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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VIII
2.
Martedì 27 ottobre 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Margiotta Salvatore, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUL MERCATO IMMOBILIARE

Audizione di rappresentanti di Cresme, Nomisma, Tecnoborsa, Agenzia del territorio e Censis:

Margiotta Salvatore, Presidente ... 3 6 12 13
Alemanno Gabriella, Direttore dell'Agenzia del territorio ... 3 4
Bambagioni Giampiero, Vicepresidente di Tecnoborsa ... 8
Crisafi Paolo, Dirigente di Nomisma ... 10
Dondi Luca, Dirigente di Nomisma ... 10
Realacci Ermete (PD) ... 13
Roma Giuseppe, Direttore generale del Censis ... 12
Toso Francesco, Responsabile del settore immobiliare del Cresme ... 6
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.

COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 27 ottobre 2009


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SALVATORE MARGIOTTA

La seduta comincia alle 12,40.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti di Cresme, Nomisma, Tecnoborsa, Agenzia del territorio e Censis.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul mercato immobiliare, l'audizione di rappresentanti di Cresme, Nomisma, Tecnoborsa, Agenzia del territorio e Censis.
Sono presenti per l'Agenzia del territorio il direttore, la dottoressa Gabriella Alemanno, il direttore centrale cartografia, ingegner Franco Maggio, il direttore centrale osservatorio, dottor Gianni Guerrieri, il responsabile area comunicazione e rapporti istituzionali, dottor Mario Occhi; per il Cresme il dottor Francesco Toso e il dottor Paolo De Alessandris; per Nomisma, il dottor Luca Dondi e il dottor Paolo Crisafi; per Tecnoborsa, il professor Giampiero Bambagioni, vicepresidente, e la dottoressa Maria Annunziata Scelba, responsabile comunicazione; per il Censis, infine, il dottor Giuseppe Roma, direttore generale.
Darò la parola ai nostri ospiti per un breve intervento introduttivo, cui faranno seguito gli interventi dei colleghi e le eventuali repliche.
Chiedo naturalmente a tutti i nostri ospiti - Tecnoborsa l'ha già fatto - di produrre, se fossero già disponibili, testi e materiale cartaceo o informatico da mettere a disposizione dei componenti della Commissione.
Ringrazio gli auditi per la loro presenza e do loro subito la parola.

GABRIELLA ALEMANNO, Direttore dell'Agenzia del territorio. Ringrazio dell'opportunità offerta all'Agenzia del territorio di essere presente.
Come lei avrà visto, signor presidente, abbiamo portato una relazione articolata, nonché due allegati, sia sulla nota trimestrale relativa all'andamento del mercato immobiliare nel secondo trimestre 2009, sia su tutte le banche dati dell'Agenzia del territorio. Valutando che il tempo a disposizione è estremamente limitato, vorrei fare soltanto dei rapidi flash sulla consistenza del patrimonio immobiliare in Italia e su un dettaglio relativo al mercato immobiliare, residenziale e non residenziale.
Per quanto riguarda la consistenza del patrimonio immobiliare in Italia, abbiamo costruito una mappa che credo sia un documento abbastanza importante e suggestivo, che nasce da un progetto del Ministro Tremonti, che l'anno scorso, proprio di questi tempi, ci diede l'input per costruire una mappa del patrimonio immobiliare, poiché non ne era mai stata elaborata una.


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Abbiamo realizzato questa mappa - e l'abbiamo presentata in un libro intitolato Gli immobili in Italia. Dialoghi tra banche dati: conoscere per decidere - con il Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze e con la società Sogei Spa, partner tecnologico dell'amministrazione economico-finanziaria.
Si è così riusciti a pervenire a una definizione del patrimonio immobiliare nazionale attraverso la disponibilità qualitativa di dati statistici sull'utilizzo degli immobili, desunti dall'incrocio delle informazioni catastali con quelle presenti nelle dichiarazioni fiscali.
Bisogna sottolineare in modo assolutamente sintetico - sarò poi a vostra disposizione per ulteriori approfondimenti - che l'universo dichiarativo, dal punto di vista catastale, è assolutamente diverso da quello delle dichiarazioni fiscali, perché ognuno di noi potrebbe essere proprietario di un appartamento, ma non essere tenuto all'obbligo dichiarativo. Dunque, si tratta di due insiemi disomogenei, che hanno permesso comunque, attraverso l'incrocio dei dati, di ricavare le percentuali degli utilizzi delle unità immobiliari che a breve vi leggerò e che potete trovare a pagina 7 del documento che abbiamo consegnato.
Le elaborazioni hanno consentito di definire le ripartizioni percentuali degli utilizzi delle unità immobiliari, evidenziando i seguenti valori. Abbiamo un 27,2 per cento di abitazioni principali, con un 17 per cento di pertinenze, che complessivamente danno circa il 44 per cento di abitazioni principali: gli italiani, quindi, potremmo dire anche da un punto di vista sociologico, sono portati ad avere una casa di proprietà. Inoltre, sempre dagli incroci effettuati, risulta circa il 10 per cento di immobili a disposizione, ossia dichiarati tali sulla base dell'autodichiarazione dei contribuenti nel quadro B delle dichiarazioni dei redditi. Si rilevano, poi, un 10 per cento circa di immobili locati, o comunque dichiarati tali, e un 14 per cento destinati ad altri utilizzi.

ALESSANDRO BRATTI. Chiedo scusa, quanti immobili locati?

