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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VI
13.
Mercoledì 22 febbraio 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Conte Gianfranco, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME CONGIUNTO DELLA PROPOSTA DI REGOLAMENTO DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO RELATIVO AI REQUISITI PRUDENZIALI PER GLI ENTI CREDITIZI E LE IMPRESE DI INVESTIMENTO (COM(2011)452 DEFINITIVO) E DELLA PROPOSTA DI DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO SULL'ACCESSO ALL'ATTIVITÀ DEGLI ENTI CREDITIZI E SULLA VIGILANZA PRUDENZIALE DEGLI ENTI CREDITIZI E DELLE IMPRESE DI INVESTIMENTO E CHE MODIFICA LA DIRETTIVA 2002/87/CE (COM(2011)453 DEFINITIVO)

Audizione di componenti del Parlamento europeo eletti in Italia:

Conte Gianfranco, Presidente ... 3 5 9 11 12
Domenici Leonardo, Parlamentare europeo ... 6 10 11
Fluvi Alberto (PD) ... 3 9
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

COMMISSIONE VI
FINANZE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 22 febbraio 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO CONTE

La seduta comincia alle 13,30.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di componenti del Parlamento europeo eletti in Italia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento (COM(2011)452 definitivo) e sulla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'accesso all'attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 2002/87/CE (COM(2011)453 definitivo), l'audizione di componenti del Parlamento europeo eletti in Italia.
È presente l'eurodeputato Leonardo Domenici, membro del gruppo Alleanza progressista dei socialisti e democratici e componente della Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo.

ALBERTO FLUVI. Signor presidente, considerata la particolarità dell'audizione, unitamente al fatto che siamo nella fase ascendente di costruzione delle proposte di regolamento e direttiva, converrebbe, se lei è d'accordo, invertire l'ordine degli interventi: anziché cominciare dalla relazione, sarebbe opportuno, forse, che l'onorevole Domenici ascoltasse i nostri interventi, per farsi un'idea degli argomenti che è nostra intenzione approfondire.

PRESIDENTE. Condivido la sua proposta, onorevole Fluvi.
Do quindi la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

ALBERTO FLUVI. In primo luogo, mi sembra giusto ragguagliare l'onorevole Domenici sul lavoro molto sostanzioso che la Commissione ha compiuto.
Abbiamo svolto molte audizioni interessanti, alle quali sono intervenuti il presidente dell'Associazione bancaria italiana, i rappresentanti delle imprese, nonché il presidente dell'Autorità bancaria europea (EBA), dottor Enria, agenzie di rating ed esperti del settore. Nell'ultima audizione del ciclo, in programma domani, ascolteremo il direttore centrale per l'Area vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d'Italia. Insomma, abbiamo svolto un lavoro di ricognizione abbastanza ampio.
Ho notato, rimanendone favorevolmente colpito, che i soggetti intervenuti in audizione hanno preferito sorvolare sui tanti aspetti di dettaglio riguardanti questo o quel settore, per concentrare la propria


