Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Strumento di esplorazione della sezione Lavori Digitando almeno un carattere nel campo si ottengono uno o più risultati con relativo collegamento, il tempo di risposta dipende dal numero dei risultati trovati e dal processore e navigatore in uso.

salta l'esplora

Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

Torna all'elenco delle indagini Torna all'elenco delle sedute
Commissione VIII
1.
Mercoledì 30 marzo 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Margiotta Salvatore, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE POLITICHE AMBIENTALI IN RELAZIONE ALLA PRODUZIONE DI ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI

Audizione di rappresentanti dell'Associazione produttori energia da fonti rinnovabili (APER) e della Federazione italiana produttori di energia da fonti rinnovabili (FIPER):

Margiotta Salvatore, Presidente ... 3 8 11 12 16
Dionisi Armando (UdC) ... 11
Dussin Guido (LNP) ... 10 12 13
Pigni Marco, Direttore dell'APER ... 3 11 12 13
Realacci Ermete (PD) ... 8
Tomassetti Giuseppe, Consulente della FIPER ... 6 15
Zamparutti Elisabetta (PD) ... 9 13
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 30 marzo 2011


Pag. 3

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
SALVATORE MARGIOTTA

La seduta comincia alle 14,40.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Associazione produttori energia da fonti rinnovabili (APER) e della Federazione italiana produttori di energia da fonti rinnovabili (FIPER).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili, l'audizione di rappresentanti di APER e di FIPER.
Ringrazio tutti per la presenza e do subito la parola ai nostri ospiti per lo svolgimento della relazione.

MARCO PIGNI, Direttore dell'APER. Ringrazio gli onorevoli deputati e il presidente.
L'APER è la principale associazione dei produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili. Fondata nel 1987, conta più di 480 soci che producono elettricità e in parte calore da diverse fonti: biomasse, bioenenergie, idroelettrico, eolico e fotovoltaico, oltre che geotermia. Abbiamo circa 1.200 impianti in tutta Italia rappresentati dai nostri soci per un totale di circa 8.000 megawatt, quindi quasi il 30 per cento della produzione elettrica installata in Italia.
Abbiamo risposto subito con interesse alla audizione indetta dalla Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera sul tema delle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili, perché il momento è sicuramente ulteriormente caldo e di attualità, per quanto riguarda gli argomenti di sostenibilità energetica ambientale e di politiche energetiche, anche a livello mondiale.
Le riflessioni sulle situazioni di instabilità nei paesi nordafricani, nel Medioriente - il caso Libia in particolare - pongono fortemente ancor più a tutte le nazioni, all'Europa intera oltre che all'Italia, il tema della diversificazione delle fonti energetiche come elemento di sicurezza strategica nazionale e di sicurezza strategica, direi, anche ambientale, ovvero sulle politiche ambientali della Commissione.
I recenti fatti anche tristi e tragici inerenti il Giappone, lo tsunami e conseguentemente il problema a Fukushima sugli impianti nucleari, dall'altra parte, ci richiamano ancora di più all'importanza di compiere scelte e di valutarle e nella loro interezza in maniera lungimirante, perché questo è fondamentale per noi, per il futuro nostro, dei nostri figli e delle generazioni future.
Riteniamo, pertanto, che quella delle fonti rinnovabili sia un'opzione da affrontare senza emotività, con attenzione e raziocinio, con analisi dei costi e benefici complessivi, esattamente come si dovrebbero affrontare tutte le altre opzioni del mix energetico possibile nazionale, europeo e mondiale.


Pag. 4


Non mi dilungo a leggervi le nostre osservazioni complessive. Abbiamo preparato un documento di una decina di pagine che tende a inquadrare il problema e che lasciamo a disposizione della Commissione. Questo documento ripercorre le scelte europee degli ultimi due o tre anni, a partire dal 2007, nell'ambito della promozione delle politiche energetiche sostenibili e della promozione delle fonti rinnovabili, dal pacchetto clima-energia in poi, e ripropone quella sfida già iniziata con la direttiva 2001/77/CE, recepita con il decreto legislativo n. 387 del 2003, che costituisce l'atto normativo che dà impulso alla legislazione sulle rinnovabili in Italia.
Il nostro documento, come dicevo, ripercorre, a partire dal 2007, le tappe che hanno portato alla nuova direttiva 2009/28/CE: ho ripercorso i punti qualificanti del cosiddetto «obiettivo europeo 20/20/20» (ridurre del 20 per cento le emissioni di gas a effetto serra, portare al 20 per cento il risparmio energetico e aumentare al 20 per cento la quota del consumo medio di energia proveniente da fonti rinnovabili) e abbiamo inserito quegli elementi di attualità che nell'ultimo anno e mezzo hanno portato alla situazione attuale anche in Italia.
In sintesi, il messaggio che vorremmo portare all'attenzione della Commissione come elemento principale di riflessione è questo: è vero che è uscito il 3 marzo ed è in vigore da ieri il decreto legislativo n. 28 del 2011, che recepisce la direttiva 2009/28/CE e quindi dovrebbe dettare per il prossimo decennio il quadro normativo di sostegno della produzione di energia rinnovabile in Italia; tuttavia, è anche vero che il Parlamento avrà sicuramente altre azioni da svolgere nelle prossime settimane e mesi, dovendosi esprimere, ad esempio, con pareri sui decreti attuativi, che sono più di venti, della direttiva 2009/28/CE, con scadenze più o meno ravvicinate, che vanno dai tre, ai sei e nove mesi. Pertanto, sicuramente, anche in sede di discussione dei decreti attuativi potrete sicuramente incidere - così riteniamo come APER - per migliorare un testo, come quello del decreto legislativo n. 28 del 2011, che era partito con delle buone intenzioni, ma che nel prosieguo dello sviluppo degli ultimi tre mesi è stato, secondo noi, stravolto nelle finalità iniziali, che erano quelle di promuovere lo sviluppo delle rinnovabili, pur nell'efficientamento dell'impatto economico in bolletta, pur nella razionalizzazione dei sistemi di incentivo delle fonti elettriche in questo caso. Il testo del decreto legislativo, dicevo, è stato trasformato in un decreto ambiguo, dove in realtà si cerca di gestire il problema «fonte rinnovabile» con l'approccio della riduzione del danno, invece di promuovere, e quindi analizzare, gli investimenti nelle rinnovabili non solo come un costo puro e semplice, ma come un costo-opportunità per attivare il cosiddetto «dividendo multiplo» per gli investimenti nel settore delle rinnovabili, che danno occupazione, economia, affranco dalla dipendenza energetica, e aumentano la possibilità di contenere le emissioni e di migliorare le problematiche ambientali.
In sintesi, leggo solo la parte finale del documento che abbiamo depositato.
Riteniamo che i princìpi guida delle politiche energetico-ambientali del prossimo decennio anche in Italia debbano essere ispirati, da parte di tutte le istituzioni, ai seguenti punti cardine: la produzione di elettricità da fonti rinnovabili è una componente ormai non più trascurabile del sistema elettrico nazionale; è una realtà sempre più consolidata nel nostro panorama energetico.
Abbiamo trenta gigawatt installati in Italia - di produzione di energia da fonti rinnovabili - di cui 15 di nuova generazione, così li chiamo io. Gli altri quindici gigawatt, infatti, provengono dalle centrali idroelettriche che abbiamo ereditato dai nostri nonni e che sono mantenute in esercizio e in funzione, su cui bisognerebbe continuare a investire con oculatezza per mantenerle in produzione, cercando di contemperare l'applicazione della disciplina comunitaria della direttiva quadro sulle acque (direttiva 2000/60/CE), con le tematiche ambientali territoriali e con


