Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Strumento di esplorazione della sezione Lavori Digitando almeno un carattere nel campo si ottengono uno o più risultati con relativo collegamento, il tempo di risposta dipende dal numero dei risultati trovati e dal processore e navigatore in uso.

salta l'esplora

Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

Torna all'elenco delle indagini Torna all'elenco delle sedute
Commissione IX
8.
Martedì 28 aprile 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Velo Silvia, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUL SISTEMA AEROPORTUALE ITALIANO

Audizione di rappresentanti dell'Associazione per la sicurezza nei trasporti (ASTRA):

Velo Silvia, Presidente ... 3 7 9 10
Misiti Aurelio Salvatore (IdV) ... 7
Salvi Bruno, Presidente di ASTRA ... 3 9
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE.

COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 28 aprile 2009


Pag. 3

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SILVIA VELO

La seduta comincia alle 11,55.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione per la sicurezza nei trasporti (ASTRA).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema aeroportuale italiano, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione per la sicurezza nei trasporti (ASTRA).
Do la parola all'ingegner Bruno Salvi, presidente di ASTRA.

BRUNO SALVI, Presidente di ASTRA. Vorrei innanzitutto esprimere un ringraziamento personale e dell'associazione per questa audizione che ci permette di intervenire su un tema molto delicato e sentito nel nostro Paese. Colgo, inoltre, l'occasione per presentarvi due colleghi che mi hanno accompagnato, l'ingegner Sergio Graziosi, ex dirigente delle Ferrovie dello Stato e oggi presidente della Federazion internazionale des Cadres des trasports (FICT), con sede a Parigi e l'avvocato Felice Cuzzilla dello studio Danovi di Milano, esperto di diritto aeronautico.
ASTRA ha appreso con grande piacere l'impegno della Commissione ad esaminare il problema degli aeroporti italiani; infatti, delle tre componenti che forniscono il prodotto finito (vettore, sistema di assistenza al volo e aeroporti), l'aeroporto è sicuramente la più importante per fornire capacità, qualità e soprattutto sicurezza del servizio, dato che la maggior parte degli incidenti aeronautici avviene in aeroporto durante le fasi di rullaggio o, in vicinanza degli aeroporti, in fase di atterraggio e decollo.
Che il sistema soffra pesantemente - per sistema intendo tutte e tre le componenti - è rilevabile dai dati. Non occorre fare illazioni o riflessioni al riguardo.
Quando si gestiscono 140 milioni di passeggeri sull'aeroporto di Londra e 136 milioni di passeggeri su tutti gli aeroporti italiani, il prodotto, come avviene per qualunque industria, dovrebbe fornire una indicazione della capacità e della qualità dell'industria stessa. A Parigi transitano 86 milioni di passeggeri, molti di più dei due nostri aeroporti più grandi messi insieme (Fiumicino e Malpensa); nelle Baleari transitano 24 milioni di passeggeri sul solo aeroporto di Palma di Maiorca, mentre i nostri tre aeroporti sardi, e non credo che la Sardegna abbia nulla da inviare alle Baleari, gestiscono 6 milioni di passeggeri, vale a dire un quarto di quanti ne gestisce il solo aeroporto di Palma di Maiorca. Bisogna, dunque, andare a fondo nell'analisi per cercare di capire quali sono gli elementi da migliorare.
Oggi, dunque, ci dedichiamo all'aeroporto. Esso deve sempre essere analizzato, per valutarne la funzionalità, all'interno