GABRIELLA ALEMANNO, Direttore dell'Agenzia del territorio. Gli immobili locati sono circa il 10 per cento, circa il 9 per cento sono locati non ad equo canone, contro lo 0,8 per cento affittati sulla base della legge sull'equo canone, che dunque non esercita grande appeal.
Abbiamo, poi, un 11 per cento di utilizzo non ricostruito, legato anche alla difficoltà di identificare l'autocertificazione del contribuente rispetto all'utilizzo e alla presenza di universi dichiarativi completamente differenti.
Volendo approfondire le caratteristiche del patrimonio immobiliare nazionale, possiamo dire che quello censito al 31 dicembre 2008 negli archivi catastali dell'Agenzia del territorio per 7.759 comuni e 111 province di competenza - sono escluse le province di Trento e di Bolzano i cui archivi catastali sono gestiti dalle rispettive province autonome - consta di circa 64 milioni di unità immobiliari, di cui 56 milioni con rendita catastale. Le residue unità immobiliari concernono beni comuni non censibili o unità non produttive di reddito.
In particolare, il patrimonio immobiliare nazionale è costituito da circa 32 milioni di abitazioni, 20 milioni circa di pertinenze prevalentemente abitative (depositi, cantine, soffitte, box e posti auto), 4,5 milioni circa di unità a destinazione commerciale e produttiva e 7,5 milioni di altre unità (beni comuni non censibili, aree urbane, lastrici solari, unità in corso di costruzione e definizione).
Questo considerevole patrimonio è di proprietà di persone fisiche per una quota largamente maggioritaria, precisamente l'87,5 per cento, mentre solo il 12,5 per cento risulta appartenere a persone giuridiche.
Sarebbe interessante considerare, laddove ci fosse questa attenzione, anche il gettito complessivo dell'imposizione immobiliare, ossia quanto portano nelle casse dell'Erario tutti i diversi tributi che gravano sugli immobili. Tuttavia, mi soffermo sui temi sui quali siamo stati sollecitati a intervenire.


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Per quanto riguarda la consistenza del patrimonio immobiliare di tipo residenziale, esso è costituito da circa 42 milioni di unità abitative, corrispondenti a una superficie totale lorda di quasi 3,7 miliardi di metri quadrati. Rispetto alla popolazione residente in Italia al 31 dicembre 2008, si evince che la media di superficie abitativa lorda disponibile per ciascuna persona è pari a 61,1 metri quadrati. La quota di unità abitative di proprietà di persone fisiche è pari al 91 per cento, dunque più elevata di quella riferita all'intero patrimonio.
Dalle elaborazioni condotte nel volume già citato, inoltre, è emerso che il 52 per cento circa delle abitazioni di proprietà di persone fisiche è dichiarato fiscalmente abitazione principale, il 10 per cento in locazione e il 15 per cento a disposizione.
Un ulteriore studio, eseguito dall'Agenzia del territorio per l'ISTAT e finalizzato alla stima delle abitazioni nei conti patrimoniali del settore istituzionale, consente, sulla base dei dati catastali e delle quotazioni immobiliari dell'Osservatorio del mercato immobiliare, di fornire una stima del valore di mercato del patrimonio abitativo nazionale. Tale stima restituisce un valore del patrimonio abitativo pari a circa 5.700 miliardi di euro nel 2008, di cui ben il 90 per cento di proprietà di persone fisiche. Dallo stesso studio si rileva che nel 2008 la superficie media delle abitazioni in Italia è pari a 114 metri quadri e ha un valore di circa 178 mila euro, cui corrisponde un valore medio stimato per unità di superficie pari a 1.570 euro al metro quadrato. Dettagliando questa informazione statistica per area territoriale, è possibile osservare un'elevata difformità tra nord, centro e sud d'Italia.
Relativamente al patrimonio immobiliare non residenziale, si tratta di un aggregato piuttosto eterogeneo, che rappresenta una fetta consistente - circa 32 milioni di unità - del patrimonio immobiliare nazionale. Tale patrimonio, innanzitutto, può essere disaggregato in tre gruppi: le unità pertinenziali delle abitazioni, di cui si è già parlato, che sono abbastanza consistenti (circa il 17 per cento delle abitazioni principali); i beni normalmente privi di rendita, che quindi non generano gettito e le unità destinate secondo i dati catastali ad uso commerciale, terziario e produttivo.
Il primo gruppo, le unità pertinenziali delle abitazioni, rappresenta circa il 63 per cento del patrimonio non residenziale ed è costituito da circa 14,7 milioni di box e posti auto e da circa 5,5 milioni di depositi o magazzini, soprattutto cantine e soffitte. Gran parte di tali unità, ovviamente, è di proprietà di persone fisiche, per una quota pari all'87,5 per cento.
Per quanto riguarda i beni privi di rendita che, quindi, non generano reddito, essi sono costituiti in modo particolare da beni comuni non censibili, aree urbane e lastrici solari, unità in corso di costruzione o definizione e rappresentano circa il 24 per cento del totale non residenziale, con 7,5 milioni di unità.
Il terzo gruppo, infine, include le unità immobiliari effettivamente destinate ad uso commerciale, terziario e produttivo: circa 4,3 milioni, poco più del 13 per cento delle unità non residenziali. Si deve rappresentare che in questo gruppo la quota di unità immobiliari di proprietà delle persone fisiche, pari al 64 per cento, pur mantenendosi maggioritaria si riduce notevolmente rispetto alle percentuali del 91 per cento e dell'87,5 per cento, già riscontrate rispettivamente per le unità residenziali e per quelle pertinenziali.
Credo che sia interessante - spero che il tempo a mia disposizione mi permetta di rappresentarlo - descrivere l'andamento del mercato immobiliare e delle compravendite in Italia. Esso è caratterizzato da una forte presenza del settore residenziale: su 1,5 milioni di unità immobiliari compravendute nel 2008, ben 680 mila circa sono rappresentate da abitazioni e altre 540 mila da cantine, box e posti auto, in prevalenza collegati al mercato residenziale. Nel complesso, parliamo di circa l'81 per cento del totale delle transazioni per diritti di proprietà.
Il mercato immobiliare delle abitazioni ha vissuto un lungo periodo di crescita, iniziato nel 1997 e terminato nel 2006,