Pag. 5

la normativa introdotta dalla direttiva comunitaria sulla promozione delle fonti rinnovabili (direttiva 2009/28/CE).
Le centrali idroelettriche producono dunque quindici gigawatt di energia elettrica, mentre gli altri quindici sono «nuovi»: quasi sei gigawatt sono forniti dall'eolico; circa sei - in breve saremmo potuti arrivare a sette, anche se non è più così sicuro - prodotti dal fotovoltaico; ci sono tre gigawatt circa che provengono dalle bioenergie; ci sono altri tre gigawatt da geotermia, anche questa abbastanza datata. Arriviamo complessivamente a circa trenta gigawatt per circa sessantasei terawattora.
Siamo, dunque, una realtà importante. La politica di promozione delle fonti rinnovabili sta attraversando un periodo storico importantissimo per il suo consolidamento nell'attuazione della direttiva 2009/28/CE che pone obiettivi vincolanti minimi di produzione di energia da fonti rinnovabili e ritengo che tali obiettivi siano sicuramente importanti perché «vincolanti», ma mi preme sottolineare ancor più il fatto che essi siano considerati «obiettivi minimi».
La Commissione europea dice che occorre innescare dei percorsi, lasciando libero ogni Stato e regione di trovare strumenti migliori per raggiungere l'obiettivo della quota media a livello europeo del 20 per cento di energia da fonti rinnovabili sul consumo energetico complessivo (per l'Italia l'obiettivo è del 17 per cento), puntando sull'efficienza energetica innanzitutto, sugli usi termici, sui trasporti, sugli usi elettrici. Porre obiettivi minimi vuol dire innescare dei percorsi che portano poi naturalmente a superare quel livello e a non considerare quegli obiettivi del 2020 come, anche in questo caso, degli obiettivi invalicabili, perché si tratta di un percorso di transizione.
Già in Commissione europea si sta parlando del 2030 e del 2050, con percentuali di mix energetici diversi e crescenti delle rinnovabili europee.
La promozione della produzione di elettricità da fonte rinnovabile non è una questione solo relativa ai costi per i consumatori; lo è anche e certamente, ma è anche un'opportunità per il sistema Paese e nel medio lungo termine, secondo recenti studi, è anche un elemento che consente di ridurre il prezzo dell'elettricità e del calore per i consumatori finali, abbattendo nei momenti di picco le punte e i prezzi dell'energia. Già adesso in borsa elettrica abbiamo fatto uno studio, assieme al Centro studi per le energie rinnovabili, che dimostra come 1,9 centesimi di euro sono risparmiati o, meglio, che si riesce scendere nel prezzo che è circa di 70 euro/megawattora; ebbene, 1,9-2 euro/megawattora sono recuperati dalle fonti rinnovabili eolico e fotovoltaico in parecchie ore dei giorni utili, nelle ore di punta, in certe zone d'Italia, rispetto alle produzioni convenzionali. In altre parole, in questi casi già le rinnovabili fanno concorrenza agli impianti termoelettrici o di altro genere.
Stressando questo elemento e integrandolo con uno sviluppo della rete attento e con investimenti corretti, sarà possibile, quindi, subito apprezzare anche sul prezzo all'ingrosso dell'elettricità questi effetti, se libereremo il mercato elettrico dal problema di scarsa o non completa liberalizzazione che è il vero problema per cui in Italia l'energia elettrica costa il 20 o 30 per cento in più rispetto agli altri Paesi europei.
Un sistema di incentivazione ben strutturato ed efficace, unito a un efficientamento reale del sistema delle procedure autorizzative e allo sviluppo delle reti consentirebbe un controllo dei costi dell'intera filiera con diretto beneficio sul consumatore finale, andando a intercettare e a promuovere iniziative imprenditoriali sempre più efficienti, a più alto valore aggiunto per lo sviluppo del sistema industriale nazionale.
Lo sviluppo del settore rinnovabile passa anche dalla diffusione di una cultura della sostenibilità energetica ambientale corretta sulla pubblica amministrazione, sui cittadini, sugli amministratori e su tutti. Gli obblighi assunti in sede internazionale necessitano di essere tradotti in impegni di azioni non solo a livello


Pag. 6

nazionale, ma anche e soprattutto a livello regionale e locale. Occorre subito definire il cosiddetto burden sharing, cioè la ripartizione dei compiti tra tutte le regioni per il raggiungimento di questo obiettivo del 17 per cento sui consumi energetici finali; nel decreto legislativo n. 28 del 2011 è ribadito ancora una volta: c'è una scadenza ben specifica che però è disattesa dal 2009. Da tre anni si sta cercando di fissare l'obiettivo italiano, i criteri di ripartizione tra le regioni di questo obiettivo e gli impegni di ciascun soggetto. Finché ogni regione assieme allo Stato non verrà coinvolta e non concorderà il proprio obiettivo regionale per poi stabilire l'obiettivo nazionale, tutto quello che ci diremo, che ci stiamo dicendo e cerchiamo di fare risulterà molto pregiudicato, perché poi ogni regione si comporterà autonomamente, emanerà i suoi piani energetici regionali - come è già avvenuto in passato - stabilirà le sue linee guide per i procedimenti autorizzativi non coerenti con quelle delle altre regioni. In questo modo, si perde la visione complessiva e non si raggiunge l'obiettivo, ma ci si disperde tra i «negazionisti», ovvero gli ostacolatori del percorso di sviluppo delle rinnovabili e, invece, gli «ottimisti o iperfacilitatori», con gli effetti magari perversi di alcuni elementi non pesanti bene, come la verifica su procedimenti autorizzativi che ha dato non solo delle semplificazioni ma anche dei problemi. Non sempre, infatti, la semplificazione in tutto è un bene, ma va realizzata con attenzione, lo diciamo noi per primi.
Ricordiamo da ultimo lo sviluppo della rete elettrica che è un elemento fondamentale verso un effettivo potenziamento della produzione di elettricità da fonti rinnovabili. Il sistema di regolamentazione tariffaria, così come è definito in Italia, dovrebbe già da solo stimolare i gestori di rete - sia in alta tensione, sia in media e bassa tensione - verso l'attività di impegno allo sviluppo delle infrastrutture utili all'accogliere sempre più potenza elettrica, soprattutto in centro sud Italia, sulle rinnovabili.
Le condizioni per l'accesso alla rete da parte dei produttori non possono essere ricondotte a mera disponibilità finanziaria. La rete elettrica è un elemento fondamentale sul quale occorre investire nel modo corretto ed è possibile, quindi, insieme, trovare quei modi per - come sono solito dire - sviluppare e fare rinnovabili in modo non problematico per il settore, ma in modo utile anche per i temi ambientali per tutto il Paese.
Ho lasciato gli altri documenti, tra cui la nostra proposta su come vorremmo migliorare il decreto sulle rinnovabili; la parte sul conto energia è ancora problematica. Tutte le questioni sono sul tappeto.
Vi ringrazio per l'attenzione e sono disponibile a rispondervi se c'è qualche domanda.