Pag. 4

del sistema di cui è parte integrante, vale a dire il sistema di assistenza al volo, perché la capacità di un aeroporto non è data dalle infrastrutture (piste, piazzali e aerostazioni), ma dalla facilità e dalla capacità di far atterrare i velivoli; è il sistema di assistenza al volo che dà vita ad infrastrutture statistiche.
Gli aeroporti italiani sono sicuramente afflitti da mali storici, che cito solo per far capire cosa è avvenuto nel trasferimento di competenza dall'Aeronautica militare al Ministero dei trasporti con la legge n. 141 del 1963. Gli aeroporti militari sono stati adattati al traffico civile. Si trovano, pertanto, delle disfunzioni che derivano proprio dal fatto di essere stati realizzati originariamente per altri scopi. Le due piste dell'aeroporto di Malpensa, ad esempio, esistevano prima che l'Aviazione civile passasse al Ministero dei trasporti. Chiaramente, questo non era il disegno di un aeroporto civile strategico, dal momento che le piste, anziché essere poste ai lati dell'aerostazione sono tutte sullo stesso lato, costringendo così un aereo che atterra sulla pista più lontana ad attraversare la pista più vicina per arrivare ai parcheggi; ciò comporta non solo ritardi, ma soprattutto rischi di collisione.
Qualche aeroporto è stato realizzato dopo da enti non aeronautici. Ad esempio, l'aeroporto di Palermo è stato realizzato dalla regione Sicilia: a nessun tecnico aeronautico sarebbe venuto in mente, infatti, di mettere l'aerostazione sul mare e la pista sotto la montagna, soggetta a fenomeni di wind shear estremamente pericolosi. Sarebbe bastato invertire la posizione della pista con quella dell'aerostazione per avere un aeroporto funzionale, con collegamenti stradali eccellenti, dato che a monte passava la strada per Trapani e per Palermo. Non ci sarebbe stato bisogno di realizzare un'autostrada lunghissima per arrivare fino a Punta Raisi e il territorio sarebbe stato servito meglio ad un costo molto inferiore.
Qualche malalingua diceva che quell'autostrada serviva per valorizzare la costa fino a Punta Raisi e non per l'aeroporto, altrimenti l'aerostazione sarebbe stata posta sotto la montagna.
Questi sono, in ogni caso, fenomeni storici sui quali bisogna riflettere per evitare che si ripetano in futuro. La necessità di creare una struttura altamente specializzata in materia di norme dell'aviazione civile, così come accade in tutti i Paesi del mondo, è fondamentale.
Ritengo, tuttavia, che il fattore più saliente che impedisce al nostro sistema di decollare e che costituisce un aggravante delle condizioni del vettore, nuocendo al sistema di produzione, risieda nelle gestioni degli aeroporti.
In Europa esistono condizioni totalmente opposte a quelle che sono state introdotte per legge nel nostro Paese. Basti pensare che l'aeroporto più importante in questo momento per numero di passeggeri, ossia Fiumicino, è gestito da una società privata, condizione che non è presente in alcun aeroporto europeo di pari livello. Non esiste la possibilità che il sistema di trasporto, che incarna il concetto stesso di mobilità tutelato dalla costituzione sia gestito da un privato. A Parigi c'è l'Aéroport de Paris e la società comprende certamente delle componenti private - che ben vengano, perché possono realizzare delle attività che il pubblico non sarebbe in grado di svolgere -, ma il presidente della società è nominato dal Presidente della Repubblica e il rappresentante amministrativo in Consiglio di amministrazione gode del diritto di veto su certe delibere che potrebbero nuocere al trasporto aereo. Senza contare che anche le società private più forti possono fallire. Nessuno pensava che banche dal nome rilevantissimo fallissero. Se fallisce la società di gestione dell'aeroporto principale, si blocca il trasporto aereo nel Paese, cioè la mobilità aerea.
In AdR (Aeroporti di Roma) abbiamo una situazione per cui il 97 per cento delle quote è privato e il 3 per cento è in mano al pubblico, che chiaramente non può svolgere alcun ruolo.
Alcune gestioni italiane sono state affidate per legge. Della legge non discuto;


