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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VI
13.
Giovedì 26 novembre 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Conte Gianfranco, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUL CREDITO AL CONSUMO

Audizione del direttore generale del Tesoro:

Conte Gianfranco, Presidente ... 3 9 11 13 16 19 22 23
Barbato Francesco (IdV) ... 10
Bragantini Matteo (LNP) ... 15
Fluvi Alberto (PD) ... 11
Grilli Vittorio, Direttore generale del Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze ... 3 19 23
Pagano Alessandro (PdL) ... 13
Ventucci Cosimo (PdL) ... 9

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal direttore generale del Dipartimento del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze ... 25
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.

COMMISSIONE VI
FINANZE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 26 novembre 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO CONTE

La seduta comincia alle 10,40.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del direttore generale del Tesoro.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul credito al consumo, l'audizione del direttore generale del Dipartimento del tesoro, professor Vittorio Grilli.
Il professor Grilli è accompagnato dal dottor Alessandro Rivera, dirigente generale Capo della Direzione IV del Dipartimento del tesoro.
Invito il professor Grilli a illuminarci sugli aspetti del credito al consumo che riguardano i consumatori e tutto il settore delle finanziarie di cui agli articoli 106 e 107 del TUB.

VITTORIO GRILLI, Direttore generale del Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze. Grazie, signor presidente. Se lei è d'accordo, illustrerei brevemente i punti essenziali della relazione che lascerò agli atti, dopo di che darei spazio alle domande e ai chiarimenti che gli onorevoli membri della Commissione riterranno necessari.
Iniziando con una premessa di stampo definitorio, si può dire che la disciplina del credito al consumo è stata costruita con la finalità di realizzare un equilibrio tra due esigenze di fondo. La prima è quella di agevolare l'erogazione del credito alle famiglie, per consentire alle stesse di far fronte a esigenze puramente afferenti ai consumatori ed estranee allo svolgimento di attività imprenditoriali o professionali: acquisto di elettrodomestici, automobili, pacchetti turistici, beni di consumo complessi che implicano spese significative, a condizioni il più possibile trasparenti e favorevoli. La seconda esigenza è che tale attività di concessione di credito, attesa la relativa debolezza contrattuale del consumatore, abbia luogo in condizioni di estrema trasparenza, previa verifica oggettiva e sistematica delle condizioni finanziarie complessive del cliente, ovvero della capacità di quest'ultimo di sostenere le implicazioni finanziarie del contratto di credito che desidera stipulare.
Sappiamo tutti che la disciplina comunitaria si è recentemente arricchita della direttiva 2008/48/CE, che ridefinisce e chiarisce la materia, alla quale imprime una spinta in direzione della trasparenza e dell'armonizzazione. Tale direttiva dovrà essere recepita anteriormente all'11 giugno 2010 (al Governo è già stata conferita apposita delega dal Parlamento). Illustrerò in seguito gli orientamenti che stanno ispirando l'attività di recepimento.
Veniamo alla dinamica dei prestiti alle famiglie nell'ultimo periodo. Il primo dato importante è che, dal 2000 al 2008, l'indebitamento delle famiglie italiane è aumentato in maniera consistente. Sostanzialmente,


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è raddoppiato: in percentuale del reddito disponibile, era circa il 30 per cento nel 2000, mentre eravamo al 60 per cento nel 2008. Come vedete, siamo di fronte a un trend di crescita molto veloce e importante.
La caratteristica fondamentale delle famiglie italiane, rispetto a quelle degli altri Paesi sviluppati, ossia la grande capacità di risparmio, e quindi il basso indebitamento, persiste. La famiglia italiana ha un livello di indebitamento più basso di quello delle famiglie degli altri grandi Paesi, quali Stati Uniti, Inghilterra e Spagna, nonché della media dell'area dell'euro, che si attesta sul 93 per cento del reddito disponibile. Tuttavia, è in atto un processo di avvicinamento, dal momento che cresce l'attitudine delle famiglie italiane a indebitarsi, soprattutto attraverso gli strumenti del credito al consumo. Anche l'acquisto della casa, che sappiamo essere uno degli investimenti tipici delle famiglie italiane, viene sempre più realizzato attraverso il ricorso al mutuo.
L'osservato trend di crescita è importante, non è relativo soltanto al credito al consumo e non è diminuito durante la crisi: in base ai dati di cui disponiamo, la propensione a indebitarsi ha continuato a crescere anche nel primo semestre del 2009. In un momento di crisi e di riduzione delle disponibilità finanziarie, il ricorso al credito può essere interpretato, in parte - e forse si tratta di un aspetto potenzialmente pericoloso -, come il tentativo di creare un ponte, diciamo così, per non diminuire eccessivamente i consumi. Si tratta di uno scopo giusto e teoricamente valido, ma è fondamentale tenere sotto controllo la condizione cui accennavo prima, ossia verificare la sostenibilità degli impegni finanziari assunti.
Questo per quanto riguarda l'aspetto quantitativo.
Quanto al costo del credito al consumo, un dato forse importante è che esso non è variato negli ultimi anni, sebbene sia cambiato molto l'andamento dei tassi di interesse, dapprima cresciuti e poi calati notevolmente. Dal dicembre del 2005 al marzo del 2009 i tassi medi del credito al consumo sono rimasti più o meno all'interno di tre quarti di punto: sono passati dall'8,21 per cento a circa il 9,06 per cento. Quelli che ho appena citato sono i dati relativi al credito al consumo erogato da istituti bancari. Se andiamo ad analizzare, invece, i tassi relativi al credito erogato da intermediari non bancari, notiamo che sono più alti, ma che, a loro volta, sono rimasti stabili: circa il 14,4 per cento per importi inferiori ai 5.000 euro e circa l'11 per cento per importi superiori.
Il fatto che i tassi praticati per il credito al consumo sono rimasti abbastanza stabili, nonostante le sensibili variazioni di mercato dei tassi di interesse, può essere spiegato, a nostro giudizio, considerando la proporzione rilevante e sostanzialmente rigida che hanno assunto, al loro interno, i costi di mediazione. Allo stato, in mancanza di una statistica sistematica ufficiale, e della stessa capacità di acquisizione, non disponiamo di dati che ci consentano di essere più precisi circa l'incidenza di tali compensi sul costo totale del credito. La situazione cambierà a seguito delle nuove istruzioni di vigilanza emanate dalla Banca d'Italia per la rilevazione trimestrale dei tassi effettivi globali medi, che tuttavia entreranno in vigore il 1o gennaio 2010. Soltanto a partire da tale data, sostanzialmente dal primo trimestre del 2010, saremo in grado di avere le prime informazioni, che riporteremo al Parlamento attraverso gli appositi decreti del Ministero dell'economia e delle finanze. Di conseguenza, i primi dati saranno resi noti con il decreto relativo al trimestre luglio-settembre 2010.
Quanto alle tipologie, come si è ripartito il credito al consumo, nella descritta dinamica di marcata crescita dell'indebitamento, tra le diverse forme tecniche utilizzabili?
Lo strumento più classico, anche storicamente più usato, è il prestito finalizzato all'acquisto di beni (come l'automobile o gli elettrodomestici), che rappresenta circa il 39 per cento del totale. La gran parte dei prestiti finalizzati è destinata all'acquisto di automobili: si calcola - anche questa è una percentuale storicamente


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in crescita - che circa l'84 per cento delle compravendite di auto a privati è effettuato, in Italia, ricorrendo parzialmente o totalmente al credito al consumo.
Il secondo strumento è quello dei prestiti personali, molto aumentati con l'introduzione e l'ampliamento della cessione del quinto dello stipendio.
Il terzo - che merita probabilmente un'attenzione aggiuntiva, al pari della cessione del quinto - è lo strumento delle carte revolving. Tipico dei Paesi anglosassoni, dove la vera credit card è quella revolving, è un po' meno usato da noi, ma ha cominciato a prendere piede sempre di più e segna una crescita importante: in termini di volumi erogati, nel 2008 e nell'anno precedente, l'incremento è stato superiore al 7 per cento e superiore al 5 per cento quanto a numero di carte.
L'uso delle revolving è, quindi, un fenomeno in aumento. Il cliente apre implicitamente una linea di credito sulla quale i tassi di interesse sono notevolmente alti. Sostanzialmente, le nostre stime, che sono completamente allineate a quelle del mercato internazionale, mostrano che l'ISC è mediamente del 17 per cento, che diventa il 19 per cento se si includono le spese di invio degli estratti conto. Si tratta di una linea di credito ad altissimo tasso di interesse e di un settore nel quale c'è una parte chiaramente debole, o potenzialmente tale, rappresentata dal consumatore.
Nel settore del credito al consumo esistono, e sono notevoli, i pericoli di infiltrazione criminale, che devono, dunque, essere monitorati.
Dai dati della Guardia di finanza, la quale ha istituito un settore di analisi e studio, risulta che nell'ambito del credito al consumo sono stati registrati, nel 2008, circa 25 mila casi di operazioni di finanziamento fraudolente, per un importo di circa 145 milioni di euro. Tali frodi hanno avuto a oggetto soprattutto prestiti finalizzati. Le regioni in cui è stata osservata una maggiore crescita, legata soprattutto ai furti di identità, sono la Lombardia, il Veneto, il Piemonte e la Toscana (nella quale vi è stata una crescita di quasi il 50 per cento). Poiché non desidero affrontare il tema in questa circostanza, mi limito ad affermare che anche nel comparto assicurativo, dove si pongono problemi simili, si è verificato un aumento delle frodi pari al 2,3 per cento. Nel 2008, la Guardia di finanza ne ha scoperte circa 77.000, per un ammontare di circa 293 milioni di euro.
Come ho accennato, l'aumento della propensione all'indebitamento delle famiglie fa sì che diventi più preoccupante l'infiltrazione della criminalità nel settore. Quindi, dobbiamo affinare i nostri strumenti per fronteggiare questo nuovo fenomeno.
A proposito del trend che caratterizza l'indebitamento delle famiglie, vorrei svolgere qualche considerazione in merito alle difficoltà che l'aumento dell'accesso al credito ha causato.
Anche con riferimento a questo aspetto disponiamo di dati abbastanza recenti. Quelli stabilizzati risalgono al 2006, ma vi fornirò un'indicazione anche per il 2008, con l'avvertenza che, in quest'ultimo caso, si tratta di una stima e non di un dato preciso.
Si calcola che nel 2006, fatto uguale a 100 il numero delle famiglie, quelle che hanno una posizione debitoria sono 26. Di queste, le famiglie con una rata superiore al 30 per cento del reddito disponibile sono una su 10. Ciò vuol dire che più del 2 per cento del totale delle famiglie ha una rata mensile che supera il 30 per cento del proprio reddito, soglia che noi riteniamo significativa. La stima per il 2008 indica che tale percentuale è aumentata dal 2,1 al 3,5 per cento. Anche in questo caso, dunque, la tendenza all'aumento non riguarda soltanto l'indebitamento, ma anche le percentuali delle famiglie che sono giunte a una soglia di impegno finanziario notevole, superiore al 30 per cento del proprio reddito. Ciò mette in pericolo la capacità di rimborso, tanto che osserviamo peggioramenti nella solvibilità delle famiglie.
Sempre in base alla stima per il 2008, notiamo come i prestiti incagliati (quelli che le famiglie hanno temporaneamente avuto difficoltà a rimborsare) sono aumentati


