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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VI
1.
Martedì 23 novembre 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Conte Gianfranco, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUI MERCATI DEGLI STRUMENTI FINANZIARI

Audizione di esperti:

Conte Gianfranco, Presidente ... 3 4 5 6 8
Causi Marco (PD) ... 7
Comaroli Silvana Andreina (LNP) ... 7
Pesce Simona, Partner di Servizi Emittenti Quotati srl (SEQ) ... 3 4 5 6 7

ALLEGATO: Documentazione consegnata dalla dottoressa Simona Pesce ... 9
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l’Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia, I Popolari di Italia Domani: Misto-Noi Sud-PID; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Repubblicani, Azionisti. Alleanza di Centro: Misto-RAAdC.

[Avanti]
COMMISSIONE VI
FINANZE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 23 novembre 2010


Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO CONTE

La seduta comincia alle 13,50.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di esperti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui mercati degli strumenti finanziari, l'audizione di esperti.
Diamo inizio al programmato ciclo di audizioni ascoltando la dottoressa Simona Pesce, partner della società a responsabilità limitata Servizi emittenti quotati (SEQ), alla quale do senz'altro la parola.

SIMONA PESCE, Partner di Servizi Emittenti Quotati srl (SEQ). Signor presidente, onorevoli deputati, ritengo opportuno premettere di essere stata invitata ad aprire il ciclo di audizioni, che la Commissione svolgerà nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui mercati degli strumenti finanziari, in forza dell'esperienza maturata dalla società di cui sono partner al servizio delle società quotate. In particolare, la società Servizi emittenti quotati srl fornisce ai propri clienti assistenza nella gestione delle attività ordinarie, nonché assistenza e consulenza con riferimento alle operazioni di carattere straordinario. Naturalmente, seguiamo anche piccole aziende che cercano di quotarsi, sebbene non si tratti, in questo periodo, della nostra attività prevalente.
In ragione di ciò, il contributo che cercherò di offrire alla Commissione sarà incentrato sulle problematiche da affrontare in tale settore, sulle quali ha posto l'accento il presidente uscente della Consob, Lamberto Cardia, nella Relazione per l'anno 2009.
Prenderei le mosse proprio da due tra le principali questioni indicate nel predetto documento, relative alle grandi società quotate, con le connesse problematiche legate alla vigilanza e al rapporto tra Borsa Italiana Spa e Consob, e alla scarsa propensione alla quotazione delle società più piccole.
Per quanto riguarda le grandi aziende quotate e, in generale, i mercati regolamentati, l'ex presidente della Consob ha sottolineato come le principali problematiche siano legate principalmente al ruolo delle banche, della Consob e di Borsa Italiana Spa.
La Consob dovrebbe svolgere un'attività di vigilanza puntuale sull'adempimento degli obblighi cui sono tenuti le società quotate e gli intermediari. Di fatto, la vigilanza assume una connotazione formale, mentre l'eccesso di regolamentazione rende più difficoltosa la gestione del quotidiano da parte delle società quotate, le quali compiono enormi sforzi per restare sul mercato, gravandosi di notevoli costi.
A quella di competenza della Consob bisogna aggiungere l'attività svolta da Borsa Italiana Spa nell'ambito dell'organizzazione e gestione di mercati regolamentati di strumenti finanziari, il cui esercizio, soprattutto in materia di informativa


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societaria, alla società di gestione e al pubblico, tende a sovraccaricare ulteriormente le imprese quotate.
Per quanto riguarda i possibili interventi su questo fronte, riteniamo, in primo luogo, che si possa ragionare in termini di semplificazione degli adempimenti e di conseguente riduzione dei costi di permanenza sul mercato. Questo, ad oggi, è senz'altro il problema più rilevante riscontrato dalle società quotate. Si è molto parlato dei costi connessi alla quotazione, che tuttavia, pur essendo sicuramente rilevanti, non sono paragonabili a quelli derivanti dagli obblighi cui i soggetti quotati sono chiamati ad ottemperare successivamente, in via ordinaria. Questo è il principale problema che le società hanno evidenziato.
Vi è, poi, un problema relativo all'attività di quotazione, oggi totalmente attribuita a Borsa Italiana Spa: a questa spetta la definizione, da un lato, dei requisiti e delle procedure di ammissione e permanenza sul mercato per le società emittenti e, dall'altro, delle condizioni e delle modalità di ammissione degli strumenti finanziari alle negoziazioni.
Tale situazione, che può generare, di fatto, conflitti di interessi, non assicura, d'altro canto, una verifica in ingresso circa le potenzialità effettive delle società; o meglio, si scopre spesso che le verifiche sono di carattere formale, non sufficientemente puntuali.
Al riguardo, ricordo che il professor Cardia, nella citata relazione, aveva evidenziato l'opportunità, allo scopo di garantire più elevati standard di qualità per il mercato azionario, di recuperare la funzione pubblica del listing, separandola dall'ammissione alle negoziazioni, che è funzione tipica delle società di gestione dei mercati (a mio avviso, si dovrebbe anche prevedere una soglia minima di capitalizzazione per l'ammissione alla quotazione nei mercati regolamentati).
Varrebbe la pena di approfondire la questione: effettivamente, anche in Italia si potrebbe valutare l'opportunità di affidare l'attività di listing a un soggetto diverso dalla società di gestione del mercato, il quale possa svolgere una verifica iniziale attinente all'ammissione alla quotazione.
Tale opportunità è certamente auspicabile in un momento in cui Borsa Italiana Spa, essendosi realizzata la fusione con il London Stock Exchange Group, ha anche meno interesse, rispetto al passato, a curare l'attività di listing.
Sono quelle cui ho accennato, a mio modo di vedere, le problematiche principali da affrontare.