Pag. 5

potrei non essere d'accordo sulla scelta del gestore, ma la legge si applica non si discute. Esclusi gli aeroporti di Torino, Milano, Genova, Venezia, Roma e Bergamo, affidati con legge dello Stato e pertanto legittimati da un atto legislativo, tutte le altre gestioni sono state affidate con atti amministrativi che hanno violato il codice della navigazione, pur appellandosi ad esso.
Il codice, infatti, afferma che è facoltà di assegnare a un privato un'area o un hangar (cioè beni aeroportuali) per riparare il proprio velivolo, ma non dà espressamente la possibilità di affidare ad esso un servizio.
Con il codice della navigazione, redatto alla fine del ventennio fascista, non si pensava certo affidare a un privato la gestione di un servizio di trasporto aereo: sembra un anacronismo pensarlo in quei tempi, invece, con questo stesso codice, sono state affidate a privati le gestioni, ossia servizi, non beni aeroportuali e senza effettuare alcuna selezione.
L'aspetto più grave, poi, è che esse sono state affidate a condizioni tali per cui le spese pesano essenzialmente sullo Stato. In tutti gli aeroporti europei, infatti, i servizi, come quello antincendio, ad esempio, per citarne uno dei più importanti, sono svolti dal gestore a proprio carico.
Se si atterra a Parigi, sui mezzi antincendio si legge «Aéroport de Paris». Se si vola a Francoforte, si legge «Frankfurt Flughafen», non si vedono i vigili del fuoco del Ministero dell'interno. Non capisco, dunque, il motivo per cui, a parità di condizioni - dato che l'Europa è unita e tutti dovrebbero avere le medesime condizioni - il servizio antincendio degli aeroporti italiani debba essere pagato dal Ministero dell'interno. Un servizio antincendio è una spesa enorme, non è un dettaglio da poco. Se poi consideriamo che i finanziamenti per realizzare questi aeroporti sono stati erogati al 90 per cento dallo Stato e nessuno vi ha investito, capiremo che abbiamo costituito degli enti che gestiscono gli aeroporti a spese dello Stato. Gli enti di gestione non investono nelle infrastrutture aeroportuali - cosa che invece le società di gestione fanno in tutti gli altri Paesi del mondo - e lo Stato non sfrutta nemmeno ciò che per una infrastruttura aeroportuale è normale per tutti, ossia il project financing, per realizzare un'aerostazione.
Mentre, infatti, non è possibile pretendere che un privato finanzi un'opera sociale, perché trascorrerebbe un tempo troppo lungo prima di riuscire a recuperare l'investimento, si può però chiedere a un privato di finanziare un'opera commerciale, che gli consentirà di recuperare gli investimenti in venti o quindici anni di esercizio. In tutto il mondo esistono società - e una delle più attive è in Germania - che hanno realizzato aerostazioni con i propri soldi, e non parlo di aeroporti piccoli, ma mi riferisco all'aeroporto di Atene, ad esempio. In venti anni di esercizio recuperano la spesa e ricavano gli utili; se così non fosse stato non avrebbero fatto l'investimento.
C'è, poi, un altro tema importante da discutere: la mania italiana di fare di tutti gli aeroporti lo stesso stabilimento che fornisce lo stesso prodotto. Questo è inverosimile. Io non mi riferisco, come molti dicono, al numero degli aeroporti: la Grecia ha trenta aeroporti, l'Italia trentaquattro, la Gran Bretagna trentacinque; il numero degli aeroporti commerciali è, dunque, lo stesso. Mi riferisco, piuttosto, al ruolo. Se ognuno vuole fare del proprio aeroporto un'alternativa a Fiumicino, a Malpensa o a Genova l'assetto del sistema aeroportuale viene completamente alterata. Esistono degli studi al riguardo. Io stesso, come capo del servizio aeroporti e del dipartimento dell'Aviazione civile, ruoli che ho ricoperto rispettivamente per quattordici e per tre anni, ne ho condotti alcuni. Tali studi sono stati richiesti da leggi dello Stato e non sono stati certo un mio passatempo.
Ebbene, la legge n. 351 del 1995, che ha convertito in legge il decreto-legge n. 251 del 1995, ha imposto all'Aviazione civile di presentare al Parlamento una relazione sull'utilizzo degli aeroporti minori: a nessuno è venuto in mente di trasformare gli aeroporti minori in aeroporti


