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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VIII
18.
Giovedì 24 settembre 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Alessandri Angelo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE POLITICHE PER LA TUTELA DEL TERRITORIO, LA DIFESA DEL SUOLO E IL CONTRASTO AGLI INCENDI BOSCHIVI

Audizione di rappresentanti di associazioni ambientaliste:

Alessandri Angelo, Presidente ... 3 6 7 8
Forconi Vanna, Presidente ecosezione Lazio di Movimento azzurro ... 8
Noviello Daniel, Coordinatore protezione civile di Legambiente ... 5
Nucara Francesco (Misto-RRP) ... 6
Zampetti Giorgio, Coordinatore ufficio scientifico di Legambiente ... 3 7
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.

COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 24 settembre 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ANGELO ALESSANDRI

La seduta comincia alle 9,30.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti di associazioni ambientaliste.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche per la tutela del territorio, la difesa del suolo e il contrasto agli incendi boschivi, l'audizione di rappresentanti di associazioni ambientaliste.
Sono presenti, per Legambiente, Giorgio Zampetti, coordinatore dell'ufficio scientifico e Daniel Noviello, coordinatore della protezione civile.
Do la parola ai nostri auditi.

GIORGIO ZAMPETTI, Coordinatore ufficio scientifico di Legambiente. Innanzitutto ringrazio la Commissione per la convocazione e per l'indagine conoscitiva, che la nostra associazione ritiene estremamente utile per il territorio.
Preliminarmente, vorrei fare una breve introduzione sull'azione che Legambiente ha sempre svolto relativamente a questi temi, in particolare battendosi con attenzione per la tutela del territorio in Italia, ma ancor più per la prevenzione del rischio idrogeologico e del rischio di incendi, guardando in modo particolare anche alla gestione qualitativa del territorio. Si è trattato, dunque, di un'azione di prevenzione non limitata alla difesa dai pericoli e dal rischio naturale, ma funzionale anche a restituire qualità al territorio.
Svolgiamo su questi temi diverse campagne, anche in collaborazione con il Dipartimento della Protezione civile, per l'informazione ai cittadini e per lo sviluppo di una capacità di intervento in emergenza, sia per quanto riguarda il rischio idrogeologico sia per il rischio incendi. Riteniamo, tuttavia, che oltre a questo sia fondamentale sviluppare azioni di prevenzione e di gestione delle operazioni da compiere sul territorio, estremamente importanti per fare in modo che gli interventi in caso di emergenza siano efficaci.
Pertanto, consideriamo molto utile questa indagine conoscitiva e ringraziamo la Commissione di aver intrapreso i lavori e di averci convocati.
Relativamente alla difesa del suolo - sul rischio incendi passerò poi la parola a Daniel Noviello - è inutile ribadire i dati che dimostrano come il rischio idrogeologico nel nostro Paese sia un problema nazionale e anche molto rilevante, tanto che interessantissimi studi istituzionali dimostrano come ogni anno siano numerose le vittime e ingenti i danni economici causati anche da frane di scarsa entità o piccole alluvioni.


