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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VI
6.
Martedì 26 luglio 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Conte Gianfranco, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE TEMATICHE RELATIVE ALL'UTILIZZO DEGLI IMMOBILI DI PROPRIETÀ DELLO STATO DA PARTE DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE

Esame del documento conclusivo:

Conte Gianfranco, Presidente ... 3

ALLEGATO: Proposta di documento conclusivo ... 4
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A.

COMMISSIONE VI
FINANZE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 26 luglio 2011


Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO CONTE

La seduta comincia alle 13,30.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Esame del documento conclusivo.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative all'utilizzo degli immobili di proprietà dello Stato da parte delle amministrazioni pubbliche, l'esame del documento conclusivo.
Informo che, in esito allo svolgimento del programma dell'indagine conoscitiva, ho predisposto una proposta di documento conclusivo (vedi allegato), nella quale, oltre a dare conto delle risultanze delle audizioni svolte, si formulano alcune proposte in merito alle problematiche affrontate, che potranno costituire un'utile base di lavoro per le iniziative parlamentari che si intenderà assumere al riguardo.
Invito i colleghi a esaminare il testo della proposta, alla quale potranno presentare eventuali richieste di integrazione o modifica.
Nessuno chiedendo di intervenire, rinvio il seguito dell'esame alla seduta già convocata per la giornata di giovedì prossimo, nella quale si procederà alla votazione della proposta di documento conclusivo.

La seduta termina alle 13,35.


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ALLEGATO

Indagine conoscitiva sulle tematiche relative all'utilizzo degli immobili di proprietà dello Stato da parte delle amministrazioni pubbliche.

PROPOSTA DI DOCUMENTO CONCLUSIVO

1. L'OGGETTO DELL'INDAGINE
Il recente dibattito, a livello internazionale, circa la sostenibilità dei debiti pubblici, determinato dalle turbolenze che stanno caratterizzato i mercati degli strumenti di debito sovrano, sottolinea, ancora di più che in passato, la rilevanza, soprattutto in un Paese, come l'Italia chiamato a misurarsi con un ammontare di debito pubblico particolarmente elevato, del tema concernente la gestione dell'attivo del bilancio pubblico, e segnatamente del demanio e del patrimonio dello Stato, assume sempre più rilevanza.
L'esigenza di compiere un approfondimento in merito è emersa con maggiore evidenza a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 85 del 2010, in materia di federalismo demaniale, recante attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell'articolo 19 della legge n. 42 del 2009, il quale determinerà certamente un impatto significativo su tale materia.
In questo quadro, la Commissione ha ritenuto necessario approfondire un aspetto del più generale problema concernente la gestione del patrimonio pubblico, compiendo una prima valutazione, in sede parlamentare, sugli effetti delle norme, introdotte nel corso degli ultimi anni, circa l'utilizzo e la gestione, da parte delle amministrazioni pubbliche, degli immobili. Infatti, gli interventi legislativi posti in essere in questo settore hanno introdotto alcuni strumenti essenziali per razionalizzare l'uso degli spazi da parte della pubblica amministrazione e per realizzare in tal modo una maggiore valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico.
In tale contesto l'indagine conoscitiva ha inteso raccogliere il contributo delle diverse amministrazioni interessate, anche per favorire un migliore coordinamento tra i numerosi interlocutori istituzionali a vario titolo coinvolti in tale complessa problematica.
Nel corso dell'indagine, che si è sviluppata in tempi piuttosto serrati, sono stati ascoltati il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, il Direttore dell'Agenzia del demanio, il Capo della Direzione VIII del Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze, dottor Stefano Scalera, nonché i presidenti dell'INPS, dell'INPDAP e dell'INAIL.

2. IL CONTESTO NORMATIVO
La normativa di riferimento relativa ai temi oggetto dell'indagine conoscitiva è riconducibile a cinque direttrici di intervento:
1) la razionalizzazione degli spazi utilizzati dalle amministrazioni dello Stato;
2) il contenimento delle locazioni passive e individuazione dell'Agenzia del demanio quale «conduttore unico»;
3) l'accentramento in capo all'Agenzia del demanio della competenza in tema di interventi di manutenzione sul patrimonio immobiliare;


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4) la razionalizzazione del patrimonio strumentale degli Enti previdenziali;
5) le disposizioni in materia di federalismo demaniale.

Un breve cenno meritano infine le disposizioni in materia di dismissione e valorizzazione dei beni immobili appartenenti al patrimonio dello Stato.

2.1. La razionalizzazione degli spazi utilizzati dalle amministrazioni dello Stato.
A monte delle misure specifiche volte a razionalizzare gli spazi a disposizione delle amministrazioni pubbliche meritano di essere richiamate le norme dirette a ridimensionare gli assetti organizzativi esistenti attraverso la riduzione degli uffici e delle dotazioni organiche.
In particolare, l'articolo 1, comma 482, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007) ha posto gli obiettivi di riordino, accorpamento, soppressione e trasformazione di enti strutture ed organismi pubblici.
Il decreto-legge n. 112 del 2008 ha poi introdotto, all'articolo 24, una misura cosiddetta «taglia enti» disponendo, più in generale (all'articolo 74), la riduzione degli uffici dirigenziali, il riordino delle relative competenze al fine di evitare duplicazioni e l'accorpamento delle strutture periferiche su base regionale o provinciale. Al riguardo l'articolo 2, comma 8-bis, del decreto-legge n. 194 del 2009 ha previsto un ulteriore intervento di riorganizzazione all'esito dei tagli già effettuati.
L'applicazione delle citate disposizioni ha determinato una generale diminuzione del fabbisogno allocativo.
Più in dettaglio, analogamente a quanto già previsto per gli enti previdenziali, l'articolo 12 decreto-legge n. 98 del 2011 ha stabilito che le operazioni di acquisto e vendita degli immobili da parte delle amministrazioni pubbliche sono subordinate alla verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica.
Con specifico riferimento alla questione degli spazi, l'articolo 2, comma 222, della legge finanziaria 2010 (n. 191 del 2009) ha introdotto l'obbligo, per le amministrazioni pubbliche, di trasmettere una serie di comunicazioni all'Agenzia del demanio relativamente agli immobili da esse utilizzati, con l'obiettivo di unificare in capo alla stessa Agenzia le procedure riguardanti le locazioni passive e di razionalizzare gli spazi utilizzati dalle medesime amministrazioni. Sono previsti, inoltre, obblighi di comunicazione da parte delle amministrazioni pubbliche anche al fine di redigere il conto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato.
Le amministrazioni dello Stato sono quindi tenute a comunicare all'Agenzia del demanio, entro il 31 gennaio di ogni anno, la previsione triennale del loro fabbisogno di spazio allocativo e delle superfici da esse occupate che non risultano più necessarie. Al fine di attuare in modo compiuto tale disposizione, il comma 9 dell'articolo 12 del decreto-legge n. 98 del 2011 ha disposto che le amministrazioni comunicano annualmente all'Agenzia del demanio, a decorrere dal 1o gennaio 2013, le previsioni relative alle nuove costruzioni, la cui realizzazione sia programmata nel successivo triennio.
In relazione alle finalità di contenimento e di razionalizzazione sistematica degli spazi in uso alle amministrazioni dello Stato, di cui all'articolo 1, commi 204 e seguenti, della predetta legge finanziaria per il 2007, sono previsti ulteriori obblighi di comunicazione all'Agenzia del demanio da parte delle Amministrazioni dello Stato. Entro il 30 giugno 2010, infatti, dette amministrazioni dovevano comunicare l'elenco dei beni immobili di proprietà di terzi utilizzati a qualsiasi titolo.
Sulla base di tali comunicazioni, l'Agenzia elabora un piano di razionalizzazione degli spazi, trasmettendolo alle amministrazioni interessate e al Dipartimento del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze.
Inoltre, le amministrazioni che utilizzino o detengano, a qualunque titolo, immobili di proprietà dello Stato o di proprietà delle stesse, sono tenute a trasmettere


