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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VII
11.
Giovedì 31 maggio 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Ghizzoni Manuela, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'APPLICAZIONE DELLA LEGGE N. 2 DEL 9 GENNAIO 2008, RECANTE DISPOSIZIONI CONCERNENTI LA SOCIETÀ ITALIANA DEGLI AUTORI E DEGLI EDITORI, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AD ATTIVITÀ, GESTIONE E GOVERNANCE DELLA MEDESIMA SOCIETÀ

Seguito dell'audizione dell'avvocato Giorgio Assumma, già presidente della SIAE, e del dottor Domenico Caridi, già direttore generale della SIAE:

Ghizzoni Manuela, Presidente ... 3 7 16
Assumma Giorgio, Già presidente della SIAE ... 7 10 13 14
Barbieri Emerenzio (PdL) ... 5
Caridi Domenico, Già direttore generale della SIAE ... 13 16
Carra Enzo (UdCpTp) ... 6
Giulietti Giuseppe (Misto) ... 7
Scalera Giuseppe (PdL) ... 3 10 13 14
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL.

COMMISSIONE VII
CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 31 maggio 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MANUELA GHIZZONI

La seduta comincia alle 14,30.

(La Commissione approva il verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione dell'avvocato Giorgio Assumma, già presidente della SIAE, e del dottor Domenico Caridi, già direttore generale della SIAE.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'applicazione della legge n. 2 del 9 gennaio 2008, recante disposizioni concernenti la società italiana degli autori e degli editori, con particolare riferimento ad attività, gestione e governance della medesima società, il seguito dell'audizione dell'avvocato Giorgio Assumma, già presidente della SIAE, e del dottor Domenico Caridi, già direttore generale della SIAE.
Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per formulare ulteriori quesiti e osservazioni.

GIUSEPPE SCALERA. Ringrazio il dottor Caridi e l'avvocato Assumma. Nel corso dell'ultima audizione, ho rivolto all'avvocato Assumma una serie di quesiti, ai quali penso e spero di ricevere risposta oggi.
Tengo a sottolineare che, nel corso di una riunione abbastanza burrascosa che sembra si sia tenuta ieri, le autorità vigilanti non avrebbero ratificato il bilancio consuntivo per il 2010 della SIAE, a distanza di un anno dalla presentazione. Credo che si tratti di una questione che la nostra Commissione deve necessariamente approfondire, in quanto la criticità del bilancio 2010 sostenuta dai commissari è presupposto fondamentale dell'operazione immobiliare che fu svolta sei mesi dopo. Se viene meno il presupposto, cioè l'approvazione del conto consuntivo 2010, anche l'operazione immobiliare va inquadrata in maniera diversa.
Dopo questo breve inciso, passo alle domande, in questo caso rivolte esclusivamente al dottor Caridi. L'attuale direttore generale della SIAE, a cui lei ha passato le consegne alla fine del 2009, nel corso dell'audizione del 29 febbraio 2012, svolta nell'ambito dell'indagine conoscitiva in corso, a proposito delle note criticità del fondo pensioni e in merito al management, ha dichiarato testualmente: «Poiché, al momento delle consegne, nutrivo fortissimi dubbi sull'operato del ragionier Truffa Giachet nei suoi dieci anni di attività, ho ritenuto, d'intesa con la gestione commissariale», di avviare una due diligence.
È noto che, secondo il commissario Rondi, i subcommissari e l'attuale direttore generale, nel fondo pensioni si è creato un buco presente e prospettico che ha imposto loro un'urgente manovra sugli immobili per chiudere la falla. È stata anche avviata un'azione di risarcimento di oltre 24 milioni di euro nei confronti degli


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ex amministratori per la loro gestione, la cui durata ha coinciso necessariamente e largamente con la sua permanenza alla carica di direttore generale della SIAE, nei due anni che hanno preceduto l'esperienza del dottor Blandini e prima, per molto tempo, come importante dirigente.
Mi consenta di porle una domanda, che chiarisce anche a noi una serie di aspetti. Lei non si era accorto di quanto stava succedendo? Aveva segnalato a qualcuno la criticità della situazione con la stessa prontezza con cui ha agito il dottor Blandini, che in pochi giorni, sacrificando addirittura le festività natalizie, ha affrontato la situazione? Secondo lei, per usare le parole del collega Giulietti a proposito del buco di bilancio del fondo pensioni, si tratta di una vicenda dissennata o dolosa?
Nell'audizione del 22 febbraio 2012 il dottor Blandini, nel descrivere la situazione cervellotica che ha trovato, ha affermato che lei non aveva un contratto organico, ma - mi permetto di riferirlo perché sono affermazioni riportate a verbale - quattro contratti, di cui uno afferente alla sua retribuzione base di 300.000 euro, uno afferente al premio di risultato di 125.000 mila euro e uno afferente all'indennità come datore di lavoro per 55.000 mila euro.
Il dottor Blandini ha anche affermato che, nell'ambito di una transazione, le sono stati riconosciuti 500.000 euro di incentivo all'esodo, a cui si sono aggiunti 100.000 euro di consulenza, 300.000 euro di ferie non godute e 80.000 euro di TFR per il biennio in cui è stato direttore generale. Complessivamente, l'emolumento, al di là delle cifre relative all'esodo, ammontava a 480.000 euro lordi l'anno, soltanto con riferimento al 2007. Si tratta certamente di compensi importanti: credo che occorra necessariamente fare chiarezza su tale aspetto, anche per come i dati sono stati posti alla nostra attenzione.
Finora questa Commissione ha cercato, con grande spirito di approfondimento critico e anche con una certa apertura mentale, di affrontare una questione sufficientemente ingarbugliata qual è quella della SIAE. Abbiamo cercato di affrontarla senza pregiudizi e con il più grande interesse per tutte le voci, anche quelle di coloro che paradossalmente sembrano essere la fonte di molti mali di questa azienda.
Abbiamo, ad esempio, registrato le dichiarazioni di segno diametralmente opposto fornite dal dottor Truffa Giachet, riservandoci di trarre alla fine le nostre conclusioni. La ringraziamo, quindi, della sua adesione al nostro invito, soprattutto se ci consentirà di capire perché non si sia intervenuti prima per frenare i guasti che i subcommissari e il dottor Blandini dicono di aver trovato.
Da ultimo, risulta che lei facesse parte, insieme a due consiglieri di amministrazione dell'epoca, della sottocommissione che istruì la selezione degli investimenti in titoli da parte della SIAE, per una cifra molto significativa, per certi versi enorme, pari a 260 milioni di euro, tra cui, com'è noto, l'acquisto di titoli Lehman Brothers per 40 milioni di euro, tutti persi, come i colleghi sanno, in seguito al tracollo della banca americana.
La procedura seguita per scegliere gli istituti in cui investire, stando ai documenti, era l'indagine di mercato. Questa procedura era disciplinata in SIAE dalla delibera n. 33 del precedente commissario straordinario. Mi permetto di domandarle se possa asserire che le modalità di indagine di mercato puntualmente stabilite in quella delibera furono rispettate. Le chiedo conferma di una questione che appare oggettivamente incerta e che definirei, per molti versi, incredibile.
È vero che la delibera definitiva del consiglio di amministrazione della SIAE aveva fissato a 20 milioni di euro la somma di investimento in Lehman Brothers? Come mai poi, senza alcuna delibera successiva, si è pervenuti a raddoppiare questa cifra, tanto che la SIAE si ritrovò in pancia ben 40 milioni di titoli tossici Lehman Brothers?
Infine, il bilancio 2009 della SIAE era stato proposto al consiglio di amministrazione, come da statuto, dagli uffici da lei diretti. È d'accordo, quindi, con l'affermazione del subcommissario avvocato Scordino


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circa la scarsa attendibilità di quel bilancio (più informalmente, in quanto non voglio ripetere la parola che ho utilizzato nell'ambito dell'ultima audizione)?