GIUSEPPE TOMASSETTI, Consulente della FIPER. Buongiorno, vorrei ringraziarvi per l'invito e scusarmi subito se il mio eloquio non è perfetto, ma così sono nato tanto tempo fa e così vado avanti.
La FIPER è un'associazione sostanzialmente degli impianti di teleriscaldamento a biomasse, quindi rappresenta una serie di piccole realtà; ci sono già 78 impianti di teleriscaldamento a biomassa in Italia, prevalentemente nelle aree montane delle Alpi, ma stanno cominciando a diffondersi anche sull'Appennino. Alcuni di questi impianti sono in cogenerazione; fondamentalmente vengono serviti centotrentamila abitanti, con una espansione molto forte in questo periodo.
Direi che il parere della FIPER su questo decreto è di totale adesione, perché finalmente il decreto per la prima volta dà pari importanza alle fonti termiche. Bisogna ricordare - in genere tutti gli elettrici se lo dimenticano - che il decreto dell'Unione europea parla di usi finali, che sono sia termici che elettrici, e per l'obiettivo del 20/20/20 un chilowattora termico è uguale a un chilowattora elettrico. Costa un decimo ma vale lo stesso. Pertanto, raggiungere gli obiettivi del 20/20/20 attraverso


Pag. 7

il calore invece che attraverso l'elettricità costerebbe al Paese molto meno e non sarebbe importato.
Premesso tutto questo, cosa differenzia le biomasse? In primo luogo, le biomasse sono fabbricate, non sono disponibili in natura come il sole o il vento, quindi coinvolgono un processo di fabbricazione e, di conseguenza, coinvolgono l'agricoltura, pertanto producono degli effetti di occupazione e di sviluppo del territorio legati alla loro produzione.
Ne deriva anche una questione di buon utilizzo, perché le biomasse non sono gratuite, vanno coltivate e raccolte, dunque vanno utilizzare correttamente. Se producono solo elettricità, sono utilizzate su impianti a efficienza molto bassa; sono impianti che una volta finito l'incentivo si fermano, perché non sono più economici; così tutti gli impianti che importano bio olio da mezzo mondo con tutti i certificati di sostenibilità, una volta finito l'incentivo, si fermano. Perché le biomasse siano economicamente accettabili devono vendere tutto, anche e soprattutto il calore.
Questo è possibile in Italia perché in Italia il calore costa il doppio che nel resto d'Europa, poiché solo in Italia il metano e il gasolio sono tassati; in Germania il gasolio costa 0,7-0,8 euro al litro. Noi, pur avendo un periodo di riscaldamento più basso, abbiamo tariffe così alte che in Italia c'è spazio per fornire il riscaldamento con le biomasse.
Il riscaldamento implica reti e trasporto, è capillare; in questo senso le biomasse sono totalmente diverse dagli usi elettrici che hanno la rete nazionale. Le reti di calore in Italia sono locali e piccole, ed hanno, quindi, anche caratteristiche di tipo locale.
Le biomasse interferiscono con problemi dell'agricoltura. Ci sono fondamentalmente le indisponibilità dei boschi abbandonati da decenni, in cui è difficile tornare a lavorare: se il figlio del boscaiolo ha fatto il maestro di sci, infatti, è difficile che suo figlio torni a fare il boscaiolo. C'è il problema, dunque, di rilanciare tutte le tecniche innovative di forestazione. Ci sono poi gli usi agronomici dei terreni per le colture non più redditizie.
È importante che il prezzo delle biomasse cresca perché se questo non avviene, gli agricoltori non le coltivano. C'è un margine di crescita del valore delle biomasse per gli usi termici, mentre non c'è per gli usi elettrici. Negli impianti di teleriscaldamento, il costo della biomassa è un quarto dei costi complessivi; la gran parte del costo è dovuto alla costruzione delle reti.
Vi sono, poi, alcune interferenze; ricordiamo il tema enorme delle biomasse per il trasporto, quindi dei biocombustibili, ma è un tema che non trattiamo noi.
Altre interferenze riguardano i temi ambientali. Certamente voi siete a conoscenza del fato che le varie ARPA denunciano che la combustione del legno è responsabile di produzioni di polveri sottili: questo è dovuto al fatto che in Italia la legna va avanti in uso sommerso, non risulta dalle statistiche. Le indagini campionarie indicano che un quarto o un quinto delle famiglie italiane si scalda a legna; sono valutati usi che vanno dai 15 ai 20 milioni di tonnellate di legna che equivalgono a 5-7 Mega TEP da valorizzare per l'obiettivo del 20/20/20. Germania e Francia hanno già citato nei loro documenti gli usi non formalizzati - ovvero la legna che non paga l'IVA, fondamentalmente - per valorizzarli per gli obiettivi comunitari.
Certamente, c'è il problema di modernizzare le apparecchiature, ovvero passare dai camini aperti nei quali si brucia di tutto, ai sistemi ad alta efficienza e a basse emissioni. C'è un problema di monitoraggio di cosa avviene, perché il sistema italiano di monitoraggio dell'energia era basato sulla fiscalità; tuttavia, la legna di biomasse non paga fiscalità, quindi nessuno ne sa niente. Occorrono risorse molto importanti per svolgere questo monitoraggio.
C'è un problema, dunque, di conoscenza dei diversi impieghi delle biomasse: direttamente legno a tronchetti, come cippato,


Pag. 8

come pellet e via dicendo. È un'evoluzione del mercato molto complessa, per buona parte nascosta.
L'Italia, ad esempio, è il più grosso mercato europeo del pellet, che viene realizzato in modo del tutto diverso dagli altri Paesi d'Europa, perché non viene prodotto da grandi segherie, ma da piccoli riciclatori; si vende a sacchetti e non si vende sciolto come nel resto d'Europa. È composto da una serie di mercati di nicchia molto particolari e molto interessanti, con numerose ricadute locali.
Siamo favorevoli al decreto, dunque, poiché dà importanza agli usi termici, però riteniamo che per fare questo passaggio occorra uno sforzo molto importante perché si tratta di un settore poco conosciuto, sul quale non abbiamo dati a disposizione, che è composto da molte attività sommerse e ha enormi ricadute sia occupazionali, sia di tipo ambientale. L'unico settore delle fonti rinnovabili in cui l'Italia esporta prodotti è quello degli impianti per generazione di elettricità da piccola taglia a ciclo Rankine.

PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

ERMETE REALACCI. Innanzitutto, al di là di ciò che vorrete dirci adesso, è utile che facciate pervenire nel corso dei lavori anche delle note scritte. Ho letto quelle che avete lasciato, ma vi chiederei anche altre note magari sulle questioni che vi porremo ora, anche dal punto di vista più quantitativo, e sulle partite ancora aperte.
È chiaro che i problemi sono tantissimi; trovo giusta la sottolineatura finale sulla questione del termico posta da FIPER. Sappiamo che in quel settore le questioni sono aperte e richiedono una regolazione che conoscerete bene; ad esempio, c'è attualmente una competizione fra il settore dei mobili - settore strategico per l'Italia, perché noi abbiamo nell'export dei mobili un peso molto forte del mondo - e l'utilizzo dei residui della lavorazione del legno a fini termici. Bisogna, dunque, capire come muoversi intelligentemente per ottimizzare le risorse e privilegiare le filiere nazionali senza danneggiare nessuno, perché altrimenti corriamo il rischio di causare dei danni.
Tuttavia, mi sembra che adesso, dato il momento che stiamo vivendo, un'attenzione particolare andrebbe data alla vicenda del fotovoltaico.
Giustamente APER richiama anche i problemi aperti per quanto riguarda il conto energia, quindi per quanto riguarda l'eolico, la partita delle aste: ho letto tutte queste informazioni. Quello che vorrei chiedervi, però, soprattutto, è come vedete voi la situazione che si sta evolvendo - e che peraltro dovrebbe essere chiusa nei prossimi giorni - di correzione rispetto al provvedimento che il Governo ha emanato sulla vicenda del fotovoltaico. Abbiamo bisogno di avere da voi - nella documentazione che avete depositato non c'è, francamente - un paragone un po' più forte, con dei dati, di cui immagino siate in possesso, di confronto con quanto sta accadendo negli altri Paesi e con le forme di incentivazione previste negli altri Paesi, oltre a una rassegna che spieghi quali sono i problemi aperti dal punto di vista della credibilità dei numeri. Ieri, infatti, di nuovo è venuto fuori questo ragionamento sui 23-24 mila megawatt già prenotati di fonte fotovoltaica, ma bisogna capire qual è la fonte, se è Terna o ENEL, e qual è l'attendibilità di questi dati, perché nella storia italiana sappiamo che ogni volta che si apre una finestra c'è un abnorme ciclo di domande che poi nessuno riesce a controllare. Non è accaduto solo sulle rinnovabili. Ricordo che quando ci fu il decreto sblocca centrali per i cicli combinati a gas, a un certo punto avevamo raggiunto una quantità di domande pari alla potenza installata negli Stati Uniti d'America; ovviamente erano domande finte perché si apriva la partita del permesso per poi vendere il permesso stesso.
Su questo tema, tuttavia, siccome sia questa Commissione assieme alla Commissione attività produttive, sia l'Assemblea della Camera hanno votato all'unanimità degli atti che contengono delle indicazioni chiare al Governo e che ponevano dei


Pag. 9

paletti, vorremmo capire se da voi questi paletti sono condivisi e se esiste un tavolo aperto che comprenda tutti i soggetti. Questo, infatti, è un settore in cui - come giustamente ricordava - l'APER è senz'altro l'organizzazione più importante, ma che è anche molto frammentato e la rappresentanza è troppo divisa; spesso la Confindustria rappresenta altri.
Vorremmo, dunque, capire come vi state muovendo e se i picchetti che noi, in quella mozione condivisa e nel lavoro svolto soprattutto dal collega Dussin per questa Commissione, avevamo posto sono da voi condivisi.
Nella sostanza si trattava di quattro punti. Innanzitutto abbiamo stabilito come modello di riferimento, quello tedesco, come sistema di incentivazione, quindi con l'accompagnamento verso il pieno ingresso nel mercato di queste fonti attraverso un décalage del livello degli incentivi concordato in maniera tale che si favorisse l'innovazione, dando, però, al tempo stesso, certezza ai produttori.
Il secondo punto prevedeva l'eliminazione di tetti annuali per quanto riguarda l'installato e, al tempo stesso, un meccanismo che mi pare sia quello che anche voi auspicate. Capisco in linea di principio ciò che è stato detto, però è inevitabile che chi governa debba fare un calcolo di quanta è poi la spesa che va in bolletta. L'ingegner Pigni ha affermato che non è giusto porre la questione dell'accesso alla rete in termini di mera disponibilità finanziaria; ebbene, ritengo che sia giusto, invece, porre in termini concreti quant'è il carico che noi intendiamo porre sulla bolletta, in vista di un obiettivo condiviso. È altrettanto giusto, tuttavia, ragionare su questa vicenda stabilendo - come mi pare sia scritto nel vostro documento - una quota e lo scatto dell'incentivo della fase successiva, anziché la tagliola, poiché quest'ultima, peraltro, produce anche un'overdose di domande finte, più di quanto non faccia l'incentivo della fase successiva.
Il terzo elemento riguardava la certezza dal punto di vista dei tempi; credo che il problema sia anche se si valuta sulla base dell'installato o dell'allaccio.
Infine, il quarto punto che abbiamo posto è la necessità - e su questo ci vuole anche da parte vostra un aiuto a bonificare il mercato, perché questo è un mercato in cui si è inserita l'astuzia, come accade sempre in Italia - di verificare quanti di quei numeri sono veri e quanti sono finti. Su questo aspetto, francamente, occorre uno sforzo comune, perché se noi non riusciamo a bonificare il mercato, c'è il rischio che paghi un'industria pulita e in espansione per le furbizie di qualcheduno che ha fatto il gioco delle tre carte.
Come dicevo, vorrei capire se questi picchetti posti - non entro nel merito di altre sotto questioni - sono da voi condivisi, se c'è un tavolo comune che sta lavorando e se riuscite a produrre anche una proposta comune, come insieme delle organizzazioni; altrimenti finisce che, per così dire, saranno altri a guidare la danza.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Ringrazio anch'io per gli interventi e per i documenti distribuiti che ovviamente leggerò.
Riferendomi a quanto detto dall'ingegner Pigni, penso che forse più che di diversificazione il nostro Paese abbia bisogno, anche rispetto alla vicenda nucleare, della definizione di una strategia energetica che mi pare imprescindibile.
Detto questo, per quanto attiene alle rinnovabili, soprattutto rispetto al balletto di cifre a cui abbiamo assistito per quanto attiene ai dati sull'occupazione di questo settore e in particolare per quanto riguarda le cifre relative al fotovoltaico, dove abbiamo sentito soggetti che operano nel settore parlare di oltre 100 mila addetti, mentre mi pare che istituti di ricerca molto più seri parlino di 18-15 mila addetti, vorrei sapere, rispetto alle varie fonti rinnovabili di cui vi occupate, se ci potete fornire dei dati relativi ad ogni comparto - quindi parliamo di idroelettrico, parliamo di fotovoltaico, di eolico, biomasse e via dicendo - su quanti sono gli occupati attuali diretti e, se è possibile, perché è un dato anche difficile da reperire e da elaborare, su quanti saranno nella prospettiva del raggiungimento dell'obiettivo al 2020.