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al Dipartimento del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze l'elenco contenente l'identificazione di tali beni. La trasmissione dell'elenco è finalizzata alla redazione del conto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato, di cui all'articolo 6, comma 8, lettera e), del decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 2008, e del conto generale del patrimonio dello Stato, di cui all'articolo 14 del decreto legislativo n. 279 del 1997.
Al riguardo il decreto ministeriale 30 luglio 2010 ha esteso il perimetro di raccolta dei dati alle concessioni e alle partecipazioni delle amministrazioni interessate, stabilendo le modalità di comunicazione ai fini della redazione del rendiconto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato.
Entro il 31 gennaio di ciascun anno successivo a quello di trasmissione del primo elenco, tutte le amministrazioni pubbliche comunicano le eventuali variazioni intervenute rispetto a tale elenco e, qualora emerga l'esistenza di immobili di proprietà dello Stato non in gestione dell'Agenzia del demanio, tali immobili vengono fatti rientrare nella gestione dell'Agenzia. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze l'obbligo di comunicazione può essere esteso ad altre forme di attivo ai fini della redazione dei predetti conti patrimoniali.
È altresì prevista una disciplina sanzionatoria, che si è andata rafforzando nel corso del tempo: innanzitutto, in caso di inadempimento dei predetti obblighi di comunicazione, l'Agenzia del demanio ne effettua la segnalazione alla Corte dei Conti.
Successivamente, l'articolo 12 del decreto-legge n. 98 del 2011 ha disposto che la violazione dei predetti obblighi di comunicazione è causa di responsabilità amministrativa. Le amministrazioni soggette ai suddetti obblighi devono quindi individuare, secondo le rispettive strutture organizzative e i relativi profili di competenza, i responsabili della comunicazione.
Si prevede altresì la nullità di ogni contratto di locazione di immobili che non sia stipulato dalla Agenzia del demanio per conto dell'amministrazione dello Stato interessata (è stabilita un'eccezione per i contratti stipulati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dichiarati indispensabili per la protezione degli interessi della sicurezza dello Stato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri).
Ai sensi dell'articolo 8, comma 3, del decreto-legge n. 78 del 2010, qualora nell'attuazione dei piani di razionalizzazione l'amministrazione utilizzatrice, per motivi ad essa imputabili, non provvede al rilascio degli immobili utilizzati entro il termine stabilito, su comunicazione dell'Agenzia del demanio il Ministero dell'economia e finanze effettua una riduzione lineare degli stanziamenti di spesa dell'amministrazione stessa pari all'8 per cento del valore di mercato dell'immobile rapportato al periodo di maggior permanenza.

2.2. Il contenimento delle locazioni passive e individuazione dell'Agenzia del demanio quale «conduttore unico».
Ai sensi dell'articolo 2, comma 222, terzo e quarto periodo, della legge n. 191 del 2009, a decorrere dal 1o gennaio 2011 l'Agenzia del demanio è individuato come «conduttore unico», ovvero come l'unico soggetto tenuto a stipulare, per conto delle amministrazioni dello Stato, i contratti di locazione passiva, qualora, all'esito del processo di razionalizzazione degli spazi, dovessero emergere concrete e improcrastinabili esigenze allocative da soddisfare mediante il ricorso al mercato privato, compatibilmente con le misure di contenimento della spesa. L'Agenzia, quindi, dopo aver verificato la corrispondenza dei fabbisogni comunicati con gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica, svolge i seguenti compiti:
a) accerta l'esistenza di immobili da assegnare in uso fra quelli di proprietà dello Stato ovvero trasferiti ai fondi immobiliari pubblici (al riguardo si ricorda che con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 4


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del decreto-legge n. 351 del 2001, è stato istituito il Fondo immobili pubblici): tali immobili sono concessi in locazione all'Agenzia del demanio, la quale li assegna ai soggetti che li hanno in uso, per periodi di durata fino a nove anni rinnovabili, secondo i canoni e le altre condizioni fissate dal Ministero dell'economia e delle finanze sulla base di parametri di mercato;
b) verifica la congruità del canone degli immobili di proprietà di terzi, individuati dalle predette amministrazioni tramite indagini di mercato, attraverso la Commissione per la verifica di congruità delle valutazioni tecnico-economico-estimative, istituita in seno all'Agenzia del demanio ai sensi dell'articolo 1, comma 479, della legge n. 266 del 2005;
c) stipula i contratti di locazione, ovvero rinnova, qualora ne persista il bisogno, quelli in scadenza sottoscritti dalle predette amministrazioni e adempie i predetti contratti;
d) consegna gli immobili locati alle amministrazioni interessate che, per il loro uso e custodia, ne assumono ogni responsabilità ed onere.

È prevista inoltre l'istituzione, all'interno dello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze, di un Fondo unico destinato alle spese per canoni di locazione di immobili assegnati alle predette amministrazioni dello Stato. Per la quantificazione delle risorse finanziarie da assegnare a tale Fondo, le amministrazioni sono tenute a comunicare annualmente al Ministero dell'economia e delle finanze l'importo dei canoni locativi. Le risorse iscritte al Fondo vengono impiegate dall'Agenzia del demanio per il pagamento dei canoni di locazione.
Da ultimo, l'articolo 33 del decreto-legge n. 98 del 2011 ha istituito una Società di gestione del risparmio (SGR), con un capitale di 2 milioni di euro interamente posseduto dal Ministero dell'Economia, con il compito di istituire fondi che partecipano a quelli immobiliari costituiti da enti territoriali, anche tramite società interamente partecipate, a cui siano conferiti immobili oggetto di progetti di valorizzazione. I fondi istituiti dalla SGR possono altresì investire direttamente al fine di acquisire immobili in locazione passiva alle pubbliche amministrazioni ovvero partecipare a fondi titolari di diritti di concessione o d'uso su beni indisponibili e demaniali, che prevedano la possibilità di locare tutto o in parte il bene oggetto della concessione.

2.3. L'accentramento presso l'Agenzia del demanio della competenza in tema di interventi di manutenzione.
Il citato articolo 2, comma 222, della legge finanziaria per il 2010 ha previsto, al decimo periodo, che le amministrazioni interessate devono comunicare semestralmente all'Agenzia del demanio gli interventi manutentivi effettuati sia sugli immobili di proprietà dello Stato, assegnati alle medesime amministrazioni in uso governativo, sia su quelli di proprietà di terzi utilizzati a qualsiasi titolo, nonché l'ammontare dei relativi oneri. Gli stanziamenti alle singole amministrazioni per gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, a decorrere dall'esercizio finanziario 2011, non potranno eccedere gli importi spesi e comunicati all'Agenzia del demanio, e comunque entro il limite del 2 per cento del valore dell'immobile utilizzato.
Al riguardo è recentemente intervenuto l'articolo 12, commi da 2 a 8, del decreto-legge n. 98 del 2011, il quale ha attribuito all'Agenzia del demanio il compito di gestire in maniera accentrata le decisioni di spesa per la manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili utilizzati dalle pubbliche amministrazioni. Le relative risorse - previa corrispondente riduzione degli stanziamenti a disposizione delle amministrazioni interessate, fatte salve quote residuali necessarie per piccole manutenzioni e per altri interventi del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - confluiranno in appositi fondi di


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parte corrente e di conto capitale presso il Ministero dell'economia e delle finanze, escluse le quote residuali di interventi di pertinenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, e, limitatamente ad opere di piccola manutenzione, delle singole Amministrazioni che gestiscono gli immobili.
All'Agenzia del demanio spettano i compiti di gestione e di spesa relativamente agli interventi di manutenzione sugli immobili di proprietà dello Stato utilizzati per finalità istituzionali e sui beni immobili di proprietà di terzi utilizzati a qualsiasi titolo da parte delle pubbliche amministrazioni (sono esclusi gli interventi di piccola manutenzione curati in proprio dagli utilizzatori).
Per quanto riguarda gli interventi di manutenzione su beni immobili e su infrastrutture diversi da quelli sopra individuati, rimane ferma la competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il quale è tenuto a comunicare preventivamente i relativi interventi all'Agenzia del demanio per il necessario coordinamento.
Le amministrazioni pubbliche hanno l'obbligo di comunicare annualmente (entro il 31 gennaio, a decorrere dal 2012) la previsione triennale dei lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria che intendono effettuare sugli immobili di proprietà dello Stato alle stesse in uso e dei lavori di manutenzione ordinaria che intendono effettuare sugli immobili in locazione passiva ovvero utilizzati a qualsiasi titolo.
L'Agenzia del demanio, sulla base delle previsioni presentate e delle verifiche svolte, assume le decisioni di spesa sulla base di un piano generale degli interventi per il triennio successivo, anche al fine di recuperare spazi all'interno degli immobili di proprietà dello Stato e di ridurre le locazioni passive. In tal senso l'Agenzia può stipulare accordi quadro con società specializzate nella riorganizzazione dei processi di funzionamento.
Per realizzare gli interventi di manutenzione l'Agenzia può inoltre stipulare convenzioni quadro con le strutture del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ovvero accordi quadro con società specializzate o con altri soggetti pubblici per la gestione degli appalti.
Anche in tal caso è previsto uno specifico meccanismo sanzionatorio: successivamente alla stipula dell'accordo o della convenzione quadro, infatti, è nullo ogni nuovo contratto di manutenzione ordinaria e straordinaria non affidato dall'Agenzia del demanio. Fanno eccezione i contratti stipulati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dichiarati indispensabili per la protezione degli interessi della sicurezza dello Stato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
L'Agenzia del demanio verifica e monitora gli interventi necessari di manutenzione ordinaria e straordinaria, avvalendosi delle strutture del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti o selezionando, con procedure ad evidenza pubblica, società specializzate e indipendenti.