Pag. 6

commerciali con traffico pesante. C'è di più: gli studi generali sono stati approfonditi in studi particolari. Per esempio, il dibattito oggi aperto nel Lazio relativo all'opportunità di realizzare a Viterbo un aeroporto a supporto di Fiumicino è un'assurdità. In tutti gli studi aeronautici - e chi li ha svolti dovrebbe avere almeno diritto di vederseli contestare, perché dalla contestazione nasce il dibattito e nel dibattito si cerca la verità - è chiaramente scritto che l'aeroporto di Viterbo è un naturale centro interregionale di protezione civile, cui fanno riferimento Lazio, Umbria e Toscana, da utilizzare per l'addestramento dei piloti antincendio: è vicino, infatti, al Lago di Bracciano e al Lago di Bolsena.
Ancora secondo questi studi, l'aeroporto di Frosinone, che oltretutto si metterebbe in competizione con quello di Viterbo, è il centro naturale di manutenzione degli elicotteri, dato che molto vicino c'è la sede dell'azienda Agusta. Mediante convenzione, l'Agusta potrebbe garantire la manutenzione di tutti gli elicotteri in servizio nelle forze dello Stato; tutti i corpi di Stato, infatti, dispongono degli elicotteri.
Riguardo all'aeroporto di Rieti, in questi studi è scritto che gode di condizioni naturali uniche in Europa per il volo a vela e ciò è confermato anche da campioni del mondo di questa disciplina: tutti i grandi volovelisti ambiscono ad andare a Rieti per fare il loro addestramento. Facciamone, dunque, il centro europeo del volo a vela, per ospitare anche i campionati del mondo che portano benefìci a tutta la provincia. Non facciamone, però, un altro aeroporto come quello di Fiumicino.
A Latina, invece, bisogna costituire una scuola per l'Aviazione civile. Una volta, infatti, i piloti venivano addestrati dall'Aeronautica militare ma oggi non è più così e i piloti sono addestrati dagli Aeroclubs. È necessario, quindi, costituire una scuola certificata per l'addestramento dei piloti e, poiché l'aeroporto di Latina è già base didattica per l'Aeronautica militare, che lì svolge l'addestramento, ben venga una scuola civile per dare un certificato ai piloti che poi voleranno nell'aviazione commerciale.
Non mi dilungo, ma potrei ripercorrere la storia di tutti gli aeroporti e dimostrare che tutti possono essere utilizzati, purché vengano utilizzati secondo il ruolo posseduto e non stravolgendo l'ordine che, invece, occorre rispettare.
Il tema degli aeroporti ci porta immediatamente a verificare il fondamentale problema dei finanziamenti. I finanziamenti invocati da tutte le parti nel campo dell'Aviazione civile - in questa sede vedo, per altro, insigni esponenti dei lavori pubblici, i quali sicuramente sanno ciò che sto per dire - rappresentano i costi più bassi rispetto ad altre forme di trasporto.
Realizzare autostrade e ferrovie per collegare due punti è sicuramente molto più costoso che costruire aeroporti attrezzati. Bisogna, tuttavia, prestare attenzione a non stravolgere le destinazioni d'uso di questi aeroporti.
Ultimamente, soprattutto attraverso gli organi di informazione, ho sentito spesso discorsi intorno al concetto di hub. Da ciò che ho sentito, non sono sicuro che chi parlava avesse capito cosa sia un hub. Oggi, infatti, l'hub designato dal Governo non esiste più; esisteva trent'anni fa, quando i Governi, per realizzare i collegamenti tra due Stati, si riunivano e stilavano degli accordi bilaterali. La trattativa era condotta dal Ministero degli esteri appoggiato dal Ministero dei trasporti. Quest'ultimo designava l'aeroporto per l'origine e la destinazione del collegamento: ad esempio l'Italia stabiliva che fosse Roma e la Francia stabiliva che fosse Parigi.
Allora non si poteva andare direttamente a Lione da Palermo, ad esempio, ma si doveva effettuare la tratta Palermo-Roma con vettore domestico e poi cambiare e con il vettore designato fare la tratta Roma-Parigi. Per questo si chiamava «vettore di bandiera», perché era quello designato dal Governo che rappresentava ed era, quindi, la bandiera dello Stato. Per