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anno in cui si è registrato il numero massimo di compravendite, pari a circa 845 mila, con un incremento di ben 362 mila rispetto al 1996 e una crescita complessiva del 75 per cento.
A partire dal 2007, è iniziata un'inversione di tendenza, con un primo calo di oltre il 4 per cento (40 mila compravendite in meno). La contrazione del mercato residenziale si è poi accentuata nel 2008, anno in cui sono state registrate 687 mila compravendite, con una riduzione del 15 per cento rispetto all'anno precedente.
È interessante osservare che la flessione delle compravendite è iniziata soprattutto nei capoluoghi di provincia, ancor prima che esplodesse la fase di maggiore intensità della crisi economica e finanziaria mondiale. Nei primi tre trimestri del 2008 la flessione è stata più intensa, come base tendenziale annua, dell'ordine del 14 per cento.
Tale inversione di tendenza è stata in parte fisiologica in quanto, al permanere dei livelli elevati di prezzi, i tassi di interesse del mercato risultavano più che raddoppiati tra la fine del 2005 e il settembre del 2008. Era, dunque, ipotizzabile che il mercato delle abitazioni potesse subire un'inversione del ciclo. Nell'ultimo trimestre 2008 e nel primo semestre 2009, in particolare, le compravendite sono diminuite, in relazione ai corrispondenti periodi dell'anno precedente, rispettivamente del 17 per cento e del 18 per cento.
Per concludere, al di là dei dettagli sulle singole città capoluogo, sui prezzi delle abitazioni e degli immobili non residenziali, vorrei fornire brevemente, viste le competenze specifiche della Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici, alcune informazioni che illustrano uno specifico ambito d'attività, cosiddetta ad alta valenza fiscale, condotta dall'Agenzia del territorio per il contrasto all'evasione e all'elusione fiscale, in particolare attraverso interventi finalizzati al recupero di immobili che non risultano dichiarati negli archivi catastali e di quelli che, avendo perso i requisiti di ruralità, devono essere censiti nel catasto urbano.
Ai fini del controllo del territorio e per il contrasto ai fenomeni dell'abusivismo edilizio, credo che gli accertamenti dell'Agenzia potrebbero risultare di indubbia utilità, ancor più se l'incrocio tra le foto aeree e la cartografia catastale fosse ripetuto periodicamente anche attraverso ulteriori input con i comuni, aggiungendosi ai controlli che gli enti territoriali competenti in materia di regolarità urbanistica degli immobili non censiti effettuano regolarmente.

PRESIDENTE. Faccio presente che alle 13,15 dovremmo concludere l'audizione. Sebbene possiamo utilizzare qualche minuto in più, comunque, riterrei opportuno concludere gli interventi entro le 13,30.

FRANCESCO TOSO, Responsabile del settore immobiliare del Cresme. Ringrazio il presidente della Commissione per l'invito. Alcune settimane fa, abbiamo elaborato un documento che fornisce una panoramica sul settore delle costruzioni e del mercato immobiliare. Oggi, comprendendo meglio il profilo di questa audizione, ci riserviamo di produrre una nota più mirata rispetto agli argomenti trattati.
Sulla base del documento che avete allegato all'invito mi sembra che gli ambiti sostanzialmente siano tre: mercato immobiliare e, più in particolare la condizione di difficoltà del mercato delle locazioni, ed efficientamento energetico degli edifici.
Relativamente al mercato immobiliare, sappiamo tutti quanto lunga sia stata la sua fase espansiva e, di conseguenza, quella del settore delle costruzioni. C'è stata una ripresa - nel 1996 in termini di numero delle compravendite e nel 1997 in termini di valori immobiliari - che è proseguita sostanzialmente fino al 2007.
Nel 2009 il volume d'affari complessivo nel mercato delle compravendite - quindi edilizia abitativa e non residenziale - è di 109 miliardi di euro, con un decremento rispetto all'anno precedente del 23 per cento. Si tratta, quindi, di una crisi piuttosto forte, come ben sapete. Nel solo mercato residenziale, il volume d'affari è stato di 88 miliardi di euro, con un calo rispetto al 2008 del 23 per cento.


