomma, il consumatore non dispone di un'informazione corretta e concreta, né può accedervi nei luoghi dove i contratti di credito al consumo vengono stipulati.
Lo stesso vale per i prestiti finalizzati on line. Anche questo fenomeno è più limitato, in Italia, rispetto ad altri Paesi (ad esempio, in confronto al Regno Unito). Al di là del fatto che si tratta di un mercato oligopolistico, in quanto sono due o tre le finanziarie che gestiscono tali forme di finanziamenti, il consumatore può conoscere con chiarezza le condizioni contrattuali dopo avere scelto di acquistare


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il prodotto e di pagarlo ricorrendo al credito al consumo, non prima. Su ventisei siti di commercio elettronico visitati, soltanto due hanno fornito l'informazione precontrattuale prima della conclusione dell'ordine.
La nuova direttiva ha previsto l'obbligo di fornire al consumatore, prima che questi sia vincolato da un contratto o da un'offerta di credito, un apposito modulo contenente le «Informazioni europee di base relative al credito ai consumatori», che dovranno essere riferite allo specifico contratto di credito da stipulare. Auspichiamo che la direttiva sia attuata al più presto e, soprattutto, che efficaci sanzioni puniscano il mancato rispetto della normativa di trasparenza da parte degli operatori.
Il collega Picciolini ha accennato alle carte revolving. In questo caso il primo problema sta alla base: poiché ricorre un'ipotesi di contratto complesso, il consumatore spesso non riesce a capire, proprio a livello contrattuale, quale tipo di prodotto ha in mano. Infatti, la revolving può essere adoperata sia come carta di pagamento sia per usufruire di una forma di credito al consumo. È necessario, pertanto, che sia chiarito quale strumento i consumatori sottoscrivono.
Un secondo problema riguarda la trasparenza dei costi: gli interessi vengono indicati senza conteggiare, ad esempio, le spese di invio dell'estratto periodico. Chiediamo che di tutti i costi si tenga conto ai fini del calcolo del TAEG.
Collegata alla forma di finanziamento di cui stiamo discorrendo è la tecnica del pushing, che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha sanzionato in quanto pratica commerciale scorretta. Spesso, infatti, l'operatore finanziario invia al domicilio del consumatore una carta revolving non richiesta, in base a informazioni contenute in contratti di credito al consumo precedentemente stipulati. Si tratta, dunque, di un prodotto che arriva nelle mani dell'inconsapevole consumatore per soddisfare un bisogno che questi non ha avvertito, ma che l'operatore finanziario tenta ingannevolmente di creare: la differenza, sotto il profilo della capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, è veramente notevole.
In taluni casi le carte revolving sono mascherate da carte fidelity (sulle quali vengono accreditati punti che danno diritto a premi). Se utilizzate per accedere a rateizzazioni nei centri commerciali affiliati, hanno costi contenuti, ma nel caso di utilizzo in catene diverse o nel circuito di riferimento, i costi diventano esorbitanti (talvolta superano addirittura il 20 per cento, fino al limite del tasso usurario). Chiediamo che a tale riguardo sia fatta chiarezza.
Un problema ulteriore è quello delle polizze vita sottoscritte insieme al credito al consumo. Sono facoltative, e ciò fa sì che il relativo costo sia escluso dal calcolo del TAEG, il che non va bene. Peraltro, le polizze sono facoltative per modo di dire, perché il credito al consumo non viene concesso se il consumatore non le sottoscrive. Inoltre, nel caso in cui il consumatore decida di saldare il debito prima della scadenza, dovrebbero essergli rimborsati la quota di premio relativa alle rate non più coperte dalla polizza e i relativi costi. Invece, non solo non è previsto alcun rimborso, ma viene anche applicata una penale per l'estinzione anticipata. Ciò è assurdo. Ricordo che, in relazione a finanziamenti molto più importanti e ingenti, quali i mutui immobiliari, l'articolo 7 della legge n. 40 del 2007 vieta l'applicazione di penali a carico del mutuatario che richieda l'estinzione anticipata del contratto. Non chiediamo la luna: vogliamo che tale criterio sia esteso al credito al consumo. Non mi sembra che le differenze giuridiche e contrattuali tra le due tipologie di crediti possano giustificare un diverso trattamento delle finanziarie che operano nel settore del credito al consumo.
I mediatori possono rappresentare il tramite, la cerniera tra il consumatore che avverte la necessità di ottenere un prestito e le finanziarie, ma devono essere formati, e la loro figura deve essere rivalutata. Essi dovrebbero agire, secondo noi, come i broker assicurativi, liberi dai condizionamenti


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derivanti da rapporti esclusivi, in modo da consentire al consumatore di scegliere il prodotto migliore. Sarebbe anche necessario un organismo che, come l'Arbitro bancario finanziario, offrisse al consumatore la possibilità di avere risposte rapide, magari anche mediante la conciliazione, qualora vi fossero comportamenti scorretti e non trasparenti da parte dei mediatori. Oltre a ciò, sicuramente gioverebbero la certezza della sanzione applicabile da parte delle autorità preposte a vigilare sulla legittimità e sulla trasparenza dell'attività degli operatori finanziari e un'adeguata pubblicizzazione dei costi della mediazione (da includere nel TAEG). Ribadisco, inoltre, che bisognerebbe avversare gli accordi di esclusiva, in modo da garantire che la concorrenza si svolga sul piano della qualità dei prodotti offerti e non su quello dell'accaparramento delle quote di mercato.
Non è necessario che mi dilunghi sull'aspetto pubblicitario, sul quale si è soffermato il collega Picciolini. La nuova direttiva reca molteplici disposizioni volte a garantire, attraverso la prescrizione di requisiti di forma e di contenuto, la trasparenza delle informazioni pubblicitarie relative ai contratti di credito. Bisogna, quindi, evitare di indicare il TAEG utilizzando caratteri tipografici minuscoli o, ad esempio, facendo riferimento a una media calcolata su prodotti diversi. Affinché il consumatore possa conoscere veramente il capitale finanziato, la durata del finanziamento e i costi effettivi dello stesso, vale a dire gli elementi essenziali del contratto, le informazioni devono riguardare lo specifico prodotto acquistato. Chiediamo anche un rafforzamento del ruolo dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Perché intervenire soltanto con sanzioni, dopo che il danno si è già verificato? Un controllo di tipo preventivo farebbe bene al consumatore e anche al mercato.
Per quanto concerne la cessione del quinto, mi ricollego a quanto osservato da Fabio Picciolini. Aggiungo che, in questo caso, l'assicurazione sulla vita è obbligatoria. La cessione del quinto, si sa, comporta una trattenuta, sugli stipendi o sulle pensioni, di importo corrispondente alle rate da rimborsare e, quindi, offre una certa sicurezza alle finanziarie. Perché non includere nel TAEG anche l'importo dovuto per l'assicurazione? Computando tale costo, che è davvero elevato (più è alta l'età del contraente, più la polizza ha un costo significativo), il consumatore potrebbe confrontare con maggiore cognizione i vari prodotti. Noi chiediamo che l'importo della polizza sia considerato tra i costi in caso di sottoscrizione del prestito con cessione del quinto.
A nostro avviso, le rilevazioni ai fini dell'applicazione della legge antiusura non devono indicare soltanto i tassi medi, ma anche gli effettivi tassi soglia, perché in questo modo la comparazione tra i vari finanziamenti risulta più agevole.
Nell'avviarmi alla conclusione, desidero soffermarmi brevemente sul rischio di sovraindebitamento. La direttiva relativa al credito ai consumatori interviene in maniera incisiva in materia di responsabilizzazione dei soggetti concedenti. La ricerca dell'operatore finanziario finalizzata a valutare, anche mediante l'accesso a banche dati, l'affidabilità dei richiedenti il credito al consumo, può costituire uno strumento importante per fare in modo che le persone non si indebitino in misura tale da non essere in grado, poi, di rispettare gli impegni assunti. Noi abbiamo sempre sostenuto che un criterio utile potrebbe essere quello di non indebitarsi oltre il 30 per cento delle proprie entrate sicure (stipendio o altri redditi), in quanto ciò consentirebbe di far fronte a eventuali imprevisti. Il credito responsabile farebbe bene anche alla categoria dei mediatori finanziari, i quali potrebbero svolgere una funzione educativa, volta a rendere il consumatore più consapevole.
In merito all'estinzione anticipata, ribadisco che bisogna estendere al credito al consumo l'applicazione dell'articolo 7 della legge n. 40 del 2007.
Auspico, infine, un rafforzamento delle funzioni delle autorità di controllo: della Banca d'Italia, per verificare che nel mercato del credito al consumo operino soggetti muniti delle prescritte abilitazioni e