PRESIDENTE. Alla dottoressa Pesce, che è un'operatrice di mercato, è utile, in questa fase, porre alcune domande relative ad argomenti che avremo modo di sviluppare meglio, nel prosieguo dell'indagine, con gli altri attori principali del mercato.
Credo che la nostra prima necessità, non avendo mai affrontato ex professo i temi della borsa in questa legislatura, sia proprio quella di entrare nei meccanismi che ne regolano il funzionamento. Ciò è essenziale sia per verificare l'adeguatezza del quadro normativo sia per impostare, eventualmente, un intervento finalizzato a superare la situazione di asfissia che caratterizza il mercato borsistico italiano.
Ricordo che il primo a porre l'accento sulle considerazioni contenute nella Relazione del presidente Cardia, cui lei ha fatto riferimento, dottoressa Pesce, fu il collega Fluvi, il quale propose di avviare un'indagine conoscitiva, successivamente deliberata dalla Commissione, sui mercati degli strumenti finanziari.
L'impressione è che nel mercato borsistico italiano vi siano moltissime ombre.
Quante società si sono quotate negli ultimi due anni sui mercati diversi da quelli regolamentati?

SIMONA PESCE, Partner di Servizi Emittenti Quotati srl (SEQ). In realtà, negli ultimi dieci anni, il numero delle aziende quotate è rimasto sostanzialmente invariato.
Abbiamo assistito a una lunga serie di delisting, che ha riguardato società anche di maggiori dimensioni, ad esempio Avio Spa, a seguito dell'acquisizione da parte di un fondo di private equity inglese.


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A fronte di un numero di delisting piuttosto elevato, vi è stata, negli ultimi due anni, anche una serie di ammissioni alla quotazione, in special modo sui sistemi di negoziazione diversi dai mercati regolamentati, i quali offrono alle aziende nuove opportunità di raccolta di liquidità, peraltro poco sfruttate.
I mercati regolamentati, organizzati e gestiti da Borsa Italiana Spa, e soggetti alla vigilanza della Consob, hanno poco appeal, perché ritenuti straordinariamente costosi. Le società, oltre a riorganizzare la propria struttura di governance sulla base di determinate prescrizioni, devono assolvere adempimenti tecnico-giuridici che generano un notevole appesantimento burocratico e oneri piuttosto robusti. A fronte di ciò, è normale che le imprese siano piuttosto riluttanti ad avviare il processo di quotazione.
Se si ha riguardo, poi, alle società di minori dimensioni, la raccolta limitata che riescono a realizzare, come dimostrato dalle esperienze di questi anni, e i pesanti oneri da sostenere, per l'ammissione alla quotazione e per la permanenza sul listino, non giustificano l'ingresso nel mercato.
A nostro parere, è necessario alleggerire la complessità e l'onerosità dei mercati regolamentati e, per le imprese di minori dimensioni, organizzare piattaforme alle quali le stesse possano accedere a costi contenuti.
Oltre a una più puntuale definizione dei ruoli dell'Autorità di vigilanza e della società di gestione, nell'ottica di cui ho già detto, si dovrebbe procedere a una riorganizzazione complessiva delle regole che presiedono al funzionamento dei mercati, in maniera tale che gli adempimenti risultino semplici e poco costosi.
In tale ambito si pone anche il problema del ruolo delle banche, che si presenta estremamente variegato. Talvolta, le stesse banche che erogano credito alla società da ammettere a quotazione fungono non soltanto da global coordinator, ma intervengono anche sul mercato per dare liquidità ai titoli a seguito della quotazione.
Il ruolo pervasivo delle banche ha spesso generato conflitti di interessi. L'ultimo è quello che riguarda Premafin - ai cui rapporti con il mondo bancario si è interessata non soltanto la stampa specializzata -, la quale si ritrova a gestire un problema di cassa originatosi tempo fa (in una maniera piuttosto complessa, che esula dalle problematiche della vigilanza sui mercati degli strumenti finanziari).
Si potrebbe riflettere, quindi, sull'opportunità di prevedere un limite all'intervento di un unico istituto di credito nella vita delle società, nel senso, ad esempio, di escludere la partecipazione alla procedura di ammissione alla quotazione della banca creditrice dell'impresa da quotare. Introducendo vincoli del tipo indicato, si ridurrebbe l'influenza sulle società delle banche, le quali sarebbero costrette a confrontarsi tra loro.

