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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VIII
7.
Giovedì 19 maggio 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Alessandri Angelo, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE POLITICHE AMBIENTALI IN RELAZIONE ALLA PRODUZIONE DI ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI

Audizione di rappresentanti dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas:

Alessandri Angelo, Presidente ... 2 6 10 11 16
Biancardi Alberto, Componente dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas ... 12 13
Bortoni Guido, Presidente dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas ... 2 11 13 15
Bratti Alessandro (PD) ... 9
Carbone Luigi, Componente dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas ... 14
Realacci Ermete (PD) ... 6 11 13 15
Termini Valeria, Componente dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas ... 11
Zamparutti Elisabetta (PD) ... 9

ALLEGATO:Memoria consegnata dai rappresentanti dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas ... 17
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

[Avanti]
COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 19 maggio 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ANGELO ALESSANDRI

La seduta comincia alle 9,05.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili, l'audizione di rappresentanti dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas.
Sono presenti il presidente Guido Bortoni e i componenti Alberto Biancardi, Luigi Carbone, Rocco Colicchio e Valeria Termini. Mi scuso con loro perché siamo a ranghi a ridotti e ringrazio i colleghi presenti.
Do la parola al presidente Bortoni per la sua relazione.

GUIDO BORTONI, Presidente dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas. Onorevole presidente, onorevoli deputati, desidero ringraziare vivamente la VIII Commissione della Camera anche a nome dei colleghi Biancardi, Carbone, Colicchio e Termini, qui presenti oggi, per aver voluto invitare in audizione il collegio dell'Autorità nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili.
In questo contesto, abbiamo ricercato nel vostro documento del 9 marzo 2011 gli elementi di nostra competenza diretta e li abbiamo trovati nella verifica del livello di contributo effettivo alla lotta contro i cambiamenti climatici e alla realizzazione degli obiettivi del pacchetto clima-energia per il 2020. Ci permetteremo anche alcune riflessioni sull'impiego delle fonti rinnovabili nel mix energetico del Paese anche oltre tale orizzonte temporale.
A seguito dell'illustrazione della memoria, che comunque lasciamo agli atti di questa Commissione, rimarremo a vostra disposizione per tutte le domande che riterrete di volerci indirizzare.
Com'è noto, in relazione al tema dell'indagine qui in corso, a livello teorico sono possibili due e in buona parte complementari scelte strategiche finalizzate alla decarbonizzazione dell'energia: da una parte il cosiddetto carbon pricing, cioè l'internalizzazione del prezzo dell'energia prodotta del valore dell'esternalità ambientale e sociale causata delle emissioni; e dall'altra l'incentivazione diretta, che mira a pareggiare il deficit competitivo delle nuove tecnologie energetiche non in grado di autosostenersi in un regime di mercato rispetto a quelle esistenti.
Con questa seconda modalità di sostegno si genera un sussidio temporaneo alle fonti rinnovabili che da sole sarebbero fuori mercato. Il primo approccio, quello del carbon pricing, che non è applicato in Italia, mira a generare una carbon tax, un'addizionale sui prezzi. È un metodo lineare e nella teoria è noto che possa costituire


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una compensazione adeguata rispetto al costo sociale e ambientale determinato dalle modalità di produzione del bene energia.
Conseguentemente, qualunque forma alternativa di produzione di energia elettrica che sia in condizione di garantire un prezzo inferiore alla somma tra il costo di produzione e questo sussidio (il carbon pricing aggiuntivo) sarà automaticamente privilegiata per un semplice meccanismo di mercato.
Come ben sapete, in Europa è già applicata una forma parziale di carbon pricing, il cosiddetto European Emissions Trading System (EU ETS). In fase di applicazione ha sicuramente messo in evidenza alcuni aspetti negativi soprattutto in termini di gestione. Solo per darvi un flash, il sistema può generare effetti distorsivi della concorrenza per una insufficiente armonizzazione delle misure nei singoli Paesi, può introdurre improprie penalizzazioni per alcuni settori produttivi e presenta uno sfasamento temporale tra l'introduzione del carbon pricing e il momento in cui le tecnologie ad esso soggette diventano effettivamente competitive.
Il secondo metodo, quello dell'incentivazione diretta, è quello attivo e utilizzato nel nostro Paese. L'incentivazione diretta, come detto, è un sistema che genera una sussidio specifico per le diverse fonti rinnovabili che da sole non riuscirebbero a mantenersi sul mercato. È un'incentivazione che viene data alla singola fonte rinnovabile, sia per produzione di energia elettrica, sia per produzione di calore, sia nei trasporti.
L'importante è che questi meccanismi di sostegno allo sviluppo delle fonti rinnovabili rimangano il più possibile stabili nel tempo, garantendo al settore tempi certi e uno scenario medio-lungo. Infatti, se gli incentivi continuassero a variare, come purtroppo è successo in questi anni, per interventi sulla normativa o sulla regolazione che li presidia, si genererebbero rischi ulteriori nel sistema energetico. L'aumento del livello di rischio può far aumentare i prezzi e la necessità di sussidi. L'aumento dei prezzi e l'aumento del rischio non sono condizioni positive per attrarre gli investimenti.
Da questa serie di considerazioni è immediato comprendere che la stabilità di questi meccanismi in uno scenario medio-lungo è il fattore chiave per una strategia di incentivazione di successo.
Inoltre, la distribuzione nel tempo delle risorse da incentivare e il connesso livello di incentivazione devono tener conto dell'innovazione tecnologica attesa nel settore. Raggiungere un obiettivo in tempi troppo stretti, infatti, determina certamente costi più alti e un parco impianti più vecchio di quanto sarebbe stato possibile ottenere spalmando l'intervento in maniera più graduale.
Faccio un'altra considerazione: un'incentivazione che spinga indiscriminatamente e troppo rapidamente tutte le fonti, se non è accompagnata da un chiaro progetto industriale, rischia di rivelarsi un mero peso economico, poco sostenibile, e di non contribuire alla creazione di valore aggiunto (ricerca, tecnologia) per il nostro Paese, che quegli investimenti ha finanziati.
Si tratta di una considerazione di carattere generale che vale per gli obiettivi sfidanti che l'Italia ha di fronte con orizzonte al 2020. Certamente, se ci proiettiamo oltre il 2020 e analizziamo quale potrà essere il contributo delle fonti rinnovabili nel mix energetico verso il 2030, cogliamo immediatamente che occorre sviluppare una nuova generazione di impianti da fonti rinnovabili in grado di competere ad armi pari con quelli che impiegano fonti tradizionali.
Tutto questo è ovviamente condizionato al costo del barile di petrolio nel prossimo futuro, ma certamente in questo orizzonte 2020-2030 è essenziale sottolineare il contributo della ricerca e dell'innovazione tecnologica e lo sviluppo di una filiera industriale. Questo era un accenno a dopo il 2020. Ora ci concentriamo brevemente sulla parte della memoria relativa agli obiettivi al 2020.
Com'è noto, il macro-obiettivo al 2020 per il nostro Paese è raggiungere il 17 per cento


