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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VIII
24.
Mercoledì 23 maggio 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Margiotta Salvatore, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE POLITICHE AMBIENTALI IN RELAZIONE ALLA PRODUZIONE DI ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI

Seguito dell'esame e approvazione del documento conclusivo:

Margiotta Salvatore, Presidente, Relatore ... 3 6
Lanzarin Manuela (LNP) ... 6
Piffari Sergio Michele (IdV) ... 5
Realacci Ermete (PD) ... 5 6
Zamparutti Elisabetta (PD) ... 3

ALLEGATI:
Allegato 1: Proposta di documento conclusivo alternativa presentata dall'onorevole Zamparutti ... 7
Allegato 2: Documento conclusivo approvato dalla Commissione ... 27
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL.

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COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 23 maggio 2012


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ALLEGATO 2

Indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla roduzione di energia da fonti rinnovabili.

DOCUMENTO CONCLUSIVO APPROVATO DALLA COMMISSIONE

1. IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

1.1 OBIETTIVI DELL'UNIONE EUROPEA

Nel campo delle energie rinnovabili rilievo centrale ha il «pacchetto clima-energia» adottato dal Consiglio europeo nel 2007. Si tratta di indirizzi e misure volti a combattere i cambiamenti climatici e a promuovere l'uso delle energie rinnovabili, che dovrebbe consentire alla UE, entro il 2020, di ridurre del 20 per cento le emissioni di gas a effetto serra (rispetto al 1990), di conseguire un risparmio energetico del 20 per cento e di aumentare al 20 per cento la quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale di energia.
Tra le misure, oltre alla decisione n. 406/2009/CE diretta a ridurre i livelli delle emissioni anche tramite una maggiore efficienza energetica, rientra anche la direttiva 2009/28/CE sulla promozione delle energie rinnovabili, che fissa obiettivi vincolanti per ciascuno Stato membro, coerenti con l'obiettivo medio europeo di una quota complessiva di energie rinnovabili sul consumo energetico finale pari almeno al 20 per cento nel 2020.
Per l'Italia tale quota complessiva di energie rinnovabili al 2020 dovrà essere non inferiore al 17 per cento del consumo complessivo nazionale di energia. In attuazione di tale direttiva, l'Italia ha adottato il Piano di Azione Nazionale (PAN) per le energie rinnovabili dell'Italia, trasmesso alla Commissione europea ai fini della valutazione della sua adeguatezza, che pianifica il progressivo accrescimento di tale quota dal 4,92 per cento del 2005 al 17 per cento del 2020(4). Nel giugno 2011 è stato altresì predisposto il secondo Piano d'Azione Nazionale per l'Efficienza Energetica (PAEE 2011), che intende dare seguito in modo coerente e continuativo ad azioni ed iniziative già previste nel PAEE2007 e si propone di presentare proposte di medio-lungo termine.

1.2 LEGISLAZIONE E POLITICA NAZIONALE DI SETTORE

Per concretizzare le previsioni del sopra menzionato Piano nazionale di azione per le energie rinnovabili, e in attuazione della citata direttiva 2009/28/CE, è stato adottato il decreto legislativo 28/2011 (in base a delega conferita dalla legge 96/2010).
Il decreto legislativo ha previsto: la razionalizzazione e l'adeguamento dei sistemi di incentivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili (energia elettrica, energia termica, biocarburanti) e di incremento dell'efficienza energetica, così da ridurre i relativi oneri in bolletta a carico dei consumatori; la semplificazione delle procedure autorizzative; lo sviluppo delle reti energetiche necessarie per il pieno sfruttamento delle fonti rinnovabili.
In tema di biocarburanti (e bioliquidi) è poi intervenuto il decreto legislativo 31 marzo 2011, n. 55 (di recepimento della


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direttiva 2009/30/CE) che prevede l'aggiornamento delle specifiche dei combustibili utilizzati nei trasporti (carburanti), fissate ai fini della riduzione delle emissioni inquinanti.
Particolarmente complesso si presenta, in Italia, il quadro degli incentivi alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Tali incentivi sono finanziati dalla collettività tramite le bollette dell'energia elettrica e costituiscono - come ha rilevato l'Autorità per l'energia nella sua audizione in Senato nell'ottobre 2010 - la voce di spesa di gran lunga più rilevante tra quelle finanziate dagli utenti sotto la voce «oneri generali di sistema». Coesistono, infatti, numerosi meccanismi di incentivazione (alcuni fondati su regimi di mercato e altri su regimi amministrativi) che vanno dalle «tariffe incentivate» in base alla delibera CIP 6/92 al sistema dei «certificati verdi», dal sistema «feed-in-tariffs» per gli impianti di minor potenza al sistema del «conto energia» utilizzato per gli impianti fotovoltaici, fino ai contributi a fondo perduto per talune energie rinnovabili. Secondo l'Autorità per l'energia «l'incentivazione del fotovoltaico in Italia è oggi una delle più profittevoli al mondo». In materia si sono susseguiti, in sei anni (dal 2005 ad oggi), quattro decreti del Ministro dello sviluppo economico per l'approvazione di altrettanti «Conto energia», con cui sono stati disciplinati modalità e misure di incentivazione riferiti ai diversi tipi di impianti da fotovoltaico. Il quarto e ultimo «Conto energia» è stato adottato con DM 5 maggio 2011. Risultano infine predisposti dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'Ambiente e il Ministro dell'Agricoltura, due schemi di decreti ministeriali in materia di energie rinnovabili. I due provvedimenti, all'esame della Conferenza Unificata, definiscono i nuovi incentivi per l'energia fotovoltaica (Quinto Conto Energia) e per le rinnovabili elettriche non fotovoltaiche (idroelettrico, geotermico, eolico, biomasse, biogas) (5).
Il principale meccanismo attuale di incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è costituito dai certificati verdi. Si tratta di titoli emessi dal Gestore dei servizi energetici (GSE ) e attestanti la produzione di energia da fonti rinnovabili. Sono stati introdotti nell'ordinamento nazionale dall'articolo 11 del decreto legislativo 79/1999 per superare il vecchio criterio di incentivazione noto come CIP 6. La legge 244/2007 (finanziaria 2008) ha delineato, peraltro, una ulteriore disciplina di incentivazione per gli impianti entrati in esercizio dopo il 31 dicembre 2007: il sistema dei certificati verdi è mantenuto per gli impianti di potenza superiore a 1MW, mentre per gli impianti di potenza elettrica non superiore


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a 1MW si attribuisce il diritto, in alternativa ai certificati verdi, ad una tariffa fissa onnicomprensiva variabile a seconda delle fonte utilizzata.
I certificati verdi possono essere utilizzati per assolvere all'obbligo, posto a carico dei produttori ed importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere nella rete elettrica, a decorrere dal 2002, una quota minima - crescente negli anni - di elettricità prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il 1o aprile 1999.
Il decreto legislativo 28/2011 sulle energie rinnovabili ha riformato i meccanismi incentivanti la produzione di elettricità da fonti rinnovabili per gli impianti entrati in esercizio dal 1o gennaio 2013, prevedendo un periodo di transizione dal sistema dei certificati verdi a un nuovo sistema consistente in tariffe fisse per i piccoli impianti (fino a 5 MW) e in aste al ribasso per gli impianti di taglia maggiore. Il GSE ritira annualmente i certificati verdi rilasciati per gli anni dal 2011 al 2015, in eccesso di offerta, ad un prezzo di ritiro pari al 78 per cento del prezzo definito secondo i criteri vigenti. A partire dal 2013 la quota d'obbligo di energia rinnovabile da immettere nel sistema elettrico si riduce linearmente negli anni successivi fino ad annullarsi per l'anno 2015.
Altre misure sulle fonti rinnovabili sono contenute nella legge 99/2009, tra cui si segnala quella che consente ai comuni di destinare aree del proprio patrimonio disponibile alla realizzazione di impianti per l'erogazione in «conto energia» (fotovoltaici) e di servizi di «scambio sul posto» dell'energia elettrica prodotta, da cedere a privati cittadini. La medesima legge contiene anche misure di semplificazione per l'installazione e l'esercizio di impianti di cogenerazione, prevedendo la semplice comunicazione all'autorità competente ai sensi del T.U. in materia edilizia (decreto del Presidente della Repubblica 380/2001) per le unità di microcogenerazione, fino a 50 kWe, e una denuncia di inizio attività (DIA) per gli impianti di piccola cogenerazione, fino a 1 MWe. Il provvedimento è intervenuto anche in materia di geotermia, con una delega al Governo finalizzata al riassetto della normativa in materia di ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche in modo da garantire un regime concorrenziale per l'utilizzo delle risorse ad alta temperatura e semplificare i procedimenti amministrativi per l'utilizzo delle risorse a bassa e media temperatura. In attuazione di tale delega è stato emanato il decreto legislativo 22/2010.
Infine, ulteriori disposizioni sulla produzione di energia da fonti rinnovabili, con riferimento in particolare alla realizzazione dei relativi impianti o agli incentivi concessi, si trovano nel decreto-legge 105/2010, convertito dalla L. 129/2010, mentre con il DM Sviluppo economico 10 settembre 2010 sono state emanate Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili(6).