Pag. 7

andare poi da Parigi a Lione, si doveva prendere il treno o l'Air Inter, che allora era la compagnia interna francese.
Oggi non è più così. Oggi ogni città dell'Europa (Stato, che non ha più confini), si può collegare con un'altra città: è sufficiente avere lo slot, ossia la finestra per entrare nell'aeroporto e per uscirne dopo aver sbarcato i passeggeri. L'unica cosa che è rimasta è che l'hub rimane base di armamento del vettore, ossia il luogo dove si trovano le officine di manutenzione, dove si svolge l'addestramento dei piloti, dove si effettua la verniciatura: tutte quelle operazioni, insomma, che avvengono nell'aeroporto che è lo snodo del traffico.
L'hub («mozzo», in italiano), collegato alla periferia da collegamenti minori (spoke in inglese, per noi «raggi» di una ruota), è il luogo dove si crea una concentrazione di traffico diretto verso altre destinazioni. In Francia l'aeroporto hub base di armamento è Parigi, ma nessuno impedisce a Lione o a Marsiglia di effettuare voli di connessione internazionali e intercontinentali attraverso i transiti.
Ci sono poi dei casi eclatanti: l'aeroporto di Barcellona, per esempio, ha transiti di tutti i tipi ma la base di armamento è Madrid. Lo stesso vale per Francoforte, che è la base di armamento della Lufthansa e tuttavia l'aeroporto di Monaco svolge funzioni tipiche dell'hub.
L'aeroporto di Manchester detiene il massimo della concentrazione di voli con transiti, ma la base di armamento è Londra; la British Airways l'ha posta lì ma nulla impedisce che Manchester svolga il ruolo di hub. Se si hanno dei transiti è chiaro che esiste un collegamento regionale o interregionale con tratte a lungo raggio: si cambia aereo e si prosegue in un'altra direzione.
Questo tipo di polemica, quindi, è incomprensibile. Per realizzare un hub è sufficiente che ci sia un mercato adeguato e che il gestore, senza chiedere l'intervento dei Governi come avveniva una volta, trovi un vettore che serva lo snodo, raccolga i passeggeri dal breve raggio e li trasferisca sul lungo raggio. Così si crea un hub. Naturalmente deve essere realizzato dove serve.
Se, ad esempio, dovessi fare l'operatore per i collegamenti nel bacino del Mediterraneo, quindi per tutta la fascia che va dal Maghreb fino al Cairo e dall'altra parte in Turchia, io posizionerei l'hub a Palermo. Su questo hub, infatti, non affluirebbero solo i passeggeri siciliani, ma sarebbe il punto di riferimento per tutto il traffico che dal nord Europa è diretto verso le suddette aree geografiche. I vettori scandinavi non avrebbero più interesse, quindi, a coprire le tratte Oslo-Algeri, Oslo-Tunisi o Oslo-Marrakech, perché potrebbero andare da Oslo a Palermo e da lì, con un vettore che fa da smistamento, distribuire il traffico su tutta la fascia del Mediterraneo. La collocazione, quindi, è scelta in funzione delle strategie del vettore e rappresenta un elemento fondamentale per l'economia e la qualità dei servizi offerta dai vettori stessi.
Oggi, lo sviluppo è repentino. Si stabiliscono alleanze fra hub - come il code sharing fra due vettori, ad esempio - per dare al passeggero la continuità del suo viaggio da una destinazione a qualunque altra. Si tratta, però, di una strategia operativa che non ha nulla a che vedere con la politica del Ministro dei trasporti, il quale si occupa di stabilire le regole e di farle rispettare e non può, certo, stabilire cosa debba fare un operatore aeronautico, che ha il suo bilancio e la sua struttura.
Ad ogni modo, per evitare che, appassionandomi all'argomento, mi dilunghi troppo, preferirei a questo punto rispondere a qualche domanda.

