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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione IX
45.
Mercoledì 17 febbraio 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Valducci Mario, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUL SISTEMA AEROPORTUALE ITALIANO

Seguito dell'esame e approvazione del documento conclusivo:

Valducci Mario, Presidente ... 3 8
Compagnon Angelo (UdC) ... 5
Desiderati Marco (LNP) ... 7
Lovelli Mario (PD) ... 3
Meta Michele Pompeo (PD) ... 4
Monai Carlo (IdV) ... 5
Nicco Roberto Rolando (Misto-Min. Ling.) ... 6
Testoni Piero (PdL) ... 7

ALLEGATO: Documento conclusivo approvato dalla Commissione ... 9
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.

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COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 17 febbraio 2010


Pag. 9

ALLEGATO

DOCUMENTO APPROVATO DALLA IX COMMISSIONE PERMANENTE
(TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI)
nella seduta del 17 febbraio 2010

A CONCLUSIONE DELL'INDAGINE CONOSCITIVA
deliberata nella seduta del 12 febbraio 2009
SUL

SISTEMA AEROPORTUALE ITALIANO
(Articolo 144, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati)

Pag. 11

Indagine conoscitiva sul sistema aeroportuale italiano

DOCUMENTO CONCLUSIVO APPROVATO
INDICE
Introduzione - L'ambito e le finalità dell'indagine Pag. 13
1. Un sistema aeroportuale diffuso, ma debole e scarsamente idoneo a fronteggiare le potenzialità di crescita del traffico aereo    » 14
2. Evitare una proliferazione di aeroporti costosa, insostenibile e dannosa per il Paese » 16
3. Recuperare la capacità di una pianificazione a livello nazionale della rete aeroportuale » 19
4. Gli investimenti per l'intermodalità » 22
5. Gli investimenti per le infrastrutture aeroportuali e il loro finanziamento » 25
6. L'ampliamento della capacità di traffico aereo: slot e accordi bilaterali » 31
7. La qualità dei servizi negli aeroporti » 33
8. Gli enti di regolazione, controllo e coordinamento » 37
9. Le prospettive: il Cielo unico europeo » 40
10. Linee di intervento » 41
Tabelle allegate » 45

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Introduzione - L'ambito e le finalità dell'indagine.

Gli aeroporti rappresentano un fattore decisivo di sviluppo economico e sociale di un Paese. Il costante sviluppo del traffico aereo che si è avuto nell'ultimo decennio e la rilevante crescita attesa per i prossimi anni esercitano pressioni sempre più intense volte da un lato all'ampliamento e alla riorganizzazione degli aeroporti esistenti e dall'altro alla realizzazione di nuovi.
L'attenzione per le questioni attinenti in modo specifico agli aeroporti deve collocarsi all'interno di una riconsiderazione complessiva della politica nazionale del trasporto aereo. Infatti, in conseguenza alla progressiva liberalizzazione del traffico aereo che si è realizzata in attuazione della normativa comunitaria, il settore nel nostro Paese si è sviluppato per effetto di spinte autonome, che, per quanto concerne gli aeroporti, hanno provocato una proliferazione del numero degli scali, avvenuta in assenza di una programmazione nazionale capace di individuare una strategia coerente di sviluppo. Ciò ha portato, per un verso, all'utilizzo di ingenti risorse pubbliche per la realizzazione e la gestione di aeroporti con volumi di traffico ridotti e, per altro verso, per effetto della concorrenza tra gli scali, alla difficoltà di sviluppare aeroporti su cui concentrare i voli a medio e lungo raggio.
A livello istituzionale, il sistema aeroportuale nazionale ha inoltre risentito della sovrapposizione delle competenze che si è determinata per effetto dell'articolo 117 della Costituzione, a norma della quale gli aeroporti civili sono una delle materie di legislazione concorrente tra Stato e regioni.
La IX Commissione ha ritenuto di procedere ad una indagine conoscitiva sul sistema aeroportuale italiano, con l'obiettivo di individuare le criticità del sistema e di definire adeguate linee di intervento, anche a livello legislativo.
L'indagine è stata deliberata il 12 febbraio 2009 e si è conclusa il 30 novembre 2009.
Nel corso delle 41 audizioni svoltesi nei mesi da febbraio a novembre sono stati ascoltati i soggetti istituzionali competenti, le società di gestione aeroportuale, compagnie aeree italiane e straniere, le parti sociali, le associazioni rappresentative del settore e i centri di studio e di ricerca operanti sulla materia. Sono stati acquisiti altresì contributi scritti inviati da altri soggetti, tra i quali i contributi di IATA (International Air Transport Association) e di ACI-Europe (Airports Council International).
Le audizioni hanno consentito alla Commissione di acquisire un quadro completo delle questioni che interessano il sistema aeroportuale nazionale, nonché un panorama ampio e articolato delle valutazioni e delle proposte che ciascun soggetto ha inteso rappresentare.
Sono stati in particolare esaminati ed approfonditi l'attuale assetto normativo del settore e la sua coerenza rispetto alle prospettive di sviluppo del sistema e alla crescita attesa del traffico aereo,


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l'organizzazione e le fonti di finanziamento delle società di gestione aeroportuale, le relazioni tra queste ultime e le compagnie aeree, le esigenze di potenziamento delle infrastrutture aeroportuali e dei collegamenti intermodali, le modalità assegnazione degli slot, il livello e la qualità dei servizi erogati negli aeroporti, sia nei confronti dei vettori, sia nei confronti dei passeggeri.
Sono state altresì effettuate due missioni negli aeroporti di Zurigo e Monaco di Baviera, in ragione dei riconoscimenti internazionali ottenuti per l'efficienza e la qualità dei servizi, durante le quali la Commissione, attraverso una propria delegazione, ha potuto acquisire direttamente elementi informativi sulla gestione aeroportuale e sulle relazioni dei due aeroporti con il territorio.

1. Un sistema aeroportuale diffuso, ma debole e scarsamente idoneo a fronteggiare le potenzialità di crescita del traffico aereo.

Il sistema aeroportuale italiano (1) è costituito da circa 100 aeroporti, di cui 47 registrano traffico commerciale con voli di linea. Sulla base dei dati relativi al 2008, i primi 20 aeroporti coprono il 94,76 per cento del traffico di passeggeri. Ancora più significativo è il fatto che soltanto 7 aeroporti hanno un volume di traffico superiore a 5 milioni di passeggeri l'anno e i primi 8 aeroporti (i 7 a rilevanza comunitaria e Ciampino) coprono, sempre sulla base dei dati riferiti al 2008, circa il 70 per cento del traffico passeggeri del Paese.
Questi dati sono sufficienti di per se stessi a evidenziare un primo elemento essenziale: l'Italia, nella situazione attuale, si trova ad avere un numero elevato, forse eccessivo, di aeroporti aperti al traffico commerciale.
Al tempo stesso, l'Italia, pur avendo una dimensione economica paragonabile a quella di Germania, Francia e Gran Bretagna, non ha aeroporti di dimensioni analoghe a quelle degli aeroporti di Londra-Heathrow, o di Parigi-Charles de Gaulle o di Francoforte/Meno, e neppure a quelle dell'aeroporto di Madrid-Barajas o di Amsterdam-Schiphol (2).


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Non si tratta peraltro soltanto di un problema di singoli aeroporti. Sono i dati complessivi sul traffico aereo in Italia a non consentire valutazioni positive. L'entità del traffico aereo che interessa l'Italia, misurata sul numero di passeggeri (133 milioni di passeggeri nel 2008), risulta, infatti, notevolmente inferiore non soltanto a quella del Regno Unito, ma anche di Germania, Spagna e Francia (3). È stato altresì segnalato nell'indagine conoscitiva che la propensione al volo, misurata sulla base del numero di voli effettuati in un anno per abitante, è in Italia notevolmente inferiore alla media europea.
Questi dati non dipendono soltanto, né forse principalmente, dagli aeroporti. Sicuramente le travagliate vicende che, a partire dalla liberalizzazione del mercato del traffico aereo comunitario, hanno segnato la storia della compagnia aerea di riferimento nazionale, già compagnia di bandiera, hanno avuto un'incidenza rilevante. Occorre tuttavia considerare che, nell'ambito di un sistema economico sempre più caratterizzato dalla globalizzazione dei mercati, la rete aeroportuale riveste un ruolo fondamentale rispetto alle capacità di sviluppo del traffico aereo e, attraverso di esso, del sistema economico nel suo complesso. Ciò vale in misura particolare per l'Italia, in considerazione della straordinaria vocazione turistica del nostro Paese.
Di fronte ad un ruolo tanto importante, dall'indagine conoscitiva è emerso che il sistema degli aeroporti italiani, pur essendo un sistema assai diffuso, è nel complesso un sistema in difficoltà. Questa condizione di difficoltà dipende in parte da carenze e inadeguatezze già rilevabili, come la scarsa accessibilità intermodale, che è da correlarsi all'insufficienza dei collegamenti con la rete ferroviaria e stradale, e un livello di servizi in molti casi insoddisfacente. Il motivo di maggiore preoccupazione, tuttavia, non si riferisce tanto alla situazione attuale, ma a quella che si determinerà nei prossimi anni. Il sistema aeroportuale italiano, nello stato in cui si trova oggi, non pare, infatti, in grado di sostenere adeguatamente le future potenzialità di sviluppo del traffico aereo.
Da questo punto di vista, l'indice relativamente basso di propensione al volo può essere considerato anche in un'ottica positiva, in quanto implica una potenzialità di crescita maggiore che in altri Paesi. Più in generale, superata la crisi economica, di cui ancora si sentono gli effetti, le previsioni sull'evoluzione del traffico aereo nel medio e lungo periodo illustrate nel corso dell'indagine conoscitiva sono concordi nel prospettarne un ulteriore, rilevantissimo incremento. Sono state elaborate proiezioni per cui in Italia si passerà da 133 milioni di passeggeri nel 2008 a circa 230 milioni nel 2020, o, secondo altre stime, nel 2025, comunque in un arco di tempo inferiore a venti anni. Sono numeri impressionanti.
Bisogna fare in modo che la prevista crescita del traffico aereo non vada a scontrarsi con l'insufficiente capacità infrastrutturale ed operativa degli aeroporti italiani, con la conseguenza di limitare il


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traffico aereo che riguarda l'Italia rispetto a quelle che potrebbero essere le possibilità di espansione. Come è stato detto nell'indagine conoscitiva, bisogna evitare che la limitata capacità aeroportuale diventi «il collo di bottiglia» del traffico aereo.
Non si può non rilevare che il timore che si pervenga in un arco di tempo relativamente breve ad una situazione di grave inadeguatezza delle capacità aeroportuali non riguarda soltanto l'Italia, ma l'intera Europa. In una comunicazione del gennaio 2007 (4) la Commissione europea, riprendendo i risultati di uno studio congiunto della Conferenza europea dell'aviazione civile e di Eurocontrol, ha segnalato con allarme il «crescente divario tra le capacità aeroportuali e la domanda di servizi aerei» e il rischio di una «crisi della capacità aeroportuale», che, in assenza di interventi di potenziamento, condurrà entro il 2025 ad una congestione del sistema del traffico aereo.
Per l'Italia questi motivi di preoccupazione risultano ancora più forti. Come mostrano i dati sopra brevemente richiamati, il nostro Paese ha numerosi scali aperti al traffico commerciale, ma, anche nel caso di quelli maggiori, si tratta di infrastrutture aeroportuali di dimensioni limitate, in proporzione alle dimensioni dell'economia italiana e al numero di abitanti del Paese, anche senza tener conto della rilevanza e delle ulteriori potenzialità di sviluppo del settore turistico. Per questo l'Italia non ha bisogno di un maggior numero di aeroporti, ma di aeroporti più grandi, più efficienti e meglio connessi, attraverso collegamenti intermodali con la rete ferroviaria e stradale, al territorio e al bacino di traffico di riferimento.