1.3 PROMOZIONE DEL RISPARMIO ED EFFICIENZA ENERGETICA

Accanto alla liberalizzazione dei mercati energetici e allo sviluppo delle energie rinnovabili, la UE e i singoli Stati membri si sono mossi anche sul terreno della riduzione dei consumi attraverso il miglioramento della efficienza energetica. Lo strumento incentivante prescelto è stato quello dei «certificati bianchi» o «titoli di Efficienza Energetica».
Questo strumento di mercato che ha preso avvio nel gennaio 2005 per promuovere l'efficienza energetica negli usi finali. In particolare, i certificati bianchi servono


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per attestare il raggiungimento degli obiettivi di risparmio che le imprese distributrici di energia elettrica e gas devono conseguire, attraverso interventi e progetti per accrescere l'efficienza energetica negli usi finali di energia. La valutazione ed il controllo dei risparmi è affidata all'Autorità per l'energia elettrica e il gas (AEEG) che certifica i risparmi energetici ottenuti e autorizza poi il Gestore del mercato elettrico (GME) ad emettere i «certificati bianchi» in quantità pari ai risparmi certificati, a favore dei distributori, delle società controllate dagli stessi distributori o a favore di società operanti nel settore dei servizi energetici (ESCO). Per dimostrare di aver raggiunto gli obblighi di risparmio energetico e non incorrere in sanzioni dell'Autorità, i distributori devono consegnare annualmente all'Autorità un numero di 'titoli' equivalente all'obiettivo obbligatorio.
L'Autorità per l'energia elettrica e il gas ha pubblicato il Sesto Rapporto Annuale sui titoli di efficienza energetica, che rappresenta una sorta di bilancio dei primi sei anni di funzionamento dei certificati bianchi (gennaio 2005-31 maggio 2011) e da cui si evince che il meccanismo per promuovere l'efficienza energetica ha fatto risparmiare oltre 9,6 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio a livello nazionale.
Sul piano delle novità legislative, sono state approvate anche negli ultimi anni numerose misure a favore del risparmio e dell'efficienza energetica. In particolare, la legge 99/2009 prevede la predisposizione, entro il 31 dicembre 2009, di un piano straordinario, da trasmettere alla Commissione europea, volto ad accelerare l'attuazione dei programmi per l'efficienza e il risparmio energetico. Il piano dovrà contenere misure di coordinamento e armonizzazione delle funzioni e compiti in materia di efficienza energetica tra Stato ed enti territoriali, misure di promozione di nuova edilizia a risparmio energetico e riqualificazione degli edifici esistenti, incentivi per lo sviluppo di sistemi di microcogenerazione, sostegno della domanda di certificati bianchi e certificati verdi, misure di semplificazione amministrativa per lo sviluppo reale del mercato della generazione distribuita, definizione di indirizzi per l'acquisto e l'installazione di prodotti nuovi e per la sostituzione di prodotti, apparecchiature e processi con sistemi ad alta efficienza, misure volte ad agevolare l'accesso delle piccole e medie imprese all'autoproduzione.
Inoltre il Parlamento ha convertito in legge due provvedimenti d'urgenza recanti misure a sostegno del risparmio e dell'efficienza energetica consistenti in detrazioni fiscali. In particolare: il decreto-legge 185/2008, convertito dalla legge 2/2009, è intervenuto sulla disciplina relativa alla detrazione IRPEF del 55 per cento per le spese relative ad interventi di riqualificazione energetica degli edifici, introdotta dalla legge 296/2006 (finanziaria 2007) e prorogata sino a tutto il 2010 dalla legge 244/2007 (finanziaria 2008). Il decreto-legge ha disposto, in particolare, per le spese sostenute a decorrere dal 1o gennaio 2009, che i contribuenti interessati a tali detrazioni inviano all'Agenzia delle entrate apposita comunicazione e che la detrazione dall'imposta lorda deve essere ripartita in cinque rate annuali di pari importo e non più in tre rate. La legge 220/2010, legge di stabilità 2011, ha poi prorogato sino a tutto il 2011 il beneficio in questione, prevedendo che per le spese sostenute a decorrere dal 1o gennaio 2011 la detrazione deve essere ripartita in dieci rate annuali di pari importo. Da ultimo il decreto-legge 201/2011 (cd. «Salva italia», A.C. 4829) all'articolo 4 ha prorogato a tutto il 2012 gli incentivi già vigenti sul 55 per cento, annunciando nel contempo che dal 2013 detti incentivi saranno sostituiti con le detrazioni fiscali del 36 per cento già ora utilizzate per le ristrutturazioni edilizie.
Altre disposizioni in materia sono contenute in alcuni provvedimenti di attuazione di direttive comunitarie. Il decreto legislativo 56/2010 ha introdotto modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 115/2008, di attuazione della direttiva 2006/32/CE concernente l'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici. L'intervento normativo è volto a chiarire


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aspetti che potrebbero costituire un freno allo sviluppo dell'efficienza energetica e ad introdurre ulteriori elementi necessari allo sviluppo e alla promozione dei servizi energetici.
Con il decreto legislativo 15/2011 è stata recepita la direttiva 2009/125/CE sull'elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all'energia. Il decreto legislativo 28/2011, di attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione delle energie rinnovabili, interviene anche sui sistemi di incentivazione dell'efficienza energetica. Si dispone che gli interventi di incremento dell'efficienza energetica (e di produzione di energia termica da fonti rinnovabili) sono incentivati mediante contributi a valere sulle tariffe del gas naturale per gli interventi di piccole dimensioni o, per le altre fattispecie, mediante il rilascio dei certificati bianchi di cui si razionalizza la disciplina. L'articolo 13 di tale decreto legislativo interviene anche sulla certificazione energetica degli edifici, apportando alcune modifiche al D.lgs. 192/2005(7).
Infine, occorre ricordare che il disegno di legge comunitaria 2011 (A.C. 4623) contiene la nuova direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell'edilizia, che sostituisce la direttiva 2002/91/CE, abrogata dal 1o febbraio 2012.

2. IL PROGRAMMA E GLI ATTI DELL'INDAGINE CONOSCITIVA SULLE FONTI RINNOVABILI

L'Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi della VIII Commissione, nella riunione del 2 febbraio 2011, ha convenuto sull'opportunità di svolgere un'indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili. Tale opportunità era emersa nel corso della discussione congiunta delle risoluzioni 7-00350 Alessandri, 7-00356 Zamparutti, 7-00413 Piffari, 7-00446 Realacci e 7-00477 Pili sulle problematiche ambientali relative alla realizzazione di impianti eolici, in occasione della quale, su sollecitazione dell'allora Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Stefania Prestigiacomo, era stata evidenziata l'esigenza di un'indagine conoscitiva per affrontare organicamente la questione fondamentale del rapporto fra il rispetto degli impegni assunti dall'Italia in materia di riduzione delle emissioni di gas serra e la connessa necessità di mettere in campo adeguate politiche di promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili.
Acquisita, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del regolamento, l'intesa con il Presidente della Camera, l'indagine è stata quindi deliberata dalla Commissione nella seduta del 9 marzo 2011 con l'adozione di un programma avente ad oggetto sostanzialmente un approfondimento a largo spettro sull'adeguatezza del quadro normativo nazionale e della relativa fase di attuazione (in corso di predisposizione al momento della deliberazione dell'indagine conoscitiva) ai fini del conseguimento degli obiettivi europei e dei relativi impegni dell'Italia in ordine alla percentuale di energia prodotta da fonti rinnovabili, al fine di comprendere la capacità delle misure messe in campo a riorientare l'economia verso nuove produzioni, nuove tecnologie e competenze, e quindi verso nuovi scenari di compatibilità ambientale e di risparmio energetico.
Secondo quanto riportato nel programma, l'indagine conoscitiva - fondata su un duplice presupposto, il riconoscimento delle politiche ambientali come politiche di sviluppo e l'esigenza di una strategia di sviluppo sostenibile di alto profilo come risposta alla difficile congiuntura economica internazionale - intendeva


