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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione IX
13.
Martedì 3 febbraio 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Valducci Mario, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUI PROGETTI DI LEGGE C. 44, C. 471, C. 649 E C. 772, IN MATERIA DI SICUREZZA NELLA CIRCOLAZIONE STRADALE

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale filiera industria automobilistica (ANFIA):

Valducci Mario, Presidente ... 3 9
De Maria Andrea, Responsabile Area tecnica dell'ANFIA ... 6 8
Rossignoli Giulio Federico, Direttore generale dell'ANFIA ... 3 8

Audizione di rappresentanti della Federazione associazioni italiane concessionari produzione automotoristica (FEDERAICPA):

Valducci Mario, Presidente ... 9 10
Soranna Gian Franco, Direttore della FEDERAICPA ... 9

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale ciclo motociclo accessori (Confindustria-ANCMA):

Valducci Mario, Presidente ... 11 15 17 18
De Viti Claudio, Direttore settore moto della Confindustria-ANCMA ... 11 16 17
Lusetti Stefano, Vice presidente gruppo quadricicli della Confindustria-ANCMA ... 14 18
Misiti Aurelio Salvatore (IdV) ... 15 17
Moffa Silvano (PdL) ... 16 17
Montagnoli Alessandro (LNP) ... 16
Nizzi Settimo (PdL) ... 16
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 3 febbraio 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO VALDUCCI

La seduta comincia alle 11,10.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale filiera industria automobilistica (ANFIA).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui progetti di legge C. 44, C. 471, C. 649 e C. 772 in materia di sicurezza nella circolazione stradale, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale filiera industria automobilistica (ANFIA).
Ricordo che ai progetti di legge menzionati sono stati abbinati i progetti di legge C. 419, C. 1190 e C. 1717, quindi i progetti di legge C. 844, C. 965, C. 1075, C. 1101, C. 1469, C. 1488, C. 1737 e C. 1998.
Do la parola al direttore generale dell'ANFIA, dottor Rossignoli.

GIULIO FEDERICO ROSSIGNOLI, Direttore generale dell'ANFIA. Vorrei fare innanzitutto una piccola introduzione riguardo alla situazione non brillante del comparto, per poi approfondire la parte relativa alla sicurezza.
L'ANFIA è l'associazione nazionale della filiera dell'industria automobilistica, ed è una delle maggiori associazioni di categoria aderenti a Confindustria. Rappresenta l'intera filiera del mondo automotive, nella quale si collocano tutti i produttori di veicoli e componenti sia per il trasporto di persone che di merci. Si parla quindi di nove gruppi merceologici: autobus, autoveicoli, autovetture sportive e speciali, carrozzieri autovetture, carrozzieri veicoli industriali, componenti, pneumatici, produttori camper, rimorchi. Il settore è abbastanza conosciuto: si tratta di 2.772 aziende ripartite su tutto il territorio, con un turn over di 95 miliardi di euro, 275 mila addetti diretti, ai quali devono essere aggiunti 100 mila appartenenti ai comparti dei rivenditori e dei riparatori, per arrivare a circa un milione se si considera il settore allargato. L'incidenza del settore sul PIL italiano è pari al 6,2 per cento, ma se consideriamo anche l'indotto, raggiunge il 11,4 per cento.
Come noto, il settore in questi ultimi mesi sta attraversando una profonda crisi a livello mondiale, europeo e italiano, che si evidenzia quindi con un drastico calo delle immatricolazioni. Nel 2008, infatti, ci sono state 2 milioni 160 mila immatricolazioni, con una pesante flessione del 13,4 per cento rispetto all'anno precedente, flessione che è andata accentuandosi nel mese di gennaio 2009 raggiungendo un picco del 32,6 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno precedente. Analoga tendenza si registra a livello europeo, dove la flessione nel 2008 è stata dello 8,4 per cento, con una flessione del 18,5 per cento nel solo mese di dicembre.


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Non è solo il gruppo merceologico dell'auto che soffre: i dati di ieri rilevano una flessione per le auto del 32 per cento circa in Italia, ma anche per gli altri settori, come quello dei veicoli commerciali, si registrano flessioni importanti: meno 50 per cento per i veicoli commerciali leggeri e per i camper, per i veicoli commerciali pesanti, per i rimorchi e per i semirimorchi addirittura si è evidenziato un calo del 70 per cento e una flessione del 25 per cento si è avuta per gli autobus.
Le prospettive per il 2009 non sono rosee e molto dipenderà da quello che il Governo intenderà fare. Noi prevediamo che, in assenza di incentivi, la produzione arriverà ad un milione e 800 mila, con una perdita stimata di circa 700 mila vetture rispetto al 2007 e di 360 mila sul 2008.
Per evitare che la crisi del settore abbia effetti di trascinamento sull'intera economia occorre quindi intervenire - come è stato fatto nei principali Paesi costruttori quali la Francia, Spagna, l'Inghilterra e la Germania - ed è necessario che questi interventi siano presi molto presto. Si legge sulla stampa che queste misure saranno adottate venerdì prossimo, e noi speriamo che sia così, perché l'effetto annuncio è dannoso, e l'ultima occasione, a gennaio, ha provocato un crollo delle vendite.
Brevemente, un cenno alle misure che l'industria gradirebbe nell'attuale situazione nazionale. Sono misure che permettono la stabilizzazione di mercato, che favoriscono la facilitazione dell'accesso al credito - che rappresenta un grosso problema per la vendita dell'auto, dato che il 70 per cento circa delle vetture vengono vendute mediante credito - e il sostegno alla domanda, per migliorare le condizioni strutturali del comparto.
In poche parole riteniamo opportuno che ci siano degli incentivi alla sostituzione di autovetture di anzianità decennale, quindi con un allargamento rispetto ai parametri fissati dalla rottamazione che è terminata a dicembre, ossia con una estensione a tutti gli euro2; in questo modo circa quindici milioni di veicoli, ossia metà del parco nazionale, sarebbero coperti. Tali incentivi dovrebbero essere fissati anche in base a criteri di tutela ambientale, quindi con emissioni di CO2 pari a 140 grammi per chilometro se a benzina e pari a 130 grammi per chilometro, se diesel. Un'analoga misura auspichiamo che venga presa per i veicoli commerciali leggeri per i quali sarebbe opportuna una sostituzione dei veicoli di dieci anni con veicoli euro 4 ed euro 5, attraverso un'incentivazione all'acquisto.
Incentivi differenziati si potrebbero prevedere rispetto ai veicoli che noi chiamiamo «ultra ecologici», quindi o a carburante alternativo (ossia metano o GPL) o veicoli elettrici. Un altro incentivo potrebbe riguardare i rimorchi e semirimorchi di età superiore a 15 anni, anche perché questi veicoli pongono enormi problemi di sicurezza, dato che attualmente i rimorchi non sono dotati di ABS, obbligatoriamente in vigore da 15 anni, di cui è dotata la sola motrice.
Un'altra politica auspicabile è quella dell'attivazione della domanda, che si potrebbe sostanziare, per gli enti pubblici, nel rinnovo degli autobus e delle flotte pubbliche e, per il privato, attraverso un sostegno al credito tramite incentivi agli acquisti rateali.
C'è infine un problema a medio-lungo termine che riguarda i veicoli commerciali pesanti, rispetto ai quali gradiremmo che l'ammortamento anticipato fosse allargato e portato da cinque a tre anni e per i quali chiediamo la defiscalizzazione degli utili reinvestiti, ossia una sorta di «Tremonti-ter» che per il nostro comparto, soprattutto per i veicoli commerciali, ha dato in passato risultati importanti.
In ultimo c'è un problema legato alla componentistica; questo settore purtroppo ha problemi di liquidità, quindi sarebbe necessario un fondo di garanzia dell'accesso al credito e maggiori investimenti in ricerca e sviluppo.
Noi prevediamo che, se queste misure venissero prese, i benefici supererebbero largamente i costi. Si tratterebbe di un numero di unità vendute in più che oscilla tra 300 mila e 400 mila, equivalente quindi ad uno 0,4 per cento circa di PIL aggiuntivo.