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analisi, piuttosto, su pochi temi specifici, quasi vi fosse la consapevolezza della necessità di fare sistema, al fine di rafforzare le principali richieste di modifica delle proposte elaborate dalla Commissione europea.
A tale proposito, ho maturato la convinzione, in qualità di relatore sulle predette proposte di regolamento e di direttiva, che sia opportuno predisporre una proposta di documento finale focalizzata su poche questioni, che desidero molto brevemente riepilogare.
Inizio da una considerazione che, pur riguardando le questioni cui ci stiamo interessando in questa sede, è valida in generale. Mi riferisco al rapporto tra le proposte elaborate dai diversi organi tecnici, siano essi il Comitato di Basilea o l'EBA, e le decisioni politiche dei Parlamenti.
Il Parlamento europeo e il Consiglio non si sono ancora pronunciati, in via definitiva, sulle proposte di regolamento e di direttiva, mentre il Parlamento italiano se ne sta occupando nella cosiddetta fase ascendente del processo legislativo comunitario. Ciò nonostante, i mercati hanno già reagito alle decisioni del Comitato di Basilea e dell'EBA. Paradossalmente, quando recepiranno il «pacchetto» di misure che definiamo Basilea 3, nel corso di questo o del prossimo anno, i Parlamenti nazionali si troveranno, sostanzialmente, a ratificare l'esistente, senza alcuna possibilità di intervenire nel processo di costruzione delle regole, già operanti di fatto.
Come ci ha detto il presidente dell'ABI, per quanto riguarda il cronoprogramma di Basilea 3, considerati gli aumenti di capitale deliberati prima dell'esercizio dell'EBA, già oggi le banche italiane rispettano i requisiti richiesti per il 2016. Esiste, quindi, il problema - nel caso di specie per Basilea, ma anche in generale - del rapporto tra decisioni dei Parlamenti e atti degli organi tecnici.
Il secondo punto riguarda la sovrapposizione tra le decisioni del Comitato di Basilea e i provvedimenti adottati dall'EBA dopo i due esercizi sul capitale di luglio e, soprattutto, dell'autunno scorso (il secondo a seguito delle decisioni del Consiglio europeo del 26 ottobre 2011). In particolare, la Raccomandazione formale dell'EBA dell'8 dicembre 2011 è caratterizzata da un'impostazione diversa rispetto alle indicazioni del Comitato di Basilea: mentre la prima chiede alle banche di incrementare il proprio capitale in un momento particolarmente difficile, Basilea 3 prevede la costituzione di buffer nei periodi positivi del ciclo economico, per utilizzarli nei periodi negativi. In altre parole, mentre il provvedimento dell'EBA ha effetti prociclici, le regole di Basilea 3 hanno valenza anticiclica.
La Camera ha già approvato, all'unanimità, una risoluzione che impegna il Governo a promuovere, presso le sedi europee, il differimento dell'attuazione dell'esercizio dell'Autorità bancaria europea, tenuto conto del peggioramento delle prospettive di crescita dell'economia e del fatto che i rischi di recessione si fanno sempre più concreti. È nostra intenzione ribadire all'interno del documento finale la necessità di rivedere la suddetta tempistica.
Venendo alle questioni che riguardano più direttamente Basilea 3, appare necessario introdurre una regolamentazione che incentivi il sostegno all'economia reale e che permetta non soltanto di differenziare gli istituti finanziari, nel rispetto del principio di proporzionalità, in base alle dimensioni e al modello di business, ma anche di affrontare il tema centrale della leva finanziaria. Mi riferisco a una regolamentazione che, semplificando al massimo, penalizzi chi fa un uso eccessivo della leva finanziaria e favorisca, invece, chi destina risorse all'economia reale.
In questo capitolo rientra il tema delle piccole e medie imprese (PMI). Riteniamo indispensabile introdurre un meccanismo che riduca il costo del finanziamento alle piccole e medie imprese. Sto parlando di quello che è comunemente definito balance factor, di un fattore correttivo che privilegi il finanziamento alle piccole imprese.


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Un ulteriore sottocapitolo è quello relativo al settore dei consorzi di garanzia collettiva dei fidi. L'accordo di Basilea 3 prevede, infatti, che le garanzie fornite alle imprese dai confidi si sommino a quelle delle banche, in maniera tale che la somma degli accantonamenti della banca e dei confidi superi l'accantonamento cui la banca sarebbe tenuta in assenza della garanzia. In proposito, ci sembra necessario un riallineamento, per non penalizzare il sistema dei confidi e, soprattutto, per consentire alle banche un minore assorbimento di capitale quando il finanziamento all'impresa è assistito dalla garanzia di un consorzio.
Un'altra questione, sulla quale credo sia opportuna una riflessione, riguarda il rapporto tra l'Autorità bancaria europea e la Banca d'Italia (e, in generale, le autorità di vigilanza nazionali). Da una parte, abbiamo la necessità di livellare il campo di gioco, poiché le misure regolamentari adottate dalle diverse autorità, a seconda del rigore della vigilanza, possono favorire o penalizzare l'attività degli istituti di credito di taluni Paesi. Il caso classico è quello dell'assorbimento di capitale a fronte di un mutuo immobiliare, cui è associato, in Italia, un fattore di ponderazione del rischio molto più elevato rispetto a quelli applicati in Francia, in Germania o in altri Paesi.
Poiché il problema del disallineamento effettivamente esiste, le proposte di regolamento e di direttiva dovrebbero andare nella direzione di un livellamento del campo di gioco.
Tuttavia, si pone anche la questione del ruolo dell'autorità di vigilanza nazionale e del suo rapporto con l'EBA, che avrà il compito di emanare i provvedimenti attuativi. Credo che, all'interno di un processo di convergenza della regolamentazione europea, sia da valorizzare maggiormente il ruolo delle autorità di vigilanza nazionali, alle quali dovrebbe essere consentito di mitigare gli effetti del ciclo economico in relazione alle peculiarità di ciascun Paese, attraverso l'introduzione di discount factor anche temporanei.
Da ultimo, viene in considerazione l'attività delle agenzie di rating. Al riguardo, giudichiamo necessaria, tra l'altro, l'eliminazione di ogni automatismo che colleghi ai giudizi emessi da agenzie di rating esterne (ECAI) conseguenze di tipo normativo. Poiché lei, onorevole Domenici, è il relatore presso il Parlamento europeo sulla proposta di direttiva concernente le agenzie di rating, colgo l'occasione per chiederle a che punto sono i lavori.

