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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VI
2.
Martedì 31 maggio 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Conte Gianfranco, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE TEMATICHE RELATIVE ALL'UTILIZZO DEGLI IMMOBILI DI PROPRIETÀ DELLO STATO DA PARTE DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE

Audizione del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione:

Conte Gianfranco, Presidente ... 3 6 8 11 12
Barbato Francesco (IdV) ... 7
Brunetta Renato, Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ... 3 9 11
Comaroli Silvana Andreina (LNP) ... 6
Fluvi Alberto (PD) ... 6

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ... 13
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

[Avanti]
COMMISSIONE VI
FINANZE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 31 maggio 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO CONTE

La seduta comincia alle 14,05.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative all'utilizzo degli immobili di proprietà dello Stato da parte delle amministrazioni pubbliche, l'audizione del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione.
Come il Ministro Brunetta ben sa, abbiamo iniziato un'indagine conoscitiva sull'utilizzo degli immobili di proprietà dello Stato da parte delle pubbliche amministrazioni, con l'obiettivo di verificare, in relazione alla normativa vigente, lo stato di attuazione della valorizzazione degli immobili e la gestione degli stessi. Ci attendiamo quindi ulteriori spunti di riflessione sul tema in oggetto.
Do la parola al Ministro per lo svolgimento della relazione.

RENATO BRUNETTA, Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. Grazie, presidente. Questa indagine conoscitiva sull'utilizzo degli immobili di proprietà dello Stato da parte delle pubbliche amministrazioni si colloca in un percorso di lungo periodo, che è quello della razionalizzazione e dell'ottimizzazione della spesa pubblica, soprattutto quella di parte corrente, con particolare riferimento non solo al personale della pubblica amministrazione, ma anche agli immobili correlati al funzionamento degli enti e, quindi, all'attività del personale della pubblica amministrazione.
Potremmo affermare che questa indagine rappresenta l'altra faccia della medaglia della razionalizzazione, dei tagli, delle semplificazioni che avvengono sul fronte del pubblico impiego, anche perché il pubblico impiego, per svolgere le sue funzioni, deve collocarsi all'interno di strutture e di enti funzionali. Tutto quello che è stato realizzato - invero non solo da questo Governo ma anche da quelli precedenti - mira proprio a questo obiettivo.
Per razionalizzare, come sosteneva Einaudi, bisogna conoscere. Così come, forse, noi non conosciamo esattamente il numero dei pubblici dipendenti - non per incuria statistico-analitica, ma perché le infinite tipologie di pubblici dipendenti, presso amministrazioni centrali e periferiche, con differenti tipologie contrattuali, ci portano a non disporre del numero esatto dei pubblici dipendenti - analogamente non conosciamo il numero, la qualità, la quantità e la localizzazione degli uffici in cui i pubblici dipendenti e le pubbliche amministrazioni svolgono le loro funzioni.