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dall'1,5 al 2,2 per cento, mentre la percentuale delle famiglie che hanno prestiti scaduti da almeno 90 giorni è salita al 4,3 per cento. Le sofferenze vere e proprie, però, non sono lievitate di pari passo, nello stesso modo significativo, ma soltanto dallo 0,9 della fine del 2007 all'1,2 per cento del primo trimestre 2009.
Il momento della verifica ex post relativa alle sofferenze, e all'incapacità delle famiglie di pagare i debiti contratti, ha come contraltare il lavoro svolto ex ante, ossia la capacità di determinare, prima della concessione del credito, la sostenibilità dell'impegno finanziario da parte di chi intende indebitarsi. È a tal fine diffuso, nei mercati internazionali e nazionali, l'utilizzo dei dati presenti nelle cosiddette centrali rischi, che hanno origine sia pubblica sia privata. Come vedremo, verificare in maniera appropriata il merito di credito è uno dei capisaldi della direttiva europea relativa al credito ai consumatori. Si tratta di un'operazione delicata e importante.
Sappiamo che esistono diverse banche dati, alcune pubbliche, altre private, e che non sono compiutamente regolati né l'accesso degli interessati né l'uso che i partecipanti fanno delle informazioni registrate. Riceviamo spesso, come Dipartimento del Tesoro, richieste di informazioni o segnalazioni da parte dei cittadini, i quali protestano per il modo in cui sono organizzate le centrali rischi, nonché per l'utilizzazione dei dati da esse conservati sotto il profilo della valutazione del merito di credito. Forse, un'analisi di tali meccanismi sarebbe opportuna. Soprattutto, dovrebbero essere predisposte regole di utilizzo tali da garantire, da una parte, che la verifica del merito di credito sia effettivamente svolta e, dall'altra, che sia svolta in maniera corretta e proporzionata. Questa è la situazione attuale.
Guardando al futuro, ovvero alla nuova direttiva europea relativa al credito ai consumatori e al modo in cui essa sarà recepita nell'ordinamento italiano, occorre subito evidenziare che l'obiettivo alto del provvedimento è quello di offrire al consumatore la possibilità di determinare in maniera chiara e consapevole le proprie scelte di consumo, all'interno di un mercato europeo integrato e per definizione trasparente. In merito, la direttiva presenta diversi aspetti di novità.
Il primo è quello di un campo di applicazione più ampio rispetto al passato: la soglia per il credito al consumo, in precedenza limitata a poco più di 30.000 euro, è stata portata a 75.000 euro.
Il secondo è quello di una maggiore trasparenza nell'offerta dei prodotti di credito al consumo, in termini di messaggi pubblicitari e di informativa precontrattuale. Anche nel caso in cui agisca un intermediario del credito, è previsto che i servizi attinenti al credito al consumo siano resi attraverso una modulistica standard. Tutto ciò è volto ad accentuare, da una parte, la consapevolezza del consumatore e, dall'altra, la responsabilità del finanziatore, garantendo che le due parti siano ben informate e consapevoli dell'operazione che intendono concludere.
In terzo luogo, vi è l'esigenza di definire un tasso onnicomprensivo che indichi il costo globale del credito: con un solo numero, in maniera chiara e trasparente, il consumatore deve essere in condizione di sapere quanto gli costa una transazione. Tale tasso deve inglobare tutte le voci correlate alla concessione del credito: qualsiasi costo deve essere tradotto nel tasso di interesse annuo effettivo globale.
Al quarto elemento di novità ho già accennato in precedenza: il creditore, prima di concludere il contratto di credito, ha l'obbligo di effettuare una valutazione del merito di credito del consumatore, sulla base anche della consultazione delle pertinenti banche dati.
Un altro aspetto importante riguarda i limiti imposti al diritto del finanziatore a ottenere un indennizzo equo e oggettivamente giustificato qualora il consumatore eserciti la facoltà di rimborsare anticipatamente il credito (problema che sappiamo riguardare non soltanto il credito al consumo).
L'ultimo aspetto sul quale desidero soffermarmi riguarda la responsabilità sussidiaria del finanziatore nei confronti del consumatore: quest'ultimo ha il diritto di


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agire nei confronti del creditore se ha infruttuosamente agito nei confronti del fornitore o prestatore qualora il bene o il servizio acquistato grazie al finanziamento non sia stato fornito o sia stato fornito solo in parte o non sia conforme a quello pattuito. Riguardo alla responsabilità del finanziatore devono esservi chiare limitazioni. La direttiva prevede che la riferita disciplina si applichi se il credito è finalizzato all'acquisto di uno specifico bene o servizio, nel caso in cui il contratto di acquisto e quello di finanziamento costituiscano un'unica operazione commerciale (ad esempio, quando il fornitore stesso di un bene di consumo finanzia il credito per acquistarlo).
Come si sta muovendo il Governo e quali sono le idee in merito al recepimento della direttiva? Come sapete, nel luglio di quest'anno è stata conferita la delega al Governo per dare attuazione, con uno o più decreti legislativi, sulla scorta di precisi principi e criteri direttivi, al provvedimento comunitario di cui stiamo discorrendo.
Vorrei svolgere alcune importanti considerazioni sul modo in cui stiamo cercando di affrontare i problemi più delicati in sede di preparazione della bozza di decreto legislativo (che come sempre sarà posta a disposizione di tutte le parti interessate, le quali avranno l'opportunità di formulare eventuali osservazioni e critiche).
Un primo problema è quello dell'applicabilità delle regole del credito al consumo ad altre fattispecie, in particolare a quella dei crediti ipotecari. Occorre sottolineare, in premessa, che soltanto una piccola parte dei prestiti erogati nell'ambito del credito al consumo viene concessa a fronte di ipoteca, che è molto comune, invece, nel caso di altri contratti di finanziamento (sostanzialmente, i mutui per l'acquisto dell'abitazione). A nostro parere, quella del prestito garantito da ipoteca è una categoria a sé, che deve avere una propria normativa, una propria legislazione onnicomprensiva, e che sarebbe inopportuno spacchettare, mettendo da una parte ciò che può essere collegato al credito al consumo e dall'altra ciò che non vi attiene.
Vi è, inoltre, il problema degli intermediari che possono erogare credito al consumo, al quale è strettamente connessa la questione del rafforzamento della tutela del consumatore nei confronti dei soggetti con i quali si trova a interagire.
La struttura italiana è estremamente complessa e variegata. I numeri sono molto importanti. Esistono, sostanzialmente, 171 società finanziarie ex articolo 107 del TUB, alle quali si aggiungono società finanziarie ex articolo 106 del TUB, mediatori creditizi e agenti in attività finanziaria, in numero di circa 185.000. Di questi, meno di 17.000 hanno personalità giuridica. Di per sé, i numeri indicati segnalano un potenziale problema di controllo del sistema, sotto il duplice profilo della qualità e della trasparenza. Orbene, come vengono controllati, monitorati e verificati i predetti soggetti?
I più importanti intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 107 del TUB, che sono circa 35, sono sottoposti alla vigilanza della Banca d'Italia. Di tutto questo mondo, dunque, sono soltanto 35 gli operatori sottoposti a una regolare vigilanza.
Entriamo, ora, nello spazio dell'articolo 106. Nel relativo elenco, che non è speciale e rimesso alla vigilanza onnicomprensiva della Banca d'Italia, ma generale, risultano iscritti circa 1.400 operatori (sui 185.000 totali). L'iscrizione è subordinata al possesso di requisiti, puramente formali, di onorabilità e di capitale minimo. Di questi 1.400 operatori se ne rinvengono su Internet soltanto 670 - abbiamo effettuato una ricerca per capirne di più -, sui quali si hanno informazioni, ma unilaterali, perché sono i soggetti stessi a presentarsi all'universo della rete. Per questo motivo, la Banca d'Italia ha ultimamente incrementato il numero di ispezioni - penso che ne abbia dato conto alla Commissione -, all'esito delle quali ha attivato la procedura di cancellazione dall'elenco o per la mancanza dei requisiti minimali prescritti o a causa delle gravi violazioni di legge riscontrate.