PRESIDENTE. Condivido pienamente le considerazioni svolte dal collega Fluvi.
Dal momento che è stato limitato il ruolo della politica nella gestione dei mercati finanziari, rischiamo che la tecnocrazia prevalga nuovamente sulla politica. Non dovremmo assolutamente permetterlo, anche se i passi finora compiuti sembrano andare in ben altra direzione.
Non ritengo opportuno che scelte come quelle contenute nei documenti di Basilea 3 siano compiute, senza possibilità di correzioni, da quegli stessi tecnocrati che non hanno saputo prevedere la crisi e mettere in atto comportamenti adeguati. Così stando le cose, è giustificato il timore che, se hanno sbagliato una volta, essi potrebbero sbagliare ancora. È, quindi, naturale che la politica cerchi di introdurre i predetti correttivi nella fase ascendente del processo legislativo, tenendo conto degli interessi dei singoli Paesi.
È fondamentale, come rilevato dall'onorevole Fluvi, perseguire l'obiettivo di un livellamento del campo di gioco. In una situazione nella quale i comportamenti delle autorità nazionali o il campo di gioco non sono allineati, elaborare una regola generale significa voler procedere in un'unica direzione: quella di favorire i Paesi più forti. Che sia questo lo scopo lo dimostrano le scelte dell'EBA, che hanno determinato un velocissimo adeguamento dei criteri di capitale e, nel contempo, una sottovalutazione dei rischi legati agli asset tossici detenuti dalle banche tedesche e francesi.
Un accordo è auspicabile, ma non ritengo più possibile che il suo contenuto sia stabilito da brain trust all'interno delle


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banche, ovvero dagli stessi soggetti che ci hanno fatto precipitare in questa situazione.
Mi sembra, quindi, assolutamente necessario che la politica riprenda in mano il timone delle riforme dalle quali scaturiranno le nuove regole prudenziali. Credo che su tale necessità convengano anche i colleghi, i quali hanno visto emergere dalle audizioni, in maniera ricorrente, istanze volte a salvaguardare il nostro patrimonio di PMI e, soprattutto, a scongiurare, in una fase di incertezza finanziaria come quella in atto, gli effetti del credit crunch, che ogni giorno, purtroppo, siamo costretti a riscontrare.
Do quindi la parola all'onorevole Domenici.

