Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Strumento di esplorazione della sezione Lavori Digitando almeno un carattere nel campo si ottengono uno o più risultati con relativo collegamento, il tempo di risposta dipende dal numero dei risultati trovati e dal processore e navigatore in uso.

salta l'esplora

Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

Torna all'elenco delle indagini Torna all'elenco delle sedute
Commissione VI
15.
Martedì 23 febbraio 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Conte Gianfranco, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUL CREDITO AL CONSUMO

Seguito dell'esame e approvazione del documento conclusivo:

Conte Gianfranco, Presidente ... 3 4 5 6 7 8
Bernardo Maurizio (PdL) ... 8
Ceccuzzi Franco (PD) ... 3 5
Fluvi Alberto (PD) ... 5 7 8

ALLEGATO: Documento conclusivo approvato dalla Commissione ... 9
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.

COMMISSIONE VI
FINANZE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 23 febbraio 2010


Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO CONTE

La seduta comincia alle 10,05.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Seguito dell'esame del documento conclusivo.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul credito al consumo, il seguito dell'esame del documento conclusivo.
Ricordo che nella precedente seduta del 18 febbraio, all'esito del programmato ciclo di audizioni, ho presentato una proposta di documento conclusivo, il cui contenuto i gruppi hanno avuto modo di valutare compiutamente in questi giorni.
Chiedo quindi ai colleghi se intendano formulare proposte di modifica o integrazione del testo in esame.

FRANCO CECCUZZI. Innanzitutto, credo si debba esprimere un apprezzamento per il lavoro svolto nel corso dell'indagine, quanto mai utile in una fase particolarmente delicata della vita del Paese.
Condivido l'analisi condotta nel documento conclusivo, nonché le numerose indicazioni che ne compongono il nucleo propositivo.
Mi permetto soltanto di far notare, per quanto riguarda l'analisi, come l'impoverimento delle famiglie sia un fenomeno che presenta, ormai, caratteristiche strutturali: palesatosi già negli anni 1992-93, e peggiorato a seguito dell'introduzione dell'euro, esso si è ulteriormente aggravato nel corso dell'ultimo anno e mezzo, a causa della crisi economica e della conseguente perdita di reddito.
Tutte le ragioni cui l'Associazione bancaria italiana riconduce la contrazione e il deterioramento del credito sono reali, ma la causa principale, che a mio avviso non traspare in maniera sufficiente dalla proposta di documento conclusivo, è che siamo di fronte a una riduzione del reddito disponibile.
Ritengo, altresì, che la questione della standardizzazione dei modelli contrattuali debba essere affrontata, da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, mediante una forte azione sugli operatori, ma anche con la piena collaborazione degli stessi, onde evitare che l'operazione produca ulteriori costi per i consumatori.
L'intervento del legislatore sui mutui ha avuto effetti positivi, non soltanto per i consumatori, ma anche per gli intermediari creditizi. Abbiamo appreso di recente che, nonostante le disastrose condizioni dell'economia, a gennaio si è registrato, rispetto allo stesso mese dell'anno precedente, un incremento della domanda di mutui ipotecari del 12 per cento, in parte dovuto non a nuove richieste, ma a surroghe e sostituzioni di mutui già in essere. Ciò dimostra che la


Pag. 4

«pressione» esercitata dal legislatore ha in qualche modo riattivato il mercato.
Per quanto concerne le frodi, non posso che essere d'accordo con le valutazioni espresse nel documento in merito alla proposta di legge n. 2699 (approvata in un testo unificato dal Senato). Peraltro, ritengo che un maggiore utilizzo del web potrebbe consentire ai consumatori di effettuare un controllo sistematico delle proprie situazioni contabili e di apprendere per tempo l'esistenza di eventuali problemi.
Condivido pienamente anche le considerazioni svolte nel documento riguardo ai SIC. A mio avviso, bisognerebbe pensare all'introduzione di meccanismi premiali, anche a punti, più trasparenti di quello attuale, atti a consentire al debitore che non ha onorato puntualmente le scadenze di non vedere definitivamente compromessa la propria affidabilità nei confronti del sistema creditizio. In altre parole, una volta tornato virtuoso, il cliente potrebbe risalire una sorta di graduatoria a punteggio e riacquistare, in tal modo, il proprio merito creditizio.
L'ultima questione riguarda l'ampliamento della platea di quei soggetti i quali finiscono in una zona grigia: da un lato, non riescono più ad ottenere finanziamenti bancari ordinari; dall'altro, non possono fruire del microcredito, l'accesso al quale presuppone condizioni di indigenza particolarmente accentuate. A tale proposito, la provincia di Milano ha stipulato un protocollo di intesa con alcune banche per garantire, attraverso un meccanismo analogo a quello dei confidi, un sostegno finanziario alle famiglie e a tutti quei soggetti che non posseggono i requisiti per accedere al microcredito. L'idea di istituire dei «confidi per le famiglie e per i singoli» mi sembra interessante.

PRESIDENTE. Ho ricevuto ieri uno studio le cui risultanze mi hanno decisamente stupito. Mi è parso abbastanza singolare, in particolare, il fatto che, negli ultimi otto anni, soprattutto nel pubblico impiego, l'incremento delle retribuzioni ha superato del 13 o 14 per cento il tasso d'inflazione. In altre parole, se la crescita dell'inflazione è stata del 32 per cento, se ricordo bene, le retribuzioni del pubblico impiego sono arrivate intorno al 46 per cento. Si tratta, quindi, di un differenziale piuttosto alto.
Analoghi incrementi stipendiali non si sono verificati, invece, nel settore privato. Occorre, quindi, svolgere una riflessione sul diverso andamento delle retribuzioni nei due settori, anche in vista della nuova tornata di rinnovi contrattuali che interesseranno alcuni comparti della pubblica amministrazione. È chiaro, infatti, che l'aspetto cui ho fatto cenno potrebbe essere evidenziato.
Per quanto concerne i sistemi di informazioni creditizie, nella proposta di documento conclusivo si propone di portare da tre a sette anni il termine di conservazione dei dati relativi alle rate onorate puntualmente, in modo da dare una rappresentazione più ampia del merito di credito di un consumatore.
Non so, invece, se sia il caso di prevedere un meccanismo a punti. Parlandone con i rappresentanti della CRIF, ho appreso che esiste una sorta di doppia classificazione, ovvero un diverso approccio che tiene conto delle varie posizioni: i soggetti registrati passano da una categoria a un'altra a seconda delle vicende che li riguardano nel corso dello svolgimento del rapporto di credito.
Credo, dunque, che l'aspetto più importante sia il rapporto tra il SIC e il cliente che è registrato o che sta per essere registrato nel sistema. Poiché la disciplina attuale prevede la registrazione dopo il secondo mancato pagamento, sarebbe opportuno comunicare al debitore, dopo il primo inadempimento, quali problematiche potrebbe comportare una successiva scadenza non onorata. Mi sembra che anche Bankitalia sia assolutamente d'accordo.
Una altro aspetto da affrontare è quello dei costi delle operazioni. Credo che presto sarà formalizzata una proposta normativa sul tema complessivo delle commissioni


Pag. 5

e dei costi dei conti correnti, della trasparenza e della verificabilità delle condizioni praticate dalle diverse banche.
Dal Financial Times di ieri abbiamo appreso che la Federal Reserve ha emanato, in attuazione del Credit Card Accountability Responsibility and Disclosure Act del 2009, le nuove regole cui dovranno attenersi i soggetti emittenti carte di credito, che rimettono ordine nel settore e che, secondo alcune analisi, comporteranno per le banche costi imponenti, pari a diversi miliardi di dollari.
Negli Stati Uniti, dove l'utilizzo delle carte revolving è molto diffuso, superare il limite rispetto alla disponibilità comporta l'applicazione di tassi del 40 per cento. Anche dopo le nuove istruzioni di Bank-italia sulla rilevazione dei tassi soglia, nel mercato nazionale si registrano picchi del 29 per cento, ma il 40 per cento è davvero molto pesante.
Potremo affrontare anche il tema dei costi non appena saranno conclusi, tra la Banca d'Italia e il Ministero dell'economia e delle finanze, i contatti in corso per introdurre elementi di maggiore trasparenza nella disciplina degli oneri bancari, secondo quanto dichiarato di recente dal Governatore Draghi. Speriamo che ciò accada presto.
Onorevole Ceccuzzi, in quale modo potremmo integrare, secondo lei, il testo del documento conclusivo?

FRANCO CECCUZZI. Ritengo si debba dare un adeguato risalto alla questione dell'impoverimento delle famiglie, anche facendo riferimento alla diversificazione, da lei posta in luce, signor presidente, fra settore pubblico e privato. Mi pare, infatti, che l'impoverimento delle famiglie abbia prodotto un deterioramento dell'accesso al credito.

ALBERTO FLUVI. Signor presidente, propone di mettere in votazione oggi stesso il documento conclusivo?

PRESIDENTE. Approvandolo oggi, potremmo metterlo a disposizione di Bank-italia e del Ministero dell'economia e delle finanze per le conseguenti valutazioni.
Sappiamo che il Dipartimento del Tesoro sta predisponendo la bozza di decreto legislativo per l'attuazione della delega conferita dall'articolo 33 della legge n. 88 del 2009, sulla quale sarà avviata, a breve, una consultazione pubblica. Mettere a disposizione il documento conclusivo dell'indagine ci consentirebbe di intervenire già in questa fase, e non in quella successiva della consultazione, che durerà un paio di mesi (infatti, il termine per esercitare la delega scadrà a giugno).
Insomma, non vorrei che la bozza di decreto legislativo fosse posta in consultazione prima che l'indagine sia conclusa: questa è la mia unica preoccupazione.

ALBERTO FLUVI. Condivido la sua impostazione, signor presidente. Anzi, le dico subito che, per quanto ci riguarda, inserendovi i suggerimenti del collega Ceccuzzi, siamo disponibili a votare la proposta di documento conclusivo anche oggi.
Colgo l'occasione per sottolineare, anche a merito della Commissione, che abbiamo svolto un lavoro dignitoso.
Il fenomeno del credito al consumo, che sta già assumendo un'importanza significativa nel nostro Paese, diventerà sempre più rilevante nei prossimi anni. Condivido, dunque, la necessità di fissare alcuni punti fermi, al fine di fornire all'attività di revisione normativa il nostro contributo, che potremo sviluppare ulteriormente quando saremo chiamati ad esprimere il parere sul decreto legislativo di attuazione della direttiva 2008/48/CE.
Avendo riguardo alla parte analitica e a quella propositiva del testo in esame, sento di poter affermare che alcuni temi sono ben chiari alla Commissione.
Il primo è relativo all'importante questione della responsabilità del finanziatore. Molto spesso non vi è differenza fra chi propone l'acquisto del bene e chi lo finanzia, come accade nel caso delle auto, in quanto gran parte delle case automobilistiche ha dato vita a una propria finanziaria.


Pag. 6

Occorre, quindi, prevedere una maggiore responsabilità del soggetto finanziatore.
Altri aspetti rilevanti riguardano l'assetto degli intermediari che operano nel settore del credito al consumo. Durante l'audizione della Banca d'Italia ho rilevato un'attenzione particolare per tale argomento anche da parte dell'Istituto di via Nazionale. La preoccupazione che, a mio avviso, dovremmo condividere tutti è quella di coniugare l'esigenza di una più incisiva vigilanza con la necessità di non limitare la concorrenzialità del mercato.
Più specificamente, il tema è quello delle conseguenze dell'iscrizione negli elenchi di cui agli articoli 106 e 107 del TUB. Il secondo garantisce una maggiore vigilanza da parte della Banca d'Italia, ma limita la concorrenza; il primo consente, invece, una presenza maggiore di operatori, ma implica una più debole capacità di vigilanza da parte della Banca centrale. Credo che tra gli obiettivi da perseguire attraverso il recepimento della direttiva 2008/48/CE vi sia anche quello di trovare il giusto mix di regole, in modo da incrementare la vigilanza senza ridurre la concorrenza (che, peraltro, abbiamo visto esserci soltanto a parole, poiché gran parte del mercato è controllata, direttamente o indirettamente, dal sistema bancario).
Inoltre, è necessario che il consumatore abbia immediata cognizione del costo complessivo, ad esempio, del prestito finalizzato all'acquisto di beni o servizi.
Infine, mi pare importante l'indicazione relativa alla vigilanza preventiva sui contratti. Sappiamo che buona parte dei contratti di credito al consumo, o almeno delle clausole in essi contenute, è standardizzata. Ebbene, l'attribuzione all'Autorità di vigilanza del compito di apporre sugli schemi contrattuali una sorta di bollino preventivo darebbe maggiori garanzie ai consumatori.
Come ho già detto, condivido il lavoro svolto finora, di cui la proposta di documento conclusivo, nel testo riformulato, dà conto in maniera appropriata e puntuale. Tuttavia, ritengo di dover svolgere una riflessione sul tema dei SIC, che è molto delicato (tra l'altro, il numero delle imprese che gestiscono sistemi di informazioni creditizie è estremamente ridotto).
Rileggendo il «Codice di deontologia e buona condotta per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità nei pagamenti», promosso, com'è noto, dall'Autorità garante per la protezione dei dati personali, ho notato come alcuni aspetti siano già disciplinati da apposite previsioni, alle quali sarebbe interessante, innanzitutto, dare piena applicazione.
Secondo me, si dovrebbe evitare di trasferire le responsabilità in capo a soggetti che, forse, non ne hanno. Non dobbiamo dimenticare che stiamo parlando di credito al consumo, vale a dire di prestazioni creditizie effettuate nei confronti di individui e non di imprese. Inoltre, molta parte del credito al consumo viene erogata senza effettuare alcuna valutazione del merito di credito del soggetto richiedente e, quindi, senza utilizzare le pertinenti banche dati.
Se spostiamo la responsabilità della comunicazione dalla banca, o dal diverso intermediario, al SIC, graviamo di tale incombenza un soggetto che non ha la titolarità di diritti ed obblighi inerenti al rapporto di credito e finiamo per fare un favore ai soggetti erogatori.
Fermo restando il mantenimento dell'obbligo di segnalazione o di comunicazione, credo che la responsabilità di tale adempimento debba essere della banca; la proposta di documento conclusivo prevede, invece, una comunicazione da parte del SIC, che, lo ricordo, è una banca dati.

PRESIDENTE. Credo che il tema, se non è abbastanza chiaro, possa essere affrontato in maniera più approfondita.
La banca segnala il dato, ad esempio, alla CRIF, e con la stessa sollecitudine dovrebbe segnalarlo al cliente. Purtroppo, ciò non avviene: l'inadempimento viene segnalato immediatamente alla CRIF, ma il cliente viene informato solo dopo alcuni


Pag. 7

mesi dell'avvenuta segnalazione. Tale comportamento mi sembra obiettivamente poco condivisibile.
Si potrebbe prevedere che il SIC, prima di registrare l'insoluto, verifichi se sia stata effettuata la comunicazione al debitore inadempiente, chiarendo comunque che l'obbligo di comunicare grava sulla banca.
Quindi, prima di registrare l'inadempimento, la CRIF dovrebbe verificare se la relativa segnalazione sia stata comunicata al debitore. Capisco che si tratta di una difficoltà in più, ma in quale altro modo possiamo evitare che la segnalazione sia effettuata direttamente e semplicemente al SIC?

ALBERTO FLUVI. Basterebbe inserire nel documento conclusivo una puntualizzazione del seguente tenore: «È altresì necessario che, prima di inserire nel SIC elementi pregiudizievoli per l'erogazione di credito, essi siano comunicati con tempestività dal soggetto erogatore al diretto interessato, avvertendolo delle conseguenze derivanti dall'iscrizione nel SIC dell'inadempimento degli obblighi di rimborso».

PRESIDENTE. Ritengo opportuno che la CRIF abbia in qualche modo cognizione dell'assolvimento dell'obbligo di comunicazione al debitore inadempiente; altrimenti, occorre prevedere una sanzione per la banca che non effettua tempestivamente la comunicazione.

ALBERTO FLUVI. Credo siano sufficientemente chiari tanto la questione quanto l'obiettivo da perseguire.
Intanto, potremmo riformulare il testo, chiarendo che il soggetto sul quale grava l'obbligo di comunicazione è la banca. In seguito, sarà comunque possibile introdurre nel decreto legislativo di attuazione della direttiva 2008/48/CE ulteriori correttivi, volti a responsabilizzare sia la banca, la quale dovrà effettuare la comunicazione, sia il SIC, il quale avrà il compito di verificare che la comunicazione sia stata effettuata.

PRESIDENTE. Sono molto preoccupato anche perché la CRIF - come l'onorevole Fluvi sa bene - sta proponendo l'abbonamento a un servizio che permetterà ai clienti di avere cognizione di eventuali registrazioni a loro nome. In tal modo, un'informazione che dovrebbe essere di rito, potrebbe diventare oggetto di uno scambio commerciale. Attualmente, la CRIF ha lanciato un'«offerta speciale»: per 12 euro invia al cliente tutte le segnalazioni che lo riguardano.
Insomma, un servizio che dovrebbe essere erogato gratuitamente potrebbe diventare, invece, oggetto di un contratto oneroso, com'è avvenuto nel settore della gestione dei dati catastali, all'interno del quale operano privati che vendono regolarmente i dati in possesso dell'Agenzia del territorio. Il caso di cui ci stiamo occupando rappresenta un'ulteriore aberrazione.
Per quanto concerne gli intermediari iscritti negli elenchi di cui agli articoli 106 e 107 del TUB, sembra che la Banca d'Italia si stia orientando a realizzare una sorta di diversificazione nell'ambito dell'elenco generale, proponendo un incremento del requisito patrimoniale e suddividendo i soggetti iscritti per finalità, in maniera tale da separare la gestione del credito al consumo da altre operazioni.
La creazione di distinte sezioni dell'elenco dovrebbe consentire di concentrare la vigilanza sui soggetti che effettuano determinate operazioni. Questo sembra essere l'orientamento della Banca d'Italia. Comunque, potremo verificare a breve, quando sarà avviata la pubblica consultazione sulla bozza di decreto legislativo, per la cui predisposizione la Banca d'Italia sta fornendo il proprio contributo tecnico al Ministero dell'economia e delle finanze.
Posso aggiungere, sulla base di quanto mi è stato rappresentato in via informale, che la Banca centrale condivide pienamente l'impostazione del documento conclusivo dell'indagine, di cui dovrebbe conseguentemente tenere conto nello svolgimento della predetta attività di collaborazione tecnica.


Pag. 8


In conclusione, ritengo che le condivisibili integrazioni suggerite dai colleghi Fluvi e Ceccuzzi possano essere inserite nella proposta di documento conclusivo, il cui testo è da intendersi conseguentemente riformulato.

MAURIZIO BERNARDO. Signor presidente, colleghi, credo che la Commissione abbia svolto, nel corso dell'indagine, un importante e proficuo lavoro.
La proposta di documento conclusivo in esame, come riformulata, sulla quale dichiaro il voto favorevole del mio gruppo, costituisce sicuramente un valido contributo alla soluzione dei problemi che attualmente si riscontrano nel settore del credito al consumo.

ALBERTO FLUVI. Dichiaro il voto favorevole del mio gruppo sulla proposta di documento conclusivo, nel testo riformulato.

PRESIDENTE. Pongo quindi ai voti la proposta di documento conclusivo, come riformulata (vedi allegato).
(È approvata).

Ringrazio i presenti e dichiaro conclusa la seduta.

La seduta termina alle 10,35.


Pag. 9

ALLEGATO

Indagine conoscitiva sul credito al consumo

DOCUMENTO CONCLUSIVO APPROVATO DALLA COMMISSIONE

1. L'OGGETTO DELL'INDAGINE.

L'indagine conoscitiva svolta dalla Commissione ha avuto per oggetto il fenomeno del credito al consumo, inteso in un'accezione ampia, al fine di esplorarne tutti i principali aspetti.
Secondo la definizione che ne dà il Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB) di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, all'articolo 121, per credito al consumo si intende la concessione, nell'esercizio di un'attività commerciale o professionale, di credito sotto forma di dilazione di pagamento, di finanziamento o di altra analoga facilitazione finanziaria a favore di una persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta (consumatore). L'esercizio del credito al consumo è riservato alle banche, agli intermediari finanziari, ai soggetti autorizzati alla vendita di beni o di servizi nel territorio della Repubblica, nella sola forma della dilazione del pagamento del prezzo. Le disposizioni recate in materia dal TUB si applicano, in quanto compatibili, anche ai soggetti che si interpongono nell'attività di credito al consumo. Sono esclusi da tale disciplina, in generale, i finanziamenti di importo rispettivamente inferiore e superiore ai limiti stabiliti dal CICR, i contratti di somministrazione previsti dagli articoli 1559 e seguenti del codice civile, purché stipulati preventivamente in forma scritta e consegnati contestualmente in copia al consumatore, i finanziamenti rimborsabili in un'unica soluzione entro diciotto mesi, con il solo eventuale addebito di oneri non calcolati in forma di interesse, purché previsti contrattualmente nel loro ammontare, i finanziamenti privi, direttamente o indirettamente, di corrispettivo di interessi o di altri oneri, i finanziamenti destinati all'acquisto o alla conservazione di un diritto di proprietà su un terreno o su un immobile edificato o da edificare, ovvero all'esecuzione di opere di restauro o di miglioramento, i contratti di locazione, a condizione che in essi sia prevista l'espressa clausola che in nessun momento la proprietà della cosa locata possa trasferirsi, con o senza corrispettivo, al locatario.
L'attuale disciplina provvede poi a definire, all'articolo 122 del TUB, il cosiddetto tasso annuo effettivo globale (TAEG) come il costo totale del credito a carico del consumatore espresso in percentuale annua del credito concesso. Il TAEG comprende gli interessi e tutti gli oneri da sostenere per utilizzare il credito. È il CICR a stabilire le modalità di calcolo del TAEG, individuando in particolare gli elementi da computare e la formula di calcolo; nei casi in cui il


Pag. 10

finanziamento può essere ottenuto solo attraverso l'interposizione di un terzo, il costo di tale interposizione deve essere incluso nel TAEG.
Ulteriori regole in materia di trasparenza contrattuale, contenuto essenziale del contratto, nonché altre disposizioni varie a tutela dei consumatori, derogabili solo in senso più favorevole al cliente, sono contenute sempre nell'apposita sezione del TUB dedicata alla disciplina del fenomeno.
In materia è sopravvenuta la direttiva comunitaria 2008/48/CE, relativa ai contratti di credito ai consumatori, in corso di recepimento, la quale, adottando la definizione di «credito ai consumatori», anziché quella di «credito al consumo», reca un'innovazione importante, in quanto la nuova definizione sarebbe atta ad abbracciare ogni tipologia di credito alla persona fisica, e spostando inoltre l'accento dal servizio al soggetto, divenendo il consumatore il punto focale verso il quale converge l'attenzione degli operatori del settore e delle istituzioni (1).
Nel corso dell'indagine conoscitiva si è fatto dunque riferimento, in generale, al più vasto fenomeno del credito alle famiglie e alle piccole e medie imprese, erogato anche nella forma di mutui immobiliari e altri strumenti di prestito.