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porsi come «....un contributo per rafforzare azioni che devono muovere dal Ministero dell'ambiente, ma devono coinvolgere scelte del Governo nel suo complesso, indirizzando tutte le iniziative di crescita verso progetti che puntano a ridurre l'inquinamento, migliorare l'efficienza energetica, produrre energia da fonti sempre più pulite, costruire attorno alle attività sostenibili filiere economiche in grado di dispiegare un nuovo modello di sviluppo per il nostro Paese».
L'indagine conoscitiva quindi, partendo dall'assunto della «green economy» come nuovo modello di sviluppo verso cui sta virando la comunità internazionale e verso cui dovrà muoversi anche l'Italia, nasceva con l'intento di promuovere, partendo dall'analisi delle problematiche ambientali in tema di politiche per la promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili nell'ambito della lotta ai cambiamenti climatici, una più approfondita conoscenza delle questioni e delle proposte in campo, allo scopo di sostenere lo sforzo del Paese per raggiungere posizioni competitive nei settori dell'energia pulita e a basso costo.
Pertanto, gli obiettivi dell'indagine - espressamente elencati nel programma della stessa - erano individuati nei seguenti aspetti: «la verifica del livello di contributo effettivo alla lotta ai cambiamenti climatici ed alla realizzazione degli obiettivi del pacchetto clima-energia da parte degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili; la verifica del grado del necessario contemperamento tra l'obiettivo strategico di contenimento delle emissioni inquinanti con quello concreto di tutela ambientale dei territori interessati dalla realizzazione degli impianti, e quindi l'impatto paesaggistico e ambientale degli impianti medesimi, anche con riguardo agli effetti sull'assetto idrogeologico del suolo, sull'occupazione del territorio, sulla tutela della biodiversità, nonché sulle vocazioni turistiche delle zone interessate;la verifica delle procedure autorizzative soprattutto con riferimento alle nuove norme di semplificazione in materia di conferenza di servizi, DIA e SCIA; la valutazione dei criteri di buona progettazione, minor consumo di territorio e riutilizzo di aree degradate, quali elementi utili alla valutazione favorevole del progetto di impianto di produzione di energia elettrica;la verifica delle politiche regionali messe in atto per garantire il raggiungimento degli impegni assunti dall'Italia sul tema clima-energia, a partire dall'analisi delle normative regionali e del processo di recepimento delle misure adottate in ambito europeo e nazionale; la verifica del grado di partecipazione e di informazione delle popolazioni interessate dagli impianti, a partire dall'analisi della disciplina riguardante l'introduzione, in favore delle comunità locali, di misure compensative per il mancato uso alternativo del territorio.»
Il termine per la conclusione dell'indagine conoscitiva, originariamente fissato al 30 giugno 2011, è stato prorogato, da ultimo, al 31 marzo 2012.
Nella prima fase dell'indagine conoscitiva la Commissione ha concentrato la propria attenzione sui punti e sugli obiettivi fissati nel programma dell'indagine conoscitiva. Nella seconda fase, collocabile nel periodo successivo ai rilevanti fatti e accadimenti politici intervenuti in ambito internazionale e nazionale (disastro di Fukushima, referendum sul nucleare), la Commissione ha approfondito, nel corso delle audizioni, anche questioni diverse dall'impatto ambientale delle fonti rinnovabili, quali la opportunità di definire strategie e strumenti di sostegno della filiera in un'ottica di rafforzamento delle politiche ambientali come politiche di sviluppo, di ammodernamento complessivo del sistema produttivo del Paese e di riorientamento dell'azione delle istituzioni di governo ai diversi livelli territoriali.
L'indagine conoscitiva è stata quindi orientata verso tematiche e problematiche «nuove», sul piano della sensibilità politico-culturale prima ancora che su quello degli usuali profili di interesse e d'intervento della Commissione. In questo modo, gli accenni contenuti nel programma dell'indagine conoscitiva, da un lato, ad una concezione delle politiche ambientali come politiche di sviluppo e non di mera conservazione


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e, dall'altro, alla necessità di misure di promozione delle fonti rinnovabili intese come volano per la crescita economica e la progressiva affermazione di un nuovo modello di sviluppo «sostenibile» per il nostro Paese, hanno trovato nel concreto svolgimento delle audizioni, nel dialogo, spesso serrato, fra deputati e soggetti auditi, un primo e fondamentale terreno di verifica e di radicamento, che lascia aperta la possibilità, e forse l'opportunità, di una più ampia riflessione anche in ordine al ruolo e alle competenze dell'organo parlamentare.
L'acquisizione di elementi di conoscenza su temi quali quelli del costo del sistema italiano di incentivazione delle fonti rinnovabili (ed agli effetti negativi «scaricati» sulle famiglie e sulle imprese), della lacuna del quadro di riferimento normativo interno e dell'azione delle pubbliche amministrazioni, del ritardo della politica nella definizione di una strategia di sostegno delle rinnovabili finalmente coerente e sostenibile in termini ambientali, ma anche in termini economici e sociali, consente infatti alla Commissione di sottolineare con forza l'importanza di una rinnovata azione che ponga la questione non più eludibile della «centralità» delle politiche ambientali nell'ambito delle complessive politiche di governo e consenta al nostro Paese di muoversi in sintonia con le nuove impostazioni di lavoro e le nuove competenze delle istituzioni europee
Nel rinviare, quindi, per il dettaglio, ai resoconti delle audizioni effettuate, si riportano di seguito i principali dati di conoscenza raccolti e le principali questioni analizzate.

3. I dati raccolti.

Come già evidenziato, nella prima fase dell'indagine le audizioni hanno consentito di raccogliere dati molto interessanti sulla natura e sull'ampiezza dei fenomeni oggetto dell'attività conoscitiva della Commissione.
Così, ad esempio, le audizioni hanno anzitutto evidenziato il carattere molto sostenuto (in alcuni casi tumultuoso) della crescita delle energie rinnovabili in Italia nel primo decennio del secolo. Dai dati illustrati dai rappresentanti del GSE è emerso, ad esempio, che nel periodo compreso fra il 2000 e il 2010, la potenza installata degli impianti alimentati con fonti rinnovabili è aumentata di 11.986 megawatt (MW), passando da 18.335 a 30.321 MW con un aumento di oltre il 60 per cento.
Più in dettaglio, è stato evidenziato che i tre settori che si sono sviluppati e - che si presume - «che si svilupperanno» maggiormente sono l'eolico, le biomasse e il solare. Il citato aumento complessivo di quasi 12 mila MW ha riguardato infatti solo in piccola misura il settore idroelettrico e in misura ancor più ridotta quello geotermico, mentre è stato il settore eolico a dare il contributo più consistente, con un incremento di circa 5.500 MW, seguito dal fotovoltaico (più 3.500 megawatt) e dalle bioenergie (biomasse solide, compresa la parte biodegradabile dei rifiuti, biogas e bioliquidi) (più 1.700 megawatt).
I rappresentanti del GSE hanno, inoltre, riferito che analogo ritmo di sviluppo si è avuto anche in termini di produzione lorda di energia elettrica da fonti rinnovabili. Infatti, nel periodo 2000-2010, si è passati da 50.978 GWh a ben 75.576 GWh (secondo stime di Terna SpA) di produzione lorda di energia elettrica da fonti rinnovabili, con un aumento complessivo di oltre il 48 per cento. Anche in questo caso, poi,gli aumenti più significati sono stati registrati nei settori dell'eolico, del fotovoltaico (e delle bioenergie.
Tra tutti i settori citati, poi, quello del fotovoltaico ha avuto un trend ancor più sostenuto. Con riferimento al periodo 1o gennaio 2008 30 aprile 2011, si è passati da 87 MW di potenza installata a 4.913 MW (più 5.547 per cento). Allo scopo di dare un'immagine particolarmente immediata e incisiva del ritmo di crescita del fotovoltaico, i rappresentanti del GSE, auditi dalla Commissione il giorno 18 maggio 2011, hanno voluto aggiungere che («grazie ad un «contatore» che fornisce in tempo reale la situazione delle domande