LEONARDO DOMENICI, Parlamentare europeo. Vi ringrazio per avermi invitato a intervenire in audizione su un tema che ritengo di grandissima importanza.
Devo premettere, però, che in questo momento non sto seguendo, all'interno della Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo, la quarta direttiva sui requisiti patrimoniali (CRD IV), principalmente perché, come ricordato dall'onorevole Fluvi, sono relatore sulla proposta di modifica del regolamento concernente le agenzie di rating. Peraltro, abbiamo da poco concluso l'esame di un altro provvedimento molto importante: la cosiddetta direttiva EMIR (European Market Infrastructure Regulation), recante la disciplina dei derivati over the counter (OTC).
Il mio intervento risulterà sicuramente lacunoso. Ritengo, tuttavia, che lo scambio di opinioni odierno possa essere molto utile, anche perché la proposta relativa ai capital requirement rappresenta un passaggio legislativo di grandissima importanza.
Come sapete, tale proposta, presentata dalla Commissione lo scorso 20 luglio, si articola, in realtà, in due strumenti giuridici costituenti un unico «pacchetto»: una proposta di direttiva, composta di 154 articoli e un allegato, e una proposta di regolamento, comprendente 488 articoli e quattro allegati. Non lo ricordo per puntiglio, o per amore della precisione, ma perché ritengo che nel Parlamento europeo, e nei Parlamenti nazionali, si dovrebbe sollevare e discutere il problema della eccessiva complessità dei provvedimenti in esame. Da ciò emerge un duplice rischio: che l'applicabilità delle nuove misure diventi più problematica (vi accennava, poco fa, il presidente Conte); che l'intero sistema risulti più opaco. Anche a mio parere uno dei problemi fondamentali è rappresentato dalla possibilità, per la politica o per le autorità di regolazione, di intervenire sul modo in cui aspetti così rilevanti come quelli presi in considerazione nei documenti in esame sono affrontati e gestiti dalle grandi banche, dagli intermediari e, più in generale, dai mercati finanziari.
Gli obiettivi, poiché l'intenzione è quella di recepire Basilea 3, mi paiono condivisibili. Si tratta di rafforzare la solidità del settore bancario, garantendo, al contempo, che le banche continuino, come ricordava l'onorevole Fluvi, a finanziare l'attività economica e la crescita.
La scadenza per la presentazione degli emendamenti è il 5 marzo. Una prima valutazione degli emendamenti presentati si svolgerà il 26 e il 27 marzo. Una seconda valutazione, essendo presumibile che gli emendamenti saranno presentati in numero consistente, è fissata per il 12 aprile. Il voto presso la Commissione per i problemi economici e monetari è previsto nei giorni 25 e 26 aprile, mentre la votazione in Assemblea plenaria si svolgerà a giugno (credo che tale previsione sia ottimistica). In questa fase, sono molto importanti il lavoro e il contributo dei Parlamenti nazionali.
Ho letto l'intervento svolto al Forex di Parma dal Governatore Visco, il quale ha richiamato alcune tra le preoccupazioni che anche voi avete espresso. Peraltro, anche se non toccherebbe a me dirlo, credo che questa Commissione, e il relatore in particolare, abbiano svolto un ottimo lavoro di approfondimento.


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Dobbiamo tradurre in norme legislative di livello europeo quanto previsto da Basilea 3, assecondando gli obiettivi fondamentali dell'Accordo. Tuttavia, credo sia anche necessario considerare una serie di aspetti critici e problematici, in rapporto alle specifiche condizioni tanto dei singoli Paesi quanto dei singoli settori economico-finanziari, senza che ciò vada a scapito del rigore nell'applicazione delle nuove misure proposte, soprattutto per quanto riguarda i requisiti di capitale. È importante sottolinearlo, perché lo stesso Presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, ha formulato alcuni rilievi, a mio parere condivisibili, e in parte richiamati anche dal Governatore Visco, in relazione alla sequenza logica e cronologica dei provvedimenti susseguitisi negli ultimi mesi. Non c'è dubbio che i risultati degli stress test, e le conseguenti indicazioni contenute nella Raccomandazione dell'EBA dell'8 dicembre dello scorso anno, siano sopraggiunti quando ancora non si era ottemperato agli impegni intergovernativi circa il rafforzamento del cosiddetto firewall, ovvero dell'European Financial Stability Facility (EFSF). Il mancato rispetto della corretta sequenza ha provocato una serie di squilibri, con i quali oggi è necessario fare i conti.
Vorrei affrontare, in particolare, quattro temi. Aggiungerò qualche ulteriore considerazione a quelle già svolte dall'onorevole Fluvi, in modo da dare corpo a una base sulla quale si potrebbe lavorare per mettere a punto emendamenti condivisi. Presso il Parlamento europeo, il lavoro tecnico sugli emendamenti è un'abitudine abbastanza consolidata, che prescinde, spesso, dalle differenti collocazioni politiche.
Il primo tema riguarda i requisiti di capitale, il rischio sistemico e il finanziamento dell'economia reale.
L'elevazione dei requisiti di capitale, risultato di una complessa equazione, ha l'obiettivo di ridurre il rischio sistemico. Questo risultato può essere ottenuto, come ricordava l'onorevole Fluvi, o aumentando i requisiti di capitale, costituendo i cosiddetti «cuscinetti», o buffer, oppure riducendo le esposizioni delle banche. Credo che un approfondimento al riguardo sia necessario, per trovare un equilibrio più appropriato tra le diverse esigenze che vengono in considerazione.
Il problema è legato alla definizione degli strumenti di capitale computabili nel common equity tier 1 (CET 1). Si tratta di precisare se alcuni strumenti non interamente liquidi possano essere ammessi nel capitale di migliore qualità. Tuttavia, ciò potrebbe risultare non sufficiente. È apparsa, quindi, di fondamentale importanza l'introduzione di uno specifico correttivo. In alcuni casi, infatti, sebbene il livello di CET 1 fosse conforme ai requisiti, le banche erano in condizioni estremamente deteriorate, quando non si trovavano addirittura sull'orlo del fallimento.
Peraltro, il problema della sovrapposizione tra i provvedimenti, cui accennava l'onorevole Fluvi, chiama in causa lo stesso Consiglio europeo. Infatti, nella calibrazione dello schema patrimoniale di Basilea 3 è indicato come requisito minimo, quanto al common equity tier 1, il 4,5 per cento. L'elevazione al 9 per cento è stata decisa dal Consiglio europeo.
Credo che occorra approfondire la questione, perché l'individuazione del punto di equilibrio nell'uso degli strumenti non interamente liquidi è un'operazione alquanto delicata.
Ritengo che debba essere sostenuta la proposta di introdurre il liquidity coverage ratio (LCR), pur essendo necessario capire meglio se la previsione di tale indicatore, a partire dal 2015, sia sufficiente a contenere il rischio sistemico. Anche questo tema potrebbe essere oggetto di approfondimento e di eventuali modifiche attraverso emendamenti.
Credo che dobbiamo insistere su liquidity coverage ratio e net stable funding ratio, entrambi obiettivi di lungo periodo, lasciando, tuttavia, alle autorità nazionali la possibilità di garantire l'adempimento. Mi pare che ciò vada incontro ad alcune preoccupazioni espresse dall'onorevole Fluvi.
Personalmente, ritengo giusto sostenere il supporting factor per le piccole e medie