2. SINTESI DELLE AUDIZIONI.

2.1 Le dimensioni quantitative del credito al consumo: andamento, sviluppi e confronti internazionali.

Nel corso dell'indagine conoscitiva è stata illustrata l'evoluzione della struttura quantitativa del mercato, mettendo in evidenza le tendenze più significative e i fenomeni più rilevanti.
In generale, secondo i dati forniti dall'Associazione bancaria italiana (ABI)  (2), l'analisi in dettaglio della composizione dei finanziamenti erogati alle famiglie consumatrici fa rilevare quanto segue: il 62,8 per cento dei prestiti è costituito dai mutui per l'acquisto di abitazioni (per un ammontare delle consistenze pari a circa 239,9 miliardi di euro); il 10,3 per cento dal prestito personale (per un ammontare delle consistenze che si stima pari a circa 39,4 miliardi di euro); l'11,2 per cento dal prestito finalizzato, cioè il credito al consumo erogato tramite dealer per l'acquisto ad esempio di beni mobili quali automobili ed elettrodomestici (per un ammontare delle consistenze che si stima pari a circa 42,7 miliardi di euro); il 2,6 per cento dalla cessione del quinto dello stipendio/pensione (per un ammontare delle consistenze che si stima pari a circa 9,8 miliardi di euro); il 4,6 per cento dalle carte di credito revolving (per un ammontare delle consistenze che si stima pari a circa 17,5 miliardi di euro), considerando che nel 2008 l'utilizzo delle carte revolving è aumentato dell'11 per cento rispetto al 2006 e che nel 2009 si stima


Pag. 11

un aumento del 25 per cento sul 2008, ammontando le carte di questo tipo circolanti in Italia a 4,3 milioni (3); l'8,6 per cento da altri prestiti - cioè crediti che non sono riconducibili né al credito al consumo né ai mutui ipotecari per l'acquisto delle abitazioni - per un ammontare delle consistenze che si stima pari a circa 32,7 miliardi di euro.
È stato quindi specificato (4) come, alla fine del mese di settembre del 2009, il mercato del credito al consumo presentasse finanziamenti complessivi per 110 miliardi di euro, pari al 6 per cento dei crediti erogati dall'intero sistema finanziario italiano.
Più della metà di questa somma è costituito da prestiti personali (circa 60 miliardi), che aumentano la capacità di acquisto delle persone ma non sono finalizzati all'acquisto di uno specifico bene, mentre i crediti finalizzati ammontano a circa 30 miliardi di euro. Circa il 50 per cento dei 110 miliardi fa capo direttamente a banche di gruppo bancario italiano, più altre banche. Grosso modo, il mercato è diviso in due: tra gli intermediari finanziari di cui all'articolo 107 del TUB e le banche, con una leggera prevalenza dei primi. È importante sottolineare che gli intermediari ex articolo 107 fanno parte di gruppi bancari e, quindi, non sono società finanziarie che hanno uno status giuridico autonomo. È degno di nota il ruolo dei gruppi bancari, che tramite le finanziarie hanno accresciuto le quote di mercato. Il 25 per cento di quei 110 miliardi (circa 27 miliardi) è relativo a finanziarie che fanno capo a gruppi bancari esteri.
Negli ultimi anni si è registrata una crescita del numero degli intermediari operanti nel settore, essendo le società dell'elenco speciale raddoppiate rispetto al 2000 (da 27 alle attuali 53); di esse, 17 sono specializzate nell'emissione e gestione di carte di credito, 16 operano nel comparto della cessione del quinto e 20 offrono forme di credito finalizzato o personale.
Per quanto concerne la suddivisione territoriale del mercato in Italia, è stato indicato come l'Italia sia strutturata, anche da questo punto di vista, in tre aree: nell'Italia settentrionale le strutture finanziarie, il livello di indebitamento delle famiglie e il grado di utilizzo degli strumenti di pagamento sono molto più vicini a quelli degli altri Paesi europei, e si presume che i modelli prevalenti nel Nord Italia eserciteranno una progressiva forza di attrazione nei confronti delle popolazioni dell'Italia centrale e meridionale. L'utilizzo delle carte e di altri strumenti di pagamento è sicuramente in fieri, ma si sta tendendo verso il modello del Settentrione, che corrisponde a quello medio europeo (5).
Nel corso delle audizioni è stato pressoché unanimemente osservato che, nel confronto con gli altri principali paesi industrializzati, le famiglie italiane presentano ancora una contenuta propensione


Pag. 12

all'indebitamento (6). Alla fine del 2008 il rapporto tra il complesso dei loro debiti finanziari e il reddito disponibile risultava del 57 per cento, laddove nell'area dell'euro il corrispondente valore era del 93 per cento.
Secondo i soggetti auditi (7), tra le cause del basso tasso di indebitamento delle famiglie italiane, possono essere indicati i seguenti fattori socio-culturali, macroeconomici e istituzionali che, fino al recente passato, hanno caratterizzato il mercato italiano: (i) una percezione negativa del debito; (ii) l'alta percentuale di famiglie italiane già proprietarie di abitazioni (80 per cento) rispetto agli altri Paesi europei (Germania 42 per cento, Olanda 53 per cento, Francia 56 per cento, Regno Unito 70 per cento); (iii) la scarsa mobilità del lavoro, che consentiva alle famiglie italiane di vivere per tutta la vita lavorativa nella stessa abitazione; (iv) gli stretti legami amicali e familiari che per anni hanno rappresentato la principale fonte di finanziamento degli italiani; (v) gli alti tassi di interesse che hanno caratterizzato il mercato italiano prima dell'entrata in vigore della moneta unica; (vi) una minore attenzione all'innovazione di prodotto, anche in relazione al basso grado di vivacità della domanda; (vii) la bassa diffusione della grande distribuzione; (ix) la debole infrastruttura dei sistemi di welfare (come ad esempio l'assenza di ammortizzatori sociali per la perdita del posto di lavoro adeguati alla media europea); (x) l'alto livello dell'economia sommersa, la cui incidenza è stimata tra il 20 per cento e il 30 per cento del PIL.
Non particolarmente elevata appare altresì la diffusione pro capite e l'utilizzo delle carte di credito (8). I dati dell'ABI e della Banca d'Italia indicano infatti come, in Italia, il 90 per cento delle transazioni sia effettuato per contanti e appena il 10 per cento attraverso bonifici, carte di credito e assegni.
In tale contesto si è evidenziato come, sebbene i dati analizzati consentano di affermare che non esiste un problema, allarmante e generalizzato, di sovraindebitamento delle famiglie italiane, l'indebitamento delle famiglie italiane sia comunque cresciuto dall'inizio del decennio a ritmi elevati, e sono state rappresentate preoccupazioni per la capacità delle famiglie, in particolare di quelle a basso reddito, di sostenere gli oneri del debito per interessi e rimborso del capitale, a causa della crisi finanziaria e del connesso ripiegamento dell'attività economica e il peggioramento del mercato del lavoro.
Nell'ambito delle famiglie italiane con una spesa annua per il servizio del debito legato ai soli mutui prima casa, tale debito si


Pag. 13

collocava nel 2006 al 17 per cento del reddito disponibile (valore mediano). Tra il 2004 e il 2006 l'incremento più consistente ha riguardato i nuclei familiari appartenenti alla classe di reddito più bassa (campione stimato in 230.000 famiglie), per i quali la rata di mutuo ha raggiunto il 32 per cento del reddito disponibile, una soglia ritenuta critica per l'equilibrio del bilancio familiare (9).
Nell'ultimo quinquennio il complesso dei finanziamenti della specie del credito al consumo è quasi raddoppiato, a causa del tendenziale aumento nella propensione all'indebitamento delle famiglie italiane e delle aggressive politiche di offerta degli intermediari che sono alla base della sostenuta crescita del mercato del credito al consumo.
In rapporto al reddito disponibile, la quota di credito al consumo delle famiglie italiane alla fine del 2008 si attestava al 10 per cento, contro il 6 registrato alla fine del 2003; si tratta di un livello simile alla Germania e leggermente inferiore a Francia e Spagna. La distanza rispetto al Regno Unito e agli Stati Uniti resta ancora significativa, atteso che in tali Paesi la quota del credito al consumo sul reddito disponibile era superiore al 25 per cento (10).
Con riguardo alle tendenze del mercato, secondo quanto riferito dal rappresentante dell'ABI (11), per quanto concerne in generale le consistenze degli impieghi alle famiglie consumatrici, esse negli ultimi dieci anni sono cresciute con un trend positivo che, ad agosto 2009, ha raggiunto i 382 miliardi di euro, con un tasso medio di crescita pari al 15,6 per cento. Collegato all'andamento dell'economia internazionale, si è recentemente registrato un rallentamento di tale tasso. In ogni caso, nell'ultimo anno, il trend è tornato a salire. Nel periodo fra agosto 2008 e agosto 2009 il tasso di crescita è stato pari al 4,7 per cento, rispetto ad una crescita che nell'anno precedente non aveva superato l'1,6 per cento.
Per quanto riguarda, invece, il credito al consumo, negli ultimi anni si è registrato un tasso di crescita costante nel nostro Paese: a giugno 2009 le consistenze dei finanziamenti in essere hanno superato i 109 miliardi di euro - il 28,6 per cento del totale degli impieghi alle famiglie italiane -, registrando una crescita annuale di circa l'8,5 per cento.
Il mercato è stato caratterizzato da una consistente e duratura crescita dei volumi di attività di credito al consumo all'interno dell'Unione, in termini tanto assoluti quanto percentuali, ove si pensi che nel decennio tra il 1990 e il 2000, all'interno dell'area dell'Unione europea si registrava un incremento del tasso di crescita del credito al consumo di circa il 6,64 per cento. In Italia un tale dato corrispondeva, quanto a volume complessivo dei finanziamenti, al 2,8 per cento del PIL del 2004: valore in sé elevato, ancorché notevolmente inferiore a quello di altri Paesi dell'area euro, in media pari al 6,8 per cento. Nel 2007 il credito al consumo erogato da banche


Pag. 14

e società finanziarie vigilate aumentava ancora in misura considerevole. Al dicembre del 2008, il tasso di crescita del credito al consumo era di poco inferiore al 10 per cento, rispetto a un'espansione massima al 15 per cento alla fine del 2007, decrescendo quindi considerevolmente e ponendo quindi l'esigenza di introdurre nuove, più incisive e, soprattutto, più effettive regole di tutela del consumatore, idonee a ricostituire la cornice giuridica sottesa ad assetti fiduciari incrinatisi considerevolmente (12).
Si è quindi osservato come si registri attualmente un forte calo dei finanziamenti finalizzati - soprattutto per quanto riguarda il segmento dell'auto, che rappresenta il 30 per cento di tale mercato - a favore di una crescita dei prestiti personali. Si tratta di un fenomeno che è stato definito endogeno: si assiste infatti ad uno spostamento verso tale forma di finanziamento - più redditizia - ma anche verso i prestiti contro cessione del quinto (dello stipendio o della pensione), che servono, evidentemente, per soddisfare bisogni di tipo diverso. Non vengono più in rilievo, quindi, investimenti in beni durevoli, ma erogazioni tendenzialmente funzionali a esigenze di liquidità, concesse a fronte di garanzie, quali la cessione del quinto dello stipendio o della pensione, a soggetti che, altrimenti, sarebbero con molta probabilità esclusi dal mercato. Il mercato attraversa una fase di crisi, e cala significativamente il volume di credito erogato, con un impatto diretto sugli investimenti (in difficoltà anche per altri motivi), ai quali viene a mancare uno dei canali di finanziamento (13).
Tali dati indicano come il credito al consumo non stia scendendo in valore assoluto, ma stia crescendo ad un ritmo più basso del passato, evidentemente a causa della situazione economica non favorevole, che ha evidentemente portato a una minore domanda di credito al consumo, soprattutto perché si riduce la domanda degli acquisti di beni durevoli, e ad una maggiore prudenza nell'erogazione del credito.
Per effetto della crisi, nel 2008 e nei primi mesi del 2009 si è assistito inoltre a un generale deterioramento della qualità del credito, che ha interessato in modo più intenso i prestiti erogati alle imprese rispetto a quelli delle famiglie. Per quanto riguarda il credito al consumo, nei primi tre trimestri del 2009 si è osservata una crescita di quasi 2 punti percentuali dell'incidenza del complesso delle partite anomale (sofferenze, incagli e crediti scaduti da oltre centottanta giorni) per i soggetti specializzati nel comparto (società dell'elenco speciale e banche); analogo trend ascendente si riscontra per la generalità degli intermediari.
Nel corso delle audizioni è stato quindi ricordato come, nell'esperienza italiana, la forma tecnica del credito al consumo ha rappresentato, unitamente a quelle dei mutui e finanziamenti di leasing, una delle più ricorrenti categorie di attivi cartolarizzati da banche e intermediari finanziari inclusi in gruppi bancari. La cartolarizzazione ha costituito un rilevante canale di finanziamento per intermediari che, a causa di vincoli normativi (le finanziarie previste dall'articolo


Pag. 15

107 del TUB) o di scelte strategiche (banche prive di una rete propria di sportelli), non possono raccogliere direttamente il risparmio fra il pubblico. Le operazioni della specie hanno generalmente avuto ad oggetto crediti, classificati in bonis, relativi a prestiti personali e prestiti finalizzati all'acquisto di beni di consumo; a differenza dei mercati anglosassoni, sono invece sostanzialmente assenti le più complesse cartolarizzazioni dei saldi attivi derivanti dall'utilizzo delle carte di credito.
Anche con riferimento alle operazioni di cartolarizzazione di crediti al consumo attualmente in essere, risultano confermati i segnali di deterioramento della qualità del credito sopra richiamati: al 30 giugno 2009 la quota di crediti cartolarizzati che presentano ritardi nei rimborsi rispetto alle previsioni del business plan, ovvero classificati come anomali, è pari, rispettivamente, al 2,8 e all'1,8 per cento degli asset residui, con una crescita di circa mezzo punto percentuale rispetto al 31 dicembre 2008.

2.2 Il quadro normativo nazionale e comunitario.

La disciplina giuridica del credito al consumo si rinviene nell'ambito di diverse fonti normative e regolamentari: il TUB, il codice del consumo di cui al decreto legislativo n. 206 del 2005, il codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003, le Istruzioni di Vigilanza della Banca d'Italia in materia di trasparenza dei servizi bancari e finanziari (14).
La revisione della normativa europea sul credito al consumo (Direttiva 87/102/CE), avviata dalla Commissione nel 2002, si è conclusa nell'aprile del 2008 con l'approvazione della nuova direttiva 2008/48/CE sul credito ai consumatori.
La direttiva, che dovrà essere recepita entro l'11 giugno 2010 sulla base della delega legislativa recata dall'articolo 33 della legge n. 88 del 2009 - legge comunitaria 2008 -, ha provveduto ad armonizzare le principali regole del credito ai consumatori, operando in termini di «completa trasparenza informativa» in tutte le fasi del rapporto, di introduzione di una necessaria verifica del merito di credito del consumatore, di congruità ed estensione della tempistica per esercitare il diritto di recesso, fissato ora in 14 giorni, di introduzione di una apposita formula per calcolare l'importo per la penale in caso di esercizio del diritto di estinzione anticipata da parte del consumatore.
La nuova direttiva prevede innanzitutto che le regole ivi recate dovranno essere applicate ai contratti di credito al consumo non inferiori ai 200 euro e non superiori ai 75.000 euro. È quindi esteso il campo di applicazione, ed elevata la soglia massima rispetto alla vigente disciplina nazionale, che fa invece riferimento a un importo minimo di 154,94 euro e un importo massimo di 30.987,41 euro.
La nuova «composizione» del TAEG, che rappresenta, in forma percentuale, «il costo totale del credito», permetterà al consumatore non solo di comparare le informazioni che riguardano i tassi annui


Pag. 16

effettivi globali in tutta la Comunità, ma lo renderà consapevole di tutti i costi, compresi gli interessi, le commissioni, le imposte e tutte le altre spese che dovrà pagare in relazione al contratto di credito (escluse le spese notarili). Il TAEG includerà anche i costi relativi a servizi accessori connessi con il contratto di credito, in particolare i premi assicurativi, se la conclusione di un contratto assicurativo è obbligatoria per ottenere il credito oppure per ottenerlo alle condizioni contrattuali offerte.
Le informazioni pre-contrattuali verranno rese mediante un modulo standard recante «Informazioni europee di base relative al credito ai consumatori» che comprende informazioni tarate anche sulla tipologia contrattuale (che vanno dal tasso debitore, al TAEG, al diritto di recesso o di estinzione anticipata, all'indirizzo geografico del creditore).
I mediatori creditizi che si interpongono tra il finanziatore e il consumatore dovranno indicare, sia nella pubblicità sia nei documenti destinati ai consumatori, l'ampiezza dei loro poteri, informare il consumatore del compenso da versare al mediatore stesso per i suoi servizi, e comunicare al creditore il compenso che il consumatore deve versare all'intermediario del credito per i suoi servizi, al fine del calcolo del tasso annuo effettivo globale.
La direttiva prevede quindi una maggiore «responsabilizzazione» dei mediatori del credito e degli agenti, laddove anche il legislatore italiano ha previsto, nella delega conferita al Governo in materia, un riordino della disciplina di tali soggetti al fine di assicurare la trasparenza e la professionalità del loro operato, attraverso l'innalzamento dei requisiti professionali e l'istituzione di appositi elenchi cui verranno iscritti gli agenti e i mediatori, gestiti da un organismo istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, vigilato dalla Banca d'Italia.
Un altro elemento di novità recato dalla direttiva riguarda l'obbligo posto in capo al creditore, prima di concludere il contratto di credito, di effettuare una valutazione del merito di credito del consumatore, sulla base anche della consultazione delle pertinenti banche dati (15).
Per quanto concerne il regime di attività dei soggetti, le disposizioni del TUB in materia prevedono riserve di attività a favore dei soggetti che possono erogare finanziamenti della specie ovvero interporsi nella loro commercializzazione (16).
Rientrano nella prima categoria le banche e gli intermediari finanziari iscritti negli elenchi previsti dagli articoli 106 e 107 del TUB. Il credito al consumo è consentito, altresì, ai venditori di beni e ai fornitori di servizi, ma solo nella forma della rateizzazione del prezzo. Possono, inoltre, intervenire nella commercializzazione del credito al consumo, a titolo professionale, gli agenti in attività finanziaria e i mediatori creditizi.