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di energia attribuibile a fonti rinnovabili rispetto ai consumi finali lordi di energia primaria e il 10 per cento nel settore dei trasporti.
Ovviamente ci sono molti modi per centrare questo obiettivo. Li vedremo più avanti, ma alcune considerazioni si possono fare subito. Per esempio, se si utilizzasse una tonnellata equivalente di petrolio (TEP) di biomassa legnosa per produrre energia elettrica, dati i rendimenti di conversione per trasformare l'energia primaria contenuta nella biomassa in energia elettrica - tipicamente intorno al 25-30 per cento - si otterrebbero circa 0,25-0,30 tonnellate equivalenti di petrolio. Se invece lo stesso TEP di biomassa venisse impiegato direttamente per produrre calore, utilizzando la frazione di calore come energia a termine consumabile, si otterrebbe un rendimento di conversione pari all'85-90 per cento. Otterremmo circa tre volte tanto rispetto al contenuto di energia consumabile. Un elemento molto importante è quindi quello del rendimento di conversione dell'energia primaria da fonti rinnovabili in energia utilizzabile.
Sempre con riguardo all'obiettivo del 17 per cento, è importantissimo dal nostro punto di vista sottolineare che può essere raggiunto anche con la leva dell'efficienza energetica, quindi agendo, oltre che sull'incremento del numeratore (le fonti rinnovabili), anche su una riduzione del denominatore (il consumo finale lordo, il fabbisogno di energia) attraverso gli strumenti dell'efficienza e del risparmio energetico negli usi finali.
Per portare avanti questo ragionamento e capire quali sono gli effetti-leva di questo obiettivo sia in termini di numeratore che di denominatore, bisogna valutare come questi due elementi incidono sull'obiettivo finale, e cioè la riduzione delle emissioni climalteranti, in particolare la CO2.
In quest'ottica è rilevante valutare il cosiddetto life cycle delle tecnologie e soprattutto la differenza tra le emissioni associate alla costruzione delle tecnologie rinnovabili rispetto a quelle convenzionali, la differenza tra le emissioni derivanti dall'utilizzo delle fonti rinnovabili rispetto alle convenzionali e da ultimo la differenza tra le emissioni derivanti dal trasporto delle energie primarie rinnovabili, per esempio le biomasse importate dall'estero, rispetto alle emissioni derivanti dal trasporto dell'energia primaria sotto forma di combustibili convenzionali, tipicamente gli idrocarburi, sino al luogo di utilizzo.
In ogni caso questo obiettivo del 17 per cento può essere raggiunto con quattro leve: aumentare i consumi di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili (numeratore); aumentare i consumi di calore prodotto da fonti rinnovabili (numeratore nel settore del calore); aumentare l'utilizzo di biocarburanti e quindi la quota di fonti rinnovabili nei trasporti (numeratore); ridurre i consumi finali totali nazionali di energia primaria (denominatore).
Procediamo a un'analisi quantitativa - poi la faremo sui costi - sull'efficacia di queste quattro leve. Considerando l'obiettivo del 17 per cento nel 2020, si può notare che l'aumento di 1 TEP nei consumi finali da fonti rinnovabili al numeratore può essere equiparato alla riduzione di 5/6 TEP al denominatore.
In altre parole, lo stesso effetto sull'obiettivo finale si ha incrementando di un'unità di energia da fonte rinnovabile il numeratore oppure riducendo di cinque o sei unità di energia il denominatore. Di fatto, questa semplice valutazione quantitativa privilegia l'investimento in fonti rinnovabili rispetto all'investimento in efficienza energetica.
Purtroppo, per come è costruito l'obiettivo, intorno al 17-20 per cento, produce questa sperequazione tra i due elementi della quota di energia da fonti rinnovabili al numeratore e di quella riduzione del fabbisogno energetico, efficienza energetica, al denominatore.
Possiamo fare questa valutazione sulla differente sensitività e importanza dell'azione non solo a livello quantitativo, ma anche a livello di costi, ovviamente in termini medi e indicativi: questa analisi non ha la pretesa di essere puntuale.


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Un TEP in più di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili comporterebbe un onere annuo variabile tra circa 930 euro nel caso di fonti incentivate, per esempio, con gli attuali certificati verdi che richiedono meno intensità di onere, e 3500 euro nel caso del fotovoltaico che, nella curva dei costi delle rinnovabili, è la fonte a oggi più costosa. Abbiamo un range: se vogliamo aumentare di un TEP la produzione di energia elettrica il costo si situa tra 930 e 3500 euro.
Lo stesso TEP nella produzione di energia termica da fonti rinnovabili ci costa mediamente 350 euro. La riduzione di un TEP nei consumi finali per effetto di interventi di risparmio energetico comporta un incentivo di 92 euro a unità, che è il contributo tariffario che oggi l'Autorità riconosce per un certificato bianco. A livello di costi appare chiaro che per l'Italia, stante le quantità che ho indicato e l'onere degli incentivi, è più conveniente puntare a promuovere l'efficienza energetica.
Certamente non stiamo invitando ad abbandonare l'aumento delle fonti rinnovabili, ma i due piani possono essere complementari. Bisogna però essere consci di quale sia l'effetto sull'obiettivo sia in termini quantitativi che in termini di costi, pur tenendo conto che l'efficienza energetica non è una risorsa inesauribile e si può risparmiare solo entro certi limiti.
Queste osservazioni conducono alla conclusione che la scelta di privilegiare l'utilizzo delle fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica con gli attuali strumenti incentivanti è comunque una scelta costosa, sia per l'alto livello degli incentivi sia, come ho detto all'inizio, per gli scarsi rendimenti di conversione delle fonti rinnovabili in energia elettrica.
Nella memoria che abbiamo depositato esaminiamo anche gli strumenti per il raggiungimento degli obiettivi al 2020 che sono stati delineati dal Governo secondo alcune linee strategiche. Per brevità non vi illustrerò il Piano d'azione nazionale per le energie rinnovabili al 2020 (PAN), ma voglio attirare la vostra attenzione sul rapporto che il Piano impone ai singoli settori.
A pagina 7 della memoria si può facilmente notare che lo sforzo che il Paese deve compiere in termini di energia elettrica da fonti rinnovabili rispetto al 2008 deve essere incrementato del 60 per cento, moltiplicato quindi per 1,6, portando la quota da 5,2 milioni a 8,5 milioni di TEP. Lo sforzo che si richiede nel settore del calore da fonti rinnovabili e nel settore dei biocarburanti va moltiplicato per tre rispetto alla quota del 2008.
Tutta la strategia delineata nel PAN 2010, che come sapete è stato inviato a Bruxelles l'anno scorso, è stata modificata dal decreto ministeriale del 5 maggio 2011 relativo al cosiddetto quarto conto energia, che pone un obiettivo indicativo di 23000 megawatt fotovoltaici al 2020 per un costo quantificato in 6-7 miliardi di euro. Questo obiettivo per il fotovoltaico è stato triplicato rispetto a quanto contenuto nel PAN: da 8000 megawatt a 23000, e in termini del corrispettivo onere rispetto alla previsione dell'anno scorso.
Per quanto riguarda la situazione dei costi, in termini di efficienza energetica ci sembra importante sottolineare il fatto che l'esperienza italiana in questi quattro anni di applicazione (2005-2009), e mi riferisco in particolare ai certificati bianchi, è un esperienza di successo. Ha consentito di risparmiare su base annua il 2 per cento del fabbisogno elettrico nazionale e ha comportato una spesa, il cosiddetto onere, di 531 milioni di euro. Il risultato ormai quadriennale che possiamo portare dimostra che l'efficienza energetica, se correttamente incentivata, conduce a risultati molto importanti con un onere di incentivo più ridotto rispetto ad altre forme di incentivazione.
Quanto alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, attiro la vostra attenzione sulla tabella che riporta una stima per il 2011 delle diverse forme di incentivazione. Come accennavo prima, i certificati verdi, per esempio, sussidiano 24 miliardi di chilowattora di energia (24 terawattora), comportando un costo di 2