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Se non si dovessero prendere queste misure si creerebbe un mancato gettito fiscale pari a circa un miliardo di euro per il solo 2009. A questo andrebbe aggiunto poi il rischio di cassa integrazione, che noi stimiamo in 11,2 milioni di ore.
Ovviamente queste misure avrebbero un impatto rilevante sia dal punto di vista dell'inquinamento che della sicurezza, perché immetterebbero sul mercato veicoli dotati di maggiore sicurezza e con caratteristiche ambientali decisamente migliori di quelle attuali.
Volendo entrare nel merito del discorso che riguarda la sicurezza, vorrei sottolineare che è una delle priorità della nostra filiera; i risultati sono stati già buoni, ma non li riteniamo sufficienti. I costruttori hanno contribuito in maniera sostanziale all'aumento della sicurezza della circolazione con veicoli sempre più sicuri e migliorando continuamente le autovetture. In Europa la media dell'EuroNCAP, che è il barometro che ci permette una lettura rispetto ai 15 modelli più venduti, è passato in dieci anni da 2,1 a 4,7, su un punteggio massimo di 5 (si tratta delle famose «cinque stelle»). Il punteggio è stato assegnato a tutti i modelli del gruppo FIAT prodotti negli ultimi anni, il che ci dice che anche i costruttori nazionali hanno una grandissima attenzione alla sicurezza. Va anche detto che tutte queste migliorie non sono sempre ed unicamente dettate da normative, nazionali o europee, ma sono direttamente legate alla capacità innovativa delle case costruttrici.
Ciò detto, l'attività normativa rimane di grandissima importanza per tutta la filiera. Per questo motivo ANFIA partecipa direttamente, come nel caso di oggi, a tutte le principali occasioni di confronto, sia a livello nazionale sia a livello internazionale. Abbiamo quindi partecipato al Piano nazionale dei trasporti, al Piano nazionale sulla sicurezza stradale, e ad altre iniziative a livello nazionale. A livello internazionale prendiamo parte ad iniziative sia attraverso la Associazione europea, sia attraverso l'UN/ECE WP 29 - di cui siamo membri diretti - sede nella quale vengono proposti e sviluppati i regolamenti internazionali, relativi per esempio alla protezione in caso di urto frontale e via dicendo.
La sicurezza stradale riguarda non solo automobilisti e autotrasportatori, ma la collettività nel suo insieme. Si tratta di un vero e proprio problema sociale, che necessita di un cambiamento culturale che permetta una shared responsibility, ovvero una responsabilità condivisa tra i vari attori della filiera.
La sicurezza non può continuare ad essere considerata come un problema squisitamente tecnologico, ossia legato soltanto al veicolo, ma deve sempre più coinvolgere tutti i soggetti della filiera, ossia i costruttori, le istituzioni e soprattutto l'utente. Il futuro della sicurezza stradale risiede nell'interconnessione tra i veicoli e altri due elementi del sistema: infrastrutture e utente. In quest'ottica, il discorso della sicurezza stradale deve essere affrontato mediante un approccio integrato, in modo da affrontare il tema in tutta la sua complessità.
I costruttori di autoveicoli hanno realizzato progressi e si impegneranno sempre a farlo, ma la sicurezza è responsabilità di tutte le parti coinvolte. I relativi costi non dovrebbero quindi essere imputati solo ai guidatori o ai costruttori. La responsabilità condivisa deve contemperare l'impegno dei costruttori per la sicurezza del veicolo con quello degli altri attori del sistema.
Occorre quindi investire nelle infrastrutture, promuovere la guida sicura, sviluppare l'infomobilità, ossia questo dialogo tra macchina, utente e infrastruttura, e soprattutto accrescere i controlli sulle strade.
L'industria chiede di essere fortemente coinvolta nella definizione delle possibili soluzioni future, ma siamo molto favorevoli alla cosiddetta better regulation nata a Bruxelles, in seno alla Commissione europea, per rendere più efficiente e meno costoso il quadro normativo del futuro anche in termini di sicurezza, anche definendo per la prima volta una road map degli interventi prioritari del settore.


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Auspichiamo un codice europeo della strada, ossia un'armonizzazione normativa a livello europeo. Appare dunque necessario riformare il codice della strada italiano - affronterà la questione anche il collega De Maria - nella direzione di una deregulation, di una semplificazione delle norme esistenti, procedendo anche all'eliminazione dal codice della parte relativa alla regolamentazione tecnico-amministrativa. Ciò permetterebbe di disporre di uno strumento normativo più snello riguardo al recepimento delle normative comunitarie in continua evoluzione, nonché di garantire un'accelerazione dei processi decisionali e maggiore efficacia di intervento nelle politiche della sicurezza.
Consideriamo infine necessario il sostegno governativo a politiche di stimolo dell'innovazione tecnologica per i prodotti e per i sistemi di mobilità compatibile e sicura. Qualunque innovazione tecnologica, qualunque miglioria sulle infrastrutture o un maggior coinvolgimento dell'utente rimarrà vana, se non ci saranno maggiori controlli da parte delle istituzioni.
A questo punto, lascio la parola al nostro direttore tecnico per entrare nel dettaglio.

ANDREA DE MARIA, Responsabile Area tecnica dell'ANFIA. Desidero affrontare la parte più specificatamente legata ai temi di questa audizione, che sono legati alla proposta di legge C. 649 e alle altre ad essa abbinate. Come evidenziato dal mio direttore, il tema della sicurezza per ANFIA e per tutta la filiera autoveicolistica che rappresentiamo è assolutamente prioritario. Plaudiamo a tutte le iniziative che tendono a favorire il miglioramento della sicurezza stradale e in particolare questa, che si realizza tramite un'opportuna regolamentazione per introdurre le necessarie modifiche al quadro legislativo vigente, ci vede molto favorevoli.
Nei progetti di legge all'esame della Commissione, abbiamo rilevato aspetti che dovrebbero essere modificati e che ora cercherò di affrontare nel dettaglio. Quando parliamo di disposizioni per la sicurezza stradale in materia di circolazione, ci riferiamo in primo luogo al codice della strada e alle norme ad esso collegate. In merito al codice della strada, riterremmo opportuno distinguere due ordini di intervento, entrambi di pari importanza: da una parte riteniamo necessario realizzare un'azione di ampio respiro, che ponga le basi per un ammodernamento complessivo della disciplina che attiene alla circolazione stradale, quindi un rifacimento sostanziale del codice della strada e dei provvedimenti ad esso collegati; dall'altra occorre considerare la necessità di agire con urgenza su alcuni temi di carattere prioritario. Una riforma complessiva del codice della strada non può essere realizzata in tempi brevissimi, per cui è necessario tener presente la necessità di agire tempestivamente su alcuni temi prioritari e urgenti.
Per quanto riguarda la riforma complessiva del codice, è quasi inutile sottolineare come l'industria autoveicolistica sia tra quelle maggiormente coinvolte dalle disposizioni normative. Il codice attuale è piuttosto datato, giacché l'impianto legislativo risale ad oltre quindici anni fa. È stato reso conforme alle esigenze talora diverse e contrastanti dei vari settori coinvolti attraverso diversi provvedimenti di modifica, che non sempre è stato facile emanare.
Il sistema regolamentativo mostra con evidenza la necessità di essere revisionato. Per esempio, sulla vicenda dei limiti di potenza per i neopatentati - uno degli aspetti prioritari che riteniamo necessario affrontare in tempi brevi - come associazione abbiamo evidenziato fin dalla prima introduzione nel 2007 la sostanziale incongruenza dell'emendamento con cui si è intervenuti la prima volta su questo aspetto, senza che si giungesse però a una soluzione dei problemi prospettati.
La necessità di adeguare la normativa al progresso tecnico ha reso necessarie numerose modifiche nel corso degli anni. L'industria automobilistica necessita di risposte in tempi rapidi, mentre spesso in questi anni le modifiche al codice della strada non sono state emanate in tempi