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pervenute») nei diciotto giorni intercorrenti fra il 30 aprile e la data della loro audizione, il dato della potenza installata era ulteriormente aumentato fino a sfiorare i 5.200 MW. Allo stesso modo, il numero degli impianti è passato dai 7.647 dell'inizio del 2008 ai 198.663 del 30 aprile 2011 (più 2.498 per cento), crescendo ulteriormente nei successivi 18 giorni fino a superare i 200.000 il giorno dell'audizione. È il caso, infine, di ricordare che la produzione lorda di energia fotovoltaica è passata dai 39 GWh del 2007 ai 1.906 GWh del 2010 (più 4787 per cento).
Oltre alla raccolta di dati approfonditi e accurati sull'ampiezza e sul ritmo di crescita del settore, le audizioni hanno inoltre permesso di mettere a fuoco e di analizzare, nel dialogo diretto con i soggetti pubblici e privati che operano nel settore, le cause principali di tale fenomeno, le questioni che da esso sono scaturite, le possibili linee d'intervento per il loro efficace «governo» sotto il profilo delle politiche ambientali.
Prima di dare conto di tali aspetti, è opportuno ricordare, tuttavia, che le audizioni sono state un'occasione importante per analizzare e per valutare la congruità dei citati dati con gli obiettivi di politica ambientale assunti dall'Italia in sede europea ed internazionale e la loro coerenza con gli strumenti di politica ambientale ed energetica messi in campo dal nostro Paese per il raggiungimento di tali obiettivi, a partire dal Piano di azione nazionale per le rinnovabili (PAN) presentato nel luglio 2010 dal Governo italiano in sede europea e dall'emanazione del decreto legislativo 3 marzo 2011 n. 28 che ha recepito la direttiva europea 2009/28/CE sulla promozione di energia da fonti rinnovabili.
Sotto questo profilo, le audizioni hanno messo in evidenza luci ed ombre della situazione italiana, dovute non solo alle autonome spinte del mercato nazionale e internazionale verso lo sviluppo del settore delle rinnovabili, ma anche alla pesante crisi economica in atto e, in misura non irrilevante, dalle modalità e dai tempi di revisione e di adeguamento del quadro normativo nazionale di riferimento.
In particolare, per effetto dei citati fattori, l'Italia è venuta a trovarsi, complessivamente, in buona posizione rispetto al raggiungimento degli obiettivi europei di politica ambientale contenuti nel cosiddetto «pacchetto 20-20-20», ossia 20 per cento in più di energia prodotta da fonti rinnovabili riferita al consumo finale lordo di energia (per l'Italia, l'obiettivo assegnato è «più 17 per cento»), 20 per cento in meno di emissioni di gas a effetto serra e 20 per cento in più di efficienza energetica, obiettivo, quest'ultimo, ad oggi non ancora vincolante.
Le audizioni hanno peraltro consentito di entrare nel merito dei diversi scenari che compongono il quadro complessivo sintetizzato dai citati obiettivi del «pacchetto 20-20-20» e di verificare in questo modo che la buona posizione complessiva nella quale il Paese è venuto a trovarsi rispetto agli stessi è frutto di una sorta di compensazione venutasi a determinare fra settori cresciuti assai più del previsto (produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, in particolare nel settore del fotovoltaico) e settori in ritardo rispetto agli scenari ipotizzati in sede governativa (fonti rinnovabili termiche, vale a dire la quota di energia da fonti rinnovabili per la produzione di calore e di raffrescamento e la quota di energia da fonti rinnovabili nel settore dei trasporti).
Così, ad esempio, con riferimento al percorso per il raggiungimento del citato obiettivo del più 17 per cento (entro il 2020) di energia da fonti rinnovabili rispetto ai consumi finali lordi di energia, molti dei soggetti auditi hanno anzitutto sottolineato quanto sia importante centrare l'obiettivo complessivo di mantenere stabili i consumi complessivi di energia (nel PAN è indicata una variazione minima di tali consumi: da 131 a 133 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio), segnalando, anzi, che tale risultato non è affatto scontato.
In ogni caso, l'opinione generale degli auditi è stata che l'Italia riuscirà a conseguire


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l'obiettivo fissato nel PAN di una produzione complessiva di 112,5 terawattora al 2020 e che, anzi, tale obiettivo potrà essere raggiunto unicamente grazie alla produzione interna e dunque senza fare ricorso alla prevista importazione di 13/14 terawattora, grazie alla crescita maggiore di tutti i comparti rispetto a quanto previsto al momento della stesura del PAN e, in modo particolare, per effetto della tumultuosa crescita del fotovoltaico, che è certamente in grado di superare il target previsto al 2020 di 8,6 gigawatt.
Al tempo stesso, è stato evidenziato che, ai fini del conseguimento del citato obiettivo complessivo del più 17 per cento, i diversi settori di produzione dell'energia da fonti rinnovabili sono chiamati a dare ciascuno il proprio apporto, apporto che solo in parte è possibile e opportuno considerare «compensabile» in ragione della strutturale flessibilità del PAN. Al riguardo, ad esempio, è stato sottolineato il fatto che, oltre al settore elettrico, per il quale si è immaginata una crescita da 5 a 8,5 megatep (con un effetto moltiplicatore pari a 1,7, rispetto al valore di partenza del 2010), nel settore termico si dovrebbe passare da 3,2 a 10,4 megatep (con un effetto moltiplicatore pari a 3,2), e in quello dei trasporti da 0,7 a 2,5 megatep (con un effetto moltiplicatore pari a 3,5).
Se, dunque, la situazione è più che buona nel settore elettrico, con un aumento ben al di là delle previsioni nei comparti dell'eolico, delle biomasse e, soprattutto, del fotovoltaico, essa presenta ancora lacune e ritardi negli altri due settori - termico e dei trasporti -che tutti gli auditi hanno considerato necessario colmare in tempi rapidi.
In considerazione del fatto che i dati raccolti si riferiscono ad audizioni svolte ad alcuni mesi fa, si riportano nei seguenti grafici alcuni dati forniti dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, che riguardano rispettivamente la potenza efficiente lorda da fonti rinnovabili in Italia dal 1996 al 2011 (graf. 1) e la produzione lorda da fonti rinnovabili nello stesso periodo (graf. 2) con l'evidenziazione dell'apporto delle diverse fonti. Per dare un'idea dell'evoluzione nel corso degli anni, si riportano, inoltre, i dati relativi alla potenza efficiente lorda da fonti rinnovabili negli anni 1996, 2006 e 2011 (graf. 3) e all'energia lorda prodotta da fonti rinnovabili nelle tre citate annualità (graf. 4).


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4. L'IMPATTO AMBIENTALE DELLE FONTI RINNOVABILI: QUESTIONI E PROSPETTIVE

Premessi i dati sullo stato della filiera delle fonti rinnovabili in Italia, occorre evidenziare gli elementi emersi nel corso dell'indagine relativamente all'impatto ambientale delle politiche di sostegno delle rinnovabili.
Molti degli auditi, in particolare i rappresentanti del mondo dell'associazionismo ambientalista, ma anche quelli delle categorie professionali, hanno offerto all'attenzione della Commissione elementi di conoscenza e di giudizio importanti ed aggiornati sulla situazione determinatasi nel corso degli ultimi anni e sulle sue prospettive future.
In tal senso, i rappresentanti del WWF, con un approccio positivo al tema delle fonti rinnovabili, hanno evidenziato come manchi però in Italia una strategia energetica legata anche a un piano industriale che, quindi, non prenda in considerazione solo la produzione di energia rinnovabile, ma anche tutta la filiera e soprattutto individui, per quel che riguarda l'Italia, il ruolo peculiare che il nostro Paese ha nella filiera in questione. In quest'ottica è stata sottolineata l'esigenza di nuovo modello di sviluppo economico, centrato sulla green economy e dunque, sulla costruzione di una filiera nazionale integrata delle rinnovabili, con politiche di sostegno non solo alla fase della produzione di energia, ma anche a quella della produzione di componenti e materiali per l'energia e, soprattutto, a quella della ricerca e dell'innovazione tecnologica.
Parimenti, i rappresentanti del WWF hanno richiamato l'attenzione sull'esigenza di uno sviluppo delle fonti rinnovabili in sintonia con una pianificazione del territorio perché tali fonti comportano consumo di suolo e quindi richiedono una organica programmazione del territorio da parte delle regioni e dei comuni, strumento essenziale per governare in modo sostenibile i processi di realizzazione degli impianti di energia da fonti rinnovabili e scongiurare il rischio concreto che questo settore entri in competizione e in conflitto con l'agricoltura e con i valori fondamentali della tutela del paesaggio, della natura e della biodiversità. In un'ottica di mitigazione dell'impatto ambientale degli impianti alimentati da fonti rinnovabili si muovono anche le proposte dei rappresentanti del WWF di considerare prioritariamente l'installazione di tali impianti nelle aree industriali dimesse o nei siti inquinati e, per il fotovoltaico, sui tetti degli edifici e dei capannoni industriali o sulle coperture dei distributori di carburante e dei parcheggi.
Sulla ragionevolezza di una scelta energetica in favore delle fonti rinnovabili si sono espressi anche i rappresentanti di Legambiente che, partendo dai dati al 2010 della diffusione delle «nuove fonti rinnovabili» (quasi il 20 per cento dei consumi elettrici delle famiglie), esclusi, quindi, la geotermia di vecchio stampo e l'idroelettrico storico, nonché dai dati del ricorso da parte degli enti comunali italiani ad almeno una fonte di energia rinnovabile (circa il 94 per cento dei comuni), e dai dati degli occupati diretti o dell'indotto (circa 100 mila occupati), hanno rilevato come alla forte crescita e diffusione di tale settore debba corrispondere una politica di pianificazione circa la corretta integrazione degli impianti nel paesaggio. In questa prospettiva i rappresentanti di Legambiente hanno accolto con favore l'approvazione delle Linee guida per l'inserimento degli impianti da fonti rinnovabili nel paesaggio, con le quali le regioni hanno acquisito la piena potestà per stabilire le condizioni per il più efficace e integrato sviluppo degli impianti nel territorio. Tale potestà - secondo il monitoraggio presentato alla Commissione da Legambiente - risultava essere stata esercitata, alla data del giugno 2011 - da 15 regioni, ma solo in Puglia e nella provincia di Bolzano si era tradotta nella definizione di un quadro completo, con indicazioni per tutte le fonti rinnovabili, inoltre nella traduzione regionale delle Linee guida è stata rilevata dai rappresentanti di Legambiente l'assenza di una visione di accompagnamento