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autorizzazioni; dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, per garantire la trasparenza dell'informazione contrattuale e la correttezza delle pratiche commerciali.
Ringrazio per l'attenzione e rimando, per approfondimenti, alla copiosa documentazione consegnata.

STEFANO CONTI, Esperto della Federconsumatori. Innanzitutto, ringrazio la Commissione per avere invitato la Federconsumatori a prendere parte all'audizione odierna.
Credo che una parte considerevole dei problemi del credito al consumo sia ascrivibile al quadro normativo. Il Testo unico bancario, agli articoli 106 e 107, differenzia i soggetti operanti nel settore finanziario in due categorie: grandi e piccoli. La Banca d'Italia ha sempre esercitato una funzione di vigilanza massiccia e cogente sui primi, mentre in relazione ai secondi, il cui elenco era tenuto dall'Ufficio italiano dei cambi, non ha svolto alcun tipo di vigilanza.
Secondo il nostro punto di vista, atteso che le finanziarie sono suddivise nei predetti agglomerati, nel momento in cui una di esse sottopone un contratto di credito a un consumatore, deve risultare se fa parte di quelle rientranti nell'articolo 106 ovvero di quelle rientranti nell'articolo 107. Se il consumatore riesce a capire che sta contraendo un prestito con una grande finanziaria, ha la certezza che essa è controllata regolarmente dalla Consob o da Bankitalia.
Ai nostri sportelli vengono molto spesso segnalati casi di pseudofinanziarie, già ripetutamente sanzionate dall'Antitrust, e quindi rientranti nel novero di quelle sottoposte a una vigilanza meno stringente, che distribuiscono molto credito attraverso pubblicità ingannevole. A Roma, ad esempio, basta andare a piazza Vittorio o in una stazione della metropolitana: vi si trovano giornali che pubblicizzano finanziamenti a tasso zero. Abbiamo scoperto, invece, che molti pseudointermediari applicano, per la sola attività di mediazione svolta, percentuali pari al 20 per cento della somma erogata dalla finanziaria. Un prestito di 30.000 euro ha scontato una percentuale alla Finleader di 12.000 euro. La società è stata ripetutamente sanzionata dall'Antitrust, che le ha comminato multe di 20.000 e 30.000 euro; è evidente, tuttavia, che bastano un paio di pratiche di finanziamento per rientrare del costo di qualche sanzione.
Bisogna, quindi, assolutamente suddividere le finanziarie in due categorie e fare in modo che nelle proposte contrattuali sia esplicitamente dichiarata l'iscrizione nell'elenco generale ovvero in quello speciale, mettendo il consumatore nella condizione di effettuare tutti gli opportuni controlli.
Per quanto riguarda, invece, la distribuzione dei prodotti, un problema serio è riconducibile al fatto che, quando il consumatore si avvicina a una finanziaria per chiedere un prestito di 10.000 euro, rimborsabili, per esempio, in 36 rate mensili, nello stesso contratto gli viene affibbiata una carta revolving non richiesta. Non è possibile che, entrando in contatto con una finanziaria e chiedendo un prestito rimborsabile a rate, si debba ricevere surrettiziamente anche una carta revolving. Spesso, quando il consumatore, avvedutosi di ciò, si oppone al rilascio della carta, il finanziamento viene negato. Ci vuole correttezza contrattuale: se si chiede un servizio, non se ne deve acquistare obbligatoriamente anche un altro.
Passando al TAEG, deve esservi ricompreso tutto. Per «tutto» intendo veramente «tutto», e non «tutto meno alcune cose». Per esempio, l'assicurazione sulla vita o per la perdita del posto di lavoro, se è obbligatoria è ricompresa nel TAEG, se non lo è non vi è ricompresa. Benissimo. Dal momento, però, che il mercato si regola sui costi, nel TAEG dovrebbe essere incluso ogni onere, in modo che chi si avvicina a un prestito sappia quanto pagherà, per quanto tempo e a quale tasso d'interesse. Invece si cerca, attraverso formule astruse, di confondere il povero consumatore, il quale, poi, si rivolge ai nostri sportelli e scopre situazioni di cui non era a conoscenza, spesso irrimediabili.