PRESIDENTE. Con riferimento al tema del conflitto di interessi, abbiamo avuto conoscenza, attraverso la stampa, di strane vicende riguardanti società prossime alla decozione. In tali casi, l'accesso alla borsa ha rappresentato un tentativo per sgravare le banche dal peso del debito accumulato dalle imprese.
Vi sono esempi simili nella storia recente?

SIMONA PESCE, Partner di Servizi Emittenti Quotati srl (SEQ). In realtà, episodi analoghi a quelli da lei segnalati, signor presidente, si verificano con una certa frequenza.
Il caso più eclatante è senz'altro quello di Parmalat, la quale aveva attivato la procedura di quotazione quando era già tecnicamente fallita, generando le complicazioni che tutti conosciamo. Appartiene alla storia più recente, invece, il caso Mariella Burani FG, oggi in amministrazione straordinaria (la società ha fruito di una serie di interventi da parte degli istituti di credito che, forse, avrebbero dovuto essere regolati in maniera diversa).
Questo è successo nell'ambito dei mercati regolamentati. Poiché vi sono anche i sistemi di negoziazione diversi dai mercati


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regolamentati, varrebbe la pena, a maggior ragione, di definire nuove regole per gli interventi delle banche, indipendentemente dagli effetti di Basilea 3.

PRESIDENTE. Ci potrebbe dire qualcosa sui mercati diversi da quelli regolamentati?

SIMONA PESCE, Partner di Servizi Emittenti Quotati (SEQ). A oggi sono molto pochi, almeno in Italia.
A seguito della MIFID, la direttiva europea che ha immaginato di aprire il mercato alle società di piccole dimensioni, grazie a piattaforme di gestione dei titoli non regolamentate, sul mercato italiano sono stati avviati, sostanzialmente, due mercati: il Mercato alternativo del capitale (MAC) e, più recentemente, l'AIM Italia. Quest'ultimo voleva essere la versione italiana dell'Alternative Investment Market, nato nel Regno Unito nel 1995 (prima della crisi finanziaria, l'idea aveva riscosso grande successo).
Per quanto riguarda il mercato italiano, il ritorno è stato abbastanza marginale, nel senso che, al di là degli sforzi per promuovere i sistemi di negoziazione diversi dai mercati regolamentati, si è creata, di fatto, una situazione difficile da gestire. Infatti, le piccole società sono costrette a confrontarsi con le banche creditrici, le quali sono poste dinanzi alla seguente alternativa: o le avviano alla quotazione sul mercato, oppure negano loro il credito, magari chiedendo anche il rientro dei finanziamenti erogati. Si tratta di una situazione straordinariamente frequente, se si considera che il numero delle società quotate sui due mercati è, ad oggi, assolutamente risibile (sono meno di venti).
Questo è curioso, perché, in realtà, i mercati alternativi - che si tratti del MAC, dell'AIM o di una diversa piattaforma - potrebbero costituire una straordinaria opportunità, soprattutto in Italia, dove le realtà imprenditoriali sono prevalentemente medio-piccole.
Società con una capitalizzazione potenziale di 50-100 milioni di euro sono troppo piccole per accedere a un mercato regolamentato, considerati gli oneri che la quotazione comporta. Esse hanno grande interesse, invece, e lo riscontriamo tutti i giorni, per i mercati diversi da quelli regolamentati, che comportano adempimenti semplificati e minori oneri di gestione.
Tuttavia, questi mercati sono, di fatto, sostanzialmente chiusi, perché le banche non ci credono. Le poche società quotate risultano totalmente illiquide, poco trattate e, di conseguenza, soggette a fluttuazioni dei prezzi delle azioni oggettivamente eccessive. Posso citare l'esempio di una piccola società di consulenza in comunicazione quotatasi a marzo 2010: con una capitalizzazione potenziale di 15 milioni di euro, ha raccolto 1,5 milioni di euro, di cui un milione è andato a copertura degli oneri di quotazione. Nel frattempo, il titolo - non so in quale situazione si trovi oggi - è arrivato a perdere, e poi a guadagnare di nuovo, il 50 per cento del proprio valore nel giro di sei mesi. È evidente che un titolo simile non può essere proposto sul mercato retail, che pure dovrebbe generare grandi flussi di cassa.
A questo punto, potrebbe essere utile ragionare, in questa sede, su un'ipotesi di mercato alternativo che, da un lato, sia svincolato dalla banca come unico veicolo di promozione delle aziende sul mercato dei capitali e, dall'altro, goda, magari, del sostegno pubblico.
Penso, ad esempio, a un fondo costituito dalla Cassa depositi e prestiti, sufficiente a generare la liquidità necessaria per l'ammissione alla quotazione di tante piccole società. Anche questo potrebbe essere un sistema per rendere più liquido un mercato nel quale le banche non credono. Potrebbero rivelarsi utili, al medesimo fine, una politica di incentivazione fiscale all'investimento in equity, la promozione di fondi specializzati in PMI e lo sviluppo di incentivi all'aggregazione tra imprese, nell'ottica dell'apertura del loro capitale al mercato.
Bisogna trovare una soluzione per avviare una macchina che, in Italia, non è ancora partita.