2. Evitare una proliferazione di aeroporti costosa, insostenibile e dannosa per il Paese.

Le caratteristiche geografiche dell'Italia e le sue tradizioni storiche, segnate dal forte senso di individualità dei singoli territori, sono sicuramente una delle cause che ha determinato la diffusione di numerosi aeroporti con volumi di traffico commerciale limitati e, sotto il profilo economico, difficilmente sostenibili. È sicuramente vero che un sistema aeroportuale diffuso, che, per un verso, permette l'accessibilità al traffico aereo da un numero significativo di luoghi e, per l'altro, consente di raggiungere facilmente molti centri importanti del Paese, rappresenta, in particolare per l'Italia, un elemento di sostegno alle economie locali e di promozione dei flussi turistici. Occorre tuttavia evitare che un sistema aeroportuale diffuso si trasformi in un sistema aeroportuale parcellizzato e assistito, per non accentuare quegli aspetti di debolezza che esso già manifesta.
La preoccupazione nasce dal fatto che si assiste a molteplici iniziative volte alla costruzione di nuovi aeroporti per i quali è difficile immaginare un bacino di utenza adeguato. La preoccupazione,


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dunque, non si riferisce alle ipotesi o ai progetti di aeroporti che dovrebbero sostituire aeroporti di dimensioni rilevanti, che per specifiche ragioni di collocazione e di urbanizzazione del territorio circostante non possono ulteriormente svilupparsi (come Ciampino o, in prospettiva, Capodichino). Riguarda piuttosto le ipotesi, le proposte, anche i progetti di costruire nuovi aeroporti che dovrebbero servire centri urbani medio-piccoli e che andrebbero a collocarsi in prossimità di aeroporti già esistenti, il più delle volte caratterizzati, anche questi ultimi, da un traffico non rilevante, a stento sufficiente a garantire la sostenibilità economica della gestione.
La realizzazione di nuovi aeroporti in aree già sufficientemente servite determina almeno due conseguenze negative assai gravi. In primo luogo, si traduce in uno spreco di risorse pubbliche che potrebbero essere utilizzate in modo più proficuo per potenziare gli aeroporti esistenti, in particolare per realizzare infrastrutture di collegamento veloce, su gomma e su ferro. Si tratta delle ingenti risorse necessarie alla costruzione di un aeroporto, vale a dire le risorse che i soggetti pubblici che promuovono il nuovo aeroporto (in misura rilevante, regioni e enti locali), anche ricorrendo a finanziamenti statali e comunitari, destinano alla realizzazione delle infrastrutture. Si tratta, inoltre, delle risorse necessarie, in una fase successiva, alla gestione dell'aeroporto: una infrastruttura aeroportuale senza un bacino di utenza adeguato avrà infatti difficoltà a sviluppare entrate sufficienti a far fronte ai rilevanti costi che la gestione comporta, per cui saranno i soggetti pubblici promotori della costruzione dell'aeroporto a dover ripianare le prevedibili perdite. Ciò è tanto più vero se, come accade spesso in Italia, regioni, enti locali o altri soggetti pubblici risultano essere tra gli azionisti di riferimento della società di gestione. A titolo indicativo, si può ritenere che un sistema aeroportuale nazionale economicamente sostenibile per il Paese, che, al tempo stesso, risponda in modo adeguato alle esigenze dei bacini di utenza locali, può essere garantito attraverso la presenza di almeno un aeroporto operativo nelle regioni con popolazione superiore a un milione di abitanti.
Bisogna inoltre tener conto che, come rilevato nell'indagine conoscitiva, l'attività di un aeroporto non comporta soltanto costi che sono iscritti nel conto economico delle società di gestione, ma anche prestazioni di servizi che ricadono sulla collettività nel suo complesso, in quanto sostenuti dallo Stato o dagli enti locali. Basti pensare ai servizi di controllo del traffico aereo, all'attività delle forze dell'ordine che presidiano l'aeroporto e del personale dedicato ai controlli di sicurezza o al funzionamento della dogana, oppure, per quanto riguarda i comuni, all'esigenza di impiegare un numero rilevante di vigili urbani per i servizi relativi alle infrastrutture di accesso. Si tratta di un insieme di servizi che rappresentano costi fissi a carico della collettività, che non hanno giustificazione se l'aeroporto non ha volumi di traffico adeguati.
Dall'indagine conoscitiva è emerso con evidenza che, in parallelo al processo di liberalizzazione del traffico aereo, anche l'aeroporto ha assunto una nuova configurazione, trasformandosi in una impresa. Proprio in relazione alla natura imprenditoriale dell'attività di gestione di un aeroporto - anche nel caso, assai frequente, in cui la


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maggioranza del capitale azionario sia detenuta da enti pubblici -, occorre che ogni decisione in merito alla realizzazione di nuovi aeroporti si fondi su una valutazione accurata e attendibile della capacità dell'aeroporto di assicurare la propria sostenibilità economica, attraendo volumi di traffico adeguati. Nell'ambito di questa valutazione, bisognerebbe tener conto anche dei servizi, che, pur essendo destinati specificamente all'aeroporto, ricadono, per quanto riguarda i loro costi, sulla collettività.
Una considerazione particolare può essere riservata ai casi in cui l'apertura dello scalo risponda ad esigenze di servizio pubblico connesse ad effettive difficoltà di accesso del territorio interessato ovvero si tratti di regioni e territori in cui le gravissime carenze della rete ferroviaria, ma anche di quella stradale e autostradale, rendono molto difficili i collegamenti anche tra località situate a distanze relativamente limitate e, d'altra parte, la collocazione e le caratteristiche del territorio implicano normalmente il ricorso al mezzo aereo per gli spostamenti al di fuori della regione stessa.
Oltre al profilo dell'impiego corretto delle risorse pubbliche, vi è una seconda conseguenza altrettanto negativa. I nuovi aeroporti rischiano di generare fenomeni deleteri di concorrenza, che vanno a discapito degli aeroporti vicini esistenti, pregiudicando anche la possibilità per questi ultimi di svilupparsi e raggiungere una dimensione significativa ed economicamente sostenibile. In questo modo il danno è duplice.
La configurazione assunta dall'attività di gestione dell'aeroporto come attività di impresa, comporta l'interesse ad acquisire, in concorrenza con le imprese analoghe, il maggior numero di clienti, che, nel caso dell'aeroporto, sono di due tipologie: le compagnie aeree e i passeggeri. L'apertura di nuovi voli e, attraverso di essi, la crescita del numero di passeggeri sono l'obiettivo di chi gestisce, in un'ottica imprenditoriale, l'aeroporto. Ne sono prova gli accordi promozionali che aeroporti di medie e anche piccole dimensioni hanno stipulato con alcune compagnie aeree, prevalentemente low cost, al fine di incrementare il proprio volume di traffico.
Occorre pertanto evitare che le ingenti risorse pubbliche che, direttamente o indirettamente, sono coinvolte nella realizzazione di un aeroporto siano destinate a strutture che non soltanto non sono in grado di garantire la propria sostenibilità sotto il profilo economico, ma, anche, rischiano di compromettere le prospettive di crescita per altri aeroporti già operanti nella medesima area geografica (il fenomeno viene correntemente indicato come «cannibalismo» tra aeroporti), con l'effetto complessivo di ridurre, piuttosto che incrementare, le capacità di assorbimento del traffico aereo del Paese.
Al fine di disincentivare l'apertura di scali che non registreranno volumi di traffico tali da giustificare gli oneri connessi alla realizzazione e al funzionamento dell'aeroporto stesso, si potrebbe prevedere, senza modificare i rapporti relativi alle concessioni già in essere, che, nel caso di nuovi aeroporti che non rientrano in una programmazione condivisa tra Stato e regione interessata, i costi di questi servizi, appropriatamente determinati, siano posti a carico del soggetto che andrà a gestire il nuovo aeroporto.


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3. Recuperare la capacità di una pianificazione a livello nazionale della rete aeroportuale.

L'interesse generale alla crescita del traffico aereo in Italia induce a individuare come obiettivo prioritario quello di utilizzare le risorse disponibili non per creare nuovi aeroporti - assecondando una proliferazione degli aeroporti costosa, insostenibile sotto il profilo economico e gestionale e dannosa per il sistema nel suo complesso - ma per ammodernare, ampliare e potenziare, in modo mirato, gli aeroporti che esistono.
Per raggiungere questo obiettivo è necessario, in primo luogo, ritrovare la capacità di elaborare una pianificazione dello sviluppo della rete aeroportuale che risponda a finalità, interessi ed equilibri di carattere generale. Non è facile elaborare un simile documento programmatico. Non si tratta, infatti, di aggiornare un documento già esistente, dal momento che documenti programmatici di ampia portata nel settore dei trasporti o, in modo specifico, del trasporto aereo, risalgono a parecchi anni fa e risultano palesemente superati. Ancora maggiore è la difficoltà che deriva dalla frammentazione delle competenze a livello istituzionale. La competenza concorrente sugli aeroporti civili attribuita alle regioni dal nuovo titolo V della Costituzione, sia pure alla luce delle precisazioni introdotte dall'interpretazione della Corte costituzionale, rende più complessa l'elaborazione di una pianificazione a livello nazionale, mentre rischia di indebolire la resistenza alle pressioni «campanilistiche» che provengono dai singoli territori all'interno di ciascuna regione per avere il proprio aeroporto.
La difficoltà di assicurare un'evoluzione equilibrata del sistema aeroportuale nazionale nel suo complesso dipende inoltre da comportamenti di frequente tenuti dagli operatori del settore, in primo luogo società di gestione aeroportuale (più spesso nel caso di aeroporti di dimensioni medie o medio-piccole) e vettori (generalmente compagnie low cost). La piena esplicazione della natura imprenditoriale dell'attività di gestione degli aeroporti ha indotto infatti i soggetti gestori (e gli stessi enti locali che nella maggioranza dei casi sono azionisti di riferimento delle società di gestione) a offrire agevolazioni e sostegni, spesso sotto forma di operazioni promozionali dello scalo e del territorio, a singoli vettori - per lo più, appunto, low cost - che si impegnino ad effettuare rotte di collegamento con l'aeroporto stesso. È necessario ricondurre operazioni di questo genere ad un quadro di regole rigorose e valide per tutti, non soltanto per assicurare il rispetto dei princìpi di trasparenza e di non discriminazione imposti dalla normativa dell'Unione europea, ma anche per evitare gli effetti deleteri di «cannibalismo» tra aeroporti, che possono prodursi e già nei fatti si sono prodotti. Agevolazioni contrattate con i singoli vettori al di fuori di regole comuni e trasparenti determinano infatti lo sviluppo del traffico di uno scalo nel breve termine, a cui può far seguito la repentina riduzione del volume di traffico perché il vettore low cost si dirige su un aeroporto che offre condizioni ancora più vantaggiose, vanificando le possibilità di una crescita della rete aeroportuale corrispondente alle esigenze del territorio e traducendosi


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di fatto in una distruzione delle risorse impiegate per il potenziamento infrastrutturale dei singoli scali.
Proprio in considerazione delle forze che contrastano una pianificazione a livello nazionale del sistema degli aeroporti, merita apprezzamento l'iniziativa assunta dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il supporto dell'ENAC, per pervenire alla definizione di un nuovo piano aeroportuale nazionale. Il piano nazionale dovrebbe in primo luogo fornire gli elementi di informazione e di valutazione che evidenzino, da un lato, le esigenze di potenziamento degli aeroporti esistenti e, dall'altro, permettano di verificare la fondatezza delle proposte di realizzazione di nuovi aeroporti. A questo scopo il piano si baserà su uno studio dettagliato e analitico, presentato alla Commissione nel corso dell'indagine, impostato con riferimento ad aree sovraregionali. Lo studio ha preso in considerazione 47 complessi aeroportuali aperti al traffico civile, di cui sono state rilevate e analizzate le caratteristiche di capacità e funzionalità, i livelli di servizio, nonché la consistenza e le prestazioni di strutture e infrastrutture sia dal «lato aria» che dal «lato terra». Anche l'accessibilità, i livelli di intermodalità e, in generale, i collegamenti con il territorio, già sussistenti ovvero di cui è prevista la realizzazione, per la quale sono stati predisposti piani e progetti a breve e medio termine, sono stati oggetto di esame (5).
Il piano della rete nazionale, avvalendosi degli elementi di conoscenza raccolti nello studio preparatorio, potrebbe offrire alle regioni, nel rispetto della ripartizione di competenze tra Stato e regioni sancita dalla Costituzione, e della disciplina dell'esercizio delle stesse, dettata dal codice della navigazione, come ridefinito, nella parte aeronautica, dal decreto legislativo 9 maggio 2005, n. 96, e successive modificazioni, gli elementi conoscitivi necessari per assumere le decisioni di propria competenza. Ogni scelta in ordine alla realizzazione e all'ubicazione di nuovi aeroporti dovrebbe infatti basarsi su una analisi approfondita e attendibile delle dimensioni del traffico aereo e del numero di passeggeri che l'aeroporto potrà attrarre, tenendo conto, da un lato, dei collegamenti con le reti di trasporto ferroviarie e stradali, e dall'altro, delle strutture aeroportuali già esistenti. Considerazioni di questo tipo non possono che riferirsi di norma a territori più estesi rispetto a quello di una singola regione; in altre parole, devono essere elaborate in relazione ad aree di dimensioni sovraregionali e dovrebbero comunque essere inserite in un'ottica di programmazione nazionale.
In una prospettiva che interessa l'intero Paese dovrebbero essere individuati, nell'ambito del piano, gli aeroporti che hanno un numero di passeggeri annui superiore a 5 milioni, o che, sulla base di prospettive di crescita affidabili e definite nel tempo, possono collocarsi stabilmente al di sopra di tale soglia (indicativamente si potrebbero considerare anche gli aeroporti il cui volume di traffico si