2.4. La razionalizzazione del patrimonio strumentale degli enti previdenziali.
Gli enti di previdenza rientrano tra le pubbliche amministrazioni sottoposte agli obblighi di comunicazione stabiliti dal citato articolo 2, comma 222, della legge finanziaria 2010; inoltre gli enti di previdenza sono inclusi tra le pubbliche amministrazioni che devono effettuare, entro il 31 dicembre 2010, il censimento degli immobili di loro proprietà, con specifica indicazione degli immobili strumentali e di quelli in godimento a terzi.
L'articolo 8, comma 4, del decreto-legge n. 78 del 2010 ha altresì previsto che gli enti previdenziali destinino una quota delle risorse proprie all'acquisto di immobili adibiti ad ufficio in locazione passiva alle amministrazioni pubbliche, secondo le indicazioni fornite dall'Agenzia del demanio sulla base dei piani di razionalizzazione.
Il decreto interministeriale del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro dell'economia e delle finanze del 28 marzo 2011, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 18 giugno 2011, ha


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quindi disposto l'attivazione delle cosiddette «case del welfare». Tale modello organizzativo consiste nella creazione di una sede logistica unica, a livello provinciale, comprendente gli uffici del Ministero e degli enti previdenziali assicurativi vigilati, dove gli utenti possono fruire dei servizi pubblici inerenti alle politiche del lavoro e sociali a tutela delle condizioni di lavoro, alla sicurezza nei luoghi del lavoro e alla previdenza e assistenza, con l'obiettivo strategico di realizzare un sistema efficace di erogazione dei servizi in un sistema organizzativo e amministrativo finanziariamente sostenibile e compatibile con le disposizioni in materia di finanza pubblica.
Sul piano operativo, gli obiettivi di tale nuovo modello sono riassumibili nel modo seguente: incremento del livello di accessibilità di tutti i servizi erogati dalle amministrazioni coinvolte; riduzione della spesa inerente alla sistemazione logistica, ottenuta anche con l'aumento del 40 per cento dell'indice di utilizzazione degli immobili strumentali rispetto al triennio precedente; riduzione strutturale della spesa di funzionamento, conseguente alla gestione unitaria di attività strumentali e di supporto nella misura a regime del 30 per cento del costo complessivo sostenuto dalle amministrazioni a pari titolo nel triennio precedente; ottimizzazione dell'utilizzo delle risorse umane, attraverso il ricorso a sinergie nei ruoli professionali per attività di collaborazione in tema di approvvigionamento di risorse umane, tenendo conto della tendenziale riduzione del contingente di personale e della disciplina limitativa delle assunzioni.

2.5. Le disposizioni in materia di federalismo demaniale.
In tale contesto merita di essere segnalata anche la disciplina del decreto legislativo n. 85 del 2010, concernente il federalismo demaniale, il quale prevede l'individuazione dei beni statali che possono essere attribuiti, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, a comuni, province, città metropolitane e regioni.
A tale proposito si prevede che lo Stato, previa intesa in sede di Conferenza unificata, individua i beni da attribuire a titolo non oneroso, e che l'ente territoriale, a seguito dell'attribuzione, disponga del bene nell'interesse della collettività rappresentata ed è tenuto a favorirne la «massima valorizzazione funzionale».
I beni trasferiti possono anche essere inseriti dalle regioni e dagli enti locali in processi di alienazione e dismissione; la deliberazione dell'ente territoriale di approvazione del piano di alienazioni e valorizzazioni dovrà tuttavia essere trasmessa ad una apposita conferenza di servizi volta ad acquisire le autorizzazioni, gli assensi e le approvazioni necessari alla variazione di destinazione urbanistica dei beni. Inoltre i beni trasferiti possono essere alienati solo previa valorizzazione attraverso le procedure per l'adozione delle varianti allo strumento urbanistico, ed a seguito di apposita attestazione di congruità rilasciata da parte dell'Agenzia del demanio o dell'Agenzia del territorio.
Sono in ogni caso esclusi dal trasferimento, tra gli altri, gli immobili in uso per comprovate ed effettive finalità istituzionali alle Amministrazioni pubbliche; i porti e gli aeroporti di rilevanza economica nazionale e internazionale; i beni appartenenti al patrimonio culturale, salvo quanto previsto dalla normativa vigente; le reti di interesse statale, ivi comprese quelle energetiche e le strade ferrate in uso; i parchi nazionali e le riserve naturali statali, nonché i beni in uso a qualsiasi titolo al Senato, alla Camera, alla Corte Costituzionale e agli organi di rilevanza costituzionale.
Qualora l'ente territoriale non utilizzi il bene nel rispetto delle finalità e dei tempi indicati è previsto uno specifico meccanismo sanzionatorio, in base al quale il Governo esercita il proprio potere sostitutivo al fine di assicurare la migliore utilizzazione del bene, anche attraverso il conferimento in un apposito patrimonio vincolato, entro il quale, con apposito D.P.C.M., dovranno, altresì, confluire i beni per i quali non sia stata presentata la domanda di attribuzione.


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Come ricordato nel corso delle audizioni svolte nel corso dell'indagine conoscitiva, il decreto-legge 70 del 2011 ha introdotto all'articolo 5 del decreto legislativo n. 85 del 2010 una norma concernente i beni oggetto di accordi o intese già sottoscritti tra lo Stato e gli enti territoriali per la razionalizzazione o la valorizzazione dei rispettivi patrimoni immobiliari. In particolare si è stabilito che tali beni possano essere attribuiti, su richiesta, all'ente che ha sottoscritto l'accordo o l'intesa ovvero ad altri enti territoriali, salvo che risultino esclusi dal trasferimento ovvero altrimenti disciplinati.

2.6. La dismissione e valorizzazione dei beni immobili appartenenti al patrimonio dello Stato.
In quest'ambito è altresì opportuno richiamare la normativa in materia di gestione, valorizzazione, utilizzazione e dismissione dei beni immobili appartenenti al patrimonio dello Stato, la quale è stata caratterizzata da una notevole stratificazione di disposizioni normative, succedutesi a partire dalla legge n. 579 del 1993.
Oltre alle norme sulle procedure generali per la dismissione e la valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, la normativa in materia contempla alcune disposizioni relative alla gestione e alla alienazione di specifiche categorie di beni immobili.
In primo luogo, occorre rilevare come la legge n. 127 del 1997, in materia di snellimento delle procedure amministrative, abbia stabilito, all'articolo 12, che i comuni e le province possono procedere alle alienazioni del proprio patrimonio immobiliare anche in deroga alle norme sulla contabilità generale degli enti locali, fermi restando i principi generali dell'ordinamento giuridico contabile. Più di recente, il decreto-legge n. 351 del 2001 ha dettato disposizioni in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare. Sono state pertanto previste procedure finalizzate all'alienazione di beni statali, all'esito dei processi di valorizzazione (anche mediante accordi di programma), con possibilità di riconoscere agli enti territoriali interessati dal procedimento di valorizzazione una quota, non inferiore al 5 per cento e non superiore al 15 per cento, del ricavato della vendita.
Il decreto-legge n. 351 del 2001 ha altresì introdotto la disciplina relativa alla privatizzazione mediante cartolarizzazione.
L'articolo 58 del decreto-legge n. 112 del 2008 ha previsto che per procedere al riordino, gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di regioni, province, comuni e altri enti locali, ciascun ente individui, redigendo apposito elenco, i singoli beni immobili ricadenti nel territorio di competenza, non strumentali all'esercizio delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione, e predisponga un piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari, allegato al bilancio di previsione. L'inserimento degli immobili nel piano ne determina la classificazione come patrimonio disponibile e ne dispone espressamente la destinazione urbanistica. Per i soggetti diversi dai comuni, i beni immobili inclusi nei predetti elenchi, cui si applica la procedura prevista dall'articolo 3-bis del già citato decreto-legge n. 351 del 2001, per la valorizzazione dei beni dello Stato, possono essere concessi o locati a privati, a titolo oneroso, per un periodo non superiore a cinquanta anni, ai fini della riqualificazione e riconversione tramite interventi di recupero, restauro, ristrutturazione anche con l'introduzione di nuove destinazioni d'uso finalizzate allo svolgimento di attività economiche o attività di servizio per i cittadini. Gli enti possono in ogni caso individuare forme di valorizzazione alternative, nel rispetto dei principi di salvaguardia dell'interesse pubblico e mediante l'utilizzo di strumenti competitivi, conferire i propri beni immobili anche residenziali a fondi comuni di investimento immobiliare ovvero promuoverne


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la costituzione secondo le disposizioni degli articoli 4 e seguenti del decreto-legge n. 351.
Inoltre articolo 1, comma 223, della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria 2010) ha autorizzato l'Agenzia del demanio ad alienare determinate categorie di immobili statali mediante trattativa privata, se di valore unitario o complessivo non superiore ad euro 400.000, ovvero mediante asta pubblica (o invito pubblico ad offrire), se di valore unitario o complessivo superiore ad euro 400.000.