PRESIDENTE. Grazie. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

AURELIO SALVATORE MISITI. Ringrazio l'ingegner Salvi e i rappresentanti dell'ASTRA per aver illustrato la posizione di un'associazione di esperti che hanno l'obiettivo di contribuire, credo, anche culturalmente alla ricerca della soluzione migliore ai problemi del trasporto aereo.


Pag. 8


Oggi, chiaramente, è stato illustrato quanto riguarda gli aeroporti ma sarebbe interessante che anche i gestori degli aeroporti ascoltassero le problematiche relative all'assistenza al volo e ai vettori.
Da quanto ho sentito, c'è una posizione nettamente favorevole all'idea che gli aeroporti, essendo parte di un elemento strategico generale quale il movimento delle persone per via aerea, siano sostanzialmente, anche se non solamente, in mani pubbliche e che le decisioni principali in questo ambito siano riservate alla mano pubblica.
Lei citava l'esempio della Francia, dove la gestione dell'aeroporto non è completamente pubblica e tuttavia il pubblico può intervenire in ogni momento a difesa del proprio interesse. Nel caso di Roma, invece, si verifica l'esatto contrario: il 97 per cento del settore appartiene al privato e il 3 per cento al pubblico, che non ha, così, nessuna possibilità di incidere.
Credo che l'idea del controllo pubblico, anche se non proprio della gestione pubblica, sia da prendere in seria considerazione anche per il nostro Paese. Questo è il problema fondamentale.
Vorrei, comunque, formulare un'ulteriore osservazione sugli aeroporti e sapere cosa ne pensi l'associazione; il tema, infatti, ha poi un rapporto anche con i vettori.
Molti aeroporti sono gestiti dal pubblico. Si tratta per lo più di aeroporti regionali, in particolare di quelle regioni i cui capoluoghi possiedono le azioni e in cui tutti gli amministratori della società di gestione, quindi, sono sostanzialmente nominati dal pubblico. Questi aeroporti, nell'ultimo decennio, hanno svolto un ruolo diverso da quello degli aeroporti tradizionali; per attirare compagnie, infatti, e aumentare il numero dei passeggeri che transitano in aeroporto, finanziano alcune compagnie. Insomma, il bilancio dell'aeroporto non è più solo il bilancio della società di gestione dell'aeroporto, ma lo considerano un bilancio territoriale.
Vi porto un esempio: un aeroporto finanzia un vettore che porta i passeggeri da quella regione a Londra e viceversa e permette a quel vettore di far viaggiare i suoi passeggeri al costo di 15, 10 o anche 7 euro. Ma chi finanza il biglietto? Lo finanza l'ente territoriale dal momento che ricava un'entrata dall'afflusso di turisti che vengono a spendere nel suo territorio. In questo modo, però, si fa, a mio avviso, concorrenza sleale nei confronti di altri vettori (mi riferisco ad esempio, all'Alitalia). La gestione pubblica dell'aeroporto, quindi, comporta anche questa situazione particolare a livello locale e le chiedo cosa pensi lei in merito.
Vorrei, inoltre, porle un quesito inerente al collegamento esistente tra questo tipo di mobilità e gli altri due tipi di mobilità, quelli, cioè su strada e su ferro. Non mi riferisco a quello su nave perché, sebbene talvolta vi sia, il collegamento è più raro.
Se io voglio andare all'aeroporto Charles de Gaulle, anche servendomi del treno, arrivo sotto l'aeroporto, entro, parto, e viceversa.
I collegamenti ferroviari, nel nostro caso, sono visti come un semplice collegamento da punto a punto mentre i collegamenti ferroviari che si rispettino dovrebbero attraversare l'aeroporto con l'alta velocità ferroviaria, collegando due grandi agglomerati urbani. Ad esempio, io non vedo la tratta ferroviaria Roma-Napoli con riferimento agli aeroporti di Fiumicino e Capodichino, ma con un unico aeroporto su cui basarsi, così come la Milano-Torino si riferisce ad un unico aeroporto che si trova al centro ed è collegato all'alta velocità ferroviaria.
Allo stesso modo, in Sicilia, vedo l'aeroporto centrale coadiuvato dai collegamenti ad alta velocità delle tratte Catania-Palermo e Palermo-Messina; l'aeroporto si impianta sull'alta velocità e da lì, in 20-25 minuti posso raggiungere il centro della città.
Come vede, lei, questo tipo di organizzazione del futuro degli aeroporti?
Molto tempo fa, quando mi occupavo di questi temi, scrissi su ciò anche un saggio e, all'inizio, descrivevo la forma iniziale dell'aeroporto e il modo in cui si è trasformato nel tempo. Ho tenuto una conferenza