Pag. 17


Il TUB conferisce alla Banca d'Italia poteri di vigilanza nei confronti delle banche, dei gruppi bancari, delle società finanziarie iscritte nell'elenco speciale ex articolo 107 dello stesso TUB; tali poteri devono essere esercitati avendo riguardo alla sana e prudente gestione dei soggetti vigilati, alla stabilità complessiva, all'efficienza e alla competitività del sistema finanziario, all'osservanza della normativa in materia creditizia e finanziaria. Dal 1o gennaio 2008 l'Ufficio italiano dei cambi (UIC) è confluito nella Banca d'Italia. In virtù delle funzioni precedentemente esercitate dall'UIC, la Banca d'Italia ha assunto la gestione degli albi e degli elenchi relativi agli intermediari finanziari dell'elenco generale (ex articolo 106 del TUB), agli agenti in attività finanziaria (ex articolo 3 del decreto legislativo n. 374 del 1999), ai mediatori creditizi (ex articolo 16 della legge n. 108 del 1996). In tale ambito le competenze e i poteri della Banca sono attualmente circoscritti alla verifica dei requisiti per l'accesso al mercato e al rispetto delle normative di settore.
In questo quadro la direttiva 2007/64/CE, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, apporta al diritto interno significative novità su due particolari attività, quella di erogazione del credito e quella di prestazione di servizi di pagamento.
In primo luogo, la direttiva introduce una riserva di attività in materia di erogazione di servizi di pagamento a favore di nuova categoria di intermediari, gli «Istituti di Pagamento», e di altri operatori (banche, istituti di moneta elettronica - IMEL, Poste, Banca Centrale Europea e Banche Centrali nazionali, Stati membri e Autorità regionali o locali).
I nuovi intermediari potranno prestare vari servizi di pagamento - tra i quali l'emissione di carte di credito, anche con modalità revolving - e detenere conti intestati ai clienti (cosiddetti «conti di pagamento»), sui quali gli stessi potranno, tra l'altro, disporre operazioni di versamento o prelevamento, di pagamento tramite bonifico o addebito diretto.
L'altra riserva di attività, relativa all'erogazione del credito, è attribuita, dall'attuale quadro normativo, alle banche e agli intermediari del Titolo V del TUB. La direttiva introduce una rilevante novità anche in questa materia, in quanto concede agli Istituti di Pagamento la possibilità di erogare credito alla clientela di durata inferiore ai 12 mesi, purché in connessione con la prestazione di servizi di pagamento.
La novità per il mercato italiano è quindi rappresentata da questa nuova figura di intermediario, che potrà prestare servizi di pagamento, concedere credito come attività connessa, esercitare anche attività non finanziarie. Secondo la Banca d'Italia, manifestazioni di interesse a cogliere le opportunità offerte dalla nuova normativa europea sembrano provenire da operatori commerciali che dispongono di una rete diffusa di vendita o di un canale di contatto capillare con la clientela. Ad esempio, Ikea e Carrefour, pur essendo soggetti non bancari, potranno essere autorizzati a concedere linee di credito e carte di credito, purché strettamente connesse a servizi di pagamento e per un periodo non superiore a dodici mesi.
L'introduzione delle payment institutions modificherà dunque notevolmente la problematica del credito al consumo, in quanto


Pag. 18

attualmente le finanziarie che svolgono l'attività di credito al consumo sono controllate dalle banche, o di queste costituiscono filiazioni, mentre a regime, con la nascita degli istituti di pagamento, anche soggetti non puramente finanziari potranno interessarsi attivamente di credito al consumo in tutti i Paesi dell'Unione europea grazie alla possibilità offerta dalla direttiva (17): l'aspettativa è che la spinta concorrenziale possa determinare una riduzione dei costi a beneficio dell'utente finale.
Sul piano regolamentare, si segnalano taluni provvedimenti della Banca d'Italia di recente adozione: l'emanazione di nuove disposizioni in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari e di correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti, in data 29 luglio 2009; la revisione completa delle Istruzioni sulla rilevazione trimestrale dei «tassi effettivi globali medi» utilizzati per l'individuazione dei tassi soglia ai fini della normativa in materia di usura, in data 12 agosto 2009; l'avvio, in data 15 ottobre 2009, dell'Arbitro bancario finanziario, il nuovo sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie tra intermediari e clienti istituito ai sensi dell'articolo 128-bis del TUB.
In particolare, la nuova disciplina regolamentare di trasparenza, applicabile alla generalità dei prodotti bancari e finanziari offerti e non solo a quelli di credito al consumo, mira ad assicurare ai clienti un'informazione chiara e accessibile: a tal fine sono stati precisati anche criteri per la redazione e la presentazione dei documenti che devono essere espressi in un linguaggio semplice e chiaro.
Tale disciplina prevede che l'informazione deve garantire la comprensibilità dei costi connessi ai servizi offerti; la loro comparabilità con offerte provenienti da altri intermediari (l'uso di indicatori sintetici di costo per i conti correnti, ad esempio, agevolerà i clienti nel confrontare i costi delle diverse offerte disponibili sul mercato); l'immediatezza nella comprensione dei diritti che spettano ai clienti e dei modi con cui questi possono essere attivati, prevedendosi, a tal fine, l'obbligo di predisporre un documento generale illustrativo dei «Principali diritti del cliente» e guide pratiche standardizzate per spiegare ai clienti come scegliere il conto corrente e il mutuo.
Per quanto riguarda, poi, le norme in tema di protezione dei dati personali, è stato osservato (18) come, per il credito al consumo in senso proprio, la previsione relativa al codice di deontologia e buona condotta, contenuta nell'articolo 117 del codice in materia di protezione dei dati personali, abbia stabilito alcune regole, concernenti le modalità di raccolta del consenso degli interessati all'inserimento dei loro dati nei sistemi di informazione creditizia (SIC), i modi e i tempi di conservazione dei dati, cercando di ridurre e differenziare questi ultimi a seconda che si tratti di dati relativi a mancati pagamenti ovvero a pagamenti effettuati puntualmente (nei SIC sono conservati, infatti, anche i dati dei pagatori che hanno rispettato i propri obblighi). Il codice ha anche disciplinato il diritto di accesso degli


Pag. 19

interessati ai predetti dati, al fine di chiederne, eventualmente, la rettifica o la cancellazione qualora il SIC non vi abbia provveduto in maniera autonoma. È stato inoltre elaborato un modello unico di informativa, che ha messo ordine e reso più trasparente e comprensibile il rapporto fra i cittadini interessati e la struttura organizzativa antifrode.
Con riguardo, infine, al regime di responsabilità civile nel rapporto trilatero tra finanziatore, fornitore e consumatore, è stato osservato (19) come nel 2005 parte del previgente articolo 125 del TUB sia confluito, senza modifiche, nell'articolo 42 del codice del consumo, secondo cui, nei casi di inadempimento del fornitore di beni e servizi, il consumatore che abbia effettuato inutilmente la costituzione in mora ha il diritto di agire contro il finanziatore nei limiti del credito concesso, a condizione, tuttavia, che sia intervenuto un accordo che attribuisce al finanziatore l'esclusiva per la concessione di crediti ai clienti del fornitore. Deve esservi dunque un accordo, tra l'istituto finanziario e il fornitore, in base al quale tutti i clienti del secondo, per le operazioni di credito al consumo, dovranno rivolgersi esclusivamente al primo. Se ciò non si verifica, il consumatore non può proporre l'azione di responsabilità nei confronti del finanziatore.
Al riguardo è stato rilevato (20) come la direttiva evidenzi consistenti limiti rispetto al diritto interno soprattutto in punto di responsabilità del finanziatore per fattispecie di inadempimento del fornitore. Infatti, è possibile agire nei confronti del creditore soltanto dopo avere esperito inutilmente l'azione nei confronti del fornitore, e ove ricorra il presupposto della sussistenza di un «contratto di credito collegato». Stando alla relativa definizione, tale fattispecie è subordinata alla cumulativa ricorrenza di due requisiti: il credito deve servire «esclusivamente a finanziare un contratto relativo alla fornitura di merci specifiche e alla prestazione di servizi specifici»; i due contratti devono costituire oggettivamente un'unica operazione commerciale. Alcuni dei soggetti auditi hanno a tale riguardo auspicato che i singoli Stati membri utilizzino le deroghe consentite in materia dalla direttiva.

2.3 Il mercato del credito al consumo: gli operatori ed i prodotti.

Con riguardo all'offerta di credito al consumo, nel corso delle audizioni è stato evidenziato (21) come i principali protagonisti del mercato del credito al consumo dal lato dell'offerta siano le banche e le società finanziarie. Con riferimento alle prime è stato rilevato che esse si possono distinguere tra banche «generaliste» (che offrono il credito al consumo insieme ad una vasta gamma di servizi di finanziamento, investimento e pagamento) e «specializzate» (le quali pur dotate dello statuto di banca offrono solo servizi di credito al consumo). Finanziarie e banche non generaliste possono essere


Pag. 20

qualificate come «istituzioni finanziarie specializzate» (IFS), le quali detengono una quota di mercato pari a circa l'86 per cento del totale.
Il dato si spiega con il fatto che un rilevante numero di banche generaliste ha compiuto la scelta strategica di delegare l'attività di credito al consumo a società specializzate controllate (o delle quali detengono delle partecipazioni), creando divisioni autonome o banche specializzate, per segmento di clientela o per tipologia di prodotto. In effetti, con l'eccezione delle cosiddette «Finanziarie di marca» (o captives in quanto possedute dai costruttori automobilistici), gli operatori specializzati sono quasi totalmente riferibili al sistema bancario (italiano e internazionale), che ne detiene il controllo e che utilizza questa soluzione societaria ed organizzativa in quanto più adatta rispetto alle specificità di questo business.
A seguito di acquisizioni e fusioni che hanno caratterizzato il settore negli ultimi anni si rileva un aumento del grado di concentrazione del mercato: i primi cinque operatori detengono alla fine del 2008 una quota di mercato pari al 45 per cento.
Più in dettaglio, la struttura del mercato rilevante del credito al consumo è stata illustrata dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, secondo cui è possibile distinguere due tipologie di finanziamenti: il credito finalizzato all'acquisto di beni specifici (autoveicoli, motocicli, elettrodomestici, mobili) e il credito diretto, erogato nella forma di prestiti personali senza vincolo di destinazione, tramite carte di credito revolving e contro la cessione del quinto dello stipendio. Le due tipologie di credito al consumo - credito diretto e credito finalizzato - presentano differenze sostanziali in termini di rapporto tra domanda e offerta, servizio prestato, modalità di collocamento dei finanziamenti e relative condizioni commerciali, al punto che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha individuato due mercati rilevanti del prodotto distinti (22).
Il credito finalizzato, che costituisce la tipologia di credito al consumo più diffusa, in quanto rappresenta il 39 per cento del totale dei finanziamenti erogati, è generalmente ottenuto presso esercizi commerciali convenzionati (dealer) dalle imprese erogatrici, in forza di una specifica richiesta del cliente, o proposta del dealer, di poter effettuare il pagamento di un determinato bene/servizio a rate (canale indiretto). Il finanziamento è erogato direttamente al fornitore del bene o servizio; il rimborso del prestito avviene invece da parte del cliente.
Il ruolo centrale dei dealer nella distribuzione del credito finalizzato emerge chiaramente dall'analisi delle modalità distributive di tali servizi, le quali si caratterizzano per la predominanza del canale indiretto (dealer nella distribuzione) e per l'assoluta marginalità di altre forme distributive (sportello proprio o di altri, agenti e mediatori). Infatti, il peso del canale distributivo dei dealer è circa del 91 per cento per il credito auto e dell'86 per cento per gli altri beni e/o servizi.


Pag. 21


I margini di guadagno per i predetti dealer sono attualmente ridottissimi e l'unica loro vera fonte di guadagno è costituita, oggi, dalla vendita del finanziamento.
All'interno del mercato del credito finalizzato sono ricompresi finanziamenti per l'acquisto di beni/servizi diversi. In ragione del peso relativo dei due segmenti e della tipologia dei soggetti finanziatori, si possono distinguere almeno due importanti segmenti: i prestiti finalizzati all'acquisto di autoveicoli e i finanziamenti finalizzati ad altri acquisti. I prestiti per l'acquisto di autoveicoli, oltre a rappresentare la componente principale del credito finalizzato (circa il 78 per cento del totale credito finalizzato), si caratterizzano per una marcata presenza, da parte dell'offerta, di società di diretta emanazione delle case automobilistiche. Per contro, la quasi totalità degli operatori attivi nell'erogazione di altri prestiti finalizzati tendono ad essere le istituzioni finanziarie specializzate.
L'elemento peculiare del credito diretto è invece dato dal fatto che il finanziatore entra in contatto direttamente con il consumatore, instaurando così un rapporto «bilaterale», senza l'intervento di intermediari. Nell'operazione di finanziamento non sono coinvolti altri soggetti, ed il credito viene erogato presso le sedi o le filiali dell'ente erogante. Il cliente ottiene direttamente dall'istituto erogante la disponibilità di una somma di denaro con cui, successivamente, potrà finanziare qualsiasi tipo di spesa familiare o acquisto.
Nell'ambito del credito diretto i finanziamenti sono effettuati principalmente attraverso tre forme tecniche.
La prima consiste nei prestiti personali, finanziamenti concessi a fronte di esigenze economiche del cliente per fini generici non necessariamente specificati e quindi senza alcun vincolo di destinazione all'acquisto di beni o servizi specifici. Nel 2008, tale tipologia di finanziamento ha registrato un incremento del 12 per cento rispetto al 2007.
La seconda forma consiste nelle carte di credito cosiddette revolving, utilizzabili presso tutti i negozi convenzionati, alle quali è associata una linea di credito rotativa che consente di rateizzare i pagamenti. Il cliente si impegna a restituire gli importi utilizzati e gli interessi maturati rispettando l'importo della rata minima mensile stabilita in contratto.
Questa tipologia di finanziamento, collocata in misura significativa da mediatori e agenti in attività finanziaria, ha conosciuto nel 2008 un incremento del 7 per cento, è pari, complessivamente, in termini di stock, a circa 17,5 miliardi di euro, e rappresenta l'uno per cento del totale dell'indebitamento delle famiglie italiane. In Italia le carte di credito revolving rappresentano il 16 per cento del totale dei finanziamenti al consumo erogati, mentre in Francia raggiungono il 42 per cento, in Spagna il 49 per cento e in Gran Bretagna il 61 per cento.
La terza forma tecnica di credito diretto consiste nella cessione del quinto dello stipendio, nel caso di finanziamenti che prevedono come garanzia il reddito da lavoro dipendente prodotto oppure il TFR maturato.
Il prenditore, in questo caso, cede una quota fino a un quinto del proprio credito futuro, in termini di stipendio o pensione, a garanzia


Pag. 22

del rimborso delle rate dovute dall'intermediario cessionario. Si tratta di una forma di credito che, presentando particolari complessità nella fase di concessione, anche in relazione alle coperture assicurative richieste, viene erogata attraverso agenti in attività finanziaria e mediatori creditizi. Tali soggetti, infatti, per perfezionare l'operazione, devono adempiere una serie di formalità, sia presso il datore di lavoro del cliente sia presso l'INPS.
I prestiti contro la cessione del quinto rappresentano il 9 per cento dei flussi di credito al consumo, per un ammontare di consistenze stimabili in circa 9,8 miliardi di euro. Essi hanno conosciuto, nel 2008, un incremento vertiginoso, con un aumento delle entità finanziate del 40 per cento, anche grazie all'estensione di tale forma di credito ai dipendenti privati e ai pensionati ed all'ingresso sul mercato degli sportelli bancari.
Gli strumenti attraverso i quali si accede al credito al consumo non presentano, di per sé, caratteristiche tecnico-contrattuali tali da renderli intrinsecamente più complessi o diversi da altre tipologie di servizi bancari offerti alla clientela retail. Tuttavia, è stato osservato (23) come uno dei principali elementi di peculiarità che contraddistinguono il credito al consumo da altre forme di finanziamento sia rappresentato dalla «catena distributiva»; per tutte e quattro le forme tecniche analizzate (credito personale, credito finalizzato, cessione del quinto dello stipendio/pensione e carte di credito revolving) è infatti rilevante la distribuzione attraverso mediatori, agenti in attività finanziaria o rivenditori convenzionati, soprattutto per quanto riguarda gli intermediari finanziari o le banche specializzate, ossia quelle che non hanno sportelli.
L'utilizzo di soggetti terzi per la vendita di prodotti di credito al consumo modifica innanzitutto il profilo e la distribuzione dei costi commerciali. L'intervento dell'agente o del mediatore comporta il pagamento, da parte della banca o della finanziaria, ossia del soggetto che realizza il prodotto, di provvigioni il cui onere viene incluso nel tasso finale praticato al cliente. Ciò avviene senza che il cliente riesca a comprendere quanta parte del tasso finale remuneri il finanziamento e quanta, invece, corrisponda alla commissione pagata all'agente o al mediatore per il servizio di collocamento.
Distinguendo per canali distributivi, sebbene quello denominato «diretto sportello» sia in crescita, in quanto il rapporto diretto tra consumatore e banca ha sicuramente un costo inferiore, dovuto all'assenza della commissione che remunera l'attività di collocamento, i volumi erogati presso i rivenditori «convenzionati» rappresentano ancora la parte più consistente, ma la loro quota si posiziona per la prima volta al di sotto della metà (48 per cento) del totale erogato, 6 punti percentuali in meno rispetto al 2007 (54 per cento). Il peso degli «agenti» (12 per cento) e dello «sportello diretto proprio» (20 per cento) aumentano entrambi di un punto percentuale, mentre il canale «diretto sportello altri» risulta il più dinamico, con una quota (20 per cento) che guadagna 4 punti percentuali rispetto al 2007.


Pag. 23


In tale quadro l'utilizzo di tecniche di vendita incrociata di prodotti (cross selling) e di tecniche di vendita sempre più aggressive, ancorché formalmente corrette, nonché il forte orientamento degli operatori alla generazione di fatturato, a scapito, spesso, di una corretta relazione d'affari con il cliente, possono ampliare il problema della trasparenza e determinare critiche generalizzate sul mercato del credito al consumo da parte dell'opinione pubblica.
Nel corso degli ordinari controlli di vigilanza, ispettivi e cartolari, sono in particolare emerse:
diffuse anomalie nella catena distributiva, la cui lunghezza è spesso all'origine di una lievitazione dei costi di distribuzione, con aggravi di costi a carico del consumatore;
carenze nei controlli sulla rete;
mancato rispetto formale e sostanziale della disciplina in materia di trasparenza nonché delle normative di settore (ad esempio il decreto del Presidente della Repubblica n. 180 del 1950, in materia di cessione del quinto dello stipendio).

Al fine di incrementare la correttezza nelle relazioni tra intermediari e clienti, è stata emanata dalla Banca d'Italia una comunicazione destinata alla generalità degli operatori del settore della cessione del quinto, che intende richiamare l'attenzione sui principali profili di anomalia riscontrati. Prendendo spunto dalle irregolarità rilevate nell'azione di vigilanza, la Banca d'Italia ha richiesto agli operatori di astenersi dalle prassi anomale finora adottate, evitando comportamenti fraudolenti o comunque lesivi dell'utente - consumatore, e di rafforzare i presidi organizzativi in materia di controlli interni.
Più in generale, gli intermediari sono stati richiamati ad assicurare il pieno rispetto della disciplina sulla trasparenza delle condizioni contrattuali e sulla correttezza dei rapporti con la clientela.
La comunicazione ribadisce inoltre che, ai sensi delle disposizioni di vigilanza, è comunque il soggetto erogante a essere responsabile della complessiva attività di collocamento posta in essere dalla catena distributiva fino all'ultimo elemento di contatto con la clientela: ciò comporta per l'intermediario che eroga il credito l'obbligo di presidiare i rischi operativi e reputazionali insiti in comportamenti difformi o anomali posti in essere dalla catena distributiva. In tal senso, sono da evitare forme di remunerazione e valutazione degli addetti alla propria rete di vendita che costituiscano un incentivo a commercializzare prodotti non adeguati rispetto alle esigenze finanziarie dei clienti.
L'indagine conoscitiva si è quindi focalizzata sulle problematiche attinenti alla disciplina dei mediatori creditizi e, in generale, dei terzi che si interpongono nell'erogazione del credito al consumo.
A tale riguardo è stato innanzitutto evidenziato come in Italia siano presenti circa 180.000 mediatori creditizi ed agenti in attività


Pag. 24

finanziaria, circa 1.100 società finanziarie iscritte negli elenchi di cui agli articoli 106 e 107 del TUB e oltre 400 banche che operano nel settore.
A tale panorama si aggiungono i rivenditori convenzionati, i quali hanno un potere contrattuale molto forte rispetto alle banche/intermediari finanziari, in quanto la grande distribuzione è molto più concentrata, facendo capo nella maggior parte dei casi a grandi gruppi esteri, e riescono pertanto ad ottenere commissioni significative per il collocamento dei prestiti finalizzati in funzione della tipologia di bene il cui acquisto è finanziato.
In tale contesto il tema della vigilanza sui mediatori creditizi e gli altri intermediari risulta particolarmente complesso a causa della consistenza numerica della categoria e soprattutto in quanto si tratta di persone fisiche.
Mentre infatti gli intermediari finanziari di maggiori dimensioni operanti nel settore del credito al consumo, iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 107 del TUB, che sono circa 35, sono stati sottoposti ad una vigilanza regolare da parte della Banca d'Italia, la quale ha concentrato circa il 70-80 per cento delle ispezioni eseguite negli ultimi due anni proprio sulle società finanziarie ex articolo 107 attive nel credito al consumo, sugli intermediari minori, ma più numerosi, iscritti nell'elenco di cui all'articolo 106 del TUB, tenuto dall'Ufficio italiano dei cambi, nonché sui circa 180.000 agenti in attività finanziaria e mediatori creditizi, non si è avuto alcun tipo di vigilanza effettiva.
Il problema sottolineato da molti soggetti auditi è che, a fronte di tale elevatissimo numero complessivo di operatori del credito al consumo, gli strumenti in dotazione all'Autorità di vigilanza sono praticamente inesistenti. L'iscrizione in un albo, ovvero in un elenco, che, pur essendo tenuto dalla Banca d'Italia non comporta l'assoggettamento alla vigilanza dell'Istituto di via Nazionale, è un attributo non soltanto minimale, ma poco più che formale: può iscriversi chiunque abbia un titolo di istruzione superiore e requisiti di onorabilità minimi, per di più senza dover dare alcuna prova di preparazione professionale e senza fornire alcuna garanzia patrimoniale.
Nel corso delle audizioni è stato inoltre evidenziato il problema legato alla necessità di distinguere meglio i mediatori creditizi, iscritti in un apposito albo, dagli agenti in attività finanziaria, inseriti in un distinto elenco. La differenza tra tali categorie risiede nel fatto che i primi non sono legati alle parti che mettono in contatto da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza, e dovrebbero quindi proporre i prodotti che più si attagliano alle esigenze del cliente, mentre i secondi operano, non necessariamente in esclusiva, su mandato delle società finanziarie.
Si è inoltre osservato come nel sistema del credito stia emergendo un ulteriore categoria di mediatori creditizi: quella del mediatore creditizio cui le banche danno un mandato in esclusiva per il recupero dei crediti. Si tratta di una figura innovativa ed ibrida, che porta alcuni mediatori creditizi, i quali dovrebbero mantenere una posizione


Pag. 25

di indipendenza nei confronti degli istituti bancari soggetti, ad assumere da questi ultimi incarichi in esclusiva ad effettuare mediazioni e transazioni su sofferenze e crediti pregressi.

2.4. La tutela dei consumatori.

Con riferimento a tale complessa problematica, è stato innanzitutto evidenziato (24) come, nell'ambito delle tre discipline di settore - il TUB per il settore bancario, il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998 (TUF) per i mercati mobiliari e il codice delle assicurazioni di cui al decreto legislativo n. 209 del 2005 per il mercato assicurativo -, mentre le attività di vigilanza della Consob e dell'ISVAP siano espressamente indirizzate, rispettivamente, alla tutela dell'investitore e del consumatore, l'articolo 5 del TUB, nel fissare le finalità della vigilanza, faccia riferimento alla sana e prudente gestione dei soggetti vigilati, alla stabilità complessiva, all'efficienza e alla competitività del sistema finanziario, senza fare alcuna menzione della tutela del consumatore. A tale proposito è stata sottolineata l'esigenza di stabilire, anche per il settore bancario e creditizio, che la tutela del consumatore costituisce una delle finalità della vigilanza.
In tale contesto alcuni soggetti ascoltati in audizione hanno suggerito che la concorrenza per la tutela del consumatore dovrebbe essere intesa, come nella riforma del Titolo V della Costituzione, quale concorrenza dinamica, atta a promuovere la parità di condizioni di partenza per quel che riguarda l'accesso al mercato, nonché a consentire l'eliminazione di rendite ed ultraprofitti.
Se si ipotizza che tale concetto di concorrenza dinamica sia sussunto nell'ambito della competitività - di cui il TUB fa tuttora menzione, nonostante la legge n. 262 del 2005 (cosiddetta legge sul risparmio) abbia sottratto qualsiasi potere in materia di concorrenza alla Banca d'Italia -, allora si può ritenere che anche la relativa funzione di tutela possa essere svolta dalla Banca centrale. Se, invece, si opina che il riferimento alla competitività contenuto nell'articolo 5 del TUB non costituisca un paradigma normativo sufficiente a garantire questo tipo di risultato, occorre individuare un'autorità pubblica che sia istituzionalmente deputata allo svolgimento della specifica funzione di tutela.
Per quanto riguarda la trasparenza e la correttezza dell'informazione da fornire al consumatore, si è rilevato (25) come il lato più carente sia quello dell'informativa precontrattuale, ed è stato evidenziato come l'illustrazione delle caratteristiche del bene da acquistare sia spesso più dettagliata rispetto a quella concernente le caratteristiche del contratto di credito che il consumatore dovrebbe sottoscrivere: quest'ultima informazione viene infatti fornita in maniera frettolosa, in molti casi dagli stessi addetti alla vendita, i quali conoscono le caratteristiche del bene venduto, ma non quelle del credito al consumo e magari ignorano anche la distinzione tra TAN e TAEG.