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Come l'Agenzia del territorio ha già avuto modo di segnalare, il mercato delle compravendite ha subito un calo del 4,6 per cento nel 2007, del 14,9 per cento nel 2008 e si stima un ulteriore calo del 15 per cento per quest'anno, sulla base delle informazioni dell'Agenzia stessa.
Uno degli aspetti che indicano in maniera piuttosto esaustiva la dinamica del mercato immobiliare è quello delle erogazioni di mutui immobiliari. Secondo le informazioni della Banca d'Italia, nel 2008 sono stati erogati per il mercato abitativo, come mutui per l'acquisto di case, quasi 60 miliardi di euro, che significa, rispetto al 2007, un -10,2 per cento. Tra il gennaio e il giugno 2009, inoltre, si è rilevato un calo ancora maggiore (-13 per cento) in termini di erogazione di mutui.
Tra il 1996 e il 2007, parallelamente, i prezzi delle abitazioni in termini correnti sono pressoché raddoppiati. La conseguenza, naturalmente, è stata la diminuzione del potere d'acquisto delle famiglie. Noi abbiamo effettuato, al riguardo, una serie storica delle annualità di reddito necessarie per l'acquisto di un'abitazione: a una famiglia di reddito medio in zona di espansione, in una grande area urbana, nel 1965 servivano quattro annualità di reddito per l'acquisto di un'abitazione; nel 2007 sono diventate 6,4 annualità e 5,9 nel 2008. Si è verificato, quindi, un aumento della difficoltà in termini di potere d'acquisto. In una zona qualificata, come il semicentro di una grande area urbana, la differenza è ancora più sostanziale: si passa da 3,4 annualità di reddito nel 1965, a 7,9 nel 2000, a 10 nel 2006, a 9 nel 2008.
I nodi su cui riflettere, rispetto al futuro, riguardano in primo luogo il sistema delle imprese di costruzioni e dei promotori immobiliari. Tre anni di mercato in flessione hanno fatto emergere fra i 90 mila e i 120 mila alloggi invenduti. C'è una forte attesa per gli esiti di quello che abbiamo definito «Piano Casa 1», ossia il decreto-legge n. 112 del 2008, e del cosiddetto «Piano Casa 2», vale a dire l'intesa Stato-regioni per consentire gli ampliamenti in deroga della propria abitazione.
Riguardo al mercato delle locazioni, va sottolineato un aspetto secondo noi piuttosto importante: da un po' di tempo non esiste uno strumento di rilevazione in proposito. Mentre fino a pochi anni fa, in base alla cosiddetta «legge Cossiga» del 1978, le denunce ai commissariati di pubblica sicurezza per i contratti di affitto venivano rilevate, elaborate e archiviate dal Ministero dell'interno e, attraverso questo sistema, si poteva conoscere il mercato delle locazioni, adesso questo non è più possibile.
L'ultima normativa importante, come ben sapete, è la legge n. 431 del 1998, la cui evoluzione purtroppo non è stata monitorata, né in termini di contrattazioni né in termini di impatto sul territorio e sulle città. Le informazioni in nostro possesso spesso derivano da indagini locali che svolgiamo nelle varie città, laddove notiamo un forte calo e una notevole marginalizzazione del mercato dell'affitto, ma soprattutto della domanda di affitto da parte delle famiglie che vivono in locazione e, in particolare, notiamo le condizioni di inadeguatezza economica della domanda stessa. Considerate che in una città come Parma - è un'indagine di qualche mese fa - il 12 per cento delle famiglie in affitto «soffriva», nel senso che non riusciva a far fronte al canone. Questo, naturalmente, è un elemento molto più legato al reddito che al canone di locazione.
Riteniamo che una strategia di politica abitativa, e non solo, debba cercare di conoscere la segmentazione della domanda del mercato delle locazione, ma anche della proprietà. Anche questo settore, infatti, soffre una particolare condizione di disagio in un momento di crisi. Il problema del pagamento delle rate dei mutui, per esempio, è un nodo piuttosto consistente. Abbiamo provato ad effettuare una segmentazione della domanda dei mercati, sia della proprietà sia dell'affitto. Posso dirvi che essa mette in luce degli ambiti molto differenti rispetto al passato in termini quantitativi. Serve, dunque, un approccio molto diverso rispetto a quello impiegato fino a pochi anni fa. Si


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consideri che le cosiddette «famiglie-alloggio» strutturate, in Italia, ammontano a circa 17,8 milioni; quelle unipersonali sono 5,9 milioni (la consistenza di single, vedove e via elencando è piuttosto elevata); le famiglie in coabitazione sono 227 mila e quelle che vivono in condizioni alloggiative precarie 68 mila (vi forniremo questi dati il più presto possibile).
Relativamente all'efficientamento energetico degli edifici e al mercato che se ne può ricavare, che può risollevare in qualche modo alcune strutture economiche e produttive del Paese, ad esempio artigiani o piccole imprese, da una nostra recente indagine è emerso che, su un totale di investimenti nel settore delle costruzioni di circa 190 miliardi di euro, 5,7 miliardi riguardano gli aspetti relativi all'efficientamento energetico nelle nuove costruzioni, mentre 6,1 miliardi sono legati alla manutenzione straordinaria, alla ristrutturazione e alla riqualificazione energetica del patrimonio abitativo. Ebbene, questi 6,1 miliardi di euro rappresentano solamente una piccola quota rispetto a un potenziale da noi stimato in 24 miliardi di euro.
Mentre i miliardi di euro investiti nelle nuove costruzioni spesso sottostanno ai regolamenti edilizi comunali, con gli obblighi di isolamento e via dicendo, gli investimenti per la riqualificazione, invece, spesso sono una conseguenza degli incentivi del 55 per cento, ma altrettanto di frequente sono legati a un atto volontaristico. Considerate che, negli ultimi cinque anni, sempre in tema di edilizia sostenibile, in tema energetico, 8,4 milioni di famiglie hanno agito su elementi o impianti dell'abitazione per consentire un risparmio.
Infine, nell'indagine campionaria che abbiamo svolto presso mille famiglie abbiamo posto una domanda legata alla sensibilità personale: «Pensando alla zona in cui è situata la sua abitazione, quali fenomeni esistono?». Al primo posto, tra le risposte, è risultata la cattiva gestione dei rifiuti urbani, al secondo l'inquinamento atmosferico. Alla domanda se ritenessero che la soluzione a tali questioni avesse un costo, il 92 per cento degli intervistati ha risposto «sì». Il 71 per cento delle famiglie intervistate, inoltre, ha detto che sarebbe disponibile a pagare l'1 per cento del proprio reddito per la soluzione di questi problemi.