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imprese. Il relatore, l'onorevole Othmar Karas, membro molto valido del gruppo austriaco del Partito popolare europeo, ha già presentato un primo emendamento su questo specifico argomento.
Un altro aspetto di grandissima importanza attiene al trattamento dei debiti sovrani. È evidente che i debiti sovrani non possono essere valutati a rischio zero; è altrettanto evidente, però, che nemmeno possono essere valutati ai valori di mercato. Comunque, l'EBA ha già fornito alcune rassicurazioni in merito alla revisione del buffer temporaneo, qualora si allentino le tensioni sul debito sovrano. Credo che la stretta collaborazione tra Parlamenti nazionali e Parlamento europeo sia molto importante anche da questo punto di vista.
Il relatore Karas ha presentato un emendamento che incarica la Commissione europea di trovare una soluzione. A mio avviso, invece, sarebbe preferibile che noi stessi formulassimo una proposta più precisa, anche con l'ausilio e il supporto di una expertise tecnica.
Per quanto riguarda i rating, il lavoro sulla CRD IV dovrà allinearsi a quello in corso per la modifica del regolamento concernente le agenzie di rating del credito. L'elemento fondamentale intorno al quale è possibile rendere coerenti i due provvedimenti è rappresentato dal fatto che una delle finalità della proposta della Commissione europea è quella di favorire il più possibile i rating interni, diminuendo, conseguentemente, la cosiddetta overreliance sull'external rating. Sono d'accordo a operare in tal modo. Alcuni emendamenti da me predisposti mirano a ridurre al massimo tutte le forme di automatismo determinate dal downgrade di un debito sovrano. Per quanto riguarda le banche, la CRD IV dovrà garantire, innanzitutto, che gli istituti, soprattutto i più grandi, siano in grado di produrre strutturalmente i rating interni, dotandosi delle competenze necessarie e di staff dedicati a questo tipo di attività.
La CRD IV interviene anche sulla corporate governance. Ritengo che ciò sia particolarmente importante, non soltanto dal punto di vista dell'organizzazione del management, altro tema ripreso dal Governatore Visco a Parma, ma anche perché ci si aspetta che gli incentivi per manager e investitori siano come minimo riallineati (per usare un eufemismo tecnico). Come rappresentanti parlamentari a vari livelli, non dovremmo dimenticarlo.
Concordo con l'onorevole Fluvi sulla necessità di prevedere forme di flessibilità, da attuare nelle differenti giurisdizioni, pur mantenendo assolutamente fermi i principi fondamentali che caratterizzano Basilea 3, ripresi nella CRD IV. Tuttavia, soprattutto per quanto riguarda la corporate governance, l'efficacia vincolante dei principi generali non deve essere sminuita. A livello europeo, uno dei problemi maggiori è costituito proprio dalla necessità di perseguire l'armonizzazione, attraverso il single rulebook.
Ho visto che l'ABI ha presentato una corposa quantità di emendamenti. A tale proposito, credo che occorra capire come ci si voglia muovere a livello europeo. Un sistema di regole troppo complesso può rendere difficile, in concreto, l'intervento del regolatore. Deve essere superato, perché riduttivo, l'approccio che porta a intervenire all'ultimo momento, con la logica di salvare il proprio sistema bancario. D'altra parte, occorre considerare - lo dico non a difesa del sistema bancario italiano, ma perché risponde al vero - che le banche italiane hanno dimostrato una maggiore resistenza agli stress test, presentando un migliore core tier 1 ratio (rapporto tra capitale di migliore qualità e attività ponderate per il rischio). Credo che questo debba essere sottolineato. La possibilità che i coefficienti di rischiosità varino in modo notevole, tra banche e tra Paesi, comporta il rischio di penalizzare banche che, obiettivamente, risultano più capitalizzate e con un leverage più contenuto.
A mio parere, non deve prevalere un principio di difesa nazionale, bensì la necessità di trovare una opportuna armonizzazione, che nella stessa proposta CRD IV incontra limiti e difficoltà. Personalmente, non ho capito perché sia stato