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dello sviluppo delle fonti rinnovabili all'interno dei diversi territori.
Legambiente ha quindi fatto presente: la necessità di una politica di burden sharing, ossia di ripartizione tra tutte le regioni dell'obiettivo assegnato all'Italia in sede europea dell'aumento del 17 per cento, entro il 2020, della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili sul consumo complessivo di energia (vedi sul punto paragrafo 1), in modo da suddividere l'onore e l'onere dell'installazione di fonti rinnovabili fra tutte le regioni italiane, ciascuna con la propria specificità, sempre nella consapevolezza degli obiettivi europei al 2020 per l'energia e il clima come sfida di innovazione, intorno alla quale innescare politiche sia di spinta alle rinnovabili che di efficienza energetica, con grandi vantaggi in termini di minori importazioni, bollette meno care; l'esigenza di semplificazione e quindi di regole chiare per gli investitori; la necessità di certezze per gli incentivi in un'ottica comunque di progressiva riduzione verso la grid parity.
I rappresentanti di Italia Nostra, premesso l'orientamento favorevole allo sviluppo delle fonti rinnovabili in una strategia energetica del Paese, hanno quindi evidenziato come le caratteristiche dell'Italia (Paese a bassa ventosità media, relativamente piccolo, densamente popolato, ricchissimo di valori paesaggistici, storico-culturali) dovrebbero far propendere per uno sfruttamento dell'energia solare e di quella geotermica, abbandonando quindi la strada dell'energia eolica, i cui impianti sono stati ritenuti fonti di danni ambientali in diverse aree di straordinario valore paesaggistico e naturalistico, quasi sempre nelle regioni del Sud.
Gli stessi rappresentanti di Italia Nostra hanno quindi denunciato, al momento dell'audizione, il ritardo nella pubblicazione del cosiddetto burden sharing regionale, considerato uno strumento fondamentale per fare in modo che gli obblighi assunti in sede internazionale siano concretamente tradotti in impegni e in azioni a livello nazionale, ma anche a livello regionale e locale, e che le istituzioni di governo territoriale emanino strumenti programmatici e linee guida per i procedimenti amministrativi coerenti e omogenei e mettano in campo quindi azioni condivise nel rispetto dei tempi. È stato infatti affermato che il burden sharing sia essenziale per scongiurare il rischio di comportamenti amministrativi non corretti e del diffondersi di una distorta visione che, soprattutto a livello comunale, porti gli enti comunali a considerare l'installazione sul loro territorio di impianti di questo tipo non come un bene utile per tutta la collettività, ma come una forma di rendita vitalizia a proprio vantaggio o di surrettizio supporto alla disastrata situazione della finanza locale.
Diversamente i rappresentanti di Mountain Wilderness, del Comitato nazionale del Paesaggio e di Amici della Terra, hanno manifestato una posizione critica su alcune specie di fonti rinnovabili e, in particolare, sulla proliferazione incontrollata di impianti eolici industriali di grandi dimensioni che mette a repentaglio parti rilevanti del paesaggio italiano e dunque del suo patrimonio storico, artistico e culturale. In quest'ottica sono state avanzate anche proposte di moratoria nell'installazione di nuovi impianti eolici, ovvero di un parziale smantellamento di quelli esistenti con loro riconversione in impianti fotovoltaici. Ad avviso di tali rappresentanti occorrerebbe infatti considerare le esternalità negative di gran parte delle fonti rinnovabili (consumo di suolo, trasformazione del territorio, dissesto idrogeologico, impatti diretti e indiretti sulla fauna, perdita di biodiversità) e occorrerebbe valutare attentamente che il modo più efficiente per ridurre le emissioni di CO2 trova esplicazione negli interventi di efficienza energetica e nell'utilizzo delle rinnovabili termiche, ritenute peraltro meno costose rispetto a quelle elettriche.
In modo forse meno esplicito, sono state inoltre rivolte critiche anche alla installazione di impianti eolici e fotovoltaici «più piccoli», fino ad un megawatt di potenza, ed al crescente aumento di impianti a biomasse che, complessivamente considerati, rischiano, da un lato, di sottrarre


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terreno all'agricoltura e, dall'altro, di dirottare dalle colture alimentari a quelle industriali le attività agricole anche in ambito nazionale, dopo che in ambito internazionale si sono già diffusi i gravi effetti, ambientali e sociali, delle operazioni di conversione di amplissimi territori naturali talvolta molto preziosi in diverse parti del pianeta, come, per esempio le foreste, in colture a scopo energetico.
Dai rappresentanti della LIPU è giunta invece la richiesta di una revisione complessiva del quadro normativo interno che preveda: una ridefinizione degli incentivi all'eolico soprattutto secondo una griglia di criteri paesaggistici e ambientali e un subordinamento della potenza eolica prevista nel PAN a una reale sostenibilità naturalistico-ambientale; un riorientamento delle nuove risorse finanziarie disponibili verso la ricerca e l'innovazione tecnologica e in direzione dello sviluppo delle rinnovabili termiche e di quelle applicate al settore dei trasporti, nonché in direzione di un rafforzamento degli strumenti a sostegno del risparmio e dell'efficienza energetica piuttosto che verso l'installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

5. LE FONTI RINNOVABILI COME DRIVER DELLA CRESCITA: LE PRINCIPALI CRITICITÀ

Come già anticipato, nel corso della prima fase dell'indagine conoscitiva sono venuti progressivamente emergendo temi ulteriori rispetto a quello dell'impatto ambientale delle fonti rinnovabili.
Tali ulteriori questioni, dalla analisi dei costi del sistema italiano degli incentivi alle fonti rinnovabili alla discussione sulle misure per la costruzione ed il sostegno di una filiera integrata nazionale delle rinnovabili fino al progressivo emergere di una rinnovata consapevolezza del ruolo delle fonti rinnovabili come volano per la ripresa economica del Paese e per la progressiva affermazione di un nuovo modello di sviluppo «sostenibile», hanno potuto contare sulla ricchezza dei contributi offerti dai soggetti auditi.
La prima e la più generale fra le questioni emerse nel corso dell'indagine conoscitiva è stata quella relativa alla possibilità o meno di considerare le politiche di sviluppo delle fonti rinnovabili nei settori dell'elettricità, della generazione del calore e nei trasporti, insieme con l'efficienza energetica, come una occasione non solo per alcune innovazioni positive, dalla diversificazione degli approvvigionamenti all'abbattimento delle emissioni di CO2, ma anche per la creazione di una filiera industriale capace di un autonomo sviluppo e, perfino, di produrre in forma strutturale un cambiamento del sistema energetico e produttivo del Paese.
A questa prima questione, le audizioni dei rappresentati degli operatori del mercato e delle associazioni di categoria, ma anche dei rappresentanti dei soggetti istituzionali, di regolazione e di ricerca, hanno consentito di rispondere affermativamente. Le rinnovabili possono essere davvero un fattore di spinta anticiclico e di ripresa dell'economia italiana, ma a condizione di affrontare le principali criticità che attualmente minano le possibilità di sviluppo di lungo periodo del settore, ancorando il settore delle rinnovabili ai principi e alle regole di mercato, mettendolo al riparo da logiche assistenzialistiche e speculative, ponendo al centro della sua costruzione il principio della sostenibilità, non solo ambientale, ma anche economica e sociale.

5.1 Il costo degli incentivi.

Le audizioni hanno permesso di evidenziare, anzitutto, quale criticità degna di particolare attenzione quella rappresentata dall'elevato costo del sistema italiano di incentivazione delle rinnovabili. Come affermato dal presidente dell'ISTAT, «la crescita rapida nel settore delle energie da fonti rinnovabili è stata favorita da una politica di incentivi estremamente generosa per la generazione elettrica, nonostante le manchevolezze nelle procedure autorizzative, nella rimodulazione degli incentivi e nell'accesso alla rete, che sono state affrontate,