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brevi e con le snelle e veloci procedure necessarie all'industria automobilistica.
Per l'industria la rapidità è fondamentale per adeguarsi tempestivamente alle mutate esigenze del mercato e alle esigenze di sostenibilità e sicurezza del sistema di trasporto su gomma. Per contro, nei limiti del possibile è vitale che le imprese possano programmare con ragionevole anticipo e con certezza le produzioni future, mediante una regolamentazione coerente con questa esigenza. In questo contesto, dopo quindici anni, il codice della strada deve essere evidentemente riformato e noi siamo assolutamente favorevoli all'avvio di un processo di riforma.
Il settore autoveicolare è soggetto a una vasta e completa regolamentazione comunitaria. L'attività di revisione del codice dovrebbe essere mirata a eliminare eventuali incongruenze e duplicazioni nei confronti degli altri apparati legislativi. La parte regolamentare dovrebbe essere stralciata, in particolare quella tecnica attinente ai veicoli, e demandata a provvedimenti più facilmente aggiornabili al progresso tecnico, facendo il più possibile diretto riferimento alle prescrizioni comunitarie.
Il progetto di legge C. 649, che riprende il disegno di legge C. 2480 della passata legislatura, prevede all'articolo 26 una delega al Governo per la riforma del codice della strada, aspetto per noi importante. Ricordo che tra dicembre 2008 e gennaio 2009, il Ministero dei trasporti, su iniziativa del Ministro, ha svolto un ciclo di consultazioni delle parti interessate per la definizione dei criteri con cui definire la legge delega. Riteniamo che i risultati di questo tavolo possano essere utilmente utilizzati come strumento per orientare correttamente i contenuti dell'articolo 26 della proposta di legge n. 649.
Per quanto concerne le urgenti misure da adottare, la prima riguarda, come già accennato prima, i neopatentati. Nel 2007 è stata introdotta una modifica dell'articolo 117 del codice della strada, ossia della disciplina relativa alla guida di autovetture per i neopatentati, introducendo con il comma 2-bis un limite del valore di potenza-tara di 50 kW per tonnellata. Questo limite è relativo alla possibilità per i neopatentati che posseggono la patente di categoria B di condurre autoveicoli. Questa modifica dell'articolo 117 non è mai entrata in vigore, in quanto più volte prorogata e il motivo di tale rinvio è anche legato all'incongruenza di tale norma, che determina distorsioni. Adottando questo limite, è infatti teoricamente possibile per un neopatentato guidare SUV, poiché ne esistono che rispondono a tale limite e sono quindi conformi alla prescrizione del codice, ma non vetture di piccola e media cilindrata, sicuramente a lui molto più adatte, perché superano questo limite. Abbiamo evidenziato fin dall'inizio l'incongruenza di questo rapporto potenza-tara così formulato. Riteniamo infatti che possa essere vessatorio nei confronti delle famiglie già dotate di una vettura di media cilindrata o di un'utilitaria, che questa non possa essere utilizzata da un neopatentato perché supera questo limite, costringendole all'acquisto di un'ulteriore vettura.
Abbiamo dunque proposto la totale abrogazione del comma 2-bis dell'articolo 117, che non andrebbe a detrimento della sicurezza, dal momento che esistono già norme che riducono il limite di velocità massimo consentito per coloro che hanno conseguito la patente da meno di tre anni, e offrirebbe l'opportunità di rivedere con maggior calma, obiettività e con criteri logici un eventuale limite nella futura, globale revisione del codice della strada.
Qualora questa proposta di abrogazione non fosse giudicata congruente, la nostra proposta alternativa è di elevare il limite da 50 a 55 kW per tonnellata, con l'inserimento, nel caso di veicoli di categoria M1, di un ulteriore limite massimo di potenza, pari a 70 kW.
Sottolineiamo che un emendamento identico a questa nostra proposta è stato preso in considerazione durante la conversione in legge del decreto-legge cosiddetto «milleproroghe», che ha differito ulteriormente l'entrata in vigore dei limiti di potenza previsti dall'articolo 117, comma 2-bis. Questo emendamento dovrà


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essere votato nei prossimi giorni e ci vede favorevoli, anche se preferiremmo l'abolizione totale dell'articolo 117, comma 2-bis.

GIULIO FEDERICO ROSSIGNOLI, Direttore generale dell'ANFIA. Come costruttori, rileviamo anche un problema di economie di scala; se ogni Paese adotta iniziative diverse, non riusciamo più a programmare la produzione. Questo è un dato oggettivo, che costa molto da un punto di vista industriale.

ANDREA DE MARIA, Responsabile Area tecnica dell'ANFIA. L'altro tema che vorrei evidenziare, e che è oggetto di esame da parte del progetto di legge C. 649 e di altri ad essa abbinati, è quello del cosiddetto tuning, ossia la possibilità della modifica e della elaborazione estetica e meccanica dei veicoli. Questo tema, trattato all'articolo 1 del progetto di legge C. 649 e oggetto anche dei progetti di legge C. 844 e C. 1737, è di grande interesse per la filiera autoveicolistica che rappresentiamo.
Questa materia è stata oggetto di un esame approfondito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il Ministero ha messo a punto una proposta di emendamento dell'articolo 75 del codice della strada, che è stata condivisa con la filiera che rappresentiamo e ci trova quindi pienamente favorevoli. Un emendamento all'articolo 75 del codice della strada, impostato come la proposta del Ministero dei trasporti, è stato già presentato in sede di conversione in legge del citato decreto «milleproroghe».
Si tratta di una proposta del relatore, senatore Lucio Malan, ed è l'emendamento 29.011. Questa modifica all'articolo 75 è volta a liberalizzare il settore e nello stesso tempo ad apportare minori vincoli e passaggi con i costruttori - parliamo di obbligo del nullaosta - nel pieno rispetto della sicurezza della circolazione e dell'ambiente. Ci auguriamo quindi che questa proposta di modifica all'articolo 75 venga approvata in sede di conversione in legge del citato decreto e, qualora questo non dovesse avvenire, auspichiamo che i vari progetti di legge attualmente all'esame della Commissione siano riformulati tenendo conto di questa proposta del Ministero dei trasporti. Questa è infatti pienamente condivisa, mentre le altre disposizioni contenute nelle proposte di legge, in particolare alcune che riguardano l'articolo 78 del codice della strada, comportano diversi problemi per i costruttori, per cui riteniamo opportuno che vengano accantonate.
Abbiamo predisposto un allegato alla nostra relazione, che riguarda altri temi che necessitano di attenzione, quali lo svecchiamento del parco rimorchi e semirimorchi, cui accennava il dottor Rossignoli, che appare estremamente importante perché si rileva un problema di sicurezza. L'abbinamento di un rimorchio senza ABS e di una motrice dotata di ABS, fattispecie che si può verificare molto spesso perché i tempi di rinnovo dei rimorchi sono più lunghi rispetto a quelli delle motrici, è potenzialmente pericoloso in caso di emergenza. Riteniamo quindi opportuno individuare sistemi per favorire lo svecchiamento. Abbiamo proposto l'adozione di incentivi economici, ma, se questo non dovesse essere approvato, si potrebbero trovare altre forme per favorire lo svecchiamento, quali ad esempio la penalizzazione della portata o altri sistemi in grado di indurre alla sostituzione l'utenza dotata di questi veicoli.
Un altro tema riguarda le cisterne non conformi all'Accordo internazionale sul trasporto di merci pericolose (ADR). Questo accordo prevede, per le cisterne che circolano in sede internazionale, la conformità a queste prescrizioni, ma nella circolazione nazionale queste prescrizioni non sono rispettate come invece previsto dalla direttiva della Comunità europea.
Gli altri temi sono l'esclusione della massa delle batterie e delle bombole per i veicoli commerciali elettrici a metano, i veicoli per il trasporto collettivo di persone a trazione elettrica a captazione aerea (i filobus), il rapporto massimo di traino per le operazioni di soccorso stradale ai veicoli pesanti. Troverete i dettagli di tali argomenti nella memoria da noi consegnata agli atti. Grazie.