EMERENZIO BARBIERI. Vorrei rivolgere alcune domande all'ex presidente Assumma e, per la parte di sua competenza, all'ex direttore generale Caridi. Siccome do per scontato che sia l'avvocato Assumma sia il dottor Caridi abbiano letto tutto ciò che è stato detto nell'arco delle scorse settimane, ho l'impressione che con l'andar del tempo si sia smarrita la finalità di questa indagine conoscitiva. Mi dispiace che non sia presente il capogruppo di Italia dei Valori, che però avrà modo di leggere il resoconto stenografico della seduta.
Noi abbiamo deliberato all'unanimità l'indagine conoscitiva, avente per oggetto temi concernenti: le modalità di esercizio delle funzioni attribuite dalla legge alla SIAE, con particolare riferimento alla gestione dei servizi di accertamento e riscossione di imposte; le modalità di espletamento dell'intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali (MIBAC) per promozione, studi e iniziative volte a incentivare la creatività dei giovani autori italiani; la consistenza e la gestione del patrimonio mobiliare e immobiliare della società, nonché la disciplina concernente l'attività dell'ente; l'esercizio del potere di vigilanza sulla SIAE da parte del Ministro per i beni e le attività culturali congiuntamente al Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze; tutto quanto attenga all'adozione, deliberazione e approvazione dello statuto della SIAE; esercizi e tutela del diritto d'autore e tematiche connesse.
Le indagini conoscitive, come sanno l'avvocato Assumma e il direttore Caridi, si devono concludere con la stesura di un documento conclusivo che contenga anche le proposte che la Camera dei deputati, nella fattispecie, dovrebbe avanzare al Governo. Noi non abbiamo un potere di controllo sulle attività della SIAE, ma abbiamo solo un potere di indirizzo rispetto al Governo.
Dalla lettura dei resoconti stenografici delle sedute apprenderanno, se già non l'hanno fatto, che abbiamo posto domande anche riguardo all'acquisto di mobili per gli appartamenti. Ho già espresso il mio dissenso rispetto a domande di questo genere. Nelle indagini conoscitive che abbiamo condotto sullo sport, sul calcio e sulla ricerca non ci siamo mai permessi di chiedere ad alcuno se i mobili acquistati fossero sufficienti. Questa indagine ha invece preso una strana piega.
A me interessa capire soltanto due aspetti: mi rivolgo all'avvocato Assumma, essendo stato io relatore del provvedimento contenente la proposta della sua nomina a presidente della SIAE. Premetto che mi auguro che nessuno voglia far fare alla SIAE la fine di Cinecittà Holding, perché in quel caso bisognerebbe compiere gesti estremi. Per le motivazioni richiamate, ci interessa conoscere il passato, ma io, presidente, vorrei rivolgerle una domanda secca e semplice. A suo giudizio, anche alla luce di quanto si è saputo del nuovo statuto, la SIAE ha un futuro o deve essere radicalmente ripensata?
Sarete informati del fatto che appena conclusa l'indagine conoscitiva avvieremo alla Camera l'iter di una proposta di legge tesa a istituire una Commissione di inchiesta sulla SIAE, iniziativa che abbiamo adottato all'unanimità. Ciò presuppone, però, che siamo tutti convinti del fatto che la SIAE abbia una prospettiva. Ben diverso sarebbe se dovessimo giungere alla conclusione che vale la pena pensare a uno strumento totalmente nuovo.
È un parallelismo che regge solo per quanto riguarda l'analisi logica, ma l'Istituto per la tutela degli artisti interpreti esecutori (IMAIE), che è anche stato oggetto di polemiche sui giornali, non è il nuovo IMAIE. Come il sottosegretario Giro sa molto bene, si tratta di due soggetti profondamente diversi. Fermo restando che serve una società che si occupi delle questioni di cui si occupa la SIAE, siamo sicuri che non valga la pena di pensare a qualcosa di radicalmente nuovo?
In questa indagine conoscitiva mi ha lasciato sorpreso il vezzo, che ha contraddistinto


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tutti, tranne i due auditi presenti, che non hanno ancora risposto alle domande, di parlare male dei predecessori. Se leggerete il resoconto stenografico di tutte le audizioni, vi accorgerete di questa tendenza. È come se un allenatore di calcio parlasse sempre male del suo predecessore. Se ne incontrano pochi, in realtà, perché solitamente tutti gli allenatori parlano bene di chi li ha preceduti. Qui, invece, c'è un'inversione di tendenza, in quanto emerge che tutti hanno trovato una situazione disastrosa.
L'audizione dei responsabili dei fondi immobiliari è stata, per alcuni versi, addirittura patetica. Qualcuno, inoltre, per evidenti motivi, dovrebbe valutare l'opportunità di cambiare cognome, perché a un certo cognome è facile associare ciò che viene perpetrato - mi riferisco al dottor Truffa Giachet -, a dimostrazione che questa tendenza è molto accentuata.
Siete due persone che stimo più di chi è stato qui prima di voi, perché vi conosco. Date, quindi, per scontato che il mio approccio vi è più favorevole. Tuttavia, questo cupio dissolvi, per cui si parla permanentemente male dei predecessori, ha contraddistinto solo la SIAE.
Vi chiederei di spiegarne la ragione.

