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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VI
1.
Mercoledì 23 febbraio 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Conte Gianfranco, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE TEMATICHE RELATIVE ALL'UTILIZZO DEGLI IMMOBILI DI PROPRIETÀ DELLO STATO DA PARTE DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE

Audizione del direttore dell'Agenzia del demanio:

Conte Gianfranco, Presidente ... 3 7 9 10 11 12 13 14 15 16
Barbato Francesco (IdV) ... 7
Comaroli Silvana Andreina (LNP) ... 9
Prato Maurizio, Direttore dell'Agenzia del demanio ... 3 9 10 11 12 13 14 15 16
Strizzolo Ivano (PD) ... 14
Vannucci Massimo (PD) ... 8

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal direttore dell'Agenzia del demanio ... 17
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

[Avanti]
COMMISSIONE VI
FINANZE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 23 febbraio 2011


Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO CONTE

La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del direttore dell'Agenzia del demanio.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative all'utilizzo degli immobili di proprietà dello Stato da parte delle amministrazioni pubbliche, l'audizione del direttore dell'Agenzia del demanio.
Ringrazio il dottor Maurizio Prato, anche in considerazione del fatto che quest'audizione ha avuto alcune difficoltà organizzative per via di quanto sta accadendo in Aula. Siamo riusciti, comunque, a confermarne lo svolgimento.
Il dottor Prato è accompagnato dalla dottoressa Anna Lilli, direttore normativa e contenzioso, dall'ingegner Paolo Maranca, direttore area operativa, dal dottor Edoardo Maggini, direttore pianificazione, e dalla dottoressa Paola Cambria, responsabile comunicazione.
L'audizione riguarda il tema dell'utilizzo degli immobili di proprietà dello Stato da parte delle amministrazioni pubbliche.
Do la parola al dottor Prato, ringraziandolo ancora per la sua disponibilità.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Grazie, presidente. Non leggerò il documento che ho inviato in precedenza, ma svolgerò una breve relazione, in modo tale da lasciare spazio a domande e approfondimenti.
Il comma 222 dell'articolo 2 della legge finanziaria 2010 rappresenta un punto di svolta importante, a mio avviso, nell'azione di modifica dei comportamenti delle pubbliche amministrazioni. Mi riferisco, ovviamente, all'aspetto di natura logistica relativo all'occupazione degli immobili, siano essi di proprietà dello Stato - i cosiddetti usi governativi - o di terzi e, quindi, in locazioni passive.
In tale ambito rientrano ormai anche gli immobili che sono stati oggetto di dismissioni negli anni 2004-2005 attraverso la vendita al Fondo immobili pubblici (FIP), oggi assimilati a tutti gli effetti a canoni di locazione passiva, con contratti sostanzialmente di diciotto anni, ossia nove più nove.
Le amministrazioni sono state finora abituate - e siamo in concomitanza con i 150 anni dell'Unità d'Italia - a gestire gli immobili occupati come proprietarie e, quindi, senza particolare attenzione agli spazi, alle razionalizzazioni e alle economie. Questo è un elemento importante da valutare, prima di giudicare gli esiti dei comportamenti che, in prima battuta, potrebbero sembrare non completamente soddisfacenti. Esiste indubbiamente una resistenza al cambiamento, a causa di comportamenti che per tanti decenni si sono svolti secondo determinate prassi. La ricerca del bello, del comodo e dello spazioso è una normalità. Pensare di incidere su questo aspetto, proponendo,


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per esempio, immobili delocalizzati, che costano di meno, ma che comportano indubbiamente disagi rispetto a quelli centrali, determina un cambiamento che va maturato. Io sono convinto che nel tempo ciò avverrà.
La norma è effettivamente, a mio avviso, epocale, in termini di cambiamento di costumi, e andrà a regime nel corso degli anni, non potendo essere efficace immediatamente. Alcuni anni di transizione sono inevitabili.
Al di là della disciplina del citato comma 222, è altrettanto importante come normativa complementare, secondo noi, quella prevista dal decreto legislativo n. 78 del 2010 in tema di ottimizzazione del patrimonio degli enti previdenziali. Essa affronta due temi, da un lato le cosiddette case del welfare, quindi la realizzazione di poli logistici integrati tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e gli enti previdenziali, e, dall'altro, la possibilità di un investimento di disponibilità e di risorse finanziarie, fatto salvo ovviamente il rispetto dei saldi di finanza pubblica, con una duplice modalità: da una parte, con interventi per l'Abruzzo - noi abbiamo già attivato un'iniziativa in questo senso - e, da un'altra, con investimenti in immobili che sono in locazione passiva da parte delle amministrazioni dello Stato. Anche in questo caso è richiesto un intervento di tipo consultivo e valutativo da parte dell'Agenzia del demanio. Ritengo che questa possa essere una normativa di complemento importante.
Altra previsione rilevante è quella per cui dal 1o gennaio 2011 l'Agenzia del demanio assume il ruolo di conduttore unico per tutti gli immobili in locazione passiva delle amministrazioni dello Stato. La norma è molto stringente e prevede la nullità dei contratti che da tale data le amministrazioni dovessero contrarre con terzi privati. Tutto viene, quindi, centralizzato presso l'Agenzia del demanio. Anche questo avverrà con un approccio di tipo graduale, nel senso che l'Agenzia interviene sui contratti in scadenza, non al rinnovo automatico o con le nuove locazioni passive. Pertanto, nel corso degli anni, quando andranno a scadenza tutti i contratti attualmente in essere, l'unico soggetto che riassumerà tutte le locazioni passive sarà l'Agenzia del demanio.
A tal fine, la Ragioneria generale dello Stato ha provveduto all'apertura di un fondo unico di spesa, sul quale l'Agenzia del demanio potrà intervenire per utilizzare le risorse destinate al pagamento dei contratti. Per ora, tale fondo unico è parziale, nel senso che la Presidenza del Consiglio e le agenzie sono fuori da questo meccanismo. Nei primi tempi, pertanto, ci saranno sicuramente degli appesantimenti procedurali, ma via via anche questo sistema andrà a regime.
Il perimetro di riferimento dell'azione dell'Agenzia comprende gli immobili di proprietà dello Stato, quindi gli usi governativi, gli immobili di terzi, compresi i fondi immobiliari pubblici in locazione passiva, e il monitoraggio degli interventi manutentivi. La norma ha stabilito un plafond, riducendo le risorse stanziate in precedenza da altre norme, e ha fissato il limite del 2 per cento sugli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, rapportati al valore dell'immobile desunto dai dati dell'Osservatorio del mercato immobiliare.
Ad oggi, la risposta delle pubbliche amministrazioni non è completa, nonostante le ripetute circolari e le istruzioni che l'Agenzia del demanio ha fornito, ivi compresa la messa a disposizione di una strumentazione informatica per facilitare il compito. I dati sono ancora incompleti, quindi, per quanto riguarda le occupazioni.
Ricordo che la norma prevede anche un'importante ricognizione del patrimonio immobiliare. In altre audizioni ho avuto modo di precisare in questa sede che lo Stato non era ancora a conoscenza di quali beni fosse esattamente proprietario. Tale norma viene incontro, unitamente ad altre, a questa esigenza. Ad una determinata data tutte le amministrazioni hanno avuto l'obbligo di comunicare al Ministero dell'economia e delle finanze, ai fini del conto generale del patrimonio, e all'Agenzia