3. SINTESI DELLE AUDIZIONI
Passando a sintetizzare il contenuto delle audizioni svolte nel corso dell'indagine conoscitiva, deve innanzitutto essere posta in evidenza la considerazione espressa dal Ministro per la pubblica amministrazione e dell'innovazione, il quale ha sottolineato come la normativa in materia di utilizzo degli immobili di proprietà dello Stato da parte delle pubbliche amministrazioni si collochi nel generale percorso di razionalizzazione e ottimizzazione della spesa pubblica, soprattutto quella di parte corrente, con particolare riferimento alle spese di funzionamento della pubblica amministrazione e degli enti pubblici e, quindi, all'attività del personale che vi lavora, il quale, per svolgere le proprie funzioni, deve collocarsi all'interno di strutture funzionali.
Nello specifico, le direttrici di fondo di tale intervento di razionalizzazione riguardano:
la razionalizzazione degli spazi (sia di proprietà statale sia di proprietà privata) ad uso istituzionale delle amministrazioni;
il contenimento del ricorso alle locazioni passive;
il contenimento e l'ottimizzazione delle risorse destinate alla manutenzione;
la razionalizzazione del patrimonio strumentale degli enti previdenziali.

A tale riguardo le audizioni hanno messo in evidenza come le norme introdotte negli ultimi anni in materia di razionalizzazione degli spazi in uso alla pubblica amministrazione e, in particolare, la necessità di definire il fabbisogno di spazio allocativo ai fini del piano triennale di utilizzo degli stessi, abbiano rappresentato una svolta ai fini della modifica dei comportamenti delle pubbliche amministrazioni verso logiche più attente e rigorose circa l'occupazione, la razionalizzazione degli spazi e il contenimento della relativa spesa. Infatti finora le amministrazioni pubbliche erano state abituate a gestire gli immobili occupati secondo una logica proprietaria e senza particolare attenzione agli spazi e alle economie realizzabili attraverso un loro migliore utilizzo, determinando perciò fenomeni di resistenza ed inerzia al cambiamento.
A tale proposito nel corso delle audizioni è stato possibile acquisire una notevole messe di dati, in relazione al numero, alla qualità, alla quantità e alla localizzazione degli uffici in cui i pubblici dipendenti e le pubbliche amministrazioni svolgono le loro funzioni, derivanti dalla ricognizione del patrimonio immobiliare, di proprietà e in locazione passiva previsto dal già citato articolo 2, comma 222, della legge n. 191 del 2009.
Tale censimento è basato sulla rilevazione telematica del contenuto minimo di quello che viene chiamato «fascicolo immobiliare», a partire dal dato catastale fino alla superficie e a tutti gli altri dati necessari, in modo tale che le amministrazioni oltre ad inserire i dati, possano utilizzare la banca dati a fini gestionali. In sostanza, si mette a disposizione della pubblica amministrazione un portale informatico contenente tutte le informazioni raccolte: alcuni campi sono obbligatori ed evidentemente sono necessari per l'attività di rilevazione, altri sono facoltativi e servono le attività di gestione da incentivare.
In quest'ambito sono state rilevate oltre 543.000 unità immobiliari di proprietà dello Stato, per oltre 222 milioni di metri


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quadrati, e 776.000 terreni, per oltre 13 miliardi di metri quadrati. Nel 92 per cento dei casi le amministrazioni utilizzano immobili di cui sono proprietarie e soltanto in un numero più limitato di casi, il 2 per cento, utilizzano in locazione passiva immobili messi a disposizione da altre amministrazioni.
A tale ultimo riguardo è peraltro emerso come vi sia un numero piuttosto elevato di occupazioni senza titolo, mentre per un significativo numero di immobili (circa 2.000) non è nota la data di scadenza del contratto di locazione.
Con riferimento alla destinazione d'uso degli immobili, circa il 72 per cento della superficie è utilizzato per lo svolgimento delle attività istituzionali. Soltanto il 10 per cento delle superfici è utilizzato a fini residenziali: prevalentemente si tratta degli immobili residenziali degli enti di previdenza o dei comuni, vista la funzione che i comuni stessi svolgono in materia di edilizia residenziale pubblica.
Per quanto riguarda i terreni, il 96 per cento è utilizzato dagli stessi proprietari. Le locazioni passive da altra amministrazione sono limitate all'1 per cento. Inoltre, circa il 98 per cento dei terreni è detenuto dalle amministrazioni locali, in prevalenza comuni.
Per individuare il valore di tale patrimonio, il Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze ha elaborato una stima basata sui valori medi delle città in cui gli immobili si trovano, rilevati dall'Osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia del territorio (cosiddetti valori OMI), ovvero sui prezzi medi della provincia. Inoltre, non essendosi potuto tenere conto dello stato manutentivo dell'immobile, tale stima corrisponde al fair value, vale a dire il valore teorico dell'immobile, in perfetto stato di conservazione e con un prezzo omogeneo rispetto agli altri immobili oggetto di compravendita nello stesso comune.
Per le unità immobiliari il valore così calcolato oscilla tra 239 e 319 miliardi di euro, mentre per i terreni esso oscilla tra 11 e 49 miliardi di euro, in relazione al tipo di coltura, che non è stato possibile definire per tutti i terreni.
Per quanto attiene specificamente alle modalità di utilizzo degli immobili da parte delle pubbliche amministrazioni, è stato segnalato come l'assenza di disposizioni normative che definiscano standard tecnici relativi per l'assegnazione degli spazi in uso alle pubbliche amministrazioni, anche in relazione alle funzioni svolte, abbia di fatto consentito a ciascuna amministrazione di elaborare propri criteri valutativi o di seguire prassi poco rispettose di ogni esigenza di razionalizzazione delle risorse.
È stato quindi evidenziato come l'intervento di riforma in questo campo richieda uno sforzo applicativo rilevante per le amministrazioni, chiamate a una radicale riconversione dei comportamenti e a un nuovo approccio metodologico, secondo linee di pianificazione e di programmazione supportate da una visione organizzativa e operativa di ampio respiro e da una laboriosa elaborazione pratica.
In tale contesto, con specifico riferimento agli immobili di proprietà pubblica o privata utilizzati dalle amministrazioni statali, l'Agenzia del demanio ha segnalato di aver avviato tavoli tecnici con tutte le amministrazioni, per individuare le modalità con cui procedere ad economizzare gli spazi. In particolare, nell'arco del 2010 l'azione dell'Agenzia sul tema delle locazioni passive ha portato a un contenimento dei costi di circa 17 milioni di euro, anche in ragione di alcuni processi di razionalizzazione già avviati che conseguono all'esigenza di unificare funzioni prima diffuse in enti ed edifici diversi.
Al riguardo è stato evidenziato come la razionalizzazione degli spazi, oltre ad avere effetti di economia diretti, può fungere da volano per ulteriori forme di risparmio, sia in quanto la riduzione degli spazi riduce i costi di gestione degli stessi, sia in quanto gli interventi di ristrutturazione degli immobili connessi alla suddetta razionalizzazione rappresenta l'occasione


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per operare la modernizzazione tecnologica delle strutture della P.A., ad esempio per quanto riguarda l'efficientamento energetico, il ricorso alla rete Internet, nonché l'informatizzazione di tutta la pubblica amministrazione.
In tale ambito, anche al fine di avviare un processo virtuoso di riduzione degli spazi destinati alla conservazione della documentazione in forma cartacea, il decreto legislativo 235 del 2010, di riforma del Codice dell'amministrazione digitale, ha sostituito al principio dell'archiviazione materiale e cartacea quello dell'archiviazione sostitutiva in forma elettronica. Inoltre, l'ENEA, nell'ambito delle iniziative del piano «e-Government 2012 - efficienza energetica», ha elaborato un progetto volto a sviluppare interventi di risparmio energetico negli edifici pubblici - proponendo una collaborazione in tal senso con il Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione - che potrebbe portare ad un risparmio complessivo dei costi dell'energia pari a circa il 22 per cento.
Peraltro è stato rilevato, con riferimento all'attuazione dei predetti piani di razionalizzazione, come gli interventi edilizi da effettuare sugli immobili per renderli idonei alle esigenze logistiche delle amministrazioni presentino alcune criticità sotto il profilo della tempistica. Ciò sarebbe principalmente dovuto all'allargamento dei termini di completamento delle procedure previste dalla normativa sui lavori pubblici, a causa del notevole contenzioso sussistente in materia, legato per lo più a problematiche eminentemente formali, dovute alla complessità burocratiche nella gestione degli interventi.
Per quanto riguarda il tema del coordinamento e monitoraggio degli interventi manutentivi ordinari e straordinari realizzati sugli immobili utilizzati dalle amministrazioni dello Stato, nel corso dell'audizione dell'Agenzia è emerso come gli oneri manutentivi del patrimonio immobiliare statale, calcolati sulla base delle rilevazioni semestrali effettuate dalle amministrazioni interessate, ammontino a circa 350 milioni di euro l'anno.
Nel delineare il quadro generale concernente la gestione degli immobili pubblici o in uso alle pubbliche amministrazioni, la più parte degli auditi ha inoltre fatto riferimento al processo di realizzazione del federalismo demaniale, evidenziando come proprio la conoscenza dettagliata della consistenza del patrimonio immobiliare pubblico, e degli utilizzi che le singole amministrazioni fanno degli immobili, costituisca un elemento propedeutico alla effettiva realizzazione di tale processo di devoluzione.
A questo proposito l'Agenzia del demanio ha ricordato di aver tempestivamente provveduto alla redazione ed alla pubblicazione sul sui sito dell'elenco, peraltro suscettibile di modifiche ed integrazioni, degli immobili appartenenti al patrimonio statale in uso per comprovate ed effettive finalità istituzionali, per i quali le Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, gli Enti pubblici destinatari di beni dello Stato in uso governativo e le Agenzie hanno chiesto l'esclusione dal trasferimento a comuni, province, città metropolitane e regioni.
L'indagine conoscitiva ha anche costituito l'occasione per analizzare il coinvolgimento nel processo di razionalizzazione degli spazi della P.A., degli enti previdenziali pubblici, i quali hanno avviato politiche di contenimento dei costi.
In particolare, secondo quanto riferito dal Presidente dell'INPS, a partire dal 2008, l'Istituto ha adottato alcune determinazioni commissariali aventi ad oggetto la nuova articolazione delle funzioni centrali e territoriali dell'Istituto stesso e i relativi disegni organizzativi, con l'obiettivo di realizzare un forte miglioramento dell'azione sotto i profili dell'efficienza, della razionalità e dell'economicità. Gli interventi finalizzati a questo obiettivo si sono concretati, innanzitutto, nella ricognizione delle superfici utilizzate in relazione al personale presente e nel monitoraggio del trend delle uscite per pensionamento, tenendo conto del tasso di