Pag. 26


Con riferimento specifico alle carte revolving, è stato rilevato come il consumatore spesso non sia messo nelle condizioni di capire, innanzitutto a livello contrattuale, le caratteristiche, di per sé complesse, del prodotto. Collegata a tale questione è quella legata all'utilizzo della tecnica del pushing, che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha sanzionato in quanto pratica commerciale scorretta. Spesso, infatti, l'operatore finanziario invia al domicilio del consumatore una carta revolving non richiesta, in base a informazioni contenute in contratti di credito al consumo precedentemente stipulati. Si tratta, dunque, di un prodotto che arriva nelle mani dell'inconsapevole consumatore per soddisfare un bisogno che questi non ha avvertito, ma che l'operatore finanziario tenta ingannevolmente di creare.
In altri casi le carte revolving sono mascherate da carte fidelity (sulle quali vengono accreditati punti che danno diritto a premi), che, se utilizzate per accedere a rateizzazioni nei centri commerciali affiliati, hanno costi contenuti, ma che, nel caso di utilizzo in catene diverse, hanno costi esorbitanti.
Un ulteriore problema segnalato è quello delle polizze assicurative sottoscritte insieme al credito al consumo, spesso necessarie per accedere al credito, ma il cui costo era finora escluso dal calcolo del TAEG.
In tale quadro molto critico è stato peraltro evidenziato come la cultura della disclosure e della trasparenza delle informazioni, nata e sviluppatasi soprattutto nell'area della prestazione dei servizi di investimento, si stia trasferendo anche nel settore dell'erogazione del credito. In questo senso, un passo fondamentale sarebbe stato compiuto con le istruzioni emanate dalla Banca d'Italia nell'esercizio della funzione di vigilanza, improntate anche a criteri di proporzionalità e di semplificazione dell'informazione fornita.
In tali istruzioni effettivamente si richiede che la documentazione di trasparenza sia formulata in modo che le informazioni da trasmettere alla clientela siano accessibili e il più possibile comprensibili, anche mediante l'adozione di accorgimenti grafici che ne agevolino la lettura, e che l'intermediario calibri la semplicità sintattica e la chiarezza lessicale della documentazione informativa anche «sul livello di alfabetizzazione della clientela a cui il prodotto è destinato».
Le istruzioni prevedono inoltre che, nell'ambito della prestazione dei propri servizi, l'intermediario adotti le misure di carattere organizzativo in grado di assicurare che siano rispettate le prescrizioni in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali, e che il collocamento del prodotto al cliente avvenga quando questi abbia avuto la possibilità di effettuare un'adeguata valutazione di ciò che si appresta ad acquistare.
Con riguardo all'andamento dei tassi di interesse applicati sui prodotti del credito al consumo, secondo l'Autorità di vigilanza bancaria, il costo del credito al consumo in Italia, che si attesta attorno al 10 per cento, è più alto di circa un punto percentuale rispetto all'area dell'euro.
Tale divario si ricollegherebbe a varie ragioni, una delle quali è data dal fatto che i soggetti che operano nel settore del credito al


Pag. 27

consumo sono soprattutto le finanziarie (26). Infatti, alla metà del 2009 i tassi praticati dalle società finanziarie dell'elenco speciale di cui all'articolo 107 del TUB risultavano mediamente più elevati rispetto a quelli delle banche nelle categorie dei prestiti personali (2 punti) e degli acquisti rateali (1 punto). Tale differenziale sarebbe dovuto in primo luogo al rilevante ricorso a canali distributivi esterni (nei primi tre trimestri del 2009 attraverso esercizi commerciali convenzionati, sportelli bancari, mediatori creditizi e agenti in attività finanziaria è stato complessivamente stipulato il 70 per cento dei nuovi finanziamenti erogati), nonché ai maggiori costi nel reperimento di fondi, in quanto le società finanziarie non possono raccogliere risparmio tra il pubblico, dovendosi finanziarie presso le banche, e al tipo di clientela mediamente più rischiosa.
Più in dettaglio, sulla base delle informazioni raccolte ai sensi della legge n. 108 del 1996, recante disposizioni in materia di usura, alla metà del 2009 i tassi di interesse medi praticati dalle banche e dalle società dell'elenco speciale per le diverse forme tecniche di credito al consumo si posizionavano su livelli elevati in tutte le categorie. In particolare, i tassi più alti si riscontrano nell'utilizzo di carte di credito revolving (oltre il 17 per cento); seguono il credito finalizzato (poco meno del 12 per cento), i prestiti personali (11 per cento) e la cessione del quinto (con un tasso del 9 per cento che, peraltro, non include le spese per le polizze assicurative, computate a partire dal terzo trimestre 2009).
Passando ad alcuni esempi, si è osservato come un finanziamento da 300 euro (ad esempio, per l'acquisto di un telefonino), da rimborsare in sei rate mensili, con 5 euro di spese per l'apertura della pratica e con un TAN del 9 per cento, senza considerare i costi di invio della comunicazione prevista dalla disciplina di trasparenza e per l'incasso della rata, che sono costi operativi, comporta il pagamento di una rata di 52,18 euro. Il montante del finanziamento sarà pari a 313 euro, mentre il ricavo sarà di 13 euro, con i quali il finanziatore dovrà pagare il costo del denaro, i costi operativi, le spese di stampa del contratto e quelle di spedizione. Il TAG per questa operazione è del 15,81 per cento.
Per quanto riguarda, invece, i mutui residenziali, secondo le rilevazioni armonizzate i tassi medi praticati in Italia, paragonati agli altri Paesi dell'area dell'euro, risultano complessivamente allineati per i mutui a tasso variabile, mentre per i mutui a tasso fisso si registra un divario rispetto all'area dell'euro (27).
Un altro aspetto sottolineato relativamente al tema dei costi riguarda l'elevata rigidità nei tassi di interesse praticati e la bassa reattività che gli oneri del credito al consumo mostrano rispetto al movimento dei tassi della politica monetaria e del costo del funding interbancario. Il livello a cui si attestano oggi non è infatti molto diverso da quello osservato prima che si manifestassero, nell'estate del 2007, le prime tensioni finanziarie, allorquando i tassi di policy (tasso


Pag. 28

sulle operazioni di rifinanziamento principale dell'Eurosistema) erano decisamente più elevati (4 per cento rispetto all'attuale 1 per cento).
Sempre con riguardo al livello dei tassi, l'Autorità di vigilanza bancaria ha ricordato (28) le nuove Istruzioni sulla rilevazione trimestrale dei tassi effettivi globali medi utilizzati per l'individuazione dei tassi soglia ai fini della normativa in materia di usura, emanate anche a seguito degli interventi legislativi in tema di commissione di massimo scoperto e di costi dei conti correnti.
Obiettivo delle nuove istruzioni è quello di includere nei tassi medi rilevati tutti gli oneri a carico del cliente. Vengono, quindi, comprese alcune spese sinora non considerate, tra cui la commissione di massimo scoperto nei casi in cui sia ancora applicata, le commissioni per la messa a disposizione di fondi, le spese di assicurazione obbligatorie e i costi di mediazione sostenuti dal cliente. Rimangono esclusi alcuni oneri ritenuti non collegati all'erogazione del credito, tra cui le assicurazioni accessorie, le spese di gestione dei conti non a servizio esclusivo del finanziamento e i costi delle operazioni di pagamento. Ne consegue che costi che in passato non trovavano alcun limite dovranno essere ora contenuti nei tetti stabiliti dalla legge e sottoposti a valutazione in caso di sospetto di tassi usurari.
La prima rilevazione basata sulle nuove regole si è chiusa a fine ottobre, con riferimento ai tassi applicati alla clientela nel periodo luglio/settembre 2009; i tassi soglia risultanti saranno in vigore a partire dal 1o gennaio 2010.
L'Autorità di vigilanza bancaria ha segnalato, al riguardo, che è ipotizzabile un fisiologico incremento del tasso effettivo globale medio per quelle categorie nelle quali sono rilevanti i costi in precedenza esclusi dal calcolo (ad esempio la commissione di massimo scoperto, nel caso degli affidamenti in conto corrente, ovvero le spese assicurative, nella cessione del quinto dello stipendio). Tuttavia, i tassi soglia saranno più rappresentativi delle condizioni economiche applicate alla clientela e ciò consentirà, da un lato, di contrastare prassi elusive delle soglie antiusura, e, dall'altro, di contenere l'entità dei costi accessori.
Secondo l'Autorità di vigilanza bancaria, è cruciale che queste misure siano accompagnate da interventi che accrescano la concorrenza nei diversi segmenti del mercato del credito al consumo. Con lo sviluppo della concorrenza non sarà più possibile utilizzare il tasso usurario come benchmark da cui muovere «a ritroso» per la fissazione del costo del credito.
Con riguardo alla vicenda delle banche che chiedono di sottoscrivere un'assicurazione a garanzia dei mutui, è stato rilevato (29) come l'Autorità di vigilanza bancaria abbia emanato una comunicazione, indirizzata a tutti gli intermediari bancari e finanziari, nella quale vi è un esplicito riferimento alla questione delle assicurazioni nei finanziamenti contro cessione del quinto dello stipendio o della pensione, ricordando agli intermediari l'esigenza che l'assicurazione richiesta sia consona alle esigenze finanziarie del consumatore.


Pag. 29


Per quanto concerne l'esercizio delle competenze in materia di pratiche commerciali scorrette, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (30) ha rilevato di aver concluso nel 2008 e 2009 circa quaranta procedimenti istruttori nei confronti di operatori del settore del credito al consumo, con riferimento a messaggi pubblicitari diffusi a mezzo stampa e volantini pubblicitari. In particolare, l'Autorità è stata chiamata a valutare la corretta indicazione degli elementi essenziali da cui poter ricavare le condizioni economiche di erogazione dei finanziamenti e l'incidenza delle voci che contribuiscono alla determinazione dei costi complessivi degli stessi.
In alcuni casi l'Autorità ha rilevato come il TAEG non fosse in alcun modo reso esplicito; in altri, lo stesso era indicato attraverso una forbice di valori, dove il limite massimo era quantificato con espressioni quali «max entro i limiti di legge», che l'Autorità ha ritenuto troppo generiche e non atte a consentire al consumatore di calcolare esattamente i costi complessivi del finanziamento.
L'attività istruttoria dell'Autorità ha consentito, inoltre, di accertare l'ingannevolezza di alcuni messaggi da parte di operatori che non erogavano direttamente i finanziamenti, come invece i messaggi lasciavano credere, ma erano abilitati a svolgere soltanto attività di «mediazione creditizia».
L'Autorità ha altresì valutato come scorretta la pratica, adottata da più operatori, consistente nella conclusione di contratti di finanziamento al consumo finalizzato, senza che fosse impartita un'informazione adeguata ai consumatori sulla circostanza che l'importo del finanziamento richiesto sarebbe stato addebitato su una linea di credito contestualmente aperta, utilizzabile mediante emissione di una carta revolving, per la quale erano previsti oneri economici aggiuntivi rispetto all'ordinario credito finalizzato (emissione e invio estratto conto, quota associativa). Parimenti, è stata stigmatizzata la conclusione di contratti di finanziamento finalizzato all'acquisto di determinati prodotti senza informare adeguatamente i consumatori che la sottoscrizione del contratto avrebbe determinato contestualmente la richiesta di concessione di una linea di credito a tempo indeterminato, utilizzabile mediante carta revolving, e senza aver preventivamente acquisito, in modo chiaro ed inequivocabile, il consenso del consumatore all'apertura della linea di credito stessa. Ancora, è stato evidenziato negativamente il fenomeno relativo alla commercializzazione di carte senza che ne fosse indicata chiaramente la natura revolving, o di carte di credito «sponsorizzate» da importanti società non finanziarie, di cui non era chiarita la natura duplice di carta fedeltà e revolving.
Per quanto riguarda il funzionamento delle banche dati utilizzate dalle banche e dagli altri operatori in sede di erogazione del credito al consumo, è stato rilevato come esse siano costituite dai cosiddetti SIC (sistemi di informazione creditizia), attraverso i quali gli operatori finanziari si scambiano le informazioni positive e negative relative agli affidamenti e ai pagamenti della clientela (31). I sistemi di informazione


Pag. 30

creditizia permettono al consumatore di far valere il proprio comportamento passato, evidenziando se ha pagato regolarmente i debiti contratti ovvero se è incorso, eventualmente, in mancati pagamenti. L'attività dei SIC è disciplinata dal codice di deontologia e di buona condotta per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati, alla cui sottoscrizione le associazioni rappresentative delle banche e delle società finanziarie e varie associazioni di consumatori sono addivenute sulla base dell'attività di promozione demandata al Garante della privacy dall'articolo 117 del codice in materia di protezione dei dati personali. In Italia, i SIC detengono informazioni concernenti i rapporti di credito in relazione ai quali il consumatore o la piccola e media azienda hanno preventivamente prestato il consenso al trattamento dei loro dati personali. Si tratta, dunque, di sistemi informativi diversi dai registri dei protesti o da altre banche dati: i SIC si occupano esclusivamente di rapporti di credito.
A tale proposito è stato evidenziato come l'informazione fornita dal SIC dovrebbe essere di supporto alla decisione finale della banca, segnatamente del responsabile dell'analisi del credito, il quale dovrebbe effettuare una valutazione complessiva di tutti i dati disponibili. Accade, invece, che la segnalazione, da parte del SIC, di finanziamenti non in regola a nome del soggetto che ha richiesto un prestito, diventi un impedimento pregiudiziale.
In tale contesto è stato anche evidenziato come negli ultimi anni l'interrogazione alle banche dati dei SIC sia stata arricchita dalla richiesta di una valutazione finale sul rischio di credito associato al cliente: basso, medio, alto o altissimo, la quale costituisce tuttavia una forzatura non autorizzata, che potrebbe comportare un richiamo scritto per il dipendente della banca che la proponesse anche soltanto in via derogatoria.

2.5. I fenomeni di frode.

In relazione al fenomeno delle frodi, nel corso delle audizioni è stato evidenziato come i dati della Guardia di finanza, la quale svolge in materia anche un'attività di analisi e studio, indichino che nel settore del credito al consumo sono stati registrati, nel 2008, circa 25.000 casi di operazioni di finanziamento fraudolente, per un importo di circa 145 milioni di euro (32); nel 2007 erano stati rilevati dall'osservatorio CRIF 22.500 frodi, per un valore di 112 milioni di euro.
Tali frodi hanno in larga parte ad oggetto prestiti finalizzati, ma riguardano anche la sottrazione e clonazione delle carte di credito.
Le regioni in cui si è osservata una maggiore crescita del fenomeno, legata soprattutto ai furti di identità, sono state la Lombardia, il Veneto, il Piemonte e la Toscana (nella quale vi è stata una crescita di quasi il 50 per cento). Un fenomeno preoccupante, e che si è sicuramente accentuato, è rappresentato dalle cosiddette frodi mediante appropriazione dell'identità altrui (cosiddetta «impersonificazione»),


Pag. 31

non legate alle carte di credito, ma realizzate da chi riesce ad impossessarsi indebitamente degli estremi identificativi di un soggetto (dati anagrafici, codice fiscale, dati previdenziali). La persona in questione, senza neanche saperlo, si trova ad aver contratto un prestito che non ha mai chiesto, ovvero ad avere problemi con le banche o con le società finanziarie.
A tale proposito è stato sottolineato come l'ampio ricorso, nell'erogazione del credito al consumo che si sviluppa tramite le organizzazioni commerciali, a procedure altamente informatizzate, abbia reso particolarmente appetibile, per organizzazioni criminali o singoli soggetti, la perpetrazione di operazioni fraudolente effettuate mediante impossessamento dell'identità di altri soggetti, che possono comportare frodi anche ai danni delle società erogatrici del credito al consumo (33).
Il fenomeno delle frodi ha un impatto non solo sull'industria bancaria, ma anche sui consumatori, i quali non subiscono soltanto ripercussioni di natura psicologica, ma anche danni economici ingenti, riconducibili a due categorie (34).
L'utilizzo fraudolento di dati personali, infatti, può comportare, per la vittima del furto di identità, l'impossibilità di accedere al credito, per effetto della segnalazione come cattivo pagatore nei sistemi di informazione creditizia, nonché oneri significativi in termini economici e di tempo per ottenere l'accertamento della frode e il ripristino della propria posizione. Nel Regno Unito, la Credit industry fraud avoidance system ha calcolato che un individuo vittima di un furto di identità impiega mediamente 400 ore per difendersi.
Al riguardo si è osservato (35) come un'analisi più approfondita dei fenomeni di frode e dei possibili strumenti di contrasto riveli la presenza di talune questioni.
Da un lato, se si immaginassero centrali rischi estremamente raffinate, la cui attività si estendesse fino alla profilazione del singolo soggetto, si farebbe venir meno il rischio di impresa e, per certi versi, persino alcuni elementi necessari di alcuni tipi di contratti. D'altra parte, il problema può esistere in alcuni ambiti in cui il cosiddetto cattivo pagatore ha la possibilità di cambiare più volte il fornitore, continuando ad avvantaggiarsi del servizio anche se moroso nei pagamenti.
A tale riguardo è stata rilevata la mancanza di una base normativa che consenta la costituzione di sistemi antifrode dedicati, anche diversi dalle centrali rischi e anche limitati ad alcuni operatori, ed è stata segnalata l'esigenza di considerare che la registrazione nell'archivio di un sistema antifrodi può determinare l'esclusione del predetto soggetto dall'accesso al servizio, per un periodo più o meno prolungato.


Pag. 32


Inoltre, è stato evidenziato come l'utilizzazione di dati personali per le indicate finalità deve essere effettuata con modalità tali da evitare l'acquisizione di informazioni non pertinenti, atte a rivelare comportamenti o preferenze che nulla hanno a che vedere con il rapporto creditizio o debitorio.
Nel corso dell'indagine sono state quindi fornite alcune valutazioni in merito alla proposta di legge C. 2699, approvata dal Senato, recante «Disposizioni di contrasto al furto d'identità e in materia di prevenzione delle frodi nel settore del credito al consumo, dei pagamenti dilazionati o differiti e nel settore assicurativo».
Al riguardo si è innanzitutto segnalato come l'istituzione con legge, anziché con regolamento ministeriale, di una struttura antifrode interna al Ministero dell'economia e delle finanze rischi di creare un'articolazione rigida, mentre il trend istituzionale è da tempo orientato a rendere fluide e modificabili le strutture amministrative, in conformità a un modello secondo il quale il legislatore attribuisce la missione e ogni amministrazione si organizza come meglio ritiene. In questo caso, invece, il legislatore indicherebbe come deve essere realizzata la struttura.
Inoltre il sistema di prevenzione delineato dalla proposta di legge prevede la potenziale acquisizione di una grande massa di informazioni, laddove da più parti si era suggerito di stabilire che si utilizzassero i dati presenti nelle banche dati già esistenti, evitando di crearne una nuova.
Un'ulteriore criticità è segnalata nel fatto che risultano molto ampie le categorie di dati utilizzabili e di soggetti che possono accedere al sistema di prevenzione delle frodi, alcuni dei quali hanno poco a che fare con il credito al consumo e aprono la via ad una diversa platea di interessati, tra cui i fornitori di servizi.
L'Autorità Garante per la protezione dei dati personali ha altresì stigmatizzato il fatto che il provvedimento rimetta al Ministero dell'economia e delle finanze, ossia a un settore dell'amministrazione, un aspetto molto delicato sotto il profilo della tutela della privacy, quale l'individuazione di ogni altro dato idoneo al perseguimento delle finalità del provvedimento.
Con riferimento, infine, al sistema di prevenzione delle frodi nel settore assicurativo, di cui all'articolo 7 della proposta di legge, si è osservato come la norma non sia omogenea rispetto alla restante parte del provvedimento, che affronta il diverso tema della prevenzione delle frodi legate al furto di identità.