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miliardi e 100 milioni di euro. Per il fotovoltaico, citando i due estremi della curva di costo, secondo la nostra stima saranno incentivati 10 terawattora nel 2011 con un costo di 3 miliardi e 500 milioni di euro. Abbiamo un rapporto costi-quantità inverso rispetto alle fonti.
Per motivi di tempo rimando alla memoria depositata l'analisi delle criticità degli attuali strumenti di incentivazione. La proposta che ci sentiamo di porre alla vostra attenzione è puntare, se possibile, sugli incentivi con meccanismi di mercato. L'incentivazione basata su meccanismi di mercato consente di superare le asimmetrie informative, delega al mercato l'allineamento tra il valore dell'incentivo e i costi delle singole fonti rinnovabili, non è soggetta alle rigidità intrinseche di uno schema tariffario amministrato, permette di evitare le logiche di graduatorie e registri temporali che purtroppo affliggono la storia dell'incentivazione delle fonti rinnovabili del nostro Paese e si presta meno ad azioni lobbistiche miranti a rialzare o a modificare il sistema di incentivi.
Concludo su questo punto dicendo che caratteristiche essenziali del sistema incentivante, qualunque esso sia - ma certamente per noi è preferibile quello basato su meccanismi di mercato - sono la stabilità normativa e il rigore della gestione.
La stima dei costi attesi fino al 2020 ovviamente deve fare tesoro di una serie di ipotesi che presidiano alla definizione dello scenario: se si farà tanto o poco ricorso a strumenti di mercato, se il quarto conto energia produrrà questi 23000 megawatt, eccetera. Ci sono molte ipotesi di contorno, ma le nostre stime ci inducono ad affermare che il costo annuo delle incentivazioni delle fonti rinnovabili che confluiranno nella bolletta si potrà attestare al 2020 intorno a un valore di 10-12 miliardi di euro, comportando per gli anni 2010-2020 un onere di 100 miliardi di euro complessivi.
Per chiudere, salterò le considerazioni relative alle questioni delle procedure autorizzative, delle connessioni e della saturazione delle reti che noi qualifichiamo come barriere non economiche allo sviluppo delle fonti rinnovabili, ma che dovranno sicuramente essere affrontate. Mi soffermo invece su una conclusione generale rispetto al ruolo che potrebbe avere l'Autorità per l'energia elettrica e il gas nell'attuazione delle politiche energetiche ambientali e industriali decise da Parlamento e Governo.
L'Autorità ritiene che un modo più efficiente per gestire il sistema di incentivi che ci dovrà portare al 2020 possa consistere nel conservare in capo a Governo e Parlamento la fissazione, nell'ambito delle politiche energetiche ambientali e industriali, di obiettivi quantitativi e temporali, distinti anche per fonte, demandando all'Autorità la responsabilità di definire gli strumenti e le modalità attuative per il raggiungimento, al minimo costo per il sistema, dei suddetti obiettivi.

PRESIDENTE. Grazie, presidente Bortoni. Nell'autorizzare la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della memoria consegnata (vedi allegato), do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ERMETE REALACCI. La relazione del presidente è molto interessante e vorrei quindi interloquire.
Condivido le considerazioni di base contenute anche nella nota stampa che avete distribuito. Siamo di fronte alla necessità di produrre una politica industriale che, fonte per fonte, dia forza al nostro Paese riducendo gli incentivi e accompagnandoli verso il mercato. Ma questa è una cosa diversa da quanto lei ha detto nel corso dell'audizione.
Se partissimo soltanto da ciò che ci conviene di più adesso, infatti, non conseguiremmo gli obiettivi che ci siamo dati in sede nazionale ed europea. Come lei sa, l'Unione europea ha già fissato un obiettivo «20-20-20». Si deve cioè già raggiungere il 20 per cento di efficienza energetica, aumentare del 20 per cento il consumo di energia da fonti rinnovabili e ridurre del 20 per cento le emissioni di CO2.


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Se è così, allora non si possono mettere in competizione questi ambiti, anche se ovviamente è molto importante agire sul terreno dell'efficienza energetica. Inoltre, mi permetto di osservare che se è vero che su questo terreno l'Autorità ha svolto bene il proprio ruolo, è anche vero che anche il regolatore politico ha fatto un buon lavoro.
La situazione dell'edilizia in Italia, ad esempio, non è quella a cui accennava lei. Attualmente la nostra edilizia è molto arretrata, le nostre case consumano mediamente il doppio di una casa tedesca, irlandese o svedese e ci si è avvicinati all'obiettivo dell'efficienza energetica solo attraverso il meccanismo delle agevolazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici (il cosiddetto credito di imposta del 55 per cento) che l'anno scorso si voleva annullare e che ora è spalmato su dieci anni. Vedremo che effetto avrà, ma questo è un ambito di grandissima importanza a livello di consumi sia civili sia industriali.
Per quanto riguarda le fonti rinnovabili, le devo dire con franchezza che non condivido il fatto che continuate a basare i calcoli solo sul costo del chilowattora a monte del costo finale. Sul chilowattora in Italia purtroppo sono caricati molti oneri impropri. In particolare, sottolineo che gli oneri derivanti dal riconoscimento dagli incentivi alle cosiddette fonti assimilate alle rinnovabili sono state per noi una tassa indegna e quando lei parla di incentivi per 100 miliardi di euro da qui al 2020, mi piacerebbe anche che finalmente venisse fatto un calcolo preciso, che non si è mai voluto fare, delle decine di miliardi di euro (io penso almeno 40-50 miliardi di euro) che abbiamo destinato alle fonti assimilate, cioè a fonti che nulla avevano a che vedere con le rinnovabili.
Come italiano mi dispiace - e forse l'Autorità. Su questo punto, avrebbe dovuto prestare altrettanta attenzione di quanta ne ha prestata su altre questioni - che abbiamo speso per le rinnovabili quanto i tedeschi, ma che i tedeschi hanno usato le risorse stanziate per promuovere davvero le rinnovabili, mentre da noi le risorse sono finite ai petrolieri e al nucleare. Gli oneri nucleari che continuiamo a pagare in bolletta e il carico dei CIP6 per le fonti assimilate alle rinnovabili sono infatti equivalenti all'incentivazione della Germania.
Inoltre, come lei sa, la Germania sta avviando un piano industriale e si pone obiettivi sulle rinnovabili molto più ambiziosi dei nostri. Prima di Fukushima, nel campo elettrico la Germania si è posta come obiettivo il 39 per cento di produzione da rinnovabili entro il 2020 e l'80 per cento entro il 2050. È un obiettivo molto serio. La Germania probabilmente ha più vento di noi, per esempio nella regione del Mare del Nord, ma sicuramente, oltre ad avere meno sole, non possiede idroelettrico ed è praticamente priva di geotermia. Sono quindi obiettivi molto significativi e non sono perseguiti perché la Germania è un Paese caritatevole, ma perché vuole realizzare un progetto di politica industriale. Mi piacerebbe che le sue premesse fossero tradotte anche da questo punto di vista.
Al contrario, quanto lei sostiene, a bocce ferme, tende a mettere in competizione aspetti che, visti in questo modo, non sono di politica industriale. È chiaro, infatti, che il problema fosse solo di scegliere adesso come risparmiare energia mi limiterei a coibentare le case e lo farei coi privati!
In secondo luogo, sono d'accordissimo con lei quando suggerisce di introdurre meccanismi automatici. Ma, come sa, per essere efficaci questi meccanismi devono avere una certa soglia e dovrebbero essere tendenzialmente estesi anche alle merci importate. Se fissassimo una soglia adeguata a stimolare andamenti di mercato nel campo delle produzioni manifatturiere, ma non introducessimo «dazi ambientali» sulle merci che ci arrivano dall'estero, produrremmo un danno alla nostra industria nazionale. Io sarei d'accordo, però è un terreno che va affrontato almeno in sede europea perché si rischia di danneggiare la nostra industria.
Gradirei, per questo, che l'Autorità, oltre ad avere questa visione attenta alla