GIAMPIERO BAMBAGIONI, Vicepresidente di Tecnoborsa. Ringrazio la Commissione per aver invitato Tecnoborsa a questa audizione. Condividiamo pienamente l'esigenza di approfondimento del quadro di riferimento, sia al fine dell'implementazione di specifiche politiche che favoriscano la crescita e lo sviluppo urbano sostenibile, sia per attuare una politica abitativa come fattore determinante per affrontare l'attuale crisi economica e rilanciare lo sviluppo economico e territoriale.
Vorrei focalizzare le mie brevi - ahimé - considerazioni principalmente su due tematiche: il mercato immobiliare quale fattore di sviluppo economico e sociale e la necessità della trasparenza dell'informazione economica, sia al fine della conoscenza della congiuntura e della definizione di programmi gestionali a livello nazionale, sia per favorire l'attrazione degli investimenti esteri nel settore. Vorrei evidenziare, inoltre, alcune idee circa interventi che potrebbero contribuire alla ripresa economica.
L'attuale quadro di riferimento di edilizia immobiliare costituisce, direttamente o indirettamente, la risultante di processi di forte innovazione tecnologica, crescente interconnessione con il settore finanziario ed effettiva internazionalizzazione della domanda e dell'offerta, in particolare per quanto attiene alle seconde case, gli investimenti a reddito di operatori istituzionali - fondi immobiliari, fondi pensione e assicurazioni -, nonché al settore turistico ricettivo.
Le istituzioni internazionali prestano rilevante attenzione allo sviluppo dei mercati immobiliari e più in generale al settore economico-immobiliare, in considerazione della correlazione diretta sussistente, a livello globale, tra grado di sviluppo economico e sociale e mercati immobiliari


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efficienti e ben regolati. Anche per le economie in transizione, il comparto costituisce un settore che potrebbe contribuire in maniera significativa alla crescita del PIL pro capite, apportando benefici alla qualità della vita dei cittadini di quei Paesi con conseguente riduzione dei flussi migratori verso i Paesi maggiormente sviluppati.
La Banca mondiale stima che il comparto immobiliare contribuisce ad innalzare del 25 per cento il prodotto interno lordo di un Paese sviluppato e che lo stock di capitale rappresentato dal settore immobiliare costituisce circa i due terzi della ricchezza globale.
La Commissione economica delle Nazioni unite per l'Europa (UNECE), attraverso il relativo Real Estate Market Advisory Group, ha promosso un confronto internazionale - un forum si è svolto anche a Roma nel mese di giugno - che ha definito le linee guida che vi abbiamo fornito, volte a individuare gli elementi chiave per lo sviluppo dei mercati.
Tecnoborsa focalizza la propria attività nell'ambito della conoscenza della congiuntura dei mercati (non solo, ovviamente). A tal fine, vengono effettuate indagini periodiche dalle quali è possibile ricavare un quadro aggiornato e puntuale della situazione del mercato immobiliare in Italia e di quello residenziale in particolare.
Di queste indagini, una condotta congiuntamente con Banca d'Italia è focalizzata sugli operatori immobiliari - ve ne abbiamo prodotta una copia - e un'altra, svolta dal nostro centro studi, è focalizzata sulle famiglie. Da tali rilevazioni si evince che la domanda dei cittadini è sempre più orientata verso abitazioni di qualità, intendendosi per qualità una summa di caratteristiche del bene - caratteristiche intrinseche ed estrinseche, che si sintetizzano in dotazioni, finiture, servizi e impiantistica, elementi architettonici, elevata solidità e staticità ed efficienza energetica - e che le caratteristiche degli edifici trovano sempre più del rispondenza nel valore economico degli stessi. Tale valore è rappresentato dal prezzo, nel caso di compravendita, e dal valore di credito ipotecario nel caso di immobili posti a garanzia di mutui e finanziamenti.
Al riguardo è opportuno richiamare la direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la circolare della Banca d'Italia n. 263 del 27 dicembre 2006 relativa all'accesso all'attività degli enti creditizi e al suo esercizio, che nell'ambito della definizione sopra richiamata prevede espressamente che il valore di credito ipotecario deve essere determinato in base a un prudente apprezzamento della futura negoziabilità dell'immobile stesso, tenuto conto degli aspetti durevoli a lungo termine dell'immobile, delle condizioni normali e locali del mercato, dell'uso corrente dell'immobile e dei suoi appropriati usi alternativi.
Assumono, quindi, particolare rilievo tutti quei fattori di incremento e di decremento dei valori inerenti, costi di gestione, manutenzione, adeguamento dell'immobile, tra cui la durabilità, l'efficienza e l'efficacia. Ne consegue che anche l'efficienza energetica degli edifici costituisce una caratteristica destinata ad avere un impatto crescente sulla domanda, sul valore dei beni e, inevitabilmente, sulla produzione edilizia.
Telegraficamente, riferisco due idee che riteniamo possano essere un contributo alla riflessione. Una riguarda la riqualificazione del patrimonio edilizio nazionale e l'altra l'housing sociale. Da una indagine, richiamata un momento fa dalla dottoressa Alemanno, dell'Agenzia del territorio emerge che su 77 province monitorate sono stati rilevati 1.505.000 edifici nascosti, ovvero sconosciuti al catasto.
Ancorché per una parte si possano immaginare semplici ritardi nell'accatastamento, pur in presenza di edifici regolarmente edificati, è presumibile che un'altra parte sia conseguenza di ampliamenti e nuove costruzioni prive di permesso di costruzione.
Da una stima di Confedilizia emerge che in Italia vi sarebbero tra i 700 e gli 800 mila immobili inabitabili in quanto da ristrutturare o rimettere in pristino, in gran parte situati nei centri storici. Appare