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turnover previsto dalla normativa vigente, nonché utilizzando il parametro unico di 25 metri quadri di superficie netta per unità lavorativa, che comprende anche gli spazi complementari, inclusi gli archivi. È stato conseguentemente avviato un programma di razionalizzazione degli spazi, che ha interessato innanzitutto gli immobili della direzione generale e delle direzioni regionali e provinciali. A conclusione dell'attuazione di tutti gli interventi di razionalizzazione, è stimato un risparmio, in termini di minori spese annue di funzionamento, pari a circa 24 milioni di euro, nonché la liberazione di uno spazio totale di circa 230.000 metri quadri lordi, oltre a un incremento delle entrate stimato in circa 8 milioni di euro annui per nuove locazioni e 80 milioni una tantum per le dismissioni.
Nel corso dell'audizione del Presidente dell'INPDAP è emerso come l'Istituto abbia ridotto costantemente, dal 2008 al 2011, le spese complessive di gestione, fino all'attuale 0,84 per cento delle spese di bilancio.
Nell'ambito delle attività di razionalizzazione degli spazi e del contenimento delle spese di gestione, l'Istituto ha privilegiato l'utilizzazione degli immobili di proprietà, avviando un'azione di riduzione, tuttora in corso, delle superfici condotte in locazione passiva; in tale ambito, è stato raggiunto uno scarto positivo tra riduzione del personale e riduzione dei metri quadrati pari al 7,49 per cento; a titolo di esempio, è stato richiamato il recente accorpamento, in un unico edificio, delle due direzioni generali presenti in precedenza a Roma.
Analoghe considerazioni sono emerse nel corso dell'audizione del Presidente dell'INAIL, il cui patrimonio ammonta a circa 723.000 metri quadrati, adibiti ad uso strumentale, mentre gli immobili in locazione passiva hanno un superficie di circa 115.000 metri quadrati, di cui l'80 per cento riguarda edifici di proprietà del Fondo immobili pubblici (FIP). Tale patrimonio ha una redditività media netta per il 2010 pari al 2,25 per cento, mentre quella lorda è pari al 4,13 per cento.
In quest'ambito il Presidente dell'Istituto ha evidenziato come un contributo specifico dell'INAIL all'attività di razionalizzazione degli spazi consista nella destinazione di alcuni immobili di proprietà ad uso della pubblica amministrazione ovvero al piano per i poli logistici integrati, rilevando in merito di aver avviato alcuni tavoli tecnici con l'Agenzia del demanio.
Inoltre, sempre nella medesima ottica di razionalizzazione, gli enti previdenziali pubblici sono stati coinvolti direttamente nella creazione delle cosiddette «case del welfare», vale a dire i poli logistici integrati realizzati in collaborazione tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e gli enti previdenziali, e, dall'altro, la possibilità di investimenti in immobili in locazione passiva da parte delle amministrazioni dello Stato secondo le previsioni introdotte dal decreto-legge n. 78 del 2010.
Il processo di realizzazione dei poli logistici è stato avviato con la sottoscrizione, il 5 maggio 2009, di una convenzione quadro tra gli enti interessati e quindi con l'emanazione del già richiamato decreto interministeriale del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro dell'economia e delle finanze del 28 marzo 2011.
Un altro tema che coinvolge gli enti previdenziali riguarda le operazioni di vendita e cartolarizzazione del patrimonio pubblico.
Nel corso dell'audizione del Capo della Direzione VIII del Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze, è emerso come le due operazioni di cartolarizzazione relative al patrimonio degli enti previdenziali pubblici finora realizzate (cosiddette SCIP 1 e SCIP 2), presentavano alcune differenze, legate anche al livello di conoscenza dei compendi immobiliari oggetto delle operazioni, che ne hanno condizionato gli esiti. Mentre, infatti, nel caso di SCIP 1 vi è stato quasi un decennio di preparazione dell'operazione e un'attività finanziaria che ha consentito di velocizzare le vendite, la seconda operazione è risultata, invece, più complessa, sia


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in termini numerici, sia perché non ci si è potuti avvalere del lavoro di preparazione compiuto dagli enti previdenziali per la prima operazione.
Tale esperienza dimostra la necessità di possedere alcuni elementi di conoscenza degli immobili cartolarizzati, come, ad esempio, il titolo di proprietà dell'immobile e la sua destinazione d'uso, i dati di accatastamento dello stesso, nonché i certificati relativi al libretto di manutenzione dell'immobile. La disponibilità di tali elementi nella prima operazione ha consentito infatti che essa si completasse in 13 mesi, laddove la mancanza dei dati nell'operazione SCIP2 ha avuto un impatto sulla performance dell'operazione, nel corso della quale è stata comunque venduta la maggior parte dei 6,9 miliardi di euro di patrimonio. I rimanenti immobili, per un valore pari a 1,9 miliardi di euro, sono stati invece restituiti agli enti, i quali stanno proseguendo le attività di vendita secondo la disciplina vigente.
In merito a tale tematica i rappresentanti degli enti previdenziali hanno peraltro segnalato come l'obbligo, introdotto per gli enti nel quadro delle operazioni di cartolarizzazione, di conferire immobili di proprietà al FIP il quale ha poi concesso in locazione i medesimi immobili agli stessi enti, abbia comportato un incremento della spesa per locazione passiva.

4. CONSIDERAZIONI FINALI E PROPOSTE
4.1. La razionalizzazione nell'utilizzo degli immobili da parte delle pubbliche amministrazioni nel quadro del risanamento della finanza pubblica e della riforma della P.A.
Nel formulare alcune valutazioni e proposte in merito all'oggetto dell'indagine conoscitiva, occorre innanzitutto partire dalla considerazione secondo cui l'utilizzo degli immobili di proprietà dello Stato da parte delle pubbliche amministrazioni si inserisce necessariamente in una tematica più generale e di lungo periodo, che è quella della razionalizzazione e dell'ottimizzazione della spesa pubblica, soprattutto di parte corrente, con particolare riferimento all'efficienza nell'uso delle risorse pubbliche per il funzionamento della pubblica amministrazione.
Nella delicata situazione in cui si trova la finanza pubblica italiana, determinata, storicamente, dalle imponenti dimensioni del debito pubblico, e resa ancora più critica dalle turbolenze internazionali che stanno investendo i mercati internazionali, l'area dell'Euro, e in particolare, i debiti sovrani di molti Paesi membri, è infatti evidente come la razionalizzazione nell'utilizzo degli spazi da parte della pubblica amministrazione, e la conseguente riduzione dei costi, diretti ed indiretti, unita alla migliore valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, consentirebbero di generare risorse aggiuntive, sia in termini di risparmi di spesa, sia in termini di maggiori entrate patrimoniali, che risulterebbero preziose, anche in quanto consentirebbe di rinunciare ad altri strumenti di risparmio, quali il taglio lineare alle dotazioni di bilancio, che, per la loro generalità e tendenziale indiscriminatezza, comportano conseguenze sociali a volte dolorose o determinano spesso problemi alla stessa funzionalità delle amministrazioni.
Più in particolare, l'analisi circa l'uso delle risorse immobiliari da parte della P.A. si connette ai processi di razionalizzazione e semplificazione che da alcuni anni stanno interessando l'intero settore del pubblico impiego, coinvolgendo, in un'ottica comune, l'azione di tutti i Governi succedutisi da almeno un ventennio, e che hanno trovato uno snodo decisivo nelle previsioni dell'articolo 74 del decreto-legge n. 112 del 2008, il quale disposto la ridefinizione degli assetti organizzativi della P.A., attraverso una significativa contrazione del numero complessivo dei dipendenti e delle posizioni dirigenziali, nonché la riduzione del numero degli uffici in conseguenza dei processi di riorganizzazione delle competenze.