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Infine, c'è tutto il microcosmo di coloro che non sono iscritti né nell'elenco speciale né in quello generale. All'interno di tale ambito bisogna distinguere gli operatori che sono parte di reti di intermediari regolamentati, come le reti bancarie: i dealer convenzionati, gli agenti e i mediatori.
Avere tante reti e operatori abilitati, da un certo punto di vista, è una ricchezza, perché potenzialmente incrementa la concorrenza e diversifica l'accesso al credito a seconda delle esigenze. Tale ricchezza, però, se non opportunamente monitorata e regolata, può diventare deleteria.
Il problema è che, a fronte dei 185.000 agenti e mediatori che operano nel settore del credito al consumo, gli strumenti in dotazione all'Autorità di vigilanza sono praticamente inesistenti. L'iscrizione in un albo ovvero in un elenco, che pur essendo tenuto dalla Banca d'Italia non comporta l'assoggettamento alla vigilanza dell'Istituto di via Nazionale, è un attributo non soltanto minimale, ma poco più che formale: può iscriversi chiunque abbia un titolo di istruzione superiore e requisiti di onorabilità minimi, per di più senza dover dare alcuna prova di preparazione professionale e senza fornire alcuna garanzia patrimoniale. Praticamente, si tratta di un'iscrizione quasi automatica, che può essere negata soltanto a chi non possieda un'istruzione di livello superiore o i requisiti minimi di onorabilità richiesti.
Si pone, poi, un altro problema: esistono un albo per i mediatori creditizi e un distinto elenco per gli agenti in attività finanziaria. La differenza tra mediatori e agenti è piuttosto semplice: come i broker assicurativi, i primi non sono legati alle parti che mettono in contatto da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza - dovrebbero proporre i prodotti migliori, a seconda delle esigenze del cliente -, mentre i secondi operano, non necessariamente in esclusiva, su mandato delle società finanziarie.
Ebbene, abbiamo verificato che una stessa persona può essere iscritta all'albo dei mediatori creditizi e all'elenco degli agenti in attività finanziaria, il che le dà la possibilità di operare indifferentemente nell'una o nell'altra veste. Non c'è, dunque, alcuna possibilità di controllarne l'operato.
Concludo la mia breve nota introduttiva spiegando come ci stiamo orientando nella stesura della bozza di decreto legislativo sulla quale sarà avviata una consultazione pubblica.
Innanzitutto, per quanto riguarda i mediatori creditizi e gli agenti in attività finanziaria, è necessario prevedere il possesso di requisiti più incisivi ai fini dell'accesso alla professione. L'iscrizione agli elenchi dovrebbe essere subordinata a requisiti stringenti di onorabilità e professionalità; quest'ultima può essere collegata all'esperienza acquisita negli anni o, in mancanza, può essere accertata attraverso un'apposita prova valutativa. Dovranno anche essere introdotte specifiche cause di incompatibilità: per esempio, o ci si iscrive nell'albo degli agenti o in quello dei mediatori, ma non a entrambi. Inoltre, la gestione degli elenchi non dovrebbe essere di tipo formale, ma dovrebbe essere affidata a un organismo apposito, dotato di poteri di verifica e sanzionatori e sottoposto, per coerenza, alla supervisione della Banca d'Italia. Occorrerà, altresì, assicurare l'indipendenza dei mediatori creditizi dai singoli intermediari, perché, per definizione, essi devono essere indipendenti e in grado di fornire con la massima trasparenza diversi tipi di prodotti. Secondo noi, deve essere imposto l'obbligo di assumere una determinata forma giuridica (quella societaria), in modo da garantire la qualità degli intermediari sia sotto il profilo professionale sia dal punto di vista patrimoniale. Infine, occorre forse anche pensare a forme di obbligo assicurativo, per fare in modo che gli intermediari possano comunque risarcire i clienti a fronte di un servizio non svolto con diligenza.
L'ultima considerazione che desidero svolgere, legata al credito al consumo e al problema delle potenziali frodi, riguarda il fenomeno del furto d'identità.
Poiché al credito al consumo si fa molto spesso ricorso in occasione dell'acquisto di un bene, al momento dell'erogazione


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viene svolta una verifica immediata, sostanzialmente basata sull'identità dell'individuo. La possibilità di rubare e usare l'identità di altri per accedere al credito è una realtà che sta crescendo in un mondo in cui i dati personali si acquisiscono per via telematica e in modo pressoché istantaneo.
Ci eravamo posti il problema, in passato, nel caso, più limitato, delle carte (ricorderete il problema della clonazione delle carte di credito). In quel frangente, si è proceduto alla costituzione, presso il Ministero, di una banca dati capace di incrociare e di raccogliere tutti i casi di frode in un'unica fonte informativa, da mettere a disposizione degli investigatori per monitorare il fenomeno.
Nel caso di cui ci stiamo occupando si passa a un altro livello, perché non viene più in rilievo la carta di credito, ma l'identità personale di un individuo. Il fenomeno è simile, ma legato a un altro tipo di informazione. Forse, anche in questo caso si potrebbe pensare alla costituzione di una banca dati che consenta di verificare e monitorare i furti di identità, al fine di elaborare contromisure efficaci per contenere tali fenomeni.
Penso di avere apprestato una buona base di discussione.

PRESIDENTE. Grazie.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

COSIMO VENTUCCI. Innanzitutto, ringrazio il professor Grilli perché, come al solito - posso dirlo visto che conosco da anni il modo in cui svolge la sua attività professionale -, è stato molto chiaro nell'esposizione.
Ascoltiamo da tempo soggetti che si interessano del comparto del credito al consumo, e credo che abbiamo capito la situazione.
Lei, professore, ha incentrato soprattutto la seconda parte del suo intervento sui mali principali del credito al consumo, a cominciare dal modo in cui è organizzata l'erogazione del servizio. Si è soffermato, in particolare, sugli intermediari e sui loro collaboratori esterni, vale a dire mediatori creditizi e agenti in attività finanziaria.
Cercando di interpretare la situazione, che è veramente tragica, ho presentato all'inizio dell'anno una proposta di legge recante «Modifiche alla legge 7 marzo 1996, n. 108, in materia di esercizio dell'attività di mediazione o di consulenza nella concessione di finanziamenti e istituzione del Ruolo unico nazionale dei mediatori creditizi».
Sebbene lei, professore, con molto tatto, non abbia pronunciato parole così gravi come quelle che io ho adoperato, direi che la situazione è davvero tragica, anzi assurda.
Ho rilevato un'ipocrisia giuridica - non vorrei chiamarla discrasia - nel dettato dell'articolo 121 del TUB, che, come lei ha ricordato, intende per credito al consumo «la concessione, nell'esercizio di un'attività commerciale o professionale, di credito sotto forma di dilazione di pagamento, di finanziamento o di altra analoga facilitazione finanziaria a favore di una persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta (consumatore)».
Mi domando se il 95 per cento delle imprese italiane, quelle piccole e medie, le quali, da venti anni a questa parte, avevano mediamente diciannove addetti, mentre oggi ne hanno quattro o cinque (e sono familiari), possano essere escluse dal credito al consumo, secondo quanto stabilito dall'articolo 121 del TUB. Penso che ci sia una collusione - mi si lasci passare il termine - tra i fruitori del credito al consumo, che non sono solamente le famiglie.
Un altro dato che lei ha evidenziato, professor Grilli, riguarda i pericoli di infiltrazione criminale. Sulla base dei dati della Guardia di finanza, tra le prime cinque regioni dove vengono commesse frodi mancano - guarda caso - quelle del centro-sud. Credo che ciò avvalori la mia ipotesi, secondo la quale accedono al credito al consumo, più che le famiglie e le


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persone fisiche, soggetti e piccole imprese che non dovrebbero avere, in base alla legge, tale possibilità.
Ci è stata fornita una tabella concernente la ripartizione geografica degli intermediari, dalla quale si evince che a Milano sono 3.200 e a Palermo quasi 9.000. Come mai c'è una preponderanza di tali soggetti nel Sud?
Alcuni minuti fa ho letto sul telefonino una dichiarazione rilasciata dal professor Draghi, il quale afferma che al Sud vi è un ritardo allarmante nei servizi essenziali e che l'economia del Mezzogiorno delude da lungo tempo. Chiedo a noi, e soprattutto a voi, che siete grandi tecnici, se sia normale far diffondere simili flash per definire una situazione che è sotto gli occhi di tutti, peraltro senza fornire al Parlamento proposte per affrontare quei fenomeni che lei, professore, ha perfettamente descritto e che sono ben noti anche a questa Commissione.
A parte questa osservazione, forse anche pleonastica, le mie curiosità riguardano la maggiore diffusione delle frodi al Nord e il numero enorme di intermediari, presenti più al Sud che al Nord.

FRANCESCO BARBATO. Ringrazio il direttore del Tesoro per la sua presenza in Commissione, soprattutto perché la sua relazione ci ha consentito di avere una visione molto più completa e chiara di questa massa magmatica incontrollata e incontrollabile costituita dagli intermediari finanziari e dai soggetti che operano per loro conto. Dalla relazione risulta piuttosto evidente come le varie attività riconducibili al credito al consumo rappresentino un vero e proprio ginepraio.
In tale contesto, noi dell'Italia dei Valori intendiamo stare al fianco dei cittadini in modo serio e concreto. Personalmente, sto svolgendo vere e proprie indagini, che mi hanno già consentito di constatare l'infondatezza della tesi secondo la quale il fenomeno delle frodi sarebbe più diffuso al Sud. Ho scoperto, ad esempio, che due società aventi sede a Como, da una parte, vendevano prodotti finanziari che, dopo un bel po', si sono rivelati inesistenti e, dall'altra, cercavano di aiutare - si fa per dire - alcuni consumatori della provincia di Avellino, ai quali proponevano di costituire una certa disponibilità finanziaria, per poter accedere, un domani, all'acquisto di un immobile o di un altro bene. Queste erano le proposte che facevano. Alla fine, molti consumatori - parlo di centinaia di persone - non soltanto hanno perso i risparmi accumulati in tanti anni, ma si sono anche ritrovati con prestiti da rimborsare.
L'aspetto più drammatico, su cui voglio richiamare l'attenzione del Dipartimento del Tesoro, è rappresentato dal fatto, gravissimo, che tali soggetti truffaldini - il minimo comune denominatore è che sono agenti o mediatori - sono privi di un minimo di preparazione professionale e di garanzia patrimoniale. Succede solo nelle repubbliche delle banane; nei Paesi civili ed evoluti non è tollerabile una situazione del genere! Vi è un'assoluta mancanza di chiarezza sull'attività di queste persone; addirittura, non si conoscono i costi delle commissioni e delle intermediazioni. Mi domando veramente in che Paese viviamo.
In Italia non capita quello che si è verificato negli Stati Uniti, dove Madoff è stato preso, per così dire, con le mani nella marmellata. Abbiamo visto, in televisione e sui giornali, l'immagine simbolica di una persona che veniva portata via con le manette ai polsi. Premesso che queste ultime considerazioni non chiamano in causa il Dipartimento del Tesoro, bisognerebbe davvero buttare le chiavi delle celle nelle quali sono rinchiuse persone che non si fanno scrupolo di creare danni a tanti cittadini che vedono andare in fumo anni di risparmi.
Dal punto di vista dei controlli amministrativi, che potrebbero riguardare la Banca d'Italia, la Consob, e via elencando, è risultato che uno dei soggetti di cui mi sto occupando nelle mie indagini è stato sospeso dalla Consob fino a giugno del 2010: ciò significa che dal successivo mese di luglio, fra sette mesi, ritornerà tranquillamente in attività, nonostante abbia truffato migliaia di persone. Addirittura, ho scoperto che alcuni assegni circolari,