ENZO CARRA. L'onorevole Barbieri ha parlato della strana piega che avrebbe assunto questa indagine conoscitiva: per me ha usato un eufemismo. Ci troviamo di fronte a uno scandalo vero e proprio. Non mi riferisco ai due auditi di oggi, ma al complesso delle audizioni alle quali abbiamo dovuto assistere.
Le mie domande sono molto semplici e superficiali, perché credo che non serviranno a molto. Servirà invece la Commissione parlamentare d'inchiesta. In poche occasioni sono stato così convinto che il Parlamento abbia l'obbligo e la necessità di fare chiarezza.
Mi rivolgo a entrambi i nostri auditi. Ho avvertito, pur nell'onestà che mi sembra trasparire dalle loro intenzioni e dalle espressioni usate qui, qualche dissonanza nelle versioni date in relazione alle stesse questioni, agli stessi bilanci, agli stessi momenti. Nella scorsa audizione - probabilmente direte che ho del tutto torto e mi farà quasi piacere sentirvelo dire - mi è sembrato davvero di ascoltare due parti quasi inconciliabili. Voi forse non ve ne siete accorti, parlando in sequenza, e certamente non c'era accordo tra voi. Chiedo se esistano queste dissonanze o se invece ho capito male io, e sarebbe meglio così.
All'avvocato Assumma, in particolare, faccio presente che la ricerca così minuziosa, dettagliata, talvolta pignola e molto interna corporis dei colleghi di questa Commissione e lo stesso andamento delle audizioni dimostrano che tutto sommato non abbiamo nemmeno capito cosa sia la SIAE e a cosa serva. Qual è il core business della SIAE? Quello di comprare i titoli della Lehman Brothers oppure badare al fondo pensioni? So benissimo che direte che si tratta di una cosa diversa, ma forse la realtà che abbiamo di fronte è proprio questa.
L'onorevole Scalera, poco fa, parlava di azienda. Non so se la SIAE si possa definire azienda, anzi, non lo è certamente, ma qual è lo scopo di questo ente o entità? Chi tutela, come, perché, con quali mezzi sofisticati, visto che ha a che fare con i diritti d'autore e sappiamo quale delicatezza essi abbiano, soprattutto nel mondo tecnologico attuale?
Mi pare che l'onorevole Barbieri abbia chiesto più o meno la stessa cosa, ma qual è il modello di società eventualmente utile agli autori, agli editori e alla società italiana nella quale la SIAE vive e opera? Qual è il modello a cui si può pensare, in alternativa a un ente come questo che passa di commissariamento in commissariamento e da un'indagine conoscitiva a una Commissione parlamentare d'inchiesta? Sarà possibile interrompere questa serie di inchieste, questa infinita serie di interrogativi a cui mal si risponde o si risponde con commissariamenti che valgono poco?
Se avete una risposta da darci, potrebbe esserci utile per il futuro, sempre che il Parlamento voglia davvero, come io spero, interessarsi della questione.


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GIUSEPPE GIULIETTI. Vorrei solo ripercorrere le domande che avevo posto nel corso della precedente audizione e che non era stato possibile approfondire per mancanza di tempo. Mi rivolgo, quindi, all'avvocato Assumma.
Sarebbe interessante se ci ricordasse quale fu il mandato conferitole inizialmente dal Governo e quali furono le ragioni che la indussero, dopo una lunga riflessione, ad assumere un incarico che già allora si presentava come molto difficoltoso.
Conosciamo la vicenda statutaria e mi pare che lei vi abbia accennato la volta scorsa, ma non è questo l'oggetto del mio intervento. Condivido le sue osservazioni, ma si rischia di parlare d'altro. Al di là di questo, quali sono state le ragioni che la portarono, in seguito, a dire al Governo che non c'erano più le condizioni che consentivano la prosecuzione di quell'esperienza? Conosciamo le motivazioni riportate dalle agenzie. Vorremmo che lei ci rivelasse quelle che furono esplicitate ai rappresentanti del Governo e dei Ministeri.
Probabilmente ci furono perplessità allora esplicitate e tenute giustamente riservate. Tuttavia, come ha detto l'onorevole Scalera, sono state qui formulate accuse molto pesanti. In questa fase non svolgiamo la funzione di giudici, ma cerchiamo di raccogliere materiale. Uno dei commissari straordinari ha pronunciato le affermazioni che il collega Scalera ha riportato in ordine alle sue responsabilità nella sottoscrizione del bilancio e di alcune operazioni. Mi interessa capire, dal momento che il riserbo non è più necessario, quali furono le osservazioni da lei formulate e quale risposta le fu data dalle autorità vigilanti alle quali lei riferì che quell'esperienza non potesse più proseguire.
Sul fondo pensioni sono già state poste alcune domande e quindi è inutile che io ripeta osservazioni già fatte. Mi pare comunque importante conoscere la vostra valutazione. Ho trovato interessante la domanda posta in merito, perché, al di là degli aspetti giudiziari, non bisogna dimenticare che la SIAE parla al complesso degli autori e degli artisti e si trova in una situazione di crisi pesantissima.
Per certi aspetti, viste le vicende di oggi, mi ricorda la situazione della RAI. È quindi importante sapere, in questo contesto, se ci siano segnalazioni relative a tracolli prossimi venturi, tali da riguardare non otto persone, ma una componente fondamentale della cultura e della comunicazione artistica in Italia.

PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

GIORGIO ASSUMMA, Già presidente della SIAE. Presidente Ghizzoni, abbiamo poco fa appreso che oggi per la prima volta presiede un'audizione. Interpretando anche il pensiero del dottor Caridi, le esprimo i migliori auguri e spero che la nostra presenza sia foriera di un buon lavoro, pieno di soddisfazioni.
Mi sono appuntato tutte le domande che mi avete formulato nella precedente audizione. Sono pronto a rispondere, ma dopo l'intervento dell'onorevole Barbieri ritengo di dovere chiedere prima se queste domande e queste risposte rientrino nel tema dell'indagine conoscitiva che state conducendo. Se la risposta è affermativa, allora procedo.
L'onorevole Giulietti chiedeva perché mai io abbia accettato la prima designazione dell'assemblea a svolgere il ruolo di presidente della SIAE. I motivi sono stati tre. In primo luogo, in quel periodo, nel 2005, io maturavo i quarantacinque anni di professione forense nell'ambito della tutela del diritto degli autori e degli editori. Ritenevo, quindi, di dover mettere questa mia esperienza a favore degli autori e degli editori e in particolare della SIAE, che, come voi sapete, è la prima società di collecting degli autori e degli editori nel mondo, non solo per le funzioni che svolge, ma anche per i risultati che ha ottenuto rispetto alle altre.
In secondo luogo, sono stato colpito dal fascino dell'immagine storica della SIAE, fondata 126 anni fa da tutto il vertice della cultura italiana - Verga, Verdi, Carducci,