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4.2. Il rafforzamento dei meccanismi di pianificazione nell'utilizzo degli immobili pubblici.
Passando, più in dettaglio, alle questioni specifiche che sono state affrontate nel corso dell'indagine, appare in primo luogo rilevare come le norme introdotte a partire dall'articolo 2, comma 222, della legge n. 191 del 2009, illustrate nella prima parte del presente documento conclusivo, abbiano rappresentato certamente un fondamentale passo avanti per giungere ad un'effettiva pianificazione delle politiche immobiliari della P.A. e conseguire una vera riduzione degli spazi e dei costi connessi.

4.2.1. Il censimento degli immobili occupati dalla P.A.
In tale contesto assume particolare rilevanza la previsione di cui al dodicesimo periodo del predetto comma 222, il quale dispone l'effettuazione di un censimento completo dei singoli immobili dello Stato o di soggetti pubblici, di qualsiasi natura e a qualunque titolo, occupati dalle amministrazioni pubbliche alla data del 30 giugno 2010, nonché la previsione di cui all'ottavo periodo del medesimo comma 222, la quale impone alle amministrazioni dello Stato di comunicare all'Agenzia del demanio l'elenco dei beni di terzi utilizzati a qualsiasi titolo.
A tale riguardo risulta in primo luogo fondamentale superare i ritardi che hanno ostacolato, o quanto meno rallentato, tali rilevazioni, nonché migliorare la qualità delle informazioni fornite dalle amministrazioni, in modo da consentire al Ministero dell'economia e delle finanze ed all'Agenzia del demanio di disporre di informazioni il più possibile dettagliate ed accurate in merito.
In proposito occorre rammentare che, secondo i dati forniti dal Dipartimento del Tesoro, le comunicazioni relative al censimento ricevute nel periodo compreso tra il febbraio 2010 ed il marzo 2011 hanno riguardato solo il 53 per cento delle amministrazioni pubbliche. Al di là di tale percentuale complessiva, si evidenzia inoltre una notevole diversificazione nel tasso di risposta dei singoli comparti.
A fronte di una percentuale del 100 per cento per le Agenzie fiscali e dell'85 per cento per i ministeri, si segnala un livello del 30 per cento per quanto riguarda gli organi di rilievo costituzionale e del 19 per cento per le altre amministrazioni centrali.
Con riferimento alle altre amministrazioni, le percentuali più alte hanno riguardato le università (88 per cento) le provincie (76 per cento) e le regioni e province autonome (64 per cento), mentre livelli inferiori al 60 per cento si rilevano con riferimento ai comuni (59 per cento), agli enti del servizio sanitario nazionale (43 per cento) ai consorzi (37 per cento) alle altre amministrazioni locali (28 per cento) alle unioni di comuni e alle comunità montane (24 per cento).
La disponibilità di un insieme accurato e completo di informazioni, raccolte non in termini aggregati, ma con riferimento ai singoli immobili, risulta preziosa sia per la redazione del conto generale del patrimonio da parte del Ministero, sia per quel che attiene ai meccanismi di valorizzazione dei beni pubblici, sia, ed è ciò che interessa più direttamente in questa sede, per quanto riguarda la gestione, da parte dell'Agenzia del demanio, del patrimonio immobiliare, ai fini della migliore pianificazione nell'uso degli immobili di proprietà ed in locazione da parte delle diverse amministrazioni.
Sotto il primo profilo occorre infatti sottolineare come la conoscenza della consistenza esatta del patrimonio pubblico impatti anche sulla gestione del debito pubblico e sulla stessa determinazione del livello di deficit del Paese, nella misura in cui le modifiche in corso di adozione a livello di Unione europea relativamente alla procedura per disavanzi eccessivi dovrebbero includere in


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tale procedura anche il fattore costituito dal valore degli asset patrimoniali di ciascun Paese.
Sotto il secondo profilo è invece emerso come in alcuni casi le operazioni di cartolarizzazione degli immobili effettuate nel corso degli ultimi anni (in particolare l'operazione denominata SCIP 2) hanno incontrato difficoltà, nella fase di vendita degli immobili cartolarizzati, proprio a causa dell'incompletezza o erroneità dei dati catastali relativi ai beni, che ha spesso obbligato a retrocedere gli immobili stessi agli enti originariamente proprietari.
Sotto il terzo profilo, i meccanismi di monitoraggio appena richiamati devono essere in grado tanto di determinare lo stock (cioè la consistenza numerica, fisica ed economica) del patrimonio immobiliare pubblico in essere e degli spazi occupati, tanto da definire con anticipo e orientare le prospettive di evoluzione del fabbisogno di spazi che le pubbliche amministrazioni utilizzano per adempiere ai propri compiti istituzionali.
Per conseguire questi obiettivi è necessario migliorare e rafforzare tale meccanismo, al fine di:
rendere permanenti e stabili le rilevazioni periodiche, in modo da assicurare il costante aggiornamento dei dati;
assicurare la piena integrazione tra la base dati relativa agli immobili di proprietà dello Stato, che è curata dal Dipartimento del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze, e quella concernente gli immobili occupati a titolo di locazione passiva, che è invece curata dall'Agenzia del demanio, ponendo a fattor comune tutte le banche dati esistenti in materia e rendendo disponibili tali dati per tutte le amministrazioni interessate;
affinare gli strumenti per consentire una valutazione sempre più precisa dell'effettivo valore di mercato degli immobili compresi nel patrimonio dello Stato;
rafforzare le sanzioni previste nel caso di mancata effettuazione delle comunicazioni o di trasmissione di dati incompleti o non veritieri: a tale proposito la previsione introdotta dal comma 13 dell'articolo 12 del decreto-legge n. 98 del 2011, che qualifica la violazione dei predetti obblighi di comunicazione come causa di responsabilità amministrativa, appare certamente positiva, ma potrebbe non risultare sufficientemente dissuasiva rispetto a tali comportamenti.

Il meccanismo di ricognizione appena richiamato, sebbene non ancora entrato completamente a regime, e pur con le lacune evidenziate, ha comunque già consentito di compiere importanti progressi nella conoscenza del patrimonio immobiliare pubblico ed ha fornito alcuni interessanti elementi di valutazione, da un lato evidenziando, come accennato, una certa lentezza, da parte di alcune amministrazioni, nel fornire i predetti dati, e, dall'altro, facendo emergere un certo numero di occupazioni apparentemente prive di titolo, cioè non coperte da alcun regolare contratto di locazione o da altro titolo giuridico.
Per quanto riguarda il primo aspetto, l'evidenziazione dei ritardi consentirà di porre sotto i riflettori tutte quelle sacche di resistenza al cambiamento, motivate sia da deficienze organizzative generali, sia da ragioni personali specifiche, che finora potevano rimanere occultate nella complessiva inconsapevolezza circa il panorama degli utilizzi di immobili ad usi pubblici.
Sotto il secondo aspetto, proprio l'emergere di tali fenomeni consentirà di fare definitiva chiarezza in materia, spronando le amministrazioni a conoscere meglio il proprio patrimonio immobiliare, ad individuare eventuali responsabilità, a sanare irregolarità e ad eliminare pendenze pregresse, evitando che il perpetuarsi nel tempo di situazioni non chiare comporti ulteriori sprechi di risorse.
In tale contesto appare in prima battuta necessario proseguire nell'attività di segnalazione, sensibilizzazione e, in taluni casi nell'azione di vero e proprio supporto alle singole amministrazioni in questo


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campo, per aiutarle a fornire, per ciascun immobile, dati corretti ed utilizzabili, in particolare per quanto riguarda il titolo di proprietà o di occupazione, i dati catastali e l'effettivo utilizzo dell'immobile stesso, nonché il numero di personale che vi lavora.
Inoltre, al fine di migliorare gli strumenti di conoscenza e gestione del patrimonio immobiliare delle regioni e degli enti locali appare altresì condivisibile la proposta di estendere alle amministrazioni regionali e locali il meccanismo di censimento degli immobili di terzi utilizzati, analogamente a quanto previsto per le amministrazioni statali dal già citato articolo 2, comma 222, ottavo periodo, della legge n. 191 del 2009.
Occorre infatti considerare come, anche nella prospettiva di una sempre più ampia devoluzione del patrimonio statale alle regioni ed agli altri enti locali, secondo il percorso indicato dal decreto legislativo n. 85 del 2010, in materia di federalismo demaniale, la responsabilità di tali enti nella gestione del patrimonio immobiliare pubblico risulterà sempre maggiore, e sarà dunque necessario disporre anche per tali beni di uno strumento unitario di conoscenza e di pianificazione.