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Naturalmente a queste due carenze si sta ponendo rimedio, proprio in funzione della razionalizzazione, dell'ottimizzazione, dell'accorpamento e della semplificazione. Si tratta, però, di un'azione non di lungo, ma di medio periodo. Valuto, quindi, positivamente l'indagine conoscitiva di questa Commissione, che si inserisce in un processo strutturale.
Gli interventi normativi che si sono succeduti nel tempo hanno avuto come denominatore comune la volontà di realizzare un progetto di riordino di enti e di organismi pubblici, cui fosse correlato il conseguimento di un'adeguata riduzione della spesa, atta a incidere positivamente sui saldi di bilancio: ovvero un riordino e un accorpamento con l'obiettivo di conseguire obiettivi di bilancio virtuosi.
Con riferimento alla legislatura in corso, il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, all'articolo 26 (cosiddetta norma «taglia-enti»), e più in generale all'articolo 74, ha disposto la ridefinizione degli assetti organizzativi, attraverso una significativa contrazione del numero complessivo dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e delle posizioni dirigenziali, nonché la riduzione del numero degli uffici in conseguenza dei processi di riorganizzazione e di razionalizzazione delle competenze.
Successivamente, il decreto-legge n. 78 del 2010 ha previsto un articolato intervento di contenimento delle spese, attuato in particolare attraverso il congelamento delle retribuzioni per il triennio 2011-2013, la riduzione dei trattamenti economici superiori a 90.000 euro, il blocco della contrattazione per il triennio 2010-2012, la sospensione degli adeguamenti retributivi, l'estensione del TFR e la rateizzazione dei trattamenti di fine rapporto superiori a 90.000 euro. Altri interventi riguardano la gestione del personale e il blocco del turnover.
Le due facce del problema, vale a dire la misura «taglia-enti», con il conseguente accorpamento degli stessi, nonché il blocco del turnover e la riduzione di numerose posizioni apicali per quanto riguarda la dirigenza, producono, o dovrebbe produrre, la contrazione dei luoghi dove si svolgono le attività organizzative ed istituzionali della pubblica amministrazione e un conseguente risparmio.
In ogni caso, si tratta di un processo ancora in corso. Infatti, la legge finanziaria 2010 ha previsto che le amministrazioni effettuino una programmazione triennale del fabbisogno di spazi. Ciascuna amministrazione deve provvedere a comunicare all'Agenzia del demanio, entro il 31 gennaio di ogni anno, il proprio piano triennale. Inoltre, si prevede che il contraente unico di tutte le locazioni sia l'Agenzia del demanio. Pertanto, non è più possibile che ciascun ente prenda in locazione un locale, un palazzo o anche cinque o dieci stanze o che si acquistino immobili, perché non solo tutto ciò dovrà essere coerente con una programmazione triennale, ma questa programmazione dovrà essere verificata dall'Agenzia del demanio, la quale diventerà il conduttore unico di tutti gli immobili di proprietà dello Stato: in altre parole, vi è un'unica autorità, l'Agenzia del demanio, che conosce i fabbisogni e stipula i contratti, una volta verificati i fabbisogni.
L'Agenzia del demanio, se posso usare un linguaggio da economista, dovrà mettere a punto tanto lo stock degli immobili, quanto il flusso. Lo stock è il patrimonio già utilizzato, mentre il flusso è quello che si dismette e quello che si intende utilizzare in ragione delle nuove funzioni. Se si accorpano due enti e si dismettono due edifici, magari si ha bisogno di affittarne o di comprarne un terzo a fronte della dismissione dei primi due. È un classico atto che deve entrare nella programmazione triennale, che deve essere verificato dall'Agenzia del demanio e di cui essa diviene titolare.
Si tratta di un processo, come voi ben immaginate, di enormi dimensioni, che comporta la conoscenza dello stock di immobili e la sua analisi dinamica attraverso i flussi di dismissione, di eliminazione


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o di abbandono, nonché i flussi - le amministrazioni devono pur poter vivere - di nuovo utilizzo. Questo vale per quanto riguarda lo Stato centrale e le sue articolazioni periferiche.
A ciò si aggiunge il processo del federalismo demaniale, che comporta una devoluzione da parte dello Stato a regioni, province e comuni, ma anche la necessità di estendere la conoscenza del dato analitico relativo agli immobili delle regioni, delle province e dei comuni, cioè di conoscere non solo quanto lo Stato devolverà loro, ma anche, pur in ragione della loro autonomia, lo stock esistente e il flusso delle loro dinamiche e dei loro fabbisogni allocativi, a cui va aggiunto il processo di devoluzione.
Questo è lo stato dell'arte dell'architettura del sistema, che si inquadra in una strategia di trasparenza, razionalizzazione, ottimizzazione e risparmio, la quale prevede il censimento degli immobili e la conoscenza, attraverso i piani triennali, delle dinamiche e dei fabbisogni.
Per quanto riguarda gli interventi possibili, ovvero le linee di ulteriore approfondimento, si possono unificare strutture e immobili per più amministrazioni. Per esempio, in via informale, posso dire che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sta valutando la possibilità di realizzare strutture che unifichino le diverse agenzie del welfare, dagli uffici del lavoro all'INPS. Tutto ciò che dipende da un unico Ministero può essere portato in un unico luogo, con razionalizzazione evidente di servizi e di spese. Parlo del welfare perché conosco l'intenzione del Ministro, ma analoghe considerazioni valgono per tutti i ministeri.
In conseguenza dei compiti attribuiti all'Agenzia del demanio, abbiamo realizzato anche la centralizzazione delle competenze sugli interventi di manutenzione in un unico organo dell'amministrazione, unificando i meccanismi e i processi di manutenzione al fine di conseguire economie di scala.
Occorre poi favorire i meccanismi di risparmio mediante un sistema premiale per gli stessi dipendenti. Esiste una norma, che ho sostenuto, che potremmo chiamare "dividendo dell'efficienza": poiché l'accorpamento si compie anche mettendo insieme il capitale umano, il personale, e ciò significa spesso mobilità - nel senso che ci si sposta da un luogo all'altro, magari da una sede all'altra e anche da una città all'altra, il che non sempre è facile - una parte del risparmio indotto da questa razionalizzazione potrebbe essere utilizzato al fine di favorire la mobilità del personale. In caso contrario, il personale può reagire rigidamente e, come ben sappiamo, ciò tende a bloccare i processi di riordino della pubblica amministrazione.
L'ultimo punto, conseguente a tutto ciò, è il risparmio energetico: quando si ristruttura, si ridefinisce, si accorpa e si razionalizza, si dovrebbero utilizzare le migliori tecnologie per quanto riguarda il risparmio energetico, come il condizionamento dell'aria, il riscaldamento, i pannelli solari, i vetri termici. Non si tratta solo del risparmio energetico: pensiamo al VoIP, cioè all'uso della rete per quanto riguarda la telefonia, attraverso cui si possono eliminare i tradizionali abbonamenti di rete telefonica e si può passare a centralini VoIP, che portano un risparmio pari a circa due terzi dei canoni. In tal modo, tutto il processo diventa virtuoso.
Tale processo è in corso e la concentrazione delle competenze in capo all'Agenzia del demanio è una garanzia per passare dai comportamenti singoli ad una standardizzazione, con l'auspicio che ciò non diventi fattore di immobilismo o di rigidità. Ciò dipenderà da tutti noi.
Il processo «taglia-enti», con l'accorpamento degli enti stessi, la riduzione del numero degli edifici utilizzati, la razionalizzazione dell'uso degli stessi e il taglio del personale, dovrebbe portare a una positiva, virtuosa e fisiologica riduzione della spesa e, ancor di più, a un aumento dell'efficienza. Quando il cittadino si reca nel palazzo del welfare e vi trova anche l'INPS, l'Ispettorato e l'Agenzia del lavoro, molto probabilmente ne trae un vantaggio in termini di servizi.