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Per quanto riguarda la penale applicabile in caso di estinzione anticipata, la clausola che la prevedeva aveva un senso nel caso dei mutui immobiliari a tasso fisso: prima che la famosa legge Bersani la vietasse, essa aveva la funzione di indennizzare la banca che aveva concesso il mutuo, perché si poneva un problema di provvista a lungo termine di somme anche ingenti. Al contrario, nel caso dei prestiti al consumo, che sono di solito a breve (tre, quattro, cinque o sei anni), non ha senso indennizzare la finanziaria con una penale di estinzione, perché non si pone, appunto, un analogo problema di provvista a lungo termine.
In merito alla cessione del quinto, il problema dell'assicurazione si presenta in termini diversi a seconda che si tratti di stipendio o di pensione. Il dipendente, infatti, è garantito dalla liquidazione che accumula: nel momento in cui sottoscrive una richiesta di prestito cede anche l'eventuale somma liquidabile a suo favore all'atto del collocamento in quiescenza. Com'è noto, la legge ha previsto che anche i pensionati possano contrarre prestiti da estinguersi con quote della pensione fino al quinto della stessa. Il pensionato che cede il quinto della sua pensione non matura né liquidazione né altro. Per lui ha un certo senso la polizza, che non soltanto garantisce la finanziaria, ma tiene indenni anche i familiari da eventuali azioni di recupero. Si potrebbero studiare, per quest'ultimo caso, polizze «in automatico». Esclusivamente per le cessioni del quinto effettuate da pensionati si dovrebbero approfondire alcuni aspetti tecnici delle polizze vita.
Degna di nota è anche la questione relativa alle promesse contenute nei volantini pubblicitari, distribuiti nelle città in migliaia di esemplari. Molto spesso, le persone entrano negli uffici delle società finanziarie con la convinzione che sottoscriveranno un contratto avente le caratteristiche pubblicizzate: fiduciose, firmano moduli di cui spesso non riescono neanche a comprendere il contenuto. In molti casi, la scoperta della discordanza tra le condizioni contrattuali pubblicizzate e quelle sottoscritte non è immediata, perché è invalso il cattivo uso di non consegnare il contratto al momento della sottoscrizione, ma di inviarlo successivamente a casa, magari dopo che sono state già pagate le prime rate (sono numerose, purtroppo, le finanziarie che hanno adottato tale deplorevole comportamento). In quel momento, il malcapitato scopre l'arcano e, quindi, constata che le promesse contenute nel volantino non sono state rispettate. Potrebbe essere utile prevedere che siffatta forma di pubblicità sia recepita nel contratto, mediante il riferimento del sottoscrittore a un determinato volantino. Capisco che è piuttosto difficile da realizzare, ma ritengo che ci si debba muovere in tale direzione. Ai nostri sportelli si presentano persone in lacrime, le quali incontrano serie difficoltà a far fronte a impegni che non sapevano di aver assunto.
L'ultimo tema al quale desidero accennare è quello della carte revolving, una delle più grosse fregature (mi si lasci passare il termine): esse mettono a disposizione del titolare una somma, utilizzabile più volte entro il limite prestabilito, sulla quale viene applicata una capitalizzazione mensile. Il problema è che, aggiungendo le spese di spedizione degli estratti e gli altri costi amministrativi, i tassi lievitano fino al limite dell'usura, che talvolta viene addirittura superato. Cosa si può fare? Innanzitutto, i tassi devono essere effettivi e non nominali, perché la capitalizzazione mensile comporta un aggravio notevole in confronto a quella trimestrale o annuale (che dovrebbe, invece, essere applicata).
Di tutto ciò nessuno parla al consumatore; lo facciamo noi, ma quando si rivolge a noi si trova ormai in grossa difficoltà.
Dunque, sono necessari un'informazione preventiva, contratti ben chiari, recanti l'indicazione dell'iscrizione del proponente il credito all'elenco di cui all'articolo 106, ovvero a quello di cui all'articolo 107 del TUB, e TAEG trasparente.
Aggiungo un'ultima considerazione: non è accettabile che una stessa finanziaria, se ha un rientro mensile attraverso un RID, applichi un tasso, mentre se il debitore versa le rate mediante bollettini postali,


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ne applichi un altro. Poiché l'esame della solidità patrimoniale del soggetto che ha richiesto il credito è stato già effettuato prima, la misura del tasso d'interesse non può dipendere dalle modalità del rimborso, anche perché, se è vero che si può omettere di pagare il bollettino di conto corrente postale, è anche vero che si può bloccare un RID in banca.

MAURO NOVELLI, Esperto dell'Adusbef. Signor presidente, sembrerà che voglia partire da lontano, ma le assicuro che arriverò subito al cuore dell'argomento oggetto dell'indagine, di cui comunque intendo sottolineare subito la delicatezza.
Si dice che noi, in Italia, siamo stati soltanto lambiti dalla crisi, e che dal punto di vista finanziario ci salviamo perché - così sostiene il Ministro Tremonti, ricorrendo a una metafora - nelle nostre banche non si parla l'inglese. Noi siamo stati toccati dalla crisi in maniera superficiale perché abbiamo una struttura sociale peculiare: la famiglia italiana, nei momenti di crisi, si compatta. Mentre il consumatore americano che non riesce a pagare la rata di mutuo si trova a fare i conti direttamente con la banca e perde la casa, in Italia, prima di far perdere la casa, ad esempio, a un fratello, lo si aiuta: se non può prendere altri prestiti, li contrae la sorella o addirittura il nonno, il quale va in banca e garantisce con la pensione. Per inciso, negli anni Ottanta, il nonno con la pensione era, per così dire, l'ultima ruota del carro, mentre oggi, in molte famiglie, è l'unico a poter contare su un reddito certo.
Ciò comporta che il contenzioso, da noi, sia enormemente più basso, proprio perché c'è la famiglia che supporta il congiunto che si trova in difficoltà. Non è un caso che il periodo tra aprile e maggio 2009 abbia costituito un momento di stallo per quanto riguarda il finanziamento dell'economia. Molti lamentano che le banche non finanziano le aziende perché queste sono in difficoltà, ma che dovrebbero comunque sostenerle. Ebbene, avendo riguardo agli impieghi a favore del settore privato, il credito alle famiglie - i dati sono della Banca d'Italia - non subisce contrazioni considerevoli, proprio perché è molto ben garantito.
Si può precisare, quindi, un primo motivo di lagnanza: perché in Italia, per ottenere credito al consumo, dobbiamo pagare 2,14 punti in più rispetto alla media di Eurolandia? Pur avendo il vantaggio di un contenzioso inferiore, in quanto sostanzialmente garantiscono le famiglie e non i singoli, le banche praticano tassi d'interesse notevolmente superiori. Aggiungere 2,14 punti significa far salire l'interesse dal 6 all'8 per cento: un quarto in più.
La nostra situazione attuale è connotata dalla presenza di due variabili favorevoli e una sfavorevole. Le prime due, disgraziatamente, sono contingenti. Si tratta della riduzione del costo delle materie prime, che ha permesso all'inflazione di scendere a livelli vicini allo zero (chi ha la mia età ricorda tassi d'inflazione prossimi al 20 per cento) e dell'abbattimento dei tassi, per effetto del quale i mutui immobiliari a tasso variabile hanno un impatto minore sui bilanci familiari. Tuttavia, nel giro di poco tempo, se la ripresa effettivamente si stabilizzerà, inflazione e tassi riprenderanno a crescere, e ciò rimetterà in discussione molte situazioni familiari.
L'altra variabile, che invece è stabile, ma negativa, è che il 53 per cento dei titoli del debito pubblico italiano è ormai detenuto all'estero. Nel 1998, quando si paventava che l'Italia potesse scivolare in una condizione precaria come quella in cui versava il Messico, rispondevamo che il nostro debito pubblico era tutto interno - stava, per così dire, in famiglia - mentre il Messico era indebitato con Paesi esteri. Oggi il 53 per cento del debito pubblico è fuori dalla nostra famiglia. Ciò comporta che anche gli interessi «emigrino»: mentre fino alla metà degli anni Novanta costituivano un'integrazione del reddito, oggi il 53 per cento degli stessi va a remunerare investimenti di soggetti esteri, senza che vi sia alcun rientro sotto forma di tassazione. Quella che era un'integrazione del reddito per le famiglie e una fonte di entrate