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evidente che la vastità del patrimonio immobiliare è tale che lo Stato potrà reperire risorse nel tempo solo per la riqualificazione e il riconsolidamento statico degli edifici pubblici strategici. Ne consegue che per quanto attiene l'edilizia privata, peraltro caratterizzata da una parte del patrimonio immobiliare esistente che si stima solo in parte coincidente con le più ampie casistiche sopra evidenziate, è stato costruito abusivamente e in economia e, forse, solo amministrativamente sanato nel tempo.
La riqualificazione necessita di essere incentivata con appropriati meccanismi che rendano conveniente al cittadino, anche fiscalmente, di sostenere fin da subito il maggior costo di riqualificazione e la messa in sicurezza degli edifici esistenti.
Per questo potrebbe essere ipotizzata anche un'operazione di promozione culturale della qualità, risparmio energetico, sicurezza dell'impiantistica, sicurezza statica-strutturale, diverso valore degli edifici che rispondono pienamente alle normative urbanistico-edilizie vigenti.
Ne consegue che anche se solo una parte di questo patrimonio fosse oggetto di riqualificazione con interventi medi stimabili in 30 mila euro per immobile, per ogni 100 mila proprietà immobiliari si attiverebbero investimenti per oltre 3 miliardi di euro, con il conseguente impatto sulla ripresa economica e sulla disponibilità di moderne e più confortevoli abitazioni da dare in locazione, nonché con benefici effetti sul gettito fiscale che lo Stato ricaverebbe dall'IVA e dalle altre imposte.
L'ultima considerazione riguarda l'edilizia sociale, che può offrire un'opportunità di sviluppo per il mercato immobiliare e il settore dell'edilizia abitativa, ed essere un fattore stabilizzante dello sviluppo economico.
Si ritiene che lo sviluppo dell'housing sociale possa beneficiare nel contempo di modelli innovativi collaudati a livello europeo, quali il project financing e le public private partnership, la sostenibilità dell'investimento ovvero una redditività soddisfacente comparabile ad investimenti analoghi nel settore immobiliare, pre-condizioni fiscali, quali l'introduzione, ad ipotesi, della cedolare secca per i contratti di locazione agevolati.
In conclusione, mi auguro che, nello spirito richiamato nell'indagine conoscitiva, questi spunti possano essere utili a questa Commissione per definire normative capaci di rispondere ai mutamenti e alle nuove esigenze emergenti.

PAOLO CRISAFI, Dirigente di Nomisma. Vorrei solo ringraziare la Commissione per questa occasione offerta a Nomisma, ma soprattutto per aver creato un laboratorio di confronto tra «le menti dell'immobiliare». Stiamo prendendo, fra di noi, vari appunti su alcuni dati e stime, e tutti i documenti che anche noi produrremo potranno essere un'utile base di confronto, essendo questo un ottimo laboratorio di pensiero. Si parte dall'Agenzia del territorio, che certifica il dato, cui seguono le stime che produciamo in ognuno dei nostri studi.
Quanto all'industria immobiliare, rappresentata da Assoimmobiliare, vorrei soltanto osservare che i termini che abbiamo utilizzato e che abbiamo sentito sono sempre di qualità, di efficientamento energetico, ovvero di una nuova visione della qualità della casa e dell'etica dell'immobiliare.
Ora Luca Dondi riferirà dei flash per quanto riguarda la visione di Nomisma sui dati dell'immobiliare.

LUCA DONDI, Dirigente di Nomisma. Cercherò di essere breve. Ho consegnato una presentazione alla quale immagino voi possiate fare riferimento.
Mi ritrovo completamente nella lettera di presentazione che ci è stata inviata, che secondo me inquadra perfettamente il tema. Come nella lettera, anche nella mia presentazione si parte da un inquadramento macroeconomico del problema, perché il mercato immobiliare ovviamente risente del quadro macro e perché in alcuni elementi di tale quadro si ritrovano gli andamenti del mercato immobiliare.
Al di là degli aspetti riguardanti PIL, investimenti e costruzioni, che penso conosciate