Pag. 9

su questo argomento che partiva da come si presentavano gli aeroporti ai primi del Novecento e come sono arrivati a essere ora. Essi sono ancora il frutto di quel tipo di impostazione e ciò vale non solo per quelli italiani ma anche per quelli tedeschi: basti pensare a Berlino.
Le chiedo, quindi, cosa pensi in merito a questi argomenti l'associazione che lei dirige.

PRESIDENTE. Do la parola all'ingegner Salvi per la replica.

BRUNO SALVI, Presidente di ASTRA. L'onorevole Misiti mi pone delle domande di cui, probabilmente, già conosce la risposta. Al Ministero dei trasporti si discute normalmente di questi problemi.
La prima domanda è preoccupante, perché la risposta è positiva. Esistono in Italia fenomeni di somministrazione di risorse economiche a vettori che servono solo a far fare bella figura al presidente della società. Infatti, avere un collegamento tra un determinato punto - non dico il nome dell'aeroporto perché ci sono casi specifici - e Londra, o tra un altro punto e Parigi rappresenta un fiore all'occhiello. Quanto, poi, ciò costi alla comunità e alla società nessuno lo vuol vedere.
L'opinione dell'associazione che rappresento in merito a questo coincide con quanto fece, ad esempio, il suo presidente quando, nella funzione di Capo dipartimento dell'Aviazione civile denunciò alla procura della Corte dei conti il caso di Rimini. Di questo si può parlare perché si è svolta l'inchiesta: la società di gestione di Rimini produsse un disavanzo di circa 6 miliardi di euro, perché dava a una compagnia low cost, ciò che questa, avrebbe dovuto versare alla società per i servizi avuti (handling, catering e tutto il resto). La società pagava addirittura le tasse di avvicinamento del vettore che si versano all'ENAV. Tutto questo solo per avere un collegamento internazionale che dava lustro.
È chiaro, dunque, che questi fenomeni devono essere colpiti, non solo perché rappresentano una concorrenza sleale - su questo non c'è dubbio dal momento che i vettori tutti devono pagare l'aeroporto e non riceverne soldi -, ma anche perché portano un danno alla collettività: sono soldi pubblici che vanno a finire nelle mani dei privati.
Per quanto riguarda il secondo tema, quello dell'interconnessione, esso è un vangelo, una regola universale. Se non c'è un'interconnessione tra i vari sistemi di trasporto, la mobilità è zoppa. Se si risparmia un'ora di treno, ma si impiegano sempre due ore per arrivare alla stazione non credo che ci siano benefìci sensibili per l'utente.
Non occorre realizzare un altro aeroporto oltre Fiumicino: quest'ultimo, infatti, con interventi nei sistemi di assistenza al volo che saranno effettuati a breve termine, con un'altra pista sul mare, parallela alla costa, di cui disporrà a medio termine e con le infrastrutture terminali e il satellite che già ha a disposizione, è un aeroporto che può raggiungere i sessanta milioni di passeggeri.
Ad ogni modo, in ragione dell'interconnessione, se occorresse un altro aeroporto, la scelta cadrebbe su Latina. L'aeroporto di Latina ha, tangente alla recinzione, una ferrovia che ha perso validità con la costruzione della direttissima Roma-Napoli; prima la tratta Roma-Napoli passava via Formia. Quella ferrovia collega l'aerostazione alla stazione Termini di Roma in meno di mezz'ora. E c'è di più. Sarebbe anche soddisfatta l'esigenza di un nuovo aeroporto che dovrà sorgere a nord della città di Napoli, di cui si discute da 30 anni e che magari non si realizzerà mai proprio perché se ne discute solo. Se realizzo l'aeroporto a Latina, quella stessa ferrovia può servire tutta la zona di Caserta e Napoli nord, e Capodichino può diventare un city airport: più di questo, infatti, non può essere, in quanto si trova in mezzo a case ed autostrade. In questo modo, con un solo aeroporto, si servono due regioni e la ferrovia è già a disposizione. Invece noi discutiamo se realizzarlo a Viterbo o a Frosinone. Questo è ciò che non riesco a capire.
Seguito, dunque, a ritenere che occorra creare una struttura che esamini a fondo