3. CONSIDERAZIONI FINALI E PROPOSTE.

3.1 Il credito al consumo nel contesto della crisi economico - finanziaria mondiale.

Il credito al consumo è uno strumento che riveste un ruolo centrale in tutte le economie avanzate e svolge finalità altamente positive, rappresentando un importante canale di finanziamento, attraverso il quale la domanda di beni, soprattutto di natura durevole e di servizi, può essere soddisfatta oltre il limite di reddito del


Pag. 33

richiedente, mediante il differimento temporale del pagamento. Esso costituisce un mezzo molto utile per sostenere i consumatori in occasione di esigenze di spesa in specifici momenti della loro vita, anticipando razionalmente i redditi attesi futuri e consentendo di assumere alcune autonome scelte di vita, quali, tipicamente, l'acquisto della casa di abitazione, a prescindere dalla dipendenza dai legami familiari. In alcuni settori il credito al consumo rappresenta del resto un elemento essenziale: è il caso del mercato automobilistico, in cui l'84 per cento delle compravendite di auto da parte di privati, è finanziato attraverso tale strumento.
Inoltre, a fronte del restringersi delle risorse pubbliche tradizionalmente destinate ad importanti prestazioni sociali, causato dalle ingenti dimensioni del debito pubblico (in alcuni Paesi aggravato dalle misure di salvataggio degli intermediari finanziari rese necessarie dalla recente crisi), l'istituto del credito al consumo, se adeguatamente disciplinato, può rappresentare uno strumento prezioso per soddisfare bisogni primari (salute, cure sanitarie, istruzione) - altrimenti destinati a rimanere inevasi per le fasce di popolazione economicamente più deboli, oltre a costituire, in misura circoscritta, uno strumento anticiclico, sostenendo i consumi, e, dunque, l'economia nel suo complesso, nelle fasi di stagnazione o recessione.
Fatte tali premesse, occorre sottolineare come il tema del credito al consumo ha assunto negli ultimi anni rilievo centrale sotto un duplice profilo: da un lato, in ragione del fatto che molte economie avanzate, soprattutto nei paesi anglosassoni, hanno legato buona parte del proprio sviluppo all'utilizzo sempre più ampio, in particolare a partire dai primi anni novanta, di tale strumento per incrementare il livello dei consumi e sostenere la crescita del PIL; dall'altro, in considerazione del ruolo che il credito al consumo, e le sue distorsioni, hanno avuto nel determinare, dalla seconda metà del 2008, la crisi dei mutui immobiliare negli Stati Uniti e la conseguente esplosione di una crisi finanziaria ed economica di proporzioni globali.
In effetti, la recente crisi finanziaria si è manifestata proprio a partire dal settore del credito, investendo, in progressione, il mercato dei mutui subprime, quello dei titoli derivanti dalla trasformazione dei mutui ipotecari, il mercato interbancario e, a seguire, quello dei titoli azionari ed obbligazionari, sino ad arrivare ai derivati del credito, in una catena di circolarità i cui effetti si sono riverberati, e si riverberano tuttora, sull'economia reale.
Un'analisi attenta del settore del credito al consumo può dunque costituire un esercizio assai utile per individuare una serie di elementi di criticità insiti nel comparto creditizio e negli stessi modelli di sviluppo invalsi negli ultimi venti anni, nonché per individuare proposte che possano consentire di superarli.
Senza entrare nel merito delle vicende complessive della crisi, occorre evidenziare, quanto meno per inquadrare il tema, come alcuni degli elementi che sono alla base della bolla finanziaria statunitense si siano registrati, sia pure in misura molto minore, anche in Italia.
Anche in Italia si è assistito, all'incirca fino al 2007, ad un progressivo ampliamento della disponibilità del sistema creditizio a


Pag. 34

concedere prestiti e mutui, ad esempio allungando la durata dei finanziamenti, allargando le categorie di lavoratori che possono accedervi, incrementando la percentuale di finanziamento erogato rispetto al valore del bene prestato in garanzia.
Tale evoluzione, che in parte è legata ad un andamento dei tassi di interesse favorevole per una lunga fase, ed all'esigenza, socialmente e politicamente comprensibile, di favorire l'accesso a taluni beni primari, quali la casa, anche a fasce di popolazione che in precedenza ne erano escluse (si pensi, ad esempio, ai soggetti extracomunitari) ha avuto l'effetto di indurre l'erogazione di finanziamenti anche a persone che probabilmente non disponevano di un livello di reddito adeguato a sostenerne gli oneri.
Ciò si è accompagnato all'offerta sul mercato di contratti di finanziamento sempre più complessi (che ad esempio presentano un profilo di rimborso molto articolato, o indicizzati a tassi compositi o derivati), che rendono difficile per il consumatore medio valutarne l'effettiva convenienza.
Più gravi risultano i fenomeni, richiamati nel corso dell'indagine, di sostanziale violazione della disciplina in materia creditizia, quali, ad esempio, l'erogazione di mutui immobiliari di ammontare superiore allo stesso prezzo di acquisto dell'immobile.
Al di là delle eventuali irregolarità che possono in alcuni casi essersi verificate, è fondato ritenere che la mutazione dei modelli finanziari e delle politiche industriali delle banche (che sono rapidamente passate da un modello basato sull'assunzione e sulla gestione in proprio del rischio, cosiddetto «originate and hold», a un modello in cui all'assunzione dei rischi faceva seguito la loro distribuzione presso investitori e risparmiatori, cosiddetto «originate and distribute»), l'accresciuto interesse delle banche stesse a collocare sul mercato prodotti creditizi, anche a causa dell'utilizzo indiscriminato dell'istituto delle cartolarizzazioni dei crediti, nonché gli interessi di molte categorie coinvolte nella stipula dei contratti di finanziamento, abbia finito per appannare la capacità complessiva del sistema di valutare il rischio. Capacità, quest'ultima, che il sistema bancario italiano ha tradizionalmente sempre mostrato, anche grazie ad un forte radicamento sul territorio che, forse, è stato in parte smarrito per effetto delle grandi concentrazioni realizzate a partire dagli anni Novanta.
Tali circostanze, unitamente alla scarsa consapevolezza, da parte dei consumatori, sui costi reali e complessivi del finanziamento, hanno contribuito a violare alcune regole di equilibrio economico nel settore del credito, ponendo sulle spalle dei debitori oneri insopportabili, in quanto in alcuni casi largamente superiori al 50 per cento del reddito disponibile, favorendo inoltre la proliferazione sul mercato di asset finanziari di dubbia o scarsa qualità.
Tali distorsioni hanno ovviamente riguardato anche il settore specifico del credito al consumo.
Infatti, dal momento in cui è esplosa negli USA la bolla dei mutui, cui sono collegate, prima, la crisi finanziaria, e, poi, quella economica, si è assistito, nel 2008, dopo anni di crescita molto intensa, ad una forte flessione nell'erogazione dei finanziamenti in Italia: i mutui hanno registrato un tasso di crescita negativo del 14 per cento, ed un


Pag. 35

andamento sostanzialmente non favorevole si è evidenziato anche negli altri comparti del credito al consumo, che ha anch'esso conosciuto una stasi nel 2008 ed una contrazione significativa nel 2009.
In particolare si è assistito ad un forte calo dei finanziamenti finalizzati - soprattutto per quanto riguarda il segmento dell'auto, che rappresenta il 30 per cento di tale mercato - a fronte di una crescita di altre forme di credito al consumo particolarmente redditizie, quali i prestiti personali ed i prestiti contro cessione del quinto dello stipendio o della pensione.
In realtà, tale riduzione nell'erogazione dei finanziamenti si è accompagnata ad una rilevante modificazione delle percentuali di erogazione dei diversi istituti: si può affermare, in sintesi, che nel primo semestre del 2009, mentre i grandi gruppi bancari, in particolare Intesa Sanpaolo e, soprattutto, UniCredit, hanno ridotto l'ammontare erogato rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, in percentuali che hanno raggiunto, nel primo caso, il 20 per cento, e, nel secondo, il 70 per cento, gli istituti di medie dimensioni hanno fatto registrare una crescita, in qualche caso davvero notevole.
Tale differenziazione può indurre ad alcune considerazioni interessanti, legate al fatto che l'accumulo, negli anni precedenti, in alcuni istituti bancari, di un portafoglio di crediti probabilmente troppo consistente, e l'erosione, per effetto della crisi, di un ammontare notevole e ancora non quantificato dei patrimoni bancari, ha reso necessari maggiori accantonamenti, nel rispetto dell'Accordo di Basilea 2 sui requisiti patrimoniali, ed ha determinato un aumento degli spread, laddove, al contrario, gli istituti che avevano praticato una politica creditizia più conservativa non hanno dovuto fronteggiare tali esigenze.
Sotto un ulteriore profilo, occorre rilevare come il livello di indebitamento, in rapporto al reddito disponibile, delle famiglie italiane, sia aumentato nel corso degli ultimi anni, innovando rispetto alla tradizionale diffidenza del consumatore italiano rispetto allo strumento del debito, cui veniva in passato attribuita una valutazione sociale negativa.
In particolare, l'indebitamento delle famiglie italiane è raddoppiato dal 2000 al 2008, passando dal 30 a quasi il 60 per cento in rapporto al reddito disponibile, sebbene tale livello di indebitamento sia ancora notevolmente inferiore rispetto a quello degli Stati Uniti, dove è pari al 140 per cento del reddito disponibile, a quello degli altri principali Paesi europei, ove giunge al 90 o al 100 per cento, ed alla media dei Paesi UE, che è del 93 per cento.
Questo incremento ha riguardato sia i prestiti finalizzati, sia i prestiti personali non finalizzati, in particolare a seguito dell'ampliamento anche ai dipendenti privati ed ai pensionati dello strumento della cessione del quinto dello stipendio o della pensione, sia le carte di credito.
Per quanti riguarda quest'ultimo settore, il fenomeno ha riguardato le carte a saldo, che rappresentano ancora la tipologia di carta più utilizzata in Italia (64 per cento), ma soprattutto le cosiddette carte revolving (comportanti l'apertura implicita di una linea di


Pag. 36

credito in favore del titolare della carta), che costituiscono ormai il 32 per cento del totale delle carte di credito ed il 16 per cento del totale dei finanziamenti al consumo erogati, e per le quali il volume del credito erogato è cresciuto di oltre il 7 per cento nel 2007, nel 2008 ed anche nei primi mesi del 2009, sia pure in misura più contenuta (2,9 per cento).
Si assiste dunque, sostanzialmente negli ultimi 15 anni, ad un processo di avvicinamento della realtà italiana rispetto a quello degli altri Paesi avanzati, legato soprattutto ad un più intenso utilizzo degli strumenti del credito al consumo.
Tale mutazione sembra avere velocità e caratteristiche in parte differenziate nelle diverse aree del Paese: mentre nell'Italia settentrionale le strutture finanziarie, il livello di indebitamento delle famiglie e il grado di utilizzo degli strumenti di pagamento sono molto più simili a quelli degli altri Paesi europei, ciò sembra valere in misura molto minore nelle aree del Mezzogiorno. È comunque possibile ritenere che i modelli prevalenti nel Nord Italia eserciteranno una progressiva forza di attrazione nei confronti delle popolazioni dell'Italia centrale e meridionale.
Sebbene tale evoluzione non sia di per sé necessariamente negativa, e costituisca in parte una conseguenza fisiologica del processo di armonizzazione economica indotta dall'introduzione dell'Euro, occorre attentamente verificare se tale dinamica non porti con sé distorsioni gravi.
A tale proposito suscita fondate preoccupazioni il dato secondo cui, nel 2006, più del 2 per cento del totale delle famiglie doveva far fronte ad una rata mensile superiore al 30 per cento del proprio reddito, percentuale aumentata al 3,5 per cento nel 2008.
In parallelo, si è evidenziata, dalla fine del 2007, dopo anni in cui il tasso di insolvenza dei mutui si attestava intorno all'1-1,1 per cento, una crescita progressiva, lenta ma costante, di tale tasso, dovuto a molteplici fattori, tra i quali la modifica della politica creditizia delle banche, che hanno elevato l'ammontare erogato rispetto al valore dell'immobile (loan to value) ed allungato la durata dei mutui, all'apertura del credito verso fasce marginali della popolazione, all'introduzione di nuove tipologie di mutui, nonché all'impatto della crisi economica ed all'aumento dei tassi d'interesse relativi ai mutui a tasso variabile.
Un analogo deterioramento si riscontra nel tasso di insolvenza dei prestiti, legato alla durata più lunga dei prestiti erogati, nonché, anche in questo caso, all'apertura di tale forma di finanziamento a fasce di popolazione che prima ne erano escluse.
In generale, si rileva un peggioramento del livello di insolvenza relativo al settore del credito al consumo, principalmente legato all'incremento delle insolvenze nel settore dei mutui immobiliari a tasso variabile, le quali rappresenterebbero circa l'80 per cento del totale delle insolvenze.
Sebbene il tasso di insolvenza registrato in Italia appaia finora nettamente più basso di quello registratosi nei principali Paesi europei e negli USA, confermando una delle caratteristiche positive del panorama creditizio italiano, appare particolarmente preoccupante il progressivo peggioramento del grado di solvibilità delle famiglie


Pag. 37

italiane. I prestiti incagliati delle famiglie sono infatti aumentati dall'1,5 al 2,2 per cento, la percentuale delle famiglie che hanno prestiti scaduti da almeno 90 giorni è salita al 4,3 per cento e le sofferenze vere e proprie sono lievitate, di pari passo, dallo 0,9 per cento di fine 2007 all'1,2 per cento del primo trimestre 2009.
In quest'ambito il dato peggiore riguarda il tasso di sofferenza delle carte di credito, per le quali si registra, tra il 2008 ed il 2009, relativamente alle carte a saldo, un incremento dal 2 al 2,6 per cento, ed un incremento dal 5,8 al 6,4 per cento per le carte revolving.
Appare evidente come tali fenomeni di deterioramento creditizio siano motivati soprattutto dagli effetti deleteri della crisi finanziaria ed economica in atto, che sta ponendo una percentuale più elevata di famiglie nell'impossibilità di fronteggiare i propri oneri finanziari, oltre ad essere legati ad una dinamica di più lungo periodo, che ha comportato negli ultimi dieci anni la progressiva riduzione del reddito disponibile per alcune fasce di popolazione.
Sta di fatto, in ogni caso, che le banche hanno modificato rapidamente le proprie politiche creditizie, riducendo l'ammontare di credito erogato, con un impatto diretto sugli investimenti e, soprattutto, sulle imprese, alle quali viene a mancare uno dei principali canali di finanziamento, proprio nel momento in cui i tassi praticati dalle banche centrali e quelli sui mercati interbancari sono scesi a livelli raramente toccati in passato.
Le ragioni di tale evoluzione nell'atteggiamento delle banche non sembrano, in realtà, del tutto univoche: al riguardo, infatti, nel corso delle audizioni è stato sostenuto che l'incremento tendenziale del tasso di insolvenza medio registrato in Italia non può giustificare pienamente, per le dimensioni molto minori di quelle registrate in altri Paesi, una politica di restrizione dell'offerta di credito, che sarebbe invece piuttosto ascrivibile ad esigenze di patrimonializzazione di alcuni tra i maggiori esponenti del sistema.
Non c'è dubbio, in ogni caso, che le conseguenze della crisi sulle famiglie, in termini sia di perdita di posti di lavoro, sia di riduzione del reddito, sia di ridimensionamento della ricchezza complessiva, acuiscano i problemi determinati dal sovraindebitamento di talune fasce di consumatori, in quanto gli oneri dei debiti concessi (e contratti) troppo disinvoltamente in passato diventano in tale condizione ancora più difficili da sostenere, rischiando in tal modo di moltiplicare gli effetti di razionamento del credito.
Occorre dunque riaffermare una considerazione elementare, che forse in anni recenti è stata dimenticata: compito di un banchiere degno di questo nome, attento alla sana e prudente gestione della banca, non è concedere credito a chiunque glielo chieda, fidando in astruse architetture finanziarie, né negarlo a priori a chi avrebbe i requisiti personali ed economici per ottenerlo, trincerandosi dietro asettiche valutazioni numeriche, ma saper esercitare la propria capacità di discernimento professionale nell'esercizio, di per sé rischioso, della funzione creditizia.
In tale contesto si può rilevare come la riflessione sulle problematiche specifiche del credito al consumo conduca naturalmente ad un ordine di problemi molto più ampi, attinenti al modello di sviluppo


Pag. 38

economico che il nostro Paese intende seguire per il futuro, i quali certamente travalicano i limiti della presente indagine conoscitiva, ma cui comunque vale la pena di accennare.
Al riguardo si segnala l'esigenza di compiere una scelta di politica economica di fondo, valutando se imboccare la strada scelta dai paesi anglosassoni, nei quali lo sviluppo è guidato principalmente dai consumi privati, a loro volta alimentati dal credito al consumo, e, dunque, dall'indebitamento delle famiglie e dei consumatori, ovvero mantenere il tradizionale modello di sviluppo italiano, basato fondamentalmente sulla spiccata propensione al risparmio delle famiglie italiane, che alimenta a sua volta la raccolta di capitali da parte delle banche, le quali lo erogano alle imprese per finanziare il funzionamento ordinario e gli investimenti.
Si tratta, in estrema sintesi, di due modelli antitetici, uno trainato ed orientato dai consumi, l'altro alimentato dal risparmio e dalla funzione di allocazione del capitale svolta dalle banche.
Entrambi i modelli hanno mostrato dei limiti.
Quello che, per brevità, potremmo definire anglosassone, comporta i rischi di sovraindebitamento, di creazione di bolle speculative e di turbolenze finanziarie che la recente crisi sta mostrando.
Il modello italiano presenta, invece, due principali elementi di criticità: da un lato, la sua strutturazione fortemente bancocentrica, che affida al sistema bancario quel compito di allocazione delle risorse tra i settori della produzione che altrove è svolto direttamente dai mercati dei capitali e dei beni; dall'altro, la sua dipendenza dal permanere di una forte capacità di risparmio da parte delle famiglie, a sua volta condizionata dal mantenimento, anche in prospettiva, di un potere di acquisto sufficiente a poter distogliere una fetta significativa del reddito dai consumi.
Al di là di tali considerazioni di natura macroeconomica, appare comunque indispensabile governare l'evoluzione che sta caratterizzando i meccanismi del credito, salvaguardando la specificità costituita dalla tradizionale propensione al risparmio delle famiglie italiane, evitando di minare la sostenibilità degli impegni finanziari assunti dai consumatori italiani, e vigilando inoltre affinché il ricorso al credito non sia inteso, in modo distorto, come uno strumento per mantenere un livello di consumi non più congruente con il potere di acquisto delle famiglie. A tale riguardo occorre interrogarsi se l'incremento molto forte della percentuale dei crediti non finalizzati, che è passata dal 28 per cento del 2001 al 61 per cento del 2008, non indichi appunto come il credito al consumo sia sempre maggiormente utilizzato per soddisfare quotidiane esigenze di vita, alle quali non è più possibile far fronte con il proprio reddito.
Tornando al tema specifico dell'indagine, non si può infatti ritenere che il credito al consumo possa costituire stabilmente il vero motore della crescita economica, se non si vuole ricadere nelle distorsioni che hanno portato alla crisi finanziaria ed economica di cui le economie dei Paesi avanzati stanno ancora pagando le conseguenze. Il credito al consumo può invece costituire un fattore di moltiplicazione e di sostegno della domanda, a patto che sussistano


Pag. 39

le condizioni per assicurare stabilità al reddito disponibile delle famiglie, a patto, cioè, che si ricostituiscano le condizioni per una duratura crescita economica.
Attenzione specifica deve dunque essere dedicata ai problemi del sovraindebitamento, non solo sotto il profilo della disciplina degli effetti (che sono del resto già oggetto delle proposte di legge C. 2364 ed abbinate, attualmente all'esame della Camera), ma individuando meccanismi che consentano di impedire a priori il determinarsi di tale condizione.
Nell'ambito delle iniziative per combattere il sovraindebitamento occorre altresì sviluppare un ragionamento sulle tematiche del microcredito, quale strumento da porsi a latere dei tradizionali canali di finanziamento, in particolare in favore di quei consumatori marginali dal punto di vista economico che incontrano difficoltà, soprattutto a causa della crescita del deficit pubblico, nell'accedere a servizi fondamentali e per i quali può risultare problematico ottenere credito, anche per importi limitati.
Nei confronti di tali soggetti si dovrebbe definire una disciplina speciale, che preveda un regime semplificato per la concessione, da parte di intermediari creditizi chiaramente identificati, di crediti di ridotta entità, non assistiti da garanzie personali. A tale proposito si potrebbe eventualmente stabilire una garanzia accessoria dello Stato, istituendo a tal fine un apposito fondo, oppure rivitalizzando gli strumenti di finanziamento per le famiglie a scarso reddito già esistenti.
In tale contesto occorre altresì evidenziare come il mutato atteggiamento delle famiglie italiane nei confronti degli strumenti di credito, segnatamente di credito al consumo, renda ancora più forte l'esigenza, già segnalata all'indomani dei casi Parmalat e Cirio, di promuovere l'educazione finanziaria delle famiglie e dei consumatori italiani, calibrandola sulle loro reali condizioni ed esigenze.
La circostanza che i consumatori ed i risparmiatori italiani si sono avvicinati in maniera diffusa solo in tempi relativamente recenti ai prodotti finanziari e creditizi più complessi ed innovativi, rende infatti particolarmente importante che essi maturino una maggiore consapevolezza circa i prodotti che acquistano, le caratteristiche dei contratti che sottoscrivono, ed il rapporto tra il proprio reddito e gli oneri derivanti dall'assunzione del debito, al fine di tutelare maggiormente i propri interessi e contribuire a rendere il mercato più efficiente, responsabile, concorrenziale e trasparente.
In questa prospettiva sarebbe certamente auspicabile un provvedimento legislativo che raccolga gli spunti delle diverse proposte di legge presentate in materia e riassuma le azioni già avviate a tale riguardo, anche in ambito privatistico, dando loro un indirizzo unitario ed il necessario carattere istituzionale.
A questo proposito può essere certamente valutato con favore l'inserimento, da parte del disegno di legge comunitaria 2009, di un ulteriore principio direttivo nella delega per l'attuazione della direttiva 2008/48/CE, il quale sancisce il ruolo dell'educazione finanziaria come strumento di tutela del consumatore, prevedendo iniziative di informazione ed educazione volte a diffondere la cultura finanziaria fra il pubblico, per favorire relazioni responsabili e corrette tra intermediari


Pag. 40

e clienti. Occorre a tal fine individuare un centro di imputazione cui attribuire il coordinamento degli interventi in materia, nonché reperire adeguate risorse finanziarie, eventualmente prevedendo forme di contribuzione da parte del sistema bancario.
Tali iniziative di natura formativa - educativa non possono peraltro prescindere da interventi normativi cogenti, che affrontino in modo incisivo le criticità evidenziate nel corso dell'indagine e che di seguito si proverà a sintetizzare.