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parzialmente, solo nell'ultimo biennio».
Molti degli auditi, inoltre, hanno fornito eloquenti dati di confronto fra il livello degli incentivi italiani e quello dei partner europei del nostro Paese. L'ENEL, ad esempio, ha segnalato negativamente che, qualora si dovessero applicare le tariffe tedesche alla capacità di fotovoltaico installata in Italia al 2010, il costo per i consumatori, che attualmente è compreso tra i 3 e i 3,5 miliardi di euro all'anno, «si ridurrebbe a meno di 2,5 miliardi di euro all'anno», con una diminuzione molto forte (fra il 16,6 e il 33,3 per cento) del costo delle rinnovabili sulla bolletta elettrica dei cittadini e delle imprese.
Inoltre, secondo le stime effettuate dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, il costo annuo delle incentivazioni delle fonti rinnovabili che confluiranno nella bolletta si potrà attestare, al 2020, intorno a un valore di 12 miliardi di euro, comportando, quindi, per gli anni 2010-2020 un onere di 100 miliardi di euro complessivi a carico dei cittadini, delle famiglie e delle imprese del nostro Paese.
Sulla questione del costo eccessivo degli incentivi, soprattutto nel settore elettrico, hanno insistito anche i rappresentanti di Confindustria che hanno denunciato l'attuale sistema di incentivazione («ha una rilevanza enorme sul costo complessivo dell'energia per il sistema industriale, un costo devastante») e hanno sottolineato la necessità urgente di una loro riparametrazione sui livelli prevalenti nel mercato europeo, in ragione del duplice fatto «che il mercato elettrico europeo è un mercato integrato e che lo è, «purtroppo», anche il mercato dei capitali!».
All'opposto, alcuni operatori del mercato e alcune associazioni di categoria, pur riconoscendo l'esigenza di un attento monitoraggio del livello degli incentivi, al fine di scongiurare il rischio di fenomeni distorsivi del mercato e di interventi ispirati a logiche puramente speculative, hanno sottolineato il fatto che le misure di sostegno alla produzione di energia da fonti rinnovabili hanno un forte, positivo ritorno sia per l'erario che per la collettività nazionale.
I rappresentanti di APER, di Greenpeace, di operatori del mercato o come Power-One Italia e Solon, hanno tenuto a sottolineare i benefici prodotti dalle rinnovabili, direttamente o indirettamente, in termini di diminuzione delle importazioni di fonti fossili e quindi di risparmio sulla bolletta energetica del Paese, di costi che saranno evitati, a partire dal 2013, per l'acquisto di quote di emissione di CO2, di minor costo dell'energia prodotta nelle ore e nei periodi di picco della domanda, nonché di maggior gettito di IVA, IRPEF, IRPEG e IRAP per l'erario e di nuova occupazione qualificata in settori tecnologicamente innovativi.
Lo stesso presidente dell'ISTAT ha riconosciuto che in un Paese come l'Italia, che dipende dall'estero per oltre l'80 per cento del proprio fabbisogno energetico (contro il 55 per cento circa della media UE) e che, nel solo 2010, ha fatto segnare un disavanzo energetico che ha pesato per 52 miliardi di euro sulla bilancia commerciale, le fonti rinnovabili costituiscono un importante elemento di risparmio nei conti con l'estero stimabile in 6-7 miliardi di euro. Peraltro sempre il presidente dell'ISTAT, con riferimento al fotovoltaico, ha precisato che lo sviluppo incontrollato e la perdurante mancanza di una robusta filiera industriale nazionale hanno finito per determinare (per effetto della massiccia importazione di componentistica per pannelli fotovoltaici) un passivo commerciale stimabile nel 2010 in oltre 8 miliardi di euro.
In ogni caso, quasi unanimemente, è stata riconosciuta la necessità di una revisione al ribasso degli incentivi, in ragione della diminuzione dei costi degli impianti, di un indifferibile contenimento degli oneri a carico dei cittadini e delle imprese (da più parti stimati, per il solo comparto del fotovoltaico, intorno ai 6-7 miliardi di euro nel 2011), e, non ultimo, dell'esigenza di «non crescere troppo e troppo in fretta» se davvero si vuole riuscire nell'intento di battere ogni logica speculativa


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e di massimizzare le ricadute positive della crescita delle rinnovabili sull'intero sistema economico, orientando gli investimenti non solo sull'eolico e sul fotovoltaico (per i quali, peraltro, l'Italia non aveva - e in parte ancora non ha - un'industria pronta), ma anche sulle filiere tecnologiche, sulla manifattura e sulla ricerca, che potevano e possono senz'altro produrre effetti positivi e ripercussioni interessanti per l'intero sistema economico, come del resto già avvenuto in altri Paesi.

5.2 La mancanza di certezza del quadro normativo.

La stabilità e la completezza e chiarezza del quadro normativo di riferimento rappresentano la seconda criticità evidenziata dagli auditi l'indagine conoscitiva. Rappresentanti di aziende leader sul mercato e rappresentanti del sistema delle piccole imprese, del mondo dell'associazionismo e della cooperazione, degli istituti di ricerca e delle istituzioni territoriali hanno posto la questione della ineludibile necessità di un quadro normativo chiaro e stabile nel medio-lungo-periodo in modo da porre fine ai continui «stop and go» nel regime degli incentivi.
Più nello specifico, molti degli auditi hanno lamentato il grave ritardo (7 anni) con cui si è proceduto all'emanazione delle linee guida governative in materia di autorizzazioni per la realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Come da più parti sottolineato, questo ritardo ha portato inevitabilmente all'accumularsi di un oneroso e defatigante contenzioso, oltre che all'inaccettabile aumento dei cosiddetti «oneri di sistema» a carico delle imprese che volevano fare investimenti.
Ed anche oggi, che in parte si è provveduto a colmare almeno le lacune più gravi (con la predisposizione del Piano d'azione per le energie rinnovabili e delle citate linee guida per l'autorizzazione all'installazione degli impianti, l'emanazione del decreto legislativo n. 28 del 2011 e del cosiddetto «Quarto conto energia»), da più parti, al momento dell'audizione, è stata denunciata la mancata pubblicazione di provvedimenti governativi fondamentali per una pianificazione di medio-lungo termine degli investimenti e degli interventi, come i due decreti sul fotovoltaico («Quinto conto energia») e sulle altre fonti rinnovabili o come il decreto sul cosiddetto «burden sharing regionale».
Inoltre, da parte di quasi tutti gli auditi è stato segnalato l'ulteriore dato negativo, rappresentato dal fatto che ai gravi ritardi nella emanazione degli atti normativi, si siano sommati, anche in questo caso, ritardi altrettanto gravi e inaccettabili, da un lato, nella pubblicazione dei provvedimenti attuativi e applicativi di quegli stessi atti normativi e, dall'altro, nell'approntamento degli indispensabili strumenti e strutture amministrativi di monitoraggio della tempistica delle procedure e, più in generale, di controllo e verifica dell'efficacia e dell'impatto degli atti normativi e dei provvedimenti amministrativi adottati.
I rappresentanti di Edison SpA, ad esempio, sentiti solo un mese dopo l'emanazione del decreto legislativo n. 28 del 2011, hanno ritenuto di dover sottolineare che «il decreto legislativo, così come strutturato, non è assolutamente efficace se non si definisce la tariffa a regime per il fotovoltaico ma anche per l'eolico, per le biomasse e per l'idroelettrico. Ci sono numerosi investimenti avviati e bloccati - così, testualmente - perché non si conoscono i decreti attuativi e, quindi, la definizione economica del loro rendimento...[che non può che dipendere] in particolare... dalla tariffa per tipologie di intervento (tecnologie e taglia), dal periodo dell'incentivo [predeterminato o commisurato alla vita media utile di ogni impianto e] dalla soglia di potenza per l'accesso al meccanismo delle aste».
A loro volta, i rappresentanti del GSE, auditi ad un mese e mezzo dall'emanazione del citato decreto legislativo n. 28 del 2011, nel sottolineare il numero «copioso» dei decreti attuativi (ben venti decreti) hanno formulato un vivo auspicio che si riuscisse ad averli entro il termine


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massimo prescritto di sei mesi dall'entrata in vigore del medesimo decreto legislativo.
Purtroppo, è qui il caso di segnalare che ad oltre un anno dall'entrata in vigore di quel provvedimento legislativo, molti dei venti decreti attuativi non sono stati emanati. Così come solo alcune delle regioni hanno fatto proprie le sopra citate linee guida governative in materia di autorizzazione alla realizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, senza considerare poi l'esigenza di identificare e mettere in campo meccanismi e strumenti normativi e procedurali semplici, capaci di durare nel tempo, di consentire un monitoraggio continuo, di eliminare e ridurre al minimo il rischio del contenzioso, di agevolare i controlli sul rispetto da parte delle regioni e degli enti locali dei criteri e dei parametri normativi fissati e dell'adeguamento delle loro strutture organizzative.