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emessi dai consumatori che affidavano i propri risparmi agli intermediari di cui ho detto, erano stati presentati per l'incasso ad alcune banche di Salerno, presso le quali il consumatore truffato risultava avere aperto un conto corrente.
Spesso, in Italia, manca il senso di responsabilità. Troppe volte, anche dal punto di vista amministrativo, al di là dell'aspetto penale, viene chiuso un occhio, o vengono chiusi entrambi, e le situazioni che stiamo stigmatizzando si moltiplicano, nell'indifferenza o addirittura con la complicità della parte istituzionale, amministrativa e burocratica. Quando avrò completato la mia istruttoria, verificherò quali iniziative saranno state assunte a proposito delle banche di Salerno e quali ulteriori azioni avrà intrapreso la Consob, la quale sospende fino a giugno del 2010 persone che, invece, dovrebbero marcire in carcere.
Trovo utilissimo lo spaccato offerto questa mattina dal Dipartimento del Tesoro e immagino che, per quanto ci riguarda, dovremo mettere mano a norme più stringenti, atte ad impedire fenomeni come quelli da lei descritti, professore, che tutti possiamo verificare sul territorio. Intanto, è importante che il Dipartimento e le sue dirette emanazioni consolidino il concetto di responsabilità, affinché non siano più consentiti comportamenti di tolleranza o addirittura di complicità.

PRESIDENTE. Apprendiamo che Italia dei Valori ha aperto una sezione di polizia giudiziaria...

ALBERTO FLUVI. Prima di tutto, vorrei ringraziare il professor Grilli per l'esposizione e per il contributo che ha offerto, con il suo intervento, alla nostra indagine conoscitiva, che si conclude con l'audizione odierna.
L'indagine, che è stata molto interessante, sfocerà, probabilmente, nell'approvazione di una risoluzione in Commissione. A mio avviso, essa ha fornito elementi utili, in questo caso al Parlamento, per la discussione sul recepimento della direttiva relativa al credito ai consumatori, che, se non ho capito male, dovrà avvenire entro il mese di giugno dell'anno prossimo.
Quello del credito al consumo è senz'altro un settore molto complesso e particolare, che «fortunatamente» non ha ancora avuto, nel nostro Paese, un'esplosione come quella registrata in altri Paesi europei. Forse, grazie a ciò, nonché al lavoro che stiamo svolgendo e che svolgeremo nei prossimi mesi, riusciremo a dare una regolamentazione un po' più stringente a un comparto che sicuramente crescerà ulteriormente in futuro, non soltanto perché è in corso un processo di allineamento dei comportamenti dei nostri consumatori a quelli già in atto da tempo negli altri Paesi europei, ma anche perché faranno il loro ingresso nel mondo del credito al consumo gli istituti di pagamento, tra i quali le catene della grande distribuzione.
Fino a oggi, come mi sembra di capire, si è registrato un incremento negli ultimi mesi, dovuto più agli effetti della crisi, alla necessità di utilizzare i prestiti per superare momentanee difficoltà, per allungare termini di pagamento e via elencando.
Dopo queste brevi considerazioni, desidero porle, professor Grilli, alcune domande.
La settimana scorsa abbiamo svolto un'interessante audizione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Il presidente Catricalà ha affermato - cerco di sintetizzare, chiedendo al presidente di correggermi se sbaglio - che nel settore del credito al consumo vi è una concorrenza maggiore rispetto al sistema del credito.
Una riflessione ci è venuta spontanea: se il sistema bancario è caratterizzato dalla presenza preponderante di quattro o cinque gruppi che detengono il 50 o il 60 per cento del mercato, con la conseguenza che la mancanza di concorrenza rende il costo del credito superiore a quello che si riscontra negli altri Paesi europei, non riesco a capire come l'affermazione secondo la quale nel settore del credito al consumo vi sarebbe maggiore concorrenza si possa conciliare con il fatto che, come abbiamo visto, il costo del credito al consumo è, in Italia, di molto superiore a


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quello praticato negli altri Paesi europei. Insomma, siamo un Paese - mi si lasci passare l'espressione - «becco e bastonato»: da una parte, non c'è concorrenza, e il costo è ovviamente superiore; dall'altra, c'è maggiore concorrenza, ma il costo è comunque superiore rispetto alla media degli altri Paesi europei.
Se ciò è vero, e non ho motivo di dubitarne, è evidente la necessità di intervenire nel mercato del credito al consumo, anche in sede di attuazione della direttiva europea, prestando attenzione ai soggetti che in esso operano: il consumatore finale, gli intermediari, gli agenti in attività finanziaria, i mediatori creditizi e, infine, i SIC. Sono questi i soggetti sui quali può essere necessario intervenire.
Mi sembra di avere compreso - e sono per approfondire tale elemento di riflessione - che vi è la necessità di introdurre una maggiore responsabilità del finanziatore. Il rapporto non sarebbe più limitato al soggetto che vende il bene e al consumatore che lo acquista ricorrendo al credito al consumo, ma comprenderebbe il finanziatore, nei confronti del quale opererebbe una responsabilità sussidiaria.
Credo che ciò sia importante soprattutto perché, in alcuni casi, venditore è lo stesso finanziatore. Prendiamo il mercato dell'auto: gran parte delle concessionarie o delle case automobilistiche possiedono proprie finanziarie, che, pur essendo soggetti giuridici distinti, fanno capo allo stesso soggetto economico.
L'impressione, che andrebbe approfondita, è che il surplus, il guadagno, non sia legato più soltanto alla vendita dell'auto - parlo dell'auto, ma potrei fare altri esempi - ma anche all'erogazione del finanziamento. Anche per questo motivo, quindi, credo che quella di una maggiore responsabilità del finanziatore sia una strada da esplorare.
L'altra questione riguarda le banche dati. Lei, professore, ha fatto riferimento, in forma generica, a banche dati pubbliche e private. Non sono centinaia: sappiamo di chi parliamo, perché quelle esistenti sono pochissime.
Quello dell'utilizzo e della conservazione dei dati negli archivi dei sistemi di informazioni creditizie è un tema serio. A me interessa soprattutto richiamare l'attenzione su un punto, perché altrimenti rischiamo di mancare l'obiettivo: il direttore di una filiale di banca - parlo del credito normale, non di quello al consumo - si trincera, molto spesso, dietro il pretesto che il consumatore è registrato nella banca dati di un SIC, sul quale scarica le proprie responsabilità.
Formulo una considerazione valida dal punto di vista teorico: più dati ci sono nelle banche dati, pubbliche o private, più il consumatore è tutelato, perché il sistema può offrire credito, perlomeno ai buoni pagatori, a condizioni migliori.
Il problema sta nel modo in cui il finanziatore, banca o altro intermediario, utilizza i dati: li legge soltanto oppure riesce a interpretarli? Tanto per intenderci, propongo un esempio banalissimo, che sicuramente non avrà riscontro nella realtà: se un cliente si è dimenticato di pagare l'ultima bolletta della luce o dell'acqua, non può essere considerato un cattivo pagatore al pari di chi, magari, non ha pagato cinque o sei rate del mutuo. Sono esempi che, probabilmente, hanno poco senso, ma credo di essermi fatto comprendere.
Occorre capire, dunque, quale ruolo abbiano i sistemi di informazioni creditizie e, soprattutto, quale uso facciano dei dati da essi forniti le banche, gli altri intermediari, gli agenti e i mediatori.
Passando a un tema similare, il Ministro Tremonti ha recentemente presentato l'idea della Banca del Mezzogiorno. Noi non abbiamo espresso un giudizio negativo in merito, ma abbiamo rilevato, esaminando il progetto, che l'iniziativa è stata «pompata» un po' troppo. Per quello che sono riuscito a comprendere leggendo l'emendamento presentato al Senato al disegno di legge finanziaria per il 2010 (successivamente colpito da declaratoria di inammissibilità), la Banca del Mezzogiorno altro non è che un confidi soggetto all'obbligo di iscrizione nell'elenco speciale di cui all'articolo 107 del TUB.


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Perché si ritiene opportuno promuovere la costituzione di un simile organismo nel Sud? Conosciamo tutti la situazione dei confidi in tale area del Paese: sono tutti iscritti nell'elenco generale di cui all'articolo 106 del TUB e, molto spesso, sono consorzi per modo di dire. Allora, si è giustamente pensato di costituire un consorzio ex articolo 107, vigilato direttamente dalla Banca d'Italia e dotato di maggiori possibilità di prestare controgaranzie (o garanzie di secondo livello).
Vengo alla domanda. Premesso che esiste una differenza tra i soggetti iscritti negli elenchi di cui agli articoli 106 e 107 del TUB, come ha affermato anche lei nella sua relazione, professor Grilli, illustrando la legislazione attuale, dal momento che stiamo parlando del rapporto tra un contraente debole (il consumatore) e uno più forte (la banca, l'istituzione finanziaria o qualunque altro intermediario), non sarebbe il caso di agire, da una parte, sul contratto e, dall'altra, rafforzando anche - perché no? - gli strumenti di controllo sui soggetti «106», per avvicinarli sempre più ai «107»?
Ho posto il problema del contratto anche al presidente Catricalà. Poiché in gran parte - a mio avviso, per il 90 per cento - vengono in rilievo contratti standard, non sarebbe il caso di prescrivere, come avviene generalmente per i prospetti informativi predisposti in occasione dell'emissione di strumenti finanziari, soggetti ad approvazione da parte della Consob, un vaglio preventivo da parte dell'Autorità di vigilanza (sia essa la Consob oppure l'Antitrust)? Ovviamente, non parlo del singolo contratto, ma di contratti standardizzati. Per esempio, quando la finanziaria della Volkswagen o della FIAT decide di lanciare una promozione di credito al consumo con un TAEG all'1, 2 o 3 per cento, potrebbe sottoporne preventivamente il prospetto all'Autorità di vigilanza, che potrebbe autorizzarne l'uso oppure no. Si tratta di introdurre alcuni presidi a tutela del consumatore.