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del demanio, gli immobili di qualsiasi natura e a qualunque titolo occupati alla data del 30 giugno 2010.
Uno degli elementi che stiamo approfondendo e che non è emerso con chiarezza - ma si nota in una tabella, in particolare, all'interno della relazione - è l'entità delle occupazioni senza titolo, cioè non coperte da regolare contratto di locazione; queste occupazioni via via emergeranno. Le singole amministrazioni dovranno poi gestire il pregresso se, al di là del titolo giuridico, non sono stati effettuati neanche i pagamenti.
La riduzione degli spazi - la norma, infatti, prevede anche l'adozione di piani triennali per i fabbisogni delle amministrazioni - è sostanzialmente inesistente, fatta eccezione per la Corte dei conti e per il Ministero dello sviluppo economico, i quali prevedono in prospettiva una riduzione (un po' più consistente per la Corte dei Conti, piuttosto minimale per il Ministero dello sviluppo economico). Quindi non si sta attuando una liberazione di spazi. Ciò è in perfetta linea con le rilevazioni effettuate in relazione al decreto legislativo n. 85 del 2010 in tema di federalismo demaniale, da cui ad oggi non è emerso il rilascio neanche di un metro quadrato da parte delle pubbliche amministrazioni.
Nelle segnalazioni dei fabbisogni prospettici, l'indicazione di un fabbisogno incrementale per quanto riguarda gli immobili di terzi - sono le tabelle alle pagine 15-18 - è di circa il 10 per cento.
Ai sensi della normativa citata, le amministrazioni devono comunicare gli oneri manutentivi. Ricordo che non esiste un capitolo di spesa aperto sulle manutenzioni ordinarie e straordinarie. I dati comunicati dalle amministrazioni sono dell'ordine di grandezza di 350 milioni di euro l'anno (le segnalazioni riguardano il primo semestre del 2010, mentre non abbiamo ancora verificato e consolidato quelle del secondo semestre che devono ancora arrivare). È un dato che dobbiamo analizzare e verificare attentamente, perché probabilmente non è allineato. Soprattutto possono incidere le occupazioni senza titolo.
Dalle tabelle allegate nella relazione emerge che per gli immobili demaniali, con particolare riguardo agli immobili cosiddetti del DSA (ossia del demanio storico-artistico), gli oneri sostenuti sono nettamente superiori, perché, essendo di proprietà, incide anche la manutenzione straordinaria, che per gli immobili in locazione passiva fa capo, salvo particolari deroghe, al proprietario, quindi al terzo.
Nell'arco del 2010 l'azione dell'Agenzia sul tema delle locazioni passive, già avviata - sia in via autonoma, sia sulla base di norme preesistenti - insieme ovviamente alle amministrazioni, ha portato a un contenimento dei costi di circa 17 milioni di euro, che, se rapportati al periodo minimo di locazione, cioè al sessennio, comportano una cifra di oltre 100 milioni di euro.
Per quanto riguarda i piani di razionalizzazione, altra previsione della norma, vi sono intuibili difficoltà per la posizione evidenziata dalle amministrazioni, le quali sono scarsamente propense a ridurre gli spazi assegnati di propria iniziativa, nonché per il limite connesso all'assenza di disposizioni normative che definiscano standard tecnici. Rammento, al riguardo, che il decreto ministeriale del marzo 2001, che prevedeva l'individuazione di standard tecnici, è stato sospeso con successivo decreto ministeriale, del luglio 2001.
Sono stati, peraltro, avviati con tutte le amministrazioni alcuni tavoli tecnici per procedere alla razionalizzazione. Ovviamente, si tratta di tavoli che non si esauriscono nell'arco di pochi giorni, ma che richiedono tempo. Tuttavia, alcuni piani sono stati definiti anche a livello nazionale; in particolare mi riferisco a quello attuato con l'Agenzia delle entrate, a seguito dell'istituzione delle direzioni provinciali; inoltre, sono stati elaborati i piani per gli archivi del Ministero per i beni e le attività culturali; il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sta attuando un piano importante nella sede di Roma, rilasciando immobili in locazione