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anche per lo Stato oggi è per metà trasferita all'estero. Nel 2007 abbiamo pagato 74 miliardi di interessi, di cui oltre 35 sono andati fuori dai confini nazionali.
Per quanto riguarda le carte revolving - io procedo un po' a balzi, mentre i colleghi sono stati più organici - il tentativo di banche e finanziarie è quello di accaparrarsi il reddito futuro della gente. Circola una proposta che, secondo me, è scandalosa: se paghi con la carta revolving, ti faccio lo sconto; se paghi in contanti, non te lo faccio. I costi sono di difficile valutazione e il rimborso è con ammortamento alla francese. Quando un consumatore decide che la carta revolving gli costa troppo e chiede quanto deve pagare per svincolarsi, nessuno è in grado di fare il conto.
Il meccanismo è veramente perverso. Non appena si finisce di pagare un prestito, arriva una carta revolving, con il pretesto che il consumatore è stato sempre corretto e si intende premiarlo. Peraltro, le finanziarie inducono a credere che l'utilizzo della carta dia luogo a un rimborso rateale uguale al precedente. Non è così. Quando mio padre comprò il primo frigorifero, coinvolse la famiglia: per dodici mesi - ci avvisò - spenderemo 10.000 lire al mese. Il peso di un acquisto sul bilancio familiare si conosceva. Con la carta revolving si compra questo microfono o quel computer senza sapere quanto si sta impegnando delle proprie risorse finanziarie. Fino a quando non si arriva al limite - al punto in cui qualcuno avvisa che di più non si può fare - si continua a spendere e a impegnare i redditi futuri. Nell'attuale congiuntura, però, il reddito futuro non è certo, e potrebbe non esserci più nel momento in cui si dovrà fare fronte ai nuovi debiti.
Poiché la situazione, secondo me, va ad aggravarsi, sia a causa della disoccupazione sia perché l'inflazione e i tassi d'interesse ricominceranno a crescere, è il caso di porre mano, nel settore del credito al consumo, a interventi normativi oculati.
Vediamo cosa si può fare. Noi, da praticoni, abbiamo fornito alcuni suggerimenti (riportati nella documentazione consegnata). Per esempio, si firma un contratto perché sembra che una certa finanziaria applichi un tasso conveniente, dopo di che si scopre di non aver sottoscritto un contratto con quella finanziaria, ma con un procacciatore d'affari, dal quale ci si sente dire, dopo dieci giorni, che non si può ottenere il finanziamento richiesto. A quel punto, se si chiedono indietro i 500 euro versati al momento della sottoscrizione, ci si sente rispondere che sono serviti per ricercare il finanziatore, e che pertanto vengono trattenuti. Dunque, i modelli contrattuali dovrebbero recare, nell'intestazione, denominazioni distinte, a seconda che la controparte del consumatore debba erogare il prestito ovvero compiere un'attività di ricerca del finanziatore. Inoltre, tutti i costi relativi ai servizi accessori dovrebbero essere inclusi nel TAEG.
Quanto ai ritardati pagamenti, il «giochino» delle finanziarie è il seguente: poiché chi ha avuto problemi con le banche è costretto a rivolgersi a loro, pagando tassi più alti, aprono il finanziamento e dicono che invieranno i bollettini di versamento in conto corrente postale, mediante i quali il consumatore potrà cominciare a pagare le rate. I bollettini arriveranno dopo tre mesi, e il consumatore comincerà a pagare le rate quando sarà già incorso nella mora, che avrà comportato la sua iscrizione nel cosiddetto elenco dei cattivi pagatori. In altre parole, il consumatore sarà obbligato a rimanere nell'ambito delle finanziarie, perché avrà il marchio che contraddistingue chi non può pagare, paga malamente o non vuole pagare. Queste situazioni devono essere sanate.
Per quanto riguarda il sovraindebitamento, ritengo che le carte revolving debbano essere vietate. Gli americani sono arrivati ad averne tredici: dopo la prima, hanno preso le altre per pagare i debiti contratti utilizzando le precedenti. Finché gli USA stampavano i dollari, le cose sono andate bene; le difficoltà sono sorte quando è stato fatto notare loro come, a


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partire dal 1974, la bilancia commerciale statunitense non faccia registrare un dollaro di utile.
Mi auguro che la crisi non si superi ritornando a come eravamo prima: in tal caso, fra due anni ricominceremmo daccapo. Mi sembra, purtroppo, che le banche e le finanziarie non abbiano capito e stiano facendo di nuovo ricorso ai derivati. La tendenza sembrerebbe stabile e anche in leggera crescita. Con i derivati fanno gli affari i primi, quelli che giocano sul cavallo giusto, pronti a passare la palla, per così dire, a quelli che arrivano dopo. La catena di Sant'Antonio funziona così.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MAURIZIO FUGATTI. Ho ascoltato soltanto parte dell'ultimo intervento - e me ne scuso - ma penso che l'argomento oggetto delle domande che sinteticamente porrò sia comunque di loro conoscenza. Il dottor Novelli ha infatti accennato a ciò che accade quando non si paga una rata: si entra nell'elenco dei cattivi pagatori e, a quanto pare, non se ne esce più.
Orbene, nel caso di avvenuta iscrizione nei registri gestiti da soggetti privati (non di quelli tenuti da enti pubblici), quali sono le regole che stabiliscono quanto tempo si rimane iscritti una volta che l'insoluto è stato sanato? Inoltre, se si raggiunge con il creditore un accordo transattivo - il cosiddetto saldo a stralcio, per capirci -, il residuo rimane segnalato o si provvede alla cancellazione? Secondo le associazioni dei consumatori le norme vigenti sono chiare? Se io pago in ritardo tutto il dovuto, che cosa accade?