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L'evento forse più significativo, in questo senso, per capire come anche i piccoli corsi d'acqua siano coinvolti da questo fenomeno, è quello avvenuto in Sardegna, a Capoterra, dove un piccolo corso d'acqua, che non aveva mai destato alcuna preoccupazione, ha provocato un anno fa la morte di quattro persone, perché era stato totalmente ricoperto di cemento per realizzare una strada.
Questo dimostra come tutto il territorio sia coinvolto da tale fenomeno e meriti una particolare attenzione.
Per quanto riguarda l'aspetto economico, secondo i conti stimati dal ministero - sicuramente conoscete meglio di me questi dati - servono circa 40 miliardi di euro per rimettere in sesto il territorio dal punto di vista della difesa del suolo. È uscita negli anni scorsi, inoltre, un'interessante pubblicazione di un economista - L'Italia delle alluvioni. Un'analisi economica - che dimostra come altrettanti miliardi di euro siano già stati spesi per la messa in sicurezza del territorio, tramite un'analisi di tutti i fondi regionali e statali concessi in emergenza e quant'altro, dal 1952 fino ai giorni nostri.
Un altro dato interessante rivela, a fronte di un aumento degli investimenti nel campo della prevenzione, l'incremento di quelli per ristabilire la normalità nel territorio dopo alluvioni o frane. Questo dimostra che, finora, le azioni messe a punto per la prevenzione forse non sono state efficaci come si sperava, poiché ancora si continua a spendere altrettanto in emergenza.
Come Legambiente, vogliamo richiamare un'attenzione particolare su tale aspetto, ritenendo che sia fondamentale - anche alla luce della scarsità di fondi, come quella che ci troviamo ad affrontare - fare in modo che le risorse investite siano effettivamente dedicate alla riduzione del rischio, per evitare che, a fronte di una spesa rilevante, si abbiano vantaggi ambientali scarsi.
Riportiamo altresì nel documento - se possibile, lo lasciamo volentieri agli atti della Commissione - l'esempio del piano di bacino dell'Arno, presentato negli anni scorsi, che è riuscito a diminuire dell'80 per cento la spesa per la riduzione del rischio idrogeologico nel proprio territorio, rispetto a un investimento iniziale di 1,6 miliardi di euro. Questo risultato si deve alla sostituzione degli interventi strutturali, spesso molto costosi - come costruzione di argini, cementificazione o altro - con una programmazione definita «leggera», che comprende l'informazione della popolazione, lo sviluppo dei sistemi di protezione civile, ma anche i vincoli di uso del territorio e delocalizzazioni, ossia tutti interventi che comportano una spesa minore e spesso sono anche più efficaci. Citiamo come esempio tale azione e riteniamo che, se fosse applicata su tutto il territorio nazionale, magari potremmo anche ridurre la spesa per la prevenzione, al contempo migliorando di molto l'efficacia degli interventi.
Relativamente alle competenze in materia di difesa del suolo c'è da anni ormai un dibattito aperto, a partire dall'introduzione delle autorità di bacino (legge n. 183 del 1989), che purtroppo non sono mai riuscite a svolgere fino in fondo il proprio lavoro e che spesso si sono trovate in contrasto con le competenze regionali, provinciali o comunali. In questo comparto, dunque, sul fronte delle competenze fino a oggi è chiaramente mancata una linea chiara, una direzione uniforme per fare in modo che si ragionasse a scala di bacino e che gli enti preposti operassero in tal senso.
L'ultimo avvenimento è stato la conversione in legge, con legge n. 13 del 2009, del decreto legge n. 208 del 30 dicembre 2008, che ha di fatto accelerato di molto la procedura dei piani di gestione, incaricando le autorità di bacino nazionali di mettere a punto, entro dicembre 2009, i piani di gestione dei distretti idrografici. Come sicuramente saprete, infatti, la legge prevede che si passi dalle attuali trenta Autorità di bacino (nazionali, regionali e interregionali) a otto Autorità di distretto, ciascuna delle quali deve mettere a punto il piano di gestione relativo al rischio idrogeologico, alla tutela delle risorse idriche e alla difesa del suolo.