Pag. 10


Mi interesserebbe capire anche, rispetto alla giusta osservazione dell'ingegner Pigni, che poi attiene alla impostazione europea, qual è l'apporto delle varie fonti rispetto ai consumi finali di energia. Questo mi pare un discorso imprescindibile, altrimenti noi giochiamo su piani diversi. Dobbiamo, invece, capire quanto costa ogni fonte e quale apporto dà rispetto ai consumi finali di energia.
Rispetto al fotovoltaico, vorrei sapere se avete fatto - o se è stata fatta - una stima di che cosa abbia comportato l'adozione del cosiddetto «decreto-legge Alcoa» che ha riaperto, sostanzialmente, i rubinetti dell'incentivazione al fotovoltaico, determinando quell'esplosione a cui, per quanto sicuramente in malo modo, il decreto Romani ha cercato di far fronte. Temo, infatti, che l'Italia vada incontro alla esperienza spagnola che, a mio avviso, non va citata per il positivo sviluppo delle rinnovabili elettriche, il fotovoltaico o l'eolico, ma va citata per il fatto che lì il mercato del fotovoltaico si è bloccato nel 2008 proprio a causa di una bolla speculativa; credo, quindi, che noi dobbiamo prestare molta attenzione a questo aspetto.
Sarei anche interessata a sapere quali sono a vostro avviso gli ambiti delle rinnovabili che hanno un maggior valore aggiunto in termini tecnologici ed economici perché a mio avviso - e torno sull'argomento - il fotovoltaico non valorizza assolutamente, al di là del settore degli inverter, questo ambito.
Chiudo riferendomi, invece, alle importanti informazioni che ci ha fornito l'ingegner Tomassetti. Io sono profondamente convinta che le rinnovabili termiche giochino e debbano giocare un maggior ruolo rispetto alle politiche sulle rinnovabili. Vorrei, dunque, avere conferma di un dato che ho relativo a stime per cui sarebbe del 49 per cento l'apporto di questo settore agli obiettivi 2020 rispetto al totale delle rinnovabili.
L'ingegner Tomassetti ha parlato anche di un problema di controlli; abbiamo cercato di affrontarlo anche nel dibattito sul parere sul decreto di recepimento della direttiva europea. Ebbene, io le chiedo, anche per rassicurare maggiormente la popolazione che molte volte ha proprio paura di quello che si può bruciare, se ci sono suggerimenti in termini di miglioramento dei controlli su queste centrali e se non ritenga opportuno procedere anche da un punto di vista normativo alla definizione di bacini di utenza di queste centrali a biomasse. È evidente che, se la popolazione di una città o di un paese sa per certo da dove arriva il materiale che poi va ad essere bruciato, è sicuramente più tranquillizzata rispetto a scenari che effettivamente sono anche inquietanti nel nostro Paese.

GUIDO DUSSIN. Vorrei premettere che il parere sullo schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva sulle fonti rinnovabili, che abbiamo dato in questa Commissione come nella Commissione attività produttive, come avete ben capito, era unanime e andava nel senso di favorire le rinnovabili. Tale parere non è stato recepito tal quale, se non in alcune parti, dal Governo che oggi sta rimodulando la sua norma con un decreto che, come preannunciava il collega Realacci, entro dieci giorni verrà imposto in termini divergenti rispetto al contenuto di un'altra risoluzione che l'Assemblea della Camera ha, invece, condiviso all'unanimità e avremo, quindi, di nuovo, un orientamento di tipo diverso fra Governo e organi parlamentari.
Vorrei porvi alcune domande. Voi siete un'associazione, quindi non difendente solamente interessi privati, ma comunque dovreste difendere un interesse, che poi diventa il vostro interesse. Vi chiedo, dunque, se mi potete dare una risposta sugli incentivi e su quale pensate che debba essere l'orientamento di fondo.
All'interno di questa Commissione e fra i gruppi, l'orientamento di fondo che è emerso è quello tedesco, vale a dire un sistema di incentivi sicuramente più basso per alcuni settori, con una rimodulazione su più anni, in modo tale che il peso in bolletta non venga percepito o sia, come sembra per il Governo, così pesante.


Pag. 11


Vi chiedo, inoltre, se ritenete che serva, come abbiamo chiesto al Governo, un sostegno all'industrializzazione e alla ricerca nei settori, oppure se pensate che siamo già a un livello sufficiente.
La terza domanda riguarda i costi del fotovoltaico e delle rinnovabili; vorrei sapere se sono anche queste ultime drogate in questa fase - parlo proprio degli impianti - verso l'alto; pare, infatti che il costo a metro quadrato, a ettaro o a chilowattora sia molto alto.
Penso che l'unico vantaggio che avrà questo momento di stallo del decreto Romani sarà quello di, per lo meno, far abbassare un po' i costi dei pannelli fotovoltaici, ma pongo a voi la domanda se pensiate che sia così o meno.
Le mie domande si fermano qua. Condivido parecchio delle vostre illustrazioni; il resto lo vedremo in seguito e analizzeremo tutta la documentazione cartacea e quant'altro ci invierete. Sicuramente - e parlo a nome del mio gruppo, che è quello della Lega - noi in questa Commissione siamo fortemente convinti della bontà di questo settore, vorremmo sostenerlo al meglio e per questo ci impegniamo.