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Questa è la situazione, in estrema sintesi, sulla quale ho predisposto una sintetica relazione da consegnare alla Commissione. Nella presentazione ci sono tutti i riferimenti legislativi, anche precedenti a questo Governo, come l'articolo 1, comma 482, della legge finanziaria 2007, che poneva lo stesso obiettivo di riordino di enti, strutture e organismi pubblici, oltre che obiettivi finanziari di riduzione dell'indebitamento netto. Siamo quindi in una sorta di continuità tra il Governo precedente e quello attuale.
Desidero rivolgere un plauso all'iniziativa delle Commissione su questo tema, che considero assolutamente condivisibile. La competenza del mio Dicastero per quanto riguarda le tematiche individuate è solo parziale. Nondimeno, proprio per ragioni connesse con la gestione del personale, seguo con particolare attenzione il monitoraggio di tutto il processo. Porto solo un esempio, che non è contenuto nella relazione che ho consegnato: ai sensi di una specifica norma di legge ed in base agli accordi contrattuali, le istituzioni pubbliche concedono alcuni spazi alle organizzazioni sindacali. Questo processo di accorpamento e riduzione deve comportare anche le ridefinizioni degli spazi concessi, perché se due enti si accorpano, evidentemente bisogna accorpare anche gli spazi allocati alle organizzazioni sindacali. Non sempre ciò è semplice, tuttavia anche questa è una tematica di cui tener conto.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro per quanto ci ha esposto. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

SILVANA ANDREINA COMAROLI. Ringrazio il Ministro per l'esposizione e anche per il lavoro di razionalizzazione e di ottimizzazione delle risorse che sta svolgendo.
La mia domanda è riferita a un'audizione dell'Agenzia del demanio che abbiamo svolto a febbraio di quest'anno, proprio in relazione alla razionalizzazione degli spazi in uso ai ministeri e a tutti gli enti pubblici. Si evidenziava che l'iter è in corso, tuttavia i ministeri non hanno un parametro per definire se lo spazio attribuito è corretto. Esiste inoltre la tendenza, da parte di tutti gli uffici pubblici, a sostenere che lo spazio a disposizione è tutto necessario e che magari ne serve ancora di più.
A questo proposito, ho presentato una proposta di legge proprio per definire parametri certi, ossia, semplificando con un esempio, per stabilire che in una stanza di 64 metri quadrati possono lavorare quattro persone. In tale circostanza, ho analizzato a fondo come distribuire gli spazi. Volevo sentire se lei concorda con questa definizione e se ravvisa la mancanza di tali parametri.
Un'altra osservazione emersa nel corso dell'audizione dell'Agenzia del demanio riguarda il fatto che, ai sensi della normativa vigente, chi non effettua la comunicazione annuale degli spazi necessari è segnalato alla Corte dei conti. A febbraio, però, era proprio la Corte dei conti a non aver fornito i dati relativi agli spazi.