ALESSANDRO PAGANO. Ringrazio il professore per la sua relazione illuminata e, nella sua dimensione, anche capace di far capire i fenomeni con semplicità.
La logica che mi induce a svolgere alcune osservazioni oggi è legata anche all'excursus precedente. Come lei sa, professore, abbiamo avuto modo di affrontare la problematica da più punti di vista.

PRESIDENTE. Last but not least.

ALESSANDRO PAGANO. Non c'è dubbio. Non è un caso se il presidente ha proposto di concludere l'indagine con l'audizione del professor Grilli, nei confronti del quale nutro, peraltro, una profonda stima, anche perché, quando ero assessore al bilancio della Regione Sicilia, i nostri rapporti professionali sono stati molto proficui.
Reputo positivo che l'indagine conoscitiva sul credito al consumo si concluda con un importante momento di incontro istituzionale: probabilmente, nessuno meglio di lei, professor Grilli, potrebbe rispondere ad alcuni interrogativi emersi nelle audizioni precedenti. Ho preso nota di otto questioni, per trattare le quali, però, occorrerebbe aprire una conferenza. Se si darà l'opportunità di un incontro successivo, ben venga. Intanto, ritengo indispensabili almeno due o tre chiarimenti.
Dando per scontate tutte le considerazioni che il collega Fluvi ha svolto con riferimento all'elenco di cui all'articolo 107 del TUB - mi ritrovo pienamente nei suoi ragionamenti -, è emerso che il 20 per cento delle «107» operanti in Italia fanno parte di gruppi stranieri, i quali non hanno assolutamente nel loro core business, anzi, nel loro business, il credito al consumo, non soltanto nei loro Paesi di origine ma neanche negli altri in cui sono presenti: segno che il nostro è diventato il Paese di Bengodi. Infatti, la decisione di un 20 per cento dei gruppi bancari stranieri di investire in un comparto che è estremamente remunerativo non ha sortito gli effetti virtuosi che l'economia globale avrebbe dovuto generare. Ci era stato detto che gli esempi più positivi sul mercato avrebbero suscitato emulazione; invece, è avvenuto esattamente il contrario:


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abbiamo insegnato agli altri come guadagnare tanto sulle spalle della povera gente!
A questo punto, il Dipartimento del Tesoro dovrebbe mettere mano alla situazione. L'incontro di oggi, come tutti gli altri precedenti, servirà, secondo me, almeno a uno scopo: noi discuteremo, probabilmente, una risoluzione, presenteremo una proposta di legge, recepiremo la direttiva 2008/48/CE (speriamo di poter dare un ulteriore contributo), ma il ruolo istituzionale forte e pregnante che caratterizza il Tesoro, e in particolare la sua persona, professor Grilli, deve essere sviluppato, in termini di dinamiche reciproche, con ulteriori suggerimenti: attraverso il confronto, dobbiamo arrivare a elaborare, tecnicamente, strumenti atti a bloccare i furbacchioni, i quali, evidentemente, sono convinti che il nostro consumatore sia un limone da spremere.
Vengo al secondo punto. Abbiamo appreso che ci apprestiamo a colmare, ahimè, il distacco accumulato rispetto agli altri Paesi: l'indebitamento delle nostre famiglie era di poco superiore al 30 per cento del reddito disponibile dieci anni fa, mentre oggi è giunto al 60 per cento. A tale riguardo, lei ha giustamente manifestato preoccupazione, professore, perché ciò vuol dire che le famiglie cominceranno ad avere problemi seri. Se il trend sarà questo, non oso nemmeno pensare a cosa succederà fra cinque anni.
Il fatto che siamo trenta punti percentuali sotto la media dell'area dell'euro non ci deve assolutamente tranquillizzare, anche alla luce del fatto che, nel 41o Rapporto del Censis, dello scorso anno, De Rita, da grande «fotografo» qual è - è diventato l'Oliviero Toscani della società -, riferisce che questa Italia è riuscita a reggere alla crisi per le seguenti ragioni: in primo luogo, perché ha avuto la capacità di investire bene nel settore immobiliare, senza fare le stupidaggini commesse altrove (un'eredità culturale che ci portiamo dietro grazie alla nostra tradizione di ancoraggio al territorio); in secondo luogo, perché le famiglie continuano a essere un «ammortizzatore sociale naturale»; in terzo luogo - l'elemento più importante di tutti -, perché è un Paese che continua ad avere propensione al risparmio.
Posto che tale propensione ci ha messo in qualche modo al riparo dalla burrasca internazionale, il fatto che siamo arrivati a un indebitamento del 60 per cento del reddito disponibile non può che preoccuparci. Infatti, se la colonna portante della nostra società, che è la famiglia, continua a indebitarsi con la tendenza osservata negli ultimi anni, da qui al 2014 saremo in default (ho fatto riferimento al 2014 perché, ce lo possiamo dire, la crisi non è congiunturale, ma strutturale; il 2014, che non è un traguardo vicino, ma neanche lontano, si prefigura, secondo il Fondo monetario internazionale, come il momento in cui crescita potenziale e crescita reale si dovrebbero riavvicinare nel contesto internazionale).
Secondo me, anche su questo aspetto occorre procedere a una riflessione, alla quale il Tesoro non può restare estraneo: in questa sede possiamo certamente ragionare, discutere, mettere a disposizione i nostri contributi; tuttavia, ciò non può bastare, perché manchiamo di strumenti, anche operativi, conoscitivi, di osservatorio. Professor Grilli, mi aspetto una sua riflessione su questo argomento, che per noi sarà illuminante, ma, secondo il mio modesto parere, dobbiamo anche studiare qualcosa da qui ai prossimi mesi.
Un terzo aspetto, e mi avvio a concludere, riguarda i controlli della Guardia di finanza e della Banca d'Italia. Lascio al mio amico Barbato tutto quanto ha a che fare con la polizia giudiziaria, perché gli appartiene come fatto culturale. Preferisco svolgere considerazioni un po' più concrete rispetto alle tesi.
Mi pare che con il decreto-legge n. 185 del 2008 abbiamo realizzato un'iniziativa interessante. Non mi sto riferendo soltanto al credito al consumo, ma anche a ogni tipologia di credito alle famiglie e alle imprese. Nel provvedimento citato abbiamo disposto che presso le prefetture vi saranno osservatori che, sostanzialmente, controlleranno gli abusi e gli eccessi del sistema creditizio.


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Ci è stato spiegato che l'effetto stigma fa sì che nessun soggetto vada ad autodenunciarsi - se così si può dire -, perché ciò renderebbe palese una sua deficienza strutturale di tipo patrimoniale ed economico. Se andiamo a vedere, da quando la norma è entrata in vigore, sono stati pochissimi i casi portati all'attenzione degli osservatori. In Sicilia, che certamente ha compiuto passi da gigante nella lotta alla mafia, ma che ancora non dimostra di avere una mentalità adeguata, finora si sono avuti, in totale, due casi: un imprenditore e un soggetto appartenente a un nucleo familiare.
L'istituzione del Médiateur national du crédit, a cui il Governo italiano si è ispirato, è stata il frutto di un diverso orientamento. I direttori dipartimentali della Banca di Francia, i quali operano da médiateurs departementaux, possiedono autorevolezza, competenza professionale e forte capacità di interlocuzione con il sistema bancario (perché le banche centrali, ovviamente, sono temute). Secondo la legge, fortemente voluta dal Governo francese, la banca centrale svolge il controllo, non il prefetto, il quale può anche indossare temporaneamente l'abito da banchiere ma, ovviamente, non ha la sensibilità giusta per approcciare le questioni creditizie.
All'interno della riforma che andremo a elaborare da qui a luglio dovremo discutere anche tale materia. Un conforto, una conferma, un autorevole appoggio del Tesoro, dal punto di vista tecnico, ci tornerebbe molto utile (e non soltanto sull'argomento fin qui trattato).

MATTEO BRAGANTINI. Ringrazio anch'io il direttore generale.
Desidero svolgere alcune considerazioni, in parte già espresse, e porre alcune domande su due o tre tematiche.
Non riesco a capire perché debba generare preoccupazione la constatazione che siamo sotto la media europea per quanto riguarda l'indebitamento delle famiglie, aumentato dal 30 al 60 per cento, mentre in Europa e negli altri Paesi sviluppati è più alto. Non mi sembra un dato così negativo, tutto sommato. Del resto, com'è già stato ricordato, negli Stati Uniti l'indebitamento connesso all'utilizzo delle carte di credito revolving è attualmente un fattore di crisi (anzi, secondo alcuni, non si è ancora voluto far esplodere il problema delle numerose carte di credito in possesso dei consumatori). Non vedo elementi di preoccupazione nel fatto che le nostre famiglie, anziché indebitarsi, risparmiano. Sono formiche, piuttosto che cicale. È vero che per far crescere l'economia bisogna consumare; tuttavia, il nostro sistema ha retto meglio di altri alla crisi proprio perché le famiglie italiane sono state un po' più prudenti di quelle di altri Paesi.
Un'altra considerazione riguarda le banche dati dei sistemi di informazioni creditizie. Ne abbiamo discusso più di una volta quando, un anno fa, noi deputati del gruppo della Lega abbiamo sollevato il problema e presentato appositi emendamenti a un decreto-legge. Non molti hanno immediatamente intuito perché l'argomento SIC suscitasse in noi tanta preoccupazione. In realtà, è stato sottolineato, non soltanto da noi, come le banche dati in questione pongano almeno due rilevanti problemi: in primo luogo, quando si entra nel circuito, non si riesce più a uscirne; in secondo luogo, non sembra effettuata in maniera congrua la valutazione del merito di credito dei soggetti a nome dei quali risultano registrati inadempimenti.
Venendo dal mondo dell'economia, dell'automazione industriale e dell'informatica - al riguardo, vorrei sentire il parere del Dipartimento del Tesoro -, vedo che continuiamo a creare banche dati: ogni ministero, ogni ente, l'INPS ed altri, tutti creano una propria banca dati. Inoltre, predisponiamo anche molteplici tessere (la tessera sanitaria, la patente, la carta d'identità elettronica), quando, con i mezzi di cui disponiamo adesso, potremmo realizzarne una sola, contenente tutti i dati della persona: nome e cognome, luogo di nascita, situazione nei confronti del SSN, codice fiscale, posizione contributiva e via