3.2 Le prospettive del quadro giuridico del credito al consumo.

L'indagine conoscitiva ha consentito di evidenziare come il quadro giuridico del credito al consumo sia stato caratterizzato fortemente dalla crescente influenza del diritto privato europeo, attraverso una serie di direttive succedutesi a partire dal 1986 (direttiva 87/102/CEE), in particolare per quanto riguarda la trasparenza informativa, finalizzata ad accrescere la consapevolezza del consumatore circa i contenuti del contratto e riguardo al costo effettivo del credito, nonché in merito alla ripartizione del rischio per responsabilità derivante da inadempimento.
Sotto quest'ultimo profilo la normativa italiana, contenuta sostanzialmente nell'articolo 42 del codice del consumo, risulta piuttosto avanzata anche rispetto alla disciplina comunitaria, in quanto prevede, diversamente dalla direttiva 87/102/CEE, la quale subordinava il diritto di procedere nei confronti del finanziatore al previo esperimento dell'azione contro il fornitore senza avere ottenuto soddisfazione, che, nei casi di inadempimento del fornitore di beni e servizi, il consumatore il quale abbia effettuato inutilmente la costituzione in mora, ha il diritto di agire contro il finanziatore nei limiti del credito concesso, a condizione, tuttavia, che sia intervenuto un accordo che attribuisce al finanziatore l'esclusiva per la concessione di crediti ai clienti del fornitore.
Tale previsione può tuttavia essere aggirata abbastanza agevolmente, inserendo, nel contratto di credito al consumo, una clausola in cui si dichiara assente, magari fittiziamente, qualsiasi vincolo di esclusiva, senza che il consumatore abbia la possibilità di acquisire le prove di un accordo diverso rispetto a quello dichiarato.
In tale scenario si inserisce ora la nuova direttiva 2008/48/CE, relativa al credito ai consumatori, maturata in un contesto economico in cui il credito al consumo cresceva impetuosamente nei singoli Paesi dell'Unione, la quale è principalmente volta a fare in modo che le imprese finanziarie possano concepire forme di credito ai consumatori valide per tutta l'UE, nella speranza che ciò introduca maggiore concorrenza, favorisca una riduzione dei prezzi nonché, indirettamente, una migliore tutela dei consumatori.
La direttiva, che pure presenta molti elementi positivi, primo tra i quali l'adozione della nozione, molto più ampia della precedente, di «credito ai consumatori», che consentirà di estenderne l'ambito di applicazione ad ogni tipologia di credito alla persona fisica, comprendendovi anche i mutui immobiliari, in un'ottica secondo cui è il consumatore il punto focale verso il quale deve convergere l'attenzione


Pag. 41

del legislatore e delle istituzioni, rischia tuttavia, sotto alcuni aspetti, di costituire paradossalmente un arretramento della tutela rispetto al diritto interno.
In particolare, mentre il TUB stabilisce che la disciplina del credito al consumo si applichi non soltanto all'impresa bancaria o finanziaria che eroga direttamente il credito, ma anche, all'interno della catena distributiva, al mediatore creditizio o all'intermediario finanziario che colloca i contratti, la direttiva prevede che, qualora il contratto di finanziamento sia offerto o concluso da chi operi nella catena distributiva, si applichino soltanto alcuni istituti, sia pure lasciando agli Stati membri un margine di intervento.
È soprattutto circa la responsabilità del finanziatore per la fattispecie di inadempimento del fornitore che la direttiva evidenzia consistenti limiti rispetto al diritto interno, laddove si prevede che è possibile agire nei confronti del creditore soltanto dopo avere esperito inutilmente l'azione nei confronti del fornitore e ove ricorra il presupposto della sussistenza di un «contratto di credito collegato», cioè volto «esclusivamente a finanziare un contratto relativo alla fornitura di merci specifiche e alla prestazione di servizi specifici», di modo che i due contratti costituiscano oggettivamente un'unica operazione commerciale.
Tali limiti risultano particolarmente critici alla luce delle evoluzioni nel frattempo intervenute, sia nel quadro economico internazionale, travolto dagli effetti della crisi, sia nell'andamento del mercato del credito al consumo, la cui crescita è decisamente rallentata a partire dal 2008.
In tale nuovo contesto è dunque necessario che il legislatore nazionale, nell'operare il recepimento della direttiva 2008/48/CE, attraverso lo strumento della delega legislativa in materia prevista dall'articolo 33 della legge n. 88 del 2009 (legge comunitaria 2008), sia particolarmente attento a non compiere arretramenti rispetto al livello di protezione raggiunto dalla disciplina interna vigente, utilizzando con intelligenza lo strumento delle scelte opzionali consentite dalla direttiva nel ristretto ambito delle materie non coperte da armonizzazione massima, e cogliendo l'occasione per introdurre nuove, più incisive, e, soprattutto, più effettive regole di tutela del consumatore.

3.3 L'assetto degli operatori del credito al consumo: criticità e spunti di riforma.

L'analisi dell'assetto degli operatori del mercato del credito al consumo, ha consentito innanzitutto di evidenziare come circa il 93 per cento dei finanziamenti concessi in Italia in forma di credito al consumo sia erogato dal sistema bancario, o direttamente, tramite le banche specializzate nel credito al consumo, oppure tramite finanziarie che fanno parte di gruppi bancari o che sono comunque legate in maniera quasi indissolubile con banche.
In particolare, la commercializzazione del prodotto nel settore del credito al consumo risulta in larga parte affidata, attraverso forme di outsourcing in alcuni casi molto spinte, a reti esterne, costituite da operatori fortemente orientati alla generazione di fatturato, a scapito,


Pag. 42

spesso, di una corretta relazione d'affari con il cliente. Tale tendenza all'esternalizzazione appare particolarmente forte per alcuni prodotti, quali ad esempio i prestiti finalizzati, la cui distribuzione le banche hanno in molti casi dismesso a favore di intermediari esterni.
Tali fenomeni, che corrispondono a logiche commerciali, comportano, in molti casi, anomalie nella catena distributiva, la cui lunghezza è spesso all'origine di una lievitazione dei costi di distribuzione, con aggravi di oneri a carico del consumatore, gravi carenze nei controlli sulla rete e mancato rispetto formale e sostanziale della disciplina in materia di trasparenza, nonché delle normative di settore. Inoltre, il ricorso a reti di distribuzione esterne rischia di ridurre la capacità dell'erogatore di valutare correttamente il merito di credito del soggetto richiedente, ovvero di innalzare l'onere di tale valutazione.
Tali reti, del resto, non sempre forniscono un servizio efficace ai consumatori, in quanto non garantiscono effettivamente né l'erogazione del credito né i tempi di erogazione dello stesso, ma, al contrario, contribuiscono ad aumentare il costo del credito per il consumatore stesso e ad allungare i tempi per la concessione dei finanziamenti.
Questa condizione complessiva porta dunque, assieme ad altri fattori, al paradosso per cui, nonostante l'elevato numero di operatori nel settore, ed il conseguente maggior grado di concorrenzialità rispetto ad altri mercati che tale condizione dovrebbe favorire, il costo del credito al consumo è in Italia superiore a quello registrato in altri Paesi.
In dettaglio, la struttura degli intermediari che possono erogare credito al consumo in Italia risulta estremamente complessa e variegata, essendo costituita da 171 società finanziarie iscritte nell'elenco previsto dall'articolo 107 del TUB, di cui solo 35 iscritte nell'elenco speciale e sottoposte alla regolare vigilanza della Banca d'Italia, alle quali si aggiungono circa 1.100 società finanziarie iscritte nell'elenco di cui all'articolo 106 del TUB, nonché circa 180.000 mediatori creditizi e agenti in attività finanziaria, dei quali meno di 17.000 hanno personalità giuridica.
Tale estrema articolazione del sistema pone evidenti problemi di controllo, sotto il duplice profilo della qualità e della trasparenza, aggravati dal fatto che l'iscrizione nell'elenco dell'articolo 106, o negli altri elenchi ed albi degli intermediari creditizi, è subordinata alla sussistenza di condizioni quasi puramente formali, sotto il profilo della qualificazione professionale e dell'onorabilità, e che la Banca d'Italia non dispone né di strumenti normativi né di risorse adeguati per vigilare effettivamente questo amplissimo microcosmo, costituito per lo più da persone fisiche, molto difficili da controllare.
Ad esempio, l'iscrizione nell'albo dei mediatori creditizi tenuto dall'Ufficio di informazione finanziaria della Banca d'Italia, in cui sono presenti attualmente oltre 100.000 mediatori, è semplicemente condizionata al possesso di un titolo di studio di istruzione superiore ed all'assenza di condanne per reati penali con sentenza passata in giudicato.
Ulteriori interrogativi suscita la distribuzione sul territorio di tale complessa rete di intermediari, in particolare per quanto riguarda la


Pag. 43

maggiore concentrazione di tali soggetti nelle regioni del Mezzogiorno, laddove la maggior parte del credito al consumo è invece erogato nelle regioni del Centro - Nord, circostanza, questa, che lascia immaginare come, soprattutto in alcune aree del Paese, in questo settore si possano annidare zone grigie pericolose.
Sullo sfondo di tale complesso panorama si inserisce inoltre l'ulteriore novità, introdotta, soprattutto dietro impulso dell'industria finanziaria britannica, dalla direttiva 2007/64/CE sui servizi di pagamento (Payment Services Directive), attualmente in corso di recepimento nell'ordinamento italiano. La direttiva consente infatti anche a soggetti non finanziari, le payment institutions, tra le quali si annoverano compagnie di telecomunicazione, catene di supermercati e soggetti attivi nel settore della grande distribuzione, di concedere credito al consumo, purché strettamente connesso a servizi di pagamento e per un periodo non superiore a dodici mesi. Tali nuovi soggetti potranno ad esempio offrire linee di finanziamento per gli acquisti effettuati presso la propria catena distributiva, ovvero distribuire carte prepagate che funzioneranno anche come carte di credito revolving, utilizzabili in circolarità nei circuiti internazionali.
L'introduzione delle payment institutions modificherà notevolmente la struttura del credito al consumo e porrà innanzitutto il problema di ricalibrare i sistemi di vigilanza. Sarebbe infatti del tutto insoddisfacente che tali entità, le quali hanno natura multinazionale ed operano in più Paesi, possano essere affidate alla sola vigilanza delle singole autorità nazionali, senza realizzare un'effettiva armonizzazione delle regole e della loro applicazione almeno a livello comunitario, nonché senza efficaci forme di collaborazione e coordinamento tra le autorità.
In tale contesto è dunque fondamentale cogliere l'occasione costituita dalla delega conferita al Governo dall'articolo 33 della legge n. 88 del 2009 (legge comunitaria 2008) per l'attuazione della direttiva 2008/48/CE, la quale prevede specificamente la rimodulazione la disciplina delle attività e dei soggetti operanti nel settore finanziario nonché interventi sul titolo V del TUB, al fine di riportare ordine in un settore, quello degli intermediari del credito al consumo, che si è caratterizzato per una crescita tumultuosa e, per certi versi, incontrollata.
L'intervento di riforma dovrà consentire di avere operatori che corrispondano effettivamente alle attese della clientela, facilitare lo svolgimento in maniera più adeguata dell'attività di vigilanza e ridurre le differenze tra il regime di vigilanza cui sono sottoposti i soggetti iscritti nell'elenco speciale dell'articolo 107 e quello degli altri intermediari.
In primo luogo occorrerà rafforzare la vigilanza esercitata dalla Banca d'Italia e dalle altre autorità competenti sugli intermediari operanti nel settore del credito al consumo, sia mediante interventi volti a richiamare gli intermediari al rispetto delle disposizioni di trasparenza, sia attraverso provvedimenti sanzionatori, quali il divieto di intraprendere nuove operazioni o la cancellazione degli intermediari non bancari dagli elenchi speciale e generale di cui, rispettivamente, agli articoli 106 e 107 del TUB, ai sensi dell'articolo 111, comma 1, lettera c), del TUB medesimo.


Pag. 44


Sempre in linea generale, è indispensabile assicurare il pieno rispetto dell'obbligo specifico, per l'erogatore del credito, di individuare i rischi operativi e reputazionali insiti in comportamenti difformi e anomali posti in essere dalla catena distributiva e di rafforzare i presidi organizzativi in materia di controlli interni. In questo senso, occorre in particolare evitare forme di remunerazione e di valutazione degli addetti alla rete di vendita che costituiscano un incentivo a commercializzare prodotti non adeguati rispetto alle esigenze finanziarie dei clienti.
Passando ad alcuni profili specifici, per quanto riguarda i mediatori creditizi e gli agenti in attività finanziaria, occorre rendere più rigorose e restrittive le condizioni per l'accesso alla professione, prevedendo inoltre sistemi di controllo, di monitoraggio e sanzionatori adeguati alle dimensioni che tale realtà ha assunto.
A tale proposito è necessario subordinare l'iscrizione all'albo dei mediatori creditizi o all'elenco egli agenti in attività finanziaria a requisiti stringenti di onorabilità e professionalità, stabilendo che quest'ultima sia collegata all'esperienza acquisita negli anni o, in mancanza, sia accertata attraverso un'apposita prova valutativa.
In ossequio al dettato della delega conferita al Governo in materia dal citato articolo 33 della legge comunitaria 2008, dovrà inoltre essere imposto l'obbligo, per i mediatori, di assumere una forma giuridica societaria, favorendone la crescita dimensionale, al fine di garantire la qualità degli intermediari sia sotto il profilo professionale sia dal punto di vista patrimoniale, e di consentire loro di dialogare con le banche in condizioni di maggiore indipendenza.
Al medesimo fine è necessario introdurre, anche alla luce delle previsioni della delega per il recepimento della direttiva 2008/48/CE, forme di copertura assicurativa, per garantire che gli intermediari possano comunque risarcire i clienti a fronte di loro eventuali responsabilità professionali.
È altresì opportuno introdurre una distinzione fra l'attività dei mediatori creditizi e quella degli agenti in attività finanziaria, introducendo specifiche cause di incompatibilità tra l'iscrizione nell'albo degli agenti ed in quello dei mediatori, affidandone la gestione, che non deve limitarsi agli aspetti solo formali, ad un organismo apposito, dotato di poteri di verifica e sanzionatori e sottoposto alla supervisione della Banca d'Italia.
Inoltre è necessario consentire ai consumatori di conoscere la natura e le caratteristiche degli intermediari finanziari operanti nel comparto del credito alle famiglie e del credito al consumo, segnatamente facendo maggiore chiarezza sulla loro reale natura, ed inibendo l'operatività di quei soggetti che dichiarano di essere istituti erogatori di credito, ma sono in realtà meri intermediari che percepiscono una commissione sull'ammontare di credito erogato dalla banca.
Parimenti, occorre prevedere che le persone fisiche dipendenti dei mediatori siano anch'esse munite di un titolo professionale individuale, da acquisire attraverso un esame rigoroso e revocabile a fronte di comportamenti scorretti, prevedendo in tale contesto l'istituzione di un'apposita sezione dell'albo dei mediatori creditizi o l'apertura a tali


Pag. 45

dipendenti dell'elenco degli agenti in attività finanziaria, e stabilendo anche per tali soggetti un percorso di formazione continua e di aggiornamento professionale.
Tale rafforzamento dei controlli sugli intermediari dovrà riguardare anche il profilo della comunicazione, responsabilizzando maggiormente i mediatori creditizi e gli agenti in attività finanziaria rispetto ai propri obblighi informativi, anche alla luce delle previsioni contenute nella direttiva 2008/48/CE.
In primo luogo è fondamentale che tali soggetti siano tenuti ad indicare, sia nella pubblicità sia nei documenti destinati ai consumatori, l'ampiezza dei propri poteri, nonché ad informare il consumatore circa l'ammontare degli oneri che gli saranno addebitati per il servizio di mediazione.
Inoltre occorre stabilire precisi requisiti e limiti, sia sotto il profilo formale, sia sotto il profilo contenutistico, cui devono sottostare i messaggi pubblicitari relativi al settore del credito al consumo, nonché inibire tutti quei messaggi al pubblico che risultino, se non addirittura truffaldini, non sufficientemente trasparenti, quali quelli che reclamizzino finanziamenti ad un non meglio identificato «tasso zero», ovvero che promettano erogazione di credito anche a soggetti ultranovantenni,
Una tematica specifica portata all'attenzione della Commissione riguarda l'emergere nel sistema di una categoria particolare, rappresentata dai mediatori creditizi cui le banche danno un mandato in esclusiva per il recupero dei crediti, attraverso mediazioni e transazioni su sofferenze o crediti pregressi, rispetto alla quale è stata altresì sottolineata l'esigenza di una specifica regolamentazione.
Un'azione ancora a più largo raggio dovrebbe essere compiuta nei confronti di tutti quegli operatori della distribuzione commerciale (cosiddetti dealer) che sono coinvolti nel collocamento al pubblico di prodotti di credito al consumo (è il caso, tipicamente, degli addetti alle vendite presso i concessionari automobilistici), i quali, nella massima parte dei casi, non sono dotati di alcuna specifica qualificazione in ambito creditizio e non sono dunque nemmeno in grado di illustrare adeguatamente al consumatore le caratteristiche e le clausole specifiche del contratto di finanziamento. In ragione delle storture che tale situazione ha prodotto, appare dunque auspicabile avviare una riflessione anche sulla formazione di tale personale, prevedendo corsi di formazione obbligatori.
L'obiettivo complessivo degli interventi appena elencati deve essere quello di incrementare la qualità professionale e l'autorevolezza degli intermediari operanti nel settore del credito al consumo, i quali devono poter svolgere un ruolo realmente indipendente ed essere in grado di fornire con la massima trasparenza ai consumatori un'ampia gamma di prodotti, suggerendo le soluzioni che meglio si attagliano alle esigenze ed alle condizioni specifiche del singolo cliente.
La trasparenza nel settore della distribuzione dei prodotti del credito al consumo costituisce infatti un elemento imprescindibile per consentire ai consumatori di valutare, in un quadro di assoluta


Pag. 46

trasparenza, quale sia il canale distributivo più conveniente ed adatto alle proprie esigenze, conoscendo in particolare quale quota del costo del finanziamento sia destinata ad alimentare le provvigioni riconosciute agli intermediari ed a tutte le figure professionali coinvolte nei diversi canali commerciali del credito al consumo.
In ogni caso, è necessario che gli interventi di riforma non comportino alcuna riduzione della concorrenza nel settore, la quale deve invece essere migliorata.
Un altro profilo di criticità si riscontra relativamente ai conflitti di interesse che possono insorgere in ragione dei legami interpersonali, di fenomeni di interlocking directorate e degli intrecci azionari tra banche, intermediari creditizi non bancari e società non finanziarie.
Tali conflitti possono infatti determinare, nel settore del credito al consumo, talune anomalie che pregiudicano la competitività del sistema e vanificano in larga parte i vantaggi che la presenza sul mercato di un elevato numero di operatori dovrebbe in teoria comportare per i consumatori, sul piano dei costi e delle condizioni contrattuali.
In particolare occorre evitare che gli intrecci societari esistenti possano determinare pressioni, da parte degli istituti bancari o delle società alle quali fanno capo le varie finanziarie, volte ad imporre determinati prodotti o clausole contrattuali, in alcuni casi particolarmente gravose o vessatorie, nei confronti dei consumatori più deboli. È il caso, ad esempio, del settore del credito automobilistico, nel quale una larga fetta di concessionarie o case automobilistiche controllano società finanziarie ed orientano conseguentemente le proprie strategie commerciali al fine di massimizzare i ricavi derivanti dalla concessione dei prestiti finalizzati all'acquisto delle autovetture da loro stesse vendute.
Al riguardo è dunque necessario un intervento legislativo che formuli alcuni principi in merito, stabilendo meccanismi di trasparenza nel caso di partecipazione azionaria nelle banche, nelle società di gestione del risparmio e nelle diverse realtà che erogano credito al consumo, stabilendo limiti ai legami interpersonali tra i componenti dei consigli di amministrazione e dei comitati di vigilanza.
Più in particolare, potrebbe risultare opportuno introdurre nell'ordinamento disposizioni volte a disciplinare, anche attraverso adeguate ed efficaci sanzioni, i conflitti di interesse, sussistenti in capo agli esponenti aziendali o al personale delle banche, relativi allo svolgimento di attività professionale, anche non continuativa, in favore di intermediari finanziari non bancari, allo svolgimento presso tali intermediari di attività di amministrazione, direzione o controllo, ovvero al possesso, anche in forma indiretta, di partecipazioni di controllo o di collegamento nel capitale di questi ultimi.
Inoltre, è necessario favorire la definizione di regole etiche o di codici deontologici atti ad escludere che esponenti aziendali o altri soggetti comunque legati da rapporti di lavoro o di consulenza con le banche stesse possano in alcun modo promuovere, favorire, raccomandare o consigliare la conclusione di contratti di finanziamento, di


Pag. 47

qualunque tipologia, con altri intermediari finanziari non bancari da parte di clienti della banca, o di soggetti ai quali la banca stessa abbia negato l'erogazione del credito richiesto.