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De Amicis, Zanardelli, Hoepli - e negli anni presieduta o diretta da personaggi illuminati. Cito per tutti Gabriele D'Annunzio, che ne è stato il presidente per oltre quindici anni. A questo fascino non si resiste.
Il terzo motivo per il quale mi sono determinato ad accettare è il fatto che la richiesta della mia disponibilità mi è pervenuta da tutte indistintamente le associazioni rappresentative dei soci all'unanimità. Sono tre motivi che, a mio avviso, non potevano essere messi in discussione.
La seconda domanda riguarda il motivo per il quale io ho accettato di ripropormi per la nomina a presidente per un secondo quadriennio. Al termine del primo quadriennio, avendo ritenuto di avere espletato al massimo delle possibilità i compiti che il ruolo mi imponeva, dichiarai alle autorità vigilanti e alle associazioni degli associati SIAE che non intendevo continuare.
Ebbi pressioni molto rilevanti sia da parte delle istituzioni vigilanti sia da parte delle associazioni. Dissi allora che sarei stato disponibile se avessi ottenuto nuovamente il consenso unanime di tutti. Lo chiesi non per un fatto di vanità, ma perché solo avendo tutti vicino si può tenere fermo il coperchio su questa pentola in continua ebollizione.
Si tennero alcune riunioni, a cui non partecipai, presso gli uffici delle autorità vigilanti e mi fu comunicato che tutti mi avrebbero dato il loro assenso. Mi presentai, quindi, alle elezioni di fronte all'assemblea, trovando la sorpresa che un gruppo di editori e autori aveva proposto in mia vece un altro candidato. Tra questi vi erano tutte le società editrici collegate alle multinazionali straniere. Forse fu un fatto del tutto occasionale.
Accadde, però, che chi aveva presentato contro di me questo illustre personaggio capì che non poteva avere successo. Alla terza chiama per la votazione, gli stessi che avevano proposto contro di me un altro candidato si astennero dal votare e pertanto fui eletto con una maggioranza di circa i due terzi dei presenti in assemblea e con l'astensione di tutti gli altri.
A quel punto dichiarai che non potevo accettare perché non avevo la garanzia di un sostegno se non totalitario, almeno confortante e rassicurante. Ancora una volta mi pervennero insistenze da parte degli organi di vigilanza perché io accettassi. Dissi che avrei accettato a condizione che il mio nuovo mandato avesse avuto una durata di soli due anni e non di quattro come era consuetudine per i presidenti nominati.
Sotto questa condizione, iniziai a presiedere la prima assemblea del mio secondo mandato. Se non che, qualche giorno prima, gli stessi soggetti che mi avevano opposto un altro candidato e si erano poi astenuti erano ricorsi al TAR di Roma per chiedere, in via principale, l'annullamento della mia nomina poiché gli organi vigilanti non avrebbero svolto una sufficiente istruttoria sulla mia persona e, in via subordinata, la riduzione a due anni del mio incarico, in maniera da farlo combaciare con la scadenza dell'assemblea.
Chiesi chiarimenti ai presenti e i ricorrenti al TAR, che erano in aula durante l'assemblea, si alzarono e negarono di aver chiesto con il ricorso la caducazione della mia nomina in radice. Quando lessi i motivi del ricorso, mi dissero che era stato il loro avvocato a fare la richiesta senza averne avuto mandato e che si limitavano a chiedere che l'incarico fosse ridotto a due anni, esattamente in correlazione a quanto io avevo preteso accettando la nomina.
Dissi allora che, se avessero ritirato il primo motivo del ricorso, cioè l'annullamento della nomina, avrei svolto la mia funzione per due anni. Se non lo avessero ritirato, non avrei potuto emettere o promuovere l'emissione di provvedimenti che avrebbero potuto addirittura essere dichiarati nulli nel caso in cui il TAR avesse affermato la mia ineleggibilità o avesse caducato l'incarico che mi era stato affidato.
Mi fu risposto che il primo motivo di ricorso sarebbe stato ritirato. Una settimana dopo gli stessi ricorrenti, che avevano anche richiesto al TAR un provvedimento


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di sospensione di urgenza della mia nomina, ritirarono questa richiesta di sospensione immediata, dicendosi pronti a rinunziare al primo motivo di ricorso. Poiché, però, questa rinunzia, dopo giorni e giorni, non arrivava, ho ritenuto che quell'atteggiamento fosse rappresentativo della volontà di non collaborare ed estremamente lesivo della mia personalità e della mia dignità di persona che aveva sottratto la propria vita alla professione e alla famiglia per dedicarsi anima e corpo alla Società. Quindi, mi dimisi.
Quanto vi sto dicendo è contenuto nella lettera che scrissi al Presidente della Repubblica, quale organismo istituzionale che mi aveva nominato presidente. Debbo dire che, quando presentai le mie dimissioni, ricevetti ulteriori pressioni dalle istituzioni affinché avessi un ripensamento. Ritenni, però, che fosse una perdita di tempo per tutti. La SIAE perdeva anch'essa del tempo prezioso.
Questo aspetto che vi ho manifestato altro non è che una delle sfaccettature di una conflittualità che purtroppo ha colpito la SIAE in tutti i periodi della sua vita ultracentenaria. È un conflitto che viene enfatizzato ogni qualvolta si è in periodo elettorale. Questa conflittualità - ritengo opportuno darvi brevemente la mia opinione perché può illuminarvi su tutto ciò che diremo - è viva soprattutto nel settore della musica popolare, quella che volgarmente si chiama musica leggera, e si traduce sia nel tentativo di conquistare posizioni personali di potere all'interno dell'assemblea, del consiglio di amministrazione, delle commissioni e dei comitati, sia nel tentativo di far prevalere taluni interessi propri, che per loro natura non si conciliano con gli interessi degli altri.
Questo tipo di conflittualità, spesso ricorrente in tutti gli organismi a base associativa democratica, si esprime all'interno della SIAE con modalità esasperate e attraverso strumenti che rischiano di debordare nel campo dell'inciviltà. I principali effetti di questa conflittualità possono sinteticamente così riassumersi: paralisi degli organi decisionali o ritardi nell'espletamento delle loro funzioni; deviazione dell'attenzione di tali organi e dei singoli associati verso questioni di importanza marginale, talora sollevate per intenti meramente strategici o polemici; necessità di ricorrere a compromessi tra contrapposte pretese che spesso non giovano alla funzionalità dell'ente; deterioramento dell'immagine dell'ente sia verso l'esterno che verso gli associati e i dipendenti, tale da minare quei sentimenti di rispetto che sono importanti per l'affidabilità dell'ente stesso; disagi e incertezze nei dipendenti e nei mandatari, tali da sminuire lo spirito di corpo di cui la SIAE, soprattutto in questo momento di crisi e di lotta a fronte delle nuove tecnologie, deve poter avere e su cui deve poter fare affidamento.
Vorrei ora rispondere a chi mi ha chiesto che futuro abbia la SIAE, visto che questo tipo di conflittualità è ormai connaturata nell'ente. Io non so esattamente quale sia il contenuto del progetto del nuovo statuto. Per quanto mi viene detto, ritengo che questo progetto dia un potere di elettorato attivo molto più forte a chi incassa di più per diritti d'autore.
Sicuramente questo è un metodo che rientra nelle normative civilistiche relative ai corpi sociali, quali in particolare le società. Non credo, però, che, qualunque sia il metodo, si riesca a eliminare questa conflittualità, che nasce, cresce e si enfatizza all'interno dell'assemblea, dei comitati e delle commissioni. Il discorso di un radicale cambiamento del sistema è stato svolto in passato, e tra le varie opinioni ce n'è una che vi voglio esprimere: ridurre la SIAE a un ente pubblico a tutti gli effetti, togliendo la presenza della base associativa. Non ci sarebbe più l'assemblea e nemmeno comitati e commissioni che scaturiscono dall'assemblea.
Il consiglio di amministrazione sarebbe composto da tre a cinque membri tutti nominati dal Governo. Collateralmente, vi sarebbe un comitato di consultazione, costituito da autori, editori e produttori, nominato dal Governo. Le decisioni non discenderebbero più dal lavoro dell'assemblea,