4.2.2. Mutamenti organizzativi ed incentivi.
Il meccanismo di monitoraggio e pianificazione definito dal predetto comma 222 della legge n. 191 è finalizzato, oltre che ad obiettivi conoscitivi, ad avviare un processo di effettiva riduzione degli spazi occupati dalle amministrazioni, ed è in quest'ambito che si evidenziano certamente alcuni degli aspetti di maggiore criticità.
Infatti, finora le esigenze di spazio indicate dalle amministrazioni non segnalano, fatta eccezione per la Corte dei conti e per il Ministero dello sviluppo economico, alcuna disponibilità a ridurre i propri fabbisogni, che, al contrario, risultano crescenti, confermando del resto la tendenza delle pubbliche amministrazioni, emersa in sede di applicazione al decreto legislativo n. 85 del 2010 in tema di federalismo demaniale, a non rilasciare spazi.
Tale circostanza impatta dunque direttamente sulle stesse prospettive del processo di attuazione del federalismo demaniale, in quanto la tendenza delle amministrazioni statali a dichiarare indispensabili la totalità degli immobili attualmente occupati rischia di ridurre ad una quota molto limitata del patrimonio pubblico i beni che potranno essere effettivamente trasferiti alle regioni ed agli enti locali ai sensi del decreto legislativo n. 85 del 2010.
Sull'insieme di tali problematiche appare necessario intervenire sia a livello organizzativo, sia a livello di cultura amministrativa.
In primo luogo è urgente una radicale riconversione dei comportamenti e un nuovo approccio metodologico nell'uso degli spazi da parte delle amministrazioni, accelerando e completando il percorso che, sia pure faticosamente, è stato avviato in questo senso, con l'istituzione, da parte dell'Agenzia del demanio, di tavoli tecnici con tutte le amministrazioni e con l'adozione di piani di razionalizzazione organizzativi a livello nazionale (ad esempio quello attuato dall'Agenzia delle entrate, a seguito dell'istituzione delle direzioni provinciali).
In tale prospettiva deve essere favorita l'adozione di indirizzi e criteri generali (già del resto adottati autonomamente da alcune amministrazioni o enti) che prevedano ad esempio la tendenziale concentrazione di più uffici in un medesimo stabile ed impediscano la polverizzazione su una pluralità di sedi della medesima articolazione dell'amministrazione o dell'ente (eliminando l'esempio negativo della suddivisione in più sedi degli uffici della medesima direzione), nonché incentivate forme di collaborazione tra gli enti territoriali e locali (soprattutto di minori dimensioni) che prevedano la creazione di strutture unitarie presso le quali offrire servizi pubblici destinati agli utenti residenti in aree territoriali contigue.


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A tale proposito si può rilevare come un'esperienza certamente positiva, che può fungere da modello pilota per tutto il mondo delle pubbliche amministrazioni, sia costituita dal progetto delle cosiddette «case del welfare», ormai in avanzato stato di realizzazione, che ha visto in primo piano il Ministero del lavoro e delle politiche sociali nonché gli enti previdenziali pubblici (INPS, INPDAP, INAIL), il quale prevede, ai sensi dell'articolo 8, commi da 6 a 9, del decreto - legge n. 78 del 2010, la realizzazione di poli logistici integrati territoriali, in cui concentrare, attraverso forme spinte di integrazione a livello logistico e funzionale, le sedi delle amministrazioni competenti, consentendo agli utenti di fruire in un unico luogo dei servizi pubblici inerenti alle politiche del lavoro e sociali a tutela delle condizioni di lavoro, alla sicurezza nei luoghi del lavoro e alla previdenza e assistenza.
A questo riguardo è stata segnalata la possibilità, proprio per accelerare la realizzazione, facilitare la gestione e generalizzare il modello dei predetti poli logistici integrati, di prevedere il conferimento obbligatorio, da parte di tutti gli enti e le amministrazioni coinvolte, di tutte le rispettive sedi in un fondo immobiliare unico, gestito in comune da tali soggetti, che potrebbe agire con modalità più snelle e razionali, in tempi molto più rapidi.
In quest'ambito appare utile che, oltre alla modifica delle norme e dei modelli di carattere organizzativo, ed al di là delle previsioni sanzionatorie, si introduca un meccanismo di incentivi di carattere finanziario, che preveda il forte e diretto coinvolgimento dei dirigenti responsabili delle scelte gestionali, tale da sostenere concretamente i comportamenti virtuosi delle amministrazioni, attraverso un sistema di premi che potrebbe consistere nella riassegnazione di una quota parte dell'economia realizzata attraverso la riduzione degli spazi, sia per quelli relativi agli immobili di proprietà dello Stato, sia, a maggior ragione, per quelli di proprietà di terzi.
Poiché l'accorpamento di più strutture si realizza spesso anche attraverso forme di mobilità del personale, si potrebbe inoltre ipotizzare che i meccanismi di premialità siano destinati ad incentivare tale mobilità, ovvero ad effettuare investimenti sul capitale umano della pubblica amministrazione.
In parallelo, si potrebbero anche ipotizzare, sulla falsariga di quanto previsto dalla normativa sul Patto di stabilità, forme di penalizzazione, sempre di natura finanziaria, nei confronti di quelle amministrazioni o enti che non vogliano o non riescano a realizzare gli obiettivi di razionalizzazione, consistenti nel congelamento o nella revoca di parte delle risorse stanziate in loro favore per le esigenze di gestione, oppure in forme di commissariamento ad acta. In questo senso sembra del resto orientata la previsione, sopra richiamata, di cui all'articolo 8, comma 3, del decreto-legge n. 78 del 2010, la quale prevede una riduzione lineare degli stanziamenti di spesa dell'amministrazione che ritardi nel rilasciare gli immobili utilizzati, nell'attuazione dei piani di razionalizzazione.

4.2.3. La definizione di standard per la quantificazione dei fabbisogni di spazio.
Sotto il profilo normativo è invece opportuno definire standard tecnici, valevoli per tutte le amministrazioni, sia statali, sia delle regioni e degli enti locali, che definiscano la quota massima di spazio che può essere occupata dalla singola amministrazione o ente, in ragione del numero e della tipologia dei dipendenti, delle funzioni svolte e delle rispettive esigenze di presenza sul territorio.
Come ricordato in precedenza, il tentativo di definire tali parametri di riferimento era già stato effettuato nel 2011, con l'emanazione del decreto del Ministro del Tesoro, del bilancio e della programmazione economica del 14 marzo 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 13 aprile 2001, che era stato tuttavia ritirato pochi mesi dopo.


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È dunque ora necessario intervenire con una norma di rango legislativo per introdurre in termini vincolanti parametri di fabbisogno, che sono del resto già stati utilizzati autonomamente da alcuni enti, quali ad esempio l'INPS, nel loro processo di razionalizzazione degli spazi.
A tale proposito si segnala come sia già stata presentata, nella prima metà del 2011, una proposta di legge a prima firma del deputato Comaroli (A.C. 4149), assegnata in sede referente alla Commissione Finanze, che riprende sostanzialmente il contenuto del predetto decreto ministeriale del 2001, stabilendo standard tecnici per definire criteri di quantificazione del fabbisogno di spazio delle amministrazioni dello Stato, in rapporto al numero, alla funzione e alle qualifiche del personale impiegato.
In merito occorre rilevare come la definizione dei predetti standard determinerà effetti positivi anche indiretti, in quanto potrà costituire un incentivo per ulteriori interventi di modernizzazione organizzativa delle amministrazioni, ad esempio inducendo ad informatizzare i documenti e le relativa modalità di conservazione ed archiviazione, con conseguenti risparmi in termini di spazio.
Il modello di riferimento a cui occorre rifarsi è quello del federalismo: come il processo di definizione dei costi standard per lo svolgimento delle funzioni assegnate o devolute ai diversi livelli di governo costituisce uno strumento decisivo per razionalizzare su tutto il territorio nazionale l'utilizzo delle risorse finanziarie e per responsabilizzare le amministrazioni nelle proprie politiche tributarie e di bilancio, così anche la definizione di parametri oggettivi per la definizione dei fabbisogni di spazi potrebbe contribuire fortemente ad affermare i principi dell'economicità, dell'efficienza e della trasparenza nell'utilizzo delle risorse immobiliari da parte delle diverse amministrazioni.
Anche in questo caso, il vincolo costituito dall'individuazione di parametri precisi potrà costituire una leva decisiva per sbloccare un meccanismo finora basato sulla semplice buona volontà delle singole amministrazioni, e che rischia dunque di non sortire alcun effetto concreto.