ARMANDO DIONISI. Signor presidente, ho ascoltato con grande interesse, ma mi riservo di approfondire le questioni che sono state illustrate con i documenti che ci avete fornito. Mi sembra che emerga sicuramente un dato essenziale per il Paese che è l'assenza di una politica energetica e soprattutto una politica di sistema perché mi pare che tutto sia lasciato all'improvvisazione: una volta si promuove l'eolico, un'altra volta si promuove il solare e via dicendo. Credo, dunque, che ci sia bisogno nel Paese di mettere ordine su questa politica energetica.
Io ho votato la risoluzione del collega Dussin; tuttavia, vorrei porre a voi alcune questioni che non ho ascoltato oggi e - anche se ho dato una scorsa molto veloce - non ho ritrovato nei documenti che ci avete fornito.
Il primo dato che mi interessa conoscere è quello dell'occupazione, in un momento di grave crisi economica del Paese. Vorrei capire - credo la stessa domanda l'abbia posta anche la collega Zamparutti - quanti pannelli solari si producono in questo Paese, perché la mia impressione è che l'occupazione che noi sviluppiamo è solo un'occupazione di installazione e non di produzione. In altre parole, quando avremo finito di installare, cosa faranno queste persone? Questa è la mia prima domanda, estremamente importante.
Vorrei porre un'altra questione, perché possiamo capire meglio noi che ci dovremo orientare a discutere di questo argomento, anche per sostenere questa strategia delle fonti di energia alternativa. Vorremmo capire, dunque, quali sono i vantaggi per il consumatore finale del costo a chilowattora, perché poi alla fine noi dobbiamo guardare all'interesse generale del Paese, che è, sì, quello di diversificare le fonti energetiche, ma anche di capire che cosa paga il consumatore finale, il cittadino italiano.
L'ultima questione - e termino - riguarda il rapporto degli incentivi italiani rispetto agli altri Paesi europei, quali incentivi vengono dati a questo settore. Credo che su queste domande, anche se non trovano risposta nei documenti che ci avete fornito, sarebbe opportuno magari un'ulteriore integrazione per farci capire meglio e quindi orientarci nella discussione che dovremo tenere nel prosieguo.

PRESIDENTE. Do la parola ai rappresentanti di APER e FIPER per la loro replica, pregandoli di aggiungere anche documenti scritti, come è stato ben detto dall'onorevole Realacci, in risposta ai quesiti che non potranno trovare soluzione in questa sede.

MARCO PIGNI, Direttore dell'APER. Vi ringrazio per le domande che riguardano, tutte, temi opportunamente sollevati e su cui occorre continuare la discussione e la riflessione. Abbiamo, in questo primo momento, presentato un documento su certi elementi di principio perché ritenevamo che prima occorresse mettersi d'accordo


Pag. 12

sui princìpi e sui problemi - comunque se scorrette il documento troverete parecchie questioni di dettaglio complessive - per poi, una volta d'accordo sui problemi, sugli sviluppi e orientamenti complessivi, entrare nei dettagli del come realizzare interventi sempre migliori.
A questo proposito, riteniamo importantissimo sicuramente analizzare e approfondire maggiormente l'aspetto occupazionale sul quale ho sentito porre domande o interventi da tutti, quindi vi faremo avere un documento in tempi ragionevoli che dettagli l'occupazione diretta da nostra conoscenza parziale, poiché non siamo la Camera di commercio, né il Ministero del lavoro o dello sviluppo economico.
Suggerisco alla Commissione di chiedere ufficialmente anche a soggetti deputati, come Istat e i soggetti che censiscono le tipologie di manodopera in Italia di fare una richiesta formale per far emergere i dati. Uno dei problemi principali, infatti, è che nel settore energia rinnovabile, non essendo questo organizzato come un settore autonomo, non emergono da statistiche ufficiali i dati imprenditoriali e occupazionali, che sono annegati nei settori: energia, elettrotecnica, elettromeccanica, generazione termica, importazione prodotti, edilizia, installazione.
Dalle nostre prime stime posso solo dare dei valori di orientamento. Il fotovoltaico conta ad oggi circa 20.000 addetti diretti e 2.000 imprese. L'indotto attivato - ovvero, per più del 50 per cento, gli installatori elettrici...

GUIDO DUSSIN. Sono dati complessivi o vostri?

MARCO PIGNI, Direttore dell'APER. Non sono dati della sola APER, parlo del sistema Italia. Vi sono, dunque, almeno 80.000 installatori che per più del 50 per cento del tempo lavorano sul fotovoltaico e non più sulla domotica o sull'impianto elettrico civile normale, ma si dedicano a tempo pieno, se pur per un certo periodo di anni al settore fotovoltaico. È dunque di 80.000 persone l'indotto vivo, vero.
Per quanto riguarda le potenzialità al 2020, dipende tutto da che modello di fotovoltaico si sceglie di realizzare: se si sceglie di adottare un modello fotovoltaico intensivo a terra di un certo tipo, il tasso di occupazione è inferiore; se si cerca di privilegiare un modello di fotovoltaico distribuito, integrato nell'edilizia con sistemi innovativi, il tasso di occupazione sale molto e al 2020 si arriverà sicuramente a superare i 150.000 addetti come opzione. Questo, però, solo nel sistema che preveda l'integrazione negli edifici e nell'edilizia di tutte le rinnovabili, elettriche e termiche. Vi manderemo, comunque, un nostro studio che stiamo svolgendo con il nostro Centro studi, perché è un tema che è necessario sicuramente dettagliare.
Nel settore dell'eolico, poi, solo per dare un altri numeri di confronto, lavorano 7.000 addetti diretti, che però potranno essere, al 2020, potenziali 70.000, perché all'eolico sono collegate certe filiere, come quelle della componentistica o della carpenteria. Tanto per citare un esempio, i cuscinetti a sfera dei rotori sono non solo made in Italy, ma addirittura made in Lombardia. Esiste proprio un piccolo distretto che sta a nord ovest della Provincia di Milano, che fornisce cuscinetti a sfera per i rotori di mezza Europa.

PRESIDENTE. Nei 7.000 addetti si considerano anche tutte le imprese che lavorano per opere civili?

MARCO PIGNI, Direttore dell'APER. No, parlo degli addetti diretti nel settore eolico specifico. Con tutto l'indotto delle opere civili e via dicendo, si sale - anche in questo caso come indiretto - a più di 60.000 unità, con prospettive, anche in questo ambito, di superare i 100.000 operatori.
Quanto alla geotermia, idroelettrico e bioenergie, una particolare attenzione merita il settore della bioenergia che ha potenziali immensi. Questi sono i dati sull'occupazione, ma vi forniremo ulteriori documentazioni.
Anche nel campo della geotermia a bassa entalpia, geotermia di media taglia,


Pag. 13

geotermia legata sempre all'edilizia e al modo moderno di riscaldare gli edifici, vi sono potenziali enormi poco espressi.
Tornando, invece, agli altri elementi di insieme, l'onorevole Realacci chiedeva che modello abbiamo in mente.