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discosta da tale soglia nella misura del 10 per cento). La soglia di 5 milioni di passeggeri annui corrisponde al limite stabilito per l'applicazione della direttiva comunitaria in materia di diritti aeroportuali e individua pertanto gli aeroporti di rilevanza comunitaria. In tale nozione potrebbe essere assorbita anche la nozione di aeroporti e sistemi aeroportuali di interesse nazionale, prevista dal codice della navigazione (articolo 698). In sostanza, intorno alla soglia dei 5 milioni di passeggeri annui, si individuerebbero gli aeroporti che andrebbero a costituire il complesso delle strutture di maggior rilievo per il sistema aeroportuale del Paese.
Se la normativa comunitaria stabilisce una soglia per definire gli aeroporti di maggiori dimensioni, nell'ambito del piano dovrebbe essere individuata anche una soglia al di sotto della quale si individuerebbero gli aeroporti di minori dimensioni. Tale soglia non dovrebbe essere inferiore a 1 milione di passeggeri annui e permetterebbe di individuare gli aeroporti che, almeno a titolo di indicazione programmatica, dovrebbero essere esclusi dal traffico commerciale, con l'eliminazione dei notevoli costi a carico della finanza pubblica che quest'ultimo comporta, salvo che si tratti di aeroporti la cui attività risponde ad esigenze essenziali di collegamento del territorio interessato, che non possono essere validamente soddisfatte in altro modo (come accade, ad esempio, per i territori insulari), o di aeroporti capaci di assicurare il mantenimento nel tempo di una gestione economica e finanziaria in equilibrio.
In ogni caso non si intende lasciare inutilizzate strutture già esistenti. Alcuni di questi scali potrebbero essere dedicati al trasporto aereo di merci, nel caso in cui sussistano o si possano realizzare infrastrutture di collegamento adeguate a sviluppare tale attività in misura significativa. Un potenziamento del trasporto aereo di merci potrebbe produrre significativi effetti positivi non soltanto dal punto di vista del sistema aeroportuale, ma da quello del sistema economico nel suo complesso. È stata evidenziata nel corso dell'indagine conoscitiva l'opportunità di specializzare uno o più aeroporti come hub del trasporto di merci, anche in considerazione del fatto che tali hub potrebbero diventare il punto di riferimento per un'area che si estende al Mediterraneo e al Medio Oriente. Per raggiungere un simile obiettivo, peraltro, occorrerebbero appropriati interventi, oltre che in relazione all'infrastruttura aeroportuale, anche per quanto concerne i collegamenti intermodali e la previsione di norme di semplificazione e di flessibilità nella fornitura dei servizi (si rinvia, al riguardo, ai capitoli relativi a tali temi).
Un numero rilevante di aeroporti potrebbero altresì essere dedicati in modo specifico alle esigenze dell'aviazione generale (ivi compreso il traffico dell'aviazione di affari e ultraleggero), che, come è stato sottolineato nel corso dell'indagine, incontra nel nostro Paese difficoltà che ne limitano fortemente le possibilità di espansione, anche in relazione alle restrizioni all'accesso agli aeroporti aperti al traffico commerciale, anche quando si tratti di scali di medie o piccole dimensioni. Le medesime strutture potrebbero inoltre essere impiegate per favorire lo sviluppo del settore dell'elicotteristica.
Per quanto concerne la fascia degli aeroporti di dimensione intermedia (con un numero di passeggeri annui compreso tra 1 e 5


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milioni o che, in un'ottica di programmazione, possono collocarsi in tale fascia in tempi attendibilmente prevedibili), si tratta di aeroporti che non ricadono nella normativa comunitaria. Si potrebbe pertanto prospettare, per tali aeroporti, una liberalizzazione del sistema di tariffazione, sia pure controllata e idonea a garantire il rispetto dei princìpi generali stabiliti dalla disciplina comunitaria. La liberalizzazione del sistema di tariffazione dovrebbe estendersi naturalmente anche agli aeroporti con volume di traffico inferiore a 1 milione di passeggeri, per i quali potrebbe essere ancora più incisiva.
La liberalizzazione del sistema tariffario potrebbe, di per se stessa, essere sufficiente ad assicurare che il mantenimento e lo sviluppo degli scali di dimensione intermedia sia definito sulla base di criteri rigorosi di sostenibilità economica e di efficienza nella gestione dei singoli aeroporti, che si traduca in una effettiva capacità di attrazione e assorbimento del traffico aereo.
In relazione a questi criteri, si può prospettare, per gli aeroporti di dimensione intermedia, ove siano presenti le opportune condizioni, anche lo sviluppo di scali modello low cost, vale a dire di aeroporti pensati come strutture di flusso, dove il passeggero rimane il minor tempo possibile e dove al passeggero stesso e alla compagnia aerea sono prestati soltanto i servizi essenziali. Ciò permetterebbe un forte contenimento dei costi per gli investimenti, e, attraverso una riduzione degli oneri a carico delle compagnie aeree, la possibilità di offrire prezzi più vantaggiosi per i passeggeri, con l'effetto di incentivare la propensione al volo e l'incremento dei volumi del traffico aereo.
È chiaro che un intervento di programmazione non può limitarsi a dare conto della situazione esistente e a classificare gli aeroporti esistenti in fasce relative ai volumi di traffico. Il piano dovrebbe individuare i casi, comunque di numero limitato, per i quali esigenze relative al complessivo sviluppo del trasporto aereo nel Paese o alle difficoltà di collegamento di determinate e rilevanti aree territoriali portassero a ritenere necessario lo sviluppo di aeroporti di dimensioni significative. Compito specifico del piano sarebbe, in questa ipotesi, individuare le strutture che rispondono a tali esigenze e sono suscettibili di ampliamento, definendo gli interventi di potenziamento infrastrutturale necessari per assicurare che gli aeroporti in questione raggiungano le dimensioni di traffico programmate. L'individuazione degli aeroporti da sviluppare comporterebbe del resto la contestuale individuazione degli aeroporti collocati nella medesima area o, comunque, a distanza limitata, che potrebbero essere esclusi dal traffico commerciale e riconvertiti ad altre finalità.

4. Gli investimenti per l'intermodalità.

Se non bisogna costruire aeroporti inutili, è necessario invece rafforzare gli aeroporti che esistono. L'individuazione degli aeroporti che si configurano o dovrebbero configurarsi come aeroporti di rilevanza comunitaria deve associarsi alla volontà di concentrare su di essi l'impegno, anche finanziario, per assicurarne la necessaria dotazione infrastrutturale.


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Il rafforzamento degli aeroporti, vale a dire l'ampliamento della capacità dell'aeroporto di gestire traffico aereo in decollo o in atterraggio, è innanzitutto una questione di implementazione di capacità infrastrutturali ed operative. In particolare, le infrastrutture da cui dipende la capacità dell'aeroporto sono di due tipi. Da un lato le infrastrutture che sono parte dell'aeroporto stesso, quali i terminal, le piste, i parcheggi. Dall'altro, le infrastrutture di collegamento e integrazione dell'aeroporto con le altre reti di trasporto: con le reti di trasporto ferroviario, metropolitano, stradale e autostradale.
Il secondo aspetto risulta già adesso particolarmente preoccupante. In quasi tutte le audizioni svolte nell'ambito dell'indagine conoscitiva è stato infatti sottolineato come i collegamenti intermodali con la rete ferroviaria e con la rete stradale e autostradale costituiscono per gli aeroporti italiani una vera e propria emergenza. Bastano pochi dati per fornire un'idea sufficiente delle carenze della situazione attuale: nessun aeroporto ha collegamenti di tipo metropolitano; soltanto sei aeroporti hanno collegamenti con la rete ferroviaria e nessun aeroporto ha collegamenti con la rete ferroviaria ad alta velocità; se si considerano gli studi e i progetti in corso, soltanto due aeroporti potranno essere collegati con la rete ad alta velocità.
Simili dati discendono in primo luogo dal fatto che in Italia si è registrata una pressoché completa assenza di coordinamento tra la programmazione delle infrastrutture relative alle reti di trasporto, specialmente di trasporto ferroviario, e la costruzione o l'ampliamento di aeroporti.
Nello sviluppo della rete aeroportuale nazionale non si è quindi tenuto conto in nessun modo che i collegamenti con gli altri sistemi di trasporto, in particolare i sistemi di trasporto pubblici, assumono una rilevanza essenziale per i passeggeri che utilizzano l'aeroporto, per l'incidenza positiva che l'attività dell'aeroporto può avere sul territorio in cui si situa e per le stesse potenzialità di sviluppo dell'aeroporto. Per il trasporto merci i collegamenti intermodali rappresentano una necessità imprescindibile, in considerazione della pressione sui tempi che caratterizza tale attività e del fatto che l'attività stessa si esercita utilizzando in successione diverse tipologie di trasporto. Sia in relazione al trasporto passeggeri, sia in relazione al trasporto merci, assumono notevole importanza i collegamenti con i porti, al cui potenziamento dovrebbe essere dedicata una particolare attenzione.
In generale, per tutti i flussi di traffico diversi da quello dei passeggeri in transito, è evidente che la difficoltà di accesso derivante dalla carenza e inadeguatezza dei collegamenti con l'aeroporto attraverso la rete ferroviaria e stradale rappresenta un grave ostacolo all'utilizzo dell'aeroporto da parte di un numero di utenti corrispondente alle potenzialità dell'area di attrazione. La stessa area di attrazione si definisce sulla base dei collegamenti intermodali di cui l'aeroporto dispone o che potranno essere realizzati in tempi prevedibili.
Sia in relazione alle potenzialità di crescita degli aeroporti, sia in relazione ad una considerazione adeguata dei problemi della mobilità, occorre, a differenza di quanto è avvenuto finora, una visione unitaria della programmazione dei trasporti (delle persone e delle merci), nella quale le connessioni intermodali siano l'elemento che assicura la


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coerenza e l'efficacia delle strategie individuate con riferimento alle singole modalità di trasporto.
La pianificazione aeroportuale, pertanto, dovrebbe tener conto in primo luogo della programmazione delle grandi opere infrastrutturali connesse alle reti transeuropee di trasporto. Al tempo stesso dovrebbe essere definita in raccordo con le scelte in materia di progettazione e realizzazione delle infrastrutture di trasporto operate a livello regionale e locale.
Occorre infatti pensare ciascuno scalo come una infrastruttura di trasporto strategica all'interno di un sistema di trasporti integrato. In altre parole, qualunque decisione in ordine alla collocazione, realizzazione o potenziamento di un aeroporto dovrebbe essere preceduta da una valutazione dei collegamenti con la rete ferroviaria e stradale che sono già presenti o che devono essere realizzati per garantire la funzionalità dell'aeroporto, in modo che i tempi di programmazione dei lavori relativi all'aeroporto e quelli dei lavori relativi alle connessioni intermodali risultino coordinati.
Anche sotto questo aspetto il piano nazionale della rete aeroportuale può essere lo strumento per stabilire le condizioni di base di un raccordo tra programmazione aeroportuale e programmazione delle infrastrutture di trasporto. Il piano dovrebbe innanzitutto offrire una ricognizione delle infrastrutture intermodali esistenti e di quelle di cui è prevista la realizzazione entro termini temporali definiti. Dal confronto tra la situazione attuale dei collegamenti intermodali e le prospettive di sviluppo della rete aeroportuale dovrebbero quindi emergere quali sono gli ulteriori interventi di integrazione di questi aeroporti rispetto alla rete ferroviaria, metropolitana e stradale, essenziali per permettere l'espansione degli aeroporti stessi, in particolare di quelli di maggiori dimensioni e rilevanza. L'idoneità del piano ad individuare gli aeroporti che, in una prospettiva di sistema, dovrebbero assumere un ruolo principale, consentirebbe la definizione di un ordine di priorità riguardo alla realizzazione delle infrastrutture di collegamento e all'impiego delle risorse ad esse destinate.
In questo modo il piano individuerebbe gli elementi necessari per coordinare le prospettive di sviluppo del sistema aeroportuale con la programmazione in materia di infrastrutture di trasporto. A livello centrale, l'unificazione in un unico dicastero della competenza su infrastrutture e trasporti rende più agevole un simile raccordo. È, peraltro, necessaria una intensa attività di confronto e di cooperazione con le singole regioni, per assicurare che il raccordo con la pianificazione aeroportuale sussista, in termini coerenti, sia a livello di programmazione delle opere pubbliche statale, sia a livello di programmazione regionale.
Occorre inoltre che le ipotesi di potenziamento dei singoli aeroporti siano esaminate dalla società di gestione dell'aeroporto insieme con i responsabili, a livello nazionale, regionale e locale, della politica dei trasporti e con i gestori della rete ferroviaria e di quella stradale e autostradale. In considerazione dei tempi di realizzazione dei collegamenti infrastrutturali, un'attività condivisa di pianificazione, che coinvolga tutti i soggetti responsabili delle scelte politiche e della realizzazione e gestione delle infrastrutture di trasporto, deve essere avviata con largo anticipo, tenendo conto di quelle che sono le


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prospettive di crescita dell'aeroporto nel medio periodo. Altrimenti vi è il rischio che, come già si è sperimentato, le difficoltà di accesso agli aeroporti italiani diventino un ostacolo pressoché insuperabile alle loro possibilità di sviluppo.