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PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti dell'ANFIA per la loro esposizione dettagliata, sia in ordine alla sicurezza stradale, sia relativamente alla crisi del settore dell'auto.
Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti della Federazione associazioni italiane concessionari produzione automotoristica (FEDERAICPA).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui progetti di legge C. 44, C. 471, C. 649 e C. 772 in materia di sicurezza nella circolazione stradale, l'audizione di rappresentanti della Federazione associazioni italiane concessionari produzione automotoristica (FEDERAICPA).
Ricordo che ai progetti di legge menzionati sono stati abbinati i progetti di legge C. 419, C. 1190 e C. 1717, quindi i progetti di legge C. 844, C. 965, C. 1075, C. 1101, C. 1469, C. 1488, C. 1737 e C. 1998.
Do la parola al direttore della FEDERAICPA, Gian Franco Soranna.

GIAN FRANCO SORANNA, Direttore della FEDERAICPA. Signor presidente, la ringrazio. FEDERAICPA rappresenta i concessionari di autoveicoli, veicoli industriali e autobus con circa 4 mila imprese, che occupano più di 100 mila lavoratori diretti e indiretti. Nel ringraziare la Commissione per il coinvolgimento del nostro settore, si desidera evidenziare l'importanza dell'apporto collaborativo che le associazioni professionali possono fornire affinché si realizzi una circolazione stradale realmente sicura. Proprio in quest'ottica, FEDERAICPA ha partecipato e partecipa al tavolo tecnico promosso dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti in vista della riforma del codice della strada, il cui filo conduttore è proprio quello di realizzare la sicurezza della circolazione stradale a tutti i livelli.
Con l'auspicio che i progetti di legge attualmente all'esame di codesta Commissione si coordinino e si completino con la riforma del codice della strada di prossima realizzazione, si desidera fornire un apporto sulle materie che interessano il settore delle aziende da noi rappresentato.
Per quanto riguarda il tuning, dalla lettura dei disegni di legge C. 649, C. 844 e C. 1737 risulta evidente la volontà di modificare le disposizioni di cui all'articolo 78 del codice della strada, riguardanti le caratteristiche costruttive dei veicoli delle categorie L, M1 e N1 fino a 3,5 tonnellate. Sebbene la FEDERAICPA abbia sempre sostenuto le disposizioni miranti a semplificare le procedure burocratiche e amministrative e considerato con grande favore tutte le iniziative indirizzate a promuovere la concorrenza tra le imprese volte a favorire i consumatori e in generale il mercato, considera tuttavia pericolosa - proprio ai fini della circolazione stradale - l'eliminazione del nulla osta della casa automobilistica e della successiva visita e prova da parte della direzione generale della Motorizzazione civile, attualmente previste dall'articolo 78 del codice della strada, in caso di modifiche alle caratteristiche funzionali e costruttive dei veicoli a motore.
La progettazione, realizzazione e successiva omologazione di un veicolo a motore investe infatti a nostro avviso la completa responsabilità del costruttore. In caso di modifiche inerenti la struttura e la funzionalità del veicolo, che pertanto hanno un impatto sul modello originale omologato, verrebbero meno le garanzie del costruttore medesimo. Una simile liberalizzazione rischierebbe di scatenare una sorta di «fai da te», che porterebbe a una rischiosa alterazione delle caratteristiche dei veicoli soprattutto fra i più giovani, solitamente più sensibili all'esibizione di un veicolo unico nel suo genere. Assisteremmo pertanto a modifiche volte ad aumentare la potenza dei veicoli proprio laddove la si vuole limitare per motivi di sicurezza e di tutela ambientale.
Non appaiono inoltre ben definite le caratteristiche del nuovo ente verificatore e collaudatore, che dovrebbe sostituirsi al Ministero dei trasporti e si rileva inoltre il


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timore che con il tempo le garanzie inizialmente più rigide si allentino, come avvenuto in passato con la normativa regolante l'attività di autoriparazione - ex legge n. 122 del 1992 - e di revisione dei veicoli a motore, di cui all'articolo 80 del codice della strada.
Per quanto riguarda le limitazioni nella guida dei veicoli ai neopatentati, sia la proposta di legge C. 44, all'articolo 1, che la proposta di legge C. 649, all'articolo 5, prevedono la modifica dell'articolo 117, comma 2-bis del codice della strada, prevedendo l'innalzamento del rapporto potenza-tara a 70 kW il primo e a 60 kW il secondo. Tale modifica risulta assai opportuna, perché il limite attualmente vigente, la cui applicazione per il momento è derogata al 1o gennaio 2010 ai sensi dell'articolo 24 del decreto-legge n. 207 del 2008, il cosiddetto «milleproroghe», prevede il limite di 50 kW, che esclude irragionevolmente molte vetture di piccola cilindrata, tra cui ad esempio la FIAT 500, la FIAT Bravo, la Mini e la Yaris.
Anche a seguito di verifiche effettuate con l'Associazione nazionale filiera industria automobilistica (ANFIA) e con l'UNRAE, che rappresenta i costruttori esteri e il Ministero dei trasporti, il limite più corretto appare quello di 70 kW, che permette di ricomprendere tutti i veicoli di piccola cilindrata senza creare distorsioni alla concorrenza, che in questo particolare momento di crisi avrebbero gravi esiti. Il limite di 50 kW fu introdotto dal Ministro Bianchi, insieme ad altre disposizioni volte a contrastare le cosiddette «stragi del sabato sera», attraverso il decreto-legge n. 117 del 2007, poi convertito nella legge n. 170 del 2 ottobre 2007. Il Ministro si rese tuttavia conto di come il limite escludesse molte vetture di piccola cilindrata e pertanto rinviò l'entrata in vigore della nuova disposizione in attesa di poterla modificare con il disegno di legge di modifica al codice della strada promosso dal suo dicastero. La caduta del Governo Prodi non permise la conversione del disegno di legge C. 2480, ripreso dall'attuale proposta di legge C. 649.
Riteniamo che l'imposizione di un tale limite non sia pienamente condivisibile. Si tratta di una misura che influirebbe negativamente sulle scelte delle famiglie, senza influire incisivamente nel campo della sicurezza.
A tale proposito, si considerano indubbiamente più efficaci iniziative volte all'introduzione di corsi di guida sicura, che responsabilizzino il neopatentato, e al rispetto dei limiti di velocità già previsti dal codice, affiancati dal capillare controllo delle forze dell'ordine.
Con riguardo agli altri contenuti dei progetti di legge al momento all'esame presso codesta Commissione, ci sembra fondamentale sottolineare l'importanza, ai fini della sicurezza e della tutela ambientale, della corretta manutenzione stradale - rendendo obbligatori gli asfalti drenanti e la relativa segnaletica orizzontale e verticale sempre ben visibile, soprattutto in quelle aree dove particolari condizioni atmosferiche possono limitare la visibilità - dell'introduzione di corsi guida accompagnata per minori di 16 anni e di corsi di guida sicura, e della questione dei controlli. La costanza e l'intensificata frequenza di questi ultimi, operati dagli organi competenti (introduzione del sistema «Tutor», controllo del rispetto dei limiti di velocità, controllo del tasso alcolico e di assunzione di stupefacenti) garantisce il rispetto delle norme più di qualsiasi inasprimento delle pene. L'assenza o la scarsezza di tali misure vanifica l'esistenza di qualsiasi norma.

PRESIDENTE. Sul tema delle limitazioni nella guida dei veicoli, probabilmente verrà prevista una proroga per poi dare una delega al Governo. Si tratta di un tema sul tavolo, che nella riforma verrà razionalizzato meglio.
Se non ci sono altri interventi, ringrazio i rappresentanti di FEDERAICPA e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta, sospesa alle 11,55, è ripresa alle 12,25.