4.3. L'utilizzo degli spazi e il processo di telematizzazione della pubblica amministrazione.
Sullo sfondo di tale processo di razionalizzazione c'è inoltre il tema del progressivo passaggio dalla presenza fisica sul territorio delle articolazioni amministrative al nuovo modello della cosiddetta «amministrazione virtuale».
Non c'è dubbio, infatti, che la sempre migliore informatizzazione degli uffici, e la parallela, crescente diffusione tra i cittadini degli strumenti telematici e per l'accesso alla rete, consentano di delineare, e di portare a compimento già nel medio periodo, un modello in cui molti rapporti tra pubblica amministrazione e cittadini potranno essere realizzati on line, senza bisogno di un punto di contatto fisico presso un ufficio dislocato sul territorio.
Ciò non significa, naturalmente, che sia possibile, almeno allo stato attuale, cancellare del tutto il cosiddetto «front office» sia per ragioni tecnologiche, sia per motivi legati alla complessità di alcuni rapporti e procedure, che rendono in determinati casi inevitabile per il cittadino, o per il professionista che lo rappresenta o ne cura gli interessi, avere un'interlocuzione diretta con la burocrazia.
In ogni caso, la razionalizzazione e pianificazione degli spazi della pubblica amministrazione deve tener conto di questa prospettiva, ed occorre evitare che tale processo, sebbene comunque auspicabile, nasca in qualche modo già «vecchio», non scontando adeguatamente tutte le opportunità che la telematizzazione può offrire anche sotto questo profilo, e che risulteranno probabilmente crescenti in prospettiva.
Occorre, invece, che la spinta alla razionalizzazione degli spazi fisici e il potenziamento della cosiddetta «amministrazione telematica» realizzino appieno


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tutte le sinergie possibili tra loro. A questo riguardo è evidente, ad esempio, come la possibilità di ridurre di molto, attraverso gli strumenti della rete, la frequentazione, da parte dei cittadini e degli intermediari professionali, degli uffici pubblici, consenta di spingere ancor di più verso la realizzazione, già in atto nel settore del welfare, dei richiamati poli logistici integrati, in cui più amministrazioni ed enti accorpino in un'unica, e più snella sede territoriale, tutte le strutture di sportello al pubblico che si rendano ancora necessarie.

4.4. L'unificazione delle competenze in materia di gestione degli immobili pubblici.
Per quanto riguarda specificamente la tematica concernente le competenze in materia di gestione degli immobili pubblici, appare utile implementare ulteriormente la previsione, contenuta nel quarto periodo del più volte richiamato articolo 2, comma 222 della legge n. 191 del 2009, in base alla quale, a decorrere dal 1o gennaio 2011, l'Agenzia del demanio assume il ruolo di conduttore unico per tutti gli immobili in locazione passiva delle amministrazioni dello Stato.
Tale normativa dovrebbe essere completata anche sotto il profilo della gestione delle risorse finanziarie deputate a questa finalità, unificando, in un solo capitolo di spesa, i fondi stanziati per il pagamento dei contratti di locazione di tutti gli immobili in uso delle amministrazione pubbliche. Tale capitolo dovrà essere gestito in maniera accentrata dall'Agenzia del demanio, ampliando l'operatività del Fondo unico a tal fine già istituito dalla Ragioneria, ma che attualmente non comprende gli immobili della Presidenza del Consiglio e delle Agenzie fiscali.
Nel medesimo contesto appare altresì fondamentale coordinare e razionalizzare meglio le competenze relative alla gestione dei fondi assegnati per la manutenzione straordinaria o per gli interventi di ristrutturazione degli immobili di proprietà dello Stato, le quali risultano attualmente attribuite sia all'Agenzia del demanio, sia al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sia al Ministero per i beni e le attività culturali, sia Presidenza del Consiglio dei ministri, i quali elaborano tutti, rispettivi piani annuali di priorità degli interventi e dispongono ciascuno di specifici capitoli di spesa in materia.
A tale riguardo si segnala l'esigenza di ridurre tale panorama fortemente parcellizzato, al fine di:
disporre di un quadro complessivo e preciso circa le effettive esigenze manutentive e circa le somme rispettivamente impegnate e spese in ogni esercizio per tali finalità;
definire criteri unitari ed oggettivi per individuare le priorità nella scelta degli interventi manutentivi da effettuare in ciascun anno;
individuare protocolli e metodologie di intervento standardizzate;
definire un unico piano pluriennale degli interventi manutentivi;
valutare con maggiore omogeneità la convenienza degli interventi di manutenzione rispetto ad ipotesi alternative, ad esempio di dismissione del bene o di ricollocazione dell'ufficio dell'amministrazione;
individuare con chiarezza i soggetti unici responsabili dei singoli interventi manutentivi;
effettuare un controllo efficace circa l'utilizzo delle risorse finanziarie, la capacità di impegno e spesa, lo stato di avanzamento degli interventi e la qualità degli stessi.

Inoltre, la razionalizzazione delle competenze in materia di manutenzione potrebbe favorire la realizzazione di piani unitari di aggiornamento tecnologico del patrimonio immobiliare pubblico, che, a sua volta, potrebbero indurre ulteriori risparmi, ad esempio in termini di consumi


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energetici e gestionali (basti pensare all'utilizzo di forme di riscaldamento o condizionamento a basso impatto o alla sostituzione dei tradizionali abbonamenti di rete telefonica con tecnologie VoIP).
Tali indicazioni hanno del resto trovato una prima attuazione nei commi da 2 a 8 dell'articolo 12 del decreto-legge n. 98 del 2011, il quale accentra presso l'Agenzia del demanio le decisioni di spesa sugli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili in uso alle amministrazioni pubbliche, prevedendo la creazione di due soli fondi, impiegati dall'Agenzia del demanio, destinati, a finanziarie, rispettivamente, le manutenzioni ordinarie e straordinarie, nonché disponendo la redazione, da parte della stessa Agenzia, di un piano generale degli interventi di durata triennale, volto al recupero degli spazi ed alla riduzione delle locazioni passive.
Tali previsioni, certamente positive, sembrano tuttavia suscettibili di ulteriori affinamenti, in particolare in quanto escludono dal predetto processo di unificazione le risorse attribuite al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per gli interventi concernenti edifici pubblici statali, perpetuando in tal modo una certa frammentazione delle competenze.

4.5. Il rafforzamento del ruolo dell'Agenzia del demanio.
In ultimo, appare importante rafforzare la capacità dell'Agenzia del demanio di esercitare con maggiore incisività ed ampiezza il fondamentale ruolo di centro di coordinamento ed impulso per la gestione complessiva dei beni del demanio pubblico e, segnatamente degli spazi, di proprietà o di terzi, utilizzati dalle pubbliche amministrazioni.
A tale proposito è certamente opportuno consentire all'Agenzia di svolgere analisi più approfondite sullo stato e sull'utilizzo dei singoli immobili, di rendere più sistematica e completa la ricognizione periodica degli spazi a vario titolo occupati dalla Pubblica Amministrazione, di monitorare costantemente lo stato e l'evoluzione dei fabbisogni di spazio delle amministrazioni e di svolgere un effettivo controllo, non solo a campione, ma analitico, sulla gestione del patrimonio immobiliare pubblico.
A tale riguardo è auspicabile che l'Agenzia si ponga come interlocutore privilegiato di tutte le pubbliche amministrazioni, naturalmente comprese quelle locali, per supportarle nella gestione del patrimonio immobiliare e, più in generale, nell'uso degli spazi, secondo parametri del tutto nuovi rispetto a quelli tradizionali. Occorre infatti tenere conto che la notevole polverizzazione del panorama della Pubblica Amministrazione, e la presenza di un elevato numero di enti locali, in specie i piccoli comuni, che non sono dotati delle strutture e delle capacità professionali idonee a questi fini, rendono difficile ipotizzare che ciascun ente o amministrazione sia in grado autonomamente di realizzare interventi di razionalizzazione a volte complessi e di giungere a livelli di efficienza gestionali di eccellenza.
In tale contesto l'Agenzia deve dunque poter innovare il proprio ruolo, anche assumendo funzioni consulenziali e di affiancamento degli enti, sia per quanto riguarda il censimento dei beni, sia per quanto attiene la gestione degli spazi e i progetti di razionalizzazione e ristrutturazione, eventualmente anche attraverso la stipula di convenzioni con gli enti stessi.
Inoltre, in connessione con la tematica in discussione, appare opportuno completare il percorso normativo che ha portato alla nascita dell'Agenzia, precisando ulteriormente le sue competenze specifiche in materia di gestione del patrimonio immobiliare pubblico, che risultano, in alcuni casi sovrapporsi con quelle affidate ad altre branche dell'amministrazione statale, e che, per altro verso, appaiono eccessivamente generiche, ad esempio laddove conferiscono all'Agenzia, in diversi settori, in termini residuali e dunque poco chiari, una generica tutela dominicale sui beni immobili statali.


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Tale genericità rischia infatti di deresponsabilizzare i diversi soggetti pubblici rispetto alle scelte di gestione degli immobili ed alla correlativa tutela degli interessi erariali, limitandosi dunque a creare materia per defatiganti e sterili contenziosi di fronte alla magistratura amministrativa o alla Corte dei conti.
Parimenti utile sarebbe altresì, ancora una volta al fine di migliorarne la funzionalità rispetto ai compiti che qui interessano, fare definitivamente chiarezza sull'identità e lo statuto giuridico dell'Agenzia del demanio, la quale, a differenza delle altre agenzie fiscali, pur condividendo con queste ultime la definizione di agenzia fiscale, ai sensi dell'articolo 65 del decreto legislativo n. 300 del 1999, è stata anche qualificata come ente pubblico economico, ponendo in tal modo un'incertezza circa la disciplina ad essa applicabile.

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