5. Gli investimenti per le infrastrutture aeroportuali e il loro finanziamento.

L'altro aspetto in relazione al quale nel corso dell'indagine è stata esaminata la questione delle infrastrutture riguarda le infrastrutture aeroportuali in senso stretto. Sotto questo profilo negli aeroporti italiani non si sono verificate finora situazioni di grave crisi dovute a carenza di capacità. È in prospettiva, in rapporto al prevedibile incremento del traffico aereo che si registrerà in un arco di tempo relativamente limitato, che si impone l'esigenza di un potenziamento delle infrastrutture aeroportuali, in particolare negli aeroporti di maggiore rilevanza. In un'ottica di proiezione verso il futuro occorre inoltre tener conto che l'ampliamento delle infrastrutture aeroportuali richiede aree in cui questo potenziamento possa essere realizzato e, allo stato attuale, come è stato segnalato nel corso dell'indagine, i principali aeroporti non hanno, all'interno del sedime aeroportuale, spazi disponibili, per cui dovrebbero acquisire aree esterne.
L'esigenza di investimenti adeguati nelle strutture aeroportuali si manifesta non soltanto in relazione all'assorbimento di volumi di traffico crescenti, ma anche alla possibilità di disporre di attrezzature che consentano di fornire ai passeggeri servizi soddisfacenti, in primo luogo per quanto riguarda i tempi necessari (si veda, di seguito, il capitolo specificamente dedicato ai servizi), e, infine - ma si tratta di un punto non meno importante - sotto il profilo dell'immagine che lo scalo fornisce. Gli aeroporti sono oggi strutture in cui si raccolgono e transitano un gran numero di persone. È necessario che presentino un aspetto decoroso. A tal fine occorre realizzare gli opportuni interventi, per quanto concerne la struttura architettonica propriamente intesa, gli arredi e le opere di manutenzione. La vocazione turistica dell'Italia rende queste considerazioni ancora più valide. Gli aeroporti italiani forniscono infatti la prima immagine del Paese per i milioni di turisti che ogni anno vi giungono per visitarlo. Sotto questo profilo sarebbe altresì opportuno, con la collaborazione del Ministero per i beni e le attività culturali, prevedere la collocazione nei terminal aeroportuali di opere di interesse storico e artistico in relazione alla cultura e alle tradizioni del territorio in cui l'aeroporto è situato.
La costruzione o l'ampliamento delle infrastrutture aeroportuali è compito delle società, che, in regime di concessione, gestiscono i singoli aeroporti. Nel contratto di programma è stato individuato lo strumento giuridico che, in relazione al rapporto di concessione, dovrebbe raccordare il sistema tariffario con gli impegni della società concessionaria alla realizzazione degli investimenti necessari. Dall'indagine conoscitiva è emerso un duplice problema: da un lato il reperimento delle risorse necessarie per il finanziamento degli investimenti; dall'altro, l'eccessiva lunghezza delle procedure previste per la definizione e l'approvazione dei contratti di programma.
Per quanto riguarda il primo punto, l'indagine ha mostrato una netta contrapposizione di valutazioni tra le società di gestione degli


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aeroporti e i vettori in merito alle tariffe (o, più precisamente, diritti) aeroportuali. Le società di gestione hanno sottolineato che una politica del trasporto aereo che per molti anni in Italia è stata definita con riferimento agli interessi di quella che era la compagnia di bandiera ha a lungo mantenuto inalterate le tariffe aeroportuali, escludendo anche il recupero dell'inflazione, quando non le ha ridotte drasticamente, come è accaduto con il decreto-legge n. 203 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2005. La conseguenza di questa impostazione è stata che le tariffe aeroportuali si collocano in Italia ai livelli più bassi in ambito europeo e non permettono alle società di gestione di disporre delle risorse finanziarie per effettuare i necessari investimenti.
Le società di gestione hanno altresì evidenziato il protrarsi nel tempo dei procedimenti relativi ai contratti di programma. Il rilievo trova conferma nel fatto che soltanto per due contratti di programma (quelli per gli aeroporti di Napoli e di Pisa) si è concluso, di recente, il complesso iter di approvazione, con la registrazione dei provvedimenti da parte della Corte dei conti. Per gli aeroporti di maggiori dimensioni la difficoltà di pervenire alla conclusione dei contratti di programma si è rivelata tale da indurre il legislatore all'introduzione di una disciplina derogatoria. Con l'esplicita finalità di incentivare l'adeguamento delle dotazioni infrastrutturali, è stata infatti prevista, con il comma 34-bis dell'articolo 17 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, una procedura semplificata di approvazione dei contratti di programma per gli aeroporti con traffico superiore a dieci milioni di passeggeri annui (di fatto, Roma Fiumicino e Milano Malpensa), in modo da stabilire sistemi di tariffazione pluriennale orientati ai costi delle infrastrutture e dei servizi.
Da ultimo, nella legge finanziaria per il 2010 sono state inserite disposizioni (6) che autorizzano, a decorrere dal 2010, nelle more della stipula dei contratti di programma, un'anticipazione tariffaria dei diritti aeroportuali per l'imbarco di passeggeri nel limite massimo di 3 euro per passeggero. L'anticipazione è vincolata all'effettuazione in autofinanziamento di nuovi investimenti infrastrutturali urgenti ed è subordinata alla presentazione all'ENAC da parte delle società concessionarie di un piano di sviluppo e ammodernamento aeroportuale, con l'elenco delle opere ritenute urgenti e indifferibili, nonché del relativo cronoprogramma. I piani di sviluppo devono essere validati dall'ENAC. Successivamente, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere del CIPE, è determinata dal 2010 la misura dell'anticipazione tariffaria, in correlazione ai piani di sviluppo validati. Le entrate derivanti dall'anticipazione tariffaria sono accantonate in un apposito fondo vincolato del bilancio delle società e possono essere svincolate a fronte dell'effettiva realizzazione degli investimenti e sulla base di stati di avanzamento dei lavori convalidati dall'ENAC. Le somme che rimangono accantonate possono essere utilizzate dalla società concessionaria a condizione che, nel termine


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di sei mesi dalla validazione, questa depositi tutta la documentazione necessaria alla stipula del contratto di programma e, entro un anno dal deposito della documentazione, si pervenga alla stipula.
I vettori, per parte loro, hanno segnalato che una valutazione appropriata dovrebbe prendere in considerazione il complesso degli introiti delle società di gestione, che negli anni sono notevolmente aumentati. Occorrerebbe anche valutare il livello dei servizi offerti ai vettori, in quanto utenti dell'aeroporto, che per gli aeroporti italiani è spesso giudicato insoddisfacente. Più in generale, secondo i vettori, è necessario che il sistema di determinazione delle tariffe aeroportuali permetta di commisurarle in modo certo e trasparente ai costi sostenuti dalla società di gestione per la prestazione dei servizi, anche al fine di evitare che l'incremento delle tariffe sia determinato da iniziative, come la realizzazione di infrastrutture o operazioni promozionali, che favoriscono singoli vettori ovvero dipenda da inefficienze della società di gestione stessa. La certezza del quadro delle regole e il confronto trasparente con i costi sostenuti richiede altresì l'intervento di una autorità di regolazione e di controllo che operi con autonomia di giudizio e sia dotata di poteri di intervento efficaci. I vettori hanno infine sottolineato l'esigenza di essere coinvolti nella programmazione degli investimenti negli aeroporti, in modo che si possa tener conto anche delle loro valutazioni nell'individuazione degli investimenti che dovranno essere effettuati, per assicurare che la programmazione degli stessi corrisponda ad effettive esigenze di traffico aereo.
La questione della disciplina delle tariffe aeroportuali e quella, ad essa connessa, del finanziamento degli aeroporti richiedono di essere affrontate a livello legislativo. L'intervento legislativo è reso necessario, in primo luogo, dalla recente approvazione della direttiva 2009/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2009, concernente i diritti aeroportuali, che dovrà essere recepita nell'ordinamento degli Stati membri entro il termine del 15 marzo 2011.
La direttiva non contiene disposizioni di dettaglio, ma fissa princìpi comuni volti a garantire una uniformità di fondo della disciplina che si applica nei singoli Stati membri per la determinazione dei diritti aeroportuali. In conformità con quanto già stabilito dal Consiglio ICAO (International Civil Aviation Organization), i diritti aeroportuali sono definiti come i prelievi riscossi dal gestore aeroportuale e pagati dagli utenti dell'aeroporto, vale a dire dai vettori, per recuperare i costi derivanti dalla messa a disposizione delle infrastrutture e dei servizi dell'aeroporto (7). L'ambito di applicazione della


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direttiva è fissato con riferimento agli aeroporti che hanno un volume di traffico annuale superiore alla soglia minima di 5 milioni di movimenti di passeggeri. La soglia dei 5 milioni di passeggeri annui diventa pertanto, come detto, il limite rispetto al quale un aeroporto assume rilevanza comunitaria.
Per la fissazione dei diritti in tali aeroporti la direttiva 2009/12/CE pone alcuni princìpi di notevole rilevanza: il principio di non discriminazione, per evitare trattamenti di favore nei confronti di alcuni vettori; il principio di trasparenza; il principio di consultazione tra gestore e utenti dell'aeroporto. Il principio di consultazione si applica sia con riferimento alla determinazione delle tariffe sia con riferimento alle nuove infrastrutture. La direttiva prevede una procedura obbligatoria di consultazione periodica tra il gestore aeroportuale e i vettori o le loro associazioni sull'ammontare dei diritti aeroportuali. Prevede altresì l'obbligo per il gestore aeroportuale di sottoporre ai vettori ogni proposta di modifica del sistema o dell'ammontare dei diritti aeroportuali al più tardi quattro mesi prima della sua entrata in vigore, motivando le ragioni della proposta e acquisendo l'avviso dei vettori. Nel caso in cui sussista disaccordo su una decisione relativa ai diritti aeroportuali assunta dal gestore, la direttiva introduce la possibilità per le parti di ricorrere a un'autorità di vigilanza indipendente, che dovrà essere individuata a livello nazionale da ciascuno Stato membro. L'autorità si pronuncerà valutando le motivazioni dell'intervento sui diritti aeroportuali, con riferimento, in primo luogo, come è presumibile, all'aderenza ai costi sostenuti dal gestore per le infrastrutture e per i servizi offerti. La procedura del ricorso all'autorità di vigilanza indipendente può non essere applicata, nel caso in cui i diritti aeroportuali o il loro ammontare massimo siano determinati dall'autorità indipendente stessa.
Anche per quanto riguarda le infrastrutture, la direttiva prevede una consultazione tra gestore aeroportuale e vettori prima che siano approvati piani relativi a nuovi progetti di infrastruttura, riconoscendo in tal modo a livello normativo un'esigenza che è stata evidenziata in più occasioni dai vettori nel corso dell'indagine conoscitiva. La direttiva, infine, interviene anche in merito ai servizi, prevedendo che, in relazione al livello effettivo dei diritti aeroportuali riscossi, il gestore dell'aeroporto e i vettori possano concludere un accordo sul livello qualitativo dei servizi prestati dall'aeroporto. Differenziazioni qualitative o quantitative dei servizi, anche riferite a parti specifiche dell'aeroporto, possono essere correlate a una differenziazione dell'ammontare dei diritti aeroportuali. In ogni caso l'accesso ai servizi di livello superiore deve essere regolato sulla base di criteri trasparenti e non discriminatori.
In relazione all'ambito di applicazione della direttiva, dai lavori dell'indagine conoscitiva è emersa altresì l'opportunità, già sopra evidenziata, di fissare, per quanto riguarda i diritti aeroportuali negli aeroporti con un volume di traffico inferiore a 5 milioni di passeggeri annui, non interessati pertanto dalle disposizioni della direttiva, una apposita disciplina di carattere generale. Più precisamente, per tali aeroporti, entro un quadro generale ridotto a regole essenziali, sarebbe opportuna una significativa liberalizzazione, che, in un