5.3 Lo squilibrio del sistema degli incentivi.

La terza criticità emersa dalle audizioni è relativa allo squilibrio del sistema degli incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili verso il settore elettrico (e al suo interno verso il comparto del fotovoltaico e dell'eolico), a danno dei settori del calore e dei trasporti, nonché a danno delle azioni per il risparmio energetico e per il miglioramento dell'efficienza energetica nell'industria e nell'edilizia in modo particolare.
Senza ripetere cose e concetti già detti in precedenza, sembra opportuno dare conto qui, quantomeno, della questione dell'efficienza energetica, considerata da tutti gli auditi uno strumento «efficace per migliorare la sicurezza degli approvvigionamenti, ridurre le emissioni di CO2 e anche per contribuire a superare la crisi economica, visto che l'impatto sulla filiera industriale italiana sarebbe certamente molto forte e positivo». In virtù di tale giudizio, Nomisma ha poi sottolineato l'urgenza di procedere, anzitutto, al recepimento della direttiva 2010/31/CE, molto importante per le nuove costruzioni e per quelle investite da rilevanti interventi di ristrutturazione edilizia. Inoltre, la stessa associazione ha sottolineato l'importanza di interventi sul patrimonio edilizio esistente, anche in considerazione del fatto che «l'energia impiegata in Italia nel settore civile incide per il 36 per cento sul totale dei consumi nazionali di energia».
Analogamente, i rappresentanti dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas hanno sostenuto che, stante l'attuale livello dei costi nei diversi settori, la maggiore convenienza risiederebbe nella promozione dell'efficienza energetica, oltre che nella promozione dell'energia termica, da considerare non in alternativa ma in termini di complementarietà rispetto al percorso di promozione e sviluppo della produzione di energia da fonti rinnovabili. A riprova di tale valutazione, è stata presentata una stima secondo la quale mentre «un TEP in più di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili comporta un onere annuo di circa 930 euro nel caso di fonti incentivate con gli attuali certificati verdi, e di circa 3500 euro nel caso del fotovoltaico (che, nella curva dei costi delle rinnovabili, è la fonte a oggi più costosa), lo stesso TEP in meno nei consumi finali per effetto di interventi di risparmio energetico comporta un incentivo e dunque un onere annuo di meno di 100 euro».
A sua volta, l'ENEA ha osservato che «investire per cambiare il paradigma del bilancio energetico del Paese senza agire massimamente sull'efficienza energetica è come versare acqua in un secchio, con un buco che perde acqua». Per questo, secondo l'ENEA «bisogna assicurarsi assolutamente che le cifre di efficienza energetica siano al massimo livello».
Quanto alle proposte per il miglioramento dell'efficienza energetica, vale la pena di segnalare, anzitutto, che molti degli auditi hanno sottolineato l'opportunità di procedere alla conferma e alla stabilizzazione delle agevolazioni fiscali che consentono la detrazione del 55 per cento delle spese sostenute per l'efficientamento energetico degli edifici.
Dai rappresentanti di Nomisma è pervenuta, inoltre, la proposta di prendere in


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considerazione le buone pratiche adottate in Paesi come la Francia, dove, in attesa della prevista emanazione di una specifica disciplina europea, è stato deciso di procedere ad un monitoraggio delle emissioni di CO2 complessivamente prodotte dal patrimonio edilizio pubblico, ai fini della riduzione di almeno il 40 per cento dei consumi di energia e di almeno il 50 per cento delle emissioni di gas a effetto serra degli edifici pubblici nell'arco temporale di otto anni.

6. Ulteriori questioni.

Oltre alle questioni sopra riportate, nel corso delle audizioni svolte dalla Commissione sono emerse ulteriori problematiche, di carattere più settoriale, di cui, per la loro rilevanza all'interno del sistema delle fonti rinnovabili, è opportuno dare conto.
In tal senso, occorre segnalare innanzitutto la questione, più volte sottolineata nel corso delle audizioni, d ella necessità di interventi diretti a promuovere lo sviluppo e l'ammodernamento della rete elettrica, considerata elemento fondamentale per un effettivo potenziamento della produzione di elettricità da fonti rinnovabili. Sotto questo profilo, vanno evidenziate almeno due aspetti: il primo relativo alla necessità di continuare a «sensibilizzazione» Terna SpA e gli operatori di reti di distribuzione, affinché gli impianti necessari per il trasporto dell'energia elettrica siano potenziati in tempi più rapidi e nel modo più coerente possibile con lo sviluppo degli impianti da fonti rinnovabili, tenendo presente, in particolare, la necessità di superare l'attuale situazione, per la quale spesso gli impianti di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile non possono essere, come si dice in termini tecnici, «dispacciati», cioè non possono produrre, a causa di limitazioni strutturali delle rete di trasporto dell'energia.
Il secondo aspetto attiene alla promozione degli investimenti e degli interventi necessari a garantire tempi certi di allacciamento degli impianti alle reti, superando, se necessario, l'attuale sistema risarcitorio che rappresenta l'unico strumento attualmente esistente, rivelatosi del tutto insufficiente a risolvere il problema dei ritardi negli allacciamenti degli impianti alle reti, a tutela degli operatori che subiscono un danno per effetto dei citati ritardi nell'allacciamento del proprio impianto.
Al tempo stesso, da più parti si è riconosciuta la necessità di intervenire in tempi rapidi per stroncare il pericoloso fenomeno di un'abnorme crescita delle richieste di connessione. Al riguardo, i rappresentanti di Terna SpA hanno riferito che, con riferimento ai soli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili superiori ai 10 megawatt, le richieste di connessione ammontavano un anno fa ad una potenza totale di oltre 130 mila megawatt, a fronte di una potenza massima di poco più di 56.000 megawatt di energia. Si tratta, con ogni evidenza, di un mercato fatto di richieste di connessione, totalmente scollato dal mercato fatto di impianti e foriero sicuramente di gravi distorsioni e di altrettanto gravi fenomeni speculativi e forse anche di inammissibili fenomeni di illegalità.
Un'ulteriore questione riguarda il previsto superamento del sistema di incentivazione tramite certificati verdi delle fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico (eolico, geotermico, biomasse solide, compresa la parte biodegradabile dei rifiuti, biogas, eccetera), disposto - come già detto - dal decreto legislativo 28/2011, e l'entrata in vigore, a partire dal 1o gennaio 2013, di un nuovo sistema basato su tariffe fisse per i piccoli impianti (fino a 5 MW) e su aste al ribasso per gli impianti di taglia maggiore.
Così, ad esempio, mentre l'Autorità per l'energia elettrica e il gas ed i rappresentanti di taluni operatori del mercato hanno giudicato molto positivamente il meccanismo dell'asta al ribasso, ritenuto uno strumento di implementazione degli elementi di competitività del sistema in forza della sua naturale capacità di evitare quelle asimmetrie informative che «fatalmente generano rendite di posizione», da parte di altri si è espressa una valutazione molto più prudente.


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In tal senso, pur riconoscendosi che, in astratto, il meccanismo delle aste è corretto ed efficiente, si è ritenuto di dover focalizzare l'attenzione sulle preoccupazioni relative alla sua effettiva applicabilità, rappresentando, ad esempio, la possibile situazione nella quale «si realizzano progetti di impianti, si ottengono le autorizzazioni, ma non si riesce a partire con gli investimenti perché tutto sarà collegato all'asta... all'espletamento delle procedure delle aste» e al rischio che meccanismi e procedure amministrative «complesse» come quelle delle aste si prestino in Italia ad appesantimenti burocratici e all'emergere di un contenzioso onerosissimo e paralizzante.
Infine, occorre segnalare un'ultima questione, e segnatamente quella relativa alla definizione di regole e meccanismi capaci di tenere insieme l'obiettivo della promozione degli impianti a biomasse (anche come strumento per un uso più efficiente dei rifiuti, dei reflui zootecnici e dei sottoprodotti delle attività agricole e forestali) e quello, se possibile ancor più fondamentale, della vocazione alimentare delle attività agricole, che nel nostro Paese significa prima di tutto vocazione alla produzione di cibo di qualità.
Sotto tale profilo, le audizioni hanno consentito progressivamente di far emergere alcuni elementi imprescindibili che devono presiedere allo sviluppo, quasi unanimemente sostenuto, di questo comparto di produzione di calore e di energia elettrica e della connessa filiera agricola. Si tratta dello sviluppo di impianti a biomasse, ma entro un quadro complessivo fondato su una loro equilibrata integrazione nelle pianificazioni urbanistiche, della priorità riconosciuta alla realizzazione di impianti di piccola taglia, alimentati da filiere «corte», che garantiscono un bilancio energetico positivo consentono all'agricoltore di rimanere «al centro del sistema», anche dal punto di vista dell'incremento del reddito garantito dalla riconversione a fini di produzione di energia delle attività agricole.

7. Conclusioni.

Le risultanze dell'indagine conoscitiva consentono alla Commissione di confermare quanto già enucleato nel programma dell'indagine medesima che - è bene ricordare - partiva dalla consapevolezza della «green economy» come nuovo modello di sviluppo verso cui l'Italia deve necessariamente muoversi, anche al fine di garantire gli impegni internazionali assunti nell'ambito della lotta ai cambiamenti climatici.
Nella crisi grave economica che stiamo vivendo le fonti rinnovabili nel loro insieme (dal solare, all'eolico, alle biomasse, ed altro), insieme all'efficienza energetica, all'innovazione, alla ricerca, e in generale a tutti i settori della green economy, rappresentano un importante volano per la ripresa dell'economia, oltre a consentire all'Italia il conseguimento degli obiettivi in materia di riduzione delle emissioni di CO2 e a rendere il nostro Paese più competitivo.
Le energie rinnovabili, che rappresentano uno dei settori più rilevanti della green economy; potranno giocare un ruolo strategico nella messa a punto di un nuovo modello di sviluppo, che riequilibri i fattori economici, sociali e ambientali, consentendo quindi di fronteggiare in modo innovativo le difficoltà dell'attuale contesto economico.
Se si considerano i benefici che potranno derivare dall'espansione della filiera delle fonti rinnovabili sia in termini di maggiore occupazione, di riduzione delle emissioni di CO2, di mancato import di combustibili fossili, di export netto nell'industria e di riduzione del prezzo di picco dell'energia, si comprende la rilevanza che la Commissione attribuisce a tale settore nel cui ambito occorrerà comunque garantire la dovuta tutela dell'ambiente e del paesaggio.
Tali valori dovranno quindi trovare una forma di tutela «bilanciata» nella prospettiva di garanzia dello sviluppo sostenibile, verso cui ormai tende la politica dell'Unione europea, che sta, infatti, cercando di integrare tale forma di sviluppo.