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Purtroppo, però, questa accelerazione impressa dalla legge n. 13 del 2009 ha determinato il fatto che le autorità di bacino nazionali debbano pianificare temi così importanti anche per territori che ancora non sono di loro competenza. L'Autorità di bacino del Liri-Garigliano e Volturno, per esempio, che ha sempre operato nella zona del Centro-Sud, oggi si trova a operare su tutto il distretto meridionale, incluse la Puglia e la Calabria, territori che assolutamente non conosce, senza avere a disposizione tutto il tempo di cui avrebbe bisogno per approfondire la loro conoscenza.
Metto in luce questo aspetto perché ad oggi, a nostro avviso, sulle competenze in materia di difesa del suolo non siamo riusciti a dar seguito ai notevoli passi avanti compiuti negli anni scorsi; viceversa, ci troviamo in un caos di competenze che invito a risolvere quanto prima, proprio per restituire al territorio la dovuta attenzione.
Per capire realmente a che punto siamo rispetto alla difesa del suolo, a nostro parere è necessario andare in giro per il nostro territorio e rispondere a una semplice domanda: «E se piovesse come allora?». Questo è l'interrogativo che ci siamo posti, in recenti studi che abbiamo anche pubblicato, per verificare cosa è successo nei territori dopo che gli stessi sono stati colpiti da eventi alluvionali. Spesso, infatti, accade che in luoghi già colpiti da alluvioni, oppure in territori confinanti, accadono di nuovo eventi simili, che magari provocano danni minori, ma che in ogni caso dimostrano come la situazione di rischio non sia assolutamente risolta. Ad esempio, mentre in Liguria, per risolvere la situazione del fiume Bisogno, che a Genova ha sempre creato notevoli problemi, si sta puntando a intervenire allargandone la foce, in modo da ristabilire la sicurezza del territorio, ad Imperia, al contrario, si sta progettando un parcheggio sulla foce del fiume, dunque si pensa di coprirla di cemento. Cito questo caso puntuale per far capire come sul territorio fenomeni anche molto gravi non abbiano comportato la giusta consapevolezza, per quanto riguarda gli interventi.
Riteniamo per questo che sia necessaria un'autorità dotata di memoria storica, ma anche di una conoscenza adeguata del territorio, per fare in modo che, in seguito ai grandi eventi alluvionali, non ci si limiti a un'attenzione di pochi mesi, con rilevanti interventi puntuali - non ragionati a scala di tutto il bacino - ma si arrivi effettivamente a una soluzione del problema.
Nella prima pagina del documento che lasciamo agli atti, infine, ci sono delle proposte che riteniamo fondamentali per la politica della difesa del suolo: un buon sistema di protezione civile che, se già esiste a livello nazionale, è necessario strutturare anche a livello locale; la delocalizzazione degli edifici in aree a rischio; il rispetto delle fasce di pertinenza fluviale, per invertire la tendenza alla limitazione dello spazio destinato all'acqua, ridandole spazio anche per esondare (laddove possibile, come nelle aree extraurbane o di campagna, non certo nei centri urbani); una grande attenzione ai corsi d'acqua minori, come nel caso di Capoterra (ma sono diverse le fiumare, anche in Calabria, che destano molte preoccupazioni); un'attività di controllo, da parte delle forze dell'ordine, sulle illegalità che riguardano i corsi d'acqua che spesso, purtroppo, sono sede di abusivismo edilizio, di discariche illegali o di estrazioni illegali di inerti, che comportano un aumento del rischio.
Relativamente al rischio di incendi, passo la parola a David Noviello, coordinatore di Legambiente protezione civile.

DANIEL NOVIELLO, Coordinatore protezione civile di Legambiente. La mia relazione sul fenomeno degli incendi si basa sul nostro dossier «Ecosistema incendi», realizzato in collaborazione con il Dipartimento della Protezione civile, che fotografa la situazione delle amministrazioni comunali che nell'ultimo biennio hanno subìto incendi su superfici pari o superiori ad un ettaro. L'indagine si basa su tre aree