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mercato aperto, come quello del traffico aereo comunitario, permetta alle strutture più efficienti e meglio gestite di affermarsi e svilupparsi.
I soggetti che, nel corso dell'indagine, hanno richiamato la direttiva, ne hanno concordemente auspicato un tempestivo recepimento e, in questo senso, è positivo che essa, nel corso dell'esame in prima lettura presso la Camera, sia stata inserita nel disegno di legge comunitaria 2009 tra le direttive che il Governo è delegato a recepire con decreto legislativo. Sullo schema del decreto legislativo di recepimento è previsto il parere delle competenti Commissioni parlamentari.
Successivamente, nel corso dell'esame in seconda lettura presso il Senato, è stato inserito un apposito articolo che specifica i princìpi e i criteri direttivi ai quali dovrà conformarsi il decreto legislativo di recepimento della direttiva.
In primo luogo si conferma che l'ambito di applicazione della nuova normativa corrisponde agli aeroporti per i quali il volume di traffico annuale supera la soglia di 5 milioni di movimenti passeggeri.
Nella determinazione dei diritti aeroportuali dovranno essere rispettati i criteri di oggettività, trasparenza, pertinenza e non discriminazione. Prima di pervenire alla determinazione dei diritti, si richiede altresì lo svolgimento di procedure di consultazione tra il gestore aeroportuale e le compagnie aeree.
Si individua come autorità nazionale di vigilanza l'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) e si prevede un meccanismo di finanziamento, a carico dei vettori e dei gestori aeroportuali, che permetta di reperire le risorse necessarie per garantire, nell'ambito dell'ENAC, la costituzione o il potenziamento di un'apposita struttura preposta allo svolgimento di tali funzioni. In particolare l'ENAC dovrà svolgere compiti di regolazione economica con l'approvazione dei sistemi di tariffazione, anche pluriennale, che garantiscano il recupero degli incrementi dovuti all'inflazione e che siano orientati a criteri relativi ai costi delle infrastrutture e dei servizi, a obiettivi di efficienza e all'incentivazione degli investimenti correlati all'innovazione, alla sicurezza e alla qualità dei servizi.
Per gli aeroporti con un volume di traffico inferiore ai 5 milioni di movimenti passeggeri, si prospetta - in conformità con una linea di intervento emersa nel corso dei lavori della Commissione relativi all'indagine conoscitiva e evidenziata nel presente documento - l'adozione di un apposito regime di determinazione dei diritti aeroportuali, anche in un'ottica di liberalizzazione, pur mantenendo il rispetto dei princìpi previsti dalla direttiva e tenendo conto dell'entità media dei diritti aeroportuali in ambito europeo.
Si precisa che sono esclusi dall'applicazione delle norme della direttiva i diritti relativi alla remunerazione di servizi di navigazione aerea, i diritti riscossi a compenso dei servizi di assistenza a terra e i diritti riscossi per finanziare l'assistenza fornita alle persone con disabilità e alle persone con mobilità ridotta.
L'ultimo dei principi e criteri direttivi introdotti prevede infine che la sostituzione del sistema tariffario vigente, correlato tra l'altro alle disposizioni contenute nel decreto legge n. 209 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2005 (le cosiddette disposizioni sui «requisiti di sistema») abbia luogo al momento


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dell'introduzione del nuovo regime tariffario in attuazione della normativa di recepimento della direttiva, in modo da assicurare che non vi siano interruzioni o incertezza nell'applicazione dei diritti medesimi.
Dopo l'approvazione in seconda lettura da parte del Senato, il disegno di legge comunitaria per il 2009 dovrà essere di nuovo esaminato dalla Camera.
Le disposizioni contenute nella direttiva hanno una tale rilevanza da rendere auspicabile che, come sembra doversi intendere dall'articolo recante i principi e i criteri direttivi inserito nel disegno di legge comunitaria per il 2009 nel corso dell'esame presso il Senato, il recepimento abbia luogo attraverso una revisione organica della normativa nazionale in materia di diritti aeroportuali. Gli interventi adottati nel frattempo, in attuazione della disciplina derogatoria di cui al comma 34-bis sopra richiamato ovvero della disciplina inserita nella legge finanziaria per il 2010, e l'aumento dei diritti aeroportuali disposto mediante gli atti amministrativi conseguenti a tali previsioni di legge, dovrebbero avere carattere transitorio, con una efficacia delimitata sotto il profilo temporale. Le modalità di determinazione dell'incremento delle tariffe dovrebbero comunque non essere in contrasto con i princìpi della direttiva e dovrebbero risultare strettamente correlate all'impegno da parte dei gestori alla realizzazione di necessari investimenti e alla verifica che tale impegno sia mantenuto, come l'articolata disciplina inserita nel disegno di legge finanziaria appare volta ad assicurare. Soltanto l'esigenza di avviare in tempi brevi investimenti necessari a potenziare le più rilevanti strutture aeroportuali del Paese può giustificare l'adozione di misure di carattere derogatorio o eccezionale come quelle indicate.
Tali interventi in ogni caso dovrebbero essere successivamente assorbiti in una disciplina di carattere generale da definire in relazione al recepimento della direttiva, nell'ambito della quale i criteri di trasparenza, non discriminazione, aderenza ai costi e consultazione tra gestori e vettori trovino effettiva applicazione e il ruolo riconosciuto all'autorità indipendente abbia modo di esplicarsi. Nell'ambito di tale disciplina si dovrebbe altresì procedere ad una semplificazione delle procedure di approvazione dei contratti di programma, che riduca notevolmente i tempi per la loro entrata in vigore.
L'intervento normativo in materia di diritti aeroportuali potrebbe altresì associarsi ad una riconsiderazione della disciplina relativa al complesso delle voci di tasse e diritti che si applicano ai voli, al fine di prospettare una semplificazione e di fissare una base omogenea valida per tutti gli aeroporti. Una specifica riflessione dovrebbe essere dedicata all'addizionale comunale sui diritti di imbarco di passeggeri sugli aeromobili, sia per valutare le possibilità di una riduzione dell'importo, sia per riconsiderare le finalità alle quali il gettito di tale tassa è destinato, che dovrebbero privilegiare i comuni in cui è situato il sedime aeroportuale e, per un arco di tempo comunque predeterminato, il fondo per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione del personale del settore del trasporto aereo.


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In ogni caso è necessario pervenire ad un insieme di regole di finanziamento certe e trasparenti, in relazione alle quali possa svolgersi la competizione tra vettori e, anche, tra aeroporti. Un insieme di regole così caratterizzato è infatti la premessa sia per il recupero di una capacità di pianificazione a medio termine di importanti investimenti necessari per potenziare i singoli scali, sia, come si è indicato sopra, in relazione all'esigenza di contrastare sovvenzioni e agevolazioni volte a favorire, in modo discriminatorio, singoli vettori, per uno sviluppo equilibrato della rete aeroportuale nazionale nel suo complesso.
Per quanto riguarda la capacità di una pianificazione a medio termine degli investimenti, potrebbe essere opportuno individuare appositi strumenti che le società di gestione aeroportuale sarebbero tenute ad adottare e aggiornare regolarmente, recuperando ed eventualmente rivedendo la disciplina dettata in materia di Piani di sviluppo aeroportuale (8), che rappresentano l'unico strumento di previsione, pianificazione strategica a breve, medio e lungo termine e di programmazione degli interventi di sviluppo aeroportuale, contemplato dalla normativa vigente. Si tratterebbe infatti di assicurare la predisposizione e l'attuazione di strumenti che, analogamente a quanto disposto per il Piano di sviluppo aeroportuale, risultino idonei a definire, per ciascun aeroporto, i futuri scenari di sviluppo del traffico dello scalo, i fabbisogni infrastrutturali necessari a rispondere alla crescita del traffico, l'assetto degli interventi previsti - sia di carattere urbanistico che edilizio -, le compatibilità con il contesto territoriale ed i vincoli ambientali ed aeronautici, il rapporto con la programmazione statale e comunitaria nel settore dei trasporti, il programma di attuazione degli interventi nel tempo, le risorse economiche necessarie per la loro esecuzione e le fonti di finanziamento.

6. L'ampliamento della capacità di traffico aereo: slot e accordi bilaterali.

Il tema della capacità degli aeroporti è emerso nell'indagine conoscitiva non soltanto in relazione all'esigenza di realizzare gli opportuni investimenti, ma anche alla questione, assai complessa e delicata, dell'assegnazione delle bande orarie (slot) nei cosiddetti aeroporti coordinati. L'assegnazione delle bande orarie è regolata dalla normativa comunitaria ed è effettuata da Assoclearance (Associazione italiana gestione clearance e slots), associazione fra gestori di aeroporto e vettori aerei, con personalità giuridica. Nell'attribuzione degli slot si applica il principio del grandfather rights, per cui le compagnie aeree mantengono gli slot che in passato sono stati ad esse assegnati, a condizione che li utilizzino effettivamente. La previsione adottata a livello comunitario con cui, per fronteggiare il pesante impatto che la crisi economica e finanziaria mondiale ha determinato


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sul traffico aereo, si è stabilito che ai vettori fosse riconosciuto il diritto di usufruire, per la stagione estiva di traffico 2010, delle bande orarie ad essi assegnate, indipendentemente dall'utilizzo delle stesse (9), è stata giudicata nel corso dell'indagine conoscitiva un intervento giustificabile esclusivamente in base alle condizioni di emergenza create dalla crisi medesima. È stato infatti osservato che una simile misura, se ne fosse prevista l'applicazione per periodi che si protraessero oltre la durata della crisi, avrebbe l'effetto di limitare fortemente lo sviluppo del traffico aereo e l'attività degli aeroporti.
Per quanto concerne la situazione attualmente esistente in Italia, si registra una saturazione degli slot a Linate e, limitatamente agli orari di punta, a Fiumicino. Sia per far fronte a queste condizioni, specifiche, ma assai rilevanti, sia per individuare modalità più appropriate di assegnazione degli slot, nel corso dell'indagine conoscitiva è stato in più occasioni segnalato che a livello comunitario è oggetto di valutazione la possibilità di consentire alle compagnie aeree la commercializzazione degli slot ad esse assegnati (un mercato secondario degli slot successivo alla loro assegnazione). In ogni caso, qualunque intervento dovrebbe essere rivolto all'obiettivo prioritario di assicurare da parte dei vettori il pieno utilizzo degli slot ad essi assegnati.
Sempre in relazione alla capacità di traffico aereo, che si traduce in una maggiore attività per gli aeroporti, nell'indagine conoscitiva è stata evidenziata l'opportunità di una maggiore apertura dei diritti di volo relativi ad accordi bilaterali con Paesi extracomunitari. Tale apertura, che potrebbe essere ottenuta rivedendo gli accordi per passare dal regime di monodesignazione a quello di multidesignazione e per eliminare le restrizioni all'accesso in alcune parti del Paese, avrebbe l'effetto di accrescere l'accessibilità diretta intercontinentale, che, anche a causa delle difficoltà attraversate dalla compagnia di riferimento nazionale, risulta per l'Italia assai limitata e penalizzante. Per questo deve essere valutata con favore la disposizione prevista dal comma 5-bis dell'articolo 19 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, che incarica il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero degli affari esteri, di promuovere la definizione di nuovi accordi bilaterali nel settore del trasporto aereo, nonché la modifica di quelli vigenti, al fine di ampliare il numero dei vettori ammessi a operare sulle rotte nazionali, internazionali e intercontinentali, e il numero delle frequenze e destinazioni su cui è consentito operare a ciascuna parte e che, nelle more del perfezionamento dei nuovi accordi bilaterali o della modifica di quelli vigenti, prevede l'obbligo (non più la facoltà) per l'ENAC di rilasciare ai vettori che facciano richiesta di operare su scali italiani autorizzazioni temporanee di almeno 18 mesi, vale a dire autorizzazioni che si estendono per un periodo di tempo apprezzabile, tale da indurre il vettore ad assumere il rischio imprenditoriale di aprire una nuova


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destinazione intercontinentale. Occorre che tale disposizione riceva piena attuazione, in conformità, del resto, con la volontà manifestata da ENAC nel corso della stessa indagine conoscitiva.