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passiva e concentrandosi sugli immobili di proprietà, con una riduzione annua di oltre 6 milioni di euro; infine esiste un piano con il Ministero dell'economia e delle finanze, a livello sia centrale, sia periferico.
La novella normativa rappresenta, quindi, senza dubbio, un momento di svolta nell'azione di indirizzo dei comportamenti delle pubbliche amministrazioni verso logiche più attente e rigorose nell'occupazione, nella razionalizzazione degli spazi e nel contenimento della spesa pubblica. Si tratta di un'azione che va proseguita, a mio avviso, con rigore e determinazione. L'attività finora svolta, anche se rilevante - occorre riconoscere lo sforzo compiuto dalle amministrazioni - non consente, per il breve tempo di monitoraggio e per la risposta ancora non completa da parte delle amministrazioni, una valutazione compiuta riguardo all'efficacia della manovra rispetto agli obiettivi che si erano prefigurati. È, però, sufficiente per alcune prime considerazioni, anche con riferimento ai possibili sviluppi del processo riformatore in atto.
L'impianto delineato richiede, come ho ricordato, uno sforzo applicativo rilevante, sia per l'Agenzia, sia per le amministrazioni. Queste ultime sono, infatti, chiamate a una radicale riconversione dei comportamenti e a un nuovo approccio metodologico. Il percorso potrebbe essere ulteriormente completato e consolidato, secondo noi, con uno sviluppo di tipo normativo. Per esempio, si potrebbero prevedere forme di incentivazione per i comportamenti virtuosi delle amministrazioni, attraverso un sistema premiale che potrebbe consistere nella riassegnazione di una quota parte dell'economia realizzata attraverso la riduzione degli spazi, sia per quelli relativi agli immobili di proprietà dello Stato, sia, a maggior ragione, per quelli di proprietà di terzi.
Un altro elemento importante che era stato, in un primo tempo, per la verità, inserito anche nell'ambito del comma 222, ma rispetto al quale si era poi ritenuto opportuno procedere in maniera più graduale, è quello di completare in modo sistematico la gestione di immobili in uso alle amministrazioni pubbliche unificando e centralizzando, o quanto meno coordinando in modo prescrittivo, gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria che oggi fanno capo per lo stesso oggetto a diversi organi dell'amministrazione pubblica.
L'Agenzia del demanio, infatti, gestisce i fondi assegnati per la manutenzione straordinaria o per gli interventi di ristrutturazione degli immobili di proprietà dello Stato, ma lo stesso fa anche il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. L'Agenzia elabora piani annuali di priorità degli interventi, basati sul criterio della convenienza, nell'ottica di liberare locazioni passive e, quindi, di ridurre la spesa; il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti interviene a sua volta sugli immobili con l'utilizzo di altri capitoli di spesa e con propri piani che non sono coordinati con i nostri. Con il Ministero abbiamo stabilito che d'ora in poi metteremo a fattore comune le risorse e le analisi dei piani di intervento. Anche il Ministero per i beni e le attività culturali ha risorse e piani di intervento. Sarebbe importante assicurare un coordinamento. Non sostengo che debba essere l'Agenzia del demanio o il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a prevalere, ma ci dovrebbe essere un coordinamento tra tutti i soggetti ai quali vengono assegnate risorse da parte dello Stato per gli interventi sullo stesso oggetto, in modo tale da elaborare piani di intervento razionali e coordinati.
Svolgo una brevissima notazione sulla missione dell'Agenzia, che, con questa e con altre normative emanate negli ultimi due anni, vede ridefinire la propria posizione, che si concentra nella gestione delle attività e delle esigenze logistiche della pubblica amministrazione. Mi riferisco, per esempio, all'istituzione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, compito affidato finora all'Agenzia del demanio, nonché, in modo ancor più pregnante, al decreto legislativo n. 85 del 2010 in tema di federalismo demaniale.


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Su questo tema occorre probabilmente un completamento di percorso anche per l'Agenzia. Con riferimento a quelle che dovranno essere esattamente le sue competenze specifiche, ci sono, infatti, diversi settori sui quali rimane una generica tutela dominicale dell'Agenzia del demanio, ma che hanno carattere molto residuale e non sono esattamente individuabili. Credo che tali competenze possano fornire soltanto materiale utile per la Corte dei conti: quando non si trova nessuno da incolpare alla fine, in ultima analisi, ci si rivolge all'Agenzia del demanio.
L'altro aspetto, come ho avuto modo di ricordare in precedenti audizioni, riguarda un definitivo chiarimento dell'identità dell'Agenzia del demanio. Ricordo che, a differenza delle altre agenzie, pur rimanendo ancorata al decreto legislativo n. 300 del 1999, articolo 65, come agenzia fiscale, l'Agenzia è stata anche qualificata come ente pubblico economico. Rimane, quindi, a metà del guado, perché non si capisce bene quando venga attratta completamente nella figura delle agenzie fiscali e quando in quella dell'ente pubblico economico.
Signor presidente, avrei concluso. Non è mio compito compiere valutazioni o riflessioni in merito, ma so che è all'attenzione del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministro il tema relativo all'opportunità di mantenere l'utilizzo di un compendio tanto rilevante di beni per le amministrazioni pubbliche in capo allo Stato, in presenza dei livelli di debito pubblico a tutti noti.
Vi ringrazio.

PRESIDENTE. Direttore, lei capirà che l'audizione serviva proprio a fare un focus su questa vicenda, anche in considerazione delle possibilità di risparmio di spesa che ne derivano. Mi rendo conto che ci sono diversi problemi da risolvere, ma credo che il compito di questa Commissione sia quello di intervenire su questa materia, per capire dove si possono procurare risorse aggiuntive per lo Stato e soprattutto per garantire una gestione efficiente e coordinata del patrimonio disponibile e indisponibile. Naturalmente, mi riserverò anch'io di porre alcune domande.
Do la parola ai deputati che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

FRANCESCO BARBATO. Voglio subito ringraziare, a nome mio personale e del Gruppo parlamentare dell'Italia dei Valori, il dottor Prato e tutti gli altri rappresentanti dell'Agenzia del demanio per l'opportunità che ci hanno offerto con questa audizione in Commissione finanze.
Passo velocemente a formulare una domanda. Riguardo alla nuova attività dell'Agenzia del demanio, se ho capito bene, essa è conduttore unico dal 1o gennaio 2011. Proprio tre giorni fa ho seguito da vicino una vicenda che riguarda un bene demaniale, la colonia dei ferrovieri a Castellammare di Stabia, un bene che il comune di Castellammare affidava a un clan locale di camorra, il clan dei D'Alessandro. Proprio sabato scorso è stata effettuata una retata per il parcheggio che veniva utilizzato su questo bene demaniale.
Mi sembra che fosse previsto che dal 30 giugno 2010 bisognasse darvi comunicazione dei contratti in essere.

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, si tratta di un bene delle Ferrovie.

FRANCESCO BARBATO. No, mi riferiscono che sia del demanio, ma l'ho assunto come esempio per arrivare alla domanda, poiché si parlava dei comportamenti virtuosi delle amministrazioni, per le quali, quando sono virtuose, è giusto che ci siano riscontri positivi; vengo da un Sud dove troppo spesso il territorio è rappresentato da amministrazioni non molto virtuose, motivo per il quale non le nascondo anche una mia avversità rispetto a un federalismo fiscale che si vuole affidare ai comuni: dobbiamo immaginare che cosa significhi affidare al mio comune in provincia di Napoli o a un altro in provincia di Palermo o a Reggio Calabria l'attività di controllo.