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Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale ciclo motociclo accessori (Confindustria-ANCMA).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui progetti di legge C. 44, C. 471, C. 649 e C. 772 in materia di sicurezza nella circolazione stradale, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale ciclo motociclo accessori (Confindustria-ANCMA).
Ricordo che ai progetti di legge menzionati sono stati abbinati i progetti di legge C. 419, C. 1190 e C. 1717, quindi i progetti di legge C. 844, C. 965, C. 1075, C. 1101, C. 1469, C. 1488, C. 1737 e C. 1998.
Do la parola ai rappresentanti dell'Associazione nazionale ciclo motociclo accessori (Confindustria-ANCMA).

CLAUDIO DE VITI, Direttore Settore moto della Confindustria-ANCMA. Porto innanzitutto i saluti del nostro presidente Guidalberto Guidi ed entro subito nell'argomento. Ho sintetizzato in cinque punti le questioni di nostro interesse. Partirei dalla situazione attuale in termini di dati ufficiali ISTAT, che purtroppo si riferiscono ancora al 2007; temo che dovremo aspettare la fine di quest'anno per avere i dati del 2008.
Nel 2007 si sono verificati 230 mila incidenti stradali con 5.131 vittime e 325 mila feriti. Per quanto riguarda le due ruote, gli incidenti sono stati circa 60 mila, con 1.630 vittime e 95 mila feriti. I fattori di criticità dei veicoli a due ruote sono noti, essendo i guidatori di tali veicoli ricompresi nell'utenza debole della strada, insieme ai ciclisti e ai pedoni. Hanno ovviamente una maggiore instabilità, manca un abitacolo protettivo e le dimensioni ridotte significano una minore visibilità soprattutto da parte degli altri utenti della strada. La conseguenza principale è l'impossibilità di giungere a un'equilibrata distribuzione delle vittime tra i veicoli a due ruote e le altre categorie. All'interno del nostro settore distinguiamo tra motocicli e ciclomotori; per questi ultimi, fortunatamente, sia a causa della diminuzione del parco circolante, sia auspicabilmente per l'introduzione del cosiddetto «patentino» attraverso le scuole, prendendo come riferimento gli ultimi otto anni (dal 2000 al 2007), le vittime sono diminuite del 34 per cento, in linea con il percorso virtuoso richiesto dalla Commissione europea di riduzione del 50 per cento delle vittime sulla strada.
Purtroppo, invece, nel caso dei motocicli, ovvero di veicoli superiori ai 50 cc che si guidano con la patente, si rileva un forte incremento nel parco circolante, nei chilometri percorsi e purtroppo anche nelle vittime, che in questi otto anni sono aumentate del 40 per cento. La progressiva riduzione delle vittime sul ciclomotore è sicuramente di buon auspicio per il futuro. Il 50 per cento dei conducenti dei ciclomotori ha infatti meno di 26 anni e, poiché a partire dal 2004 è possibile usufruire del corso all'interno delle scuole per ottenere il patentino, questo appare un grande successo.
Il rapporto con il parco circolante è sostanzialmente stabile: dal 2000 al 2007 i ciclomotori sono rimasti con una percentuale dell'1 per mille ogni 10 mila veicoli, mentre nei motocicli si è passati dal 2,2 al 2,3. Se effettuiamo un confronto con gli altri Paesi europei rispetto ai 10 mila veicoli circolanti, l'Italia si trova in una posizione ancora favorevole con l'indice dei motocicli al 2,3, mentre la Spagna è al 3,8, la Gran Bretagna al 4,8, la Francia addirittura al 6,3, il Portogallo a 8,6. Questo però ci consola poco, perché l'obiettivo della Commissione europea è in termini assoluti e non è legato quindi al parco circolante o ai chilometri percorsi.
Per quanto riguarda gli interventi da parte dei costruttori sul veicolo, la prima iniziativa nel 2003 è stato un accordo volontario per dotare tutti i veicoli delle luci automaticamente accese girando la chiave di accensione. Tale provvedimento doveva dare maggiore visibilità alle due ruote, ma purtroppo quando è stato previsto di accendere le luci anche per gli autoveicoli questo vantaggio è stato praticamente annullato. Il secondo provvedimento - si tratta sempre di un accordo


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volontario - è stato nel 2004 quello di dotare almeno il 50 per cento dei nuovi veicoli di sistemi di frenatura avanzati entro il 2010. Poiché questo obiettivo è stato già sostanzialmente raggiunto, nel 2008 è stato previsto un obiettivo più ambizioso, ossia di avere entro il 2015 la totalità della gamma dei veicoli con questi sistemi di frenatura avanzati. Per quanto riguarda i motocicli anche più potenti, di livello elevato, già oggi sono stati introdotti dei sistemi di controllo e di trazione nell'ottica di evitare all'utente eventuali scivolate e sbandate.
Sappiamo, però, che nell'ambito della ricerca MAIDS realizzata su cinque Paesi europei esclusivamente sugli incidenti delle due ruote, il veicolo incide per il 2 per cento. Quello che conta maggiormente è l'uomo, quindi la formazione dei conducenti. Secondo questa ricerca che ha preso in esame oltre 1.000 incidenti, i fattori umani incidono per l'88 per cento, i fattori ambientali per il 10, i fattori meccanici, come anticipato, solo per il 2 per cento.
Il tema del patentino ci ha profondamente coinvolto come associazione. Attualmente oltre il 70 per cento dei patentini sono conseguiti attraverso il corso scolastico e con l'esame finale con il funzionario del Ministero dei trasporti. Questo è un grosso risultato, anche perché ha mantenuto calmierati i prezzi praticati dall'autoscuola, che rappresenta l'alternativa per chi non può usufruire dei corsi scolastici.
Gli effetti sulla mortalità sono stati positivi, con una diminuzione del 15 per cento nel 2004 e del 20 per cento nel 2005. Consideriamo indispensabile assicurare il finanziamento di questi corsi e di tutte le altre iniziative dedicate all'educazione stradale, come prescritto dall'articolo 208 del codice della strada.
Auspichiamo dunque che, se in futuro verrà introdotta una prova pratica anche sul ciclomotore, diversi attori possano intervenire, senza lasciare il monopolio esclusivamente alle autoscuole, perché questo rappresenterebbe un'ulteriore barriera all'acquisto e farebbe crescere notevolmente i costi per il conseguimento del patentino.
Un altro tema che ci sta a cuore riguarda l'uso del casco. Secondo i dati dell'Istituto superiore di sanità, l'obbligo del casco introdotto nell'86 ha ridotto del 40 per cento gli accessi al pronto soccorso per incidenti su veicoli a due ruote, e nel 2000 questo obbligo è stato esteso anche ai maggiorenni sul ciclomotore.
Nel 2000, concordemente con il Ministero dei trasporti, abbiamo vietato la fabbricazione e pochi mesi dopo anche la vendita del cosiddetto DGM, ossia il casco a scodella, ma è rimasto consentito l'utilizzo. A distanza di nove anni, riteniamo opportuno metterne fuori legge anche l'uso. Siamo l'unico Paese che consente di indossare questi caschi poco sicuri, mentre in Europa si usano solo caschi con omologazione europea. I costruttori sottolineano che sarebbe il caso di limitarsi ai modelli più recenti, cioè a quei caschi che recepiscono gli sviluppi della normativa europea, ovvero «04» e «05», perché i caschi precedenti («01», «02» e «03») sono ormai poco sicuri, sia perché sono stati prodotti in ottemperanza a norme meno stringenti, sia perché a distanza di anni non hanno lo stesso standard di sicurezza previsto in sede di omologazione.
Nel decreto «milleproroghe» è stato inserito un emendamento in tal senso, che speriamo possa essere approvato, perché ne discutiamo da due anni e l'articolato è stato condiviso con i funzionari del Ministero dei trasporti.
L'altro punto che ci preme riguarda la formazione dei conducenti auto, in quanto nel 50 per cento dei casi degli incidenti su due ruote, la responsabilità è dell'altro veicolo, ossia dell'autovettura che investe il veicolo a due ruote spesso perché non si accorge della sua presenza. Quindi, nel 70 per cento di questo 50 per cento, la causa dell'incidente è l'errore umano del conducente dell'altro veicolo ed è dovuto alla mancanza di percezione del veicolo a due ruote. Dalle indagini cui mi riferivo prima è emerso che i conducenti che hanno avuto esperienze sia di quattro che di due