7. La qualità dei servizi negli aeroporti.

Ogni aeroporto è di per se stesso un sistema, che può essere considerato da numerosi punti di vista. Nelle audizioni svolte nel corso dell'indagine conoscitiva la più ampia attenzione è stata riservata ai seguenti profili: i collegamenti intermodali, le infrastrutture aeroportuali, l'assegnazione degli slot e il livello dei servizi offerti ai vettori e ai passeggeri. Anche il tema dei servizi, come si è segnalato, è affrontato nella direttiva sui diritti aeroportuali, che lo considera nell'ottica dei rapporti tra gestore aeroportuale e vettori. I servizi, tuttavia, chiamano in causa, oltre che i vettori, l'altro utente dell'aeroporto, che sono i passeggeri.
Come sottolineato con particolare evidenza dalle associazioni dei consumatori, in numerose situazioni la qualità dei servizi negli aeroporti italiani non può ritenersi soddisfacente. Hanno avuto ampia eco, anche di recente, ritardi e disservizi che si sono registrati, in particolare negli aeroporti di maggiori dimensioni. Si tratta di episodi gravi e allarmanti, sia per i disagi subiti dai passeggeri (cittadini italiani o persone venute in Italia), sia per l'immagine negativa che ne deriva al Paese, sia infine per il fatto che un livello di servizi particolarmente scadente finisce per avere incidenza sulla stessa volontà dei passeggeri e delle compagnie aeree di utilizzare l'aeroporto in questione.
Ciascun volo, nell'aeroporto, implica un complesso di attività che sono svolte da soggetti diversi. Come è emerso dall'indagine, il primo fattore che può contribuire ad una migliore qualità dei servizi è rappresentato dall'integrazione tra i diversi operatori: il gestore aeroportuale, le compagnie aeree, il soggetto che fornisce i servizi di navigazione aerea, le società che prestano i servizi di assistenza a terra (handling), gli operatori della sicurezza, i gestori dei rifornimenti di carburante, i gestori del catering. All'interno dell'aeroporto soggetti diversi si trovano a fornire servizi che si succedono l'uno all'altro, in modo che il compimento dell'uno è condizione per la prestazione dell'altro. La gestione di tali servizi sarebbe notevolmente facilitata se i diversi operatori disponessero di sistemi informatici integrati. Ciò permetterebbe, per ciascun movimento (decollo o atterraggio), di visualizzare le diverse fasi operative che ad esso sono connesse, in modo da poter individuare in tempo reale in quali momenti si presentano difficoltà o si creano ritardi.
L'integrazione operativa e informatica tra i diversi soggetti che prestano servizi nell'aeroporto dovrebbe associarsi, almeno come pratica raccomandabile, all'individuazione, per ciascun aeroporto, di un organismo (una sorta di cabina di regia) in cui gli operatori (o i principali tra di essi) si riuniscono e si confrontano con periodicità ravvicinata, in modo da esaminare quali sono le attività dell'aeroporto in cui emergono problemi e assumere gli impegni necessari per superarli.


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In una sede di confronto collaborativo potrebbero altresì essere definite le modalità di collocazione logistica e di organizzazione delle singole attività, che ne facilitino lo svolgimento e ne ottimizzino i tempi.
Il tema della qualità e dei costi dei servizi può quindi essere affrontato in ampia misura con soluzioni gestionali da adottare nei singoli aeroporti. Esistono tuttavia condizioni generali sulle quali sarebbe auspicabile intervenire anche a livello legislativo. Sono infatti vigenti disposizioni, sulle quali sarebbe opportuno un intervento a fini di semplificazione di obblighi e adempimenti, o di adeguamento della normativa all'effettivo modo di operare degli aeroporti o di garanzia di una parità di condizioni per tutti i soggetti che svolgono le medesime attività.
Questa situazione è particolarmente evidente nel settore dell'handling. È stato osservato che la liberalizzazione dell'handling ha determinato una contrazione dei margini di profitto e una riduzione dei costi. Le difficoltà che si sono presentate nel corso di questo processo hanno peraltro avuto risvolti negativi sulla qualità dei servizi offerti ai vettori e ai passeggeri. Ciò è dipeso, per un verso, da condotte di vero e proprio dumping che hanno accompagnato la liberalizzazione e, per l'altro, dai ritardi con cui si è pervenuti alla separazione tra i soggetti gestori degli aeroporti e i prestatori di servizi di assistenza a terra.
L'elevata intensità di manodopera del settore rende particolarmente rilevanti le questioni attinenti ai rapporti di lavoro. Le clausole sociali previste dall'articolo 14 del decreto legislativo n. 18 del 1999 (10), che nella versione iniziale del decreto imponevano il passaggio del personale dal precedente gestore del servizio al soggetto subentrante, in proporzione alla quota di traffico o di attività acquisita da quest'ultimo, si sono tradotte in condizioni di forte disparità tra gli operatori. Queste clausole sono state successivamente più volte riviste e ne è stato limitato l'impatto. Ancora oggi, tuttavia, il settore presenta situazioni di distorsione della concorrenza, dovute, in particolare, all'applicazione di contratti collettivi diversi. In considerazione dell'elevata intensità di manodopera del settore e delle caratteristiche particolari dei servizi da esso forniti, sarebbe opportuna la definizione di un contratto collettivo di lavoro specifico, da applicarsi a tutti i soggetti che forniscono servizi di assistenza a terra. Ciò sarebbe sufficiente, tra l'altro, per creare un quadro generale di regole comuni tra gli operatori. Contestualmente è necessario che l'ENAC svolga una rigorosa attività di controllo del rispetto delle regole.
In un contesto di parità di condizioni e di certezza delle regole assicurata da un'attività di rigoroso controllo potrebbe essere ulteriormente incentivata la concorrenza, sia promuovendo ulteriormente la separazione tra gestori aeroportuali e prestatori di servizi di assistenza a terra, sia abbassando il limite (attualmente fissato in 2


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milioni di passeggeri o 50 mila tonnellate di merci) al di sopra del quale sussiste l'obbligo, per l'aeroporto, di avere almeno due soggetti prestatori dei servizi di assistenza. Lo sviluppo di una concorrenza nel contesto di una regolamentazione chiara, trasparente e non discriminatoria nel settore dei servizi di handling, che si traduca in un significativo miglioramento del livello dei servizi erogati, è stata segnalata come un'esigenza fondamentale non soltanto per i passeggeri, ma, in misura analoga, per il trasporto di merci. La garanzia di effettive condizioni di concorrenza dovrebbe comunque associarsi alla possibilità per la società di gestione di fissare, in relazione alle dimensioni dell'aeroporto, un numero massimo di soggetti che prestano le medesime categorie di servizi.
D'altra parte, sia i gestori aeroportuali, sia gli imprenditori che prestano i servizi di assistenza a terra hanno lamentato i pesanti effetti finanziari che sugli uni e sugli altri si determinano nel caso di fallimento di compagnie aeree. I crediti nei confronti delle compagnie, divenuti inesigibili, possono creare per entrambe le categorie di soggetti situazioni finanziarie difficili da gestire. Le associazioni dei consumatori hanno osservato che disagi e danni si ripercuotono anche sui passeggeri, che hanno acquistato biglietti della compagnia che poi ha sospeso l'attività. Anche in questo caso tutti coloro che hanno evidenziato il problema, hanno auspicato una più forte ed efficace attività di controllo da parte dell'ENAC. Si è infatti osservato che, poiché il possesso dei necessari requisiti finanziari costituisce condizione per il rilascio e il mantenimento della licenza di esercizio per il vettore, la sospensione dell'attività dovrebbe intervenire già nel momento in cui per una compagnia aerea si registrassero fenomeni rilevanti di mancata regolarizzazione delle esposizioni debitorie, prima di pervenire alla richiesta di fallimento.
Al tempo stesso, in particolare per fronteggiare gli effetti negativi del dissesto delle compagnie aeree, sarebbe opportuno prevedere apposite forme di tutela, tra cui in particolare sarebbe opportuna l'istituzione di un fondo di garanzia, in analogia con quanto già previsto nel caso di fallimento delle agenzie di viaggio.
Le varie questioni relative alle attività e ai servizi svolti all'interno degli aeroporti affrontate nel corso dell'indagine conoscitiva hanno evidenziato l'opportunità di interventi mirati sulla normativa che regola tali attività e servizi a fini di semplificazione degli adempimenti, di promozione della concorrenza, di riduzione dei costi, di garanzia del buon funzionamento delle attività e di protezione degli utenti finali, i passeggeri.
Gli obiettivi di semplificazione degli adempimenti e riduzione dei costi sono stati sottolineati in relazione non soltanto al traffico commerciale, ma anche alle difficoltà di sviluppo in Italia dell'aviazione generale. Come già segnalato con riferimento alla pianificazione della rete aeroportuale, l'aviazione generale e di affari ha in Italia dimensioni notevolmente inferiori a quelle degli altri Paesi europei, quali Francia, Germania, Regno Unito, Spagna, come dimostra il numero ridotto di aerei leggeri e ultraleggeri registrati. Le cause di questa situazione possono ricondursi, oltre che alle difficoltà poste all'accesso dell'aviazione generale agli aeroporti aperti al traffico commerciale, sia pure di dimensioni medio-piccole, e a forti limitazioni


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connesse alla regolamentazione dello spazio aereo in Italia, anche ad una normativa che richiede prestazioni e adempimenti complessi e comporta pesanti costi anche per aeroporti con un traffico ridotto, ovvero impone restrizioni non motivate, come quelle relative al rifornimento di carburante. La crescita dell'aviazione civile, che sarebbe favorita dalla semplificazione di queste regole, avrebbe ricadute positive sia sotto il profilo economico, in termini di crescita dei comparti produttivi e di servizio ad essa connessi, e di impulso al turismo, sia sotto altri profili, in considerazione della rilevanza che l'aviazione generale assume per le attività di formazione dei piloti e, più in generale, di promozione di una cultura aeronautica diffusa.
In particolare è stato evidenziato che la normativa vigente prevede l'obbligo dell'istituzione di un servizio antincendio aeroportuale presso ogni aeroporto, indipendentemente dal tipo di aeroporto e dal volume di traffico. Il servizio antincendio è espletato, negli aeroporti maggiori, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco ed è affidato, negli aeroporti minori, ai privati, che lo devono organizzare a proprie spese, sostenendo i costi dell'addestramento del personale necessario e della sua presenza sul sedime aeroportuale. In caso di mancanza del servizio antincendio, infatti, l'aeroporto è costretto a chiudere al traffico. Sarebbe opportuno pertanto un intervento normativo che, analogamente a quanto avviene in altri Paesi, limitasse l'obbligo del presidio del servizio antincendio esclusivamente agli aeroporti nei quali ha luogo traffico commerciale o che sono utilizzati da aeromobili di dimensioni superiori ad un determinato limite.
Simili interventi di semplificazione potrebbero interessare anche le regole relative al traffico commerciale. In particolare è stato segnalato che l'Italia è uno dei pochi Paesi in cui, in caso di rifornimento di carburante con passeggeri a bordo deve essere richiesto il servizio di assistenza antincendio al Corpo nazionale dei vigili del fuoco che deve provvedervi con un proprio mezzo. Prima dell'arrivo del mezzo, il rifornimento non può in alcun caso iniziare. È evidente come questo obbligo prolunghi i tempi delle operazioni di decollo, con l'effetto di ridurre la capacità operativa dell'aeroporto nel suo complesso, e si traduca in un incremento dei costi per le compagnie aeree, che a loro volta trasferiscono tali costi sul prezzo dei biglietti. Sarebbe opportuno valutare se le modalità con cui oggi avviene il rifornimento di carburante e i rischi effettivi ad esso connessi siano tali da giustificare il mantenimento dell'obbligo di presenza del mezzo antincendio alle singole operazioni di rifornimento o se piuttosto la previsione di un servizio antincendio per gli aeroporti con traffico commerciale, collocato in posizione tale da poter intervenire in tempi rapidi in caso di necessità, non possa essere sufficiente.
In generale, pertanto, dall'indagine conoscitiva è emersa l'esigenza di ripensare alcuni aspetti della normativa che interessa gli aeroporti, per definire in modo tempestivo una serie di interventi, anche di carattere specifico, rivolti alle finalità di semplificazione e di contenimento dei costi per gli operatori. L'orientamento verso tali finalità, infatti, dovrebbe permettere di promuovere la competitività del sistema nel suo complesso e, in definitiva, di recare effettivi vantaggi agli utenti finali del sistema stesso, vale a dire ai passeggeri.


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Anche in relazione al trasporto aereo di merci è stata evidenziata l'opportunità di interventi volti a rendere più flessibile la normativa concernente la prestazione dei servizi. In particolare è stato evidenziato come il trasporto di merci, in particolare quello effettuato dai corrieri, sia svolto in misura prevalente nelle fasce orarie notturne, per cui dovrebbero essere individuate soluzioni equilibrate (standard acustici degli aeromobili, idonee procedure operative nelle manovre di volo e di atterraggio, anche una tariffazione aggiuntiva per i voli notturni, il cui gettito dovrebbe essere esclusivamente destinato a ridurre le emissioni acustiche), che permettano lo svolgimento di tale attività e al tempo stesso assicurino adeguate tutele alla popolazione che vive in prossimità dell'aeroporto. Sotto il profilo della flessibilità, è stato altresì sottolineato come orari più estesi per i servizi di dogana, insieme all'armonizzazione tra le procedure previste dai regolamenti dell'ENAC e quelle previste dalla regolamentazione in materia doganale e un'uniformità delle prassi applicative, favorirebbero il trasporto di merci, che altrimenti tende a spostarsi in altri Paesi.
Da ultimo occorre sottolineare come il tema dei servizi sia strettamente connesso con quello degli investimenti da parte delle società di gestione. Gli investimenti necessari per l'adozione di nuove tecnologie disponibili e la contestuale riorganizzazione delle modalità di espletamento dei servizi potrebbero permettere di conseguire, oltre ad una riduzione dei costi connessi allo svolgimento dei servizi interessati, anche un miglioramento della qualità e un contenimento dei tempi, nonché un incremento dei livelli di sicurezza.