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Le pongo una domanda. Voi siete diventati conduttore unico per i contratti in essere che riguardano privati (o non in essere per motivi di complicità di amministratori locali). Non conosco le modalità tecniche del subentro, ma a me interessa anche un altro aspetto, oltre a quello di tipo economico-finanziario, ossia la trasparenza del rapporto. Solitamente nei rapporti con la pubblica amministrazione occorrono certificazioni antimafia, come per gli appalti. Le chiedo se esiste una normativa piuttosto stringente, soprattutto per regolare i subentri o i nuovi contratti, in sostanza tutta l'attività in essere.
Se tale normativa esiste, di quale natura è? Ho visto anche in altri casi che la pubblica amministrazione chiedeva una certificazione antimafia, ma si accontentava dell'autocertificazione del soggetto sottoscrittore del contratto. Laddove esista una normativa, vorrei conoscere anche la qualità della documentazione richiesta a sostegno dell'onorabilità delle persone per verificare che naturalmente non abbiano rapporti e contiguità con la criminalità organizzata. Grazie.

MASSIMO VANNUCCI. Grazie, presidente, per quest'audizione. La materia mi sembra molto importante e credo che l'avere individuato nell'Agenzia del demanio il conduttore unico sortirà lo scopo di ottimizzazione degli spazi e di contenimento della spesa. Definire un unico soggetto che abbia il polso della situazione, conosca gli immobili e possa effettuare variazioni mi sembra una buona iniziativa. Ci vorrà un po' di tempo, la questione è articolata ed è meritorio che la Commissione finanze avviato abbia deciso di svolgere quest'audizione, ragion per cui mi compiaccio con lei, presidente, e con tutti i membri della Commissione.
Approfitto della presenza del direttore Prato e della delegazione dell'Agenzia del demanio per porre una domanda specifica, che non è riferita, però, a questo argomento, se mi è concesso dal presidente. Vorrei tornare indietro al federalismo demaniale, un tema che in parte è connesso. Quando abbiamo discusso di federalismo demaniale, l'Agenzia del demanio ci ha fornito un elenco, naturalmente non esaustivo, di beni che potenzialmente potevano essere trasferiti a comuni, province e regioni, per un valore di circa 3 miliardi di euro, se ricordo bene. Nell'applicazione concreta del federalismo demaniale ho avuto una corrispondenza con il direttore Prato e abbiamo scoperto, per esempio, che all'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 85 del 2010, sono esclusi i beni per i quali erano già in corso accordi o intese con i beneficiari (comuni, province o regioni che fossero), senza specificare la qualità di tali accordi, se fossero perfezionati e a che livello si trovassero. Molte erano semplici lettere di intenti, in cui i comuni parlavano di un accordo di valorizzazione o di acquisto oneroso e poi, però, scoprivano di non avere le risorse per poterlo attuare.
Il paradosso è che il comune o l'ente che si è interessato di un bene per poterlo valorizzare e che, quindi, ha firmato un'intesa nel 2005 con un altro Governo, in base un'altra normativa, oggi si trova impossibilitato a ricevere il bene, laddove un altro comune che non sapeva nemmeno di avere un bene nel suo territorio e che lo ritrova nell'elenco, avanza richiesta e se lo prende. È un paradosso insopportabile e ingiusto.
Ho intenzione, col presidente Conte e con i colleghi, di presentare anche una risoluzione volta alla semplificazione della norma. In occasione dell'esame parlamentare del decreto-legge n. 225 del 2010 (cd. decreto-legge proroga termini) ho presentato un emendamento su tale questione; il Ministro Calderoli ha compreso il problema, ma non si sa bene quale sarà l'esito. Lei, dottor Prato, nella corrispondenza che abbiamo avuto ha affermato che avrebbe posto un quesito al Ministero dell'economia e delle finanze. In Commissione finanze abbiamo svolto un question time e il Ministero dell'economia e delle finanze ha risposto che non ha intenzione di intervenire, che la norma è quella e che eventualmente bisogna cambiarla.
Ora vorrei chiederle, in attesa della risoluzione che ho intenzione di presentare


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e che auspico servirà a rafforzare questa decisione, se ci può fornire, rispetto all'elenco del valore di 3 miliardi di euro, l'elenco di quanti e quali sono i beni oggetto di intesa che intendereste escludere rispetto a quell'elenco. Sono partito da un caso locale, però la questione è nazionale e interessa tutti. Pertanto vi chiedo di farci avere questo elenco attraverso il presidente Conte della Commissione finanze.

SILVANA ANDREINA COMAROLI. Ringrazio anch'io il dottor Prato e tutto il suo staff per la relazione. Anch'io penso che conferire all'Agenzia del demanio il potere di gestire tutti gli immobili di proprietà dello Stato e tutti i contratti sia un ottimo modo per procedere a una razionalizzazione dei costi e che ciò comporterà sicuramente un risparmio.
La mia domanda verte su questo tema. Sicuramente esistono difficoltà, per cui non ricevete tutte le informazioni da parte delle diverse amministrazioni e, quindi, non potete svolgere appieno il vostro compito ed avere un quadro completo della riorganizzazione. Ho letto nella vostra relazione che uno dei problemi è l'assenza di disposizioni normative che definiscano gli standard tecnici degli spazi. Esiste un modo per potervi dare questo strumento affinché voi possiate definirli? Quelli previsti nel decreto ministeriale del 2001 possono andar bene, vi sarebbero d'aiuto, risolverebbero alcuni problemi?
Passo alla seconda domanda. Dalla vostra analisi vedo che avete immobili sia di proprietà, sia in affitto. Sugli immobili di proprietà avete indicato che aumentano le spese in modo rilevante, perché vi si sono tutte quelle di ristrutturazione straordinaria. Da una comparazione, non conviene comunque avere gli immobili in proprietà piuttosto che pagare gli affitti?

PRESIDENTE. Nel leggere la relazione, c'è da mettersi le mani nei capelli, in considerazione del fatto che ci sembra di capire che le amministrazioni siano poco attente anche alle norme emanate dallo stesso Governo.
La questione che mi interessa maggiormente nella relazione che lei ha preparato è che per 1990 immobili addirittura non è nota nemmeno la data di scadenza del contratto di locazione. Come si rileva questo dato? Esso presuppone che le amministrazioni non abbiano dato corso a tutte le risposte circa i beni in uso o in locazione. Sono pervenute per intero?

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Si tratta di una nostra presunzione, per ora. Poiché non hanno indicato le date di scadenza, il dubbio - che stiamo approfondendo - è che si tratti di occupazioni senza titolo; ma ciò non è necessariamente vero.