ALBERTO FLUVI. Desidero ringraziare il Ministro per il materiale che ci ha consegnato e per l'esposizione. Credo che il suo sia un lavoro molto difficile, perché conosciamo tutti, lei in primo luogo, le resistenze verso i processi di cambiamento. Penso, però, che sia necessario procedere in questa direzione, tenendo fermi i tre punti a cui lei faceva riferimento, ossia la trasparenza, l'ottimizzazione e il risparmio, soprattutto nella situazione in cui versa il Paese, ma anche a prescindere dalla situazione della finanza pubblica.
Credo che il punto centrale, al di là dell'oggetto dell'indagine, che riguarda l'utilizzo degli immobili - è chiaro che la Commissione finanze non poteva che partire da ciò - sia la riorganizzazione della pubblica amministrazione, da cui deriva la questione degli immobili. Ritengo che tutti insieme dovremmo compiere uno sforzo in


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questo senso, lasciando da parte anche le esigenze di carattere politico. Sappiamo tutti che cosa significa quando si chiude una sede di una struttura pubblica in una provincia o in una regione.
D'altra parte, come lei stesso ha ricordato, le nuove tecnologie consentono di avere non tanto l'ufficio di prossimità, quanto una sede che sia in grado di fornire, anche a distanza, servizi sempre più qualificati ai cittadini. Credo che il processo di riorganizzazione a livello territoriale sia un punto importante, avviato, come correttamente lei ha affermato, anche con impegni dei precedenti Governi. Penso alla riorganizzazione degli uffici governativi nelle diverse province: non è più necessario che vi siano uffici in ogni provincia. Non voglio azzardarmi ad affermare che si sufficiente un'unica presenza a livello regionale, ma forse è il caso di procedere in quella direzione.
Occorrerebbe, inoltre, riprendere il percorso che lei con coraggio - attraverso la norma cosiddetta «taglia-enti» - ha cercato di portare avanti, e di discutere dell'iniziativa del Ministero del lavoro e delle politiche sociali riguardante l'accorpamento degli uffici presenti sul territorio. Sono convinto che questo sia il percorso giusto e che occorra proseguire in questa direzione.
Credo anche, e vengo alla domanda che volevo porle, che il processo di verifica e di controllo - con trasparenza, ottimizzazione e risparmio - si attui meglio se decentrato. Nell'ottica del federalismo, è necessario affrontare il tema del trasferimento delle risorse, in questo caso degli immobili oppure del demanio, attraverso gli strumenti messi a disposizione dal federalismo demaniale.
Non si può ritenere, per esempio, di aver concluso il processo relativo al federalismo demaniale con i trasferimenti individuati nel decreto legislativo n. 85 del 2010, che rappresentano una quota molto limitata del patrimonio pubblico: questa è solo una prima tappa. Anche perché sono convinto che sia possibile attuare un controllo migliore sul processo in atto, se lo decentriamo. Vi è, quindi, la necessità di considerare il federalismo demaniale, che abbiamo approvato nei mesi scorsi, come una prima tappa, un primo step.
Occorrerebbe considerare, ad esempio, anche tutti gli immobili della Difesa, che inspiegabilmente - ho capito il perché, ma mi consenta di utilizzare tale avverbio - sono rimasti tutti, o in gran parte, al di fuori della definizione del demanio statale. Non è un caso che esista una SpA della Difesa. Forse possiamo comprenderne il motivo.
L'altra questione riguarda la valorizzazione degli immobili, ma in merito non so darle un'indicazione o una risposta. Intendo in questa sede sollevare il problema e chiederle un'opinione. Noi abbiamo tentato negli ultimi dieci o quindici anni una valorizzazione del patrimonio pubblico, in maniera particolare di quello degli enti previdenziali, attraverso le operazioni cosiddette SCIP 1 e 2. Sappiamo tutti come è andata a finire, con le operazioni di riacquisto degli immobili invenduti da parte degli enti stessi.
Non ritiene, anche in questo caso, che sia necessario un lavoro più capillare sul territorio? Il tema della valorizzazione del patrimonio pubblico è all'ordine del giorno, ragion per cui tendo a collegare le questioni del federalismo demaniale anche alla valorizzazione del patrimonio demaniale. Ritengo che sia più semplice lavorare sul territorio, perché il processo coinvolge i piani regolatori e la valorizzazione di aree e di immobili dislocati sul territorio. In ogni caso questa è l'esperienza che mi sembra si possa trarre dalle due vicende di SCIP 1 e 2. La ringrazio.