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elencando. Realizzare una sola tessera potrebbe facilitare l'esatta identificazione di un individuo.
So che per arrivare a questo risultato ci vorrà tempo. Intanto, perché non possiamo ipotizzare un'unica banca dati, come peraltro è già stato proposto? Ogni singolo ente potrebbe essere autorizzato ad accedere alle sole sezioni riguardanti le proprie competenze. Inoltre, si dovrebbe garantire la possibilità di accesso anche al diretto interessato, per sapere chi e quando tratta i suoi dati personali e, soprattutto, per proporre le opportune rettifiche o per chiarire il motivo per cui non ha pagato una bolletta telefonica (ad esempio, perché ha proposto un reclamo o ha dato inizio a un giudizio).
Da un punto di vista tecnico si può fare; occorre che ci sia la volontà di tutti, anche delle società che si occupano di informazioni creditizie, di realizzare un'unica banca dati e un unico sito. Noi continuiamo a sostenere la necessità di dare ai consumatori informazioni il più possibile complete e chiare. Sappiamo benissimo, d'altra parte, che dare troppe informazioni significa non darne alcuna, anche perché non è facile comprendere le condizioni contrattuali più importanti.
Realizzare un unico portale, naturalmente istituzionale, contenente dati e profili differenti della stessa persona, potrebbe aiutare il singolo consumatore a sviluppare la propria capacità di comprensione, sia pure partendo dal presupposto che i consumatori nostrani, nella stragrande maggioranza, non sono ancora abituati a utilizzare bene Internet e tutti gli strumenti informatici.
Forse mi sono infervorato troppo, ma mi piace mettere un po' di pepe su queste tematiche, che, oltre ad essere molto interessanti, hanno una grande rilevanza.

PRESIDENTE. Ringrazio anch'io il professor Grilli, al quale desidero segnalare, preliminarmente, un'incongruenza di ordine strettamente formale: la nota 5 a pagina 3 della relazione rimanda a una nota 19 che non esiste. Chiedo, quindi, se tali elementi possano essere integrati (gli altri fanno riferimento a dati che, essendo stati forniti da altri soggetti in occasione delle precedenti audizioni, sono già a nostra disposizione).
Come avrà constatato, professore, le audizioni sono state molto ampie e ci hanno messo in condizione di capire diversi aspetti del credito al consumo.
Partirei dalla delega conferita al Governo per l'attuazione della direttiva europea 2008/48/CE.
Il contenuto della delega è molto preciso. L'articolo 33, comma 1, lettera b), recita: «rafforzare ed estendere i poteri amministrativi inibitori e l'applicazione delle sanzioni amministrative previste dal testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993, per contrastare le violazioni delle disposizioni del titolo VI di tale testo unico, anche se concernenti rapporti diversi dal credito al consumo, al fine di assicurare un'adeguata reazione a fronte dei comportamenti scorretti a danno della clientela».
Probabilmente - ne ho parlato qualche giorno fa con il collega Fluvi -, non si incorrerebbe in eccesso di delega se si affrontasse il tema del furto d'identità. Rimetto la questione alla valutazione del Dipartimento. Obiettivamente, come ho avuto modo di rappresentarle, professor Grilli, il testo del disegno di legge che ci è pervenuto dal Senato mi sembra (come hanno rilevato anche i colleghi) piuttosto pasticciato, dal momento che mette insieme capra e cavoli: assicurazioni, furto di identità e via elencando.
L'orientamento che mi sembra prevalere in questa Commissione è di spacchettare i due aspetti. Inoltre, poiché su tale argomento le sensibilità di Camera e Senato sono diverse, ci chiediamo se, a questo punto, anziché affrontare con un autonomo provvedimento il tema del furto d'identità e l'organizzazione del presidio, non sia più utile impiegare la delega già conferita al Governo per inserire tutta la partita nei decreti legislativi in fase di elaborazione, seguendo le indicazioni già note e semplificando l'aspetto gestionale, in particolare accentuando i profili amministrativi dell'intervento.


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Il disegno di legge approvato dal Senato istituisce presso l'UCAMP un sistema di prevenzione del furto d'identità basato su un archivio informatico. La costruzione, che richiede comunque l'adozione di una serie di provvedimenti attuativi di natura regolamentare e amministrativa, mi sembra molto pesante. In alternativa, si potrebbe risolvere la questione del furto di identità in maniera più semplice, vale a dire utilizzando la delega già conferita e intervenendo chirurgicamente, mediante disposizioni di dettaglio. Optando per tale soluzione si semplificherebbe anche il lavoro del Parlamento.
La questione delle frodi nel settore assicurativo è diversa: si potrebbe stralciarla e utilizzare per essa un altro veicolo.
Passando ad altro argomento, è diffusa la constatazione che le società evolute sono caratterizzate da un'eccessiva terziarizzazione, ovverosia dalla presenza di troppi servizi e di troppi intermediari. Per ovviare a ciò, nel settore dell'agricoltura si è proposto di creare i farmers' market, che consentono al consumatore di venire a contatto direttamente con il produttore. A me sembra che uno dei problemi del credito al consumo sia costituito proprio dall'eccessiva lunghezza della catena distributiva, da un eccesso di intermediazione che genera considerevoli oneri a carico del consumatore finale.
La semplificazione e l'accorciamento della catena distributiva avrebbe un effetto positivo - immagino - anche sui tassi. Se è vero che oggi partiamo da tassi molto vicini allo zero, ci sembra assolutamente inconcepibile che, per alcuni prestiti a breve, si arrivi mediamente al 15 per cento.
A proposito dei tassi medi di mercato, professore, lei ha in parte attribuito la mancata discesa dei tassi sul credito al consumo all'incremento degli spread a fronte di un aumento del rischio. Mi chiedo, allora, a cosa servano le banche dati dei sistemi di informazioni creditizie. Se un SIC certifica la bontà di un consumatore, lo spread non ha senso. La banca dati fornisce, in un certo senso certificando la posizione finanziaria - buona o problematica - di un soggetto, tanto i dati negativi quanto quelli positivi.
Paradossalmente, gli spread scaricano sui buoni pagatori le difficoltà di quelli che, invece, tali non sono. Lo trovo assolutamente ingiustificabile. Evidentemente, c'è un problema di mercato, che risulta suddiviso, in parti pressoché uguali, tra le banche e le finanziarie facenti capo a gruppi bancari italiani ed esteri. Poiché per le operazioni effettuate da queste ultime vigono tassi soglia più elevati, il mercato si è posizionato sulle «107», mentre la quota delle «106» è molto bassa.
Bisognerebbe aprire una riflessione anche sui soggetti iscritti negli elenchi di cui agli articoli 106 e 107 del TUB. A tale proposito, abbiamo svolto, di recente, un ciclo di audizioni in relazione a una vicenda che ha riguardato Tributi Italia, società concessionaria del servizio di riscossione delle entrate di alcuni comuni. Il dato più incredibile emerso dalle audizioni è che tale società utilizzava fideiussioni rilasciate da società finanziarie che il Ministero dell'economia e delle finanze aveva cancellato dall'elenco generale di cui al citato articolo 106 del TUB e che, ciò nonostante, avevano continuato a emettere polizze fideiussorie per svariate decine di milioni di euro.
Com'è possibile che i provvedimenti sanzionatori adottati dal Ministero dell'economia e delle finanze ovvero dalla Banca d'Italia non abbiano un'incidenza diretta sui rapporti in essere? È prevista una forma di pubblicità dei provvedimenti di cancellazione?
Capisco che il numero di tali soggetti è enorme. La stessa Banca d'Italia ha affermato di esercitare la funzione di vigilanza con il massimo impegno, ma pur sempre nei limiti delle proprie possibilità. I requisiti patrimoniali e di onorabilità sono oggettivamente importanti, ma la mia impressione è che, sotto il profilo della vigilanza effettiva, nonché sotto quello sanzionatorio, vi siano carenze importanti.
Mi chiedo se l'urgenza, dovuta anche alla crisi finanziaria in atto, non consigli