PRESIDENTE. Secondo lei, in quanto tempo si riuscirà a conoscere il dato con certezza? Presumo che in relazione ai contratti scaduti entro il 31 dicembre 2010 voi siate impegnati nell'azione di rinnovo.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. È previsto, sempre in base alla norma, che le amministrazioni ci forniscano tutta la documentazione e, quindi, la stiamo ricevendo.

PRESIDENTE. Le amministrazioni sono sollecite in questa operazione? Sembra di no. Anche rispetto alle scadenze stabilite dalla normativa, una prima scadenza riguardava tutta la documentazione degli immobili di proprietà: è stata rispettata da tutti? C'era poi una relazione semestrale sulla manutenzione degli immobili. È stata fornita da tutte le amministrazioni?

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Sì, è indicato nel documento. Presidenza del Consiglio e Corte dei conti, allo stato, non hanno fornito i loro dati. La Presidenza del Consiglio ha fornito un dato molto marginale, mentre la Corte dei conti ancora nulla. Non so, peraltro, a chi debbo segnalare il problema, visto che la norma prevede che i casi di inadempienza si debbano segnalare alla Corte dei conti.


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PRESIDENTE. Questo episodio rende il senso della situazione; poi terremo anche l'audizione della Corte dei conti. La presente audizione ci dà anche l'opportunità di aggiungere altre questioni per i soggetti che dovremo audire, che sono il Ministro Brunetta, il Provveditorato interregionale alle opere pubbliche, la Ragioneria generale dello Stato, il Ministero dell'economia e delle finanze e gli enti previdenziali. Credo che alla fine di questo lungo percorso avremo le idee chiare anche sotto questo profilo.
Ho una domanda aggiuntiva da porle. Nella norma fu inserita una sanzione, o comunque un parametro di riferimento, relativo al 2 per cento del valore dell'immobile in riferimento alle spese di manutenzione. Voi avete una relazione dei diversi ministeri per sapere se rispettano tali parametri? Io presumo che, dato il valore degli immobili, sia molto probabile che le amministrazioni si attestino già sotto quel livello. Vorrei capire, però, se il Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi interviene con le risorse dei ministeri nelle manutenzioni e, quindi, se fa da tramite. Chi stabilisce i parametri del 2 per cento in relazione all'immobile? Voi avete già svolto le verifiche circa i valori degli immobili di proprietà?
Allo stato, queste sono le questioni che noi vorremmo capire. Avremo modo poi di leggere meglio la documentazione che ci ha fornito. In realtà, abbiamo iniziato quest'indagine proprio perché avevamo avuto la sensazione che, come al solito e come lei sa, essendo nella pubblica amministrazione da tanto tempo, quando si compiono manovre di qualsiasi tipo, se tutto va bene, in un anno si realizza il 30 per cento, mentre tutto il resto viene demandato ad atti volontari, regolamenti, intese e coordinamenti di diverso tipo.
Lei potrà immaginare che la nostra attenzione su questo argomento è sul motivata dal fatto che l'effettiva approvazione di tale normativa potrebbe metterci nelle condizioni di garantire allo Stato risorse che in questo momento di difficoltà sarebbe preferibile individuare all'interno dell'amministrazione pubblica, piuttosto che continuando a reperirle attraverso il taglio della Tabella C della legge di stabilità, il quale evidentemente provoca alcuni problemi alle amministrazioni stesse. Non mi sembra di poter verificare una particolare collaborazione da parte delle strutture ministeriali, e, quindi, sarà nostro compito, essendo materia di nostra competenza, intervenire anche legislativamente per cercare di accelerare questo percorso.
Do la parola al dottor Prato per la replica.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Inizio dalle domande dell'onorevole Barbato. Per quanto riguarda la colonia di Castellammare, approfondiremo, però siamo su una tematica diversa. Il tema attuale è quello delle locazioni passive, ossia dell'utilizzo di immobili di terzi per uso da parte delle pubbliche amministrazioni. Si tratta di vedere se quello in oggetto sia un immobile dello Stato, quindi demaniale o patrimoniale. Se è una colonia marittima, probabilmente è demanio marittimo ed è già ope legis trasferito alle regioni. Non attiene a un problema di locazione e, quindi, di conduzione unica. Se, invece, è un bene patrimoniale ed è dello Stato, è stato inserito nell'elenco dei beni che l'Agenzia ha pubblicato da mesi sul proprio sito, sui quali gli enti territoriali possono fare richiesta, una volta emanato il DPCM relativo. Se è un bene del demanio marittimo è gestito dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dalla Capitaneria di porto e dall'Agenzia del demanio. La gestione, in ogni caso, dal 2000 è delle regioni e, su delega di queste ultime, normalmente, dei comuni. Individueremo senz'altro questo bene e sarà mia cura farle avere una risposta puntuale.
Onorevole Vannucci, l'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 85 del 2010, prevede che sono fatti salvi i beni oggetto di protocolli sottoscritti alla data antecedente l'entrata in vigore della legge. Non si tratta di impegni, ma di protocolli già sottoscritti e formalizzati. Per quanto riguarda l'elenco dei beni oggetto di protocolli,


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lo forniremo senz'altro. Riguardo alla valutazione di merito, posso esprimermi a titolo personale, non istituzionale. Non c'è dubbio che i protocolli sono stati sottoscritti nel momento in cui vigeva un contesto normativo diverso. Ne sono stati sottoscritti moltissimi, lo ha fatto anche l'Agenzia, ma in piena reciprocità e condivisione di interessi con gli enti territoriali. Si tratta di protocolli a volte complessi, che prevedono permute di beni e corresponsione di una quota premiale per i beni destinati alla vendita, a fronte del cambio di destinazione d'uso da parte dei comuni, ovvero valorizzazioni tout court, per le quali è prevista soltanto la corresponsione di una quota premiale. Ricordo, per esempio, il caso del comune di Fano, che ha sottoscritto un accordo per l'acquisto della caserma Paolini per 20 milioni di euro. Tuttavia, quando si sono avanzate le prime ipotesi di federalismo demaniale, molti comuni hanno obiettato che, se fossero stati a conoscenza della norma, non avrebbero sottoscritto i protocolli. Indubbiamente siamo in presenza di uno ius superveniens, quindi di una disciplina della materia completamente nuova. Come avevo anticipato, abbiamo sottoposto il tema all'Avvocatura generale dello Stato e all'Ufficio legislativo del Ministero dell'economia e delle finanze, i quali hanno risposto che, allo stato, si osserva quanto la norma prevede, in attesa di eventuali modifiche successive. Abbiamo, inoltre, avviato un dialogo con i comuni. Proprio l'altro ieri abbiamo incontrato il sindaco di Alessandria per un procedimento già in fase di pagamento. L'aspetto che necessita di maggiore approfondimento - se il legislatore si muove nell'ottica di riconoscere il diritto sopravvenuto - riguarda i protocolli complessi, in cui c'è un equilibrio, per cui se viene meno un elemento bisogna riposizionare il tutto, altrimenti il rischio è che venga meno il protocollo. Pertanto, occorre agire sui protocolli per i quali non sia iniziata l'attuazione; in caso contrario, occorre prevedere un riequilibrio dei rapporti. Il dato di fondo è che in caso di squilibri di valori, questi, in base alla normativa in essere, non possono mai essere a carico dello Stato, ma sempre degli enti territoriali.