8. Gli enti di regolazione, controllo e coordinamento.

Il tema dell'indagine conoscitiva, relativo al sistema aeroportuale del Paese, ha reso inevitabile una considerazione più ampia del settore del traffico aereo, che tenesse conto delle condizioni di contesto in cui gli aeroporti si trovano ad operare. Una di queste condizioni è senza dubbio costituita dal complesso di enti che, assolvendo funzioni di carattere pubblico, governano il settore del traffico aereo civile in Italia, tra i quali un ruolo di particolare rilevanza spetta all'ENAC (Ente nazionale per l'aviazione civile), ente pubblico non economico, che rappresenta, ai sensi di quanto previsto dal codice della navigazione, «l'autorità unica di regolazione tecnica, certificazione, vigilanza e controllo nel settore dell'aviazione civile» (articolo 687) e all'ENAV (Ente nazionale assistenza al volo), la società per azioni, interamente controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze e vigilata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che, sempre in base alle previsioni del codice della navigazione, fornisce i servizi della navigazione aerea. Un ambito di intervento specificamente definito è quello dell'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (ANSV), che ha il compito di rilevare i casi di incidenti, svolgere inchieste con finalità di prevenzione (non di accertamento di responsabilità) e adottare raccomandazioni nei confronti dei soggetti interessati. All'Agenzia spaziale italiana (ASI), posta sotto la vigilanza del Ministero dell'istruzione, università e ricerca, fa capo l'attività di ricerca nel settore spaziale. L'Aero Club d'Italia (AeCI), infine, è l'ente di diritto pubblico


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che riunisce le associazioni ed enti che operano nel settore dell'aviazione generale (aerei leggeri e ultraleggeri) e si interessano allo sviluppo dell'aviazione nei suoi aspetti turistico-promozionali, didattici, culturali, sportivi, di utilità sociale e civile.
Si tratta, come si vede, di un complesso di enti e organismi articolato. Il problema che con maggiore insistenza è stato segnalato nel corso dell'indagine riguarda il ruolo dell'ENAC. Sia in relazione ai rapporti tra società di gestione degli aeroporti e compagnie aeree, sia in relazione alla qualità dei servizi per i passeggeri, sono stati infatti auspicati interventi più incisivi dell'ente. È stato tuttavia sottolineato che lo svolgimento dei propri compiti da parte dell'ENAC risulta, nella situazione attuale, ostacolato da inadeguatezze del quadro giuridico e carenza delle risorse necessarie, in primo luogo le risorse umane.
Sotto il profilo giuridico, dovrebbero essere semplificate le procedure di controllo che fanno seguito agli atti di cui l'ENAC predispone l'istruttoria e definisce i contenuti. I poteri di indirizzo e di vigilanza da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti dovrebbero pertanto esercitarsi in relazione all'impostazione complessiva dell'attività dell'ente, piuttosto che estendersi al controllo dei singoli atti adottati nell'esercizio ordinario dei compiti attribuiti all'ente stesso. Come rilevato con riferimento alla questione dei diritti aeroportuali, l'intervento di semplificazione dovrebbe essere attuato, in particolare, per quanto riguarda il procedimento relativo alla stipula del contratto di programma, anche al fine di ridurne i tempi.
L'attribuzione all'ENAC delle funzioni relative alla definizione e al controllo dei parametri di qualità dei servizi aeroportuali e di trasporto aereo dovrebbe associarsi al riconoscimento di efficaci poteri sanzionatori, principalmente di carattere pecuniario, graduabili in proporzione alle infrazioni o ai disservizi riscontrati. A tal fine dovrebbero essere fissati standard di sicurezza e qualità dei servizi, il cui mancato rispetto dovrebbe essere sanzionato anche in misura rilevante. Il potere dell'ENAC di comminare sanzioni pecuniarie dovrebbe essere previsto, oltre ai casi già contemplati dalla normativa vigente, nei confronti dei gestori aeroportuali, dei prestatori dei servizi di assistenza al trasporto aereo e al volo, delle imprese di costruzione, dei vettori aerei e delle imprese di manutenzione aeronautica, delle imprese di lavoro aereo e delle scuole di volo, con riferimento anche agli obblighi derivanti dalla normativa adottata dall'ENAC medesimo.
Nell'indagine conoscitiva, infine, è stata evidenziata l'insufficienza, nell'organico effettivo dell'ENAC, dei dipendenti riconducibili ad alcune figure professionali specifiche e la difficoltà di superare tali carenze a causa dei limiti previsti per le assunzioni da parte di enti e organismi pubblici. Al riguardo occorrerebbe un intervento normativo che tenga conto della specificità, sotto il profilo tecnico, delle funzioni che l'ENAC è chiamato a svolgere e, di conseguenza, assicuri un'adeguata presenza delle professionalità necessarie. Contestualmente appare necessario che l'ente sviluppi percorsi formativi del personale che permettano di utilizzare al meglio le risorse attualmente disponibili.
Le misure relative ai poteri dell'ente e alle norme di reclutamento rispondono a esigenze specifiche di un miglior funzionamento dell'ENAC


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e risultano ancor più necessarie in prospettiva dell'ampliamento delle funzioni dell'ente, che è stato designato a svolgere le funzioni dell'autorità nazionale di vigilanza in materia di diritti aeroportuali prevista dalla direttiva 2009/12/CE, sopra richiamata. Proprio l'ampliamento delle competenze dell'ENAC potrebbe peraltro rendere opportuno un intervento di più ampio respiro, volto a rivedere la forma giuridica dell'ente e il suo ordinamento. Già il decreto legislativo n. 250 del 1997, di istituzione dell'ENAC, prefigurava la sua trasformazione in ente pubblico economico entro il 31 luglio 1999 (11). La trasformazione non ha avuto luogo, né sono state adottate iniziative per pervenire a tale risultato. Nell'ambito di un intervento normativo concernente il settore del trasporto aereo, sarebbe opportuno considerare di nuovo la questione, in modo da dare all'ENAC, in relazione ai compiti di certificazione, regolazione, vigilanza e controllo, una forma giuridica e un ordinamento idonei a permettere di svolgere i suddetti compiti con maggiore autonomia, rapidità ed incisività di intervento rispetto a quanto permettano i vincoli connessi alla forma giuridica attuale di ente pubblico non economico. Rispetto a simili obiettivi potrebbe essere presa in considerazione la trasformazione dell'ENAC in Agenzia con forma giuridica di ente pubblico economico, analogamente a quanto previsto, ad esempio, nel caso dell'Agenzia del demanio. Un intervento volto a realizzare una trasformazione di questa portata comporterebbe naturalmente una revisione di ampia parte dei profili concernenti l'ordinamento dell'ente, con particolare riferimento agli organi, ai rapporti con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e al regime dei controlli.
L'orientamento della normativa comunitaria ad attribuire in misura sempre più rilevante funzioni ad organismi indipendenti indurrebbe inoltre a prendere in considerazione l'opportunità di istituire un'autorità di regolazione per il settore dei trasporti nel suo complesso.
Nell'ambito di un intervento di riordino complessivo dell'ENAC si potrebbe altresì valutare l'opportunità, in relazione alle problematiche e alle difficoltà dell'aviazione generale emerse nel corso dell'indagine, di affidare, anche attraverso delega, ad Aero Club d'Italia, interamente o parzialmente, le funzioni relative alla materia esercitate dall'ENAC.
Per quanto concerne ENAV S.p.A., la società ha realizzato negli anni più recenti significativi miglioramenti in termini di efficienza della gestione e superamento della conflittualità, che, in passato, aveva recato grave pregiudizio alla continuità dei servizi resi, per cui, anche in virtù di questi risultati, il controllo del traffico aereo e, più in generale, la fornitura dei servizi della navigazione aerea, nella situazione attuale, si caratterizza, nell'ambito del sistema dell'aviazione civile nazionale, per la qualità e l'affidabilità del servizio. In un'ottica di superamento della frammentazione del sistema, si potrebbe auspicare, tramite ENAV, un più stretto raccordo delle funzioni concernenti la programmazione dei voli e delle relative bande orarie,


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nonché un'azione di coordinamento, in ambito aeroportuale, delle attività svolte dai molteplici soggetti in esso operanti. In questo modo si promuoverebbe una gestione tecnico-operativa integrata con le società aeroportuali e le compagnie aeree, che permetterebbe il conseguimento di effettivi miglioramenti nello svolgimento dei diversi processi, con concreti benefici per i passeggeri e, in ultima istanza, una più adeguata attuazione del diritto costituzionalmente riconosciuto alla mobilità.

9. Le prospettive: il Cielo unico europeo.

Pur non rappresentando un tema specifico dell'indagine conoscitiva, è stata più volte in essa segnalata la rilevanza degli effetti che, rispetto al sistema di gestione e controllo del traffico aereo, si esplicheranno in rapporto all'attuazione del complesso della normativa comunitaria indicata comunemente con l'espressione "Cielo unico europeo". La realizzazione di blocchi funzionali di spazio aereo (FAB), alla quale l'Italia partecipa con l'iniziativa Blue Med, volta a creare un blocco funzionale di spazio aereo nel bacino del Mediterraneo e coordinata da ENAV, e il programma SESAR (Single European Sky Air Traffic Management Research), finalizzato alla realizzazione di una infrastruttura tecnologica di nuova generazione per la gestione del traffico aereo, sono rivolte ad una integrazione, al di là dei confini nazionali, della gestione stessa del traffico aereo.
I tempi previsti per la realizzazione di queste profonde innovazioni sono rapidi, dal momento che per il 2012 è fissato il termine per l'implementazione dei blocchi funzionali di spazio aereo ed entro il 2014 è previsto il completamento della fase di sviluppo del nuovo sistema di gestione del traffico aereo (air traffic management, ATM). Sotto il profilo della strumentazione tecnologica, lo sviluppo dei sistemi di navigazione satellitare porterà ad una crescente integrazione del comparto aereo con quello spaziale, per cui sarà necessario valutare le loro strategie di sviluppo in modo strettamente correlato, favorendo la cooperazione tra gli attori pubblici e privati operanti in ciascuno dei due settori e arrivando ad individuare, anche a livello normativo, un comparto aerospaziale che possa garantire maggiori sinergie tra l'ASI, l'ENAC e l'ENAV. Sotto il profilo dei risultati, il programma di integrazione dei sistemi di gestione e controllo del traffico aereo definito a livello comunitario si pone ambiziosi obiettivi in termini di ampliamento della capacità di traffico nel cielo europeo, incremento della sicurezza, riduzione dei costi e contenimento dell'impatto ambientale dei voli. Rispetto a tali obiettivi risulta opportuno assicurare, con l'impegno di tutti gli attori coinvolti, che le ingenti risorse economiche richieste dal programma SESAR per la realizzazione e il funzionamento della nuova piattaforma tecnologica siano inserite nel novero degli investimenti strutturali del Paese, con ricadute positive anche sulle importanti realtà industriali del settore.
L'attuazione del programma SESAR avrà un forte impatto anche sugli aeroporti, in quanto centri di smistamento del traffico aereo. Non è casuale che un paragrafo della Comunicazione della Commissione europea, che ha accompagnato le proposte di atti normativi


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comprese nel cosiddetto secondo pacchetto «Cielo unico europeo», riprendendo le questioni già evidenziate nella citata comunicazione del gennaio 2007, sia dedicato all'esigenza di accrescere la capacità aeroportuale, dal momento che, per assicurare l'efficienza complessiva del sistema del trasporto aereo, la capacità degli aeroporti deve mantenersi in linea con la capacità del sistema di gestione del traffico aereo. È un ulteriore motivo che rende necessario e urgente il potenziamento del sistema aeroportuale del Paese. Gli aeroporti italiani devono infatti presentarsi adeguatamente preparati ad affrontare la sfida del Cielo unico europeo.