MAURO NOVELLI, Esperto dell'Adusbef. Fino ad alcuni mesi fa, i contratti non contemplavano neanche l'avvertenza che il mancato pagamento sarebbe stato segnalato a un sistema di informazioni creditizie. Alcune persone hanno saputo di essere state iscritte nei registri ai quali lei faceva riferimento, onorevole Fugatti, dopo cinque anni: quando sono andate a comprare il frigorifero con un finanziamento, il negoziante l'ha negato perché, interrogando la banca dati, ha scoperto che cinque anni prima non era stata pagata una rata. Il consumatore non sapeva nulla del ritardato pagamento: come ho già detto, con il sistema del bollettino iniziale che arriva con tre mesi di ritardo si comincia a pagare quando si è già in mora per le prime due rate.

FABIO PICCIOLINI, Esperto dell'Adiconsum. Alcune regole sono contenute nel codice di deontologia e buona condotta allegato al decreto legislativo n. 196 del 2003, che fornisce certezze per quanto riguarda i tempi di conservazione dei dati: se il ritardo non è superiore a due rate o mesi, si rimane iscritti per dodici mesi dalla registrazione dell'avvenuta regolarizzazione; se il ritardo è superiore, il periodo di conservazione sale a ventiquattro mesi; nel caso di inadempimenti non regolarizzati, i dati sono conservati per tre anni dalla data di scadenza contrattuale o comunque dalla cessazione del rapporto. Per quel che riguarda il saldo a stralcio, onorevole Fugatti, si rimane segnalati per tutta la durata dell'inadempimento; poi, si viene cancellati, in conformità alle regole già esposte.
Credo che il codice deontologico, entrato in vigore il 1o gennaio 2005, debba essere aggiornato. Alcuni aspetti della disciplina non vanno bene.
Tuttavia, la questione deve essere inquadrata in un contesto più ampio. Non sono un fautore dei sistemi di informazione creditizia, ma credo che essi conservino una loro utilità. Non vedo soltanto il problema del mancato accesso al credito, ma anche quello di un accesso che va oltre le possibilità di una persona. In altre parole, se la banca non sa quanti prestiti ha contratto il consumatore, vi è il rischio che questi possa cacciarsi in una situazione di sovraindebitamento (o diventare preda di usurai). Una segnalazione corretta, che il consumatore possa controllare, a soggetti posti sotto il controllo di


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un'autorità di vigilanza, con la possibilità di proporre anche reclamo, è un fatto positivo.
Aggiungo che le centrali rischi (come si chiamavano una volta), o sistemi di informazione creditizia (come si chiamano oggi), sono banche dati. Le finanziarie, le banche e gli altri soggetti che possono concedere dilazioni di pagamenti - si tratti di UniCredit, di Agos o di altri ancora - non sono affatto obbligati a rispettare le indicazioni del SIC: sta a loro decidere se erogare o meno il credito. Quindi, prestiamo attenzione a non confondere un fatto tecnico con la causa di certi comportamenti.
Grazie anche al lavoro delle associazioni dei consumatori, nel codice di deontologia e buona condotta è stabilito che il SIC deve indicare, nel caso in cui gli sia richiesto, il motivo che ha impedito la concessione di un credito, mentre la banca, che non ha tale obbligo, scarica la colpa sul SIC. Deve essere chiaro, invece, che la responsabilità ultima è sempre ed esclusivamente dell'intermediario bancario o finanziario.

SILVIA CASTRONOVI, Relazioni esterne istituzionali di Altroconsumo. Vorrei aggiungere una breve osservazione: il problema sta nel fatto che si tratta di una gestione privata. Proprio per la potenzialità che tali banche dati potrebbero avere nel contrastare il sovraindebitamento, sarebbe opportuno, da un lato, pensare a un sistema di controllo, di vigilanza, a una forma di gestione connotata da maggiore pubblicità e, dall'altro, introdurre l'obbligo di dare le informazioni relative alla banca dati al consumatore, il quale dovrebbe avere possibilità di accesso più ampie di quelle attualmente consentite.
Occorre considerare, poi, che i furti d'identità si verificano, spesso, proprio nel settore del credito al consumo, soprattutto per i nomi più diffusi (ad esempio, Giuseppe Rossi), non soltanto mediante l'utilizzazione di carte di credito (vengono rubati anche i codici fiscali). Il malcapitato consumatore, il quale o non si è indebitato o ha già rimborsato regolarmente il denaro avuto in prestito, si vede attribuita l'etichetta di cattivo pagatore e, per ottenere la cancellazione del suo nominativo dalla banca dati, è costretto ad affrontare incombenze defatiganti, non sempre coronate da successo.
Sarebbe opportuno approfondire, dal punto di vista legislativo, anche questo aspetto.

STEFANO CONTI, Esperto della Federconsumatori. Un'ultima osservazione: si finisce in CRIF (ma banche dati analoghe sono gestite da altri sistemi di informazioni creditizie: tra i più noti, Experian e la Centrale dei rischi della Banca d'Italia) anche nel momento in cui viene negato un finanziamento: in questo caso non perché il richiedente sia incorso in qualche inadempimento, ma perché, ad esempio, gli manca un 5 per cento di reddito per raggiungere i criteri di solvibilità.

MAURO NOVELLI, Esperto dell'Adusbef. O perché vi rinuncia.

STEFANO CONTI, Esperto della Federconsumatori. In caso di rinuncia si viene cancellati. Se, tuttavia, viene segnalato il mancato accoglimento della richiesta, perché la banca o l'intermediario finanziario ha accertato l'insufficienza degli elementi reddituali forniti dal richiedente, questi è costretto a fare, come si suole dire, il giro delle sette chiese e a spiegare, ora all'uno ora all'altro possibile finanziatore, per quale motivo il prestito gli è stato negato.
Quando si regolarizza un inadempimento si rimane segnalati per un dato numero di mesi, ma è chiaro che le banche dati di cui stiamo discorrendo forniscono soltanto informazioni, delle quali le banche possono tener conto oppure no: il potere di concedere il credito appartiene interamente alle banche e alle finanziarie.
Si finisce in CRIF addirittura per multe prescritte, non notificate da Equitalia Gerit: non se ne sa niente, non si è ricevuto alcun avviso, ma può capitare di prenderne conoscenza quando si va a chiedere un finanziamento!