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stabilito un limite massimo di capitale; solitamente, infatti, l'approccio europeo è quello di definire un livello minimo sotto il quale non si deve scendere, non un massimo a cui tendere. Il punto è molto delicato, ma la scelta, che sembra quasi ritagliata per alcune situazioni, mi sembra poco convincente.
Come ho avuto modo di precisare, non mi occupo direttamente della relazione su un argomento così complesso. Tuttavia, sarebbe molto utile se, attraverso contatti più stretti tra codesta Commissione e i membri del Parlamento europeo eletti in Italia, meglio se componenti della Commissione per i problemi economici e monetari, riuscissimo a definire alcune proposte di modifica condivise, da presentare al Parlamento europeo e, in seguito, opportunamente adattate, al Parlamento italiano.
Ho parlato poco di agenzie di rating, ma se c'è qualche domanda in proposito, posso aggiungere qualche altra considerazione.

PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Domenici.
Se non ci sono altre domande, poiché durante questo scorcio di legislatura abbiamo già prodotto, in sede di esame di atti comunitari, alcuni documenti che sono stati trasmessi al Parlamento europeo, proporrei che la proposta di documento finale sia corredata da un insieme di indicazioni e di emendamenti, da far pervenire ai parlamentari europei eletti in Italia prima della scadenza del termine per la presentazione degli emendamenti presso il Parlamento europeo. In tal modo, potremmo rendere più proficuo il rapporto con i nostri rappresentanti in seno alla Commissione per i problemi economici e monetari.
Tenevo a dire all'onorevole Domenici che condivido appieno la necessità che il sistema bancario si capitalizzi. Ciò che, francamente, non condivido - la mia è una posizione consolidatasi negli anni - è la logica delle regole uguali per tutti, da applicare senza tenere in alcun conto le specificità e le capacità del mercato bancario. Credo sia chiaro a tutti che le banche devono tornare a operare sul territorio con personale che conosca il territorio e le imprese, perché soltanto in questo modo potranno essere effettivamente in grado di sostenere i meritevoli.
Ripercorrere la strada delle regole generali da applicare uniformemente e burocraticamente significa non tenere conto né della specificità del nostro territorio, né delle capacità imprenditoriali. Contraddittoriamente, da un lato, si pensa a fissare criteri rigorosi, impartendo direttive ed emanando un regolamento composto di quasi 500 articoli - che, comunque, non impedirà a chi voglia farlo di «aggiustare» le proprie cose - e, dall'altro, si mette completamente da parte il dato ultimo, cioè la capacità del sistema bancario di sostenere i mercati e le imprese.
Non mi permetto di fornire indicazioni, ma credo che, andando verso un sistema di tipo anglosassone, difficilmente riusciremo a salvaguardare il nostro modello.
Fissati i principi generali, le imprese bancarie dovranno fare il proprio mestiere, assumendosi i rischi dell'attività imprenditoriale svolta e offrendo anche opportunità.
Legando il sistema delle nostre PMI a Basilea 3, assisteremmo all'uscita dal mercato di migliaia e migliaia di aziende, le quali non saranno in grado di sostenere l'impatto di regole stabilite altrove, da chi non ha alcuna conoscenza del tessuto imprenditoriale italiano.