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e comunque potrete approfondire nei documenti che ho consegnato, credo che sia importante richiamare l'attenzione sugli elementi che riguardano il lavoro. Dai dati che abbiamo ricavato dall'INPS sulla cassa integrazione sia ordinaria che straordinaria, si ritrovano le ragioni delle difficoltà che i 4 milioni e oltre di mutuatari oggi incontrano per far fronte al mutuo e che i 4 milioni di famiglie in locazione incontrano per far fronte al canone di locazione, che spesso è diventato insostenibile.
I numeri del mercato immobiliare sono stati abbondantemente sottolineati, anche dalla dottoressa Alemanno, dunque è inutile che io ritorni su questi aspetti. Credo che sia, invece, importante sottolineare i dati che riguardano le insolvenze relativamente ai mutui. Oggi è di circa 5,4 miliardi di euro l'ammontare dei mutui che non vengono onorati e i mutui che di qui a breve potrebbero entrare in sofferenza ammontano a circa 9 miliardi. Di qui l'interesse dell'ABI, con la moratoria di cui si è parlato in questi giorni, per far fronte alle difficoltà delle famiglie, ma anche per evitare che l'industria bancaria si metta nella condizione, che sappiamo essere particolarmente problematica, di gestire il recupero coattivo, che in Italia dura molto più che all'estero. Si stima che sia di circa cinque anni il periodo necessario per recuperare gli immobili e ammonta a circa il 18 per cento del prestito concesso il costo che la banca deve sostenere nel caso di recupero coattivo.
Se oggi il tasso di insolvenza sui mutui è del 2 per cento, si teme che, in assenza di provvedimenti, si possa arrivare anche al 3 per cento.
È innegabile che in questo contesto si sia drasticamente ridotta la quantità di erogazioni effettuate nel corso del primo semestre e, probabilmente, questa sarà la dinamica che caratterizzerà tutto l'anno.
Prendendo in considerazione solo i principali quattro gruppi bancari italiani, la riduzione dell'erogato nel primo semestre del 2009 è stimabile nel 20 per cento e qualcosa meno per i gruppi minori. A livello di tassi d'interesse, non c'è grossissima differenza rispetto ai tassi che vengono praticati all'estero. In Italia, soprattutto in questa fase, c'è una grande diffusione dell'indebitamento a tasso variabile - anche per una spinta da parte delle banche in quella direzione - essendo i tassi fissi piuttosto elevati. Questo fa sì che il mutuo a tasso variabile abbassi il tasso medio applicato e lo porti in Italia in linea rispetto agli altri Paesi europei, e non su livelli decisamente superiori.
È indubbio che si siano ridotte le erogazioni e che sia cambiata la composizione delle stesse. Negli ultimi anni le banche hanno fatto soprattutto surroghe e sostituzioni: ormai il 30 per cento dell'erogato da parte delle banche riguarda surroghe e sostituzioni. Al di là del 10 per cento, che è la flessione delle erogazioni nella prima parte dell'anno, bisogna considerare com'è drasticamente mutata la composizione.
Al di là delle difficoltà che stanno incontrando i mutuatari, c'è un enorme problema per quanto riguarda il mercato della locazione. Tale mercato in Italia è piuttosto piccolo e le famiglie fanno molta fatica a far fronte ai canoni di mercato. Abbiamo visto quali sono gli elementi che connotano il quadro macroeconomico e abbiamo fatto una simulazione con un immobile di medie dimensioni ubicato in periferia nelle principali aree urbane. Il 64 per cento delle famiglie a Napoli non è in grado di sostenere quel canone (posto che questo non debba rappresentare più del 30 per cento del reddito), il 63,7 per cento a Roma, il 61,2 per cento a Milano. Il mercato della locazione, dunque, è in enorme difficoltà.
Si parla di interventi che riguardano il «Piano Casa 1», il «Piano Casa 2», il social housing. Sono sicuramente risposte, ma probabilmente sono un po' differite nel tempo, architetture piuttosto complicate che impongono tempi di gestazione piuttosto lunghi.
Il mercato in generale, ma soprattutto il mercato della locazione, ha bisogno di risposte immediate, quindi i provvedimenti che riguardano questo segmento sono particolarmente urgenti.


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PRESIDENTE. Grazie a Nomisma, anche per lo sforzo di sintesi.

GIUSEPPE ROMA, Direttore generale del Censis. Il mercato immobiliare in Italia ha un'anomalia: per l'80 per cento del volume scambiato è residenziale, per il 20 per cento è un mercato corporate, cioè fatto di altre strutture private.
Questa è un'anomalia, perché nei mercati immobiliari degli altri Paesi questi due elementi sono in un rapporto di 60 e 40 o 50 e 50. Questo significa fondamentalmente che quando parliamo del settore delle costruzioni abbiamo una relativa ricchezza che proviene dal risparmio delle famiglie e un impoverimento molto forte per quanto riguarda l'impegno e l'investimento pubblico o delle imprese.
Abbiamo già detto che dal 1997 al 2007 c'è stato un grande boom. Tra il 1997 e il 2003 4,5 milioni di famiglie italiane e nei successivi quattro anni 3,6 milioni di famiglie hanno acquistato una casa, per un totale di oltre otto milioni di famiglie che nel decennio sono diventate proprietarie.
Contestualmente ci sono stati fattori strutturali, di tipo anche demografico, che hanno costituito una forte pressione di domanda sul mercato immobiliare residenziale, che come vi ho detto costituisce l'80 per cento. Per esempio, gli immigrati sono aumentati del 318 per cento nello stesso periodo, la popolazione residente è aumentata di tre milioni di unità; inoltre, il livello di liquidità e di risparmio delle famiglie, in termini reali, è aumentato di circa il 30 per cento.
Questo ha portato ad avere l'84 per cento di famiglie proprietarie, delle quali solo 3,5 milioni sono gravate da un mutuo e, secondo le nostre indagini, se a gennaio del 2009 i mutuatari che non erano riusciti a pagare una rata erano l'1,7 per cento, a giugno del 2009 questa percentuale si era ridotta allo 0,9 per cento.
Il punto essenziale - lo diciamo a una Commissione che, attraverso normative, deve provvedere a riequilibrare la situazione - è stato già richiamato ed è il problema della locazione, le cui dimensioni nel nostro Paese si sono ridotte notevolmente (se i proprietari sono l'84 per cento, resta il 15-16 per cento di locatari), ma soprattutto si sono ridotte le tipologie di offerta.
Sappiamo che quello della locazione è un tema che in termini generali è legato alle famiglie a basso reddito, ma riguarda anche specifiche categorie di persone. Pensiamo, ad esempio, al submercato degli alloggi per studenti, un mercato molto ricco e molto grigio, con forte evasione e forte carico sulle famiglie. Considerando che per un totale di 650 mila studenti «fuori sede» abbiamo 54 mila posti letto pubblici, tutto il resto è legato al mercato privato, caratterizzato da affitti molto alti.
Relativamente al problema dell'affitto, dunque, credo che si debbano fare due considerazioni. La prima riguarda naturalmente le politiche di social housing che possono essere realizzate attraverso la collaborazione dell'investitore pubblico, delle fondazioni, di risorse anche imprenditoriali che possono aumentare l'offerta di abitazioni sociali, che in Italia costituiscono il 5 per cento, a fronte di una media del 15-20 per cento degli altri Paesi.
Ritengo, tuttavia, che un elemento centrale del tema del mercato immobiliare, dal punto di vista economico e dal punto di vista sociale, sia quello di far affluire risparmi all'investimento immobiliare. Da un lato, questo deve avvenire nel settore tradizionale della proprietà: al riguardo, una nostra recente indagine ci rivela che nei prossimi diciotto mesi 2,6 milioni di famiglie sono propense ad investimenti immobiliari. Questa è una prima area tradizionale, che non risolve tuttavia la questione dello squilibrio fra proprietà e affitto. Dall'altro, è necessario far affluire risparmi a favore dell'affitto: ritengo, infatti, che questo sia un provvedimento che può aiutare la famiglia media italiana che ha un risparmio e lo vuole investire nel mattone.
In tal senso, partirei dalla constatazione del fatto che uno dei disincentivi all'investimento è la tassazione. Se un cittadino deve scegliere fra una tassazione del 43 per cento come aliquota marginale, o anche del 35 per cento, e l'affitto in nero