3.4 La struttura dei costi nel mercato del credito al consumo: elementi di criticità.

In merito a tale tematica occorre innanzitutto sottolineare l'estrema difficoltà che la Commissione ha incontrato, nel corso dell'indagine, ad acquisire dagli intermediari dati certi ed affidabili circa l'effettivo livello dei costi dei diversi prodotti in cui si articola il settore del credito al consumo.
In ogni caso, emerge con sufficiente chiarezza come il costo del credito al consumo in Italia sia più alto che all'estero.
Mentre infatti, in Italia, il costo medio del credito si attesta, nell'ipotesi migliore, almeno al 10 per cento, nell'area dell'euro tale costo medio è di almeno l'1,5 per cento più basso.
In particolare, i tassi medi più alti si riscontrano nell'utilizzo di carte di credito revolving (oltre il 17 per cento); seguono il credito finalizzato (poco meno del 12 per cento), i prestiti personali (11 per cento) e la cessione del quinto (con un tasso del 9 per cento che, peraltro, non include le spese per le polizze assicurative, le quali risultano computate nei costi a partire dal terzo trimestre 2009).
Un livello particolarmente elevato si registra per il credito erogato da intermediari non bancari, che raggiunge un tasso medio di circa il 14,4 per cento per importi inferiori ai 5.000 euro e di circa l'11 per cento per importi superiori.
A tali valori medi, già di per sé significativi, si accostano peraltro valori di picco, segnalati da alcuni dei soggetti auditi che risultano in alcuni casi sconcertanti.
È il caso soprattutto delle carte di credito revolving, in cui si registra un indicatore sintetico di costo pari al 19 per cento, e per le quali sono stati segnalati casi nei quali i tassi di interesse annui effettivi praticati al cliente per il credito concesso in relazione all'utilizzo hanno raggiunto livelli di oltre il 50 per cento, o addirittura superiori al 100 per cento, notevolmente al di sopra della soglia di usura.
Un altro settore meritevole di attenzione sotto questo profilo è quello delle cessioni del quinto dello stipendio o della pensione, rispetto al quale l'indagine ha consentito di evidenziare come il livello dei tassi praticati ai clienti per tale tipologia di credito risulti molto elevato in rapporto alla rischiosità del credito.
Una situazione leggermente migliore si registra con riferimento ai contratti di mutuo: in dettaglio, i tassi sui mutui indicizzati italiani risultano sostanzialmente allineati a quelli degli altri Paesi avanzati, mentre i tassi sui mutui a tasso fisso appaiono più elevati.
Al di là del confronti circa il livello dei tassi praticati ai clienti del credito al consumo in Italia, si evidenzia come l'andamento di tali tassi mostri una bassa reattività al movimento dei tassi della politica monetaria e del costo del finanziamento interbancario, nonostante le autorità monetarie abbiano praticato, almeno dalla seconda metà del


Pag. 48

2008, una politica di espansione dell'aggregato monetario estremamente generosa. Ad esempio, il livello dei costi del credito alla fine del 2009 non risulta molto diverso da quello osservato prima che si manifestassero, nell'estate del 2007, le prime tensioni finanziarie, allorquando i tassi di policy erano decisamente più elevati.
Le cause che determinano tale differenziale sfavorevole dei tassi di interesse praticati in Italia sui prodotti di credito al consumo sono varie, ed altrettanto diversificate devono essere le strategie per porvi rimedio.
In primo luogo esse attengono all'ancora insufficiente grado di concorrenza nel mercato, che deve dunque essere incrementata.
Al riguardo occorre ribadire come l'elevato numero di intermediari presenti sul mercato italiano del credito al consumo non abbia in realtà portato ad una vera concorrenza, tale da determinare effetti positivi sul livello dei prezzi, né sembra, in tale settore, che effetti positivi siano stati determinati dall'ingresso di operatori stranieri, i quali si sono limitati a condividere con gli operatori nazionali i vantaggi indotti da tali carenze concorrenziali.
Una secondo ordine di elementi di criticità che incide sulla struttura dei costi del credito al consumo in Italia, cui si è già accennato in precedenza, è dato dall'estrema lunghezza ed articolazione dei canali distributivi, dalla proporzione rilevante e sostanzialmente rigida che hanno assunto i costi di mediazione, nonché dalle opacità e distorsioni che si registrano in alcuni ambiti delle categorie interessate.
A ciò si può aggiungere come proprio la farraginosità dell'assetto distributivo non consenta ai consumatori di operare una corretta comparazione tra i rispettivi costi e la relativa qualità delle offerte, inducendo una fetta di consumatori a ricorrere a canali di finanziamento meno trasparenti e professionalizzati, quando non addirittura ai limiti della legalità, costringendo paradossalmente i soggetti più deboli a sopportare costi più alti.
Una valutazione leggermente migliore sembra potersi esprimere con riferimento al settore dei mutui immobiliari, dove, nonostante le problematiche, ancora parzialmente irrisolte, relative alla piena attuazione delle norme sulla portabilità dei mutui, sembra che l'affacciarsi sul mercato di banche ed operatori creditizi esteri abbia sortito conseguenze benefiche sul piano dei costi.
In ogni caso, sempre per quanto riguarda il settore dei mutui immobiliari, un problema serio riguarda lo scarso livello di informazione dei consumatori circa la dinamica dei costi dei mutui a tasso variabile, i quali, sebbene inizialmente meno costosi di quello a tasso fisso, sono esposti alla probabilità, confermata dai dati storici, di un loro incremento nel medio - lungo periodo. Appare al riguardo del tutto ingiustificato, sotto il profilo della logica economica, il sensibile aumento, registrato negli ultimi mesi, delle richieste e delle erogazioni di mutui a tasso variabile che non prevedono alcuna tutela per il consumatore, in una fase in cui i tassi hanno raggiunto livelli molto bassi e sono pertanto destinati ad aumentare. Tale fenomeno appare dunque molto probabilmente dettato da scelte degli stessi istituti


Pag. 49

eroganti, che spingono il cliente verso tale opzione, magari per rispettare il rapporto rata-reddito, che sarebbe superato, invece, in caso di stipula di un mutuo a tasso fisso.
Per quanto riguarda specificamente il settore delle cessioni del quinto, uno dei principali motivi del livello eccessivamente elevato dei costi risiede nell'incidenza che, soprattutto per questi prodotti, ha il costo relativo alla polizza assicurativa obbligatoria richiesta per il finanziamento, il quale giunge, in qualche caso, anche all'80 per cento del costo complessivo del finanziamento. A tale proposito si può segnalare come il problema rischi di aggravarsi, in quanto i premi assicurativi per garantirsi tale copertura stanno subendo in questa fase un incremento, per i rischi potenziali che la crisi, e la connessa possibilità di chiusura di aziende, ovvero di licenziamenti, pone rispetto alla restituzione del credito.
Una seconda ragione di tale andamento dei costi del credito mediante cessione del quinto riguarda il fatto che la ritrosia di molti clienti ad utilizzare tale strumento, legata al necessario coinvolgimento del datore di lavoro, e la conseguente necessità di sviluppare tecniche commerciali specifiche, ha indotto il sistema bancario ad accettare un innalzamento delle provvigioni riconosciute ai distributori, pur di incrementare il collocamento presso il pubblico di un prodotto altamente redditizio e poco rischioso per le banche stesse, le quali hanno infatti deciso di entrare direttamente nel settore distribuendo tale prodotto anche tramite i propri sportelli.
Rispetto all'insieme della problematica qui analizzata un elemento positivo porrà essere rappresentato, in prospettiva, dalla modifica, mediante la revisione delle istruzioni di vigilanza recentemente operata dalla Banca d'Italia, delle modalità con le quali gli operatori debbono procedere alla rilevazione e alla segnalazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge n. 108 del 1996 in materia di usura. Alla luce di tale novità questi tassi dovranno comprendere tutte le commissioni, incluse la componente di mediazione, le commissioni di massimo scoperto, nonché le spese assicurative per la polizza richiesta a garanzia del prestito; inoltre, saranno unificati i parametri utilizzati per rilevare i tassi nelle operazioni svolte dalle banche ed in quelle operate dalle finanziarie.
Si tratta di passi in avanti certo significativi, in particolare laddove si rammenti che, fino al 2009, restavano fuori da tale calcolo diverse voci di costo, quali le spese di incasso nonché, in taluni casi, i compensi di mediazione: occorrerà tuttavia vigilare affinché tale unificazione non comporti un allineamento indiscriminato verso l'alto dei tassi, individuando invece tutte le misure per mantenere questi ultimi a livelli più bassi.
Sempre in prospettiva, occorrerà verificare gli effetti dell'attuazione della direttiva 2007/64/CE sui servizi di pagamento. È stato infatti sostenuto che il recepimento della direttiva, consentendo l'incremento del numero di soggetti che opereranno come istituti di pagamento, favorirà l'ingresso nel mercato del credito al consumo di nuovi soggetti, ad esempio operanti nei comparti della grande distribuzione e della telefonia mobile, e potrà determinare dunque


Pag. 50

una maggiore concorrenza, in particolare con riferimento al settore delle carte revolving, con una riduzione dei costi a beneficio dei consumatori.

3.5 I profili di tutela dei consumatori: problemi e proposte.

L'analisi delle strutture del mercato del credito al consumo ha consentito di evidenziare una serie di elementi di criticità e di proposte relative al profilo della tutela dei consumatori, che riguardano sia la trasparenza nei rapporti tra consumatori, erogatori del credito ed intermediari, sia il contenuto di alcune clausole contrattuali, sia le vere e proprie pratiche commerciali scorrette.
A tale proposito occorre innanzitutto rilevare come la strutturazione del sistema di vigilanza non abbia probabilmente favorito un approccio particolarmente incisivo rispetto a tali fenomeni.
Pertanto, un primo, fondamentale intervento correttivo dovrebbe riguardare l'esplicitazione del principio secondo cui la tutela dei consumatori costituisce, accanto alla stabilità del sistema, una delle finalità dell'azione di vigilanza svolta dalle autorità competenti per il settore finanziario e creditizio, in particolare per quanto riguarda la Banca d'Italia, nella consapevolezza che stabilità e tutela del consumatore non rappresentano obiettivi tra loro in conflitto, ma costituiscono diverse facce del valore costituzionale, ed al tempo stesso economico, della tutela del risparmio in tutte le sue forme, cui si connette la disciplina del credito.
Inoltre dovrebbe essere valutata, sempre in linea generale, la possibilità di abilitare l'Autorità garante della concorrenza e del mercato a dichiarare, con provvedimento amministrativo impugnabile dinanzi agli organi di giustizia amministrativa, la nullità parziale di quelle clausole del contratto di credito la cui approvazione non è riferibile alla volontà del consumatore, il quale si trovi, in forza di tali clausole, a sopportare costi od oneri eccessivi o non previsti senza averne avuto esatta conoscenza al momento della stipula del contratto.
Sul medesimo piano si potrebbe approfondire la possibilità di attribuire alle autorità di vigilanza, per i relativi profili, la competenza ad intervenire sugli schemi negoziali dei contratti di credito al consumo, in particolare quelli che prevedano il rinvio a condizioni generali o che siano conclusi mediante la sottoscrizione di moduli e formulari, ovvero definire uno schema contrattuale il più possibile standardizzato, per lo meno per le principali tipologie di contratti di credito al consumo a maggiore diffusione, che sia sottoposto alla preventiva autorizzazione delle Autorità.
In ogni caso, in sede di recepimento della direttiva 2008/48/CE, relativa al credito ai consumatori, appare opportuno salvaguardare le competenze in materia già attribuite all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, la quale ha in molti caso dimostrato di saper assumere iniziative concrete a tutela dei consumatori nel settore del credito al consumo.
Un altro intervento che potrebbe incidere sull'efficacia della vigilanza riguarda l'incremento delle sanzioni pecuniarie che possono essere erogate per la violazione degli obblighi di correttezza contrattuale


Pag. 51

da parte degli operatori del settore, il cui ammontare massimo non può al momento superare, per le pratiche commerciali scorrette, 500.000 euro. Non c'è infatti dubbio che, in un mercato, come quello del credito al consumo, del valore totale annuo di 110 miliardi, l'ammontare complessivo di sanzioni che finora si è registrato sia assolutamente insufficiente ad esplicare un effetto dissuasivo efficace nei confronti dei soggetti non corretti.
Con riferimento alla disciplina dei rapporti tra intermediari e consumatori, per quanto attiene segnatamente alla tematica della trasparenza contrattuale, occorre in primo luogo garantire che il consumatore sia messo nelle condizioni di conoscere effettivamente il contenuto del contratto di finanziamento che egli stipula, in particolare sotto il profilo dei costi reali a suo carico, e delle clausole vessatorie, abusive o ingannevoli.
Gli interventi normativi che appaiono più urgenti ed importanti in quest'ambito riguardano dunque il rafforzamento dell'informativa e della trasparenza contrattuale, la creazione di una modulistica contrattuale standard, l'introduzione dell'obbligo, per il soggetto che eroga il credito, di effettuare in fase precontrattuale una valutazione del merito di credito del consumatore che richiede il credito, nonché la definizione di norme, se necessario anche di stampo cosiddetto «paternalistico», che vietino determinate clausole contrattuali particolarmente pericolose per il consumatore.
A tal fine occorre altresì stabilire forme di responsabilizzazione del soggetto erogante il credito rispetto alla complessiva attività di collocamento posta in essere dalla catena distributiva a contatto con la clientela, nonché sancire, in alcuni casi, l'obbligo specifico, per le banche e gli altri operatori creditizi, di prospettare ai propri clienti, attraverso forme di comunicazione individuale, gli strumenti e le possibilità a loro disposizione per la gestione dei rapporti di credito e la soluzione delle relative problematiche.
Occorre, comunque, che il rafforzamento degli obblighi informativi non finisca per tradursi in un eccesso di informazioni non utilmente utilizzabili dal consumatore, o che potrebbero addirittura confonderlo, prevedendo, in ottemperanza alle previsioni della direttiva 2008/48/CE, che al consumatore sia consegnato un modulo contenente le «Informazioni europee di base relative al credito ai consumatori» riferite allo specifico contratto di credito da stipulare, al fine di informarlo in modo semplice e comprensibile, ed in forma personalizzata, sulle condizioni contrattuali che essi si accingono a stipulare.
Un intervento fondamentale sotto il profilo specifico della trasparenza dei costi dovrebbe riguardare la definizione di un indicatore del costo globale del contratto che il consumatore stipula, nel quale devono essere conteggiate tutte le singole voci di costo previste, compresa la quota che remunera l'attività dei mediatori creditizi, degli agenti in attività finanziaria e di ogni altro intermediario, i costi relativi alle polizze assicurative richieste per consentire l'erogazione del credito (ed alle eventuali penali addebitate nel caso di estinzione della polizza a seguito di recesso dal finanziamento), le spese di istruttoria e le altre spese variamente denominate (comprese quelle per l'invio degli estratti conto), al fine di garantire che il consumatore


Pag. 52

stesso possa avere la massima consapevolezza dell'onere che si sta assumendo e compiere un'effettiva comparazione tra le diverse offerte presenti sul mercato.
In parallelo, occorre vietare espressamente l'addebito a qualunque titolo di alcun costo ulteriore rispetto a quelli compresi in tale indicatore, nonché inibire le clausole che introducano differenziazioni di costo legate ad elementi economicamente non rilevanti del contratto (è il caso della pratica, riferita nel corso delle audizioni, secondo cui i tassi di interesse possono variare a seconda che le rate di rimborso siano versate attraverso un RID, ovvero mediante bollettini postali).
Decisamente meno praticabile appare invece l'ipotesi, che pure è stata ipotizzata, di stabilire un tetto massimo alle provvigioni per gli intermediari, sia in quanto tale previsione risulterebbe in contrasto con i principi comunitari, sia in quanto essa determinerebbe probabilmente effetti dirompenti su molte strutture commerciali.
Particolare attenzione dovrà inoltre essere posta ai costi delle polizze assicurative richieste nei finanziamenti, rafforzando anche la vigilanza dell'Isvap su tale tematica. In tale ambito occorre contrastare la pratica, molto discutibile, in base alla quale, qualora al finanziamento sia collegata una polizza assicurativa a garanzia del rimborso, in caso di estinzione anticipata del finanziamento, viene normalmente addebitata al consumatore un'ulteriore penale per l'estinzione della polizza.
Ulteriormente, l'occasione offerta dalla delega per il recepimento della predetta direttiva 2008/48/CE potrebbe essere colta per compiere un passo avanti sulla tematica concernente il collegamento negoziale tra contratto di acquisto del bene o del servizio finanziato attraverso il credito al consumo e contratto di finanziamento, stabilendo con maggiore nettezza la responsabilità solidale civilistica del finanziatore per l'inadempimento del fornitore del bene o servizio cui il credito al consumo è finalizzato, la quale è invece attualmente riconosciuta nei soli casi in cui sussista un accordo di esclusiva tra tali due figure.
Parimenti, occorre rendere effettivo il diritto del consumatore a recedere dal contratto di finanziamento, superando le resistenze, di natura giuridica ed economica, che il settore creditizio ha finora posto. In particolare, in quest'ambito occorre affrontare il tema dei limiti che devono essere imposti all'indennizzo che il finanziatore può ottenere nel caso in cui il consumatore eserciti la facoltà di rimborsare anticipatamente il credito, al fine di escludere tutte quelle clausole contrattuali che rendono tale facoltà eccessivamente onerosa.
A tale proposito è stata avanzata l'ipotesi, che pure andrebbe valutata, di estendere a tutte le tipologie di credito al consumo la previsione, contenuta nell'articolo 7, comma 1, del decreto - legge n. 203 del 2007, che vieta l'applicazione di penali nel caso di estinzione anticipata di mutui immobiliari. Tale divieto sarebbe giustificato dal fatto che la maggior parte dei finanziamenti di credito al consumo, non pongono, in ragione del loro profilo temporale di breve o media durata, quei problemi di provvista per le banche che giustificavano, in passato, l'applicazione di tal penale per il caso dell'estinzione anticipata del finanziamento.
Un primo passo avanti rispetto alla problematiche dell'estinzione anticipata dai contratti potrà essere compiuto attraverso il recepimento


Pag. 53

della norma della direttiva 2008/48/CE, la quale stabilisce regole più precise circa la congruità ed estensione del termine per esercitare il diritto al recesso, che viene portato a quattordici giorni, nonché introducendo una formula ad hoc che consenta di calcolare con esattezza l'importo della penale prevista in caso di esercizio del diritto di estinzione anticipata da parte del consumatore.
Passando a taluni tipologie specifiche del credito al consumo, con specifico riferimento ai mutui immobiliari, occorre che il predetto indicatore globale di costo non si limiti ad indicare l'ammontare complessivo della rata iniziale, ma fornisca al consumatore adeguata evidenza circa la possibile dinamica futura del costo del mutuo, nel caso in cui il tasso di interesse risulti variabile o indicizzato.
Sempre per quanto riguarda il settore dei mutui, è emersa, nel corso dell'indagine, la proposta di stabilire norme che, per talune tipologie di mutuo, ad esempio i mutui per l'acquisto della casa di prima abitazione, e per talune tipologie di mutuatari, ad esempio soggetti a basso reddito che non dispongano di un adeguato livello di conoscenze finanziarie, impongano la stipula di contratti di mutuo a tasso fisso, ovvero di mutui che prevedono un limite all'incremento del tasso (mutui cosiddetti cap), sulla falsariga di quanto avviene in Francia, dove per ottenere un mutuo a tasso variabile bisogna disporre di un reddito non derivante da impiego fisso, il rapporto rata-reddito non deve superare il 30 per cento e il consumatore deve firmare una liberatoria nella quale dichiara di essere stato ben edotto dei rischi ai quali potrebbe andare incontro. Tale previsione potrebbe infatti proteggere tali soggetti dai rischi che essi potrebbero correre stipulando tassi a mutuo variabile, i cui costi potrebbero lievitare in termini tali da condurre inevitabilmente all'insolvenza, con ricadute negative non solo sui singoli consumatori, ma sull'intero sistema finanziario.
Un altro ambito nel quale si evidenziano problemi di correttezza e di trasparenza molto gravi è quello delle carte di credito, rispetto al quale l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha da tempo lamentato la poca chiarezza nell'esposizione al consumatore delle caratteristiche dei prodotti.
Le questioni più serie si pongono in particolare per le carte di credito cosiddette revolving e delle carte di credito a saldo che permettono, in alcune condizioni, un uso in modalità revolving, il cui utilizzo è fortemente aumentato anche in Italia negli ultimi anni. Si tratta infatti di prodotti complessi, che, in sostanza, in talune circostanze (ad esempio al di fuori di un determinato circuito commerciale), prevedono l'attivazione di una linea di credito con rimborso rateale a tassi molto elevati, per finanziare gli acquisti effettuati con la carta, le cui caratteristiche non consentono spesso ai consumatori meno informati di valutarne pienamente la struttura, i costi effettivi e la presenza nei relativi contratti di clausole vessatorie, abusive o ingannevoli.
A tale riguardo è necessario innanzitutto eliminare le carenze nell'informativa precontrattuale e contrattuale, legate soprattutto al fatto che, nella maggior parte dei casi, la carta viene emessa in connessione a contratti di finanziamento stipulati presso esercizi commerciali i quali non dispongono di adeguate professionalità in


Pag. 54

ambito creditizio, che la carta revolving ha, apparentemente, caratteristiche di carta cosiddetta fidelity (la quale consente al consumatore di accumulare, in occasione degli acquisti presso la catena commerciale che la rilascia, punti utilizzabili per fruire di sconti o premi), oppure che la carta viene recapitata al consumatore direttamente a casa, utilizzando una tecnica commerciale denominata «pushing», che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha sanzionato come scorretta.
Un ulteriore contributo al miglioramento del livello di tutela dei consumatori dovrà riguardare l'individuazione di strumenti di risoluzione non giurisdizionale delle controversie tra operatori del credito al consumo e consumatori. È infatti evidente come lo strumento giurisdizionale, che attualmente costituisce l'unico rimedio azionabile, sia in tali fattispecie scarsamente utilizzabile, sia per ragioni di costo e di tempi, sia per ragioni legate ai problemi generali del sistema giudiziario, e come sia pertanto necessario ipotizzare meccanismi di cosiddetta alternative dispute resolution, non limitati al profilo dei rapporti contrattuali, ma implicanti ad esempio la possibilità di rivolgersi a un'autorità di settore ai fini dell'adozione di provvedimenti di tipo sanzionatorio. A tal fine sarà utile verificare i reali effetti della costituzione dell'Arbitro bancario finanziario, recentemente disposta dalla Banca d'Italia a seguito della modifica dell'articolo 128-bis del TUB.
A tale riguardo è necessario che qualunque strumento si voglia costituire per la soluzione stragiudiziale di controversie tra le banche e la clientela si qualifichi, oltre che per la sua terzietà, soprattutto per il profilo dell'assoluta riservatezza, onde evitare un «effetto stigma» nei confronti di chi si rivolga ad esso. Non è utile, infatti, istituire un'ennesima struttura che affronti in modo burocratico il problema, ma serve invece dar vita ad un organismo autorevole, presso il quale i consumatori possano rivolgersi senza timore di rendere pubbliche le loro eventuali difficoltà finanziarie, e che possa esercitare una funzione di stimolo, di moral suasion, e, se necessario, precettiva o sanzionatoria nei confronti delle banche e degli intermediari creditizi.
Una tematica specifica che pure incide sui profili di tutela dei consumatori riguarda le problematiche concernenti l'utilizzo delle banche dati contenute nei sistemi di informazione creditizia (SIC).
A tale proposito occorre rilevare come i SIC possano svolgere una funzione sicuramente positiva nel settore del credito al consumo, in quanto consentono ai soggetti che lo erogano di disporre di informazioni e di elaborare indici sintetici di rischio a costi compatibili con l'ammontare non elevato del credito erogato al singolo consumatore, consentendo di fluidificare l'accesso al credito, tanto alle famiglie quanto alle aziende, e sostenere la crescita dell'economia.
Tuttavia, in maniera sempre più diffusa, le banche usano i dati contenuti nei SIC in forma del tutto acritica, di fatto esternalizzando le decisioni circa l'erogazione del credito. In tal modo, una volta che nel SIC risulti registrato un mancato pagamento o un ritardo in una rata del debito si rischia di non poter accedere mai più ad alcun finanziamento bancario, a prescindere dalle motivazioni, dalle dimensioni, dalla durata e dalla frequenza del mancato pagamento.