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Equitalia Gerit ha fatto segnalazioni di insoluti relativi a 500.000 multe fasulle, a seguito delle quali tantissime persone sono venute da noi per farsi cancellare dalla banca dati CRIF.
Se questo è il meccanismo, bisogna intervenire drasticamente sui sistemi di informazioni creditizie, altrimenti il cittadino rischia di rimanere molto spesso indifeso.

MATTEO BRAGANTINI. Il ragionamento che stiamo sviluppando mi induce a formulare una specifica domanda alle associazioni presenti.
Per certi versi, ritengo utili le banche dati, ove gestite bene. Peraltro, includerei tra le segnalazioni negative anche i mancati pagamenti dei tributi locali e di tutte le tasse, perché è immorale omettere di versare quanto è dovuto a tali titoli per avere maggior credito da spendere per i propri consumi.
Ciò premesso, si pone il problema di capire quale debba essere il rapporto tra diritto alla privacy e diritto all'informazione. Fa piacere al cittadino che molte banche dati conoscano il suo reddito, quanto è indebitato e se è un cattivo pagatore? Allora, egli deve avere la stessa possibilità: la tutela della privacy non deve impedire che gli arrivino le informazioni che ha interesse a ricevere (nel caso di furto di identità e via dicendo).
Dunque, qual è il limite della trasparenza? Il quesito non è di poco conto. Bisogna che anche i consumatori ci dicano quali tra le possibili scelte possano essere di loro gradimento.

MAURIZIO FUGATTI. Per quanto riguarda il registro dei cattivi pagatori, ricordo che il gruppo della Lega aveva presentato un emendamento al decreto-legge n. 155 del 2008 (cosiddetto salva banche). Ebbene, i rappresentanti della CRIF sono andati a sostenere in ogni sede (mancava soltanto la Presidenza della Repubblica) che la soluzione da noi proposta non era accettabile.
In sostanza, avevamo proposto una moratoria, perché nella lista dei cattivi pagatori finiscono, in questo momento di crisi, non soltanto i «banditi», ma anche famiglie sane. Quando, fra sei mesi o fra due anni, saremo usciti dalla crisi (come speriamo), anche molte persone oneste avranno difficoltà a ripartire, in quanto la loro reputazione creditizia risulterà compromessa. Forse, l'emendamento era scritto male.
Nell'audizione svoltasi il 23 giugno la CRIF ha sostenuto che le segnalazioni negative dovrebbero riguardare anche le fatture non pagate, ad esempio, per le utenze dell'energia elettrica o del gas. In tal caso, chi dimenticasse di pagare la fattura alla data di scadenza entrerebbe nei predetti registri e non ne uscirebbe più.
Su tale aspetto noi legislatori dovremo sicuramente lavorare.

PRESIDENTE. Al di là delle questioni che sono state illustrate oggi, molte delle quali ci erano già note (abbiamo deliberato un'indagine sul credito al consumo perché ci erano pervenute svariate segnalazioni), mi interessa avere una fotografia, come ho detto in apertura, dello stato dell'arte.
Il nostro compito è, infatti, quello di legiferare, avendo riguardo anche alla normativa che disciplina l'attività dei soggetti investiti di funzioni di supervisione nel settore del credito al consumo. Nel corso delle audizioni apprendiamo di tante vicende che riguardano i cittadini (ci capita anche di assistere, talvolta, al solito rimpallo di responsabilità), ma alla fine spetta a noi il compito di decidere, nell'esercizio della nostra funzione di legislatori, dove e come intervenire.
Quando ricevete segnalazioni, a quali interlocutori vi rivolgete? Quali sono le carenze che ravvisate sotto il profilo dei controlli? Trovate uditori attenti o che tendono a dimenticare? A noi interessa sapere come funziona il meccanismo perché, se sono necessarie modifiche legislative, bisogna intervenire chirurgicamente, laddove si presentano i problemi.

SILVIA CASTRONOVI, Relazioni esterne istituzionali di Altroconsumo. In


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breve, il problema della banca dati CRIF sta proprio nel fatto che è gestita privatamente: la società ha tutto l'interesse a trattare dati e a stringere anche accordi con altre aziende, per farsi pagare ancora di più l'accesso ai propri archivi. È necessario, quindi, che la gestione non sia esclusivamente privatistica e di tipo monopolistico. Occorrerebbe almeno prevedere una vigilanza da parte di un'autorità indipendente. Non so bene quale sistema indicare, ma sicuramente quello attuale non è il migliore.
Le orecchie più attente che abbiamo trovato, come associazione, sono state quelle dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Recentemente, proprio su segnalazione di alcuni consumatori, a tre società finanziarie sono state comminate sanzioni per un totale di 850.000 euro, per pratiche commerciali scorrette (mi riferisco a Findomestic Banca Spa, Mediamarket Spa e GRE Spa, operatori di dimensioni anche ragguardevoli).
Come si sa, Bankitalia è caratterizzata da una struttura più «giurassica» e lenta - adopero tali aggettivi per rendere il più possibile chiaro il concetto -, ma si sta aprendo all'opera di sensibilizzazione che le associazioni dei consumatori e dei risparmiatori stanno svolgendo, mediante segnalazioni anche particolareggiate.
Penso che debba intervenire anche un cambiamento di ottica. La Commissione europea è intervenuta con la nuova direttiva sul credito ai consumatori, di cui auspichiamo la più sollecita attuazione.
Noi proviamo a parlare a tutti, ma le sensibilità sono diverse. Quello dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato è un esempio positivo.

PRESIDENTE. A seguito di segnalazioni, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato avvia istruttorie, all'esito delle quali può comminare sanzioni. È evidente, tuttavia, la necessità di una regolamentazione che, da un lato, introduca più stringenti requisiti di accesso all'attività di mediatore creditizio e di agente in attività finanziaria e, dall'altro, istituisca un efficace sistema di vigilanza sui circa 160.000 soggetti operanti sul mercato.
È vero che Bankitalia ha 8.000 dipendenti, parte dei quali potrebbero essere utilizzati...

STEFANO CONTI, Esperto della Federconsumatori. Non più; adesso ne ha 3.000. È in corso una modifica dell'articolazione territoriale che prevede la cessazione di molte filiali.

PRESIDENTE. Siamo all'inizio di un processo «giurassico», come osservava la dottoressa Castronovi.
La necessità di intervenire sotto il profilo della vigilanza è evidente. Se tra i mediatori e gli agenti sono compresi anche i broker automobilistici, come immagino, si capisce come si arrivi a un numero tanto elevato. Si può anche decidere di impedire a un venditore di auto di fare il procacciatore per una società finanziaria, ma bisogna valutare l'argomento con la dovuta attenzione.