GUIDO DUSSIN. Per tornare al fotovoltaico, per quanto riguarda la produzione dei pannelli e quant'altro...

MARCO PIGNI, Direttore dell'APER. Produzione celle, moduli, assemblaggio, inverter e via dicendo.

GUIDO DUSSIN. Mi riferisco più alla parte del pannello, perché c'è stata una grossa discussione.

MARCO PIGNI, Direttore dell'APER. Il pannello è un pezzo. Si riferisce all'assemblaggio o alla produzione?

GUIDO DUSSIN. Le parti in silicio del pannello da dove arrivano?

MARCO PIGNI, Direttore dell'APER. Ci sono due o tre operatori, uno nel nord Italia e uno nel centro Italia. Tutto il resto arriva da fuori per il momento.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. In che percentuale arriva da fuori?

MARCO PIGNI, Direttore dell'APER. In una percentuale attuale superiore al 90 per cento, a monte. Sto parlando del wafer, non della cella o del modulo. È la materia prima a monte, su cui si preparano le celle e i moduli che vengono fatti in Italia.

GUIDO DUSSIN. Nella mia domanda a lei e che abbiamo posto al Governo quindici giorni fa, abbiamo chiesto di favorire l'industrializzazione in Italia, proprio in modo tale da avere un prodotto nostro.

MARCO PIGNI, Direttore dell'APER. Devo dire che questo è assolutamente coerente con la proposta nostra, è assolutamente una richiesta corretta che anche noi, come associazioni, abbiamo chiesto e riteniamo utilissima per consolidare la filiera italiana, ma bisogna anche consolidare la filiera italiana in ricerca e innovazione per il fotovoltaico e l'energia solare - che è anche fotovoltaico a concertazione, che ha anche il solare termodinamico, non solo al modello Rubbia eccetera, ma di altro tipo - dove ci sono ricerca e sviluppo importanti. Anche questa parte, dunque, è da potenziare sicuramente. Vi faremo comunque avere degli elementi di dettaglio della fotografia che abbiamo adesso anche in questo senso.
Ci è stato chiesto quale modello abbiamo in mente, sul tema d'attualità della riforma, del decreto ministeriale; mi riferisco al quarto conto energia. Come APER, abbiamo in mente un modello alla tedesca, come diceva l'onorevole Realacci, senza tetti annuali, senza tetti assoluti in termini di megawatt, e senza tetti annuali in termini di budget di spesa a priori. Abbiamo in mente un modello che individua dei contingenti, tot megawatt - ad esempio 1000 megawatt, vi faremo sapere a breve il numero preciso - superati i quali si scende di una percentuale importante con un grace period che si annuncia prima, per poi entrare in vigore con la discesa del valore tariffario successivamente di tre-sei mesi di valori importanti, su cui ci si può anche mettere d'accordo; si va avanti così fin quando il mercato naturalmente evolve verso una situazione di parità rispetto al prezzo all'ingrosso dell'energia elettrica.
Ci potranno volere cinque, sei, sette, otto anni, a seconda dei casi, ma secondo noi non si può impostare a priori un tetto e un programma rigido che pone dei limiti entro certe date, perché altrimenti succede come con il «decreto-legge salva Alcoa»: si brucia tutto il potenziale subito nel primo o secondo anno, si danno ancora più soldi per produrre gli stessi megawatt. Spalmare, invece, con un décalage graduale è una condizione, secondo noi, molto importante e interessante, che noi proporremo in questo modo: nessun tetto annuale, nessun obiettivo economico finale di budget assoluto, ma evoluzione anche con importanti livelli.


Pag. 14


In Germania funziona anche così: se si producono 800 megawatt, diminuisce di una data percentuale, se nello stesso periodo se ne producono 1.600, diminuisce di molto di più, se se ne producono 2.000 diminuisce ancora di più. Questo effetto ha portato a non concentrarsi su un periodo specifico, il primo buono a tutti per fare richiesta di autorizzazione alla rete, dichiarazione di fine lavori e via dicendo; questo è l'elemento fondamentale, direi.
Tuttavia, vorrei dire come stanno le cose; me lo ha chiesto l'onorevole Realacci. La posizione non è stata concertata ancora col ministero, abbiamo avuto un solo incontro con i tre ministeri e gli operatori venerdì 18 marzo. Ci era stato promesso un successivo incontro dove avremmo analizzato proposte di schema, ma non abbiamo ricevuto nulla ad adesso e neanche informalmente la nostra associazione è coinvolta, pur avendolo chiesto da subito.
So che trattative in Confindustria sono in corso; non so se siano in corso anche tra Confindustria e il Governo. Ad ogni modo, noi non siamo ancora stati coinvolti. Abbiamo iniziato a impostare una posizione comune tra tutte le associazioni frammentate del settore, alcune in Confindustria e altre fuori, ma siamo in una fase di stallo, perché c'è una situazione di negoziazione all'interno di Confindustria - tra il tavolo della domanda dei consumatori energetici che hanno l'attenzione in particolar modo alla bolletta e al contenimento dei costi e, invece, gli operatori del sistema confindustriale, vale a dire gli operatori che costituiscono un'associazione all'interno di Confindustria - e finché non si risolve tale negoziazione questi operatori con noi non si sbilanciano nel dare una posizione.
Tuttavia, noi abbiamo preparato una nostra posizione, di cui trovate in allegato gli elementi base; sugli elementi numerici, entro l'inizio della settimana prossima saremo in grado di distribuire e rendere nota la nostra posizione anche numerica che interpreta il modello tedesco con delle attenzioni italiane. Stiamo ancora ragionando, ad esempio, se sia meglio una fine lavori come elemento da dichiarare o una connessione alla rete di entrata in esercizio. Entrambe hanno dei pro e dei contro, e in Italia la connessione alla rete è incerta per definizione; con gli intasamenti che si rischia di avere, potrebbero esserci imprese che maturano il diritto all'incentivo, ma poi, per colpa non loro, non vengono connesse e, a livello di flusso di cassa, aspettano due o tre anni prima di potersi allacciare alla rete con investimenti già fatti.
Il tema della fine lavori è un punto in cui o si certifica benissimo - ed è possibile tecnicamente ma occorre molto tempo e costituisce molti oneri di controllo a priori per verificare il numero di matricola del pannello, numero di matricola dell'inverter e verificare in maniera precisa tutto questo - oppure l'eventualità di un escamotage all'italiana non voluto dalla segreteria e neanche delle aziende serie potrebbe ripresentarsi.
La soluzione probabilmente si troverà in una situazione intermedia, ritengo, ma il tema principale è a monte: occorre capire il modello. Noi saremo contro i tetti assoluti obbligati; addirittura, siamo più a favore di tariffe molto differenziate per tipologie di impianti.
Inoltre, piuttosto del divieto assoluto in aree a terra, come previsto ahimè nel decreto sopra un megawatt, riconosciamo l'importanza di usare il sistema di mercato; individuare delle tariffe che diventano non convenienti a priori, dunque, era più coerente rispetto alla costituzionalità e ai diritti scritti nel decreto.
Il divieto assoluto a priori è errato, perché poi tanto bastano le leggi e le autorizzazioni delle regioni che possono veicolare e bloccare impianti che non sono idonei. Certamente è importante individuare dove realizzare gli impianti, ma laddove si possono realizzare, vietare una taglia e rispettare un tetto in assoluto, a nostro parere, non è producente né corretto. Piuttosto si dovrebbe usare il sistema di scendere di più con la tariffa; alla fine il mercato si sposta in maniera naturale e autonoma verso dei livelli dove i