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politica industriale, producesse quel calcolo preciso di cui parlavo prima relativo al costo degli oneri derivanti dal riconoscimento degli incentivi alle cosiddette fonti assimilate alle rinnovabili. Siccome c'è anche una campagna di stampa, trovo infatti un po'fastidioso questo richiamo al costo attuale dell'incentivazione alle rinnovabili che non tiene conto dei soldi sprecati a favore di soggetti chiaramente identificabili, alcuni dei quali sono anche intorno a voi: sono cose note e più volte denunciate! Inoltre, mi piacerebbe avere un suo parere, ad esempio, sul conflitto scoppiato tra Terna ed Enel sul fatto Terna abbia fatto cassa, legittimamente dal punto di vista dei meccanismi normativi, con le energie rinnovabili. Basta leggere il bilancio di Terna per capire l'ammontare degli incentivi che ha raccolto.
Per quanto riguarda le biomasse, credo che ci sia un punto che necessita di forte attenzione da parte vostra. Così come è strutturato, quello delle biomasse rischia di essere un altro meccanismo che incentiva l'estero, per dirla in termini crudi. Infatti, o le biomasse si legano di più alle produzioni e alle filiere nazionali - e questo è possibile, basti pensare alla partita della produzione di biogas nella pianura Padana con l'abbattimento dei nitrati - oppure corriamo il rischio di ricevere molte domande per centrali a biomasse che in realtà importeranno dall'estero la materia prima energetica. Questo potrebbe produrre sia un mancato vantaggio per noi, sia seri dubbi sul piano energetico. Calcolando il bilancio energetico di queste partite si potrebbe scoprire che il vantaggio non è così grosso.
Da ultimo, vorrei un suo giudizio sul quarto conto energetico. Le sue argomentazioni sono condivisibili. Sono d'accordo con lei quando dice che ci vuole stabilità normativa perché, a mio avviso, l'instabilità normativa ha un costo che viene monetizzato. In Italia, in pratica, accade che paghiamo di più sul fronte delle rinnovabili anche a causa della burocrazia e che Il costo degli incentivi in Italia è più alto perché c'è un carico burocratico e di incertezza normativa che andrebbero ridotto. Penso che il nostro punto di riferimento competitivo sia la Germania, il più grande Paese manifatturiero europeo.
Conosciamo anche gli scenari di altri grandi Paesi. Come ben sapete, negli Stati Uniti si calcola già che per gli impianti che entreranno in funzione al 2020 l'eolico avrà una competitività maggiore sia del nucleare, che è sempre l'energia più cara, sia del carbone. Al di sotto c'è solo il gas, ma sappiamo in che condizioni si trova il mercato del gas in generale nel mondo e negli Stati Uniti in particolare. In ogni caso, è vero che gli impianti a gas ad alto rendimento sono i migliori nell'ambito dei combustibili fossili.
Come dicevo, vorrei conoscere il suo giudizio sul quarto conto energia. Le nostre critiche non sono legate tanto all'abbassamento degli incentivi, che probabilmente andava realizzato anche prima dato che il costo dei pannelli fotovoltaici si è dimezzato oltre un anno fa. A mio avviso, anziché adottare il decreto-legge «salva Alcoa» bisognava rivedere gli incentivi almeno un anno fa. Sotto questo profilo, dunque, la critica che si può avanzare al Governo è quella di una scarsa manutenzione dell'ordinamento.
Ma le nostre critiche più nette sono invece legate prima di tutto all'aleatorietà degli incentivi. Voi rivestite la vostra carica anche perché avete esperienze e competenze in materia di economia e credo conveniate che se ogni mese in Italia si cambia il livello dell'incentivazione, la pianificazione imprenditoriale, industriale e finanziaria si complica. Io credo, addirittura, che sia impossibile per un'azienda capire, con il livello di burocrazia che c'è nel quarto conto energia, in che punto ci si colloca.
La seconda critica netta riguarda di nuovo il rischio di burocratizzazione del sistema di incentivazione. Il registro degli impianti, connesso al tetto fissato annualmente, rischia di introdurre delle «corsie» per la realizzazione degli impianti che non favoriscono il pieno sviluppo del mercato e che lasciano adito a dubbi sui criteri seguiti.