FABIO PICCIOLINI, Esperto dell'Adiconsum. Parto da questo punto per arrivare alle altre questioni poste.
Noi abbiamo provato a scrivere gli interventi fondamentali. Quello concernente i mediatori creditizi e gli agenti in attività finanziaria è sicuramente utile. È stato già detto che tali soggetti sono presenti sul mercato in numero di 160.000 e che circa 9.000 hanno personalità giuridica. Si tratta di una questione da affrontare con urgenza. So che la competente direzione del Ministero dell'economia e delle finanze vi sta lavorando.
Esiste un problema di sovraindebitamento delle famiglie italiane? Non sarà caotico e pesante come negli Stati Uniti o in Svezia, ma il fenomeno è sicuramente presente anche da noi, sia pure a macchia di leopardo. Ebbene, il disegno di legge Centaro, che prevede anche misure di sostegno per le famiglie che si trovano in difficoltà finanziaria, è stato approvato dal Senato e trasmesso alla Camera. Ne auspichiamo l'approvazione definitiva in tempi abbastanza rapidi.


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Nella fotografia, signor presidente, le persone non si indebitano, da un lato perché non hanno più soldi, dall'altro perché le banche non li prestano. Questa è la realtà. Il credito al consumo è fermo, fatta eccezione per il credito collegato all'utilizzo delle carte revolving, che vanno di moda, e per quello garantito mediante cessione del quinto dello stipendio.
Per quanto riguarda gli interlocutori, ve ne sono di tutti i tipi: alcuni sono disposti addirittura a stringere accordi con noi, a fare conciliazioni e a ristrutturare i prestiti; altri nemmeno rispondono alle nostre lettere. Con due o tre banche, che non rispettano le norme, non sappiamo più a chi appellarci. Posso tranquillamente fare un nome: Meliorbanca non rispetta la norma sulla portabilità del conto. Abbiamo scritto all'ABI, alla Banca d'Italia, all'Antitrust, ma senza ottenere risultati, perché la banca non si presenta davanti al notaio.
Con riferimento alla moratoria, premesso che ho appreso soltanto adesso...

PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo, ma vorrei un chiarimento: avete segnalato, ma nessuno vi ha risposto?

FABIO PICCIOLINI, Esperto dell'Adiconsum. Ci hanno risposto le istituzioni, ma Meliorbanca (vi assicuro che non è la sola; potrei citare Barclays e altre ancora) non risponde neanche agli organismi ai quali è associata. Purtroppo, questa è la realtà.
Quanto alla moratoria concernente le segnalazioni negative ai sistemi di informazioni creditizie, nell'apprendere con soddisfazione che l'ABI ha finalmente predisposto la moratoria sui mutui per le famiglie in difficoltà (l'ha anticipata, e questo è un fatto positivo, una volta tanto), mi permetto di sottolineare due aspetti.
In primo luogo, dovremmo ricordarci sempre che, insieme alle famiglie in difficoltà, c'è anche il risparmio depositato, che rappresenta l'altra faccia della medaglia. Si tratta dei risparmi di chi è riuscito a mettere da parte qualche soldo, che vengono utilizzati soprattutto per fare credito (anche perché, ormai, investire sul mercato non rende più niente). Va benissimo, dunque, la moratoria. Ne sono ben felice. Bisognerebbe evitare, tuttavia, una moratoria generalizzata per tutti.
In secondo luogo, l'ho detto e lo riconfermo, il codice di deontologia e buona condotta per i sistemi di informazioni creditizie deve essere rivisto (e ciò richiede l'intervento del Garante della privacy). Sapete, però, qual è il problema? Mentre i sistemi di informazioni creditizie privati sono tenuti all'osservanza del codice, la Banca d'Italia non lo è, e nemmeno le singole banche. Pertanto, abbiamo casi di banche che hanno archivi di vent'anni, non di un anno o due. Chi ha la mia età (come Mauro Novelli) ricorda sicuramente che il Banco di Napoli aveva un archivio storico di vent'anni. È evidente che poi non danno credito!
Quando si metterà nuovamente mano al codice deontologico - e secondo me si tratta di un'operazione da compiere - tutti dovranno esservi sottoposti, non alcuni sì e altri no.
Ripeto: io voglio che il mio deposito sia garantito. Inoltre, poiché sono un buon pagatore, desidererei pagare un po' di interessi in meno, come avviene nei Paesi più avanzati (considerata la mia età, temo che non vedrò mai realizzato il mio desiderio). Oggi, invece, il tasso di interesse è uguale per tutti, si tratti di buoni o di cattivi pagatori. A mio avviso, questo non è un elemento di democrazia economica, e nemmeno di democrazia finanziaria.
Rivediamo quindi il codice, dando maggiori regole anche ai SIC, ma stabiliamo che esso si applica anche alle singole banche. Credo che vent'anni di sistema informativo aziendale siano una vergogna per il Paese, non solamente per il Banco di Napoli.

STEFANO CONTI, Esperto della Federconsumatori. Per quanto riguarda CRIF, la società gestisce informazioni finanziarie. Mi pare un po' eccessivo, dunque, che l'insoluto relativo a una bolletta dell'ENEL


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- per carità, noi siamo per la trasparenza di tutti gli atti - finisca nella banca dati della CRIF.

MAURIZIO FUGATTI. Questa è la richiesta che hanno avanzato loro.

STEFANO CONTI, Esperto della Federconsumatori. Perché sono privati: per ogni transazione ricevono un compenso.
In Italia, vi è la Centrale dei rischi della Banca d'Italia, che è pubblica e raccoglie i dati relativi ai rapporti di credito di importo pari o superiori a 75.000 euro (adesso, la soglia è scesa a 30.000 euro), alla quale si aggiungono altri sistemi di informazioni creditizie gestiti da privati, i quali, ovviamente, hanno tutto l'interesse a fare in modo che nei loro archivi finiscano altre informazioni, la cui gestione (inserimento, cancellazione e via elencando) produce introiti.
A mio giudizio, sarebbe opportuno affidare la gestione di tali sistemi non a privati, ma a enti pubblici, come Consob, Banca d'Italia, Ministero dell'economia (o altro). Così facendo, nessuno potrebbe nutrire il sospetto che la gestione dei dati possa essere condizionata da interessi economici. Naturalmente, bisognerebbe stabilire criteri di raccolta adeguati: registrare gli insoluti relativi alle bollette dell'ENEL mi parrebbe eccessivo, anche perché non sarebbe facile gestire una simile mole di informazioni.

MATTEO BRAGANTINI. Dipende: se si tratta di una persona che non paga da anni la bolletta dell'ENEL o le tasse locali, come succede, ad esempio, in provincia di Reggio Calabria, il criterio da lei indicato, dottor Conti, non va bene.