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SILVANA ANDREINA COMAROLI. Nel ringraziarla per il suo intervento, dottoressa, vorrei chiederle se le problematiche cui lei ha accennato si riscontrino anche nelle altre borse europee e, inoltre, se qualche mercato borsistico sia caratterizzato da una vigilanza a livelli di eccellenza, in virtù di una normativa informata a criteri di responsabilità.

SIMONA PESCE, Partner di Servizi Emittenti Quotati srl (SEQ). In realtà, tutte le borse hanno qualche problema se si guarda all'aspetto della vigilanza. Dall'esistenza di una regolamentazione e di una vigilanza scaturiscono inevitabilmente oneri in capo alle società.
Un esempio lampante di un funzionamento diverso - dovuto, tuttavia, anche al diverso approccio dell'utenza - è quello del London Stock Exchange, al quale compete la sola ammissione al trading dei titoli delle società che si quotano sul mercato londinese, mentre l'attività di listing è stata attribuita all'equivalente inglese della nostra Consob, la FSA (Financial Service Authority). La separazione delle due attività è, probabilmente, ciò che ha permesso di governare in maniera diversa - non so se più efficiente, ma comunque certamente diversa - l'accesso delle società al mercato borsistico inglese.
Bisogna considerare, comunque, che nei Paesi anglosassoni vi sono, tendenzialmente, grosse realtà industriali, la cui crescita è dovuta anche a fattori esterni, per le quali è più facile accedere al mercato. Al contrario, il tessuto imprenditoriale italiano si compone di tante realtà abbastanza piccole. Ho detto "abbastanza piccole" a ragion veduta: sono il nostro pane quotidiano, per così dire, imprese con fatturato dai 20 ai 50 milioni di euro, le quali hanno potenzialità di capitalizzazione ben superiori.
Tuttavia, non abbiamo, onestamente, un mercato che sia efficiente ed efficace per la realtà industriale italiana. Anche l'AIM, la cui istituzione si fonda su un presupposto giustissimo, è gestito da Borsa Italiana Spa, la quale organizza e gestisce anche i mercati regolamentati, con un approccio che tende, in qualche modo, a essere uniforme e che, invece, dovrebbe essere diversificato. Ciò crea quell'aggravio di cui parlavo prima, in qualche modo sostenibile, magari obtorto collo, per le società più grandi, ma certamente non per quelle piccole, che si vorrebbe si avvicinassero al mercato dei capitali.

MARCO CAUSI. Poiché è stato recentemente istituito il Fondo italiano di investimento per le piccole e medie imprese, al cui capitale partecipa anche Cassa depositi e prestiti Spa, le chiedo se, per quanto le consta, esso abbia già preso contatti con gli operatori specializzati, al fine di agevolare i processi di patrimonializzazione delle piccole imprese, nella prospettiva di una futura quotazione.
Non bisogna dimenticare che al Fondo partecipano anche le principali banche italiane. In proposito, mi sembra molto difficile disarticolare il legame tra la piccola impresa italiana e le banche, nelle quali gli imprenditori identificano un consulente finanziario «tuttofare».
Il suo accenno al Fondo per le piccole e medie imprese delinea un'interessante traccia di lavoro; tuttavia, bisogna fare i conti con le banche e con il ruolo che esse hanno assunto nel sistema finanziario italiano: in alcuni casi, è un pregio; in altri, è un difetto.