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Credo che sia compito vostro darci delle indicazioni in merito.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Ringrazio l'Autorità non solo per questa memoria molto dettagliata, ma anche per il costante lavoro che svolge e per la denuncia del sistema di indubbia sovraincentivazione delle fonti rinnovabili che esiste nel nostro Paese, in particolare per il fotovoltaico.
Ringrazio anche per il puntuale richiamo all'importanza che riveste l'efficienza energetica, una posizione che coincide anche con quella riferita ieri dal Gestore dei servizi energetici (GSE), e per i rilievi evidenziati rispetto al settore termico.
Io, francamente, non condivido le obiezioni del collega Realacci in riferimento allo scandalo del sistema dei CIP6 relativo agli incentivi concessi alle cosiddette fonti assimilate. Personalmente ritengo che quanto è stato fatto sul fotovoltaico, per i costi che graveranno sulla collettività rispetto ai rendimenti che l'Autorità ha perfettamente illustrato, rischia di tradursi in uno scandalo analogo a quello dei CIP6.
L'intero Parlamento su questo tema così importante dell'energia e delle rinnovabili ha avuto un riflesso di difesa del settore del fotovoltaico che per me ha dell'incredibile. Non si è assolutamente voluto tenere conto di settori, quali quelli dell'efficienza energetica e delle fonti rinnovabili termiche, che anche in termini di ricadute occupazionali hanno potenzialità infinitamente maggiori del fotovoltaico.
Mi auguro che nell'ambito di questa indagine conoscitiva questo aspetto possa essere approfondito e analizzato, anche perché ci troviamo di fronte davvero a una comunicazione e a un'informazione terroristiche. Sugli aspetti occupazionali, Assosolare ci viene a parlare di centinaia di migliaia di posti di lavoro a rischio a causa dell'incertezza che indubbiamente ha gravato sul fotovoltaico, quando invece sappiamo che gli addetti direttamente impiegati nel settore sono qualche decina di migliaia.
Come ripeto, credo che con la politica perseguita sul fotovoltaico in realtà si sia messa una grossa ipoteca sulla possibilità di sviluppare i settori dell'efficienza energetica e delle fonti termiche. Volevo chiedervi se, rispetto alle disposizioni contenute nel quarto conto energia, c'è a vostro avviso un contenimento del sistema di incentivazione che porti il nostro Paese a equipararsi ai livelli europei e più in generale a quelli dello scenario internazionale o se, diversamente, gli incentivi esistenti in Italia continueranno a essere tra i più alti e remunerativi al mondo.

ALESSANDRO BRATTI. Ringrazio innanzitutto per le informazioni che ci sono state fornite. Volevo fare una brevissima considerazione, tanto più che il collega Realacci ha già toccato molti temi.
Credo che il punto non sia mettere contro tipi di fonti di energia rinnovabile o contrapporre lo sviluppo delle rinnovabili al tema dell'efficienza e del risparmio energetico, due aspetti su cui vale sicuramente la pena puntare come è stato ricordato prima.
È l'incertezza normativa già richiamata ad aver creato problemi occupazionali a quelle realtà che avevano puntato sulle energie rinnovabili e in maniera particolare sul fotovoltaico. Io provengo dalla regione Emilia-Romagna, una regione dove tantissime aziende, soprattutto meccaniche o simili, si stavano riconvertendo faticosamente su altri filoni e si sono trovate in grandissima difficoltà.
Posso garantire alla collega Zamparutti che centinaia e centinaia di posti di lavoro sono stati messi a rischio. Imprese reali e persone in carne e ossa si sono trovate senza lavoro nel giro di pochi giorni. Tra l'altro è quasi tutta gente molto giovane perché spesso queste aziende sono associate a un management diverso rispetto a quello tradizionale, molto innovativo, giovane e scolarizzato. Quanto è successo bene non ha fatto e credo che purtroppo, al di là del nuovo decreto, siano stati provocati diversi danni.
Volevo porre alcune domande. Noi giustamente ragioniamo sugli obiettivi cogenti dell'Unione europea che mirano al «20-20-20». Se però analizziamo gli ultimi


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documenti pubblicati a livello europeo, come indicazioni o documenti politici, credo che, anche alla luce dello stop subito dal nucleare - al di là della polemica tutta nazionale, in Germania stanno chiudendo alcune centrali, benché vecchie - gli obiettivi cambieranno e diventeranno sempre più sfidanti e ambiziosi. Del resto, credo sia indiscutibile che gli obiettivi che ci siamo dati (il cosiddetto «20-20-20») nascevano da considerazioni relative alla situazione di qualche anno fa.
Credo quindi che avremo di fronte obiettivi ancora più sfidanti. Io non sono un intenditore, ma a detta di diversi specialisti il nostro PAN è stato giudicato insufficiente in tema di obiettivi di sviluppo di alcuni settori già pochi mesi dalla sua presentazione. Ritengo quindi che non dobbiamo impuntarci sul 17 per cento, che è sì un obiettivo sfidante, ma rappresenta pur sempre un obiettivo minimo.
Vorrei perciò chiedervi un giudizio sul PAN e sugli obiettivi. Secondo voi, alla luce della vostra esperienza, è possibile che questo Paese, anche in virtù della situazione che si è creata nelle ultime settimane, possa dover affrontare obiettivi più sfidanti?
L'altra questione riguarda l'incentivazione e il carbon pricing. In Europa mi sembra che si stia alquanto puntando sul sistema ETS anche in previsione di futuri investimenti. Vorrei capire se, secondo voi, in Italia sarebbe possibile applicare una qualche forma di carbon pricing in grado di agevolare oppure alleggerire l'altro sistema.
Infine, vorrei sapere come giudicate il tema generale della burocratizzazione che prima è stata ricordata. Al di là del quarto conto energia, con la costruzione dei registri e via dicendo, che a me personalmente sembra sia servita più per far lavorare gli avvocati (con tutto il rispetto per questa professione) che i tecnici o gli ingegneri, l'aspetto che mi colpisce e che siano vari enti, come il GSE, l'Enea e la stessa Autorità, che si stanno occupando di queste questioni, ciascuno con un pezzetto di competenza. Da questo punto di vista, non credete che questo attuale assetto sia farraginoso, poco chiaro e rischi di creare ulteriori problematiche in termini di tempo e di efficienza a un sistema già abbastanza complicato?

PRESIDENTE. Grazie, colleghi. Vorrei aggiungere una veloce considerazione. Condivido la parte finale dell'intervento del collega Bratti; credo che tutti dovremmo darci da fare per predisporre un piano energetico nazionale ben chiaro, anche in termini di sviluppo industriale del Paese.
Condivido però anche le critiche della collega Zamparutti. Questa indagine conoscitiva è stata voluta anche dal Ministro Prestigiacomo per riuscire a stilare un quadro definitivo. Non si tratta di una semplice audizione, ci siamo posti l'obiettivo di compiere un lavoro che potesse essere di utilità al sistema politico e al Parlamento.
È importante sapere dove stiamo andando. Io penso che in un Paese normale gli incentivi si debbano erogare solo nei primi anni, ma è una mia personale opinione. Inoltre, colleghi Bratti e Realacci, credo che gli incentivi debbano rimanere tali e non diventare finanziamento a fondo perduto per realizzare impianti industriali. Ad esempio, quando decidiamo di finanziare la produzione di frigoriferi AAA, magari creiamo anche 100 mila posti di lavoro ma solo perché interveniamo con pesanti finanziamenti e paghiamo il frigorifero a chi lo produce. Per quanto riguarda il solare, se un impianto si ripaga in vent'anni e ci si guadagna, bene; ma se, come succede in qualche caso, bastano cinque anni, credo che qualcosa non funzioni nel sistema nel suo complesso.
Se è vero che, secondo alcuni dati, in Italia incentiviamo il fotovoltaico cinque volte di più che in alcuni Paesi europei e nove volte di più l'eolico, allora credo che questo Paese abbia bisogno di una razionalizzazione, anche perché questo incide sulle bollette dei cittadini. A maggior ragione, abbiamo il dovere di porci il problema di una bolletta energetica già carissima.