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tematiche, vale a dire sull'applicazione della legge quadro n. 353 del 2000 sulla gestione del territorio, sul sistema di protezione civile e sull'informazione della popolazione.
I dati fotografano una situazione che nell'ultimo biennio è in miglioramento, soprattutto con riferimento ai dati del 2008 e 2009. Tale miglioramento però è dovuto da una base di partenza drammatica, quella relativa al 2007, che aveva comportato per nove regioni l'emanazione di specifiche ordinanze di emergenza da parte del capo del Dipartimento della protezione civile.
I nostri dati rilevano che le amministrazioni più colpite, soprattutto nelle regioni del Centro e del Sud Italia, ancora eludono la piena applicazione dei vincoli della legge n. 353 del 2000, mentre solamente una minima parte (il 4 per cento) dei comuni intervistati compie un ottimo lavoro di mitigazione del rischio incendi.
Per quanto riguarda le altre aree tematiche, dall'indagine emerge che si punta molto sulla risposta in caso di emergenza incendi, quindi su un potenziamento dei mezzi e degli uomini per fronteggiare le situazioni di emergenza, mentre ancora è molto ridotto lo sviluppo delle attività di informazione alla popolazione. Su questo ultimo aspetto, ancora le amministrazioni locali si adoperano troppo poco e questo è un ritardo serio, se pensiamo che a determinare il fenomeno degli incendi sono per il 90 per cento fattori colposi o dolosi e che, pertanto, l'incuria e la negligenza sono parte fondamentale del problema. Noi riteniamo, invece, che la lotta agli incendi si debba svolgere a trecentosessanta gradi, su tutto il fronte: sul versante dell'applicazione della legge, della costruzione di un buon sistema di protezione civile, dell'affermazione di una cultura dell'ambiente improntata, soprattutto, al rispetto delle norme comportamentali all'interno dei boschi, purtroppo ancora disattese.
Tra i punti su cui crediamo si possa fare leva per migliorare la situazione, sicuramente rientra il rafforzamento delle campagne di sensibilizzazione rivolte alla popolazione, con il coinvolgimento delle istituzioni (Dipartimento della protezione civile, amministrazioni locali e Corpo forestale dello Stato) e delle associazioni di volontariato. Al riguardo, crediamo che una delle proposte migliori - l'esempio dell'Aspromonte ha dato ottimi risultati - siano i cosiddetti «contratti di responsabilità», che affidano porzioni di territorio a fruitori del bosco, quali aziende agricole, cacciatori o associazioni, per eliminare a monte la possibilità dell'insorgenza di un incendio. In questo senso, non si tratta più di distribuire i finanziamenti a pioggia, ma in modo mirato, su territori che effettivamente riescono a eliminare questo problema.
È necessaria, infine, un'applicazione a tutto tondo della legge quadro n. 353 del 2000 perché, laddove questo è accaduto, abbiamo visto buoni risultati.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

FRANCESCO NUCARA. Ringrazio le associazioni ambientaliste e penso che, dalla lettura delle relazioni che consegneranno capiremo meglio, ovviamente, la sintesi effettuata verbalmente. Concordo sul fatto che il bacino dell'Arno è forse quello meglio gestito in Italia, ma non per questo dobbiamo abbandonare gli altri, che non vengono gestiti al meglio.
Molti problemi relativi alla difesa del suolo, ovviamente, non sono stati toccati dai rappresentanti delle associazioni presenti, perché troppo vasto sarebbe il tema. Spesso ho parlato in quest'Aula della subsidenza delle zone romagnole, dell'abbassamento per le stazioni del gas proprio di quelle regioni, delle fiumare (per la maggior parte nel territorio calabrese) e soprattutto della loro cattiva gestione, in quanto spesso sono usate come discariche. Il disastro di Noverato del 2000, per esempio, con i morti che sappiamo, si è verificato proprio per l'effetto diga che una massa di materiali scaricati in quel torrente ha prodotto.