FRANCESCO BARBATO. Ringrazio il Ministro a nome del Gruppo parlamentare dell'Italia dei valori per la sua presenza in Commissione. In ordine alla sua relazione, che fa seguito ai precedenti provvedimenti legislativi, le chiedo alcune delucidazioni sui tempi di attuazione, che troppo spesso la politica e il Governo rendono troppo lunghi, per cui, se da un lato si cerca di razionalizzare, come è giusto che sia, gli


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assetti della pubblica amministrazione, dall'altro, purtroppo, ci troviamo ad aspettare tempi "biblici" per poter arrivare alla conclusione del processo.
Vorrei sapere da lei, pur apprezzando il lavoro che ha svolto e di cui ci sta dando conto, se riusciremo a definire una data certa in cui sapremo effettivamente se occorrono più uffici, ad esempio, per la giustizia e per i tribunali, ovvero per l'Agenzia delle entrate. Dobbiamo far in modo che ci sia il miglior utilizzo del patrimonio, troppo spesso abbiamo assistito ad un utilizzo improprio, con devianze, non a caso, anche in questo Parlamento; la stessa Camera dei deputati ha forse qualche scheletro nell'armadio, mi riferisco ad alcuni edifici da essa occupati.
La domanda che le pongo è se non sia il caso, anche per gli enti locali, di realizzare un coordinamento: mi riferisco, ad esempio, ad alcuni piccolissimi comuni che hanno il campo sportivo, la piscina, l'edificio scolastico, mentre il comune a fianco, altrettanto piccolo, possiede le stesse strutture. Occorre forse un intervento a livello generale per fornire indicazioni, soprattutto di tipo economico, per contenere la spesa pubblica. Ovviamente l'autonomia va garantita, ma non è possibile mantenere tre strutture aperte in tre comuni confinanti con 500 abitanti ciascuno. Razionalizzare significa anche gestire bene il patrimonio pubblico.

PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, prima di darle la parola per la replica, volevo porle anch'io alcune domande. Dalla sua relazione, signor Ministro, risulta confermata, come del resto ci aspettavamo, la necessità ,evidenziata dalla collega Comaroli, di definire gli spazi a disposizione delle pubbliche amministrazioni. Come lei sa, con la normativa contenuta nel decreto-legge n. 78 del 2010, peraltro, si interviene anche sulla questione delle manutenzioni, fissando per esse il limite del 2 per cento del valore complessivo degli immobili.
Ricordo un'audizione dell'architetto Spitz, ex direttore dell'Agenzia del Demanio, svolta alcuni anni fa. In tale occasione si fece cenno al tema delle manutenzioni, e io ricordai il dato di 1,4 miliardi di euro annui di manutenzioni nell'intero Paese. Naturalmente anche le amministrazioni forniscono dati parziali e tali dati erano rintracciabili nelle note della Ragioneria generale dello Stato. L'architetto Spitz dovette ammettere che il dato in mio possesso era assolutamente veritiero.
Nel marzo 2001, il Governo Amato emanò un provvedimento con un contenuto molto simile a quello della proposta di legge dell'onorevole Comaroli, che poi fu sospeso nel successivo mese di luglio dall'allora Ministro Frattini. Da allora non si è più parlato di definire standard per l'allocazione di spazi. Capisco che ci possano essere resistenze sindacali, e anche che ci siano dirigenti di istituzioni pubbliche e di ministeri responsabili della gestione degli immobili (la quale peraltro è stata trasferita all'Agenzia del demanio) che, occupandosi delle manutenzioni degli immobili stessi, hanno poco interesse a dismettere spazi eccedenti rispetto alle necessità.
Come lei stesso ha affermato, poiché è prevedibile, almeno nel periodo medio-lungo, una riduzione complessiva, anche in relazione al blocco del turnover, del personale della pubblica amministrazione, è necessario elaborare un piano di medio periodo per individuare un equilibrio tra la riduzione delle assunzioni e le locazioni passive.
L'Agenzia del demanio ci ha già fatto pervenire alcune note, dalle quali si evince esattamente ciò che lei ha brillantemente esposto all'inizio. Si rileva, cioè, che, nonostante ci sia un obbligo di legge, esistono 1.999 immobili dei quali non si conosce nulla - né il termine della locazione, né se esista un contratto di locazione - che si presume siano occupati, non si capisce bene a che titolo, da parte della pubblica amministrazione.
Inoltre, la stessa Agenzia del demanio ha proposto, una volta definiti gli spazi a disposizione per le diverse amministrazioni, di definire una norma "premiale" per le amministrazioni attive nel processo di riduzione degli spazi allocati, assegnando