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Il caso Alcoa è nato dai 67 euro al chilowattora, un costo che rende impossibile anche investire. Dobbiamo porci il problema seriamente e non perché vogliamo favorire qualche lobby politica. Il Parlamento deve lavorare con serietà. Io condivido appieno la relazione che ha svolto l'Autorità e credo che ci sia molto d'aiuto.
Dovremmo trovare il modo di allineare le regioni, che in base al Titolo V della parte II della Costituzione esercitano un'azione fondamentale, ma a mio parere procedono ognuna per conto suo. La burocrazia e gli obiettivi cambiano da regione a regione. Rischiamo di avere regioni con un surplus di fonti rinnovabili e altre con un deficit, senza avere ben chiaro quanto serve e dove serve.
Forse bisognerebbe ragionare seriamente a livello territoriale anche di federalismo energetico, forse, e capire dove dobbiamo investire. Una volta capito questo, si potranno analizzare le reti, la distribuzione e il livello di incentivazione che un Paese serio deve erogare.
Credo che occorra anche compiere una riflessione complessiva sull'utilizzo delle risorse. E su questo dovremo darci tutti una mano. Ritengo che il fotovoltaico abbia già raggiunto la sua quota, a meno che non stabiliamo questi enormi incentivi che lo rendono solo un business, come pure l'eolico, laddove c'è il vento.

ERMETE REALACCI. La Germania ha il triplo degli impianti.

PRESIDENTE. Ma l'Italia ha problemi ambientali, paesaggistici e storici che la Germania non ha.
Vedo grandi potenzialità in altre fonti già citate. Per esempio, credo che si possa studiare l'applicazione del geotermico a bassa entalpia, che in questo Paese potrebbe avere molti sviluppi. Sulle biomasse ho grossi dubbi per il fatto che spesso manca la materia prima da poter conferire. È un sistema non controllato, una sorta di far west in cui chi ha realizzato gli impianti non li paga.
Questa indagine dovrebbe servire a chiarirci le idee sugli obiettivi. Il 17 per cento, senza il freno che c'è stato, forse l'avremmo raggiunto già alla fine del 2011; avremmo avuto un grande picco con grandi costi.
Dobbiamo capire cosa voglia fare come Paese l'Italia. Ormai mi sembra che tutti cerchino di tirare l'acqua al proprio mulino. Invece, responsabilmente, dobbiamo capire dove vogliamo andare. E chi meglio dell'Autorità può aiutarci in questo? Tramite voi, tirando le fila, potrebbero essere coinvolti il GSE, il Gestore dei mercati energetici (GME), il Ministero, l'Ispra, l'Enea, più ovviamente le regioni che sono fondamentali, in modo da creare un sistema finalmente virtuoso che ci indichi la rotta da seguire per i prossimi anni.
Questo oggi manca ed è alla base delle risoluzioni che hanno portato a questa nostra indagine conoscitiva.
Un ultimo spunto prima di lasciare la parola ai membri dell'Autorità. La settimana scorsa abbiamo concluso in Commissione l'iter del progetto di legge sul «sistema casa qualità». Come sappiamo, il risparmio energetico è il primo modo di produrre energia. Arriverà in Aula i primi di giugno.
Il tutto è impostato sul risparmio energetico affinché nella costruzione e nella ristrutturazione delle case si investa sul risparmio dell'energia. Contiene anche norme che riguardano l'autosufficienza, la domotica e altro ancora. Abbiamo cercato di inserire un po' tutto.
Anche su questo sarebbe utile un segnale da parte vostra, qualche suggerimento sulla base dell'ultima bozza predisposta in previsione del dibattito in Aula che dovremo affrontare tra breve. È una legge su cui tutta la Commissione si è impegnata e che va anch'essa nella direzione dell'efficienza energetica.
Do la parola al dottor Bortoni per la replica.

GUIDO BORTONI, Presidente dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas. Se il presidente lo consente, articolerei le risposte passando la parola ai miei colleghi.

VALERIA TERMINI, Componente dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas.


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Vorrei intanto ringraziare la Commissione per l'attenzione e la sensibilità mostrate, e anche per l'apprezzamento rispetto alla nostra memoria.
Mi concentro sulle prime due importantissime posizioni espresse dall'onorevole Realacci e riprese dagli altri commissari. Da economista credo che la costruzione di una affidabile politica industriale sia un punto assolutamente nevralgico per il Paese. E l'energia ovviamente è un input fondamentale. Da questo punto di vista vorrei sottolineare, come contributo dell'Autorità, il fatto che il quarto conto energia contiene elementi di grande interesse, al di là delle critiche che possiamo sollevare.
Proprio in relazione al piano industriale c'è una accentuazione dell'attenzione nei confronti dei piccoli impianti e delle piccole imprese. Questo per l'economia del Paese è rilevante poiché, invece di incentivare grandi impianti che vengono importati e poi semplicemente applicati da noi, in questo caso si incentiva addirittura l'intera filiera, quindi la produzione complessiva del fotovoltaico. È importante anche per quanto riguarda la ricaduta sull'occupazione a cui faceva riferimento in precedenza l'onorevole Bratti.
Secondariamente, alcuni meccanismi di incentivazione, solo richiamati nella memoria, che riguardano la trasformazione dell'incentivo da feed-in-premium a feed-in-tariff hanno effetti economici sul costo dell'incentivazione, che via via decresce negli anni, peraltro di un qualche rilievo. Purtroppo la nostra esposizione è stata molto sintetica, ma credo di interpretare il pensiero del collegio nel dire che sono a disposizione della Commissione e in generale del Parlamento valutazioni molto più approfondite e importanti analisi numeriche e quantitative già compiute dagli uffici dell'Autorità.
Per quanto riguarda invece l'aleatorietà normativa, non possiamo che raccogliere con totale condivisione il problema. Come ha già spiegato il presidente Bortoni, una incentivazione che cambia repentinamente, modificando le aspettative, ha un impatto disastroso sugli investimenti nel settore. L'Autorità ha posto questo problema con forza già nella memoria sul recepimento della direttiva. Essendo un'istituzione di lunga durata, l'Autorità può presidiare la coerenza nel tempo dell'impostazione generale. Mi richiamo a quanto detto dall'onorevole Bratti: il coordinamento dei ruoli istituzionali e sul territorio, come diceva il presidente, è importantissimo. Ma di questo parleranno altri.
Infine, per quanto riguarda la Germania, vorrei ricordare che recentemente è stato completamente rivisto il piano degli incentivi alle rinnovabili. Il modello tedesco ci richiama purtroppo, o per fortuna, a una revisione anche della nostra posizione sull'incentivazione alle rinnovabili, ovviamente non in competizione - ma mi sembrava chiaro anche dalle parole del presidente - con l'obiettivo dell'efficienza energetica.
Da ultimo, vorrei sottolineare un altro aspetto interessante del quarto conto energia. Il nuovo obiettivo di potenza installata è cresciuto in modo molto consistente per quanto attiene al fotovoltaico, nel senso che sono previsti 23 gigawatt di potenza installata al 2016 a fronte di un obiettivo di 8 gigawatt del piano precedente.