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sono due prospettive totalmente diverse, che anche un cittadino normale, dotato di spirito civico, che non vuole evadere le tasse, prende in considerazione, poiché non vuole perdere il 50 per cento dell'affitto. A mio avviso, dunque, quello che serve è un forte incentivo all'affitto, anche più forte di quello dato dal Governo con l'aumento delle cubature (che, peraltro, implica altro tipo di problematiche).
Oggi abbiamo una liquidità, un risparmio che è alla ricerca di impieghi sicuri e il mattone lo è. Tuttavia, perché ci sia un'utilità sociale, questo investimento deve produrre case in affitto e perché ci sia un incentivo a produrre case in affitto bisogna che la tassazione sulle stesse sia fissa. Insomma, se lavoro di più e aumento il mio reddito, ma l'affitto è sempre uguale, perché dovrei pagare più tasse?
Ritengo, dunque, che la necessità impellente sia quella di lanciare una tassazione fissa e generalizzata sull'affitto. Ho detto generalizzata perché il problema italiano non è solo di avere fitti concordati, che pure si possono fare, ma dobbiamo aumentare la possibilità di offerte in affitto. Vari settori, dunque, possono essere adeguatamente incentivati. Ad esempio, qualsiasi studente francese che non ha un posto letto in un dormitorio di un'università, ha un contributo - anche se non è di nazionalità francese - di 300 euro al mese per l'affitto.
Quello che vi consiglio, dunque, è di partire da un forte segnale affinché chi investe nell'immobile per mettere al sicuro i propri risparmi e anche per incrementare un'offerta necessaria - perché non possiamo diventare tutti proprietari - abbia un minimo di incentivo. Ho fatto il seguente calcolo: nei primi due anni di intervento, nel momento in cui si riduce l'aliquota al 20 o al 15 per cento e si dà all'inquilino, per creare il conflitto di interessi, una quota del 3 per cento di possibile detrazione, a seconda dell'effetto dal punto di vista della denuncia di redditi attualmente nascosti al fisco, c'è una riduzione del gettito; al terzo anno la misura diventa «neutra»; dal quarto anno in poi lo Stato ci guadagna. Se, dunque, facciamo un ragionamento a sei anni, questo provvedimento non costa nulla allo Stato e in più può mettere in moto un grande meccanismo di incentivo, peraltro nella giusta direzione - consentitemi di dirlo - di investimento immobiliare che non è solo speculazione, trading, mutui subprime, ma risponde anche a una caratteristica che l'Italia ha sempre avuto di utilizzare anche socialmente le risorse finanziarie.

PRESIDENTE. I lavori sono proseguiti per molto. Ho già una richiesta di intervento del collega Realacci, al quale darei la parola, ma potremmo decidere che per ulteriori interventi e per l'interlocuzione con gli auditi, che per noi sarebbe stata necessaria, aggiorniamo questa audizione - se siete disponibili a tornare - oppure faremo un'interlocuzione tramite mail rispetto alle domande che i colleghi vorranno porre. Ovviamente, se foste disponibili a tornare per noi sarebbe utile.

ERMETE REALACCI. Signor presidente, lei ha anticipato la mia proposta. Essendo di grandissimo interesse sia gli interventi che i materiali presentati, verrebbe voglia di chiedere molte cose. Alcune sono state chieste anche informalmente dagli uffici, a livello di confronti internazionali; da ultimo, anche le proposte avanzate incrociano temi su cui la Commissione sta lavorando, dalla cedolare secca (su cui credo proprio la capogruppo Mariani abbia a suo tempo presentato una proposta) alla questione degli sgravi sull'edilizia esistente, all'estensione al 55 per cento per l'efficientamento energetico degli edifici, e via dicendo. Noi vorremmo che questi temi - penso alla cedolare secca - fossero oggetto anche della manovra finanziaria che arriva adesso in Parlamento.
Considerata l'importanza dei temi affrontati, signor presidente, chiedo se sia possibile avere, da un lato, i materiali che non sono stati presentati, inclusi i dati del Cresme, che non mi pare rientrino nei materiali allegati. Inoltre, sia per dare il massimo di diffusione anche attraverso gli atti della Commissione, sia per un approfondimento


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più serrato con gli interlocutori, credo che sarebbe opportuno riconvocare i nostri ospiti, dopo aver incrociato le proposte e le suggestioni che ci sono arrivate, in maniera tale da approfondirle.

PRESIDENTE. Credo che quello sintetizzato dal collega Realacci sia il modo migliore di procedere. Gli uffici vi contatteranno per stabilire un'ulteriore data per proseguire l'audizione, dando modo ai deputati interessati di intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni e agli auditi di svolgere le eventuali repliche.
Ringrazio gli auditi per la disponibilità manifestata e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,50.

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