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dei comitati e delle commissioni, ma unicamente dal consiglio di amministrazione.
Gli autori e gli editori nei confronti della SIAE si porrebbero come committenti di un servizio. Essi alla SIAE chiederebbero, per un periodo minimo di cinque o dieci anni, di gestire il loro patrimonio creativo. Si firmerebbe un vero e proprio contratto di servizio. In base a questo contratto, la SIAE distribuirebbe ciò che è di competenza degli autori e degli editori.
Qui rimaniamo nell'ambito della funzione di «gabelliere» che la SIAE svolge. Tuttavia, la SIAE, per l'esperienza che ha e per le eccellenze che ho riscontrato in molti dirigenti, dovrebbe fare qualcosa di diverso e di più: dovrebbe essere anche un centro di studio e di promozione delle forme di tutela, proiettate soprattutto verso l'avvenire.
Questa che io vi ho significato è una tesi. Non chiedo di condividerla, perché è talmente futuristica da sconvolgere tutto quello che la SIAE ha rappresentato nei 126 anni della sua vita. Certo è uno spunto di riflessione. Tentai, rappresentando questa opinione all'assemblea, di discuterne nella speranza che potesse emergere qualche idea di correttivo all'attuale normativa funzionale, ma ebbi reazioni fortemente negative, perché i membri dell'assemblea non potevano accettare il fatto che l'assemblea stessa sarebbe poi sparita.
Mi è stata anche chiesta qualche notizia sul bilancio del 2009, l'ultimo bilancio che riguarda la mia gestione. L'onorevole Scalera ebbe a dire che qualcuno, non so se di fronte a voi o all'esterno, aveva qualificato questo bilancio con un termine piuttosto pesante.
Mi pare, onorevole, che lei abbia parlato di bilancio «truccato».

GIUSEPPE SCALERA. Ho citato testualmente una dichiarazione offerta all'attenzione della Commissione da parte dell'avvocato Scordino e mi sono permesso di richiederle un parere di merito su quel bilancio.

GIORGIO ASSUMMA, Già presidente della SIAE. Onorevoli, il verbo «truccare», nel nostro linguaggio ha una gamma di significati che va gradualmente dal semplice imbellettare il bilancio o la sua relazione illustrativa senza incorrere in falsità o illegalità al vero e proprio frodare, ottenuto alterando dolosamente poste contabili, dati storici, risultanze obiettive di valutazione economica e finanziaria.
Sono portato a ritenere che, nel nostro caso, chi ha usato questo termine abbia inteso riferirsi al primo significato e non al secondo. Se invece avesse inteso tacciare il bilancio di dolosa manipolazione, ebbene avrebbe espresso certamente un giudizio a dire poco temerario.
Per la redazione di un bilancio annuale si parte dal lavoro quotidiano svolto da un'apposita struttura composta di dieci impiegati, la quale riceve in tempo reale i dati contabili, ne controlla la veridicità, li classifica e li cataloga. Questa struttura ha al suo vertice un dirigente e riferisce al direttore generale. Talora - ma mi risulta che questo sia un caso raro - avviene che i dati non appaiano precisi, univoci o certi. In tale evenienza la struttura e il direttore della struttura li controllano, li completano e, ove necessario, li rettificano.
Secondo qualche autorevole giurista, le persone addette a questo lavoro, in quanto accertativo di atti fondamentali per la trasparenza e la regolarità del funzionamento di un ente pubblico, sono considerati incaricati di pubblico servizio. Esse, dunque, soggiacciono a una serie di obblighi ferrei, la cui violazione può anche determinare una responsabilità di ordine penale, oltre che amministrativo.
Il lavoro di questa struttura è costantemente sottoposto - e qui chiedo la vostra attenzione - alle richieste di informazione che vengono ad essa rivolte da un osservatorio permanente dell'assemblea. L'assemblea ha infatti nominato un osservatorio di pochi elementi con il compito di richiedere costantemente aggiornamenti sui dati, anche contabili, via via che essi arrivano.


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Il bilancio viene presentato alla società di revisione, che nel nostro caso è la Ernst & Young, forse la più importante società di certificazione del mondo. La società di revisione, nell'indagare sul bilancio, non svolge soltanto il controllo della regolarità dei numeri, ma va anche oltre, sindacando, se del caso, i criteri di politica aziendale che hanno portato a quei numeri.
Il bilancio viene così sottoposto all'approvazione del consiglio di amministrazione, nel quale siedono tre rappresentanti del Governo. Il consiglio di amministrazione, su nove elementi, ne ha tre nominati dal Governo ed è evidente che questi tre membri nominati dal Governo siedono in quell'organismo anche per garantire la regolarità delle prestazioni del consiglio, tra le quali la conformazione e strutturazione del bilancio.
Il bilancio viene poi sottoposto all'approvazione del collegio dei revisori, che è presieduto da un funzionario della Ragioneria generale dello Stato. Anche il collegio dei revisori ha la facoltà di intervenire per censurare gli atteggiamenti assunti dalla Società e chiedere rettifiche o bocciare il bilancio stesso. Si passa, poi, all'assemblea, che discute le poste del bilancio e può approvare o negare il bilancio.
Non è finita qui. Tutto viene trasmesso agli organi di vigilanza, Presidente del Consiglio, Ministro per i beni culturali e Ministro dell'economia, i quali svolgono un'ulteriore verifica, che si sostanzia in un'istruttoria vera e propria che tocca anche le politiche aziendali. Essi non si limitano, quindi, a dire che due più due fa quattro, ma vanno ben oltre. Dopo di che il bilancio viene approvato. Dovendo la stesura del bilancio attraversare tutti questi reticoli di controlli, mi chiedo come possa essere frutto di un'alterazione dolosa.
È bene che sappiate che l'ultimo bilancio, per la prima volta rispetto agli anni precedenti, ha avuto un disavanzo, che immagino sappiate a quanto ammonti. Il disavanzo del bilancio 2009 si evince dalla delibera del consiglio di amministrazione, che lo ha approvato, e dalla delibera dell'assemblea che lo ha approvato dopo aver esaminato tutti gli atti di controllo di cui prima vi ho parlato. Ebbene, il disavanzo ammonta esattamente a 569,304 euro.
Di fronte alla crisi generale che ha colpito tutti gli enti economici e tutte le collecting omologhe alla SIAE operanti nei Paesi stranieri, di fronte all'ammortamento della perdita Lehman Brothers, che si è riflettuta su tre o quattro bilanci consecutivi, di fronte a una diminuzione degli incassi in parte dovuta alla propagazione delle utilizzazioni via internet, un disavanzo di pochi spiccioli, peraltro coperti abbondantemente dalle riserve, può dare luogo al sospetto che ci si trovi di fronte a uno stato prefallimentare? Scherzando con un amico, dicevo che mettendo le mani nelle tasche dei nostri pantaloni avremmo sicuramente trovato in pochi minuti la somma sufficiente per risanare questo disavanzo.
Un'altra domanda che mi è stata rivolta attiene a Lehman Brothers. Quando distribuisce i proventi, dopo aver trattenuto le proprie provvigioni, la SIAE deve ricercare gli aventi diritto. Considerando che gli associati alla SIAE sono 100.000 e che, come mi sembra di ricordare, i brani di musica popolare sono oggi più di 8 miliardi, la SIAE deve svolgere il delicato compito di accertare a favore di chi e in quale misura siano maturati i soldi.
Può capitare, anzi capita abitualmente, che i titolari di questi diritti, siano essi autori o editori, non vengano reperiti o per cambiamenti di indirizzo o per decessi non comunicati. Le somme che avrebbero dovuto essere loro attribuite non vengono utilizzate, ma sono collocate su depositi bancari fruttiferi, in attesa che maturino i termini di prescrizione, trascorsi i quali, se dovessero uscire allo scoperto, i creditori aventi diritto non potrebbero pretenderle.
Per sicurezza, la SIAE ha sempre diviso i depositi in vari istituti bancari. L'investimento Lehman Brothers non è stato altro che uno dei tanti depositi effettuati. Anche sulla base dei suggerimenti e dei consigli dati alla SIAE dalle banche presso