STEFANO CONTI, Esperto della Federconsumatori. Infatti, Equitalia li segnala.

MATTEO BRAGANTINI. Bisogna capire. Ripropongo la domanda, perché la questione è di una certa importanza: i consumatori sono convinti di volere la trasparenza?

STEFANO CONTI, Esperto della Federconsumatori. Noi vogliamo sempre la trasparenza, ci mancherebbe altro!

MATTEO BRAGANTINI. Come dicevo, bisogna capire se i consumatori vogliano la trasparenza ovvero preferiscano avere tassi di interesse uguali per tutti (magari, molti furbetti fanno finta di non sapere quali conseguenze discenderebbero dall'una o dall'altra scelta).
Io sarei per la trasparenza totale, ma vorrei che vi fosse anche - come gruppo ne siamo estremamente convinti - la possibilità di addurre giustificazioni. Per esempio, se ho pagato la bolletta o la rata del finanziamento due giorni dopo la scadenza, perché il bollettino di versamento mi è arrivato in ritardo (e succede), devo avere la possibilità di giustificare il mio inadempimento.

STEFANO CONTI, Esperto della Federconsumatori. Bisogna affinare le regole.

MATTEO BRAGANTINI. Altrimenti, si rischiano fallimenti come quelli del Banco di Napoli, che è fallito più di una volta per avere erogato finanziamenti in alcune zone del Paese, dopo di che i soliti cittadini hanno dovuto pagare per tutti. Bisogna capire come fare.

STEFANO CONTI, Esperto della Federconsumatori. La natura pubblica del gestore è condizione per l'inserimento di ulteriori informazioni nelle banche dati dei SIC.

MAURO NOVELLI, Esperto dell'Adusbef. Dovrebbe essere assicurata la trasparenza massima; sul versante fiscale dovrebbe occuparsene, però, un'agenzia pubblica.
Desidero richiamare l'attenzione della Commissione su un fatto specifico. A quanto pare, la CRIF ha cominciato a formare «pacchetti» di informazioni e a rivenderli. In sostanza, se scoprono che il tal consumatore non ha pagato la rata della rivista di teatro alla quale è abbonato, ne deducono che va a teatro; si


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rivolgono, allora, alla rivista concorrente e la informano che quel consumatore va a teatro, consentendole di proporgli l'abbonamento alla nuova rivista.
Se non sbaglio, l'UIC, che cura la gestione degli elenchi degli intermediari finanziari, ha anche capacità di indagine.

FABIO PICCIOLINI, Esperto dell'Adiconsum. Non più. Le funzioni dell'UIC sono state assunte dalla Banca d'Italia.

MAURO NOVELLI, Esperto dell'Adusbef. L'UIC è confluito nella Banca d'Italia. Si potrebbe prevedere un intervento da parte di quest'ultima nel caso in cui un consumatore segnalasse situazioni illegali o ai limiti della legge (ad esempio, che la CRIF sta mettendo in circolazione i suoi dati).
Noi, da praticoni, cosa facciamo? Dal momento che abbiamo lavorato in banca - almeno noi dell'Adusbef, ma vedo che lo stesso vale per tre su quattro dei presenti - mettiamo in piazza le vicende di cui veniamo a conoscenza, poiché ciò rappresenta un problema per le banche. Quando non ci rispondono, scriviamo al presidente della banca, alla Banca d'Italia e alla Consob (se la questione riguarda titoli). Adesso facciamo scrivere anche al Ministro dell'economia e delle finanze. È molto difficile che il Ministro Tremonti legga la lettera di protesta del consumatore; tuttavia, quando la banca si vede esposta alla pubblica disapprovazione, perché il suo ufficio reclami non ha risposto, comincia a essere più cauta. Se si strilla a casa loro, le finestre sono chiuse, e le banche stanno tranquille; se si apre la finestra, e si porta la lamentela in piazza, cominciano a tremare.
Questi, però, sono sistemi da praticoni. Il legislatore dovrebbe fare in modo che la capacità del praticone diventi di pubblico dominio.

PRESIDENTE. Il Ministro Tremonti è sempre molto interessato alle vicende che riguardano le banche.

MAURO NOVELLI, Esperto dell'Adusbef. Allora insisteremo.

FABIO PICCIOLINI, Esperto dell'Adiconsum. Mi permetta, signor presidente, di integrare la risposta alla sua domanda, che era molto giusta.
Come hanno ripetuto tutti i colleghi, è ovvio che le esigenze di trasparenza e quelle di privacy debbono essere conciliate. A tale proposito, vorrei portare un esempio di come possono essere utili - adesso faccio un po' di spot - le associazioni dei consumatori. Quando, nel 2004, fu sottoscritto il codice di deontologia e buona condotta per i sistemi di informazioni creditizie, costituì argomento di discussione, per almeno venti giorni, l'inclusione tra i soggetti partecipanti dei gestori di telefonia (che in precedenza avevano accesso ai SIC). Noi fummo contrari. Riteniamo ancora oggi che il sistema di informazione debba essere un fatto sociale e non possa diventare, al contrario, un fatto commerciale: da un lato, deve servire a concedere il credito giusto alla persona giusta, a quella che è in grado di rimborsarlo; dall'altro, deve tutelare il risparmio dei cittadini.
Le associazioni dei consumatori sono molto attente alla massima trasparenza. Ripeto: se risulta che sono un buon pagatore, voglio pagare, possibilmente, un tasso di interesse inferiore; se non ho multe arretrate con Equitalia Gerit, o con chiunque altro, voglio che si sappia, perché ciò vuol dire che sono un buon cittadino. Devono essere garantiti la possibilità di reclamo e, ovviamente, il rispetto della privacy.
Non ne sono a conoscenza, ma se qualcuno vende «pacchetti», la legge non lo consente. Tale comportamento va denunciato. Cito per tutti il caso di Pippo Baudo, per sottolineare che si trattava di un'operazione vietata dalla legge. Se l'amico Novelli, o chiunque altro, è a conoscenza di simili condotte, dobbiamo denunciarle, perché sono vietate. Allo stesso tempo, vorrei che fossero oggetto di considerazione non soltanto i comportamenti del cittadino «cattivo», ma anche le esigenze di quello «buono».


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PRESIDENTE. L'Antitrust ha comminato sanzioni anche a Barclays Bank, per pratiche commerciali scorrette in materia di mutui.
Ringrazio i rappresentanti delle associazioni dei consumatori, i quali ci hanno fornito elementi molto interessanti, e autorizzo la pubblicazione, in allegato al resoconto stenografico della seduta, della documentazione da essi consegnata (vedi allegato).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,45.

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