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ruote hanno una migliore capacità di accorgersi delle moto nel traffico rispetto a quelli che non le hanno mai guidate.
Rilevo come negli ultimi anni nessuno usi l'indicazione di direzione, mettendo in crisi chi viaggia su due ruote, perché ci si trova inevitabilmente appoggiati al veicolo che non indica più la svolta. Non guardare nello specchietto e adottare simili comportamenti mette in pericolo l'incolumità di chi procede in bicicletta o in moto. In Francia, i programmi ministeriali per il conseguimento della patente B prevedono un modulo specifico sul rispetto delle utenze deboli, compresi quindi anche i motociclisti. Chiediamo che avvenga lo stesso anche in Italia, perché la sensibilità di chi è sulla strada deve essere condivisa con tutti gli altri.
Passiamo al tema delle condizioni delle strade. Sempre secondo la ricerca MAIDS, i fattori ambientali sono causa diretta dell'incidente in circa l'8 per cento dei casi e indiretta nel 15 per cento dei casi. Questo dato, esplicitato per la situazione italiana, purtroppo raddoppia, dimostrando che le infrastrutture italiane sono più pericolose della media dei Paesi europei e purtroppo provocano mediamente lesioni piuttosto gravi. Non intendiamo sostenere che la maggior parte dei morti siano attribuibili al guard rail, ma i pochi che impattano contro i paletti dei guard rail purtroppo periscono o restano paralizzati, con costi sociali estremamente rilevanti. Sarebbe quindi sufficiente prevedere uno standard di protezione anche per chi viaggia su due ruote, non necessariamente attraverso la sostituzione degli attuali guard rail, ma con una fascia di protezione dei paletti nella parte inferiore.
Sono stati fatti dei test anche in pista e abbiamo chiesto al Ministero di poter almeno indicare linee guida agli amministratori locali di buona volontà, che già vorrebbero intervenire su questi aspetti e soprattutto sui black point, ma c'è stato risposto che, poiché ne sta dibattendo la Commissione europea, non è possibile fare nulla. Riteniamo però opportuno, invece di attendere tre, quattro o cinque anni per avere una norma europea, stabilire già da oggi delle linee guida per suggerire agli amministratori locali quali standard prendere in considerazione.
L'auspicio espresso quindi dal nostro mondo è che l'emanazione di future leggi e il processo di revisione del codice della strada tengano nel dovuto conto, relativamente alla costruzione di infrastrutture stradali, le caratteristiche e le esigenze degli utenti deboli della strada (pedoni, ciclisti e utenti dei ciclomotori e motociclisti). Come associazione, abbiamo tradotto un lavoro svolto a livello europeo del punto di vista di chi viaggia su due ruote in termini di infrastrutture, i cui capitoli affrontano argomenti che spaziano dal raggio di curva alla manutenzione delle strade fino ad arrivare ai guard rail. Questo è a disposizione di tutti gli attori responsabili della progettazione e della manutenzione delle strade.
L'ultimo argomento di cui vorremmo parlare in questa sede riguarda la patente di guida. Entro il 2011, si dovrà recepire la direttiva europea n. 126 del 2006 sulle patenti di guida. Come associazione delle due ruote, auspichiamo il rispetto dello spirito originale della direttiva, ovvero l'accesso progressivo, lo step-up approach a moto di cilindrata superiore, in particolare, come già è oggi in Italia, la patente MOPED per la conduzione dei ciclomotori conseguibile a 14 anni - ricordo che i ciclomotori possono essere a due, tre e quattro ruote - la patente A1 per la conduzione di motocicli leggeri fino a 125 cc e 11 chilowatt conseguibile a partire da 16 anni, la patente A2 per la conduzione di motocicli fino a 35 chilowatt conseguibile dai 18 anni e infine la patente A per la conduzione di motocicli senza limiti di potenza, conseguibile a 20 anni, se si è effettuato tutto il percorso precedente, altrimenti a 24 anni.
L'esperienza è infatti l'unico aspetto che tende a diminuire l'incidentalità. Purtroppo non è l'età. In passato si era fissata la soglia a 18 anni, ma, avendo constatato come gli incidenti con vittime si verificassero nei primi due anni, il limite è stato spostato a 20, poi a 21 e adesso si passerà a 24. Temiamo però che, senza un'esperienza


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precedente, avremo vittime tra i 24 e i 26 anni, cioè i primi due anni di utilizzo delle moto.
Consideriamo molto importante il mantenimento dell'equivalenza tra patente A1 e patente B, perché questo ha consentito a molti automobilisti di spostarsi sullo scooter leggero, e l'introduzione della specifica patente B1 per la conduzione dei quadricicli pesanti.
Siamo favorevoli all'introduzione dei punti sul «patentino», perché chiunque circoli sulla strada deve assumersi le proprie responsabilità con l'eventuale perdita di punti e il ritiro del documento.
Come ultima cosa, ricordiamo che la direttiva europea prevede che per il test per la patente A2, conseguibile dai 18 anni, venga utilizzato un veicolo che abbia minimo 400 cc, che cioè si colloca nella parte più alta della categoria. Nel mercato italiano e di altri Paesi europei lo scooter è molto diffuso, e, pensando all'utenza femminile che vuole conseguire la patente A2 onde avere un motoveicolo con 150 cc di cilindrata per circolare in tangenziale o in autostrada, riteniamo che la cilindrata giusta possa collocarsi tra i 200 e i 250 cc, in modo da essere intermedia tra 150 e 500; i 400 cc significano almeno 200 chili di veicolo e mettono quindi in crisi l'utenza femminile. Tra l'altro, la possibilità di entrare in autostrada o in tangenziale solo con motoveicoli di potenza superiore a 150 cc è un'altra anomalia tipicamente italiana: questo limite è stato stabilito nel 1959, quando i veicoli sicuramente non avevano le caratteristiche strutturali e di sicurezza dei 125 attuali, tanto che in tutta Europa si entra in tangenziale e in autostrada con i 125. L'Italia è l'unica che richiede il 150.

STEFANO LUSETTI, Vice presidente Gruppo quadricicli della Confindustria-ANCMA. In questa sede, vorrei chiarire alcuni aspetti per favorire una migliore comprensione del prodotto conosciuto come quadriciclo leggero, le cosiddette minicar. Il quadriciclo è un veicolo assimilato al ciclomotore dal codice della strada, in quanto ne mantiene gli stessi limiti: velocità massima 45 chilometri all'ora, cilindrata 50 cc nel caso di motori a benzina, o 4 chilowatt nel caso di motori diesel. Un'altra caratteristica è quella della massa a vuoto, che non deve superare i 350 chilogrammi.
Da alcuni anni, la conduzione dei quadricicli è stata regolamentata. Dal 2004, per guidare un quadriciclo è necessario un certificato di idoneità alla guida del ciclomotore; non è vero quindi, come si sente dire, che per condurre una minicar non sia necessario alcun documento di guida, perché è necessario il patentino. In Italia, è inoltre richiesto un certificato medico, a differenza di quanto avviene in altri Paesi europei.
È falsa anche l'affermazione secondo cui chi ha la patente revocata per aver commesso una grave infrazione possa guidare il quadriciclo.
La legislazione europea regolamenta l'omologazione di quadricicli; si tratta in particolare della direttiva 2002/24/CE, relativa all'omologazione dei veicoli a motore, e della direttiva 97/24/CE relativa a elementi e caratteristiche tecniche dei veicoli a motore.
Anche se il comparto è costituito da aziende medio-piccole, che fanno pochi volumi e che quindi non possono creare economie di scala come le automobili, vengono effettuati sforzi notevoli per investire in sicurezza. Freni a disco sulle quattro ruote, telai a deformazione progressiva e airbag si stanno sempre più diffondendo all'interno del nostro mercato. In particolare, tutti i quadricicli montano obbligatoriamente le cinture di sicurezza, ma, a differenza di altri Paesi europei, in Italia non ne è obbligatorio l'uso. Viene infatti richiesto che siano omologate, ma non che vengano utilizzate.
È necessario fare chiarezza anche sui dati di incidentalità. Secondo i dati dell'ISTAT, in Italia nel 2007 le vittime provocate da quadricicli sono state 11. Nello stesso periodo, i morti complessivi ammontano a 5.131. I quadricicli raccolgono, quindi, solo lo 0,2 per cento di tutte le vittime della strada, con un trend in diminuzione, giacché negli ultimi tre anni