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cui si serviva, è stato considerato come uno dei più proficui. L'investimento in titoli non è, quindi, un'attività che la SIAE fa o ha voluto fare istituzionalmente. È nient'altro che una forma di deposito pari a quelli che aveva sempre fatto e che ha continuato a fare.
Tre giorni dopo aver saputo che Lehman Brothers aveva chiesto l'ammissione al concordato a causa del suo stato di decozione, ho convocato un consiglio di amministrazione straordinario, nel quale si deliberò di reperire subito un ufficio legale internazionale esperto in materie bancarie affinché questo si interessasse su come ottenere il recupero. Questo ufficio è stato reperito: ha preparato gli atti nei termini che erano stati imposti dal concordato e così si è arrivati fino alla fine del 2009, quando Unicredit ha proposto a tutti i creditori dei fondi Lehman Brothers di acquistare a una cifra ridotta rispetto al valore nominale del credito, ottenendo così il credito in cessione.
Noi abbiamo ritenuto che questo non fosse conveniente perché ci veniva offerta una somma pari al 15 per cento dell'ammontare della sorte capitale. Non abbiamo accettato e forse abbiamo fatto bene, perché di lì a dieci mesi il valore dei titoli, anche se ancora non esigibili, è aumentato di dieci punti. Essendo però andato via da più di un anno e mezzo, non so, in verità, che cosa sia accaduto in seguito.
In funzione del nuovo statuto, vorrei anche parlarvi di un fenomeno gravissimo a cui forse nessuno ha accennato, quello della falsa programmazione, la quale impone la necessità di interventi normativi immediati. In ogni locale pubblico, al termine della esecuzione, l'artista che è stato impegnato, artista, solista o complesso, compila un programma nel quale indica il titolo delle composizioni presentate e il nome del relativo autore. La SIAE incassa, al termine della serata, l'importo dovuto per l'uso delle composizioni eseguite e attribuisce a ciascun autore indicato nel programma la quota parte di sua competenza. Se nel programma risulta che siano state eseguite canzoni create, ad esempio, da Mogol o da Baglioni, a ognuno dei due la SIAE, leggendo il programma, attribuisce la quota di propria competenza.
Può darsi il caso, quindi, che l'artista o il complesso, spesso d'accordo con il gestore del locale, pur avendo eseguito le canzoni di Mogol e le canzoni di Baglioni, ometta di indicarle e inserisca nel programma, al loro posto, canzoni del tutto sconosciute di autori del tutto sconosciuti. La SIAE, dovendosi attenere ai programmi, attribuisce all'autore sconosciuto, per la canzone sconosciuta mai eseguita, gli importi che sarebbero spettati a Mogol o a Baglioni.
In genere questi autori sconosciuti effettivamente compongono una canzone e la depositano in SIAE, ma si tratta di poche note prive di qualsiasi valore, non mai eseguite da nessuno. La SIAE riscuote regolarmente il compenso totale, ma sottrae a Mogol e a Baglioni, secondo una statistica che noi elaboriamo, oltre il 30 per cento di quanto loro competerebbe.
Su questo aspetto ho proposto più volte un intervento normativo che punisca penalmente il fenomeno della falsa programmazione come reato specifico e che imponga l'adozione di misure amministrative da parte dei prefetti nei confronti dei locali dove più ripetutamente questi fenomeni si verificano. Da un'indagine condotta limitatamente alla Puglia, risultò che gran parte dei locali che operavano soprattutto la sera era sotto il controllo e la gestione diretti della sacra corona unita. Tali locali potevano ben impiantare questo sistema di programmazione facendo ricavare a propri accoliti i vantaggi economici che sarebbero invece spettati ai veri professionisti.
Il nuovo statuto mi pare apprezzabile nel punto in cui basa il potere di elettorato attivo sulla quantità di introiti prodotti dai singoli autori e dai singoli editori. Tuttavia, se per caso le consorterie malavitose dovessero voler introdurre propri elementi nell'assemblea o nel consiglio di amministrazione della SIAE, avrebbero vita facile montando, attraverso il sistema della falsa programmazione, gli introiti dei propri accoliti, che avrebbero così un potere


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elettorale pari a quello di Mogol, di Baglioni e degli altri grandi professionisti.
Ci si è accorti della portata di questo fenomeno perché dalle graduatorie degli incassi fatte ogni mese risultava che alla fine dell'anno al top della classifica dei maggiori incassatori c'erano editori sconosciuti ed autori mai frequentati. Come ripeto, questo è un fenomeno su cui ritengo che il Parlamento debba esprimere un'opinione. Mi sembra di aver risposto a tutte le domande.

GIUSEPPE SCALERA. Ci ha risposto in punta di fioretto. Sono soddisfatto di ciò che ha riferito.

GIORGIO ASSUMMA, Già presidente della SIAE. Vorrei rivolgervi una raccomandazione. Credetemi se vi dico che la SIAE è un bene culturale prezioso: è un bene di cui la nostra patria deve andare orgogliosa. Lo vediamo quando andiamo all'estero. Solo in Italia siamo beffeggiati: all'estero tutti ci ammirano.
Abbiamo una biblioteca teatrale che è considerata la più importante d'Europa. Facciamo convenzioni con le università. Studenti da tutta Europa e soprattutto dalla Germania vengono da noi, perché solo presso la SIAE si possono trovare documenti preziosissimi.
Qualunque sia la soluzione che il Parlamento adotterà, credo di interpretare il sentimento non solo di gran parte degli autori e degli editori, ma anche degli italiani in generale, invitandovi a cercare di preservarla al massimo, continuando a far sì che la SIAE sia un centro di promozione culturale.