ALBERTO BIANCARDI, Componente dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas. Anch'io ringrazio la Commissione per l'occasione che ci offre.
Volevo entrare in qualche dettaglio numerico, riprendendo in particolare gli spunti e le domande che ci ha posto l'onorevole Realacci, e fornirvi qualche specificazione su come è stato costruito l'apparato numerico del nostro documento.
I nostri colleghi sono già intervenuti in precedenza sulla questione CIP6, vale a dire sugli incentivi alle fonti assimilate e quant'altro. Noi non abbiamo scritto nulla semplicemente perché sono cose note. A memoria, la componente A3 che ha finanziato i CIP6, solo sulla parte relativa alle fonti assimilate alle rinnovabili, conta parecchio, ancora oggi...


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GUIDO BORTONI, Presidente dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas. Oggi questa parte, da sola, costa ancora un miliardo e mezzo.

ALBERTO BIANCARDI, Componente dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas. ... E facendo il calcolo integrale credo che l'ammontare complessivo degli incentivi concessi negli anni alle fonti assimilate superi abbondantemente i 30 miliardi di euro, senza attualizzazione. Se non ricordo male, sono 32 miliardi di euro.

ERMETE REALACCI. Quindi, 30-32 miliardi di euro non attualizzati?

ALBERTO BIANCARDI, Componente dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas. Voi capite che quando si danno dei numeri, si rischia sempre di essere scomodi o male interpretati. Quello che vogliamo dire è che, siccome i cittadini e le imprese devono mettere sul piatto molti soldi da qui al 2020, dobbiamo stare attenti a evitare derive, e noi siamo disponibili a svolgere il nostro ruolo.
Se, tanto per capirci, si ripetesse in parte la storia del precedente conto energia, questi importi, che tra l'altro sono abbastanza in linea con quelli presentati anche da altri (non diciamo quindi niente di nuovo), rischierebbero di essere molto maggiori e di tradursi in rendite.
Noi abbiamo fatto un conto abbastanza asettico dei costi che in qualche modo andrebbero a gravare sulla bolletta per raggiungere gli obiettivi del PAN. Ci è stato chiesto un giudizio sul Piano d'azione nazionale. Non è il nostro ruolo, però ci è sembrato ragionevole. Io personalmente non ci ho trovato niente di sconveniente.
Nel PAN si presentano due scenari, con efficienza energetica e senza efficienza energetica. Il fatto di stressare, come ha fatto il presidente e come abbiamo fatto nella memoria, il ruolo dell'efficienza energetica non significa andare contro le rinnovabili. Vogliamo semplicemente farvi notare che oggi come oggi, contrariamente alla sensibilità dell'uomo comune, non ci sembra che l'Italia sia un Paese efficiente. In termini puri di costo-opportunità investire in efficienza è ancora più conveniente, il che non vuol dire non investire in altre fonti. Vuol dire che si deve fare, come ha già ribadito anche Valeria Termini, un serio programma nazionale per capire qual è il costo-opportunità dell'investimento nelle singole tecnologie. Noi crediamo, al di là dei numeri, che si possano fare tante cose. Se mi consentite, questo lo considererei uno scenario di base.
Per esempio, in California stanno operando in modo interessante per introdurre il fotovoltaico nella tassazione sulla compravendita degli edifici. In questo senso, il fotovoltaico come elemento che incide nella tariffa energetica pesa molto, ma se viene inserito nella ristrutturazione di un immobile costa meno, soprattutto se poi ci si sposta sulla fiscalità. Da parte nostra, il giudizio sarebbe favorevolissimo.
Ci sono alcuni studi che stiamo cercando di sviluppare, così come sta facendo Terna, sull'effetto di peak shaving del fotovoltaico. In teoria potrebbe far abbassare il costo di sistema nei momenti di picco. Noi non ne abbiamo tenuto conto per darvi semplicemente uno scenario di base inerziale. Siamo ben disponibili a lavorarci e ad affinarlo.
Sulle biomasse, è vero quello che dite però, per esempio, a quanto ci risulta ci sono tecnologie italiane ed estere estremamente interessanti sui biocarburanti, che ne sono parte integrante. Mentre sulle biomasse sembra che, tutto sommato, la tecnologia sia sufficientemente stabile, e quindi come ci siamo detti più volte la questione diventa logistica eccetera, per i biocarburanti sembra che non sia così.
L'aspetto implicito della nostra proposta, almeno nella parte relativa agli strumenti di mercato, è l'intento di non creare rendite di posizione e far sì che le tecnologie vengano messe a gara con un programma industriale che premi il più bravo. A tale scopo, se ben applicato, lo strumento di mercato è il migliore perché consente di superare tutti i tipi di asimmetria informativa che ci possono essere tra regolatore e regolato, tra noi, il GSE e


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i produttori. È una scommessa. Come abbiamo scritto, uno strumento non è meglio dell'altro, però ci deve essere un programma e ci devono essere trasparenza e stabilità.
Per quanto attiene alla coesistenza di più attori, alla frammentazione di competenze, noi abbiamo criticato questo aspetto in particolare nell'ambito dell'efficienza energetica anche all'interno della memoria che abbiamo presentato alla decima Commissione al Senato e alla Camera. Lo spezzettamento delle competenze fra troppi soggetti crea confusione e incertezza. Noi, come regolatore, ci sentiamo di garantire terzietà contro le pressioni delle lobby e di fare il nostro mestiere che è quello di stabilire tariffe e incentivi. Gli obiettivi non li fissiamo noi, spettano alla politica e all'esecutivo. Questa è la via.
Se GSE ed Enea saranno strumentali, ben venga. Hanno capacità tecniche a volte molto buone e potrebbero essere enti di supporto per noi. Questa è la nostra soluzione, fermo restando che se l'efficienza energetica sarà trattata come nel decreto n. 28 del 2011 ne prenderemo atto e faremo del nostro meglio.
Nella parte finale della memoria, chiediamo di poter fare il nostro mestiere di regolatori. Nel sistema siamo quelli chiamati a evitare che le lobby diventino troppo forti. Penso che questo sia il nostro punto di forza. Potrà apparire come un autoincensamento, ma è semplicemente il nostro ruolo.