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loro le risorse recuperate, da destinare magari a capitoli in sofferenza, anche in relazione ai tagli ormai indiscriminati che sono stati apportati alla tabella C della legge di stabilità.
Lei ritiene che su queste due questioni il suo Dicastero potrebbe emanare un atto di indirizzo, o che tale intervento potrebbe essere inserito in uno dei prossimi provvedimenti, magari nella manovra triennale, per completare la legislazione di riferimento e magari aggiungere l'estensione - che lei ha citato - dell'obbligo di comunicazione degli immobili occupati anche agli enti locali?
Se non c'è una definizione di standard, le amministrazioni, basandosi sulla spesa storica, difficilmente ridurranno volontariamente gli spazi a disposizione, perché, non essendoci parametri, non ravviseranno la necessità, laddove ci fosse, di farlo. Le porto un esempio fra tutti: recentemente UniCredit, che occupava una sede storica del Credito commerciale di ben 1.300 metri quadrati nel centro di Milano, con tre dipendenti, ha opportunamente pensato di cedere quell'edificio, in un'ottica privatistica di valorizzazione degli immobili, anche ai fini di contenimento della spesa. Ci arriveremo anche noi?

RENATO BRUNETTA, Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. Grazie per questa occasione e per gli interventi, che considero tutti di grande rilievo.
Svolgerò un paio di considerazioni. Nella geopolitica del passato si sosteneva che demografia fosse potenza. Mutatis mutandis si potrebbe affermare che nello Stato, ma anche nella pubblica amministrazione, lo spazio è potenza: non si considera la funzione, l'efficienza, la customer satisfaction. Per un dirigente di tipo tradizionale il fatto di avere spazi, ancor più che personale, significa rilievo, autorità e potenza.
Ciò vale per il passato e, ovviamente, ora siamo in una situazione in continuo divenire. Abbiamo espresso tutti la stessa opinione in fondo, parlando di razionalizzazione, di trasparenza, di riduzione della spesa, di efficienza e di responsabilizzazione, tutte utili chiavi interpretative, ma, se dovessi indicare quella più importante da cui partire, citerei proprio quella della trasparenza, ossia «conoscere per deliberare».
Come ricordavo all'inizio, non sappiamo esattamente quanti siano i pubblici dipendenti, né gli enti pubblici. Io ho un numero in testa, perché ho l'indirizzo e-mail e gli indirizzi postali di 40.000 enti pubblici, ma non metterei la mano sul fuoco sull'esistenza in vita di tutti i 40.000 enti, perché spesso sono solo indirizzi anagrafici, ovvero nomi dietro cui non c'è nulla. Se dovessi mandare una direttiva a tutti gli enti pubblici, operazione che mi è capitato di compiere, però, la devo mandare a 40.000 indirizzi, con tale incertezza.
Occorre considerare, comunque, che non si tratta solo di sciatteria od opacità, ma anche di disposizioni normative. Il Titolo V della Costituzione prevede autonomia organizzativa, livelli organizzativi e decentramento, e ciò non consente sempre di avere una piena conoscenza a tutti i livelli. Pertanto, la mia opinione è che l'accelerazione - su questo punto il Presidente ha perfettamente ragione - dovrebbe riguardare innanzitutto il censimento. Se il censimento si conclude tra quindici anni, non serve assolutamente a nulla.
Vi porto un esempio da bricolage istituzionale sulle auto blu. Ero stanco di leggere sui giornali che le auto blu erano 610.000. Inoltre, chi forniva questi dati non citava le fonti, e nel contempo sosteneva che annualmente esse aumentavano del 2 o del 3 per cento. Ricordando il mio vecchio mestiere di professore, ho deciso di andare a scoprire le fonti. Ebbene, non esisteva alcuna fonte, si trattava semplicemente di un numero più o meno inventato. Tale numero era diventato un luogo comune in Italia e all'estero, per cui si affermava che in Italia c'erano 610.000 auto blu.