ALBERTO FLUVI. Approfitto per aggiungere due considerazioni su Basilea 3 e sulle agenzie di rating del credito.
Noi intendiamo proporre che sia assicurato un effettivo rispetto del principio di proporzionalità, che deve essere applicato sotto il profilo dimensionale, dell'ambito operativo e dell'effettivo supporto all'economia reale, applicando, peraltro, i criteri di Basilea 3 in maniera graduale. Vi sono, infatti, alcuni grandi istituti a carattere sistemico, ma anche banche che hanno una dimensione territoriale regionale o ancora più circoscritta.


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Le domando, quindi, onorevole Domenici, se il tema della proporzionalità possa essere approfondito nell'ambito del confronto che si aprirà con i colleghi degli altri Paesi, oppure se, da questo punto di vista, ci troveremo davanti a una porta chiusa.
Negli Stati Uniti, ad esempio, la regolamentazione è basata su un principio di proporzionalità: Basilea 1 (Basilea 2 è ancora in fase di attuazione) si applica soltanto alle banche di grandi dimensioni; per il resto, vale la regolamentazione di carattere federale, oppure statale.
Per quanto riguarda le agenzie di rating, il tema che più ci interessa è quello del conflitto di interessi. Nel corso dell'audizione del professor Masera, ho lanciato una provocazione: poiché tutti ci interroghiamo sulle situazioni di conflitto di interessi presenti nelle tre principali agenzie, che, peraltro, tutti accusiamo di avere costituito una sorta di oligopolio, mi chiedevo perché non ne possano nascere altre, come, ad esempio, un'agenzia di rating del credito europea.
Il professor Masera mi ha risposto che il problema non è tanto quello della creazione di un'agenzia di rating europea, quanto quello di stabilire chi remunera i servizi resi dalle agenzie di rating: se paga l'emittente, è un conto; se paga il mercato, è tutto un altro conto.

LEONARDO DOMENICI, Parlamentare europeo. Per quanto riguarda il principio di proporzionalità, sono d'accordo. Se perverranno emendamenti in tal senso - si tratterà di valutarne concretamente il contenuto -, li sosterrò, e spero che lo faccia anche il mio gruppo. Diverso è il discorso della gradualità: se si fa riferimento all'arco temporale in cui entreranno in vigore le nuove misure, penso che ce ne sia anche troppa. Talvolta, per ottenere un impatto meno significativo, si diluiscono nel tempo gli effetti dell'intervento. Invece, sarebbe molto più giusto, e anche logico, diversificare a seconda dei settori e degli ambiti cui devono essere applicate le misure.
Ho preso nota, onorevole Fluvi, del riferimento ai consorzi di garanzia collettiva dei fidi, che mi sembra molto interessante. Verificherò se siano stati presentati emendamenti su questo tema davvero importante.
Per quanto riguarda le agenzie di rating del credito, condivido l'ispirazione fondamentale della proposta di regolamento della Commissione europea. Tuttavia, come relatore sul provvedimento, ho scelto di presentare emendamenti volti a rafforzare l'efficacia del testo presentato. In particolare, propongo una regolamentazione più stringente del conflitto di interessi, in modo da impedire sovrapposizioni di partecipazioni azionarie nelle diverse agenzie di rating da parte dei medesimi azionisti e, soprattutto, che un'agenzia di rating valuti entità partecipate dai suoi stessi azionisti oltre una certa soglia.
Ho avanzato anche proposte più radicali, che probabilmente non saranno approvate nei termini in cui le ho concepite. Ad esempio, ho suggerito l'introduzione, sulla base di norme a tutela della concorrenza, di misure relative alla determinazione di una percentuale di volume di affari, o di rating emessi, che permetta di suddividere le quote di mercato. Nello specifico, l'emendamento che ho proposto renderebbe impossibile detenere una quota di mercato superiore al 25 per cento.
Uno degli obiettivi è favorire la competizione. La Commissione europea ha proposto il meccanismo della rotazione, corretto nella sua ispirazione di fondo, che imporrebbe di cambiare le agenzie utilizzate per i rating ogni tre anni. Tuttavia, si tratta di un meccanismo molto complesso e abbastanza farraginoso. Penso che si discuterà principalmente di questo. Ho, quindi, avanzato la proposta di dare mandato alla Commissione europea e all'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) di studiare un modello alternativo, oppure di rendere complementari i due modelli, quello issuer-pay model, attualmente in uso, in cui è l'emittente