LUIGI CARBONE, Componente dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas. Un ultimo accenno, riprendendo il punto sollevato dall'onorevole Realacci, ma anche da altri, sull'incertezza delle regole e sui costi burocratici (io rappresento il lato dei giuristi del collegio, che integra varie esperienze.
C'è un problema di saturazione virtuale delle reti e c'è un problema di saturazione reale. Quanto alla saturazione virtuale, l'eccessiva prenotazione delle reti, anche da parte di chi blocca più posti pur avendo soltanto un impianto, rappresenta oggettivamente una barriera all'ingresso.
Il precedente collegio aveva affrontato questo problema con soluzioni che sono state in parte sospese in via cautelare dal TAR della Lombardia. A giugno si deciderà sul merito. La situazione è sub iudice e il nuovo collegio si sta ponendo il problema di riconsiderare la questione. Il problema c'è, non ce lo nascondiamo, ed è allo studio una soluzione.
Accanto a questo c'è un problema di saturazione reale delle reti, cioè una difficoltà legata alle autorizzazioni e ai costi burocratici che impediscono una celere realizzazione delle reti che tutti sono d'accordo a fare.
Mi piace rilevare che di recente sono state approvate alcune semplificazioni normative di natura bipartisan. Alcuni progetti di legge del Governo precedente e altri che risalgono addirittura al Ministro Bassanini sono stati recuperati durante questa legislatura e approvati con una maggioranza abbastanza consistente. Uno di essi è la riforma della Conferenza dei servizi che dovrebbe consentire di superare alcuni veti burocratici esistenti a livello normativo.
Il problema oggi si sposta non tanto sull'impianto normativo, che potrebbe anche funzionare e che infatti in alcune parti del Paese funziona, ma sulla sua attuazione pratica, cioè sulla solerzia o meno dei dirigenti e dei funzionari delle varie amministrazioni preposte a lavorare, a partecipare alla Conferenza dei servizi, a porre problemi.
Ed è interessante riflettere sulle proposte per responsabilizzare gli uomini, piuttosto che le norme. L'idea del presidente Alessandri di una forma di federalismo energetico (nella nostra memoria non c'è) per assegnare eventualmente un incentivo o una penalizzazione all'amministrazione che, impedendo, per esempio, sul suo territorio la realizzazione di una rete, crea un sovrapprezzo energetico potrebbe essere valida.
Rilevo che adesso, in mancanza di queste soluzioni normative, c'è però un cambiamento culturale. È di due mesi fa una sentenza del Consiglio di Stato che per la prima volta, in modo molto chiaro,


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applica una norma, anche questa bipartisan, sul danno da ritardo. Per la prima volta una storia di ordinari ritardi, dovuti a tipici pareri eccetera, in cui un'autorizzazione è stata spostata di due anni ha visto condannare il comune a un danno anche abbastanza consistente. Se non troveremo dei meccanismi disincentivanti a monte, ci saranno dei meccanismi risarcitori a valle. È un dato di cui tener conto.

GUIDO BORTONI, Presidente dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas. Due flash a chiusura delle vostre interessanti domande sul quarto conto energia. La nostra memoria, riportando puntualmente conti e costi, non si permette di giudicare. Dal punto di vista del Paese, però, è innegabile che ci sia una caratteristica da sottolineare.
Probabilmente l'attuale tecnologia fotovoltaica non è la più efficiente e imporre al Paese immediatamente di dotarsi di quantità ingentissime di fotovoltaico è una scelta quanto meno da discutere.

ERMETE REALACCI. Non solo, sarebbe una scelta sbagliata.

GUIDO BORTONI, Presidente dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas. La seconda considerazione - forse sono stato troppo light all'inizio - riguarda gli obiettivi. Quel 17 per cento, per come è costruito, con le rinnovabili al numeratore e l'efficienza energetica al denominatore, premia i Paesi che hanno un'industria rinnovabile pronta a costruire e a esportare.
In Italia ci sono dei fermenti positivi circa l'attecchimento dell'industria rinnovabile, ma sono piccolissimi rispetto ad altri Paesi che rispondono al nome di Germania. Il nostro Paese da quel rapporto ha solo da perdere, proprio perché non possiede un'industria forte. In più, imporre ritmi di installazione così veloci (da 8000 a 23000 megawatt) aggiunge un ulteriore carico di penalizzazione per un Paese che non ha un tessuto industriale pronto.
Desideravo fare questa precisazione sul conto energia rispetto al sistema-paese anche se, come è stato detto dai miei colleghi, non è competenza dell'Autorità. Noi non elaboriamo politiche industriali, ma qui ci sentivamo di affermare quanto sopra.
Il presidente Alessandri aveva posto un punto importante sul Piano energetico. Ancora una volta, non è competenza nostra. Noi possiamo fare da consulenti a Parlamento e Governo perché siamo competenti in materia di energia, ma non vogliamo essere decisori. Sicuramente, però, nel Piano clima-energia un elemento importante da considerare, da discutere, da articolare, è l'elemento territorio.
Non dimentichiamo, infatti, che il territorio, l'uso del territorio è il primo fattore di input delle fonti rinnovabili. Esse si alimentano di territorio perché la fonte primaria è lì. È chiaro, quindi, che parlando di rinnovabili la competenza regionale è uno dei punti importanti da introdurre nel Piano energetico.
Per rispondere alla domanda se sarebbe utile o meno cambiare approccio e passare al carbon pricing, vorrei dire che nel passato abbiamo sperimentato approcci misti. Nel caso di incentivazioni non ambientali, il rischio è subire gli svantaggi di entrambi i sistemi e non permettere un coordinamento. Chi spinge oggi in Europa per il carbon pricing è la Francia, per ovvi motivi: consuma per l'80 per cento energia nucleare che è carbon free.
In un Paese come il nostro, che invece si basa per circa l'85 per cento sugli idrocarburi, l'approccio carbon pricing, teoricamente, potrebbe produrre un impatto molto forte in termini di addizionali. In secondo luogo, come è scritto nella memoria, il carbon pricing potrebbe presentare problemi applicativi enormi. Potrebbero prodursi effetti distorsivi e probabilmente distruggeremmo alcuni settori manifatturieri. Ma non vado oltre su questo punto.
Per quanto riguarda i registri, le graduatorie eccetera, siamo assolutamente d'accordo. Per noi la cosa migliore sarebbe


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superarli. Ci rendiamo conto però che, quando gli incentivi sono basati su una tariffa amministrata, non si può fare altro che tenere graduatorie e registri sulla base del principio first come, first served. Poiché c'è un contingente che viene pagato in una certa maniera, si devono ammettere accessi fino a un dato limite e quindi stilare una graduatoria. Questo può essere superato di colpo se si passa a strumenti di mercato. Un'allocazione praticata mediante lo strumento di prezzo consente di evitare i contingenti, i registri, le graduatorie.
Ho colto alcuni dubbi circa la capacità dello strumento di mercato di garantire certezza di floor, di «bancabilità» delle iniziative. Lo strumento di mercato che noi proponiamo ha comunque un floor minimo e gli investitori che partecipano alle aste hanno la possibilità di «bancare» il loro progetto. Non stiamo pensando a strumenti di mercato che vadano al ribasso selvaggio, ma a strumenti che consentano di creare efficienza abbassando l'incentivo, di evitare tutti i problemi di registro, graduatorie eccetera, e che siano assolutamente «bancabili».
Soprattutto, come è stato detto da tutti, stiamo proponendo strumenti stabili nel medio e lungo periodo e gestiti con rigore. Se ogni anno torniamo a metterci mano sia a livello di normativa primaria, che è campo vostro, sia di regolazione nostra o ministeriale, l'effetto vero è che finiamo solo per danneggiare il sistema.

PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas per la disponibilità dimostrata e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 10,20.

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