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una più celere adozione, prima che ci si approssimi alla scadenza del termine, dei decreti legislativi per l'attuazione della direttiva relativa al credito ai consumatori, il cui testo è in fase di elaborazione. Sulla bozza dovrà essere avviata una consultazione pubblica, ma bisogna in qualche modo tenere conto del fatto che, più si va avanti, più si accentua la discrasia tra l'andamento del mercato finanziario e i costi applicati. Ancora oggi c'è poca chiarezza sul TAEG: il tasso pubblicizzato spesso non corrisponde a quello effettivamente praticato, perché non tiene conto, ad esempio, dei costi aggiuntivi di intermediazione o di apertura della pratica.
Passando al problema dell'educazione finanziaria del consumatore, tema sul quale sono state presentate proposte di legge, l'ABI ha affermato di diffondere le informazioni attraverso Il Sole 24 Ore e Internet. Io ho osservato, però, che il contadino lucano non ha con tali strumenti una dimestichezza tale da consentirgli di tenersi effettivamente informato su quello che succede, in particolare sulle opportunità offerte dal sistema bancario.
Si è aperta, poi, un'altra questione, che credo vada affrontata all'interno del decreto legislativo che il Governo sta predisponendo. Si tratta dei cosiddetti effetti reputazionali delle registrazioni effettuate all'interno delle banche dati gestite dai SIC. Il dato essenziale è che il debitore non viene informato del fatto che il mancato pagamento comporta la registrazione in una banca dati, che a sua volta è preclusiva di ulteriori operazioni di credito.
Sarebbe possibile prevedere la consegna di un prospetto semplificato - è un po' il discorso dell'onorevole Fluvi - che indichi chiaramente, in poco più di una pagina e non nel solito malloppo di documenti, il costo complessivo del finanziamento, nel quale dovrebbe entrare tutto, compreso l'ammontare della commissione spettante all'intermediario? Mi riferisco a un prospettino base, grazie al quale il consumatore avrebbe consapevolezza dell'importo della rata e del tasso d'interesse effettivamente applicato all'operazione - già contenente il 5 per cento relativo all'intermediazione e all'apertura della pratica -, in termini chiari e semplificati, tali da rendere possibili anche raffronti tra le condizioni offerte dai diversi intermediari.
L'onorevole Fluvi ricordava che le case automobilistiche hanno i propri canali finanziari. In Italia, però, esiste anche il fenomeno dei broker. Costoro acquistano dalle case produttrici auto che mettono in vendita proponendo proprie linee di finanziamento. Certo, si possono anche confrontare le offerte. Un acquirente può anche decidere di non rivolgersi alla concessionaria FIAT e di acquistare da un broker perché questi gli propone condizioni di finanziamento più favorevoli. Ormai i broker guadagnano di più con il finanziamento che con la semplice vendita dell'auto. Mediamente, come si rileva anche da diverse dichiarazioni, su un'auto del valore di 20.000 euro il broker guadagna 500 euro, mentre sul finanziamento ne guadagna 1.500. Infatti, se si manifesta l'intenzione di pagare l'auto in contanti, si viene invitati a rivolgersi altrove, perché il broker non ha interesse a vendere a condizioni per lui meno convenienti.
Occorrono, dunque, semplificazione dei prospetti, chiarezza dei rapporti e informazione al consumatore. Credo che in sede di attuazione della direttiva si dovrà tenere conto di questi dati fondamentali, altrimenti non si potranno perseguire i comportamenti scorretti all'interno del settore.
Concludo ponendo una questione sulla quale vorrei un suo parere, professore. Nel sistema del credito stanno emergendo mediatori creditizi un po' particolari. Alle due categorie dei mediatori creditizi e degli agenti in attività finanziaria, di cui ha tratteggiato le differenze, se ne aggiunge una terza: quella del mediatore creditizio a cui le banche danno un mandato in esclusiva per il recupero dei crediti. Si tratta di una figura innovativa, che porta alcuni soggetti, appositamente incaricati dalle banche, a effettuare mediazioni e transazioni su sofferenze, crediti pregressi e via elencando.


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Avete considerato l'opportunità di istituire un albo a parte per tali soggetti? Diversamente, un operatore che risulta essere mediatore creditizio potrebbe intrattenere, in realtà, un rapporto esclusivo con un istituto bancario.
Do la parola al professor Grilli per la replica.

VITTORIO GRILLI, Direttore generale del Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze. Ringrazio per i commenti e le osservazioni. Mi sembra di poter rilevare come, in generale, vi sia un comune sentire, dal momento che essi vanno tutti nella direzione della trasparenza, della tutela, dell'efficienza e dell'efficacia degli strumenti di cui ci stiamo occupando.
Il presidente Conte suggeriva di utilizzare la delega conferita con l'articolo 33 della legge comunitaria 2008 anche per affrontare il tema del furto di identità. Svolgeremo una riflessione per capire se tale strada sia effettivamente percorribile. La nostra strategia era quella di attendere la conclusione dei lavori sull'atto Camera n. 2699, ma siamo d'accordo sul fatto che il testo approvato dal Senato mette insieme due argomenti molto diversi: rispetto al furto d'identità nel settore del credito al consumo, la frode assicurativa è tutto un altro tema. Non vorremmo incorrere in un eccesso di delega, ma verificheremo la fattibilità del suggerimento tecnico da lei formulato, signor presidente, perché non abbiamo approfondito questo specifico aspetto.

PRESIDENTE. Vorrei chiarire la questione. Essendoci una profonda diversità di vedute tra il Senato e questo ramo del Parlamento sul provvedimento recante «Disposizioni di contrasto al furto d'identità e in materia di prevenzione delle frodi nel settore del credito al consumo, dei pagamenti dilazionati o differiti e nel settore assicurativo», il cui testo assolutamente non condividiamo, potremmo dare vita a una serie di reiterati passaggi da una Camera all'altra. Insomma, rischieremmo di non arrivare mai all'approvazione definitiva.
Forse, avendo ben chiaro che la questione va affrontata e risolta, sarebbe più opportuno trovare una soluzione al problema del furto d'identità all'interno della delega già conferita, evitando di perdere molto tempo o di lasciare il provvedimento in un cassetto - per così dire - a causa di una diversità di vedute.

VITTORIO GRILLI, Direttore generale del Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze. È una giusta osservazione. Ci impegniamo a svolgere un approfondimento tecnico per capire se sia effettivamente possibile affrontare il tema utilizzando la delega conferita per l'attuazione della direttiva sul credito ai consumatori.
Più in generale, sul piano della condivisione degli obiettivi, e soprattutto delle preoccupazioni, non ci sentiamo assolutamente complici; anzi, siamo d'accordo che tutte le frodi e gli illeciti commessi a danno dell'economia in generale, nonché delle famiglie e dei consumatori in particolare, debbano essere perseguiti e rimossi. Per quanto rientra nella nostra responsabilità, in termini sia di alta vigilanza - perché non abbiamo un braccio operativo diretto - sia di normative, l'impegno assoluto è quello di procedere in tale direzione. Posso assicurare che elimineremo nella maniera più pronta ed efficace tutte le carenze normative o di vigilanza che dovessimo eventualmente riscontrare.
Temo di non essermi fatto comprendere dall'onorevole Bragantini. Non nutriamo alcuna preoccupazione per il fatto che le famiglie italiane sono meno indebitate rispetto alla media. Al contrario, abbiamo espresso preoccupazione perché, in otto anni, siamo saliti dal 30 al 60 per cento. La velocità con la quale si sta verificando il descritto adeguamento è probabilmente inevitabile, perché il processo di unificazione induce a uniformare anche i comportamenti; tuttavia, temiamo che possa andare perduta la specificità delle famiglie italiane, ossia la propensione


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al risparmio, valore che spero possa essere preservato anche in un contesto di convergenza internazionale.
Per quanto riguarda la questione della diffusione delle frodi nelle diverse aree territoriali, non dispongo, in questo momento di dati più dettagliati - cercheremo, magari, di farli avere alla Commissione in un secondo momento -, ma quelli che mostrano un maggior numero di frodi in Lombardia, Veneto, Piemonte e Toscana sono relativi alla crescita nell'ultimo anno. I dati in questione non ci dicono quale sia il totale, ma che nell'ultimo anno si è verificato un notevole incremento nel Nord del Paese (e, forse, bisogna capire bene perché). Il credito al consumo esiste in maggior misura dove c'è più consumo. È anche naturale, quindi, che nelle aree del Paese dove si consuma di più siano maggiori l'accesso al credito al consumo e forse, proporzionalmente, anche i fenomeni fraudolenti.
L'onorevole Fluvi ha segnalato una contraddizione: l'Antitrust sostiene che nel settore del credito al consumo vi è maggiore concorrenza, che, però, non si riflette nei tassi d'interesse praticati. È vero, come abbiamo ricordato, che avere una molteplicità di reti, agenti e mediatori garantisce un maggiore accesso e quindi, potenzialmente, una maggiore concorrenza. Quando, però, come abbiamo rilevato, tale quantità è eccessiva, nonché poco controllata e vigilata, si rischia di passare dalla concorrenza alla confusione, con la conseguenza che diventa difficile comparare le offerte: non si riesce nemmeno a capire se il prezzo sia effettivamente confrontabile e se una controparte garantisca la stessa affidabilità di un'altra.
Per fare in modo che la molteplicità si traduca in buona concorrenza è necessario che gli operatori abbiano un requisito minimo di qualità, in modo che la comparabilità sia effettivamente assicurata. L'obiettivo della direttiva, e anche la sfida che stiamo affrontando in sede di recepimento, si può sinteticamente riassumere nei seguenti intendimenti: cercare di trasformare in realtà l'opportunità di maggiore concorrenza e di riduzione dei costi; avere una molteplicità di soggetti, ma anche assicurare che essi siano professionali e responsabili; trasformare la moltitudine di soggetti da massa confusa a categoria trasparente, tale da consentire un mercato concorrenziale e competitivo.
Quello dei costi e delle banche dati è un discorso molto importante e delicato allo stesso tempo. Da un punto di vista puramente tecnico, si può forse pensare di avere una banca dati globale e generale in cui sia disponibile tutto quello che si può e si deve sapere o si conosce di una persona. Poi, però, l'utilizzo diventa molto difficile. Sulla base dell'esperienza che ho maturato partecipando a diverse iniziative, dalla carta sanitaria ad altre, emerge sempre il problema di garantire la riservatezza delle persone alle quali i dati si riferiscono, nonché la conoscibilità dei soggetti che vi accedono. Mettere tutte le informazioni in un'unica banca dati rende notevolmente più difficile la difesa contro gli abusi, soprattutto se si pensa di prevedere una modalità di funzionamento interattiva. Dal punto di vista tecnologico credo vi siano ancora forti dubbi. In teoria, si può segmentare, ma se si può interagire, la possibilità che si verifichino abusi diventa notevole. Quello finora adottato è stato un atteggiamento improntato a criteri prudenziali: se, almeno fisicamente, determinate informazioni sono separate, i dati sono maggiormente protetti da accessi illeciti. Vi è, dunque, da una parte, l'esigenza di garantire la privacy di alcuni dati e, dall'altra, quella di rendere il mercato più efficiente e più efficace. Bisogna prestare sempre attenzione al rapporto costo-beneficio per trarre le giuste conclusioni.
Chiarito tale aspetto, vi sono banche dati pubbliche e private. Nei Paesi anglosassoni, quelle private e libere sono tantissime, gestite secondo canoni assolutamente privatistici e volontari, per cui ognuno usa la banca dati che vuole. Nei Paesi europei, la gestione del fenomeno secondo criteri del tutto privatistici pone anche un problema etico.
Parliamo di credito al consumo, la cui taglia media è molto piccola. Non parliamo di grandi prestiti, e anche il profitto