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Il numero ufficiale delle auto blu non era disponibile, quindi i giornali potevano affermare qualsiasi cosa. Che fare? Chiedere ufficialmente con una circolare ai 40.000 enti se possedessero auto blu? Non ci ho neanche provato: ho incaricato una mia agenzia di avviare presso le amministrazioni centrali e periferiche, regioni, province e comuni, un questionario. In alcuni mesi siamo riusciti ad avere una stima verosimile delle auto blu, a partire da quelle del Presidente della Repubblica, della Corte costituzionale, del mio Dicastero e di tutti i ministeri, delle regioni, delle province e dei comuni, non senza un po' di nervosismo e di fastidio.
Il risultato è che le auto blu sono circa 90.000: 30.000 al servizio di personale politico, 30.000 al servizio di personale dirigenziale e 30.000 per funzioni di servizio, escluse naturalmente quelle di Polizia e Carabinieri.
Questa indagine ha consentito di svolgere ragionamenti di policy sui costi, sulla razionalizzazione e così via. Se posso esprimere un'opinione, che poi la Commissione valuterà, sono totalmente d'accordo sull'accelerazione: i processi vanno accelerati, anche in modo parziale, cioè anche con stralci, da parte dell'Agenzia del demanio, rispetto al lavoro straordinario che essa sta compiendo per quanto riguarda lo stock, i flussi e la programmazione triennale, cioè i fabbisogni. Attraverso tali rilevazioni si può ricavare, immediatamente, lo standard.
Utilizzando le mie precedenti competenze professionali, posso affermare che, avendo rilevato standard diversi in uffici diversi per la stessa funzione, è facile individuare all'interno del range di varianza uno standard medio, ottimale o virtuoso. Se un ufficio di urbanistica di un comune utilizza una superficie pari a 100 e un altro comune della stessa dimensione e con le stesse caratteristiche utilizza una superficie pari a 50 o a 200, è facile individuare uno standard che non sia astratto e meramente prescrittivo, collocato a metà del range o nella sua parte più virtuosa.
In tal modo, si determina lo standard partendo dallo standard verificato. È possibile determinare che un ufficio di urbanistica, per un comune di 30.000 abitanti, deve avere un certo numero di metri quadrati, con date funzioni, standard di impiegati e tipologie di macchinari: chi ha di più deve razionalizzare, chi ha di meno ovviamente deve o può adeguarsi.
La trasparenza consente immediatamente di dedurre lo standard, ma aggiungerò di più: è in atto il processo di informatizzazione di tutta la pubblica amministrazione. È faticoso e complicato, non tanto per ragioni di costo, quanto per ragioni organizzative, di cultura e di mentalità. In tal senso, il CAD, il nuovo Codice dell'amministrazione digitale, prevede entro tempi brevi l'informatizzazione di tutti gli archivi.
Cito solo questo esempio. Gli archivi normalmente occupano spazi e necessitano di manutenzioni e di gestioni. Secondo il CAD, nell'arco di alcuni semestri gli archivi dovranno essere tutti informatizzati. Ciò consentirà non solo di liberare spazi, ma anche di avviare processi riorganizzativi tra dipendenti, spazi e funzioni.
Si parlava della prossimità, del superamento dello sportello di tipo tradizionale, del poter o dover rispondere via PEC, ossia via posta elettronica certificata, ai professionisti piuttosto che ai cittadini e, quindi, del cambiamento strutturale del fabbisogno. Non si ha più bisogno del front office, perché il front office è virtuale, lo sportello unico è lo sportello unico non fisico. Anche in ciò vi è un cambiamento funzionale.
I grandi driver, i grandi catalizzatori di questo processo sono rappresentati in primo luogo dalla trasparenza, paradossalmente anche parziale, vale a dire senza aspettare di avere un processo completo, che non è necessario per la definizione degli standard. Se si hanno parti di amministrazione censite in maniera puntuale, se ne possono trarre immediatamente alcune indicazioni di policy, senza aspettare la conclusione dell'intero processo.