Pag. 55


Occorre, al contrario, che le scelte di erogazione del credito, soprattutto da parte delle banche, non siano dettate meccanicamente dai dati contenuti nei SIC, ma siano il frutto di un'autonoma capacità di valutazione delle banche stesse, evitando che i SIC diventino una sorta di «liste nere», in cui si può finire per ragioni a volte molto banali, se non addirittura per veri e propri errori, attribuendo ai malcapitati uno stigma indelebile, tale da precludere loro ogni successivo accesso al credito bancario.
È dunque necessario rafforzare la capacità dei SIC di fornire un quadro il più possibile integrato del comportamento dell'individuo che ha richiesto il credito, grazie al quale il mancato pagamento possa essere contestualizzato, migliorando al contempo la capacità delle banche di interpretare correttamente tale quadro informativo e di operare le proprie scelte, ed introducendo nel sistema meccanismi utili ad evitare che difficoltà temporanee o ritardi limitati nel rimborso di un finanziamento costituiscano un elemento ostativo insuperabile all'erogazione di ulteriore credito nei confronti di quel soggetto.
A questo fine potrebbe ad esempio risultare opportuno portare da tre a sette anni, come avviene nella maggior parte dei Paesi europei, il termine di conservazione nei SIC dei dati relativi alle rate di debito onorate puntualmente, riducendo in tal modo la significatività statistica di eventuali ritardi di pagamento di piccole dimensioni, ed evitando che il sistema possa classificare come «cattivi pagatori» soggetti sostanzialmente in bonis.
Parimenti, potrebbe risultare opportuno individuare dei sistemi di codifica che consentano di segnalare, nei SIC, particolari motivazioni che giustifichino l'inadempimento, quali il congelamento dei mutui, una situazione eccezionale o del tutto imprevista a causa della quale il debitore non ha potuto far fronte al proprio debito, una calamità naturale o un evento grave che ha colpito le sue proprietà o la sua attività.
Inoltre, occorre escludere dal novero degli inadempimenti registrati nei SIC gli insoluti che derivino da una truffa o dalla sottrazione di un documento di identità da cui consegua l'erogazione di credito al consumo a nome del titolare del documento.
È altresì necessario che, prima di inserire nel SIC elementi pregiudizievoli per l'erogazione di credito, essi siano comunicati con tempestività dal soggetto erogatore al diretto interessato, avvertendolo delle conseguenze derivanti dall'iscrizione nel SIC dell'inadempimento degli obblighi di rimborso, nonché fissando un tempo ragionevole entro il quale egli può fornire ulteriori elementi di chiarimento o richiedere di non registrare il dato nel SIC, ad esempio nel caso di errori, inadempimenti da parte del creditore che abbiano impedito o ritardato il pagamento delle rate da parte del debitore, omonimie o furti d'identità. In tal modo il SIC potrebbe svolgere un'utile funzione informativa, non solo nei confronti del sistema creditizio, ma anche nei confronti del singolo consumatore, che sarebbe meglio aggiornato sul quadro complessivo della sua situazione debitoria e sulle eventuali situazioni di criticità.
In parallelo, è necessario rendere più tempestive ed efficienti le modalità attraverso le quali comunicare al SIC l'avvenuta regolarizzazione


Pag. 56

degli inadempimenti, nonché ampliare i meccanismi di tutela che possono essere invocati per l'eventuale responsabilità della banca o dell'intermediario creditizio che abbia operato in maniera non diligente nell'inserimento dei dati nell'ambito dei SIC.
Inoltre, è necessario rafforzare gli strumenti che consentono di vigilare sull'accesso ai dati personali contenuti nel SIC da parte di strutture interne alla banca, sulla condivisione dei dati stessi all'interno del gruppo bancario o con altre banche o intermediari creditizi non bancari, nonché escludere che i dati contenuti nei SIC, o comunque detenuti dalle banche nell'ambito dei rapporti di credito, possano essere posti a disposizione di altri intermediari finanziari, salva espressa autorizzazione del cliente, ovvero nei casi in cui ciò è consentito dalla normativa in materia.
A maggior ragione, occorre impedire o circoscrivere fortemente la possibilità che soggetti non operanti nell'ambito del credito al consumo possano accedere agli archivi dei predetti SIC, sia segnalando i dati in loro possesso, sia utilizzando quelli segnalati dagli altri partecipanti. Tale utilizzo improprio dei dati dei SIC potrebbe infatti consentire pratiche di cosiddetta «profilazione» del singolo cliente, potenzialmente molto pericolose sotto il profilo della tutela della privacy.
Un ulteriore aspetto posto all'attenzione della Commissione nel corso dell'indagine conoscitiva, connesso anch'esso alle problematiche relative ai profili di tutela dei consumatori, riguarda il fenomeno delle frodi nel settore del credito al consumo, le quali si realizzano principalmente attraverso il furto di identità ovvero mediante la clonazione di carte di credito.
Al riguardo si può in primo luogo segnalare come l'attività di credito al consumo si sia sviluppata, negli ultimi anni, attraverso la diffusione in organizzazioni commerciali molto ampie ed attraverso procedure altamente informatizzate, e come tale circostanza abbia reso agevole e remunerativo, per organizzazioni criminali o singoli soggetti, commettere operazioni fraudolente mediante impossessamento dell'identità di altri soggetti.
Presso i punti di vendita della grande distribuzione, infatti, il credito al consumo è erogato spesso in tempi molto rapidi, a persone che, di norma, non sono note (diversamente da quelle che chiedono un finanziamento alla banca), previa esibizione di documenti sui quali vengono effettuati controlli sostanzialmente formali da parte del personale addetto alle vendite, il quale spesso non dispone di una formazione specifica in materia finanziaria e creditizia, né, tantomeno, in materia di prevenzione delle frodi.
In tale contesto si è registrato un preoccupante aumento delle operazioni di finanziamento fraudolente, per un importo di circa 145 milioni di euro nel 2008, relative soprattutto a prestiti finalizzati e localizzate in particolare in Lombardia, Veneto, Piemonte e Toscana, vale a dire in quelle regioni del Centro - Nord dove maggiormente si è concentrata l'erogazione del credito.
Analogamente a quanto avviene in altri settori, i fenomeni fraudolenti nel credito al consumo, a prescindere dalla loro rilevanza penale, determinano, in via diretta, un problema di non facile gestione per le banche e gli altri intermediari creditizi, e, soprattutto, arrecano


Pag. 57

indirettamente un danno rilevante, sebbene non facilmente quantificabile, a tutti coloro che richiedono credito, in quanto contribuiscono ad elevarne il costo ed a razionarne la disponibilità.
Il problema delle frodi costituisce inoltre, al di là della sua gravità in sé, un elemento di freno al miglioramento, soprattutto in termini di costi e di razionale uso delle risorse, del sistema finanziario italiano, ad esempio in quanto induce ad un utilizzo sproporzionato del contante (il 90 per cento delle transazioni è ancora effettuato con tale modalità) rispetto alla media dei Pesi avanzati, e rappresenta uno degli elementi che impediscono un maggiore ricorso alla moneta elettronica, il cui uso è fortemente penalizzato proprio dal timore, ampiamente diffuso tra i consumatori, di incorrere in episodi del genere.
Per fronteggiare tale grave fenomeno sarebbe certamente utile disporre di un sistema che consenta la registrazione e l'incrocio, a fini antifrode, dei dati di coloro che richiedono l'erogazione di credito al consumo.
In considerazione della quantità e delicatezza dei dati che sarebbero gestiti dal sistema, occorre che quest'ultimo sia realizzato sulla base di un intervento di rango legislativo, che consenta di garantire i profili di riservatezza e di evitare che la registrazione nell'archivio del sistema possa prestarsi ad usi distorti, ovvero determinare l'esclusione dei soggetti in condizioni di difficoltà economica dall'accesso al credito, per un periodo più o meno prolungato.
Specifiche preoccupazioni sono state inoltre sollevate nel corso dell'indagine rispetto all'ipotesi di creare banche dati molto ampie, in cui siano disponibili tutti i dati relativi ad una persona, in quanto la concentrazione delle informazioni rende notevolmente più difficile la difesa contro gli abusi, a tutela della riservatezza delle persone, soprattutto se si pensa di prevedere una modalità di funzionamento interattiva del sistema.
Inoltre, l'utilizzazione di dati personali per le indicate finalità dovrebbe essere effettuata con modalità tali da evitare l'acquisizione di informazioni non pertinenti, atte a rivelare comportamenti o preferenze che nulla hanno a che vedere con il rapporto creditizio o debitorio, nonché a precludere l'uso di tali dati per finalità estranee.
Pertanto, è in primo luogo indispensabile che, al fine di assicurare adeguate garanzie al riguardo, l'organizzazione e la gestione di tale sistema sia affidato ed un'entità pubblica, e che esso sia strettamente collegato al settore specifico del credito al consumo.
In secondo luogo, sarebbe preferibile utilizzare i dati presenti nelle banche dati già esistenti, senza crearne una nuova, anche al fine di accorciare i tempi di realizzazione del sistema di prevenzione, evitare di ampliare eccessivamente le categorie di dati utilizzabili, nonché circoscrivere i soggetti che possono accedere al sistema stesso.
In terzo luogo si può prevedere la procedibilità d'ufficio, e non più su querela di parte, dei reati di frode e di quelli connessi. Il ricorso allo strumento penale non appare peraltro risolutivo, ma può più che altro svolgere un ruolo di deterrenza, in quanto, anche alla luce delle difficoltà in cui versa il sistema giudiziario, il numero molto elevato di tali fenomeni, e l'importo relativamente modesto delle


Pag. 58

singole frodi, comporta la conseguenza che il numero di casi nei quali l'azione penale è effettivamente esercitata e portata avanti per tali reati risulta molto basso.
Da ultimo, occorre sensibilizzare maggiormente, attraverso specifiche campagne formative e formative, anche a carico degli operatori creditizi, i consumatori circa la necessità di avvalersi in misura più ampia di tutti quegli strumenti che possono difenderli dai fenomeni fraudolenti, quali un uso più prudente dei propri dati e codici bancari, un più attento controllo degli estratti conto o l'attivazione dei sistemi di avviso relativi all'utilizzo della carta.
In definitiva, si deve sottolineare come la strategia di contrasto alle frodi dovrà poggiare principalmente su meccanismi di prevenzione, che consentano di disincentivare alla radice il fenomeno, consentendo agli stessi operatori del credito di individuare e sventare i tentativi di frode.

3.6 Conclusione: linee guida per una riforma.

L'ampia panoramica svolta nel corso dell'indagine conoscitiva ha consentito alla Commissione di evidenziare il ruolo positivo e le potenzialità del credito al consumo, ma anche di mettere in luce una serie di criticità, che riguardano principalmente i profili di tutela dei consumatori, nonché la vigilanza degli operatori attivi in tale campo.
In tali ambiti è emersa l'esigenza di taluni interventi correttivi, che dovranno essere realizzati sia attraverso misure di carattere normativo, sia mediante l'attività di vigilanza sul settore concretamente svolta dalle autorità competenti, sia grazie alla collaborazione di tutte le categorie operanti nel settore.
Tali interventi dovrebbero in particolare orientarsi, ad avviso della Commissione, secondo alcune linee guida, che essa intende offrire al dibattito politico ed alla discussione pubblica:
migliorare il livello di trasparenza dei rapporti tra operatori e consumatori, sia in sede precontrattuale, sia in sede contrattuale, attraverso la predisposizione di modelli informativi al tempo stesso esaustivi e comprensibili per il singolo consumatore, che eliminino ogni opacità rispetto agli elementi fondamentali del rapporto, dedicando in tale contesto particolare attenzione a talune tipologie di credito al consumo, quali i mutui a tasso variabile e le carte di credito revolving;
superare le lacune e le incertezze normative che ancora sussistono relativamente al problema del collegamento negoziale tra contratto di credito al consumo e contratto di fornitura del bene o del servizio, stabilendo in termini più chiari la responsabilità contrattuale del finanziatore per la fattispecie di inadempimento del fornitore;
prevedere un sistema di controllo preventivo pubblicistico dei modelli contrattuali di massa o standard, che consenta di eliminare clausole vessatorie o eccessivamente pericolose per il consumatore,


Pag. 59

valutando in tale prospettiva la possibilità di stabilire specifici divieti ad utilizzare talune tipologie di credito al consumo per alcune fasce di consumatori economicamente o socialmente più deboli;
individuare un indicatore di costo omnicomprensivo, che fornisca al consumatore chiara e completa evidenza di tutti i costi connessi all'erogazione del credito, con conseguente divieto di addebitare al consumatore stesso costi ulteriori rispetto a quelli compresi nel predetto indicatore;
rafforzare i poteri, anche sanzionatori, attribuiti alle autorità di vigilanza, soprattutto per quanto riguarda la trasparenza nei rapporti tra operatori del credito e consumatori ed il contrasto alle pratiche commerciali scorrette, stimolando le autorità stesse ad orientare maggiormente la loro attività verso i profili di tutela dei consumatori;
individuare, in un quadro di tutele pubblicistiche, forme di risoluzione non giurisdizionale delle controversie tra operatori del credito e consumatori, fornendo a questi ultimi uno strumento di salvaguardia in più;
rivedere il quadro normativo applicabile agli intermediari finanziari operanti nel credito al consumo, con particolare riferimento ai mediatori creditizi ed agli agenti in attività finanziaria, individuando requisiti più rigorosi per l'accesso all'attività, migliorandone la qualificazione professionale complessiva e l'indipendenza, nonché favorendo una più solida strutturazione degli intermediari stessi, soprattutto al fine di dare ordine alla catena distributiva dei prodotti di credito al consumo;
introdurre misure di contrasto ai conflitti di interesse nei rapporti tra le banche e gli intermediari operanti nel credito al consumo;
rafforzare la capacità degli operatori del credito di effettuare un'autonoma valutazione del merito di credito dei soggetti che richiedono il finanziamento, nei limiti in cui ciò è possibile con riferimento al settore del credito al consumo;
introdurre una normativa specifica sul problema del sovraindebitamento dei consumatori e delle famiglie, non solo sotto il profilo della disciplina degli effetti, ma anche attraverso meccanismi che consentano di ostacolare il determinarsi di tale condizione;
definire un quadro normativo più preciso per quanto riguarda l'operatività dei sistemi di informazione creditizia, in particolare migliorando l'informativa al consumatore circa l'inserimento dei propri dati nell'ambito di tali sistemi, e consentendo al consumatore stesso di avanzare eccezioni rispetto alle registrazioni effettuate e rafforzando i presidi di tutela della privacy contro ogni uso distorto dei dati stessi;
istituire efficaci strumenti di contrasto alle frodi, in particolare per quanto riguarda i furti d'identità, soprattutto attraverso l'individuazione


Pag. 60

di meccanismi preventivi che consentano agli stessi operatori del credito di individuare e sventare i tentativi di frode prima della stipulazione del contratto;
definire una strategia istituzionale che consenta di migliorare il grado di educazione finanziaria dei risparmiatori e dei consumatori italiani, in un'ottica di tutela dei propri interessi e diritti.

Si tratta, evidentemente, di un complesso di interventi riformatori ampio ed ambizioso, che potrà essere realizzato nel medio periodo, già a partire dall'esercizio della delega per il recepimento della direttiva 2008/48/CE, e che dovrà vedere la partecipazione attiva di tutti gli attori, pubblici e privati, competenti o operanti nel settore.
Al di là dei singoli interventi, occorre comunque, più in generale, che la politica si riappropri della capacità di governare i processi di evoluzione, a volte tumultuosi, che stanno interessando il settore creditizio, e quello del credito al consumo in particolare.
È auspicabile che su tali temi si determini una consapevolezza condivisa, e, soprattutto, che su questi orientamenti si coaguli il consenso del ventaglio più vasto possibile di forze politiche, così da avviare al più presto il processo riformatore.


NOTE:
(1) Seduta di martedì 27 ottobre 2009, Audizione di GIANCARLO CUPANE, Presidente dell'Assocred.
(2) Seduta di martedì 10 novembre 2009, Audizione del dottor GIOVANNI SABATINI, Direttore generale dell'Associazione bancaria italiana (ABI).
(3) Seduta di mercoledì 7 ottobre 2009, Audizione dell'avvocato AGOSTINO D'ANTUONI, Esperto del settore.
(4) Seduta di mercoledì 11 novembre 2009, Audizione del Capo del Servizio Supervisione intermediari specializzati della Banca d'Italia, Dottor ROBERTO RINALDI.
(5) Seduta di mercoledì 14 ottobre 2009, Audizione del dottor CARLO TRESOLDI, Presidente del Gruppo SIA-SSB.
(6) Seduta di mercoledì 11 novembre 2009, Audizione del Capo del Servizio Supervisione intermediari specializzati della Banca d'Italia, Dottor ROBERTO RINALDI.
(7) Seduta di martedì 23 giugno 2009, Audizione di MARCO SALEMI, Direttore del settore ricerca e innovazione della CRIF Spa; seduta di mercoledì 14 ottobre 2009, Audizione di VALENTINO GHELLI, Presidente di Assofin; seduta di martedì 10 novembre 2009, Audizione del dottor GIOVANNI SABATINI, Direttore generale dell'Associazione bancaria italiana (ABI); seduta di mercoledì 11 novembre 2009, Audizione del Capo del Servizio Supervisione intermediari specializzati della Banca d'Italia, dottor ROBERTO RINALDI.
(8) Seduta di mercoledì 14 ottobre 2009, Audizione del dottor WALTER BRUSCHI, Direttore generale di CPP Italia.
(9) Cfr. Bollettino Economico della Banca d'Italia n. 52, aprile 2008.
(10) Seduta di mercoledì 11 novembre 2009, Audizione del Capo del Servizio Supervisione intermediari specializzati della Banca d'Italia, Dottor ROBERTO RINALDI.
(11) Seduta di martedì 10 novembre 2009, Audizione del dottor Giovanni Sabatini, Direttore generale dell'Associazione bancaria italiana (ABI).
(12) Seduta di giovedì 8 ottobre 2009, Audizione dell'avvocato GIUSEPPE LEONARDO CARRIERO, Esperto del settore.
(13) Seduta di martedì 23 giugno 2009, Audizione di MARCO SALEMI, Direttore del settore ricerca e innovazione della CRIF Spa.
(14) Seduta di martedì 10 novembre 2009, Audizione del dottor GIOVANNI SABATINI, Direttore generale dell'Associazione bancaria italiana (ABI).
(15) Seduta di giovedì 26 novembre 2009, Audizione del Direttore generale del Tesoro, professor VITTORIO GRILLI.
(16) Seduta di mercoledì 11 novembre 2009, Audizione del Capo del Servizio Supervisione intermediari specializzati della Banca d'Italia, dottor ROBERTO RINALDI.
(17) Seduta di mercoledì 14 ottobre 2009, Audizione del dottor CARLO TRESOLDI, Presidente del Gruppo SIA-SSB.
(18) Seduta di mercoledì 25 novembre 2009, Audizione del Professor FRANCESCO PIZZETTI, Presidente dell'Autorità garante per la tutela dei dati personali.
(19) Seduta di giovedì 8 ottobre 2009, Audizione dell'avvocato GIUSEPPE LEONARDO CARRIERO, Esperto del settore.
(20) Seduta di giovedì 8 ottobre 2009, Audizione dell'avvocato GIUSEPPE LEONARDO CARRIERO, Esperto del settore.
(21) Seduta di mercoledì 14 ottobre 2009, Audizione di rappresentanti dell'Assofin.
(22) Seduta di martedì 17 novembre 2009, Audizione del Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, Dottor ANTONIO CATRICALÀ.
(23) Osservatorio Credito al dettaglio Assofin-Crif-Prometeia, giugno 2009.
(24) Seduta di giovedì 8 ottobre 2009, Audizione dell'avvocato GIUSEPPE LEONARDO CARRIERO, Esperto del settore.
(25) Seduta di mercoledì 21 ottobre 2009, Audizione di SILVIA CASTRONOVI, Relazioni esterne istituzionali di Altroconsumo.
(26) Seduta di mercoledì 14 ottobre 2009, Audizione del dottor CARLO TRESOLDI, Presidente del Gruppo SIA-SSB.
(27) Seduta di mercoledì 11 novembre 2009, Audizione del Capo del Servizio Supervisione intermediari specializzati della Banca d'Italia, Dottor ROBERTO RINALDI.
(28) Seduta di mercoledì 11 novembre 2009, Audizione del Capo del Servizio Supervisione intermediari specializzati della Banca d'Italia, dottor ROBERTO RINALDI.
(29) ROBERTO RINALDI, Condirettore centrale - Capo del Servizio Supervisione intermediari specializzati della Banca d'Italia.
(30) Seduta di martedì 17 novembre 2009, Audizione del Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ANTONIO CATRICALÀ.
(31) Seduta di martedì 23 giugno 2009, Audizione del dottor CARLO GHERARDI, Amministratore delegato della CRIF Spa.
(32) Seduta di giovedì 26 novembre 2009, Audizione del professor VITTORIO GRILLI, Direttore generale del Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze.
(33) Seduta di mercoledì 14 ottobre 2009, Audizione di VALENTINO GHELLI, Presidente di Assofin.
(34) Seduta di martedì 10 novembre 2009, Audizione del dottor GIOVANNI SABATINI, Direttore generale dell'Associazione bancaria italiana.
(35) Seduta di mercoledì 25 novembre 2009, Audizione di FRANCESCO PIZZETTI, Presidente dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali.

Consulta resoconti delle indagini conoscitive
Consulta gli elenchi delle indagini conoscitive