PRESIDENTE. Scusi, dottor Prato, giusto per chiarire, cito l'esempio che riguarda una città del mio collegio elettorale, Gaeta, che aveva una pluralità di beni demaniali, ma alla fine, stante la legge previgente, il comune non era nelle condizioni di fare alcun passo avanti e ha utilizzato la regione per uno scambio di immobili fra questa e il demanio. In pratica, la regione ha ceduto degli immobili al demanio, ottenendone altri, e il comune ha aderito a questa triangolazione, consapevole di non avere le disponibilità per ristrutturare questi immobili.
Quando abbiamo partecipato - racconto un aspetto divertente - alla manifestazione per l'anniversario della caduta di Gaeta, i borbonici hanno protestato perché ritengono di essere stati privati dei beni, e si è sostenuto che tutto dovrebbe tornare alla città, espropriata dei propri beni prima dal Governo sabaudo e poi da quello italiano.
Anche in questo caso ci troviamo, quindi, nella situazione in cui il comune avrebbe potuto acquisire i beni a titolo gratuito e poi adottare un piano di valorizzazione. Invece adesso - se interpreto bene quello che ha detto il dottor Prato - il comune non sarebbe più in grado di riaprire quella convenzione perché c'è stata la retrocessione dei beni, quindi ne perderebbe la titolarità a favore della regione. È così?

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Sì, ma occorre anche tener conto di un altro aspetto. Certamente, considerando i beni di cui parla, essi rientrano tutti nel demanio storico-artistico, che non è oggetto del federalismo, se non attraverso il recupero di cui al comma 5 dell'articolo 5 del d.lgs. n. 85 del 2010, e attraverso un processo di valorizzazione in base al codice dei beni culturali, che noi stiamo consigliando a molti comuni.
Infatti, ci arrivano molte lettere in merito al mancato inserimento nell'elenco


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dei beni disponibili di alcuni beni da parte dell'Agenzia del demanio, alle quali rispondiamo che ciò è dovuto alla loro natura storico-artistica, e con l'occasione facciamo presente - perché questo decreto non lo conosce quasi nessuno - che l'articolo 5, comma 5, prevede la possibilità di avviare un progetto di valorizzazione dei beni culturali, che sarà valutato, sentita anche l'Agenzia del demanio, e che può, se ritenuto valido, essere titolo per il trasferimento gratuito del bene storico-artistico, altrimenti non contemplato.
Rammento al legislatore che questa norma ha la durata di un anno, quindi scade a giugno. Pertanto, chi non ha completato il processo non potrà usufruire di questo meccanismo, salvo proroghe.

PRESIDENTE. Necessarie.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Penso di sì, ma non voglio addentrarmi nella questione.

PRESIDENTE. Certo, sul concetto di «storico-artistico» ci sarebbe da discutere perché, sempre nel caso di Gaeta, nel piano di scambio era compresa l'ex tipografia borbonica che era un assoluto rudere; non ne era rimasto più niente, eccetto due muri, anche se si tratta di una superficie immensa.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Lo Stato è tuttora proprietario di beni. Uno dei primi documenti che ho firmato - e me ne sono vergognato - è stato, a Verona, la concessione a canone agevolato al comune della cinta muraria della città che è di proprietà dello Stato.

PRESIDENTE. Noi avevamo tre proposte di legge su questo tema.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Onorevole Comaroli, riguardo alle informazioni delle amministrazioni, non mi sento di dire che queste non sono state reattive. Trattandosi - lo ripeto - di un cambiamento di comportamento radicale, occorre del tempo per monitorarle; tuttavia, bisogna anche essere determinati, quindi proseguire con le azioni, segnalando le inadempienze a chi di dovere. Noi abbiamo fatto diverse segnalazioni alla Corte dei conti. A questo proposito, credo che la Corte sia in ritardo - non me lo fate dire, abbiamo già diverse iniziative per danno erariale su tutto il territorio nazionale - e stiamo scrivendo per sollecitare la comunicazione di questi dati. Del resto, con la Presidenza del Consiglio è lo stesso discorso. Tuttavia, non sono questi gli elementi che inficiano il quadro complessivo.
D'altronde, visto che ormai queste comunicazioni sono periodiche, dovremo valutare in modo sempre più appropriato, scrivere riscrivere più volte alle amministrazioni, chiedere precisazioni e via discorrendo. Credo che, con il tempo, questo processo maturerà; sono convintissimo che sia stata intrapresa la strada giusta.

PRESIDENTE. Scusi, quando parla di Presidenza del Consiglio intende funzione pubblica, protezione civile e dipartimenti vari?

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. La norma dice «ivi compresa la Presidenza del Consiglio, fatta eccezione per i contratti di locazione dichiarati con apposito DPCM indispensabili per la protezione degli interessi della sicurezza dello Stato».

PRESIDENTE. Stiamo parlando dei servizi di informazione per la sicurezza della Repubblica?