DOMENICO CARIDI, Già direttore generale della SIAE. Ho preso in fretta alcuni appunti sulle domande che mi ha rivolto l'onorevole Scalera. Non avendo documenti a disposizione, cercherò di rispondere, per quel che mi è possibile, alla luce dei miei ricordi, che ormai risalgono quasi a dieci anni fa, almeno per quanto riguarda la questione dell'investimento Lehman Brothers.
La prima domanda riguardava le perplessità sul fatto che ci si fosse accorti o meno della esistenza del deficit o dei guasti non meglio identificati che la gestione commissariale avrebbe scoperto riguardo al fondo pensioni. Vorrei ribadire quanto già avevo dichiarato nel corso della precedente audizione. La questione del fondo pensioni è una problematica arcinota in SIAE, che ha interessato diversi consigli di amministrazione e precedenti gestioni commissariali, a partire dal professor Masi. È stato un argomento osservato a lungo dagli amministratori e dalla struttura della SIAE.
Mi è stato chiesto se non ci siamo mai accorti di nulla. Io domando di che cosa avremmo dovuto accorgerci. Una serie di affermazioni che ho sentito pronunciare sul fondo pensioni dovrà essere provata e sarà valutata in sede di giudizio, dal momento che è in corso un procedimento civile. La SIAE ha infatti ritenuto di dover citare alcuni amministratori e revisori del fondo per presunte irregolarità.
Ribadisco il concetto che ho già espresso sulla distinzione tra SIAE e fondo pensioni SIAE. Le due gestioni sono distinte e hanno operatori e responsabilità distinti. Il vero problema del fondo è sempre e solamente il deficit strutturale che si è creato gradatamente nel tempo, che però è nato con la chiusura del fondo nel 1978. Come avevo già spiegato precedentemente, la SIAE non si preoccupò di dotare il fondo delle riserve tecniche necessarie per la copertura degli esborsi a cui sarebbe andato incontro nell'erogazione delle prestazioni ai dipendenti che nel corso degli anni successivi avrebbero maturato i requisiti per la pensione.
Il problema era solo e semplicemente questo. La SIAE a un certo punto si venne a trovare nella situazione di dover contribuire con un investimento a fondo perduto per dotare il fondo della liquidità necessaria per poter pagare tali prestazioni. Questo prescinde, però, da gestioni più o meno asseritamente dissennate o addirittura dolose. Come SIAE non abbiamo mai avuto elementi, e del resto nemmeno gli organi di controllo o il collegio dei revisori


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dello stesso fondo pensione hanno mai segnalato criticità che potessero avvalorare la tesi di una gestione irregolare sotto il profilo amministrativo del fondo o di una dilapidazione di risorse.
I bilanci venivano regolarmente approvati dal consiglio d'amministrazione del fondo pensioni, passati al vaglio del loro collegio dei revisori e quindi inviati in SIAE, che sulla base di queste risultanze era obbligata, sulla scorta della previsione dell'articolo 60 dello statuto del fondo, a intervenire per colmare la mancanza di liquidità del fondo stesso.
Come ripeto, il fondo pensioni si è trovato in questa situazione perché le riserve tecniche erano costituite solo ed esclusivamente da immobili. Ciò ha pertanto prodotto una continua esigenza di contribuzione, che la SIAE ha sempre onorato.
Lei mi chiede di dare una valutazione sulla vicenda dissennata o dolosa. A cosa si riferisce esattamente? Fino al 2009 posso ricordare e posso testimoniare su quanto è avvenuto. A cosa sono riferiti la dissennatezza o il dolo? Al programma di alienazione degli immobili? Il buco di bilancio, come ripeto, esiste da decenni.

GIUSEPPE SCALERA. A parte la mia oggettiva difficoltà nel fatto di essere divenuto ormai l'unico interlocutore dell'intera Commissione, forse perché sono il solo a porre una serie di temi con sufficiente chiarezza, mi sono permesso di usare le parole del collega Giulietti, che in una precedente riunione, a proposito del buco di bilancio del fondo pensioni, si chiedeva se si trattasse di vicenda dissennata o dolosa.
Torno a ripetere la mia domanda, così che lei abbia una visione più chiara del quadro della situazione, pur sottolineando anche al presidente che mi rendo conto del fatto che questi interrogativi possono meritare un diverso momento di approfondimento critico. Se in questo momento, come sarebbe plausibile, il dottor Caridi non dovesse avere a disposizione tutti gli elementi per darci una risposta, potrebbe naturalmente farci pervenire un documento scritto per chiarire questi dati. Non pretendiamo che lei riesca a ricordare ciò che è successo negli ultimi dieci anni. Lo voglio sottolineare perché non si perdano ruolo e funzione della nostra interlocuzione.
Tengo a rimarcare che, secondo il commissario Rondi, i subcommissari e l'attuale direttore generale, nel fondo pensioni si era creato un buco prospettico. Lei ha spiegato perché, dicendo che, a causa della chiusura, il fondo restò senza una parte economica significativa. Secondo il loro rilievo, la manovra sugli immobili si rese necessaria e urgente per chiudere la falla. Il dato di fatto è che questo elemento viene preso come sostanziale punto di riferimento per quanto riguarda la vendita del patrimonio immobiliare.
Nell'ambito delle audizioni che abbiamo registrato ci è stata sottolineata la necessità di intervenire sul patrimonio immobiliare perché la falla che si era creata nel fondo pensioni giustificava ampiamente quel tipo di intervento. Tra l'altro, e credo che su questo lei abbia qualche riferimento, è stata avviata un'azione di risarcimento per oltre 24 milioni di euro nei confronti degli ex amministratori per la loro gestione, la cui durata ha coinciso in maniera significativa con la sua permanenza nella carica di direttore generale della SIAE nei due anni precedenti l'arrivo del dottor Blandini e, prima, come importante dirigente.
A me non interessa sapere a quanto ammonti lo sbilancio del fondo pensioni, ma il fatto che tale circostanza diventi esperienza caratterizzante per arrivare alla vendita del patrimonio immobiliare.
Da qui deriva la mia domanda.