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abbiamo il 30 per cento in meno di incidenti e il 35 per cento in meno di morti.
Il quadriciclo ha anche una importante valenza sociale, in quanto le piccole dimensioni, i consumi ridotti lo rendono un veicolo a prevalente vocazione urbana, che consente di ridurre il traffico nelle città e presenta livelli di inquinamento molto contenuti, in quanto emette poca CO2. La facilità di guida e di parcheggio ne fanno un mezzo che assicura mobilità alle utenze deboli, come persone anziane che vivono in aree rurali e scarsamente servite da mezzi pubblici o persone diversamente abili, che le utilizzano per recarsi nei luoghi di cura o per svolgere le attività quotidiane.
Sono anche propedeutici all'uso dell'automobile per i minorenni, che iniziano a guidarli prima dei 18 anni. Molti ragazzi, avendo sperimentato la guida dei quadricicli per due o tre anni, a 18 anni sono molto più capaci di inserirsi nel traffico e di usare un'automobile.
Come costruttori, dobbiamo rispettare alcuni impegni stabiliti in sede europea, tra i quali anche iniziative atte a sensibilizzare gli utenti di minivetture per migliore i comportamenti su strada. Nel prossimo autunno, partirà da Roma una manifestazione itinerante, che toccherà diverse città italiane e offrirà ai giovani la possibilità di esercitarsi alla guida di un quadriciclo.
Per quanto riguarda le iniziative atte a sensibilizzare la rete di vendita per contrastare il fenomeno illegale della manomissione, già oggi i nostri rivenditori firmano un impegno, che prevede la rottura del contratto e l'annullamento della garanzia in caso di manomissione del veicolo.
A livello europeo, i costruttori stanno collaborando con la Commissione europea alla revisione delle direttive comunitarie che riguardano il settore dei quadricicli. Tra le misure allo studio, si segnala l'incremento dei limiti di massa, che consentirebbe ai costruttori di dotare i veicoli di dispositivi di sicurezza passiva, come ad esempio le barre anti-intrusione, che oggi non potrebbero essere istallate proprio perché i limiti previsti dalla legge verrebbero superati. In questa sede, chiedo quindi che eventuali modifiche o proposte di legge siano in sintonia con le direttive europee, per evitare squilibri nei vari mercati. In passato, infatti, alcune proposte perseguivano una maggiore sicurezza, ma erano in contrasto con le normative europee.
Chiediamo quindi che, in sede di eventuali modifiche, vengano applicate proposte in sintonia con le direttive europee.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

AURELIO SALVATORE MISITI. Vorrei soltanto porre un problema, approfittando della vostra presenza. Ho sperimentato il traffico in tanti Paesi europei e americani e ho notato una completa diversità di atteggiamento nel rapporto tra motocicli e macchine. In Spagna, ad esempio, se un motociclista supera le auto e si comporta come un motociclista italiano, subisce il ritiro della patente.
Senza i motocicli sarebbe impossibile vivere a Roma, perché la città sarebbe paralizzata. Lei ha citato, parlando del 50 per cento di responsabilità dell'automobilista, il caso in cui il conducente dichiara di non aver visto il ciclomotore, ma credo che tutti possano testimoniare l'impossibilità di vedere molti di loro, perché i motociclisti sorpassano all'improvviso. Nessuno lo contesta, neanche i vigili. In strada si deve procedere in linea retta, non a zig zag. In Italia invece si procede a zig zag e nessuno interviene. Forse, questo sarà da attribuire alla normativa, ma ritengo opportuno acculturare questi soggetti. Ci occupiamo sopratutto delle responsabilità degli automobilisti, ma i motocicli rischiano continuamente la loro incolumità.
Vorrei quindi sapere se si realizzino corsi per insegnare a questi conducenti il giusto modo di procedere. In tutte le nazioni europee si procede in linea retta e, se si cambia corsia, si viene subito fermati come gli automobilisti. Qui nessuno osa intervenire in questo modo.


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ALESSANDRO MONTAGNOLI. Ringrazio i rappresentanti dell'associazione. Negli ultimi anni, grazie a una serie di iniziative di livello governativo, si rileva una diminuzione del numero delle vittime dei feriti, mentre il trend dei motocicli ha avuto una crescita del 19 per cento. La Commissione, sebbene conscia dell'impossibilità di rispettare la riduzione del 50 per cento imposta dall'Unione europea, intende procedere effettuando progressi come in questi anni.
Ho ascoltato alcune vostre proposte sul miglioramento della sicurezza, tra cui gli studi attuali sull'airbag per le moto piuttosto che i controlli della pressione degli pneumatici o della stabilità del mezzo. Non possiedo una moto, perché sono convinto che un incidente o una caduta siano molto pericolosi.
Come amministratore locale, sovente rilevo il mancato rispetto delle norme sulla velocità. Nei centri abitati, dove esiste il limite di 50 chilometri orari, incredibilmente nessuno lo rispetta, quasi prendendosi gioco delle forze di polizia.
Il mercato italiano è importante e ha dato risultati, ma si devono rispettare determinate regole. Vi invito pertanto a migliorare l'aspetto degli strumenti che, installati sui veicoli, possano garantire maggiore sicurezza. Negli ultimi anni, anche per l'effetto di Valentino Rossi, il mercato italiano è cresciuto, ma è necessario garantire la sicurezza dei motociclisti e degli automobilisti, perché, quando una moto sfreccia a 150 chilometri orari davanti a un'abitazione nel centro abitato, è impossibile che un automobilista lo veda, con conseguente danno di entrambi.
Relativamente ai quadricicli, avevo presentato una risoluzione (la n. 7-00054) chiedendo il rispetto della normativa europea. Spesso, si fa riferimento alla normativa comunitaria, per cui vi invito anche nell'esame di questi provvedimenti a dare seguito alle normative comunitarie in materia di sicurezza e alla normativa sui quadricicli.

SETTIMO NIZZI. Vi ringrazio per la relazione. Vorrei cortesemente rivolgere alcune domande specifiche sui quadricicli. Innanzitutto, vorrei conoscere il numero di quelli attualmente in circolazione in Italia e sapere qual è la potenzialità produttiva nel nostro Paese.
Vorrei sapere inoltre se sia possibile migliorare le qualità acustiche dei motori diesel di queste macchine, ovvero conoscere la motivazione del rumore da motozappa che fanno i quadricicli a gasolio.
In terzo luogo mi piacerebbe capire perché non si spende per migliorare esteticamente la qualità del prodotto, sebbene gli italiani siano capaci di realizzare prodotti esteticamente validi.