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Sì. Se la Presidenza del Consiglio ce lo comunica, lo dobbiamo indicare. A parte il fatto che credo che pochi non sappiano dove sono localizzati i relativi uffici, poiché, con tutti i segnali esteriori, anche uno sprovveduto riesce a individuarli. Ciò nonostante, era sorto questo problema.
Quanto al decreto ministeriale relativo agli standard, ritengo che quello del 2001


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fosse adeguato, ma se c'è la volontà si può raffinare. Tuttavia, è sempre meglio di niente. D'altra parte, i piani di razionalizzazione - visto che nessuno, come abbiamo detto, autoriduce i propri spazi - devono prevedere norme che stabiliscono, per esempio, che l'impiegato ha a disposizione quindici metri, il funzionario venti e così via. Questo è l'unico dato di riferimento possibile per un discorso serio di razionalizzazione.
Vi sono, poi, tentativi di razionalizzazione già avviati che conseguono all'esigenza di unificare funzioni sparse un po' ovunque. Il Ministero dell'economia e delle finanze sta procedendo in questo senso, per esempio, per quanto riguarda il Dipartimento delle finanze, che era dislocato in zone periferiche e si sta trasferendo in un unico immobile sito al centro di Roma. È una razionalizzazione che, in assoluto, comporta equivalenza di costo, perché a tante locazioni se ne sostituisce una sola, ma sicuramente vi è un'economia perché, nel momento in cui ci si concentra nello stesso stabile, si realizzano economie derivate.
Riguardo alla questione se sia conveniente tenere i beni dello Stato in uso governativo alle pubbliche amministrazioni oppure alienarli, si tratta di una valutazione di tipo politico. Credo che questo esame vada approfondito e che si debbano fare delle valutazioni in merito. Si potrebbero individuare strade intermedie, per esempio unificare a livello centrale - magari con la presenza dello Stato che effettua un controllo - la gestione di tutti gli immobili attraverso forme societarie, oppure attraverso un fondo di gestione di un patrimonio particolare, che potrebbe trovare anche apertura sul mercato, forse non a livello istituzionale, ma retail.
Qualche anno fa ipotesi di questo tipo erano state avanzate dallo stesso Ministro Tremonti, ma con il tempo sono sopravvenute altre questioni. Ricordo che l'indicazione racchiusa nelle parole «il mattone di Stato, dallo Stato al cittadino» poteva richiamare anche l'idea di un'incentivazione al risparmio. Si poteva ipotizzare che una quota di questo complesso, gestito in modo unitario, anche con l'accentramento della manutenzione ordinaria e straordinaria, potesse essere collocata su un mercato di questo tipo. È un discorso importante, da approfondire nelle sedi opportune.
Tuttavia, è sempre difficile valutare la convenienza quando si tratta di mantenere o meno la proprietà. Certo, se vi sono comportamenti effettivamente e marcatamente virtuosi, forse ha senso mantenere la proprietà. Il problema concerne, invece, soprattutto a Roma, i tanti palazzi monumentali, storico-artistici, nei quali vi sono spazi enormi che è difficile modificare. Basta entrare nei ministeri. È un'operazione difficile anche per la tipologia degli immobili, che hanno costi di manutenzione molto elevati perché sono in alta percentuale di natura storico-artistica. In questi casi, ogni intervento passa attraverso la Soprintendenza e richiede prescrizioni particolari, e questo fa lievitare i costi.
Siccome sono abbastanza avanti con l'età, ricordo che negli anni Cinquanta e Sessanta era stata creata una società - di cui sono stato anche dipendente, dopo il periodo trascorso nella Guardia di Finanza - l'Italstat, per costruire, nella zona periferica, il sistema direzionale orientale (SDO), dove dovevano essere trasferiti tutti i ministeri. Ebbene, sono passati cinquant'anni, l'Italstat ha fatto tutt'altro, nel frattempo ha chiuso la sua esperienza, ma lo SDO non è nato.
Inoltre, signor presidente, lei mi chiedeva se i limiti del 2 per cento sono stati raggiunti. Non essendoci un capitolo di spesa aperto...

PRESIDENTE. La mia preoccupazione è un'altra, perché si fa presto a raggiungere il 2 per cento. Mi chiedevo se fosse stato superato.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. No, non è stato superato. Noi non siamo in grado di certificare se il dato che ci hanno comunicato corrisponde alla somma effettivamente spesa per la


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manutenzione, né come questa è stata spesa. Non sono mai stati aperti i capitoli di spesa. Eppure mi pare che la legge finanziaria 2007 lo prevedesse, in merito alla manutenzione.

PRESIDENTE. L'onorevole Strizzolo ha chiesto di intervenire per porre ulteriori quesiti.

IVANO STRIZZOLO. Innanzitutto, ringrazio anche io il dottor Prato per la relazione esauriente, articolata e ricca di dati molto interessanti. Vorrei chiedere se, in una prossima occasione, è possibile avere anche un quadro relativo alle locazioni attive. Oggi abbiamo parlato prevalentemente del patrimonio, ma non dei beni del demanio dati in locazione rispetto ai quali si registra un'entrata. Sarebbe interessante conoscere anche quel versante.
Inoltre, siccome si è parlato di federalismo demaniale, ai sensi di questo provvedimento, per le regioni a statuto speciale è previsto un percorso completamente diverso per la cessione dei beni. A questo proposito, vorrei chiedere se siete stati in qualche modo coinvolti o allertati circa le valutazioni che dovranno essere fatte nelle rispettive commissioni paritetiche (visto che per ogni regione a statuto speciale è prevista una commissione paritetica), coinvolgendo i ministeri interessati e se c'è già stata qualche iniziativa demaniale di cui ci può riferire.
L'anno scorso ho presentato un'interrogazione circa il destino del castello di Udine, e su questo, forse, ho interloquito con qualche suo collaboratore. C'era anche una bozza di intesa, fatta qualche anno fa, tra la regione e lo Stato, che prevedeva l'ipotesi del trasferimento del castello alla regione o direttamente al comune di Udine. A questa interrogazione non ho mai ricevuto risposta, pertanto vorrei avere qualche delucidazione in merito - anche se mi rendo conto che, forse, questo non è né il momento, né la sede - per capire se si sta muovendo qualcosa sul versante del trasferimento dei beni dallo Stato alle regioni a statuto speciale.

PRESIDENTE. Approfitto per chiederle di dare, se è possibile, qualche notizia in merito allo stato di attuazione del federalismo demaniale, considerando che erano previsti degli step, ma mi sembra che siamo lontanissimi dal realizzare il percorso stabilito.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Rispondo prima all'onorevole Strizzolo. Di locazioni attive non ho parlato e, se l'ho fatto, mi sono sbagliato. Posso fornire un dato: le locazioni attive sono abbastanza contenute riguardo sia al patrimonio storico-artistico sia ai beni patrimoniali. Quelle connesse a beni patrimoniali con il federalismo verranno trasferite agli enti territoriali, quelle relative al DSA rimangono in capo allo Stato. Vi consegneremo l'elenco; tuttavia, non si tratta di cifre molto significative.
Per le regioni a statuto speciale, non abbiamo avuto nessun contatto perché sono escluse dal federalismo. Nulla vieta, però, di proseguire con scambi onerosi - non gratuiti - di beni, secondo la normativa in atto.