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Basti pensare alla Strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, che pone la crescita sostenibile al centro di una visione strategica complessiva e ambiziosa al fine di trasformare l'Europa in un'economia dal profilo energetico altamente efficiente e a basse emissioni di CO2. In tale prospettiva anche il pacchetto clima-energia rappresenta una tappa importante nella promozione dello sviluppo sostenibile in quanto traduce in obiettivi vincolanti per gli Stati membri gli impegni di riduzione delle emissioni di gas serra assunti a livello internazionale. Appare evidente che, in quest'ottica, sarà necessario tenere conto dell'ottima efficienza energetica delle rinnovabili nella produzione di energia termica, promuovendone pertanto, nelle condizioni più appropriate, la massima diffusione possibile.
È bene inoltre sottolineare come, in occasione del dibattito in preparazione del vertice Rio 20 e della fase che si aprirà dopo tale consesso, si stia analizzando l'ipotesi di far progredire la transizione globale verso un'economia verde, così da promuovere la tutela dell'ambiente, contribuire all'eradicazione della povertà e stimolare una crescita a basse emissioni di CO2 ed efficiente sotto il profilo delle risorse.
In tale prospettiva si è mossa la recente Conferenza dei Presidenti delle Commissioni Ambiente ed Affari Esteri dei Parlamenti degli Stati dell'Unione europea - tenutasi a Copenaghen dal 14 al 15 maggio 2012 - che ha posto al centro dei propri lavori il tema della «Crescita verde».
Dalla Conferenza è emersa una rinnovata consapevolezza non solo che «crescita» e «ambiente» possono stare insieme, ma, soprattutto, che la Crescita verde è ormai l'obiettivo centrale di ogni politica di sviluppo che voglia tenere insieme in Europa crescita economica, coesione sociale e mantenimento degli attuali livelli di benessere.
In tal senso, la Crescita verde appare come la risposta più efficace e più lungimirante, non solo di fronte alla necessità di tenere insieme le esigenze dello sviluppo economico con quelle imprescindibili della tutela e della conservazione del nostro patrimonio naturale, ma anche di fronte alla sfida, che è davanti a tutte le economie avanzate, di aumentare la produttività attraverso una maggiore efficienza nell'uso delle risorse, di creare nuovo valore attraverso l'innovazione tecnologica e la ricerca, di creare nuove opportunità di lavoro e nuovi mercati accrescendo la domanda di nuovi prodotti e di nuova tecnologia, di aumentare la fiducia degli investitori sulle prospettive di crescita di nuovi settori produttivi.
Negli ultimi decenni l'Europa ha assunto una chiara leadership nella green economy, come pure nelle politiche di lotta ai mutamenti climatici. È tuttavia opportuno ricordare che questa posizione non è casuale ma è frutto delle scelte compiute nei decenni passati, soprattutto nelle istituzioni europee, con la fissazione degli obiettivi strategici dello sviluppo sostenibile e della lotta ai cambiamenti climatici e con la messa in campo di una serie coerente di politiche e di strumenti legislativi in materia di tutela dell'ambiente, di salvaguardia della biodiversità, di gestione sostenibile dei rifiuti, di difesa della qualità dell'aria e dell'acqua.
Negli anni Settanta, quando in Europa è stato avviato questo percorso di costruzione di una nuova legislazione ambientale, molti protestarono perché la ritenevano troppo difficile da rispettare e troppo costosa. I dati confermano però che oggi grazie alla green economy le aziende in Europa stanno creando molti posti di lavoro, che gli Stati stanno risparmiando risorse per l'importazione di combustibili fossili, che le economie europee stanno esportando nel mondo molti dei sistemi, delle tecnologie e dei prodotti che abbiamo inventato quando le aziende e i centri di ricerca, gli amministratori pubblici sono stati chiamati ad affrontare le questioni ambientali e a diventare un po' più coraggiosi e ambiziosi.
In tale contesto, anche in Italia l'indicazione degli obiettivi dello sviluppo della produzione di energia da fonti rinnovabili e dell'aumento dell'efficienza nell'uso delle


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risorse, e la costruzione di politiche e strumenti legislativi per la loro promozione e il loro sostegno, giocano sicuramente un ruolo centrale nella definizione del nuovo modello di sviluppo.
L'intensa attività conoscitiva portata a compimento dalla Commissione ha consentito di far chiarezza su alcuni aspetti che, ancora oggi, vengono spesso portati a sostegno di posizioni fortemente critiche nei confronti di una politica di ulteriore espansione delle energie rinnovabili. Se è vero che gli incentivi al settore pesano per circa il 10 per cento sulla bolletta elettrica di famiglie e imprese, è altrettanto vero che nel medio periodo i benefici supereranno di gran lunga gli oneri. Per il solo fotovoltaico si spendono annualmente circa 5,5 miliardi di euro; se, come risulta da valutazioni condivise, tale importo crescesse ulteriormente fino ad arrivare alla soglia, stimata in 7 miliardi di euro, considerata essenziale per arrivare senza conseguenze negative per il settore alla grid-parity, il saldo positivo al 2030 sarebbe veramente notevole. Analizzando i numerosi studi al riguardo, relativi al complesso delle fonti rinnovabili, si passa da stime molto prudenziali che valutano il saldo positivo in circa 20 miliardi di euro (irex annual report 2012 - scenario BAU di minor diffusione delle rinnovabili) a valutazioni che superano di molto i 70 miliardi (stima dell'Osservatorio internazionale sull'industria e la finanza delle rinnovabili»).
E proprio in tale prospettiva dovrebbero muoversi le scelte che il Governo si appresta a fare con l'emanazione del Quinto Conto Energia che, invece, secondo lo schema predisposto, appare, rispetto alla previgente disciplina, come un deciso passo indietro e rischia seriamente di scoraggiare il settore delle fonti rinnovabili anche con ingiustificati appesantimenti burocratici. Quanto al fotovoltaico, la prevista soglia dei 12 Kwp per l'iscrizione al registro mette a rischio lo sviluppo di tante aziende innovative: Inoltre destano perplessità la mancata conferma del sistema autoregolante di riduzione delle tariffe già previsto nel IV conto energia, la soppressione del premio automatico in tariffa per gli impianti installati su coperture bonificate dall'amianto, nonché la drastica riduzione del budget che non garantisce continuità al mercato e la previsione della certificazione energetica degli edifici come «barriera» di accesso agli incentivi.
Pertanto, pur comprendendo l'impostazione generale del Quinto Conto Energia che opportunamente punta alla razionalizzazione degli incentivi e quindi alla sostenibilità degli stessi anche sotto il profilo degli oneri generati per i consumatori, la VIII Commissione ritiene che vada fatto uno sforzo ben maggiore per tutelare e salvaguardare la filiera industriale italiana delle rinnovabili, che va consolidandosi sempre più e che in molti casi ha avuto la capacità e il merito di assumere posizioni di assoluto rilievo nel mercato nazionale ed internazionale.

NOTE:

(4) La pianificazione è formulata sulla previsione che nel 2020 l'Italia abbia un consumo finale lordo di energia di 133.042 KTOE (tonnellate equivalenti di petrolio), in calo quindi rispetto ai 141.226 KTOE del 2005.

(5) Su tale schema si è già espressa l'Autorità per l'energia elettrica e il gas nella deliberazione 8 maggio 2012, n. 182/2012/I/EFR.

(6) Sulla Gazzetta Ufficiale del 2 aprile 2012 è stato pubblicato il decreto «Burden Sharing», in attuazione a quanto previsto dall'articolo 37 del Decreto Rinnovabili (D. Lgs. 28/2011), che fissa gli obiettivi per ciascuna Regione relativamente alla produzione di energia da fonti rinnovabili.
Il provvedimento definisce:
le modalità di determinazione e conseguimento degli obiettivi delle Regioni e delle Province autonome;
le modalità di monitoraggio e verifica del raggiungimento degli obiettivi;
le modalità di gestione dei casi di mancato raggiungimento degli obiettivi.

(7) Si ricorda che la certificazione energetica, attestante il fabbisogno annuo di energia di un edificio, è ritenuta a livello comunitario una delle azioni più efficaci per ridurre i consumi nel settore civile che assorbono una parte consistente dell'intero fabbisogno di energia. A partire dal 2005 nel nostro Paese sono state emanate diverse normative che hanno reso obbligatoria la certificazione energetica degli edifici sia di nuova costruzione sia già esistenti (v. in particolare il citato decreto legislativo 192/2005 e successive modificazioni). Le Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici sono state predisposte con decreto ministeriale 26 giugno 2009.

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