Pag. 15

grandi impianti non si faranno più - mettiamo, come ipotesi - se realmente non saranno convenienti rispetto a tutto il resto.
È molto più trasparente e chiaro dare un indirizzo politico di quel tipo, ovvero sul valore tariffario, piuttosto che a priori fare una scelta di un tipo o dell'altro riguardo alla produzione. Esistono, infatti, numerose aree marginali del Paese, aree bonificate, aree di cessione cave, aree di pertinenza di ettari ed ettari dove, anche a terra, certe installazioni di un certo tipo possono essere meglio di un uso nullo di quell'area.
Per le altre questioni più di dettaglio mi riservo di fornire per iscritto i dati e le risposte nelle prossime settimane; mi sono appuntato attentamente i vostri quesiti. Vorrei solo lanciare un ultimo elemento di riflessione: sebbene il decreto legislativo sia ormai in vigore, noi segnaliamo che esso ha comunque leso i diritti acquisiti e il principio del legittimo affidamento, per cui so già che singolarmente sono andate avanti le azioni di segnalazione a Bruxelles e le azioni di autotutela dei produttori a fronte di questo decreto; tuttavia, anche la nostra associazione sta valutando seriamente, insieme ai legali, i passi successivi che ci saranno. Questo è fondamentale.

GIUSEPPE TOMASSETTI, Consulente della FIPER. Vorrei rispondere sul tema dell'occupazione. I dettagli della occupazione diretta o indiretta sono abbastanza analizzabili in particolare. Gli impianti della Valtellina, quando sono nati, dieci anni fa, prendevano quasi solo legna dalle segherie, che importavano legname da tagliare dalla Svizzera, quindi la materia prima era quasi interamente importata. Oggi in Valtellina un 40 per cento della legna viene dai boschi locali; ci sono sei cippatrici, sei macchine di privati che tagliano boschi ed è ripartita l'attività forestale. Il prezzo è salito, oggi costa circa una volta e mezza di più che dieci anni fa.
L'onorevole Realacci citava il caso dell'industria del legno. I pennellifici italiani fino a pochi anni fa prendevano legno di scarto dalla Germania - probabilmente erano pagati per prenderlo - poiché ad esempio, in Germania tutte le demolizioni civili sono selezionate con la raccolta separata e tutto il legno di infissi, tavole e montanti veniva mandato in Italia.
Ora anche in Germania hanno realizzato impianti per produrre energia elettrica da legno di scarto, che è verniciato e viene bruciato in impianti con un particolare trattamento dei fumi. Per questo motivo per l'industria dei pannelli, che aveva questo prodotto di scarto, la materia prima è sparita.
Per quanto riguarda i consumi, c'è da ricordare che gli impianti che fanno elettricità in Italia da biomasse usano circa 6 milioni di tonnellate di legna quasi tutta importata. Il teleriscaldamento ne usa solo 400 mila tonnellate. I privati ne usano attorno ai 20 milioni di tonnellate; dalle indagini risulta che i privati sono per metà auto approvvigionati - ognuno ha un bosco suo, di famiglia o del Comune - e che l'altra metà si rifornisce in altri canali. Il mercato del pellet in Italia ha aumentato la sua produzione fino a 1,2 milioni di tonnellate di pellet l'anno scorso; abbiamo un'industria fortissima che produce caldaie e stufe a pellet per l'Europa.
I controlli sugli impianti di riscaldamento vengono svolti, perché si tratta di impianti grandi che sono sotto il controllo delle varie ARPA. Dove non si controlla nulla è negli impianti familiari. La provincia di Trento ha fatto una mappatura delle emissioni prima di avviare l'inceneritore e ha scoperto che le maggiori emissioni sono prodotte dalle valli più isolate, perché la gente usa il camino di casa per bruciare di tutto, compresi imballaggi di ogni genere.
Il controllo degli impianti individuali è molto difficile e molto costoso, quindi si potrebbe avviare, come è stato fatto in Francia, una campagna di rottamazione e di sostituzione. Questi componenti avrebbero diritto al 55 per cento di detrazione fiscale, ma in genere nessuno lo fa perché, secondo le dichiarazioni del Palazzetti, il principale produttore italiano, gli installatori sono idraulici e non hanno nessuna voglia di rilasciare un documento di conformità


Pag. 16

della canna fumaria e di tutto il resto, per cui per gli utenti è preferibile comprare l'impianto senza IVA e avere così lo sconto dal negoziante.
Questo è lo schema di base per rispondere alle domande dell'onorevole Zamparutti. Circa il valore che chiedeva, è il piano energetico del Governo del 2010 che prevede che il 49 per cento di energia rinnovabile venga degli usi termici. Lavorando sui dati informali, si vede che già oggi le biomasse darebbero circa 9 Mega TEP di fonti rinnovabili, rispetto ai 22 che dobbiamo raggiungere. C'è, infatti, questo problema del non censito. Nel documento che ho depositato c'è un tentativo di analisi delle fonti da dove si possono ottenere i vari valori: tutti i rifiuti urbani, il CDR che va nei cementifici, gli scarti industriali che vanno nell'industria agro alimentare e via di seguito.

PRESIDENTE. Ringraziamo i nostri ospiti che sono stati cortesi e precisi. Rimaniamo in attesa del materiale che vorrete fornirci.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,45.

Consulta resoconti delle indagini conoscitive
Consulta gli elenchi delle indagini conoscitive