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potenziale legato a ciascuna transazione non è elevatissimo. Bisogna vedere, allora, anche qual è il costo per concederlo: se per un prestito di 1.000 euro, da cui è atteso un profitto pari a 100 euro, si deve svolgere un'analisi approfondita del merito di credito che costa 300 euro, nemmeno si apre la pratica. Per questo tipo di prodotto bisogna disporre di analisi di merito di credito dal costo contenuto. In tutto il mondo si provvede, nel bene o nel male, all'elaborazione di indici sintetici, che, pur garantendo un costo compatibile con la lavorazione della pratica, lasciano spazio a molti errori. Bisogna chiedersi, quindi, per quali obiettivi valga la pena di svolgere un'appropriata valutazione del merito di credito, individuando il limite oltre il quale ci si dovrà o non ci si dovrà spingere.
Innanzitutto, bisogna proteggere, come abbiamo detto, il potenziale consumatore in bonis ed essere sicuri che chi concede il credito dia garanzie di affidabilità sotto i profili della comparabilità dei dati e del merito, in modo da poter ritenere che offra un tasso di interesse sufficientemente basso a una persona riconosciuta affidabile.
In secondo luogo, bisogna proteggere anche il potenziale consumatore non in bonis, perché penso sia nell'interesse dello stesso consumatore non ottenere credito se, in fondo, non può permetterselo; non lo si favorisce se gli si permette di precipitare in una situazione di incaglio e di sofferenza.
È necessario, dunque, dotarsi di strumenti che tutelino sia il consumatore in bonis sia quello che non può permettersi il credito.
Dopo di che, dobbiamo rendere possibile l'attività. Se imponiamo costi associati a un'analisi di credito dettagliatissima, tale da evitare ogni errore, allora si blocca il mercato, eventualità che nessuno ha interesse a vedere realizzata. Trovare la combinazione perfetta è quasi impossibile e, quindi, il sistema è un po' dinamico, soprattutto in un mercato che, come quello italiano, è relativamente giovane.
Penso che molto possa essere ottenuto ex ante: con il controllo, con la valutazione, con i requisiti da imporre a chi offre tali servizi. A molte delle considerazioni svolte dai deputati intervenuti è sottesa la medesima logica che ha ispirato alcune nostre iniziative che ho cercato di illustrarvi, tra le quali l'introduzione di iscrizioni negli albi non automatiche, ma ponderate, sulla base di elementi che riflettano effettivamente la professionalità, la responsabilità e la solidità patrimoniale degli operatori.
Lo stesso discorso vale per gli aspetti che attengono alla tutela contrattuale. Se andiamo a confrontare il testo della direttiva con i principi e criteri che il Governo dovrà seguire in sede di attuazione, vi accorgerete che di molte preoccupazioni da voi espresse la delega si è già fatta carico: si parla di maggiore trasparenza nelle fasi precontrattuale e contrattuale e di utilizzo di modulistica standard. Questo punto fa parte della direttiva e della delega e, quindi, di quanto cercheremo di attuare. Se poi tale modulistica standard debba essere previamente approvata, dalla CONSOB o da altri organismi, andrà valutato in base al rapporto costo-beneficio: se dovesse costare talmente tanto da bloccare il mercato, non converrebbe. Il fatto di andare verso un'attività precontrattuale trasparente e di prevedere, quando possibile, contratti standard trasfusi in una modulistica chiara è, secondo me, assolutamente in linea con quanto la direttiva ci chiede di fare.
Lo stesso vale per la comprensione del costo totale del credito: la direttiva indica che si vuole avere un tasso onnicomprensivo. Penso che sapere quanto si pagherà interessi anche al piccolo consumatore.
Quanto all'esigenza manifestata dal presidente, sarebbe forse opportuno fornire, oltre al dato sintetico del costo «tutto incluso», anche una specifica dei costi disaggregati, indicando quali percentuali del costo complessivo sono riferite ai costi di intermediazione, del denaro e via elencando. Penso si tratti di un aspetto su cui è opportuno riflettere.


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Per quanto riguarda la responsabilità, solidale o meno, del finanziatore e del venditore, anche questa è una parte della direttiva alla quale stiamo lavorando. Per alcuni prodotti e settori, il produttore e il finanziatore sono strettamente collegati, se non addirittura coincidenti. In questo caso, dobbiamo evitare che possa verificarsi la situazione in cui, ottenuto un prodotto che non funziona, il consumatore debba comunque rimborsare il finanziatore. Questo non è possibile. Quando finanziatore e venditore sono lo stesso soggetto, se la lavatrice arriva rotta, non si può pretendere che l'acquirente paghi il debito come se ne avesse ricevuta una funzionante.
La difficoltà sarà quella di individuare la migliore formula normativa per stabilire un legame tra finanziatore e venditore, perché, nel caso di prestiti personali, che non sono finalizzati all'acquisto di un prodotto, non si può chiedere un risarcimento a chi non sapeva nemmeno cosa il consumatore avrebbe comprato. Non sempre, però, è così facile: dobbiamo essere bravi nel circoscrivere le tante aree grigie, ma questo è sempre il compito più difficile.
L'ultimo punto - forse, ne ho dimenticati alcuni - è quello degli agenti di recupero crediti, una realtà che riguarda un ambito molto più vasto del semplice credito al consumo. Per tali soggetti non prevediamo di istituire albi particolari. La professione è in aumento, ma non rientra nell'ambito della direttiva; anche per questo non ci siamo posti il problema. Verificheremo se il fenomeno sia da monitorare maggiormente e rifletteremo sugli strumenti di cui dotarci per affrontarlo.
L'ultima mia osservazione riguarda un'esigenza che il presidente aveva già sottolineato. Nel nostro Paese vi è una grande tradizione di risparmio e di autonomia finanziaria. Il rapporto delle nostre famiglie con la banca è tradizionalmente di deposito di denaro, mentre la richiesta di credito è un'esperienza relativamente nuova. Quindi, l'esigenza di promuovere l'educazione finanziaria delle famiglie italiane non viene dal passato, ma è nata di recente.
Ciò premesso, vi è in Italia, molto più che in altri Paesi, se teniamo conto del grado di sviluppo economico-finanziario, un problema di educazione finanziaria delle nostre famiglie. Penso che a livello di Fondo monetario internazionale e di OCSE si stia cercando di fare molto in tale direzione. Possiamo porre, e lo faremo sicuramente, maggiore cura nel selezionare gli intermediari; dall'altra parte, però, devono esserci anche famiglie e consumatori in grado di capire meglio dove e cosa stanno comprando e che tipo di contratti stanno firmando.
Quello dell'educazione finanziaria è sicuramente un aspetto importante. So che è in corso, soprattutto al Senato, l'esame di alcuni disegni legge in materia, di cui, però, non conosco i contenuti. Fare in modo che le famiglie abbiano una maggiore educazione finanziaria, e per questo una maggiore consapevolezza, è essenziale per rendere il mercato più responsabile, concorrenziale e trasparente.
Se ho dimenticato qualcosa, chiedo venia.

PRESIDENTE. Credo che un passaggio fondamentale sarà la definizione dei criteri di individuazione dei cosiddetti collaboratori esterni degli intermediari finanziari, vale a dire i mediatori creditizi e gli agenti in attività finanziaria.
Presto affronteremo anche la questione, all'interno della direttiva sui servizi di pagamento, degli istituti di pagamento. A breve ci troveremo di fronte a una proliferazione di gestioni del credito legate alla vendita dei prodotti.
Facciamo l'esempio di una catena di ipermercati. Essa ha un vantaggio nel mettere a disposizione carte da utilizzare sia per il credito al consumo, come carte revolving, sia, in teoria, come carte prepagate collegate a promozioni (chi compra utilizzando una carta prepagata ottiene, ad esempio, uno sconto del 5 o 10 per cento). Ciò consente di mettere in piedi un meccanismo di autofinanziamento: il denaro realizzato con la vendita delle carte prepagate può, infatti, essere utilizzato per offrire credito sulle revolving. Il meccanismo


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è attuato all'interno di un progetto di mercato nel quale, naturalmente, si tende a fidelizzare la clientela. Le carte saranno collegate a un istituto bancario e, eventualmente, potranno essere adoperate anche presso altri soggetti.
Poiché i tassi di interesse delle carte revolving arrivano mediamente al 19 per cento, siamo fortemente preoccupati per gli sviluppi che la nuova normativa potrà determinare.
Se non si ragiona in termini di suddivisione astratta, la finanziaria è sostanzialmente l'intermediario, mentre il dealer è chi percepisce una commissione. L'intermediario è sempre la finanziaria. Quando va a stipulare il contratto, il consumatore deve avere ben chiaro il costo per l'intervento della finanziaria e quello della commissione spettante al dealer. Quest'ultimo, dunque, non dovrebbe essere considerato un intermediario, ma semplicemente un soggetto che compie un'operazione commerciale. L'intermediario dovrebbe essere sempre la finanziaria. In tal modo si potrebbe avere la percezione di quale sia il costo per l'uno e per l'altro servizio, e si semplificherebbe il mercato.
A tale proposito, professore, con riferimento alla delega - credo di interpretare il pensiero dei colleghi -, vorrei suggerirle di inviarci, anche prima dell'avvio della consultazione pubblica, alcune linee generali che il Dipartimento intende seguire, sia per poterci confrontare anche sul contenuto del decreto legislativo sia per non disperdere il lavoro che abbiamo svolto finora.
Del resto, credo che l'elaborazione della bozza sia già ben avviata. Ci piacerebbe approvare una risoluzione condivisa con il Tesoro, che offra un quadro delle questioni emerse durante questo ciclo di audizioni, nonché delle possibili soluzioni che alle stesse potrebbero essere date all'interno del decreto legislativo.

VITTORIO GRILLI, Direttore generale del Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze. Lo ritengo importante.
Suppongo che la presidenza predisporrà una sintesi dei risultati acquisiti nel corso delle audizioni. Per noi sarebbe importantissimo avere tale materiale, per poterne tenere conto nel momento in cui procederemo alla stesura del testo. Pregherei quindi il presidente di farcelo avere non appena sarà disponibile. L'interazione tra Commissione e Dipartimento del Tesoro può senz'altro avvenire.

PRESIDENTE. Ringrazio il professor Grilli anche per la documentazione che ci ha consegnato, della quale autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato), e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 12,40.


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