SILVANO MOFFA. Desidero ritornare su un argomento già toccato dai colleghi, per capire come rispondere alle obiettive necessità nel campo della regolamentazione dei conducenti di motoveicoli e di quadricicli.
Sono infatti assolutamente convinto che le norme migliori, il recepimento e l'anticipazione delle direttive della Comunità europea possano rivelarsi inutili, se non si introduce un elemento di seria educazione e formazione. Quanto denunciato dai colleghi è infatti quotidianità nel nostro Paese e nei sistemi urbani complessi, nelle città, nelle metropoli il fenomeno si accentua in modo eccessivo.
Poiché avete fatto riferimento alla ricerca MAIDS, che dimostra come i conducenti d'auto con esperienza di guida sulle moto abbiano una maggiore sensibilità verso i conducenti di moto, vorrei sapere se suggeriate di omologarci all'esperienza francese, per cui si dovrebbe conseguire la patente B per portare un veicolo, ma prevedere nell'ambito della formazione per conseguire l'esame di idoneità qualcosa che riguardi in particolare il comportamento del conducente della moto.
Su questo sono assolutamente d'accordo e vorrei sapere se possiate fornirci un quadro normativo di riferimento, magari prendendolo dalla Francia...

CLAUDIO DE VITI, Direttore Settore moto della Confindustria-ANCMA. Volentieri.


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SILVANO MOFFA. ...così da poterlo poi applicare anche al nostro Paese. Condivido l'esigenza di una gradualità nell'acquisizione di responsabilità di conduzione di moto man mano che le cilindrate aumentano. Questa gradualità non è ancora regolamentata, perché la direttiva della Comunità europea deve essere recepita entro il 2011; quindi manca una normativa e tutto si rinvia al punto centrale del conseguimento della patente. Leggo nella vostra relazione che per i quadricicli è prevista una formazione di 12 ore per conseguire il certificato di idoneità alla guida.

CLAUDIO DE VITI, Direttore Settore moto della Confindustria-ANCMA. In autoscuola sono previste 20 ore.

SILVANO MOFFA. Vorrei sapere se, sulla base delle esperienze e del fenomeno in forte espansione (come è auspicabile che sia per le considerazioni fatte all'inizio), consideriate adeguato questo pacchetto formativo anche rispetto alla potenziale pericolosità del mezzo nel contesto in cui si muove. Il quadriciclo in un contesto urbano come quello di Roma si configura ancora come una presenza anomala rispetto al veicolo normale. Tutto questo comporta anche un diverso comportamento alla guida dei soggetti interessati sia sul veicolo normale, sia sul quadriciclo.
Vorrei sapere dunque se riteniate opportuno aggiungere qualcosa o consideriate questo sufficiente, facendo un ragionamento simile a quello svolto da Confindustria, che naturalmente tende a promuovere e garantire le aziende produttrici. Qui ci occupiamo però di sicurezza, senza nulla togliere a quello che le aziende produttrici devono conseguire. Il nostro problema è la sicurezza, per cui su questo argomento le chiederei un ulteriore approfondimento e riflessione.

PRESIDENTE. Do la parola ai rappresentanti di ANCMA per una breve replica.

CLAUDIO DE VITI, Direttore Settore moto della Confindustria-ANCMA. Prima di tutto, rispondo all'obiezione sulla maleducazione dei motociclisti, che indubbiamente è diffusa.

AURELIO SALVATORE MISITI. Non è maleducazione, forse loro ritengono sia normale...

CLAUDIO DE VITI, Direttore Settore moto della Confindustria-ANCMA. Il mancato rispetto del codice della strada purtroppo esiste anche in altre categorie, tra chi guida i SUV e li lascia sul marciapiede o chi guida i camion in un certo modo. Purtroppo, dunque, questo livello di maleducazione esiste in tutte le categorie, ma l'ANCMA non intende certo difendere chi non rispetta il codice della strada.
L'azione, che consideriamo un primo passo, intrapresa con l'introduzione dei corsi del patentino nelle scuole dovrebbe essere estesa anche ad altri tipi di interventi dal punto di vista dell'educazione stradale. Abbiamo infatti ottenuto qualche risultato, mentre chi ha acquisito semplicemente la patente e usa veicoli di cilindrata maggiore ha un comportamento persino peggiorato negli ultimi anni.
Non nascondiamo dunque l'esistenza del problema e non difenderemo mai chi non rispetta il codice della strada. Si rileva un grosso problema di controllo e, a questo proposito, esprimo la nostra forte preoccupazione a fronte di una proposta che intende autorizzare la guida dell'auto a 16 anni, anche se con guida accompagnata. Questo per un motivo di mercato, in quanto temiamo che si vada verso una chiusura degli spazi per i ciclomotori, i 125, i quadricicli, e perché non crediamo che una simile previsione si collochi nella direzione della sicurezza. Poiché oggi i controlli sono già carenti, nessuno potrà garantire che poi il sedicenne non prenda la macchina per recarsi in discoteca il sabato sera senza genitore o senza la persona con dieci anni di esperienza alla guida al suo fianco. Temiamo che sia molto più pericoloso guidare un'auto che va a 140 all'ora che non un veicolo che per costruzione deve rispettare i 45 km all'ora, ha la funzione automatica e quindi ha una semplicità d'uso.


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Dal punto di vista dei costruttori, l'ottica si capovolge, poiché noi consideriamo il quadriciclo come il ciclomotore più sicuro, non l'autovettura meno sicura.
Ci siamo impegnati nel promuovere un approccio pratico con il mezzo in scuole dotate di spazi e in iniziative realizzate in alcune grandi città come Genova, Venezia, che hanno messo a disposizione gli spazi adeguati.
Esprimiamo perplessità sulla possibilità di lasciare il monopolio alle autoscuole, che potranno chiedere 500-600 euro per poter salire su questo mezzo, che ha costi più ridotti rispetto all'auto. La patente MOPED è utile, sta diventando una vera patente a livello europeo, non un certificato d'idoneità, che pure è servito per avviare questo percorso.

STEFANO LUSETTI, Vice presidente Gruppo quadricicli della Confindustria-ANCMA. Per rispondere all'onorevole Nizzi, attualmente il parco circolante dei quadricicli in Italia si aggira intorno agli 80 mila veicoli.
Condivido la critica sulla rumorosità del motore diesel, ma è necessario considerare che la legge impone ai quadricicli determinate caratteristiche, tra le quali che il motore possa essere al massimo 50 cc con alimentazione a benzina, per cui, con una determinata carrozzeria, un motore 50 non ha le prestazioni necessarie per poterla spostare. Tutti montano quindi motori diesel, che devono avere al massimo 4 chilowatt di potenza. I costruttori di motori diesel sono quelli che costruiscono le macchine agricole. Il rumore da macchina agricola è quindi da attribuire al fatto che tali motori derivano dal mondo dell'agricoltura o della nautica.
Quest'anno però la Lombardini, la fabbrica di motori italiana della mia città, Reggio Emilia, ha lanciato sul mercato il primo motore diesel specifico per la miniauto. Si tratta di un motore diesel con alimentazione common rail, quindi con molte caratteristiche simili a quelle di un'automobile che lo rendono molto più silenzioso e con meno vibrazioni.
Le automobili odierne, però, pur montando motori diesel common rail similari come tecnologia, non hanno limiti di peso. Oggi, le macchine pesano quindi molto più di prima, perché hanno dispositivi di sicurezza installati e anche insonorizzazioni molto più spesse e più grandi di quelle delle automobili di una volta. Noi non possiamo farlo, perché la legge europea ci consente di arrivare a 350 chili. Se la legge ci consentisse di avere 50 o 100 chili in più da poter utilizzare per dispositivi di sicurezza passiva e di insonorizzazione, il veicolo sarebbe più sicuro e più silenzioso.
Per quanto riguarda il miglioramento dell'aspetto estetico, non condivido le sue critiche e le invierò un dossier per constatare come l'evoluzione stilistica delle minicar dagli anni Settanta ad oggi sia stata più importante di quella delle automobili. Le invierò anche le foto di quadricicli di quest'anno con un rilevante miglioramento estetico. È ovvio che i costruttori di quadricicli non possono avvalersi della collaborazione di stilisti come Giugiaro o Pininfarina per realizzare macchine particolarmente accattivanti e che le dimensioni del veicolo non consentano linee entusiasmanti. Ritengo, però, che i veicoli di nuova generazione siano molto più carini di una volta.

PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti dell'ANCMA e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,05.

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