Pag. 10

questi problemi e li trasferisca poi a chi deve dettare le regole della politica, che è il Governo. Una volta che il Governo ha emanato queste regole, il controllo delle medesime dovrebbe rimanere - e lo dico pur non essendo mai stato uno statalista convinto - nelle mani del tutore del diritto costituzionale di mobilità, vale a dire del Governo della Repubblica.
Non possiamo pensare che un ente di diritto pubblico non economico possa essere il regulator, il controllore, il supervisore di una società per azioni. Questo, però, è ciò che sta avvenendo. Una società per azioni, infatti, risponde al codice civile, non ad un altro ente di diritto pubblico non economico. Al ministero c'era una direzione generale dell'Aviazione civile, oggi c'è un ente nazionale per l'aviazione civile e questo deve essere l'elemento di riferimento.
Non possiamo accettare che una società di gestione, passando dal pubblico al privato, revochi i contratti stipulati dal pubblico per risanare un'infrastruttura di volo ed in più lo faccia perché magari c'erano degli attriti con l'impresa. Tutti i lavori pubblici - l'onorevole Misiti lo può testimoniare essendone maestro - possono essere oggetto di contenziosi. Dunque, si portano avanti i contenziosi, si portano avanti gli arbitrati, ma non si rescinde il contratto perché, rescindendolo, i soldi stanziati non vengono più utilizzati per quel lavoro.
Non si può demandare a colui al quale viene conferito un mandato di decidere cosa deve fare. Questo non lo sostiene l'ASTRA, né lo sostengo io: lo sostiene il Consiglio di Stato. Quando il Consiglio di Stato, nelle sue sentenze, ha fatto riferimento all'affidamento a terzi di attività pubbliche, si riferiva a questi temi: non tanto ai finanziamenti che offre per assumere il servizio, ma alla garanzia che offre per svolgere un servizio secondo le necessità della collettività. Queste sono le sentenze di questo Paese. Rispettiamole, applichiamole! Queste sono le leggi.
Tutti gli aeroporti, uno per uno, sono stati analizzati per decidere cosa farne. Qualcuno lo si potrebbe anche chiudere; ad esempio, ho proposto di chiudere l'aeroporto di Aquino nel Lazio. Si trova in provincia di Frosinone e temevo che tutti gli assessori del Lazio, vedendo che un assessore aveva due aeroporti in provincia, ne volessero due anche loro, determinando così un aumento, anziché una diminuzione degli aeroporti.
Facciamo un'utilizzazione di queste strutture secondo le necessità degli utenti.

PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti dell'ASTRA e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 12,30.

Consulta resoconti delle indagini conoscitive
Consulta gli elenchi delle indagini conoscitive