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che paga l'agenzia di rating, e quello detto investor-pay model, nel quale paga l'investitore.
L'idea è quella di costituire una sorta di piattaforma centrale, che funga da punto di smistamento delle richieste, stabilendo, ad esempio, a quale agenzia di rating si può rivolgere un emittente.
Viceversa, il meccanismo potrebbe funzionare anche per un investitore che voglia conoscere le condizioni per effettuare l'investimento. Il limite dell'investor-pay model - preferibile, per me, in via teorica - è che penalizza gli investitori più piccoli. Questo è il motivo per cui, a mio parere, sarebbe più opportuno, anche se il percorso è molto complesso, tendere a una forma di complementarietà tra i due modelli.
La riforma può favorire l'entrata in scena di nuove agenzie di rating. È mia opinione - vedremo cosa succederà nel prosieguo del dibattito - che la regolamentazione dovrebbe creare le condizioni per rompere l'oligopolio delle big three, che attualmente si dividono circa il 90 per cento del mercato, dando modo ad altri soggetti di entrare nel mercato. Recentemente, ho incontrato l'associazione delle piccole agenzie di rating europee. Ciò significa che qualcosa si muove.
Il mio approccio, come ho illustrato nella motivazione della proposta che ho presentato, si basa sulla necessità di considerare in modo diverso il problema del debito sovrano. La mia idea, molto radicale, consiste nel vietare l'unsolicited rating per i debiti sovrani dei Paesi membri dell'Unione europea - sono unsolicited soprattutto quelli che riguardano i Paesi più grandi e importanti -, chiedendo contemporaneamente alla Commissione europea di istituire ex novo, o di individuare, nell'ambito delle istituzioni esistenti, un soggetto indipendente, cui affidare il compito di valutare l'affidabilità creditizia degli Stati membri, sulla base di parametri e criteri da definire in maniera compiuta e dettagliata. Si tratterebbe, com'è evidente, di una competenza specificamente dedicata al rating dei debiti sovrani.
Naturalmente, si svilupperà un ampio dibattito. C'è chi sostiene che si perderebbe credibilità, a causa del conflitto di interessi. Sinceramente, penso che stiamo già vivendo in una situazione di conflitto di interessi. Se partiamo dal presupposto che la sfera pubblica non è in grado di gestire il proprio conflitto di interessi, possiamo arrivare a ritenere, in ultima istanza, di dover chiudere la Banca d'Italia. Sono convinto, invece, che uno strumento efficace di valutazione della effettiva affidabilità creditizia dei Paesi membri e del loro debito sovrano, basato su criteri e parametri propri, sia del tutto coerente, al di là del giudizio di merito, con gli strumenti di governance, quali il six-pack o il fiscal compact, di cui l'Europa si è dotata.
Se vogliamo favorire l'internal rating rispetto all'external rating, non vedo per quale motivo l'Unione europea non potrebbe munirsi di un proprio strumento di valutazione.

PRESIDENTE. Non si potrà comunque impedire a Standard & Poor's, a Fitch Ratings o a Moody's di esprimere giudizi su altri mercati: questo è il vero limite della proposta. La storia delle agenzie di rating del credito, molto simile a quella delle società di revisione specializzate, ha dimostrato che, nel tempo, i soggetti rimangono i medesimi. Infatti, quando sul mercato compare un concorrente particolarmente capace, viene subito assorbito. È questa la storia delle società di rating e di quelle di revisione, fin dalla nascita dei mercati finanziari.
Piuttosto, non sarebbe male se si cominciasse a ragionare di un'assicurazione per i rating sbagliati. Se, all'epoca di Lehman Brothers, fosse stata applicata una penalizzazione alle agenzie di rating che le avevano attribuito una valutazione più che positiva appena un mese prima del default, a quest'ora avremmo altre società sparite improvvisamente dal mercato, com'è successo alla Arthur Andersen.

LEONARDO DOMENICI, Parlamentare europeo. A tale proposito, ricordo che uno


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degli elementi di novità più interessanti contenuti nella proposta della Commissione, che personalmente sostengo, è l'introduzione del regime di responsabilità civile per le agenzie di rating del credito. Una specifica parte del nuovo regolamento è dedicata, infatti, alla civil liability. Credo che questo sia un aspetto importante.

PRESIDENTE. Vuol dire che proporremo qualche class action...
Ringrazio l'onorevole Domenici e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,35.

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