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Penso che, alla fine di questo di questo processo di informazione, intrapreso attraverso le audizioni di varie rappresentanze istituzionali e di associazioni come voi, dovremo redigere una relazione, affrontando il problema per quello che è e abbandonando le questioni legate agli schieramenti politici, per proporre anche modifiche legislative, se sarà il caso.
Per quanto riguarda il problema degli incendi boschivi, se è vero che la stragrande maggioranza degli incendi - come credo e come ha affermato il rappresentante di Legambiente - hanno origine dolosa, allora il problema dell'Aspromonte è diverso. Non saranno, cioè, le cooperative create dal parco dell'Aspromonte, che butta soldi per organizzare gli avvistatori antincendio, a far sì che non ci siano focolai, dal momento che nella stessa Calabria, nel parco della Sila, gli incendi si verificano.
Noi, a mio avviso, dobbiamo verificare la situazione attraverso il sistema satellitare e un'unità specifica, attiva grosso modo da maggio a settembre (nella stagione degli incendi), che deve operare nelle regioni e nel Ministero dell'ambiente. Non sono, infatti, i ragazzi delle cooperative o i cacciatori che possono avvistare un incendio o meno. È un problema di natura diversa e complicato, sul quale ognuno di noi può dire quello che pensa. Probabilmente, però, la soluzione è complessa, perché se è vero che è difficile trovare un individuo in mezzo al bosco che sta appiccando un incendio è anche vero che si può limitare il danno solo avvistando le fiamme dall'inizio, quindi intervenendo immediatamente. Questo, però, può accadere solo con il sistema satellitare e non attraverso il ricorso ai volontari, a mio avviso. Insomma, non è possibile vedere una persona che sta facendo il suo barbecue in mezzo a un bosco, sempre che l'incendio non sia doloso, ovviamente.
Con molto interesse abbiamo ascoltato la relazione e leggeremo volentieri questi documenti; probabilmente, se nel corso della stesura della relazione ne avremo bisogno, richiederemo anche informalmente consigli e chiarimenti.
Colgo l'occasione per ringraziare anche il presidente, che mi ha aiutato in questa ricerca di chiarimento relativamente ai problemi in esame, perché quella della difesa del suolo è una questione vastissima che in Italia tutti i Governi hanno sottovalutato.
Dal punto di vista della procedura, tuttavia, se è difficile risolvere il problema per la quantità di mezzi finanziari necessari, viceversa è possibile chiarire almeno le azioni da evitare. C'è bisogno - è vero - di una massa immensa di risorse finanziarie che l'Italia in questo momento non si può consentire, ma è possibile incominciare a effettuare interventi nelle zone a rischio molto elevato, senza lasciarli alla discrezione dei singoli - direttori generali di ministeri, presidenti di regione o responsabili di uffici regionali -, ma ricorrendo a un provvedimento in cui si concentri la capacità di prevedere i possibili interventi sul territorio.
Di documenti ce ne sono già ad abundantiam presso il Ministero dell'ambiente, il problema semmai - ne parleremo probabilmente nella stesura della relazione - è come gestire questa massa di informazioni.

PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti di Legambiente, che avremo modo di rivedere sicuramente.

GIORGIO ZAMPETTI, Coordinatore ufficio scientifico di Legambiente. Nel salutare e ringraziare, ricordo che lasciamo un documento di sintesi dei punti trattati nella seduta odierna, in cui si toccano alcuni aspetti molto recenti e attuali. Su questi temi, inoltre, disponiamo di una documentazione molto ingente - non l'abbiamo portata oggi, volendo capire realmente se serviva approfondire qualche aspetto in particolare - che, se può essere utile, mettiamo a disposizione della Commissione.

PRESIDENTE. Do la parola alla dottoressa Vanna Forconi, presidente della ecosezione Lazio di Movimento azzurro, che ci ha raggiunto nel corso dell'audizione.


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VANNA FORCONI, Presidente ecosezione Lazio di Movimento azzurro. Rappresento il Movimento azzurro, il quale farà pervenire un suo documento su questi temi, molto vasti soprattutto per quel che riguarda la difesa del territorio.
Relativamente agli incendi boschivi, desidero aggiungere che sarebbe importante fare in modo che tutte le regioni si attivassero affinché non si possa più costruire o utilizzare i terreni dopo gli incendi, perché questo è uno dei motivi fondamentali - credo - per cui vengono appiccati gli incendi dolosi.

PRESIDENTE. La ringrazio e restiamo in attesa del vostro documento.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 9,50.

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