IVANO STRIZZOLO. Anche nel caso di beni di carattere storico-artistico?

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Ecco, questa è una delle anomalie derivate, probabilmente, da decisioni politiche. L'Agenzia del demanio ancora oggi può vendere sul mercato beni storico-artistici non più utili per gli usi governativi, purché vi sia l'autorizzazione da parte del Ministero per i beni culturali, anche ai privati, anche ai comuni; non può, però, cederli gratuitamente ai comuni, perché sono specificatamente esclusi dal decreto legislativo. Il trasferimento può avvenire, quindi, a titolo oneroso, ma non a titolo gratuito, salvo modifiche legislative.

PRESIDENTE. Qui sono rappresentati il Friuli, il Trentino e la Campania (che non è regione autonoma, ma è la stessa cosa).


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MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Sullo stato di attuazione del federalismo, l'Agenzia del demanio ha provveduto a fare quello che doveva nei tempi previsti. Il primo DPCM doveva essere emanato il 23 dicembre, ma non è stato emanato. Abbiamo pubblicato per tempo l'elenco sul sito, anche se non era prescritto, per dare modo - visto che è una lista aperta, non esaustiva - ai comuni, alle province e alle regioni di segnalare, come hanno fatto, eventuali anomalie.
Per il DPCM è necessaria l'intesa della Conferenza Stato-regioni, che ha ripetutamente rinviato il tema, addebitando all'Agenzia del demanio l'incompletezza dei dati (ad esempio, si tratta di capire se il civico di via Vercelli 34 a Monza sia davvero il 34 o invece il 37: questo è il livello, ma evito di esprimermi in questa sede). In conclusione, noi abbiamo fatto tutto ciò che potevamo nei tempi previsti. Credo che il problema sia la mancata emanazione dei DPCM, che, tra l'altro, sono suscettibili di aggiornamento, quindi si potrebbe cominciare e poi integrare.
Per quanto riguarda, invece, la ricognizione dei beni di proprietà dello Stato in uso governativo, che erano beni del patrimonio, tutte le amministrazioni hanno dichiarato che tutto lo spazio che occupano è indispensabile. Si tratta di 18.000 beni. Per contro, l'Agenzia del demanio è composta, in tutto il territorio nazionale, solo da mille persone. Si tratterebbe, in questo caso, di analizzare immobile per immobile e fare la ricognizione, tenendo presente che spesso gli immobili sono occupati da più amministrazioni.
Certo, noi possiamo fare indagini a campione, ma occorre un segnale di una presa di responsabilità da parte delle amministrazioni dello Stato. Comunque, anche in questo caso, siamo di fronte a un tema aperto: se oggi le amministrazioni non dichiarano spazi esuberanti, ciò non esclude che domani possano esserci. Inoltre, molto si può ottenere anche attraverso la segnalazione da parte degli enti territoriali. Per esempio, mi pare che proprio nella Conferenza unificata un comune abbia rappresentato che in una certa città, in una certa via, una certa amministrazione ha dichiarato di occupare 15.000 metri quadrati mentre ne occupa 50. Questo lo verificheremo. Ad ogni modo, le dichiarazioni che abbiamo potuto verificare finora si sono rivelate tutte inesatte. Un comune, nell'ambito di una riunione con un Sottosegretario del Ministero dell'economia, ha affermato che nell'elenco pubblicato dall'Agenzia del demanio non risultavano inseriti 893 beni. Una volta esaminato l'elenco, abbiamo verificato che di questi beni nessuno è dello Stato o nella gestione dell'Agenzia del demanio. È un luogo comune.
Ho già dichiarato più volte anche al Ministro Calderoli - del resto, sono stato chiamato proprio per avviare il progetto del federalismo, dovevo fermarmi sei mesi e sono passati ormai tre anni, quasi conclusi finalmente - che, a mio avviso, se c'è un'amministrazione dello Stato che si è messa a completa disposizione, realizzando ciò che doveva per attuare il federalismo - nei limiti delle risorse, delle conoscenze e così via - è stata proprio l'Agenzia del demanio, e lo riconfermo in questa sede. Del resto, i primi schemi del decreto legislativo li ha abbozzati proprio l'Agenzia del demanio.

PRESIDENTE. Le rivolgo un'ultima domanda. Mi riferisco ad un accordo che faceva transitare il personale delle direzioni provinciali del Ministero del Tesoro ai Monopoli di Stato, nell'ambito di un piano per accorpare ragionerie e direzioni provinciali. Ora, quel piano portava alla realizzazione di un unico centro in tutte le province in cui erano presenti entrambi. Tenendo conto che il personale transitava ad altra amministrazione, ciò avrebbe dovuto determinare una certa riduzione degli spazi. Mi risulta oggi ci fosse una riunione al riguardo. A questo proposito, vorrei sapere se siete stati contattati per dare un vostro parere sull'utilizzazione degli spazi.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Hanno fatto solo un cenno. Non siamo stati coinvolti, mentre


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per le direzioni provinciali delle entrate è stato fatto un piano.....

PRESIDENTE. Per chiarire, transiterebbero 1500 persone dalle direzioni provinciali ai Monopoli, i quali, non avendo le sedi provinciali, si sistemerebbero nei locali precedentemente occupati dal personale.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Di proprietà dello Stato? I Monopoli hanno beni propri, signor presidente.

PRESIDENTE. La rete provinciale dei Monopoli era ridotta a 12 sedi su 110, quindi non era molto rilevante. Bisogna poi considerare l'accorpamento nelle dodici sedi (ad esempio, ricordo Brescia e altre sedi). Tuttavia, si tendeva al risparmio attraverso l'accorpamento; si trattava, quindi, di un accorpamento funzionale, indipendentemente dal numero di dipendenti transitato, con molte locazioni passive con terzi.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Non siamo stati coinvolti.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Prato e dichiaro conclusa l'audizione. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata (vedi allegato).

La seduta termina alle 15,20.

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