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In secondo luogo, vi è la definizione di standard in progress, con una sola avvertenza: ritengo opportuno puntare molto sulla responsabilizzazione e sul'introduzione di un sistema di incentivi e di disincentivi, piuttosto che sulla definizione di parametri cui tutti si devono adeguare. In questo senso, si potrebbero elaborare alcuni indirizzi, dopodiché chi li raggiunge ha un premio e chi non li raggiunge viene penalizzato.
Infine, la premialità deve andare in capo ai dirigenti, soprattutto in termini di dividendo dell'efficienza, perché il processo di riorganizzazione implica ovviamente alcuni «sacrifici» in termini di capitale umano, di personale, con spostamenti, mobilità e riorganizzazione. Se da questo processo di razionalizzazione e ottimizzazione traessimo risparmi, e una parte di questi risparmi andasse a premiare i comportamenti virtuosi delle singole amministrazioni, metteremmo in moto un meccanismo virtuoso di responsabilizzazione. In questo modo, sarebbero gli stessi dipendenti a essere contenti del palazzo del welfare, in quanto grazie a esso si razionalizza, si risparmia e magari si ottiene anche il dividendo dell'efficienza.
Colgo l'occasione per ribadire i miei complimenti per la vostra indagine conoscitiva, per la quale sono disponibile ad offrire la mia massima collaborazione. Vi sollecito a proseguire, cercando di estendere l'indagine a regioni, province e comuni, altrimenti si rischia di non ottenere i risultati attesi, anche in ragione del federalismo. Sarebbe inoltre utile avere in tempi brevi, da parte dell'Agenzia del demanio, informazioni in merito ai processi in corso, perché, ancorché con risultati parziali, si possono comunque elaborare dati, standard ed elementi conoscitivi.
Sarebbe utile poi procedere in modo bipartisan, perché questa operazione non è né di destra, né di sinistra, né della maggioranza, né dell'opposizione. È la riforma dello Stato in tutte le sue articolazioni e, quindi, un'operazione di questo genere deve avere la necessaria continuità e indirizzi costanti nel tempo.
Rispetto all'impianto normativo volto alla concentrazione delle funzioni relative alla gestione degli immobili di proprietà dello Stato nell'Agenzia del demanio, io sono assolutamente favorevole. Sono disponibile per quanto di mia competenza - rispondo al Presidente - anche ad una normativa de iure condendo per contribuire alla definizione di standard in termini di personale, dirigenza, produttività, efficienza, trasparenza e merito, perché si tratta sempre delle stesse questioni: razionalizzare gli spazi significa far lavorare meglio il personale e rispondere meglio ai cittadini.
Vi è, dunque, la mia piena disponibilità, se questa Commissione vorrà proporre integrazioni normative che riguardino anche le mie competenze. Abbiate la consapevolezza che questo è un lavoro certamente difficile, ma fondamentale, perché senza un impegno di questo tipo non si riforma assolutamente nulla. Vi ringrazio.

PRESIDENTE. Signor Ministro, intervengo per chiarire una questione: ormai la definizione degli spazi e dei contratti, almeno a livello statale, esiste, essendo stati per legge invitati tutti i ministeri, così come lei ha fatto per le auto blu, a dare conto della consistenza degli immobili.
È evidente che se, con il blocco del turnover, nel giro di dieci anni si avrà una riduzione dei circa 3-3,5 milioni di dipendenti pubblici, occorre cominciare ad agire adesso per realizzare risparmi. La domanda che le pongo è se lei pensa di essere in grado, allo stato, avendo i dati dell'Agenzia del demanio, di fissare i parametri per gli spazi occupabili dalla pubblica amministrazione. Da ciò dipenderà anche la disciplina delle premialità.

RENATO BRUNETTA, Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. Presidente, lei mi invita a nozze con una domanda di questo genere. La mia unica remora è quella della competenza, che intendo verificare. Ritengo che possa essere


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stabilito un processo di identificazione degli standard, ancorché non subito esaustivo, sulla base delle conoscenze dell'Agenzia del demanio e di altre fonti, con un percorso percorribile in tempi rapidi. Se fosse possibile, lo farei anche senza nuova normativa, ma sulla base di quelle esistente. Comunque le due cose potrebbero andare insieme.

PRESIDENTE. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata (vedi allegato).
Ringrazio il Ministro Brunetta per la sua partecipazione e dichiaro conclusa l'audizione

La seduta termina alle 15.

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