GIORGIO ASSUMMA, Già presidente della SIAE. Mi inserisco per fornire un chiarimento giuridico, che forse può essere utile anche alle risposte.
Bisogna tenere presente, onorevole Scalera, che, come d'altronde sapete, il fondo è un'entità economica e giuridica distinta dalla SIAE. Si tratta di un'autonomia piena e marcata, perché il fondo ha una propria personalità, ha un proprio patrimonio


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sul quale la SIAE non può esercitare alcun potere di godimento e di disponibilità, e ha una facoltà di gestione, anche relativamente all'impiego dei singoli immobili, caratterizzata da assoluta discrezionalità, non suscettibile di intromissione da parte della SIAE.
La SIAE, nei confronti del fondo, è un soggetto terzo, che presta una garanzia sussidiaria a favore dei creditori del trattamento pensionistico solo nel caso in cui il fondo debitore principale non sia in grado, con le proprie forze, di adempiere agli obblighi nei confronti dei pensionati. Questa indipendenza non significa e non comporta che la SIAE debba rimanere indifferente al cospetto di modi di operare del fondo non corretti o comunque pregiudizievoli della posizione di garante assunta dalla SIAE.
La SIAE deve svolgere una funzione di osservazione e, in effetti, questa funzione è stata sempre espletata e viene espletata mediante l'inserimento di tre dipendenti della SIAE o comunque di soggetti eletti dalla SIAE nell'ambito del consiglio di amministrazione del fondo di previdenza e di due dipendenti o professionisti selezionati nel collegio dei revisori. Il controllo dell'attività del fondo è svolto dal collegio dei revisori, che è presieduto da un funzionario del Ministero del lavoro. I tre consiglieri di amministrazione e i due revisori nominati dalla SIAE veicolano i fatti che avvengono all'interno del fondo. Se essi si attivano, il consiglio di amministrazione della SIAE viene a conoscenza di questi fatti; se non si attivano, non ne viene a conoscenza se non per casi fortuiti.
Uno dei problemi che si sono prospettati durante la vigenza del mio incarico è stato la bassa redditività dei rapporti di locazione degli immobili, che mi pare ammontassero a 130 unità, un patrimonio quindi solidissimo. Noi non potemmo intervenire, ma semplicemente raccomandare, via via che le locazioni venivano a scadere, di rinnovarle con gli stessi locatari o con nuovi inquilini a canoni ben maggiori, a canoni di mercato.
A me risulta che questo principio sia stato adottato, tant'è che - lo posso dire perché non c'è nulla di male - ricevetti una telefonata dal sindaco di Roma, il quale mi raccomandava di non aumentare il canone di locazione a un anziano signore che era l'ultimo reduce di Auschwitz. Per una forma di omaggio e carità non l'aumentammo, ma ebbi la prova che i canoni fossero stati aumentati.
Un altro problema era quello relativo alle spese di ristrutturazione e di manutenzione, che effettivamente erano fuori dal normale. Noi potemmo solo raccomandare che queste spese fossero contenute al massimo, ma anche disposte secondo trattative limpide, trasparenti ed economiche.
Un altro problema era rappresentato dal recupero dei crediti. Qui avete appreso che alcuni inquilini non pagavano e bisognava insistere affinché il fondo si attivasse. Ho avuto notizia che durante gli ultimi mesi del mio incarico molte azioni furono avviate.
Infine, vi era il problema della mancanza di liquidità. È un fenomeno previsto, normale, a cui si può ovviare o chiedendo a istituti bancari prestiti garantiti da un patrimonio immobiliare che pochi hanno o chiedendo, se del caso, prestiti garantiti alla SIAE. Quello che posso dire è che la dismissione degli immobili non è una diretta conseguenza di questo stato di disagio sul piano della liquidità, ma è un obbligo di legge.
Come forse vi sarà stato detto, il decreto 10 maggio 2007, n. 62 e le raccomandazioni successive elaborate dalla Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) hanno imposto a tutte le casse e ai fondi pensionistici di dismettere gli immobili fino all'80 per cento della loro entità entro il termine di maggio 2012, termine quindi già scaduto, ma prorogabile. Il fondo si è trovato nella necessità di vendere gli immobili o di trovare soluzioni che lo liberassero della titolarità dell'80 per cento del suo patrimonio immobiliare.
Se questa operazione fosse stata già effettuata, di liquidità ce ne sarebbe stata a iosa, considerando che quegli immobili sono dati a garanzia per permettere di avere liquidità nei momenti di bisogno.


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DOMENICO CARIDI, Già direttore generale della SIAE. Vorrei rispondere alla domanda dell'onorevole Scalera. La necessità di vendere gli immobili è stata segnalata, oltre che come scelta strategica del consiglio d'amministrazione della SIAE, anche dal collegio dei revisori in base a quanto previsto dall'articolo 60 dello statuto del fondo, laddove si prevede che la misura annua dell'intervento finanziario della SIAE è determinata tenendo conto, tra l'altro, delle disponibilità liquide del fondo per contributi, redditi e ricavi derivanti dalla graduale realizzazione delle riserve tecniche, cioè gli immobili.
Dato che il fondo non aveva disponibilità di liquidi e i redditi derivanti dal patrimonio immobiliare erano assolutamente insufficienti per far fronte al pagamento delle pensioni, era giocoforza dover procedere alla vendita degli immobili. Il consiglio d'amministrazione del fondo deliberò di procedere alla realizzazione delle riserve tecniche addirittura agli inizi del 2009, se non sbaglio, e la SIAE aderì con piacere a questa delibera, perché consentiva di trovare finalmente una soluzione all'oneroso contributo che doveva necessariamente essere disposto a fondo perduto.
Ci fu un'effettiva condivisione della necessità di vendere gli immobili. Vennero esaminate diverse ipotesi, tra cui quella di vendere gli immobili del fondo alla SIAE stessa. Dobbiamo chiarire bene che stiamo parlando del patrimonio immobiliare del fondo e non degli immobili di proprietà della SIAE: si tratta di due cose totalmente distinte e concordo con lei nell'evidenziare questo aspetto.
Come dicevo, una volta scartata l'ipotesi, pur ventilata, di vendere alla SIAE gli immobili, ci si orientò verso una vendita graduale. Venne perfezionato un protocollo, ma successivamente al momento in cui io risolsi il mio rapporto di lavoro con la SIAE. Io lasciai il 9 ottobre 2009 e il protocollo fu perfezionato alla fine di novembre.
Confermo, quindi, che vendere gli immobili fu una necessità. La vendita fu deliberata nel presupposto di un bilancio tecnico attuariale in equilibrio, bilancio tecnico che era stato redatto da un illustre professionista, il professor Cacciafesta, noto docente universitario di scienze attuariali e matematica finanziaria. Il documento da lui elaborato, come ripeto, prevedeva l'equilibrio del bilancio tecnico, cioè equilibrio tra patrimonio del fondo e prestazioni prospettiche da erogare. Dovrei continuare con le altre domande che mi sono state rivolte.

PRESIDENTE. Proporrei al dottor Caridi, per le questioni rimaste in sospeso, di inviarci, con l'agio che riterrà opportuno, una nota scritta che allegheremo agli atti della nostra indagine conoscitiva.
Credo che possa essere utile per la completezza dei nostri lavori.

DOMENICO CARIDI, Già direttore generale della SIAE. Riassumendo, dovrei rispondere alle domande sui compensi percepiti e sul problema legato all'investimento in titoli Lehman Brothers.

PRESIDENTE. Ringrazio gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16.

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