SIMONA PESCE, Partner di Servizi Emittenti Quotati srl (SEQ). Per quanto riguarda l'attività del Fondo italiano di investimento, la mia conoscenza non va al di là di ciò che si apprende dai giornali. Comunque, non ne so abbastanza per ipotizzare interventi. L'indagine conoscitiva potrebbe costituire un'occasione per studiarlo e per formarsi qualche idea al riguardo.
Non dubito che le banche debbano necessariamente intervenire nella gestione del credito alle imprese - ci mancherebbe altro! -, ma mi domando se il loro intervento debba necessariamente avere un'ampiezza di trecentosessanta gradi. Credo sia potenzialmente rischioso, se non dannoso, che una banca gestisca la liquidità


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o comunque l'accesso al credito di un'impresa in qualsiasi momento e in qualsiasi forma, senza che un soggetto terzo sia mai chiamato a valutare l'opportunità di determinati interventi. Da questo punto di vista, il caso Parmalat è emblematico.
Sebbene le banche debbano essere le interlocutrici principali delle imprese, si potrebbe ragionare - con le banche stesse - su una loro partecipazione un po' più strutturata e, magari, meno vincolante.
Un sistema che desse alle piccole e medie imprese la possibilità di accedere a capitale pubblico, con il vincolo dell'ammissione alla quotazione, renderebbe più liquido il mercato. Naturalmente, per invogliare gli investitori, anche le persone fisiche, si dovrebbero prevedere agevolazioni fiscali, fino alla totale esenzione nel caso di investimenti di durata adeguata (ma questo è un campo nel quale si può congetturare in mille modi). Non si tratta di impedire alle banche di avere un ruolo, ma di evitare che esse impongano in ogni caso le proprie logiche, a mio modo di vedere non sempre condivisibili.

PRESIDENTE. Colgo uno spunto per sviluppare una riflessione.
Al capitale del Fondo italiano di investimento per le piccole e medie imprese partecipano alcune banche, il Ministero dell'economia e delle finanze, l'ABI, la Cassa depositi e prestiti, Confindustria: insomma, c'è un po' di tutto.
È compito del Fondo investire nelle piccole e medie imprese per farle crescere, fino a che, consolidatasi la crescita, arriverà il momento del disinvestimento.
Mi pongo, allora, la seguente domanda: il processo avrà come sbocco la quotazione in Borsa? Si tratta di una questione che è quanto mai opportuno affrontare nel momento in cui il Fondo si accinge a realizzare i primi interventi.
Più specificamente, se il problema della gran parte delle imprese italiane è quello della dimensione, è certamente utile erogare denaro pubblico per aiutarle a crescere. Un giorno o l'altro, però, il denaro pubblico, che il Fondo avrà investito nelle piccole e medie imprese, dovrà essere disinvestito. In tale prospettiva, non sarebbe opportuna l'istituzione di un mercato non regolamentato destinato a questa nicchia di mercato, per consentire alle predette imprese di crescere ancora di più?
Il problema dei sistemi di negoziazione diversi dai mercati regolamentati - così mi è parso di capire - è rappresentato dal fatto che sono immesse sul mercato piccole quantità di flottante da parte di società scarsamente capitalizzate, con la conseguenza che i titoli sono soggetti a oscillazioni anomale. Probabilmente, dovremmo tenere conto anche di ciò. Poiché le risorse pubbliche sono scarse, dovremmo utilizzarle per sostenere la crescita delle imprese in possesso dei requisiti minimi per conseguire il risultato che ci prefiggiamo.
Non essendovi altre richieste di intervento, è giunto il momento di ringraziare la dottoressa Pesce per avere aderito al nostro invito.
Poiché è ancora possibile indicare esperti da invitare in audizione, se i colleghi hanno suggerimenti, la Presidenza è disponibile ad accoglierli. Ho ritenuto opportuno cominciare dalla dottoressa Pesce affinché ella ci offrisse, da esperta di mercati degli strumenti finanziari, un primo quadro di riferimento. Sebbene i colleghi non siano digiuni della materia, è stato comunque utile acquisire, direttamente da un'operatrice di mercato, ulteriori elementi di conoscenza.
Ringrazio quindi la dottoressa Pesce, anche per la documentazione consegnata, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato), e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,20.

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