10. Linee di intervento.

L'indagine conoscitiva ha confermato il ruolo fondamentale che gli aeroporti assumono rispetto alle capacità di sviluppo del traffico aereo e, attraverso di esso, dell'economia del Paese nel suo complesso, anche in considerazione della forte vocazione turistica dell'Italia.
Rispetto ai compiti che devono dimostrarsi in grado di sostenere, dall'indagine conoscitiva è emerso che gli aeroporti italiani, già nella situazione attuale, presentano gravi carenze in termini di accessibilità e collegamenti con la rete ferroviaria e stradale e un livello di servizi non di rado insoddisfacente. Motivo di preoccupazione ancora maggiore è costituito dal fatto che il sistema aeroportuale italiano, nello stato in cui si trova oggi, non pare in grado di sostenere le considerevoli potenzialità di sviluppo del traffico aereo, che, secondo le previsioni illustrate nel corso dell'indagine, aumenterà da circa 130 a 230 milioni di passeggeri entro il 2020 o il 2025.
In Italia vi sono numerosi aeroporti aperti al traffico commerciale, ma si tratta di aeroporti di dimensioni limitate. Per cui il Paese non ha bisogno di un maggior numero di aeroporti, ma di aeroporti più grandi, più efficienti e meglio connessi, attraverso collegamenti intermodali con la rete ferroviaria e stradale, al territorio e al bacino di traffico di riferimento.
Rispetto all'analisi della situazione attuale e all'obiettivo di potenziare il sistema degli aeroporti italiani, per assicurare che siano in condizione di assorbire la prevista crescita del traffico aereo, l'indagine conoscitiva ha permesso di individuare alcune linee di intervento, che richiedono l'impegno sia delle autorità istituzionali competenti, sia dei soggetti, pubblici e privati, operanti nel settore.
1) In primo luogo è emersa l'esigenza di pervenire alla definizione di un piano nazionale della rete aeroportuale che disincentivi la parcellizzazione degli aeroporti e permetta di individuare gli aeroporti prioritari, su cui concentrare le risorse disponibili.
È in corso, su iniziativa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dell'ENAC, uno studio dettagliato sugli aeroporti, che dovrebbe permettere di disporre degli elementi di informazione e di valutazione necessari per definire, da un lato, le esigenze di potenziamento degli aeroporti esistenti e, dall'altro, per verificare la fondatezza delle proposte di realizzazione di nuovi aeroporti ovvero del trasferimento di scali con problemi di sviluppo, dovuti principalmente al tessuto urbano che li circonda.


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Nell'ambito del piano dovrebbero essere individuate le seguenti categorie di aeroporti:
a) aeroporti con volumi di traffico intorno a 5 milioni di passeggeri all'anno, che devono considerarsi aeroporti di interesse nazionale; si tratta degli aeroporti ai quali si applica la normativa comunitaria in materia di diritti aeroportuali; sono gli aeroporti sui quali dovrebbero concentrarsi gli interventi di potenziamento infrastrutturale e dei collegamenti intermodali, in particolare collegamenti veloci su ferro e su gomma;
b) aeroporti con un numero di passeggeri annui compreso tra 1 e 5 milioni, che dovrebbero essere oggetto di una regolamentazione semplificata e di una liberalizzazione del sistema di tariffazione, sia pure con modalità che garantiscano il rispetto dei princìpi individuati a livello comunitario, in modo da permettere che si affermino le strutture più efficienti e competitive;
c) aeroporti con un numero di passeggeri annui stabilmente inferiore a 1 milione, che dovrebbero essere mantenuti in funzione soltanto se rispondenti a esigenze sociali di collegamento del territorio interessato o se idonei a garantire stabilmente una sostenibilità della gestione economica, senza l'intervento di finanziamenti pubblici diretti o indiretti; in assenza di tali condizioni, dovrebbero essere sottratti al traffico commerciale e destinati al traffico merci, oppure allo sviluppo dell'aviazione generale e d'affari e dell'elicotteristica.
2) Ogni decisione in merito alla realizzazione di nuovi aeroporti dovrebbe essere subordinata a una valutazione attendibile e adeguatamente verificata della sostenibilità economica dell'aeroporto, tenendo conto anche dei servizi specificamente destinati all'aeroporto i cui costi ricadono sulla collettività, salvo specifiche situazioni caratterizzate da particolari esigenze di collegamento, a causa della natura del territorio e di gravi carenze della rete ferroviaria, stradale e autostradale.
3) L'inadeguatezza dei collegamenti degli aeroporti italiani con la rete ferroviaria e stradale costituisce un'emergenza. Occorre concentrare le risorse disponibili per potenziare i collegamenti degli aeroporti di interesse nazionale (Roma Fiumicino, Milano Malpensa e Linate, Venezia, Catania, Napoli, Palermo). Per assicurare il necessario raccordo tra sviluppo della rete aeroportuale e programmazione in materia di infrastrutture di trasporto, occorre, in relazione ai singoli aeroporti, avviare con largo anticipo un'attività condivisa di pianificazione, che coinvolga tutti i soggetti responsabili delle scelte politiche, gestionali e tecniche in materia di infrastrutture di trasporto, tenendo conto di quelle che saranno le prospettive di crescita dell'aeroporto nel medio periodo.
4) In rapporto al prevedibile incremento del traffico aereo che si registrerà in un arco di tempo relativamente limitato, si impone l'esigenza di un potenziamento delle infrastrutture aeroportuali, in particolare negli aeroporti di maggiore rilevanza.


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Anche in relazione alle esigenze di finanziamento di tali investimenti, occorre pervenire tempestivamente al recepimento organico della direttiva 2009/12/CE in materia di diritti aeroportuali, attraverso un intervento normativo organico di revisione della relativa disciplina. Gli interventi adottati nel frattempo per disporre un incremento dei diritti aeroportuali dovrebbero avere carattere transitorio e prevedere vincoli stringenti per assicurare la destinazione del gettito derivante dall'incremento dei diritti alla realizzazione degli investimenti.
È necessario semplificare le procedure e ridurre i tempi di approvazione dei contratti di programma tra l'ENAC e le società di gestione aeroportuale.
Per permettere una pianificazione a medio termine dello sviluppo infrastrutturale degli aeroporti potrebbe essere opportuno individuare appositi strumenti di programmazione che le società di gestione aeroportuale sarebbero tenute ad adottare e aggiornare regolarmente, recuperando ed eventualmente rivedendo la disciplina dettata in materia di Piani di sviluppo aeroportuale.
5) Sarebbero opportuni interventi normativi volti a rafforzare i poteri di controllo dell'ENAC nei confronti dei gestori aeroportuali, dei vettori, dei prestatori di servizi; in particolare, dovrebbero essere definiti standard di sicurezza e qualità dei servizi, il cui mancato rispetto dovrebbe essere sanzionato in misura rilevante. Al tempo stesso, in relazione ai limiti imposti per esigenze finanziarie alle assunzioni da parte delle amministrazioni pubbliche, dovrebbero essere adottate apposite misure per assicurare all'ente l'adeguata disponibilità delle professionalità necessarie per lo svolgimento dei propri compiti. Con un intervento di portata più ampia, ai fini di garantire all'ente una più ampia autonomia e flessibilità di gestione, si potrebbe altresì procedere alla trasformazione dell'ENAC in Agenzia con forma giuridica di ente pubblico economico. In una prospettiva più ampia una specifica riflessione potrebbe essere dedicata all'opportunità di istituire un'apposita autorità di regolazione del settore dei trasporti nel suo complesso.
6) Dovrebbero essere promossi, con un ruolo di impulso e di coordinamento di ENAV SpA, interventi finalizzati a sviluppare l'integrazione operativa tra tutti i soggetti operanti in ambito aeroportuale, che potrebbe tradursi in un rilevante miglioramento dei livelli di servizio a beneficio dei passeggeri. Nell'ambito di un mercato dei servizi di navigazione aerea sempre più internazionale e competitivo sembrerebbe altresì utile sostenere l'attività di ENAV relativa a quegli obiettivi e quelle iniziative volte a favorire il rafforzamento della società, anche sotto il profilo economico e gestionale, valorizzando le sue competenze tecniche.
7) Per fronteggiare gli effetti negativi del dissesto delle compagnie aeree, sarebbe opportuno prevedere specifiche forme di tutela a vantaggio delle società di gestione, delle società che forniscono i servizi di assistenza a terra e dei passeggeri, tra cui in particolare l'istituzione di un apposito fondo di garanzia.


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8) Dovrebbero essere introdotte misure anche di carattere legislativo che semplifichino la disciplina concernente le società di handling e garantiscano condizioni di parità tra tutti gli operatori del settore. Interventi di semplificazione dovrebbero riguardare altresì la disciplina relativa ai servizi antincendio e alle modalità di rifornimento del carburante.
9) Occorre realizzare azioni coerenti di sostegno al trasporto aereo di merci, che comprendano l'individuazione di aeroporti da specializzare come hub per il trasporto di merci, il potenziamento dei collegamenti intermodali, l'attuazione di interventi normativi e amministrativi volti al sostegno di tale attività in relazione allo svolgimento dei voli notturni, alla concorrenza e al livello qualitativo dei servizi di handling, alla maggiore flessibilità di orario dei servizi doganali, all'armonizzazione della regolazione concernente la sicurezza con quella doganale e all'uniformità delle prassi applicative.
10) Occorre favorire lo sviluppo dell'aviazione generale e d'affari, mediante la possibilità di accesso agli aeroporti di dimensioni medie e medio-piccole, la semplificazione degli adempimenti e la riduzione dei costi dei servizi per i piccoli aeroporti, anche affidando ad Aero Club d'Italia la gestione delle procedure amministrative e di controllo in materia di aviazione generale.

La Commissione si riserva di vigilare sull'attuazione, sia sotto il profilo normativo, sia sotto il profilo amministrativo, delle linee di intervento individuate nel presente documento, anche attraverso lo svolgimento di periodiche audizioni del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e degli altri soggetti pubblici competenti nel settore.

(1) Nel titolo dell'indagine e nel documento conclusivo si parla di sistema aeroportuale italiano per accentuare l'esigenza di una considerazione complessiva («di sistema», appunto) dello sviluppo degli aeroporti del Paese. Il termine «sistema» è quindi usato in modo non tecnico, in un'accezione chiaramente diversa da quella introdotta dalla normativa comunitaria e successivamente riprodotta nell'ordinamento nazionale, per cui si definisce «sistema aeroportuale» (reg. (CEE) n. 2408/92 del Consiglio del 23 luglio 1992) «un raggruppamento di due o più aeroporti che servono la stessa città, o lo stesso agglomerato urbano». Tale definizione non è peraltro riprodotta nel reg. (CE) n. 1008/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 settembre 2008, che ha abrogato i regolamenti (CEE) n. 2407/92, (CEE) n. 2408/92 e (CEE) n. 2409/92, e che fa riferimento piuttosto ad aeroporti che servono la stessa città o la stessa conurbazione. La direttiva n. 2009/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2009, impiega l'espressione «rete aeroportuale» per definire «un gruppo di aeroporti, debitamente designato come tale da uno Stato membro, gestiti dallo stesso gestore aeroportuale».
(2) Si veda la Tabella 1, relativa al numero di passeggeri nel 2008 per i primi trenta aeroporti europei.
(3) Si vedano le Tabelle 2, 3A, 3B e 4 per alcuni dati di confronto relativi ai cinque maggiori Paesi dell'Unione europea
(4) Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni «Un piano d'azione per migliorare le capacità, l'efficienza e la sicurezza degli aeroporti in Europa» (COM 2006) 819 definitivo).
(5) Si veda la Tabella 5, che, sulla base degli elementi raccolti nello studio, per ciascun aeroporto italiano aperto al traffico commerciale con voli di linea riporta i dati relativi ai volumi di traffico passeggeri e merci, ai bacini di utenza, alle dimensioni del sedime aeroportuale, alle infrastrutture e all'accessibilità.
(6) Commi 200 e 201 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)».
(7) I diritti aeroportuali devono dunque essere distinti dalle imposte, vale a dire dai prelievi, destinati all'erario o alle amministrazioni locali, che sono determinati a prescindere dai costi relativi alle infrastrutture e servizi aeroportuali. In generale, peraltro, l'articolo 39-bis del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, ha stabilito che non hanno natura tributaria non soltanto la tassa d'imbarco e sbarco sulle merci trasportate per via aerea, i diritti aeroportuali propriamente detti (diritto di approdo e di partenza, diritto per il ricovero o la sosta allo scoperto, diritto per l'imbarco passeggeri), il corrispettivo per il servizio di controllo di sicurezza sul passeggero e sul bagaglio a mano e quello per il controllo di sicurezza sui bagagli da stiva, ma anche l'addizionale comunale sui diritti d'imbarco di passeggeri sugli aeromobili.
(8) I Piani di sviluppo aeroportuale sono stati previsti dall'articolo 1, comma 6, del decreto-legge 28 giugno 1995, n. 251, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1995, n. 351.
(9) Regolamento (CE) n. 545/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, che modifica il regolamento (CE) n. 95/93 relativo a norme comuni per l'assegnazione di bande orarie negli aeroporti della Comunità.
(10) Il decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 18, ha dato attuazione alla direttiva 96/67/CE, che ha previsto il libero accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità.
(11) Comma 3 dell'articolo 1 del decreto legislativo 25 luglio 1997, n. 250.


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TABELLE ALLEGATE

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